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Thèses sur le sujet « Biologia Strutturale »

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Iacoponi, Martina. « Matematica e Biologia : storia di un'interazione strutturale ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Résumé :
Come afferma il titolo, l'elaborato presentato tratta i collegamenti tra matematica e biologia nella loro interazione più intrinseca. Il fine ultimo è quello di evidenziare il ruolo della matematica nella altre discipline, che, contrariamente a quanto si pensi, non è ristretto al solo rapporto strumentale e, d'altra parte, quello della biologia nella matematica non si limita a essere meramente applicativo: il rapporto tra queste discipline è soprattutto strutturale. Spesso la matematica viene immaginata solo come uno strumento per le scienze come fisica e biologia e tali scienze come un campo di applicazione della matematica. La tesi vuole invece mettere l'attenzione su come i rapporti interdisciplinari vadano al di là della dicotomia strumento-applicazione Questo rapporto di tipo strutturale risulta molto evidente a chi, come me, si approccia per la prima volta e parallelamente a queste parti di biologia e matematica ed è esattamente ciò che si è analizzato. La scelta di queste due discipline è significativa poiché scienze quali fisica, biologia e chimica vengono percepite connesse e collegate tra loro, a differenza della matematica, la quale nell'immaginario collettivo risulta totalmente scissa dalle sopracitate. In questa tesi abbiamo trattati tre argomenti che si sono ritenuti significativi in quanto si evinceva in modo chiaro l'unione tra i due mondi presentati. Il primo argomento prende le mosse dal Teorema di White e ne analizza i rapporti e i parallelismi con il cccDNA. Il secondo tratta un modello di predizione dei prodotti della ricombinazione sito-specifica delle proteine tramite i tangles. Infine il terzo analizza un modello utile alla rilevazione della struttura proteica attraverso l'utilizzo del nodoidi.
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2

Finezzo, Maria Letizia. « Confronto strutturale e studio dell'attività biologica di Angiogenina e Lactogenina per possibili applicazioni di terapia medica e ingegneria tissutale ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425131.

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Résumé :
Ribonucleases (RNases) are proteins involved into many biological processes and hydrolysis of ribonucleic acid. The topic of this study has been the structural and functional characterization of three bovine proteins, namely RNase-A, Angiogenin-1 (bANG) and Lactogenin. The enzymatic, pro-angiogenic and cytotoxic activity has been evaluated. RNase-A is the best known protein showing a strong ribonucleolytic activity and a low cytotoxic action. bANG is a single-chain polypeptide stimulating angiogenesis; it has a weak ribonucleolytic activity necessary, but not sufficient, to induce the neoformation of blood vessels. Lactogenin, also named RNase BL-4, has been relatively poorly studied. In this study the relationship between molecular structure and biological activity of the three RNases has been evaluated by spectroscopy, ribonucleolytic activity analysis and, finally, by their effects on the viability of human endothelial or cancerous cellular cultures. High homology level of primary structure is resulted for all three under study proteins. Moreover, disulfide architecture is preserved except the missing of one bridge in bANG and the presence of a pyroglutamic residue at the N-terminus of Lactogenin. It is known that RNase-A is far more active in cleaving dinucleotide substrates as CpG and UpG in comparison with Lactogenin and bANG. On the other hand, Lactogenin presents a higher specificity for UpG instead of CpG than bANG. Angiogenin has been treated with immobilized trypsin in order to obtain its tryptic peptides and identify which part of protein is more involved into biological activity. The research study has shown that bANG stimulates the proliferation and capillary-like structures formation of Huvec endothelial cells in Matrigel in vitro angiogenic assay. The fragment 1-6 (N-terminal, termed P1) and the fragment 56-61 have stimulated a cellular proliferation response comparable to the native protein's one while the C-terminal fragment 103-124 has exhibited an inhibition effect. Moreover, in the presence of all the fragments P1, 56-61 and C-terminal the cells have demonstrated branch points formation, after seeding on Matrigel. The activity of Lactogenin has been comparable to the one of bANG, even if less strong, while RNase-A have not stimulated HUVEC cells' proliferation or differentation on Matrigel. Angiogenin and Lactogenin have been shown to promote the migration of cultured endothelial cells and the neovascularization in the chicken chorioallantoic membrane. The attachment and growth of HUVEC cells on synthetic materials such as polycaprolactone scaffolds seem to be improved by the addition of Angiogenin and its N-terminal fragment to the culture medium. The cytotoxic properties of RNase-A, bANG and Lactogenin have been valuated by using some tumor cell lines. bANG has expressed a stronger cytotoxic potential, inducing cell death by an apoptotic mechanism. In comparison with RNase A, the major cytotoxicity of bANG could be explained as a minor interaction with the RNAse inhibitor (RI). This hypothesis has been verified modelling bANG structure on the complex human Angiogenin-hRI, as the protein conformation is not so different in the complex from the free form. Many different contacts with hRI have been observed in hANG and bANG. One of the principal anchorage sites of hRI to hANG is resulted the Pro 88 residue, which lies within a hydrophobic pocket defined by three tryptophan residues of hRI. In bANG, the replacing of Pro88, with Ser89 causes a steric and electrostatic strain in the inhibitor enzymatic complex, decreasing the susceptibility of bANG to the inactivation by RI. Further studies will clarify the binding of bANG to hRI by calculating the inhibition constant.
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Pelleri, Maria Chiara <1983&gt. « Caratterizzazione strutturale e funzionale di nuovi geni del cromosoma 21 umano con approccio integrato : dallo studio del locus CYYR1 alla meta-analisi di dati di espressione ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3890/1/Pelleri_MariaChiara_tesi.pdf.

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Pelleri, Maria Chiara <1983&gt. « Caratterizzazione strutturale e funzionale di nuovi geni del cromosoma 21 umano con approccio integrato : dallo studio del locus CYYR1 alla meta-analisi di dati di espressione ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3890/.

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BUGLIONE, ENRICO. « Nanomeccanica per la Ricerca sul Cancro ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/304787.

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Résumé :
Nonostante gli enormi passi avanti sulla comprensione dei meccanismi d’azione del cancro e nello sviluppo di farmaci antitumorali, la maggior parte delle forme di cancro è ancora incurabile. La ragione di tale insuccesso è radicata nella complessità di questa malattia, che è ancora poco conosciuta sia in fase di insorgenza, dovuta alla misregolazione di oncogeni, sia in fase di metastatizzazione delle cellule cancerose. Lo studio di tali caratteristiche da un punto di vista meccanico può fornire una visione differente dei meccanismi di azione del cancro ed aiutare a contestualizzarli all’interno di processi estremamente complessi. L’insorgenza del cancro è dovuta ad una mancata regolazione del ciclo cellulare, che a sua volta dipende spesso da un’alterata espressione dei cosiddetti oncogeni. Ne è un esempio il proto-oncogene c-KIT, che codifica per un fattore di crescita delle cellule staminali. La regolazione della sua espressione è controllata dal suo promotore prossimale, la cui struttura è caratterizzata dalla presenza di 3 superstrutture tridimensionali complesse che si formano su uno dei due filamenti della sua sequenza, chiamate G-quadruplexes. Tali strutture sembrerebbero avere un ruolo nel riconoscimento del promotore da parte della polimerasi e nell’assemblaggio della macchina trascrizionale, ma la loro funzione non è ancora chiara. Lo studio della nanomeccanica di tali strutture a livello di singola molecola (grazie al Magnetic Tweezers) può fornire importanti informazioni sul loro ruolo e sulle modalità con cui regolano l’espressione dell’oncogene. In seguito all’insorgenza del cancro, le cellule coinvolte subiscono forti cambiamenti strutturali: iniziano a dividersi velocemente e a migrare incontrollatamente. Entrambi questi processi richiedono un grande cambiamento nella struttura cellulare ed in particolare nella rigidità della cellula. La leucemia linfoide cronica (CLL) rappresenta un caso esemplare di tali capacità migratorie, non solo nell cellule cancerose, ma anche in quelle sane. Anche in questo caso, la nanomeccanica offre numerosi strumenti che permettono di studiare tali modifiche a livello di singola cellula, in particolare il microscopio a forza atomica (AFM) e il citofluorimetro a pressione deformante (RT-DC) offrono la possibilità di studiare le dinamiche cellulari in differenti condizioni e di osservare gli effetti dei farmaci di prima linea direttamente sulle cellule di pazienti malati.
With the term cancer are intended many species of diseases having quite different properties from each other. Despite such vast differences, the mechanisms beyond the onset of any kind of cancer are very similar and can be classified in two main groups depending on their stage. The first is related to the dysregulation of particular genes (oncogenes), that results in an impairment of the cell cycle. The second concerns the ability of cancer cells to continuously divide and migrate through tissues, that results in a highly invasive potential. From a mechanical point of view, the investigation of such features can be crucial for a deeper understanding of cancer onset and progression as well as for the study of novel pharmacological treatments. The outbreak of cancer is caused by a deficiency in the regulation of the cell cycle which, in turn, often depends on an abnormal expression of oncogenes. It is the case of the proto-oncogene c-KIT, that encodes for a mast/stem cell growth factor receptor. Its regulation relies mainly on its promoter, which is constituted by 3 distinct three-dimensional DNA structures called G-quadruplexes (G4s). Those structures can be studied by means of nanomechanical tools such as Magnetic Tweezers, which can recognize folded G4s at single-molecule level, thus enabling to study their role in the regulation of the oncogene. After the onset of cancer, a generic cell undergoes mechanical changes: it divides quickly, and it starts migrating. Both phenomena require a modification in the cell structural phenotype, eventually modifying its rigidity. Chronic lymphocytic leukemia is a case in point: malignant B lymphocytes continuously traffic between peripheral blood and lymphoid tissues. Such frequent migrations require a change in the rigidity of cells. In this case, Atomic Force Microscopy can provide a nanomechanical approach allowing to measure the stiffness of single cells from patients with leukemia, which is slightly decreased if compared to rigidity of cells from healthy donors. This feature can also allow to observe the effect of targeted therapies on the cells, evaluating their effect from a mechanical point of view.
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Cece, Giovanna. « Studi strutturali su ferroportina umana ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2014. http://hdl.handle.net/11695/66369.

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Résumé :
Ferroportin is a polytopic membrane protein of 62.5 kDa that exports ferrous iron from specialized body cells into the bloodstream. To date, it is the only known iron exporter in mammals. At the systemic level, ferroportin is regulated with a negative post-translational mechanism operated by hepcidin, a peptide secreted by the liver in response to increased levels of body iron, which binds ferroportin causing its internalization and lysosomal degradation (Nemeth et al., 2004). Ferroportin is therefore an important regulator of intracellular and systemic iron. Mutations in the gene encoding ferroportin (SLC40A1) cause the iron overload disease type IV hereditary hemochromatosis (HH) or "ferroportin disease" characterized by autosomal dominant inheritance. Ferroportin disease usually presents as one of two different phenotypes. If the mutation results in a loss-of-function, patients display macrophage iron loading, high serum ferritin levels and normal to low transferrin iron saturation. In contrast to this classical phenotype, there are some gain-of-function mutations that do not affect the iron export ability of ferroportin, but result in a partial to complete resistance to hepcidin. Patients with mutations in this second category have a phenotype with features similar to those of the classical type of hemochromatosis. Specifically, the transferrin saturation is expected to be markedly elevated and iron accumulate mostly in parenchymal cells (Pietrangelo, 2006). The PhD work was focused on the study of ferroportin. To date, the ferroportin crystal structure has not yet been resolved and there is no information on the iron export mechanism. For the analysis of this complex membrane protein two different approaches were chosen: first, using bioinformatics techniques, a structural model of human ferroportin has been built and, on this basis, a mechanism of iron transport was hypothesized. The significance of the model was experimentally tested through iron export measurements in cells transfected with recombinant wild type and mutant ferroportin. In addition, a system for heterologous expression of ferroportin has been developed. The purpose was to produce enough protein, in a quantity higher than those so far obtained (Rice et al., 2009), which would provide the basis for the biochemical and structural characterization of ferroportin. Obviously, any attempt to disclose the three dimensional structure of ferroportin or the molecular mechanism of iron export, may be useful not only to explain the different pathological phenotypes associated to alterations of the transporter, but also to develop or improve the actual treatment of the ferroportin disease.
La ferroportina è una proteina politopica di membrana di 62,5 kDa che media l’esporto del ferro ferroso da cellule specializzate dell’organismo alla circolazione sanguigna. Ad oggi, è l’unica proteina deputata a svolgere questa funzione ad essere stata identificata nei mammiferi. A livello sistemico, la ferroportina è soggetta ad un meccanismo di regolazione negativa post-traduzionale operato dall’epcidina, peptide secreto dal fegato in risposta ad innalzamento dei livelli di ferro nell’organismo, che legandosi ad essa innesca un meccanismo di internalizzazione e degradazione proteica lisosomiale (Nemeth et al., 2004). La ferroportina rappresenta quindi un importante regolatore dei quantitativi di ferro intracellulari e sistemici dell’organismo. Mutazioni a carico del gene codificante per ferroportina (SLC40A1) sono causative di una sindrome da sovraccarico di ferro, denominata emocromatosi (HH) di tipo IV o “malattia da ferroportina”, caratterizzata da trasmissione autosomica dominante. L’HH di tipo IV si esplicita in due possibili fenotipi sulla base della alterazione funzionale che la proteina subisce. Se la mutazione produce una perdita di funzione si assiste ad accumulo di ferro a livello macrofagico, incremento dei livelli di ferritina sierica e si riscontrano normali valori di saturazione della transferrina. In contrasto a questa manifestazione fenotipica classica, ci sono alcune mutazioni a guadagno di funzione che non influenzano l’esporto del metallo attraverso il canale proteico, ma che determinano la produzione di ferroportina con parziale, o in alcuni casi completa, resistenza all’epcidina. I pazienti con mutazioni di questa seconda tipologia presentano un fenotipo patologico con tratti simili a quelli dell’emocromatosi di tipo classico. Nello specifico, si assiste a incremento dei livelli di saturazione della transferrina sierica e accumulo di ferro per lo più a livello parenchimale (Pietrangelo, 2006). Il lavoro di dottorato è stato incentrato sullo studio della ferroportina. Ad oggi infatti, la struttura cristallografica di questo trasportatore non è stata ancora risolta e mancano informazioni sul meccanismo messo in atto per l’esporto del ferro. Per l’analisi di questa complessa proteina di membrana sono stati scelti due differenti approcci: da un lato, è stato sviluppato, mediante tecniche di bioinformatica, un modello strutturale sulla base del quale è stato ipotizzato un meccanismo di trasporto del ferro, verificato attraverso la produzione e lo studio della funzionalità di mutanti ad hoc di ferroportina. Dall’altro lato, è stato messo a punto un sistema eterologo di espressione per ferroportina, indirizzato alla produzione di quantitativi proteici, maggiori di quelli osservati finora (Rice et al., 2009), che fornissero le basi per procedere alla sua caratterizzazione biochimica e strutturale. È evidente come qualsiasi studio volto all’identificazione della struttura proteica o del meccanismo di funzionamento di ferroportina, possa risultare utile anche alla comprensione dei fenotipi patologici associati alle alterazioni del trasportatore e allo sviluppo o al miglioramento delle attuali tipologie di trattamento della malattia da ferroportina.
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Guidi, Enrica. « Proprietà osteoinduttive di superfici micro e nano strutturate per l'implantologia ossea ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424090.

