Littérature scientifique sur le sujet « Architettura fascista in Albania »

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Articles de revues sur le sujet "Architettura fascista in Albania"

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Basciani, Alberto. « Tra politica culturale e politica di potenza. Alcuni aspetti dei rapporti tra Italia e Albania tra le due guerre mondiali ». MONDO CONTEMPORANEO, no 2 (décembre 2012) : 91–113. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-002004.

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Résumé :
Durante gli anni Venti e Trenta la politica estera fascista fece dell'Albania uno degli obiettivi piů importanti dell'espansione politica, economica e culturale dell'Italia nel Sud-Est dell'Europa. Il saggio, con l'ausilio di molti documenti inediti provenienti dall'Archivio del ministero degli Affari esteri e dall'Archivio Centrale dello Stato, analizza alcune delle principali direttrici della politica estera e della politica culturale italiana nel paese adriatico. Nonostante i tentativi di re Zog di conservare dei margini di autonomia, a partire dalla metŕ degli anni Trenta la pressione italiana non fece altro che aumentare: cospicui prestiti finanziari, aiuti militari, aumento del numero delle scuole italiane, imposizione della lingua italiana quale materia obbligatoria di insegnamento, il ricorso massiccio alla corruzione, che non risparmiň neppure il sovrano albanese e la sua cerchia, furono i metodi che il regime fascista utilizzň per aumentare la propria influenza politica e la capacitŕ di ingerenza negli affari interni albanesi. Il fine apertamente dichiarato da Ciano era quello di ottenere l'annessione del paese vicino quando la situazione internazionale avesse reso possibile l'aggressione
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Kaser, Michael. « Albania and Foreign Protection - Italia e Albania : Relazioni Finanz1arie Nel Ventennio Fascista. By Alessandro Roselli. Collana di storia contemporea. Bologna : II Mulino, 1986. 257 pp. Tables. Lire 25,000, paper. - Albania and China : A Study of an Unequal Alliance. By Elez Biberaj. Boulder, Colo., and London : Westview, 1986. xi, 183 pp. » Slavic Review 47, no 3 (1988) : 526–29. http://dx.doi.org/10.2307/2498399.

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Ghirardo, Diane Yvonne. « Review : Il Foro Italico e lo Stadio Olimpico : Immagini dalla storia by Mimmo Caporilli, Franco Simeoni ; Antonio Sant'Elia : The Complete Works by Luciano Caramel, Alberto Longatti, Antonio Sant'Elia ; Novocomum : Casa d'abitazione by Giorgio Cavalleri, Augusto Roda ; Gli architetti e il fascismo : Architettura e città 1922-44 by Giorgio Ciucci ; Building Modern Italy : Italian Architecture 1914-1936 by Dennis P. Doordan ; La formazione dell'utopia : Architetti urbanisti nell'Italia fascista by Giulio Ernesti ; Foro Italico by Antonello Greco, Salvatore Santuccio ; Surface and Symbol : Giuseppe Terragni and the Architecture of Italian Rationalism by Thomas L. Schumacher ». Journal of the Society of Architectural Historians 51, no 4 (1 décembre 1992) : 443–47. http://dx.doi.org/10.2307/990743.

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Thèses sur le sujet "Architettura fascista in Albania"

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Filippi, Pietro <1990&gt. « L'Adriatico che divide ed unisce. L’Italia in Albania dalla caduta dell’Impero Ottomano all’occupazione fascista ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/7827.

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Résumé :
L'Italia iniziò la sua politica di influenza sull'Albania alla fine del XIX secolo, nel quale pose le basi per una successiva colonizzazione per il controllo del Canale d'Otranto. Essa fu l'artefice dei numerosi cambi di governo albanese, che passò da colonia ottomana a territorio occupato, passando per le esperienze repubblicana e monarchica.
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Pertegato, Ketty <1990&gt. « Architettura e metafisica. Parallelismi fra l'arte metafisica e l'architettura del Ventennio fascista ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21356.