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Résumé :
Bone replacement procedures can be used to replace missing teeth, for repairing bone defects and restoring bone structures. To obtain a functional and long-term repair, bone substitutes, composed of metal or synthetic materials, must firmly join to natural bone. This process, named osseointegration, is a consequence of the migration of undifferentiated cells from the host surrounding tissues to the prosthesis and their differentiation towards mature bone cells producing bone tissue that firmly anchor the implant in place. When cells fail to do this, a soft capsule surrounds the implant resulting in the dislodgment of the prosthesis or low quality repair. In the biological environment, the most of cells must adhere to a substrate to live and proliferate. Moreover, they are able sense the features of the bonding surface (e.g., roughness, geometry) and this can affect the differentiation pathway of cells thus leading to a different phenotype. To achieve a stable anchorage, mesenchymal stem cells (MSCs) must differentiate toward mature osteoblasts rather than connective tissue cell types. In light of these considerations, the aim of this project is to develop the technology to produce potentially transplantable osteoinductive devices for the replacement and the repair of bone defects. To achieve this purpose, the injection molding process was optimized to realize cylindrical micro- or nano-pillars on the scaffold surface. This technique has allowed to obtain a high degree of feature replication thus making the micro imprinting an effective and efficient technique that is extremely interesting from a commercial point of view. Subsequently, the osteoinductive properties of micro- and nanostructured surfaces were tested in vitro using bone marrow derived MSCs. At different time points various assays were performed in order to assess cell adhesion, morphology and cell viability. The analysis of cell differentiation was carried out through the evaluation of calcium deposition and the quantification of osteocalcin expression. Collectively, our data show that both micro- and nano-structured surfaces possess osteoinductive properties, allowing MSC differentiation without any inductive growth factors. In particular, a relationship between dimensional features of surface topography and differentiative potential has been noted. Indeed, the increase in pillar diameters and interpilllar distances leads to an enhancement of calcium deposition and OC expression. On the contrary, both micro- and nano-structured surfaces and their features seem to be uneffective on cell adhesion and proliferation. Further in vivo studies will be necessary to confirm the osteoinductive properties of the selected surface geometries and verify their osteointegration
Le procedure di sostituzione ossea vengono usate per impianti dentali e per correggere difetti strutturali di vario tipo. Per ottenere un riparo funzionale a lungo termine, i sostituti ossei, composti da materiali metallici o polimerici, devono unirsi in modo stabile al tessuto del paziente. Questo processo, chiamato osteointegrazione, è una conseguenza della migrazione di cellule indifferenziate dal tessuto circostante all'impianto e della loro differenziazione in cellule mature (osteoblasti) che, producendo tessuto osseo, ancorano l'impianto in modo duraturo. Se questo non accade, si ottiene un riparo di bassa qualità funzionale con possibilità di spostamento della protesi. Nel nostro organismo, la maggior parte delle cellule deve aderire ad un substrato per vivere e proliferare ed è noto che le cellule sono, inoltre, in grado di rispondere alle caratteristiche delle superfici di adesione (per es. rugosità, geometria), attivando al loro interno programmi differenti che determinano il tipo cellulare. A partire da queste considerazioni, questo lavoro si è proposto di realizzare bioprotesi tridimensionali, utilizzabili nell'implantologia ossea. A tal fine, è stato ottimizzato il processo di stampaggio ad iniezione con formazione di pillar cilindrici di dimensioni micro o nano. Tale processo ha permesso di ottenere un elevato grado di replicazione delle caratteristche di superficie rendendo il microstampaggio, una tecnica efficace, efficiente ed estremamente interessante da un punto di vista commerciale. Le proprietà osteoinduttive delle superfici micro e nanostrutturate sono state, successivamente, verificate in vitro utilizzando cellule staminali mesenchimali da midollo osseo umano. A diversi intervalli di tempo, sono stati valutati l'adesione e la crescita cellulare e il differenziamento osteogenico attraverso la determinazione della deposizione di sali di calcio e l'espressione dell'osteocalcina. Collettivamente, i dati raccolti dalla sperimentazione in vitro, hanno evidenziato che le superfici sia micro che nanostrutturate posseggono proprietà osteoinduttive, permettendo la differenziazione delle MSC in assenza di fattori di crescita induttivi. In particolare, è stata evidenziata una relazione tra caratteristiche dimensionali della geometria superficiale e potenziale differenziativo. Infatti, l'aumento del diametro dei pillar e dell'interasse si traduce in un incremento della deposizione di sali calcio e dell'espressione di OC, marker tardivo della differenziazione osteogenica. Al contrario, le superfici nano e microstrutturate e le loro caratteristiche dimensionali non sembrano avere effetti sull'adesione e proliferazione cellulare. Ulteriori studi in vivo saranno necessari per confermare le proprietà osteoinduttive delle geometrie selezionate con il presente lavoro e verificarne l'osteointegrazione
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Paolisi, Benedetta. « Struttura degli organi linfoidi nei Cetacei ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8964/.

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Résumé :
I dati riportati in letteratura relativi alla struttura degli organi linfoidi dei Cetacei sono scarsi, talvolta discordanti e riferiti solo ad alcune specie. Per questo motivo è stato condotto il presente studio che ha utilizzato il tursiope (Tursiops truncatus) come specie di riferimento. In particolare, in tre soggetti di tursiope è stata analizzata, mediante l’ausilio di specifici software di analisi dell’immagine, la struttura dei seguenti organi linfoidi: timo, milza e linfonodi. Il timo, analogamente a quanto si osserva negli altri Mammiferi, si presenta come organo lobulato. In ciascun lobulo è possibile individuare due zone: la corticale e la midollare. A differenza di quanto si osserva nell’Uomo, è interessante sottolineare come nella midollare di ciascun lobulo non sia mai stata osservata la componente fibrillare. E’ possibile ipotizzare che tale differenza sia dovuta ad eventi connessi con l’organogenesi del timo. Nel tursiope il rapporto cortico/midollare non mostra differenze rispetto a quanto si osserva in altri Mammiferi. La milza del tursiope mostra caratteristiche strutturali simili a quelle osservate in altri Mammiferi. Nel tursiope, rispetto ad altri Mammiferi (Equidi, Ruminanti, Suidi e Carnivori), la quantità di polpa bianca, sul totale della polpa splenica, appare decisamente inferiore (5% vs 30%). Dal momento che le dimensioni della milza non sono particolarmente evidenti, anche la polpa rossa, se rapportata alle dimensioni dell’animale, non si presenta abbondante come in altre specie. Tale dato indica come la milza del tursiope, analogamente a quanto si osserva nell’Uomo e nei Roditori, non svolge alcuna funzione di deposito del sangue. I linfonodi di tursiope sono, tra gli organi linfoidi esaminati, quelli che mostrano le maggiori differenze strutturali rispetto a quelli di numerosi altri Mammiferi (eccezion fatta per il maiale). I noduli linfatici ed il tessuto internodulare sono, infatti, posti sia nella parte superficiale che in quella profonda del linfonodo. Tale aspetto non consente di identificare la zona paracorticale e di definire una precisa delimitazione topografica tra corticale e midollare. Il rapporto tra noduli linfatici e tessuto internodulare indica come nel linfonodo di tursiope sia più diffuso il tessuto internodulare che, a differenza del nodulo linfatico (area B-competente), contiene anche territori T-competenti.
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Ruggeri, Barbara. « Espressione batterica e caratterizzazione dei determinanti strutturali dell'attività biologica della proteina PcF da Phytophthora cactorum ». Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2009. http://hdl.handle.net/11566/242365.

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Marangi, Giovanni. « Teoria dei network applicata alle strutture proteiche ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Résumé :
Le proteine sono sempre state un sistema di difficile caratterizzazione scientifica: a metà strada tra sistemi biologici e sistemi chimici, non possono essere considerate biologicamente "vive" singolarmente e sono formate da catene lineari di combinazioni di 20 polimeri diversi tra loro con scarsa evidenza di periodicità. Analizzandone l'evoluzione e i comportamenti, si sono osservati dei fattori cruciali che determinano maggiormente le loro funzioni e il corso della loro vita biologica. Tali fattori fanno parte di un modello, chiamato Protein Contact Network (PCN), basato esclusivamente sui contatti che costituiscono la struttura proteica. È relativamente recente il suo utilizzo sullo studio delle proteine. La teoria, a partire da rilevamenti sperimentali delle coordinate atomiche 3D dei costituenti fondamentali della proteina, costruisce dei grafi che, progressivamente adattati al sistema in esame, delineano una serie di proprietà utili alla caratterizzazione dello stesso. A discapito di ciò, bisogna considerare che l'ampia versatilità della teoria dei grafi nelle proteine rappresenta sia il pregio che il difetto della stessa, in quanto occorre necessariamente trovare delle misure invarianti da grafo a grafo per poter comparare i risultati. L'elaborato, dunque, si propone di chiarire, attraverso un introduzione alla teoria dei grafi e alla struttura biologica delle proteine, i metodi sperimentali e i risultati dell'interpretazione a rete della proteina.
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Musci, Ilaria. « Potenzialità di utilizzo di strutture urbane marine per la conservazione di specie minacciate : uno studio sperimentale sulle strutture di difesa costiera lungo le coste del Nord Adriatico ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amslaurea.unibo.it/1437/.

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Résumé :
La proliferazione di strutture di difesa costiere ha determinato un interesse crescente circa l’ecologia di questi ambienti artificiali. Ricerche precedenti svolte lungo le coste del Nord Adriatico avevano evidenziato che mentre i substrati naturali in questa regione sono abbondantemente colonizzati da specie algali, i substrati artificiali tendono ad essere quantitativamente poveri di specie algali e dominati da specie di invertebrati. La seguente tesi ha analizzato l’ipotesi che tali differenze nella crescita di alghe tra habitat naturali ed artificiali potessero essere legate ad una iversa pressione da parte di organismi erbivori. Il lavoro si è focalizzato sulla specie Cystoseira barbata che è naturalmente presente nella regione di studio, ma che negli ultimi 70 anni ha subito una significativa regressione. Si volevano pertanto analizzare i fattori che possono favorire o inibire la crescita di Cystoseira su strutture artificiali di difesa costiera, al fine di poter valutare la possibilità di utilizzare questi substrati artificiali come mezzo per la conservazione di questa specie. I principali obiettivi del lavoro erano: 1. individuare e caratterizzare le potenziali specie erbivore presenti nei siti di studio che potessero limitare la crescita di C. barbata 2. analizzare se ci sono differenze nell’abbondanza di erbivori tra i siti artificiali e quelli naturali. 3. testare se il diverso stadio di sviluppo dell’alga o le modalità di trapianto potessero influenzarne la suscettibilità alla predazione. Mediante esperimenti in campo ho testato gli effetti dell’esclusione di erbivori sulla sopravvivenza e la crescita di Cystoseira barbata. Ho inoltre effettuato test in laboratorio determinare per individuare il potenziale ruolo come erbivori di varie tipologie di organismi, quali anfipodi, paguri e pesci. I risultati confermano l’importanza dell’erbivoria nel determinare il successo dei trapianti e ci dicono che gli erbivori da ricercare superano 1 cm di grandezza. In più, si è osservato che modalità di trapianto che distanzino i talli dal fondo aumentano la sopravvivenza dei talli, mentre non sono state osservate differenze in funzione della taglia dell’alga. Attraverso i test di laboratorio è stato possibile escludere gli Anfipodi come potenziali erbivori mentre Pagurus bernardus ha dimostrato un’effettiva azione di consumo dell’alga. Al contrario, i tests effettuati per approfondire la dieta di alcune specie di blennidi, composta almeno in parte da alghe, non hanno fornito conferme, almeno per il momento. Mediante visual census, si è inoltre escluso il ruolo di grandi erbivori quali ricci e salpe, scarsi nei siti di studio. Il lavoro fino a qui svolto indica, tuttavia, chiaramente che gli ambienti artificiali possono essere influenzati dall’azione di organismi predatori in maniera maggiore rispetto agli ambienti rocciosi circostanti. Questa ipotesi è particolarmente interessante in quanto rappresenterebbe una differenza fondamentale nel funzionamento delle strutture artificiali rispetto agli ambienti rocciosi naturali.
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Macarone, Palmieri Adriano. « Quantum biology. Simulazioni di trasferimento di energia in una struttura dimerica ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7771/.

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La quantum biology (QB) è un campo di ricerca emergente che cerca di affronta- re fenomeni quantistici non triviali all’interno dei contesti biologici dotandosi di dati sperimentali di esplorazioni teoriche e tecniche numeriche. I sistemi biologici sono per definizione sistemi aperti, caldi,umidi e rumorosi, e queste condizioni sono per loro imprenscindibili; si pensa sia un sistema soggetto ad una veloce decoerenza che sopprime ogni dinamica quantistica controllata. La QB, tramite i principi di noise assisted transport e di antenna fononica sostiene che la presenza di un adeguato livello di rumore ambientale aumenti l’efficienza di un network di trasporto,inoltre se all’interno dello spettro ambientale vi sono specifici modi vibrazionali persistenti si hanno effetti di risonanza che rigenerano la coerenza quantistica. L’interazione ambiente-sistema è di tipo non Markoviano,non perturbativo e di forte non equi- librio, ed il rumore non è trattato come tradizionale rumore bianco. La tecnica numerica che per prima ha predetto la rigenerazione della coerenza all’interno di questi network proteici è stato il TEBD, Time Evolving Block Decimation, uno schema numerico che permette di simulare sistemi 1-D a molti corpi, caratterizzati da interazioni di primi vicini e leggermente entangled. Tramite gli algoritmi numerici di Orthopol l’hamiltoniana spin-bosone viene proiettata su una catena discreta 1-D, tenendo conto degli effetti di interazione ambiente-sistema contenuti nello spettro(il quale determina la dinamica del sistema).Infine si esegue l’evoluzione dello stato.
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Martini, Mara. « Simulazione delle proprietà morfologiche e strutturali di materiali biologici ed organici per dispositivi elettronici ed optoelettronici ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/15555/.

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Résumé :
Recentemente l’elettronica organica sta attraendo grande interesse, a causa della possibilità di produrre dispositivi a basso costo, flessibili, di grandi dimensioni e leggeri. In più sono sempre più numerosi gli studi che riportano l’utilizzo di uno o più materiali biologici nella fabbricazione di questi dispositivi, dal momento che crescono le richieste, soprattutto in ambito medico e ambientale, di strumenti capaci di interagire con il corpo umano e l’ambiente esterno. Per cercare quindi di potenziare l’efficienza di dispositivi organici e bio-organici è utile ottimizzare le proprietà elettroniche e morfologiche dei materiali costituenti il dispositivo. Per fare ciò risultano molto utili studi computazionali che permettono di comprendere la correlazione tra proprietà morfologiche ed elettroniche. In questo lavoro di tesi sono stati studiati due materiali: la fibroina, proteina maggioritaria estratta dalla seta del baco Bombyx mori, come materiale dielettrico e il PTCDI-C13, un composto organico derivato dalla perilene diimmide, come materiale semiconduttore. Questi due materiali formano gli strati attivi di un bio-OFET. Al fine di investigare le proprietà morfologiche strutturali di questi materiali sono state utilizzate le tecniche di simulazione di dinamica molecolare. Sono stati effettuati studi morfologici sulle rugosità superficiali e strutturali, analizzando le proprietà morfologiche e strutturali dei materiali e delle relative interfacce, anche in relazione ai vari trattamenti termici simulati al fine di poter correlare il processing al miglioramento delle performance globali. In più, dal momento che il PTCDI-C13 è un materiale cristallino, si è cercato anche di stabilire l’ordine locale degli aggregati di PTCDI-C13 depositati su fibroina. Le simulazioni hanno inoltre evidenziato un miglioramento della morfologia della superficie esposta rispetto alla fibroina isolata, marcando il ruolo fondamentale che ha questo strato nell’architettura OFET.
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Zangrilli, Maria Paola. « Struttura dei popolamenti meiobentonici nella zona intertidale dell'Alto Adriatico a differenti gradi di antropizzazione ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5047/.

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Résumé :
The present work is part of the European project THESEUS (Innovative technologies for safer Europeans coasts in a changing climate). The main goals are to provide adequate integrated methodologies for strategic planning of sustainable coastal defence. The present study investigates the structure and composition of meiobenthonic populations of the intertidal zone in four beaches along the Northern Adriatic coast of Emilia Romagna: Lido di Spina, Bellocchio, Lido di Dante e Cervia. The four sites are different for the level of human impacts and for the different management interventions against coastal erosion. The analysis of biotic and abiotic variables revealed different responses due mainly to site-specific characteristics of the investigated sites, in particular as regards the site of Bellocchio. The growing interest in ecosystems of sandy beaches has recently highlighted the importance of the ecological role of meiofauna, emphasizing the need to develop studies aimed to conservation as well as to the use of these organisms as descriptors of the environmental status. The present study showed that the response of the organisms of meiofauna was highly sensitive to the specific environmental conditions of the four sites considered. Therefore it appears to be possible to consider the response of meiofauna to environmental and anthropogenic stressors as supplementary information to the responses of macrobenthic communities, which have been, until now, widely recognized and used as syncretic indicators of the ecosystem status.
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Lisi, Francesca. « Struttura e dinamica di popolazione di Axinella polypoides (Schmidt, 1862) (Porifera, Demospongiae) presso l’Isola Gallinara (SV) ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3271/.

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Résumé :
I poriferi rappresentano un importante campo di ricerca anche in ambito applicativo in quanto potenzialmente utili come fonte di metaboliti secondari da impiegarsi in ambito clinico (antitumorali, antibiotici, antivirali, ecc.) e industriale (antifouling). I processi di biosilicificazione interessano invece per aspetti legati alle biotecnologie marine. Questo Phylum ha un importante ruolo strutturale e funzionale nell’ecologia dei popolamenti bentonici, in quanto può essere dominante in numerosi habitat e svolgere un ruolo ecologico fondamentale nelle dinamiche degli ecosistemi marini. Per questo, la variazione spaziale e temporale della loro abbondanza può avere effetti considerevoli su altri membri della comunità. Lo studio delle dinamiche di popolazione e del ciclo riproduttivo dei poriferi potrebbe permettere di valutare come i cambiamenti climatici ne influenzino la crescita e la riproduzione e potrebbe quindi fornire una base per lo sviluppo di corrette tecniche di gestione ambientale. La spugna Axinella polypoides è inserita all’interno delle liste di protezione della Convenzione di Berna e di Barcellona, dove sono elencate le specie da proteggere perché minacciate o in pericolo di estinzione. Questa specie, avendo una morfologia eretta, è fortemente minacciata soprattutto da attività antropiche quali pesca e ancoraggi, ma nonostante questo la letteratura relativa ad essa è scarsa, La sua importanza è legata soprattutto al recente utilizzo come modello per numerosi esperimenti. A. polypoides rappresenta, infatti, il più basso livello nella scala evolutiva in cui sono stati rinvenuti meccanismi biochimici cellulari di reazione all’aumento di temperatura (incremento dell’attività ADP-ribosil ciclasica, sintesi di ossido nitrico) tipici degli organismi superiori. Lo scopo di questa tesi è di aumentare le conoscenze sull’ecologia e sulla biologia di questo porifero, al fine di consentire una migliore predisposizione di eventuali piani di tutela. Dallo studio delle colonie effettuato presso l’Isola Gallinara (SV), emerge una dinamica di crescita lenta ed un ciclo riproduttivo estivo, coerentemente con quanto osservato per altre specie mediterranee del genere Axinella. Le analisi istologiche effettuate hanno mostrato variabilità temporale nella densità e nella dimensione di particolari cellule sferulose, che si ipotizza siano collegate a fenomeni di proliferazione cellulare e rigenerazione in seguito a danni. È stata individuata inoltre la presenza di una particolare tipologia cellulare dendritica la cui funzione si ritiene abbia affinità con le funzioni sensoriali di Phyla superiori. Queste osservazioni, e l’evidente vulnerabilità della specie agli impatti antropici, hanno evidenziato la necessità di sviluppare adeguati piani di monitoraggio e di conservazione.
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Lazzaro, F. « Connessioni molecolari tra struttura della cromatina, riparazione del DNA e attivazione del checkpoint in S. cerevisiae ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2005. http://hdl.handle.net/2434/63008.

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Résumé :
Checkpoints are surveillance mechanisms that monitor cell cycle progression and preserve the correct order of events. Checkpoints are also activated in response to genomic insults, or alterations of cellular structures, and lead to temporary cell cycle arrest, slowing down of DNA replication, changes in the cellular transcriptional program and, in some instances, apoptosis. The mechanisms used by checkpoints to identify DNA lesions are poorly understood and may involve the function of repair proteins. Looking for mutants specifically defective in activating the checkpoint following UV lesions, but proficient in the response to methyl methane sulfonate and double-strand breaks, we isolated RAD14, the homolog of human XPA, involved in lesion recognition during nucleotide excision repair (NER). Rad14 was also isolated as a partner of the Ddc1 checkpoint protein in a two-hybrid screening, and physical interaction was proven by co- immunoprecipitation. We show that lesion recognition is not sufficient for checkpoint activation, but processing, carried out by repair factors, is required for recruiting checkpoint proteins to damaged DNA. Mutations affecting the core NER machinery abolish G1 and G2 checkpoint responses to UV, preventing activation of the Mec1 kinase and its binding to chromosomes. Conversely, elimination of transcription coupled or global genome repair alone does not affect checkpoints, suggesting a possible interpretation for the heterogeneity in cancer susceptibility observed in different NER syndrome patients. Moreover we show that in Saccharomyces cerevisiae epigenetic modification of histones is required for checkpoint activity in response to a variety of genotoxic stresses. We demonstrate that ubiquitination of histone H2B on lysine 123 by the Rad6-Bre1 complex, is necessary for activation of Rad53 kinase and cell cycle arrest. We found a similar requirement for Dot1-dependent methylation of histone H3. Loss
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De, Toffoli Barbara. « Gas emission centres on Mars surface and putative biological contribution : insights on hydrothermal fluid circulation in the upper crust ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3425754.