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La presente tesi vuole analizzare, nel contesto storico-artistico dei primi decenni del Novecento, la relazione tra lo scenario urbano presente nella pittura metafisica e la sua materializzazione nell’architettura del Ventennio fascista. La pittura metafisica risulta essere l’incipit di un percorso che si è concretizzato fra le due guerre e che ha posto l’accento sulla ripresa d’interesse per l’arte italiana portando al successivo ritorno dell’ordine novecentista. L'elaborato quindi partendo dall'analisi dell'attività artistica di Giorgio de Chirico, e di altri artisti come Sironi, Carrà, Paresce, Tozzi e Zanini, vuole delineare gli elementi cardine che furono d'ispirazione ai successivi progetti architettonici. Il legame di dipendenza si esplicita nel paragone fra le opere degli artisti sopracitati e alcuni progetti realizzati per le città di Milano e Roma. Il confronto permette di ricavarne analogie e contraddizioni.
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Pavanello, Francesco <1992&gt. « Le politiche d'occupazione fascista in Albania. Uno studio sul Fondo A. Pariani dell'Archivio di Stato di Venezia ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13921.

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Résumé :
L'elaborato intende ripercorrere le vicende politico-militari dell'Italia in Albania dagli anni '20 sino al 1943. Attraverso uno studio della documentazione del Fondo Pariani conservata presso l'Archivio di Stato di Venezia, si ripercorrono il ruolo svolto dall'allora tenente colonnello alla guida della Missione Militare italiana (1927-33), i progetti del fascismo circa la creazione di un'Albania all'interno della "comunità imperiale di Roma"; il fallimento dei progetti italiani; il richiamo di Pariani in Albania nel '43 in qualità di Luogotenente del Re d'Italia.
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Aquilino, Martina. « Trasformazioni architettoniche e urbane in Romagna in età Fascista. Il caso di Castrocaro e della sua Casa del Fascio ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Résumé :
Oggetto della presente Tesi è la tipologia delle Case Littorie o del Fascio: una delle architetture che – insieme ad altre legate all’educazione ed alla vita sociale, come le Case del Balilla e della Gioventù Italiana del Littorio, le colonie, le sedi dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia – costituirono nell’Italia tra le due guerre una fitta rete capace di estendersi capillarmente dalle grandi città ai piccoli centri fino alle zone rurali, materializzando con immediata efficacia la concreta e pervasiva presenza del Partito Nazionale Fascista in tutto il territorio nazionale. Un ricco e variegato patrimonio architettonico, la conoscenza e la sopravvivenza del quale spesso trovano diversi ostacoli proprio a causa del controverso e “dissonante” valore ideologico. In particolare, l’analisi è incentrata sul progetto per la Casa del Fascio di Castrocaro (FC), che rappresenta un caso esemplare della tipologia delle Case di medio-piccole dimensioni in contesti rurali, largamente diffusa su tutto il territorio nazionale. Un primo obiettivo della ricerca è la ricostruzione storica delle vicende progettuali, del contesto e delle trasformazioni che ha subito la Casa del Fascio di Castrocaro: tramite la ricerca archivistica e storico-documentaria, si è arrivati alla comprensione storica e filologica dell’edificio e del suo contesto, grazie al ritrovamento e all’esame di una documentazione quasi completamente inedita in diversi archivi locali e nazionali. Il secondo obiettivo è l’analisi finalizzata alla comprensione architettonica e materica dell’edificio attuale, grazie alla realizzazione del rilievo dell’edificio attuale, che ha portato all’elaborazione di un modello virtuale. Intersecando le informazioni delle due fasi è stato infine possibile arrivare alla ricostruzione del progetto originale e alla comprensione dell’identità storica e architettonica dell’edificio, premessa fondamentale e necessaria per la sua valorizzazione e il suo riuso.
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5

VOKSHI, ARMAND. « Tracce dell'architettura italiana in Albania 1925 - 1943 ». Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/799873.

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Résumé :
La ricerca si stuttura individuando tre periodi storici: il primo cerca di presentare la situazione politica, socio-economica e urbana dell’Albania fino agli anni 1925 e il suo rapporto con l’Italia, indispensabile per il giovane stato appena fondato; secondo, i primi grandi interventi urbani e architettonici del periodo 1925-39, riguardanti sopratutto nella nuova capitale albanese, Tirana; il terzo periodo copre il periodo 1939-43, corrispondente al periodo dell’occupazione fascista. La ricerca si conclude mettendo in evidenza alcuni temi importanti che hanno permesso la definizione dello stile d’inizio novecento in Albania, tenedo presente di quanto il grande dibattito italiano, sul piano teorico e pratico, influenzasse la produzione architettonica e urbana albanese.
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GUGA, ANDIA. « L'architettura razionalista italiana d'oltremare. Gli edifici teatrali tra analisi e confronto ». Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/1001905.