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Résumé :
The herein presented work aims to develop and expand Mars geological exploration in a search for life prospective and, accordingly, water resurgence features and possible degassing centers have been given a central role in the target selection and process investigation. Hydrothermal fluid circulation in the Martian crust is among the natural processes characterized by the combined involvement of fluids such water and methane so defining a potential set of environments prone to biosphere growth and flourish. Subsurface fluid flow is a key area of planetary science research because fluids affect almost every physical, chemical, mechanical and thermal property of the upper crust. Hydrothermal systems are closely bond to the transport of mass, heat, nutrients and chemical species in hydrogeological systems making these mechanisms central in fields such as volcano-tectonic, deep-biosphere and water/ice cycle. To step forward toward a new generation of planetary exploration that aims, not only to analyse and map the surfaces of planetary bodies other than Earth, but also to push the survey down in depth, in the first chapter we successfully test the efficiency of a rising technique that allows to probe the subsurface starting from surface case studies: fractal analysis. This method was firstly applied on many different study cases on Earth to investigate the location at depth of magma chambers and sediment source layers beneath volcanic vent and mud volcano fields. We thus took this technique and applied it to many different well-known morphologically convergent features on Mars, but with very different inferred formation process, in order to test if fractal analysis were an efficient methodology to identify spatial patterns linked to system of percolating connected fractures and drained material source depth by outputting the expected outcomes for the different cases. Thanks to the successfully obtained results we fostered the implementation of such method in the planetary exploration research field. In the second chapter is reported the produced work concerning the exploration and investigation aimed to identify new regions on Mars with a high astrobiological potential through the usage of classic and fractal analyses. Since the main objective of the herein presented work is to spot emission centers linked to water and methane release, we set our starting point on the search for fields of pitted mounds, which are good candidate morphologies for our purposes. Many different areas, with large coverages and very different geological context showed a relationship with systems of connected fractures extending many kilometres beneath the surface. We were not just able to profitably analyse different areas and locate several interesting vast regions, but we observed a systematic linkage between large fields of pitted mounds on the surface and the shallowest interface between gas hydrate-rich cryosphere and hydrosphere hypothesised for the Martian subsurface, so discovering the potential key role of clathrates on a, geologically speaking, recent Mars. The intriguing results produced and displayed in the first two chapters of this work led to a spectrum of unsolved questions concerning the processes that could be involved in such kind of phenomena. We thus choose to approach this topic from the structural side aiming to produce structural asset interpretations based on fluid circulation evidence, where information is available. In the third chapter, we hence face a propaedeutic explorative study which has the objective to compare sulfate vein networks on several locations on Earth with sulfate veins outcropping in the Gale crater (Curiosity Rover landing site, Mars), that represent the only case of close up acquisitions of Martian features that surely experienced fluid circulation. A better understanding of the structural asset on portions of the Martian surface will progressively lead to a contextualisation of the forces that could have contributed to drive the fluid flows in the upper Martian crust and again pushing the exploration toward the subsurface realm and to the identification of outgassing and water related environments. In the fourth chapter are exposed preliminary works that further pursue the aim of identify and investigate environments that experienced fluid circulation, backbone of this thesis. On one side, we moved on in exploring the Martian surface throughout the observation of the freshly acquired four-colours images of the CaSSIS camera we are involved in, with remarkable outcomes thanks to the location of light-toned ridges possibly linked to hydrothermal fluid percolation and connected rocks alteration. Contextually, we also approached the question from the compositional side by enhancing spectral libraries with the production of spectral signatures, on ultraviolet- far infrared wavelength span, of minerals belonging to environments that, on Earth, are linked to low temperature hydrothermal circulation and of rare bio-mineralisation features that are siliceous stromatolites.
Il lavoro presentato ha lo scopo di sviluppare ed espandere l'esplorazione geologica di Marte nell’ottica di ricerca di ambienti adatti allo sviluppo della vita e, di conseguenza, centri di risalita di acqua e centri di degassamento hanno avuto un ruolo centrale nella selezione degli obiettivi di indagine. La circolazione idrotermale nella crosta marziana è tra i processi naturali caratterizzati dal coinvolgimento combinato di fluidi quali acqua e metano, definendo così un potenziale insieme di ambienti inclini alla crescita e allo sviluppo della biosfera. La circolazione di fluidi nel sottosuolo è un'area chiave nel contesto delle scienze planetarie perché essi influenzano quasi ogni proprietà fisica, chimica, meccanica e termica della crosta superiore. I sistemi idrotermali sono strettamente legati al trasporto di massa, calore, sostanze nutritive e specie chimiche nei sistemi idrogeologici, rendendo questi meccanismi centrali in campi quali il ciclo vulcano-tettonico, la biosfera profonda e il ciclo acqua / ghiaccio. Per sviluppare una nuova generazione di esplorazione planetaria che mira non solo ad analizzare e mappare le superfici dei corpi planetari diversi dalla Terra, ma anche a sondarne le profondità, nel primo capitolo testiamo con successo l'efficienza di una nuova tecnica che permette di investigare il sottosuolo partendo dalle osservazioni di superficie: l’analisi frattale. Questo metodo è stato applicato per la prima volta sulla Terra per indagare la profondità delle camere magmatiche e degli strati sorgente che alimentano vulcanesimo magmatico e vulcani di fango. Abbiamo quindi applicato questa tecnica a diverse strutture di superficie su Marte con caratteristiche morfologicamente convergenti, ma con processi di formazione molto diversi, al fine di verificare se l'analisi frattale fosse una metodologia efficiente per identificare la presenza di un sistema percolante di fratture connesse e la profondità della sorgente del materiale drenato. I risultati sono stati positivi promuovendone così l'implementazione nel processo di esplorazione planetaria. Nel secondo capitolo viene riportato il lavoro prodotto relativo all'esplorazione volto a identificare nuove regioni ad alto potenziale su Marte attraverso l'uso di analisi classiche e frattali. Poiché l'obiettivo principale del presente lavoro presentato è quello di individuare i centri di emissione legati al rilascio di acqua e metano, poniamo il nostro punto di partenza nella ricerca di campi di pitted mounds, che sono ottimi candidati per i nostri scopi. Varie aree, con grandi coperture e un contesto geologico molto diverso, hanno mostrato una relazione con sistemi di fratture connesse con estensioni fino svariati chilometri di profondità. Non solo siamo stati in grado di analizzare proficuamente aree diverse e localizzare vaste regioni ad alto interesse, ma abbiamo osservato un collegamento sistematico tra grandi campi di pitted mounds sulla superficie e l'interfaccia più superficiale tra la criosfera ricca in clatrati e l'idrosfera ipotizzata per il sottosuolo marziano, scoprendo così il ruolo chiave che i clatrati potrebbero aver avuto su Marte i un passato geologicamente recente. I risultati promettenti prodotti e mostrati nei primi due capitoli di questo lavoro hanno portato a uno spettro di domande riguardanti i processi che potrebbero essere coinvolti in questo tipo di fenomeni. Scegliamo quindi di affrontare questo argomento tramite l’interpretazione dell’assetto strutturale basato su evidenze di circolazione di fluidi, in aree in cui tali informazioni sono disponibili. Nel terzo capitolo, quindi, affrontiamo uno studio esplorativo propedeutico che ha l'obiettivo di confrontare sistemi di vene a solfati in diverse località sulla Terra con le vene a solfati affioranti nel Gale crater, che rappresentano l'unico caso di acquisizioni ravvicinate di strutture marziane che sicuramente hanno sperimentato circolazione di fluidi. Una migliore comprensione dell’assetto strutturale su porzioni della superficie marziana può portare progressivamente ad una contestualizzazione delle forze che potrebbero aver contribuito a guidare i flussi di fluido nella crosta superiore marziana e inoltre a migliorare la corrente conoscenza del sottosuolo marziano nonché all’identificazione di ambienti legati all'acqua. Nel quarto capitolo sono esposti i lavori preliminari che hanno come obiettivo quello di identificare e indagare ambienti che hanno subito la circolazione di fluidi, spina dorsale di questa tesi. Da un lato, siamo andati avanti nell'esplorazione della superficie marziana attraverso l'osservazione delle immagini a quattro colori appena acquisite della camera CaSSIS, con esiti notevoli grazie all’individuazione di creste probabilmente legate alla percolazione di fluido idrotermale e all'alterazione delle rocce incassanti. Contestualmente, abbiamo anche affrontato la questione dal lato composizionale migliorando le librerie spettrali con la produzione di firme spettrali, in lunghezze d'onda dall'ultravioletto al lontano infrarosso, di minerali appartenenti ad ambienti che, sulla Terra, sono legati alla circolazione idrotermale a bassa temperatura e di rare bio-mineralizzazioni quali le stromatoliti silicee.
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Ferrara, Giorgia <1979&gt. « Struttura genetica spazio-temporale e tracciabilità delle popolazioni di tonno rosso (Thunnus thynnus) del Mediterraneo ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2716/1/Ferrara_Giorgia_tesi.pdf.

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Ferrara, Giorgia <1979&gt. « Struttura genetica spazio-temporale e tracciabilità delle popolazioni di tonno rosso (Thunnus thynnus) del Mediterraneo ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2716/.

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Burreddu, Caterina. « Risposta delle comunità meio e macro bentoniche alla presenza di differenti tipologie di strutture di difesa costiera ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4589/.

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Résumé :
Lo studio è stato effettuato nell’ambito del progetto Theseus; il mio lavoro mirava a valutare la risposta dei popolamenti meio e macrobentonici alla presenza di diverse tipologie di strutture di difesa costiera. Sono stati presi in esame a tal fine oltre al sito di campionamento di Cesenatico sud, con presenza di barriere emerse anche il sito di Cesenatico nord, con presenza di barriere semisommerse, per poter effettuare un confronto. Il campionamento è stato fatto nella zona intertidale dove sono stati prese oltre alle variabili biotiche di macro e meiofauna anche quelle abiotiche (granulometria e sostanza organica). Sono stati scelti sei transetti in maniera random, 3 livelli di marea fissi l’alta, la media e la bassa (H, M, L) e due repliche (A e B) per un totale di 36 campioni per ogni variabile presa in esame. Dopo la fase di trattamento dei campioni in laboratorio state fatte in seguito analisi univariate effettuando l’ANOVA sia sui dati biotici di abbondanza numero di taxa e indice di diversità di Shannon di macro e meiobenthos sia sulle singole variabili ambientali di TOM, mediana, classazione, shell mean (capulerio). Sono state fatte anche analisi multivariate; per quanto riguarda i dati biotici sono state effettuate analisi di MDS e PERMANOVA e per quanto riguarda le variabili dei dati abiotici è stata fatta l’analisi della PCA. Infine per effettuare un confronto tra le variabili ambientali e quelle biotiche è stata fatta anche l’analisi BIOENV. Dai risultati sono emerse delle differenze sostanziali tra i due siti con maggiore abbondanza e diversità nel sito di Cesenatico nord rispetto a quello sud. Sono state evidenziate anche differenze nei livelli di marea con una maggiore abbondanza nel livello di bassa marea rispetto alla media e all’alta soprattutto per quanto riguarda il sito di Cesenatico sud. Dal confronto tra i dati ambientali e quelli biotici ne è risultato che la variabile più strettamente correlata è quella del capulerio sia per quanto riguarda il pattern di distribuzione della macrofauna che della meio. Tale lavoro ha messo in evidenza come i popolamenti rispondano in maniera differente alla presenza di differenti barriere di difesa costiera che anche se simili nella loro struttura presentano dei differenti effetti che hanno sull’azione del moto ondoso, circolazione dell’acqua e trasporto di sedimenti portando così a differenti risposte nei patterns di distribuzione dei popolamenti.
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Marziliano, Lucia. « Gli otoliti dei Triglidae (Teleostei, Scorpaeniformes) : un approccio innovativo allo studio comparativo della forma e della struttura cristallina ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2411/.

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Rispoli, Ada <1982&gt. « Rapporto tra struttura e funzione della cistatina B e dei suoi mutanti in relazione all'epilessia mioclonica progressiva di tipo 1 (EPM1) ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2636/1/rispoli_ada_tesi.pdf.

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Résumé :
This work shows for the first time that native CSTB polymerizes on addition of Cu2+ and DnaK (Hsp70). Cysteines are involved in the polymerization process and in particular at least one cysteine is necessary. We propose that Cu2+ interacts with the thiol group of cysteine and oxidize it. The oxidized cysteine modifies the CSTB structure allowing interaction with DnaK/Hsp70 to occur. Thus, Cu2+ binding to CSTB exposes a site for DnaK and such interaction allows the polymerization of CSTB. The polymers generated from native CSTB monomers, are DTT sensitive and they may represent physiological polymers. Denatured CSTB does not require Cu2+ and polymerizes simply on addition of DnaK. The polymers generated from denatured CSTB do not respond to DTT. They have characteristics similar to those of the CSTB toxic aggregates described in vivo in eukaryotic cells following CSTB over-expression. Interaction between CSTB and Hsp70 is shown by IP experiments. The interaction occurs with WT CSTB and not with the cys mutant. This suggests that disulphur bonds are involved. Methal-cathalyzed oxidation of proteins involves reduction of the metal ion(s) bound to the protein itself and oxidation of neighboring ammino acid residues resulting in structural modification and de-stabilization of the molecule. In this work we propose that the cysteine thyol residue of CSTB in the presence of Cu2+ is oxidized, and cathalyzes the formation of disulphide bonds with Hsp70, that, once bound to CSTB, mediates its polymerization. In vivo this molecular mechanism of CSTB polymerization could be regulated by redox environment through the cysteine residue. This may imply that CSTB physiological polymers have a specific cellular function, different from that of the protease inhibitor known for the CSTB monomer. This hypothesis is interesting in relation to Progressive Myoclonus Epilepsy of type 1 (EPM1). This pathology is usually caused by mutations in the CSTB gene. CSTB is a ubiquitous protein, but EPM1 patients have problems only in the central nervous system. Maybe physiological CSTB polymers have a specific function altered in people affected by EPM1.
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Rispoli, Ada <1982&gt. « Rapporto tra struttura e funzione della cistatina B e dei suoi mutanti in relazione all'epilessia mioclonica progressiva di tipo 1 (EPM1) ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2636/.

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Résumé :
This work shows for the first time that native CSTB polymerizes on addition of Cu2+ and DnaK (Hsp70). Cysteines are involved in the polymerization process and in particular at least one cysteine is necessary. We propose that Cu2+ interacts with the thiol group of cysteine and oxidize it. The oxidized cysteine modifies the CSTB structure allowing interaction with DnaK/Hsp70 to occur. Thus, Cu2+ binding to CSTB exposes a site for DnaK and such interaction allows the polymerization of CSTB. The polymers generated from native CSTB monomers, are DTT sensitive and they may represent physiological polymers. Denatured CSTB does not require Cu2+ and polymerizes simply on addition of DnaK. The polymers generated from denatured CSTB do not respond to DTT. They have characteristics similar to those of the CSTB toxic aggregates described in vivo in eukaryotic cells following CSTB over-expression. Interaction between CSTB and Hsp70 is shown by IP experiments. The interaction occurs with WT CSTB and not with the cys mutant. This suggests that disulphur bonds are involved. Methal-cathalyzed oxidation of proteins involves reduction of the metal ion(s) bound to the protein itself and oxidation of neighboring ammino acid residues resulting in structural modification and de-stabilization of the molecule. In this work we propose that the cysteine thyol residue of CSTB in the presence of Cu2+ is oxidized, and cathalyzes the formation of disulphide bonds with Hsp70, that, once bound to CSTB, mediates its polymerization. In vivo this molecular mechanism of CSTB polymerization could be regulated by redox environment through the cysteine residue. This may imply that CSTB physiological polymers have a specific cellular function, different from that of the protease inhibitor known for the CSTB monomer. This hypothesis is interesting in relation to Progressive Myoclonus Epilepsy of type 1 (EPM1). This pathology is usually caused by mutations in the CSTB gene. CSTB is a ubiquitous protein, but EPM1 patients have problems only in the central nervous system. Maybe physiological CSTB polymers have a specific function altered in people affected by EPM1.
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Girardi, Stefano. « Prestazioni della tecnica di transfezione selettiva di cellule di mammifero in adesione tramite strutture integrate su silicio ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425000.

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Résumé :
The NaChip project (IST-2001-38915) aims to the realization of a non-invasive system for monitoring the electrical activity of neurons culture. Such device is a silicon microchip containing EOSFET (Electrolyte Oxide Silicon Field Effect) transistors, through which it is possible to record the electrical activity from nervous cells. This device has an elevated signal/noise ratio, an intrinsic characteristic of the instrument. To improve the relationship of the signal/noise ratio, this job focuses on the improvement of the cell-transistor connection, through the accumulation of sodium channels at the neuron-to-substrate interface. We have used B1 and B2 auxiliary subunits of Nav1.2 channel, that, interacting through their extracellular domain with particular proteins, respectively contactin 1 (CNT1) and tenascin C (TNC), can carry the accumulation of the sodium channel in the cell/transistor interface. Through the creation of fluorescent fusion proteins for B1 and B2, it has been possible to analyze the effect of the overexpression of the chimeras in E18 rat hippocampal neurons, and their role in the sorting of the channel in the presence of substrate coatings. Such analysis has been carried out by means of TIRF microscopy, that allows the observation of the adhesion zone of the cell with an elevated signal/noise ratio. This has brought us to the discovery of an unexpected effect of B2 in the considerable increaseing of the dendritic branching, thus allowing to take advantage of such characteristic in order to improve the electrical coupling connection cell/transistor and to increase the signal/noise ratio. The necessity of a selective transfection of a single neuron over the recording zone, has carried to the development of a innovative and not using the stimulation site EOSC (Electrolyte Oxide programmed technique Semiconductor Capacitor). This site can been used for ectroporation of a limited number of cells in adhesion, allowing to put inside the cell various types of molecules as it will be explained in the present job.
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Bigoni, Francesco. « Confronto tra composizione tassonomica e struttura trofica delle comunità macrobentoniche di spiagge dell'Emilia Romagna ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6728/.

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Lo studio si inserisce all’interno del progetto THESEUS, il cui obiettivo primario è quello di fornire una metodologia integrata per la pianificazione di strategie di difesa sostenibile per la gestione dell’erosione costiera e delle inondazioni. Nel presente lavoro di tesi in particolare sono state esaminate le componenti biotiche e abiotiche della zona intertidale di 6 spiagge (Lido di Spina, Bellocchio, Lido di Dante, Cervia, Cesenatico, Cesenatico sud) lungo la costa emiliano-romagnola, diverse tra loro per caratteristiche morfodinamiche, per grado di antropizzazione, modalità di gestione ed interventi effettuati per contrastare i fenomeni di erosione costiera. Sono state quindi considerate porzioni di litorale in cui non sono presenti opere di difesa costiera rigide, quali pennelli e barriere, e dove sono quasi del tutto assenti strutture turistico-balneari, e tre siti più antropizzati per la presenza di strutture di difesa costiera o per attività inerenti il turismo. Lo scopo di questo lavoro consiste nella: 1) analisi delle comunità macrobentoniche della zona intertidale in termini di composizione tassonomica; 2) analisi delle comunità macrobentoniche in termini di gruppi funzionali o gruppi trofici, cioè specie che, all’interno della comunità, svolgono la stessa funzione ecologica; 3) relazione fra la struttura delle comunità e le caratteristiche abiotiche e morfodinamiche delle spiagge indagate. L’analisi dei dati ha mostrato come le comunità rinvenute a Bellocchio e Lido di Dante, sia in termini di struttura trofica che tassonomica, siano le più diverse fra di loro. Con l’eccezione di Bellocchio, tutte le spiagge sono dominate dal gruppo trofico dei “suspension feeders” a causa dell’elevata abbondanza del bivalve Lentidium mediterraneum. Quando dalla matrice multivariata biotica viene elimina questa specie, si evidenziano differenze più marcate fra i siti definiti naturali e quelli definiti più antropizzati. Considerando le matrici morfo-abiotiche, Lido di Spina, Cesenatico e Cesenatico sud presentano un sedimento medio-fine e moderatamente ben classato, tipico delle spiagge del litorale emiliano-romagnolo; viceversa Lido di Dante e Bellocchio presentano un sedimento rispettivamente più grossolano e molto fine e argilloso a Bellocchio.
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Majorana, Alessandra. « Alterazioni specifiche del trascrittoma dei microrna e struttura globale del network in carcinoma colorettale dopo trattamento con Cetuximab ». Thesis, American Association for Cancer Research, 2011. http://hdl.handle.net/10761/129.

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Résumé :
Il carcinoma del colon-retto (CRC) e' una delle neoplasie piu' frequenti nel mondo occidentale e rappresenta un problema socio-sanitario di notevole rilievo. E' noto che non tutti i pazienti affetti da CRC rispondono in modo positivo alla terapia con i piu' comuni agenti antitumorali (es. Cetuximab): vi sono infatti dei fattori genetici predittivi della risposta, tra i quali sicuramente uno dei piu' noti e' lo stato mutazionale di KRAS. Tuttavia, questo approccio diagnostico molecolare e' comunque invasivo, poiche' presuppone un prelievo bioptico. Per questa ragione, diversi gruppi di ricercatori stanno cercando di individuare biomarcatori che, oltre ad essere specifici, siano identificabili con procedure non invasive. Indubbiamente, tra i possibili marcatori, i microRNA (miRNA) rivestono un ruolo particolarmente rilevante. I miRNA sono piccole molecole di RNA non codificante che svolgono un ruolo critico nella regolazione dell ' espressione genica in tutti i processi cellulari. Ad oggi, sono stati pubblicati diversi dati che suggeriscono come il profilo di espressione dei miRNA vari in modo specifico nei diversi tipi di cellule neoplastiche, in correlazione con il fenotipo del tumore e con la sua evoluzione. L' oggetto di questa tesi e' stato lo studio della relazione tra risposta terapeutica e modifiche del trascrittoma dei miRNA nel tumore colorettale (CRC), che ad oggi rimane sconosciuta. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo effettuato il profiling dell'espressione di 667 miRNA in due linee cellulari umane CRC, una sensibile e l'altra resistente al Cetuximab (Caco-2 e HCT-116, rispettivamente) mediante RT-PCR con sonde TaqMan. Le Caco-2 e le HCT-116 esprimono diversi set di miRNA dopo il trattamento: in particolare, mentre nelle Caco-2 sono differenzialmente espressi 21 miRNA (DE miRNA), nelle HCT-116 i DE miRNA sono 22 (t-test, p <0.01). Testando l'espressione dei DE miRNA in campioni paraffinati di pazienti affetti da CRC, abbiamo scoperto che il miR-146b-3p e il miR-486-5p sono piu' abbondanti nei campioni con il gene KRAS mutato rispetto a quelli wild-type (test di Wilcoxon, p <0.05). Dall' analisi dei cluster e delle famiglie geniche dei DE miRNA e' emerso che miRNA localizzati in stretta prossimita' genomica o appartenenti alla stessa famiglia mantengono spesso lo stesso trend di espressione in seguito al trattamento. Secondo dati di letteratura, il 67% dei DE miRNA e' coinvolto nel cancro, incluso il CRC, mentre 19 targets dei DE miRNA sono stati precedentemente associati alla pathway del Cetuximab e del CRC, come ad esempio KRAS (targets dei DE miRNA let-7b e let-7e), PTEN e PIK3R1 (entrambi targets del miR-486-5p). Abbiamo identificato 25 fattori di trascrizione che putativamente controllerebbero questi DE miRNA; 11 di questi sono gia' stati individuati per essere coinvolti nella patogenesi del CRC, come ad esempio MYC, che controlla positivamente l ' espressione del miR-17* (un marcatore del CRC i cui livelli sono abbondanti in biopsie e plasma di pazienti). Sulla base di questi dati, suggeriamo che la sottoespressione di let-7b e let-7e e la sovraespressione del miR-17* potrebbero far considerare questi miRNA come marcatori molecolari candidati per la resistenza al Cetuximab. L'analisi funzionale globale delle network dei targets dei DE miRNA ha mostrato una significativa sovra-rappresentazione di processi biologici correlati al cancro, all' angiogenesi e alla risposta immunitaria, e di moduli centrati sui nodi critici coinvolti nell' internalizzazione di EGFR e sua degradazione ubiquitina-mediata. L'identificazione di miRNA la cui espressione e' legata all' efficacia della terapia, dovrebbe quindi consentire di predire la risposta dei pazienti al trattamento e potrebbe condurre ad una migliore comprensione dei meccanismi molecolari della risposta farmacologica. Il lavoro esposto in questa tesi e' stato pubblicato nel 2010 su Molecular Cancer Therapeutics (E-pub 29 Settembre).
The relationship between therapeutic response and modifications of miRNA transcriptome in Colorectal Cancer (CRC) remains unknown. We investigated this issue by profiling the expression of 667 miRNAs in two human CRC cell lines, one sensitive and the other resistant to cetuximab(Caco-2 and HCT-116, respectively) through TaqMan RT-PCR. Caco-2 and HCT-116 expressed different sets of miRNAs after treatment: specifically, 21 and 22 miRNAs were differentially expressed (DE) in Caco-2 or HCT-116, respectively (t-test, p<0.01). By testing the expression of DE miRNAs in CRC patients, we found that miR-146b-3p and miR-486-5p are more abundant in KRAS mutated samples respect to wild-type ones (Wilcoxon test, p<0.05). 67% of DE miRNAs were involved in cancer, including CRC, while 19 miRNA targets had been previously reported to be involved in the cetuximab pathway and CRC. We identified 25 TFs putatively controlling these miRNAs, 11 of which already reported to be involved in CRC. Based on these data, we suggest that the down regulation of let-7b and let-7e (targeting KRAS) and the up regulation of miR-17* (a CRC marker) could be considered as candidate molecular markers of cetuximab resistance. Global network functional analysis, based on miRNA targets, showed a significant overrepresentation of cancer-related biological processes and networks centered on critical nodes involved in EGFR internalization and ubiquitin-mediated degradation. The identification of miRNAs, whose expression is linked to the efficacy of therapy, should allow to predict the response of patients to treatment and possibly lead to a better understanding of the molecular mechanisms of drug response.
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Giani, Simone. « Struttura filogenetica della comunità batterica associata ad Ostreopsis cf. Ovata in colture batch e dinamiche di crescita ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8089/.