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Résumé :
Questa ricerca si fonda sull’ individuazione e l'analisi degli edifici teatrali sotto la parabola razionalista in Italia e nelle colonie d'oltremare, due realtà diverse dal punto di vista geografico e linguistico. La prima attingeva le proprie radici nel repertorio di un passato glorioso subendo contemporaneamente l’influenza di altri movimenti d’epoca, mentre l’altra mediava tra il linguaggio mediterraneo caratterizzante ogni singolo paese e l’impronta dell’identità dell’architettura italiana in contesti estranei al paese d’origine. Le tematiche della ricerca sono suddivise in tre capitoli principali. Nel primo capitolo si riporta una sintesi generale del significato dello “Stile Razionalista” come espressione di tradizione, modernità e mediterraneità in Italia. Il secondo capitolo viene interamente dedicato all’ architettura nelle colonie d’oltremare suddividendo i sottocapitoli in base alla cronologia di colonizzazione. Pertanto ho riportato i paesi di Libia, Grecia (Dodecaneso), Etiopia, Somalia, Eritrea, Albania ed anche alcuni progetti di architetti italiani d’altri paesi non coloniali. Per ultimo, il capitolo sulla città di Tirana, la capitale albanese, originariamente ottomana, che ha avuto una parabola razionalista occidentale e di cui le maggiori opere pubbliche sono state progettate e costruite negli anni ’20 -‘40. Nell’ ultima parte della tesi ho trattato in breve sintesi il Realismo Socialista, il Teatro dell’Opera all’ interno del Palazzo della Cultura Albanese. La conoscenza delle città, con tutto il patrimonio variegato di edifici costruiti anche in epoche differenti, è tema di studio non solo per i singoli progettisti operanti nel territorio, ma anche per la cultura collettiva. Infatti la ricerca tende a dare una chiave di lettura urbana e architettonica, che va dalla grande alla piccola scala alla quale potremo fare riferimento nella progettazione futura. This research is based on the identification and analysis of the theater buildings in the rationalist period in Italy and in the colonies, two different realities in terms of geography and language. The subjects of the research are divided into three main chapters. The first chapter is a summary of the general meaning of "Rationalist Style" as an expression of tradition, modernity and mediterrenianity in Italy. The second chapter is based entirely on architecture in the colonies overseas, and divided in subchapters based on the history of colonization, Libya, Greece (Dodecanese), Ethiopia, Somalia, Eritrea, Albania. The last chapter is based on the city of Tirana, the Albanian capital, originally Ottoman, which has had a western rationalist influence and where the most public works are designed and built in the '20s and 40s. In the last part of the thesis I discussed in brief summary the Socialist Realism and the Opera House inside the albanian Palace of Culture. The knowledge of the city, with all the varied heritage of buildings constructed in different eras, is the subject of study not only for individual architects working in these areas, but also for the collective culture. In fact, the research tends to give a key to urban and architectural design, from large to small scale to which we should refer in the future designing.
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Pacchiani, Serena. « La sezione italiana all'Exposition Universelle et Internationale de Bruxelles 1935. Ricostruzione di un'identità frammentaria tra arte, architettura e propaganda ». Doctoral thesis, 2019. https://hdl.handle.net/2158/1152415.

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Résumé :
Lo studio della partecipazione italiana all’Exposition Universelle et Internationale tenutasi a Bruxelles nel 1935 nasce dalla volontà e dall’esigenza di indagare un aspetto finora trascurato dalla critica, come dimostra il totale vuoto storiografico sull’argomento, ma invece assolutamente cruciale sotto il profilo politico e per i numerosi e molteplici risvolti artistici e architettonici La principale difficoltà nell’approccio a questo tema deriva, per la stessa natura effimera dell’evento, dall’assenza stessa dell’oggetto tangibile, ossia del manufatto architettonico e dei “reperti” artistici al suo interno; e, nel caso specifico dell’esposizione di Bruxelles, dalla labile condizione di molti degli archivi di artisti ed architetti italiani legati direttamente o indirettamente al fascismo, spesso mutilati nella parte relativa alla loro produzione del ventennio (volontariamente o successivamente alla loro scomparsa), ma molto stesso proprio perché la stessa “effimerità” di episodi come questo ha spinto ad una sopravvivenza documentaria selettiva, concentrata sui progetti e sui cantieri duraturi, e meno attenta alla conservazione di progetti, bozzetti e carteggi di una manifestazione temporanea. Per di più, l’oggettiva difficoltà nel reperimento delle fonti primarie (per la dispersione geografica e fisica delle stesse), letto come apparente assenza documentaria, e da una stampa dell’epoca spesso controversa e disattenta, ne ha pregiudicato uno studio completo sotto molteplici profili, relegando e derubricando l’episodio a una delle innumerevoli vicende epigoni della Mostra della Rivoluzione Fascista del 1932. Ma è proprio nella precarietà e nella temporaneità delle esposizioni che risiede il “coraggio architettonico”, parafrasando le parole di Giuseppe Pagano, inversamente proporzionale alla permanenza degli edifici.Partendo dunque dall’analisi del lungo e complicato elenco dei partecipanti nella sezione italiana, divisi per gruppi e classi secondo le indicazioni dettate dal Commissariato Generale belga (e comunitariamente dal Bureau International des Expositions), si è proceduto all’identificazione intanto della paternità, non scontata, delle quindici strutture ai rispettivi architetti, attribuendo ad ogni “involucro” architettonico la sua corrispondente mise en scène e gettando nuova luce sulle numerose personalità e gli artisti che vi hanno contribuito, sui quali era calato un silenzio assordante. Lo studio, la comparazione e l’integrazione delle fonti nazionali e internazionali (rassegna stampa dell’epoca, italiana e belga, pubblicazioni, spoglio degli archivi, pubblici e privati, e soprattutto dei preziosissimi fondi fotografici), hanno permesso, se non nella totalità, ma almeno nella maggior parte dei casi, di intraprendere e completare lo studio dei padiglioni nella loro interezza (interna ed esterna), rivelando la poetica intrinseca dei progettisti e degli artisti che hanno collaborato agli allestimenti. L’oblio nel quale era caduto questo evento, pur in un momento storicamente cruciale per l’Italia e, più in generale, per l’integrità dell’equilibrio europeo, è, per via di queste difficoltà oggettive, giustificabile e ben evidente nelle pochissime pubblicazioni dedicate al tema, concentrate solo sugli aspetti già noti ed epidermici: dalla tesi di laurea redatta negli anni Novanta da Nathalie Malali1, che ricostruisce la partecipazione italiana all’esposizione belga da un punto di vista storico, attraverso le sole riviste pubblicate in Belgio e trascurando, sorprendentemente, lo studio degli archivi e delle fonti italiane; fino al contributo di Efisio Pitzalis, limitato ad una parziale analisi del solo padiglione Littorio, e quello succinto di Milva Giacomelli la quale, pur avendo il pregio di gettare luce sull’evento generale e riconoscendo l’importanza dell’estesa sezione italiana, non approfondisce storiograficamente e criticamente tutte le molteplici suggestioni offerte dalla “cittadella italica” realizzata a Bruxelles. In effetti, e questa è la prima novità essenziale che l’Esposizione porta con sé, oltre alle impercettibili ma significative modificazioni intervenute in seguito alla ratifica della Convenzione del Bureau International des Expositions, che ha trasformato la facies dell’evento, l’Italia si presenta al grande pubblico internazionale non con un solo, tradizionale padiglione nazionale, come era avvenuto nelle precedenti e come avverrà nelle future esposizioni4, ma con una serie di tredici padiglioni di considerevoli dimensioni (più altre due strutture non “abitabili”), tutti con una precisa e riconoscibile connotazione, tutti chiaramente autonomi ma allo stesso tempo legati da alcuni macrotemi rintracciabili in molte delle strutture sorte, quasi fortuitamente, nel suolo belga destinato all’Italia. Da queste ragioni, corroborate dall’attenta lettura comparata e integrativa degli archivi e delle fonti di prima e seconda mano (compresi i preziosissimi e inediti documenti fotografici), si è ritenuto necessario ricostruire una storia finora sconosciuta, o conosciuta solo molto parzialmente, che rivela una realtà molto più complessa di quella finora sommariamente indicata. L’estrema difficoltà nel recupero e nell’integrazione delle fonti ha portato alla scelta di una metodologia di stesura del lavoro che conservasse prima di tutto l’integrità, l’autonomia e gli aspetti essenziali di ogni padiglione della sezione italiana, descritto filologicamente, quasi didascalicamente e con dovizia di particolari nella parte architettonica, ma soprattutto nelle decorazioni interne, aspetto invece completamente negletto e trascurato dalle fonti succitate, e qui trattate per la prima volta nella loro integrità, anche attraverso un’interpretazione accurata dei quotidiani italiani e belgi. A quest’analisi di tipo più spiccatamente descrittivo si è naturalmente accompagnato un lavoro critico, operato attraverso la lettura e l’interpretazione delle fonti sul medium espositivo operato dal fascismo come modello rappresentativo privilegiato, in un più ampio contesto di estetizzazione della politica di massa e del ruolo ontologico dello spettatore.
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BAXHAKU, ARBA. « Identità sospese. Letture sulla trasfigurazione del paesaggio architettonico di Tirana dopo la caduta del regime comunista ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1100371.