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Résumé :
Negli ultimi 10 anni i blooms attribuibili alla dinoflagellata bentonica Ostreopsis cf. ovata sono aumentati in termini di frequenza ed intensità lungo le coste del Mediterraneo, avendo ripercussioni negative sulla salute umana e forti impatti sulle comunità marine bentoniche, ciò a seguito della produzione di potenti tossine (composti palitossina-simili) da parte della microalga. Tra i fattori ecologici che innescano o regolano le dinamiche dei bloom tossici le interazioni tra microalghe e batteri sono in misura sempre maggiore oggetto di ricerca. In questo studio è stata analizzata la struttura filogenetica della comunità batterica associata ad O. cf. ovata in colture batch e valutate le dinamiche successionali della stessa in relazione alle differenti fasi di crescita della microalga (oltre che in relazione alle dinamiche di abbondanza virale). Lo studio filogenetico è stato effettuato tramite l’ausilio di metodiche molecolari di sequenziamento di next generation (Ion Torrent). Le abbondanze dei batteri e delle particelle virali sono state determinate tramite microscopia ad epifluorescenza; l’abbondanza cellulare algale è stata stimata tramite metodo Uthermohl. Il contributo della frazione batterica ad elevata attività respiratoria è stato determinato tramite doppia colorazione con coloranti DAPI e CTC. Dai dati emersi si evince che la comunità batterica attraversa due fasi di crescita distinte, una più marcata e concomitante con la fase esponenziale di O. cf. ovata, l'altra quando la microalga è in fase media stazionaria. Per quanto concerne la composizione filogenetica della comunità sono stati rilevati 12 phyla, 17 classi e 150 generi, sebbene i dati ottenuti abbiano rilevato una forte dominanza del phylum Proteobacteria con la classe Alphaproteobacteria, seguita dal phylum Bacteroidetes con la classe Sphingobacteria. Variazioni nella struttura filogenetica della comunità batterica, a livello di generi, tra le diverse fasi di crescita della microalga ha permesso di evidenziare ed ipotizzare particolari interazioni di tipo mutualistico e di tipo competitivo.
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Cirelli, Gianluca. « Impatto degli interventi antropici di difesa costiera sulla struttura e distribuzione della popolazione di Lentidium mediterraneum (Mollusca bivalvia) ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3218/.

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Résumé :
Il presente elaborato si inserisce all’interno del progetto THESEUS (Innovative Technologies for safer European coasts in a changing climate), nella sezione denominata “work package 3”. I principali obiettivi di questo studio sono: 1) valutare l’impatto delle differenti strategie di difesa di zone intertidale dell’ecosistema spiaggia lungo il litorale dell’Emilia-Romagna; 2) analizzare nel dettaglio la struttura e la distribuzione del microbivalve Lentidium mediterraneum, tipico do questa zona, per valutarne un eventuale utilizzo nei progetti di monitoraggio e analisi degli impatti antropici legati alle variazioni morfodinamiche. Sono state scelte tre spiagge: Cesenatico, in cui da molti anni sono presenti strutture di difesa rigide della spiaggia, e dove ogni anno, al termine della stagione estiva, vengono costruite delle dune artificiali, rimosse a fine primavera, per proteggere gli stabilimenti balneari dalle mareggiate invernali; Cervia, in cui sono presenti solo le dune artificiali stagionali; Lido di Dante, considerato naturale per l’assenza di strutture di protezione. Il campionamento è stato effettuato in 3 tempi per ciascun sito. 2 tempi senza le dune artificiali, e uno con. Per ciascun sito e ciascun tempo sono stati replicati 3 transetti, random, per ogni livello di marea. Sono stati prelevati campioni per un totale di 14879 individui e identificati 40 taxa. Da questi sono stati estratti gli esemplari di Lentidium mediterraneum da analizzare. Le analisi uni e multivariate effettuate sull’intera comunità hanno messo in evidenza differenze fra le spiagge, fra i tempi di campionamento e i livelli di marea. Si è, inoltre evidenziato come tali differenze fossero in parte dovute alle densità di Lentidium mediterraneum. Oltre alle analisi classiche nel presente lavoro di tesi è stato proposto un modello concettuale di trasporto del Lentidium mediterraneum che se validato confermerebbe la possibilità di utilizzare il microbivalve come “proxy biologico”.
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Alia, Andrea. « Struttura di età del genere Mullus in Alto-Medio Adriatico mediante lettura di otoliti e frequenze di taglia ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9600/.

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Résumé :
Scopo di questo studio è la determinazione delle strutture di età delle specie Mullus barbatus e Mullus surmuletus, pescate in Alto-Medio Adriatico durante le campagne di ricerca MEDITS e GRUND mediante la lettura degli anelli stagionali degli otoliti e delle frequenze di taglia. I campioni di otoliti sono stati prima estratti e poi lavati con sonicatore e acquisiti al computer. Sono state successivamente prese le misure dei radius ed è stata fatta una prima lettura degli anelli. Un subcampione è stato poi scelto per applicare altri due metodi di lettura degli anelli: la bruciatura e la colorazione, preceduta dal taglio dell’otolite. Sono stati poi levigati e lucidati gli otoliti dei giovanili per un conto degli annuli giornalieri. L’analisi dati, svolta tramite il software Rstudio, ha permesso di calcolare non solo le strutture di età, ma anche di osservare le distribuzioni dei campioni per classi di profondità e latitudine, confrontare le strutture di taglia e calcolare le chiavi di età-lunghezza, l’accrescimento somatico con le relazioni lunghezza-peso e l’equazione di Von Bertalanffy e l’accrescimento dell’otolite tramite i rapporti radius-taglia e radius-età e il tasso di incremento dei radius. Infine sono stati anche confrontati i tre metodi di lettura degli anelli al fine di stabilirne il migliore. Le due specie hanno mostrato una grande maggioranza di individui di 1 e 2 anni, soprattutto nella zona settentrionale e centrale dell’area di studio a profondità entro i 100 m. Differenze specifiche sono poi state trovate nel confronto tra le strutture di taglia e le relazioni lunghezza-peso e per il tasso di accrescimento K dell’equazione di Von Bertalanffy. Alta poi è la correlazione tra la misura dei radius e la taglia e l’età. Diverso è anche il tasso degli incrementi dei radius tra primo-secondo anno e secondo-terzo anno.
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Gerotto, Valentina. « Genetic variability and differentiation in the Mediterranean endemic starry ray Raja asterias (Delaroche, 1809) ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6265/.

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Résumé :
The present study deal with the population structure and connectivity of the Mediterranean endemic starry ray Raja asterias (Delaroche, 1809) in the Western and Eastern Mediterranean basin. A panel of eight microsatellite loci which cross-amplify in Rajidae (El Nagar, 2010) was used to assess population connectivity and structure. Those aims were investigated by analyzing the genetic variation of 9 population sample for a total of 185 individuals collected during past scientific surveys (MEDITS, GRUND), commercial trawling and also directly at fish markets. The purpose of this thesis is to estimate the genetic divergence occurring between the Mediterranean populations and, in particular, to assess the presence of any barrier (geographic, hydrogeological and biological) to gene flow for this species. Different statistical approaches were performed to reach this aim evaluating both the genetic diversity (nucleotide diversity, allelic richness, observed and expected heterozygosity and Hardy-Weinberg equilibrium test) and the population differentiation patterns (pairwise Fst estimated and population structure analysis). The results obtained from the analysis of the microsatellite dataset suggest a geographic and genetic separation between the starry ray populations of the Mediterranean basin into three or four distinct groups: Western and Eastern Mediterranean basins and Sicilian coast always clustering as an independent group and Algeria which could be or not considered another separate group. The data were discussed from both an evolutionary and a conservation point of view and in relation to previous results obtained by the analysis of mitochondrial marker. A comparison with other Mediterranean demersal skate species was performed in order to better contextualise our results. Finally, our results could offer useful information to protect vulnerable species as R. asterias and developing effective conservation plans in the Mediterranean.
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Angileri, Paolo Maurizio Maria. « Struttura di età di nasello (Merluccius merluccius, Linnaeus, 1758) in alto-medio Adriatico mediante analisi degli otoliti e frequenza di taglia ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8090/.

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Résumé :
The aim of present study is to define the general framework of Merluccius merluccius population structure, to estimate the growth rate and to assess the recruitment dynamics of juveniles from Northern and Central Adriatic, through otoliths analysis. The otoliths of hake specimens collected during the MedITS trawl survey in the 2012 in GSA 17, were cleaned and 102 otoliths out of 506 were embedded, sectioned, grindined and polished to obtain frontal and sagittal sections. The whole sample were analysed under stereomicroscope and optical microscope, with camera and connected to PC provided of an image analyses program. The frequency analysis of size classes and age revealed that the species is dominated by hake with >200mm TL and > one year old. The fish average size of M. merluccius at the end of the first year of life is about 199 mm TL. Allometrics analyses between fish TL and Feret (major axis), MiniFeret (minor axis), Area, Perimeter, showed a direct proportionality among lengths. Among the 88 otoliths sections analysed, the number of daily increments read ranged from 86 to 206, within 55 and 175mm TL range. The age estimate ranged from about 2-3 to 9 months and the growth rate from 20.99 to 27.15mm TL. The hatch-date distribution, obtained by back calculation, showed that the hatching occurs in November-March. In conclusion, strong preventive measures are needed for hake adults because the success of this species seems to be linked to deep water ecosystem protection where big spawners dwell.
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PERTILE, GIORGIA. « Potrebbe l'applicazione di pesticidi influenzare l'abbondanza, la struttura, la biodiversità e la funzionalità della comunità microbica del suolo ? » Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10801.

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Résumé :
In agricoltura, i pesticidi sono stati usati molto frequentemente per salvaguardare le colture dagli attacchi di parassiti e dalle malattie. Questi pesticidi, oltre a uccidere gli organismi target, molte volte colpiscono anche gli organismi non-target. Tra gli organismi non-target, possiamo individuare molti microrganismi utili a determinare la fertilità e la qualità del terreno. La presenza di questi xenobiotici nel terreno può influenzare i principali cicli biogeochimici (N, C, S, P) e altre vie metaboliche (es. β-ketoadipate). In questo studio abbiamo analizzato gli effetti di isoproturon, tebuconazole e chlorpyrifos sull’abbondanza, sulla struttura e sulla diversità della comunità microbica. Inoltre, abbiamo anche studiato gli effetti di questi pesticidi sui geni coinvolti nel ciclo dell’azoto. Si è potuto notare che l’abbondanza della comunità batterica è molto influenzata dall’applicazione del fungicida tebuconazole . Per quanto riguarda gli studi sulla funzionalità e diversità della popolazione microbica, l’applicazione di questi pesticidi sembra non indurre una chiara dose-dipendente e un effetto tempo. Diversamente, in relazione all’analisi sulla diversità microbica, possiamo affermare che l’applicazione di questi tre pesticidi ha influenzato il numero di OTU rilevate; tuttavia, l’indice di diversità (H’) ci dice che l’uso di questi pesticidi porta ad un incremento della diversità all’interno dei campioni trattati. In conclusione, è possibile affermare che l’applicazione di questi pesticidi influenza l’abbondanza e la funzionalità della popolazione microbica, ma non induce una diminuzione della diversità all’interno della medesima comunità.
In agriculture, pesticides have been frequently used to protect crops from pest and disease attacks. Many times such pesticides, besides killing the target organisms, hit non-target organisms. Among the non-target organisms, we can find many useful microorganisms that determine fertility and soil quality. The presence of these xenobiotics in soil can influence the main biogeochemical cycles (N, C, S, P) and other metabolic pathways (eg. Β-ketoadipate). In this study, we investigated the effects of isoproturon, tebuconazole and chlorpyrifos on the abundance, the structure and the diversity of the microbial community. We have also studied the effects of these pesticides on the genes involved in the nitrogen cycle. It was observed that the abundance of the bacterial community is significantly affected by the application of the fungicide tebuconazole. As for the studies on the functionality and the diversity of the bacterial population, the application of these pesticides does not seem to induce a clear dose-dependent nor a time effect. On the contrary, with respect to the analysis on microbial diversity, we observed that the application of these three pesticides did influence the number of detected OTU, whereas the diversity index (H') tells us that the use of such pesticides leads to an increase of diversity within the treated samples. Finally, we can conclude that the application of these pesticides affects the abundance and function of the microbial population, but does not lead to lower diversity within the same community.
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PERTILE, GIORGIA. « Potrebbe l'applicazione di pesticidi influenzare l'abbondanza, la struttura, la biodiversità e la funzionalità della comunità microbica del suolo ? » Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10801.