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Résumé :
La ricerca indaga la trasfigurazione spontanea del paesaggio architettonico della città di Tirana, dopo il crollo del regime comunista, prestando particolare attenzione ed approfondendo il tema dei fenomeni di trasformazione dell’edilizia abitativa. The research investigates the spontaneous transformation of the architectural landscape of the city of Tirana after the collapse of the communist regime, paying particular attention and deepening the theme of the housing transformation phenomena.
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D'Abate, Sara. « Traduttori e interpreti della classicità. Francesco Fariello, Saverio Muratori, Ludovico Quaroni (1928-1940) ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11589/161561.

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Résumé :
La tesi indaga l'esperienza del gruppo composto da Francesco Fariello, Saverio Muratori e Ludovico Quaroni, attivo dal 1934 al 1940 a Roma. Nel loro seppur breve ma intenso periodo di collaborazione presero parte ai più importanti concorsi di architettura nazionali e parteciparono al vivace dibattito degli anni Trenta attraverso una proficua attività editoriale sulle principali riviste di architettura e non. Nei loro progetti attraversarono linguaggi diversi, aderendo in un primo momento a un'originale modernità, che prendeva a modello riferimenti osservati principalmente sulle riviste straniere, per piegare infine verso una espressione architettonica che guardava alla classicità come bacino di una nuova grammatica del costruire. Incarnarono a pieno la complessità della cultura architettonica italiana durante gli ultimi anni del ventennio fascista, approdando, nella conclusione della loro attività collaborativa, alla progettazione dell'Esposizione universale del 1942. I progetti proposti per i concorsi del Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi e per la Piazza Imperiale e gli edifici prospicienti appaiono oggi -e tali apparirono anche allora- in contraddizione con i primi lavori. Questa svolta, oltre a rappresentare un generale diffuso arresto dell'architettura moderna in Italia, a causa, come noto, del nuovo carattere imperiale atteso da Benito Mussolini dopo la conquista d'Etiopia e della politica autarchica che restringeva di fatto la possibilità di usare materiali come ferro e vetro, fu anche dettata da un progressivo avvicinamento dei tre giovani a Marcello Piacentini. Un capitolo della tesi è dedicato alla descrizione del loro rapporto, a partire dall'intensa partecipazione di Fariello e Muratori alla redazione di «Architettura» fino alla collaborazione professionale di Quaroni con Piacentini nei progetti allestitivi delle edizioni della Triennale di Milano del 1936 e del 1940. L'esame puntuale dei numerosi disegni di studio inediti dei tre architetti per i progetti dell'E42, rinvenuti nel fondo personale di Quaroni conservato presso l'Associazione archivio storico Olivetti, mette in luce il tentativo di costruire una propria peculiare identità classica sulla base dello studio di edifici provenienti da un vasto repertorio, italiano e straniero, antico e contemporaneo. Ciò dimostra che la loro esperienza dell'E42 non fu orientata esclusivamente verso i modelli del neoclassicismo scandinavo, così come la letteratura precedente ha sostenuto a partire dalla monografia di Manfredo Tafuri su Quaroni del 1964, ma su un ampio spettro di riferimenti progettuali ispirati, come essi stessi scrissero nella relazione di concorso del Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi, alle «buone architetture classiche di tutti i tempi», sulla linea di una cultura progettuale appresa pochi anni prima alla Scuola superiore di Architettura di Roma. Fu la Scuola infatti, e in particolare i corsi biennali di Storia e stili dell'architettura di Vincenzo Fasolo e di Disegno architettonico ed elementi di composizione di Enrico Del Debbio, a educare gli architetti a un metodo operativo che coglieva dalla storia schemi spaziali e regole compositive, necessari a istruire il progetto del nuovo. La seconda guerra mondiale interruppe sia il cantiere