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Résumé :
In agricoltura, i pesticidi sono stati usati molto frequentemente per salvaguardare le colture dagli attacchi di parassiti e dalle malattie. Questi pesticidi, oltre a uccidere gli organismi target, molte volte colpiscono anche gli organismi non-target. Tra gli organismi non-target, possiamo individuare molti microrganismi utili a determinare la fertilità e la qualità del terreno. La presenza di questi xenobiotici nel terreno può influenzare i principali cicli biogeochimici (N, C, S, P) e altre vie metaboliche (es. β-ketoadipate). In questo studio abbiamo analizzato gli effetti di isoproturon, tebuconazole e chlorpyrifos sull’abbondanza, sulla struttura e sulla diversità della comunità microbica. Inoltre, abbiamo anche studiato gli effetti di questi pesticidi sui geni coinvolti nel ciclo dell’azoto. Si è potuto notare che l’abbondanza della comunità batterica è molto influenzata dall’applicazione del fungicida tebuconazole . Per quanto riguarda gli studi sulla funzionalità e diversità della popolazione microbica, l’applicazione di questi pesticidi sembra non indurre una chiara dose-dipendente e un effetto tempo. Diversamente, in relazione all’analisi sulla diversità microbica, possiamo affermare che l’applicazione di questi tre pesticidi ha influenzato il numero di OTU rilevate; tuttavia, l’indice di diversità (H’) ci dice che l’uso di questi pesticidi porta ad un incremento della diversità all’interno dei campioni trattati. In conclusione, è possibile affermare che l’applicazione di questi pesticidi influenza l’abbondanza e la funzionalità della popolazione microbica, ma non induce una diminuzione della diversità all’interno della medesima comunità.
In agriculture, pesticides have been frequently used to protect crops from pest and disease attacks. Many times such pesticides, besides killing the target organisms, hit non-target organisms. Among the non-target organisms, we can find many useful microorganisms that determine fertility and soil quality. The presence of these xenobiotics in soil can influence the main biogeochemical cycles (N, C, S, P) and other metabolic pathways (eg. Β-ketoadipate). In this study, we investigated the effects of isoproturon, tebuconazole and chlorpyrifos on the abundance, the structure and the diversity of the microbial community. We have also studied the effects of these pesticides on the genes involved in the nitrogen cycle. It was observed that the abundance of the bacterial community is significantly affected by the application of the fungicide tebuconazole. As for the studies on the functionality and the diversity of the bacterial population, the application of these pesticides does not seem to induce a clear dose-dependent nor a time effect. On the contrary, with respect to the analysis on microbial diversity, we observed that the application of these three pesticides did influence the number of detected OTU, whereas the diversity index (H') tells us that the use of such pesticides leads to an increase of diversity within the treated samples. Finally, we can conclude that the application of these pesticides affects the abundance and function of the microbial population, but does not lead to lower diversity within the same community.
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Daminato, Margherita. « Studio funzionale di due geni MADS-box (FaSHP e TM8) coinvolti nello sviluppo di strutture carnose con funzione "frutto" ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422656.

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Résumé :
The fruit is an ovary derived structure, typical of Angiosperms, that is fundamental for the dispersal of seeds in the environment. Fleshy fruits are particularly efficient because they attract frugivorous animals that disperse the seeds in the environment by means of endozoochory. However the production of fleshy structures for seed dispersal is not limited to flowering plants and can be also found in the Gymnosperms. In fact, some Gymnosperm species surround their seeds with fleshy structures which can be considered fruits from a functional point of view, even if they are not ovary derived. The study of the molecular mechanisms regulating fleshy structure development is therefore interesting from an evolutionary point of view. It was recently discovered that some MADS-box genes, already known to be involved in the development of Angiosperm fruits, are also expressed in Gymnosperm fruits (Lovisetto et al., 2012). This suggests a possible conservation of the molecular mechanisms involved in the development of seed dispersing structures. Since the study of Gymnosperm genes is difficult because these plants are recalcitrant to both transformation and regeneration, we decided to study two Angiosperm genes for this thesis work. In particular the strawberry FaSHP and the tomato TM8 genes, whose homologous ones are also expressed in the Gymnosperm fruits, were studied in strawberry and tomato, respectively. FaSHP is a strawberry AGAMOUS-like MADS-box gene, belonging to the PLENA clade, which was isolated following the screening of a red fruit cDNA library and which is particularly expressed during the ripening phase. Considering the already demonstrated important role of other genes of this group during the development of climacteric fleshy fruits, we decided to investigate FaSHP function by means of transient gene silencing and over-expression experiments in strawberry fruits, which are non-climacteric. FaSHP down- and over-expressing fruits showed respectively a delay and an acceleration of the ripening phase, which were confirmed at the molecular level by means of the altered expression of some ripening related genes. These data led to hypothesize a possible role for FaSHP as general regulator of many aspects of the "ripening syndrome" in strawberry. Moreover FaSHP gene expression analysis following fruit treatments with auxin and ABA (key hormonal regulators of strawberry ripening), and the identification of hormone response sequences in the gene promoter, suggested that FaSHP could at least partially mediate these two hormone role on fruit ripening. Therefore the results of this part of the work suggest that FaSHP could be a "master gene" in strawberry fruit ripening. Considering that AGAMOUS-like genes are also expressed during the development of Gymnosperm fruits, which like strawberries are false fruits, it can be supposed that the Gymnosperm genes could have a similar function during the development of the seed surrounding fleshy structures of these plants. TM8 was the first discovered gene of a poorly studied MADS-box gene group. As well as Gymnosperm TM8-like genes the tomato TM8 gene has an ubiquitary gene expression profile, even if it reaches a maximum in the flower. In order to test the gene role we produced transgenic plants over-expressing TM8 and transgenic plants over-expressing the gene as a chimeric repressor. Since transgenic plants over-expressing TM8 produce flowers having dialytic stamens, we hypothesized that this gene could have a role in the development of male reproductive organs. This idea was supported by the gene expression analysis of other floral organ MADS-box identity genes. Besides TM8 possible function during flower development, the phenotypic and molecular analysis of the plants over-expressing TM8 as a chimeric repressor led to hypothesize a possible function also during the development of other plant organs, both vegetative (leaf) and reproductive (fruit). These roles in several steps of the plant life cycle support the idea that TM8-like genes are very ancient and that they originated early during MADS-box gene evolution. Moreover, TM8 possible function during fruit development suggests that also in Gymnosperms, where TM8-like genes are expressed in seed dispersing structures, they could participate in the development of "fruits"
Il frutto, definito in termini botanici come struttura che si sviluppa da un ovario fiorale in seguito ad un evento di fecondazione, è una struttura peculiare delle Angiosperme. Esso ha contribuito in modo rilevante al successo riproduttivo di queste piante essendo principalmente deputato al processo di dispersione dei semi che si sviluppano al suo interno. Tuttavia, la necessità di disperdere i semi nell'ambiente non è unica delle Angiosperme, anche le Gimnosperme producendo semi devono affrontare questa problematica. Sebbene esse non presentino fiori, e pertanto non siano in grado di produrre veri frutti, vi sono molte specie che circondano i propri semi con delle strutture carnose che hanno lo scopo di facilitarne la dispersione, e sono quindi simili ai veri frutti da un punto di vista funzionale. Alla luce di queste considerazioni risulta chiaro che studiare i meccanismi che regolano lo sviluppo e la maturazione dei frutti è importante anche sotto il profilo evolutivo. Recentemente è stato scoperto che gli omologhi di alcuni geni MADS-box che controllano lo sviluppo e maturazione dei veri frutti, sono espressi anche nelle strutture carnose associate ai semi di alcune Gimnosperme (Lovisetto et al., 2012), suggerendo una possibile conservazione di parte dei meccanismi molecolari di base che regolano la formazione delle strutture coinvolte nella dispersione dei semi. Poiché la caratterizzazione funzionale di tali geni risulta difficile nelle Gimnosperme, per il presente lavoro si è deciso di focalizzare l'attenzione su due geni di Angiosperme, omologhi dei geni identificati nelle Gimnosperme. In particolare è stata condotta la caratterizzazione funzionale del gene FaSHP di fragola e del gene TM8 di pomodoro. FaSHP è un gene MADS-box, appartenente al clade PLENA della sottofamiglia AGAMOUS, che è stato isolato mediante lo screening di una libreria di cDNA di frutto rosso e che è risultato essere espresso nel frutto con un profilo di espressione maturazione-specifico. Per alcuni geni appartenenti a questa classe è già stato definito un ruolo di regolazione durante la maturazione dei frutti climaterici. Quindi, si è deciso di caratterizzare funzionalmente il gene FaSHP conducendo degli esperimenti di silenziamento e sovra-espressione transiente in frutti di fragola che sono invece non-climaterici. Il rallentamento e l’accelerazione della maturazione riscontrati nei frutti rispettivamente sotto- e sovra-esprimenti il gene, insieme alla modificata espressione di vari geni marcatori del processo di maturazione, suggeriscono che FaSHP possa essere uno dei protagonisti del network molecolare che regola la maturazione del frutto di fragola. Inoltre, l'analisi di espressione del gene in seguito ai trattamenti ormonali con auxina ed ABA (regolatori chiave per la maturazione di fragola) e l'identificazione nel promotore del gene di segnali di risposta ai due ormoni, hanno indotto ad ipotizzare che FaSHP possa fungere, almeno in parte, da mediatore nella regolazione della maturazione da parte di questi fitormoni. I dati ottenuti in questa prima parte del lavoro indicano dunque che FaSHP possa essere un master gene nella maturazione del frutto di fragola. Considerando che geni AGAMOUS-like sono espressi anche durante lo sviluppo delle strutture carnose delle Gimnosperme, e che queste ultime, come il frutto di fragola, sono dei falsi frutti, si può ipotizzare che anche nelle Gimnosperme i geni di tipo AGAMOUS abbiano un ruolo simile a quello definito per FaSHP. TM8 è invece il primo gene ad essere stato isolato nell’ambito di un gruppo di geni MADS-box ad oggi poco studiati. Andando ad analizzare la sua espressione si è osservato come i trascritti siano presenti in modo pressoché ubiquitario nella pianta, in maniera del tutto simile a quanto già definito per i geni TM8-like delle Gimnosperme. In pomodoro, tuttavia, i trascritti raggiungono un massimo nel fiore. Per far luce sul ruolo di TM8 sono state prodotte piante transgeniche che sovra-esprimono il gene e piante che invece lo sovra-esprimono nella forma di repressore trascrizionale. La presenza di stami dialitici nelle piante sovra-esprimenti TM8 ha indotto a supporre un possibile ruolo del gene nel terzo verticillo fiorale, ipotesi supportata anche dall'analisi di espressione di altri geni MADS-box di identità fiorale. Oltre alla possibile funzione durante lo sviluppo del fiore, l'analisi fenotipica e molecolare delle piante sovra-esprimenti il gene nella forma di repressore trascrizionale ha portato ad ipotizzare un possibile coinvolgimento di TM8 anche nello sviluppo di altri organi della pianta, sia vegetativi (foglia) che riproduttivi (frutto). Questa funzione del gene in varie fasi del ciclo vitale della pianta supporta l'idea che i geni di tipo TM8 siano geni antichi, originatisi precocemente durante l'evoluzione dei geni MADS-box. Inoltre, il coinvolgimento del gene TM8 di pomodoro nello sviluppo del frutto suggerisce che anche nelle Gimnosperme, dove tali geni sono espressi in modo simile nelle strutture carnose deputate alla disseminazione, essi possano intervenire durante lo sviluppo dei "frutti"
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ROSTI, VALENTINA. « Chromatin solubility as a novel determinant of epigenome dysfunction in prostate cancer ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2022. http://hdl.handle.net/10281/382306.

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Résumé :
Il carcinoma prostatico (PCa) è il secondo tumore maschile più ricorrente, spesso caratterizzato da un esito sfavorevole a causa della sua elevata eterogeneità clinica e molecolare e della sua frequente multifocalità. Sempre più grandi sforzi della ricerca epigenetica si concentrano nel rilevamento di nuovi biomarcatori in grado di migliorare la diagnosi e la prognosi del PCa. Tra i livelli epigenetici, l'architettura nucleare della cromatina rispetta regole precise che garantiscono il corretto funzionamento del genoma e il mantenimento dell'identità cellulare, e il suo rimodellamento è emerso come un nuovo attore cruciale durante la trasformazione maligna. Tuttavia, l'occorrenza e le implicazioni funzionali dei cambiamenti strutturali della cromatina nel cancro rimangono scarsamente caratterizzate. Abbiamo recentemente sviluppato una tecnica basata sul sequenziamento ad alto rendimento, denominata 4fSAMMY-seq (4 fractions Sequential Analysis of MacroMolecules accessibilitY), consistente nel frazionamento sequenziale della cromatina in base al suo stato di accessibilità e solubilità che consente di isolare e caratterizzare sia l'eterocromatina che l'eucromatina. Un vantaggio chiave della nostra tecnologia è che richiede solo poche migliaia di cellule viventi, rendendola adatta per analisi su materiali limitati come campioni bioptici derivati dalla pratica clinica. In questo lavoro, abbiamo applicato 4fSAMMY-seq su campioni bioptici freschi di pazienti sottoposti a mappatura esplorativa della prostata per la diagnosi di cancro alla prostata. Abbiamo esaminato la conformazione del genoma e la sua associazione con il profilo trascrizionale nelle biopsie di controllo prive di tumore e in quelle del cancro alla prostata. Nei tessuti sani “bulk”, contenenti un mix di cellule epiteliali, leucociti e stroma, 4fSAMMY-seq ha consentito l’identificazione di un pattern conservato di regioni di eucromatina ed eterocromatina associate alle rispettive signatures epigenetiche. Abbiamo anche trovato una correlazione quantitativa tra la solubilità della cromatina e l’espressione genica. Contrariamente, le biopsie di cancro sono caratterizzate da diversi gradi di alterazioni dell'architettura del genoma e del trascrittoma, riflettendo la natura eterogenea dei tumori della prostata. Sulla base della solubilità della cromatina, abbiamo identificato un gruppo di tessuti PCa caratterizzati da un ampio rimodellamento della cromatina e da una riprogrammazione trascrittomica coinvolta nella capacità migratoria del tumore. I nostri dati evidenziano l'impatto dell'architettura della cromatina sull'utilizzo disfunzionale del genoma e propongono 4fSAMMY-seq come strumento idoneo a far luce sulle rimodulazioni epigenetiche che guidano l'aggressività del tumore prostatico primario.
Prostate cancer (PCa) is the second most recurrent male tumor, often characterized by an unfavorable outcome due to its high clinical and molecular heterogeneity and its frequent multifocality. Increasingly growing epigenetic research efforts are implicated in the detection of novel biomarkers improving PCa diagnosis and prognosis. Among the epigenetic layers, the chromatin nuclear architecture abides tight rules that ensure proper genome functions and cell identity maintenance, and its remodeling has emerged as a novel crucial player during malignant transformation. Yet, the occurrence and the functional implications of chromatin structural changes in cancer remains poorly characterized. We have recently developed a high-throughput sequencing based technique, named 4fSAMMY-seq (4 fractions Sequential Analysis of MacroMolecules accessibilitY), consisting of the sequential fractionation of the chromatin according to its accessibility and solubility status to isolate and characterize both heterochromatin and euchromatin. A key advantage of our method is that it only requires few thousands of living cells, making it suitable for analyses on limited materials as biopsy samples derived from clinical practice. In this study, we applied 4fSAMMY-seq on fresh biopsy specimens from patients undergoing explorative prostate mapping biopsy for prostate cancer diagnosis. We examined the genome conformation and its association with transcriptional profile in control tumor-free biopsies and prostate cancer biopsies. In bulk healthy tissues, containing a mix of epithelial cells, leukocytes and stroma, 4fSAMMY-seq allowed the detection of a conserved pattern of euchromatin and heterochromatin regions associated with the respective epigenetic signatures. We also found a quantitative correlation between chromatin solubility and gene expression. On the other hand, cancer biopsies are characterized by different degrees of genome architectural and transcriptome alterations, reflecting the heterogeneous nature of prostate tumors. On the basis of chromatin solubility, we identified a group of PCa tissues characterized by extensive chromatin remodeling and transcriptomic reprogramming involved in tumor migratory capacity. Our data highlight the impact of chromatin architecture on dysfunctional genome usage and propose 4fSAMMY-seq as an eligible tool to shed light on the epigenetic remodulations driving primary prostate tumor aggressiveness.
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Anghileri, Michele. « Confronto fra metodi di analisi di comunità bentoniche in differenti spiagge del Nord Adriatico ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6269/.

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Résumé :
Il presente studio si colloca nell’ambito del progetto europeo (FP7) THESEUS, fra i cui scopi c’è quello di fornire informazioni su vulnerabilità e resilienza degli habitat costieri in seguito all’aumento di frequenza delle inondazioni dovuto al sea level rise. E’ stata indagata la zona intertidale di spiagge sabbiose, come recettore di cambiamenti climatici. All’interno dell’habitat intertidale le comunità macrobentoniche sono di solito individuate come indicatori delle variazioni dei parametri fisico-chimici e morfodinamici. Lo scopo di questo lavoro è consistito nell’analisi delle comunità macrobentoniche e della loro interazioni con le variabili ambientali lungo tre spiagge del Nord Adriatico sottoposte a fenomeni di erosione e differenti fra di loro per caratteristiche morfodinamiche: Lido di Spina, Bellocchio e la zona della Bassona di Lido di Dante. La risposta delle comunità bentoniche è stata indagata utilizzando i dati tassonomici delle specie e raggruppando le stesse nei rispettivi gruppi trofici. Le variabili ambientali considerate sono state quelle relative alla tipologia del sedimento e quelle relative alla morfodinamica Le comunità macrobentoniche delle spiagge di Lido di Spina e di Lido di Dante sono risultate relativamente più simili tra loro, nonostante i due siti fossero i più distanti. A Lido di Spina e Lido di Dante sono state rinvenute associazioni di specie, come Scolelepis squamata ed Eurydice spinigera, tipiche delle spiagge sabbiose europee esposte al moto ondoso. In questi due siti, è risultato dominante il bivalve Lentidium mediterraneum, la cui ecologia e modalità di distribuzione aggregata permette di evidenziare il maggiore idrodinamismo che caratterizza i due siti. A Bellocchio, invece, è stato riscontrato un maggior numero di specie. Questo sito è caratterizzato dalla presenza di patch di giovanili del bivalve Mytilus galloprovincialis che sembrerebbe determinare il pattern del resto della comunità fungendo da ecosystem engineer. In termini di gruppi trofici, a Lido di Spina e a Lido di Dante prevalgono Filtratori, Carnivori e Detritivori di Superficie mentre Bellocchio è dominato da Filtratori e Misti discostandosi dagli altri siti per le sue condizioni del tutto particolari. Per quanto riguarda i descrittori abiotici, Lido di Spina e Lido di Dante, rispetto a Bellocchio, presentano una fascia intertidale più corta, pendenze maggiori, granulometrie più grossolane e risultando quindi, in generale, meno dissipative.
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Leka, Oneda. « Structural and functional characterization of A-B toxins : diphtheria toxin and clostridial neurotoxins ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3421803.

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Résumé :
I performed my doctorate research activity studying three important human pathogens that are A-B toxins: Diphtheria Toxin (DT), Tetanus Neurotoxin (TeNT) and Botulinum neurotoxins (BoNTs), the etiologic agents of diphtheria, tetanus and botulism respectively. In terms of structural organization these toxins consist of three domains, which are termed L chain (the N-terminal catalytic domain), HN (the transmembrane domain), and HC (the C-terminal binding domain). These domains are closely related to the common four step mechanism of action: membrane binding mediated by HC, endocytosis, membrane translocation mediated by HN and L-chain mediated substrate modification. I studied the conformational change of diphtheria toxin at acidic pH. DT includes a T domain which is known to mediate the pH-dependent membrane translocation, by forming a channel through which the catalytic domain crosses the endocytic vesicle membrane. To date no structural data are available about the pore/channel formed by the T domain, nor is known if it is monomeric or oligomeric. I have performed biochemical and structural studies to characterize the T domain of DT. The T domain is also considered a prospective anti-cancer agent for the targeted delivery of cytotoxic therapy to cancer cells. I obtained the crystal structure of DT in the presence of lipid bicelles (which simulate the endocytic vesicle membrane) and grown at pH 5.5, pH that mimics the acidic environment where translocation takes place. The reported structure throws lights on the initial event of this process, the destabilization of the three α-helices present at the bottom of the toxin (Leka et al., 2014). I then worked on a project which aimed to unravel the three dimensional structure of tetanus neurotoxin by crystallization studies. Because TeNT is considered “uncrystallizable” I focused on the use of antibody fragments (Fabs) as crystallization chaperons to aid the structural determination. Native gel analysis and size exclusion chromatography showed the formation of a stable complex in vitro between TeNT and the relative Fabs. Several crystallization experiments were carried out by high throughput crystallization screens. Further, I performed functional analysis on the trafficking of botulinum neurotoxin at the neuromuscular junction (NMJ). I expressed the binding domains of different BoNT serotypes, which are both necessary and sufficient for binding to the neuronal surface and internalization. The two step purifications, chromatography and gel filtration, were sufficient to yield purifications of each binding domain to >90% purity. Using cerebellum granular neurons (CGNs), I tested their functionality and specificity. I performed also in vivo assays in order to analyze their distribution along the NMJ. The data from fluorescence analysis show high specificity of these binding domains at the NMJ, and a different staining between different BoNT serotypes, reflecting their different time of intoxication, and perhaps a different pathway of vesicular trafficking.
Ho effettuato la mia attività di ricerca studiando tre importanti patogeni umani, che sono tossine di tipo A-B: la tossina difterica (DT), la neurotossina tetanica (TeNT) e le neurotossine botuliniche (BoNTs), gli agenti eziologici di difterite, tetano e botulismo, rispettivamente. In termini di organizzazione strutturale queste tossine sono costituite da tre domini: il dominio catalitico (LH), il dominio di translocazione (HN) e il dominio di legame (HC). Questa organizzazione dei domini è strettamente correlata al loro comune meccanismo d’azione che comprende: il legame alla membrane cellulare mediato dal HC, la traslocazione del dominio catalitico nel citoplasma mediata dal canale di permeazione formato dal HN. Ho studiato il cambiamento conformazionale della tossina difterica a pH acido. DT include un dominio di translocazione (dominio T), che forma il canale attraverso il quale il dominio catalitico attraversa la membrana della vescicola endosomica. Fino ad oggi non ci sono dati strutturali che riguardano il canale formato dal dominio T, non si sa neanche se è un monomero o oligomero. Ho eseguito studi biochimici e strutturali per caratterizzare il dominio T di DT. Il dominio T è anche considerato un agente anti-cancro nelle terapie mirate contro le cellule tumorali. Ho ottenuto la struttura tridimensionale della tossina difterica in presenza di doppi strati lipidici (che simulano la membrana della vescicola endosomica) ed in condizioni di pH 5,5 (pH corrispondente all'ambiente acido in cui avviene la il processo di traslocazione). La struttura riportata getta luci sull'evento iniziale di questo processo, la destabilizzazione di tre alfa-eliche presenti nella parte inferiore della tossina (Leka et al., 2014). Ho poi lavorato su un progetto che mirava a caratterizzare la struttura tridimensionale della tosssina tetanica. Poiché la cristallizzazione di questa tossina risulta d’essere molto difficile, mi sono concentrata sull'utilizzo di frammenti di anticorpi (Fab) come tools per aiutare la determinazione strutturale. Analisi da gel nativo e da cromatografia ad esclusione mostrano la formazione di un complesso stabile in vitro tra la tossina ed i relativi Fab. Diversi esperimenti di cristallizzazione sono stati eseguiti, e per il momento non abbiamo ancora informazioni strutturali sulla tossina. Inoltre, ho studiato anche la localizzazione ed il processo di internalizzazione delle tossine botuliniche a livello della giunzione neuromuscolare (NMJ). Ho espresso i domini di legame di diversi sierotipi di tossine botuliniche, domini che sono necessari e sufficienti per il legame alla superficie dei neuroni. I domini di legame sono stati purificati utilizzando cromatografia di affinità e per esclusione, ottendo alla fine una purezza > 90% . Utilizzando i neuroni granulari di cervelletto (CGN), ho testato la loro funzionalità e specificità. Questi domini sono stati iniettati in vivo al fine di analizzare la loro localizzazione a livello della giunzione neuromuscolare. I dati ottenuti con analisi di microscopia confocale ed a fluorescenza mostrano che questi domini si localizzano proprio a livello della giunzione muscolare. Nelle marcature si osserva anche una colorazione diversa tra i diversi sierotipi BoNT, e questo risultato riflette il diverso tempo di intossicazione tra i vari serotipi di tossine botuliniche, e forse anche una diversa localizzazione in diverse vescicole endosomiche.
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CARLON, AZZURRA. « Computational aspects of NMR in structural biology ». Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1080450.

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Résumé :
The efficient integration of many different physical techniques is required in order to maximize the reliability of structural biology studies. The combination of the data provided from these heterogeneous techniques is not as straightforward as it sometimes appears and the quality of the scientific results is often limited by the level of expertise of the scientist dealing with them. Hence, it is on the large research infrastructures to encode their specific high-level know-how into user-friendly computational tools for the combination of different informative sources that need to be made available to the wider scientific community. As members of the NMR community, we focused on giving our contribution to extend the applicability of paramagnetic-assisted solution NMR in the context of structural biology, exploring all the possibilities that all these data offer. During the last decades, pseudo-contact shifts (PCSs) and residual dipolar couplings (RDCs) arising from the paramagnetic centers present in proteins gained a relevant role in the characterization of biological systems and, nowadays, they are routinely measured in several laboratories. The increasing popularity of these restraints mostly resides on their wide applicability such as determination, refinement and validation of protein structures in solution. Besides this, PCSs and RDCs stand out among NMR-based restrains, for their intrinsic property of giving long-range structural information, which results of particular interest in the study of multi-domain proteins and protein-protein complexes, detecting the relative arrangement and/or the mobility effects between the different structural units.
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Faini, S., et SANTIS Pasquale DE. « Sviluppi metodologici per studi di relazione struttura-funzione in modelli di acidi nucleici ». Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/11573/393999.

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