dell'Esposizione universale, sia la loro collaborazione, probabilmente in crisi già dal 1938. L'esperienza di questi anni si dissolse in tre carriere distinte, che seppur gravitanti tutte tra le aule della Facoltà di architettura di Roma, intrapresero cammini, metodologicamente e disciplinarmente, lontani. Una eco di queste vicende però rimase, soprattutto in Muratori e in Quaroni, nella capacità di saper tradurre e interpretare la lezione della storia. Nel primo attraverso la codificazione di una “storia operante”; nel secondo attraverso la formazione di uno sguardo capace di cogliere, tanto in testi come Immagine di Roma del 1969 che in progetti come l'ampliamento del Teatro dell'Opera di Roma, una storia di Roma e della romanità, costantemente presente e connotante la sua architettura e i suoi abitanti.
The thesis investigates the experience of Francesco Fariello, Saverio Muratori and Ludovico Quaroni, a Rome-based architectural team, that worked together from 1934 to 1940. During their brief but intense partnership, they took part in the most important Italian competitions and they were actively involved in the heated architectural debate in the Thirties, as they wrote for the main architecture magazines and newspapers. In their projects, they experimented different languages. At first, they endorsed an original modernity, inspired by models mostly observed in foreign magazines, and later they started to look at classicism as a renewed source of architectural shapes. During the fascism's last years, they fully embodied the complexity of Italian architectural culture, participating in the late Thirties, as a lot of their peers, in the planning of the Esposizione Universale di Roma 1942 (E42). The projects proposed for Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi and for Piazza Imperiale and its facing buildings appear to be - both now and then - contradictory to their first works. The stylistic turning point, as known, reflects a more general step back of modern architecture in Italy, due to the new imperial and monumental character expected by Benito Mussolini after the Italo-Ethiopian War and to the autarchic policy, which restricted the use of materials such as steel and glass, but it also depended on the closeness of the three young architects to Marcello Piacentini. One of the thesis' chapter deals with their relationship, starting from the participation of Fariello and Muratori in the editorial staff of «Architettura» to the collaboration between Quaroni and Piacentini in the set-up of several expositions in the two editions of Triennale di Milano of 1936 and 1940. The analysis of many unpublished drawings realized by the three architects for E42 projects, preserved in Quaroni's archive held by Associazione Archivio storico Olivetti, shows the attempt to build their own classic identity, founded on the study of a large collection of buildings, both Italian and foreign, and both ancient and contemporary. This is the proof that E42 projects were not exclusively influenced by the Scandinavian classicism, as claimed first by Manfredo Tafuri in his monograph research about Quaroni in 1964 and taken for granted by the subsequent literature, but they were rather inspired by a broad spectrum of design references, taken from «the classic architecture of all time», as they wrote on the report for Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi's competition. The thesis ascribes this design method to the legacy of the Scuola superiore di Architettura di Roma, which they attended between 1928 and 1934. In fact, the School, and especially the two-year courses Storia e stili dell'architettura and Disegno architettonico ed elementi di composizione, respectively held by Vincenzo Fasolo and Enrico Del Debbio, taught the students to search in the entire history of architecture spatial schemes and design rules to abstract and propose again in contemporary projects. Second World War interrupted both the construction of the Esposizione Universale di Roma and their partnership, which had probably been in crisis since 1938. Their collaboration dissolved in three different careers, and even though they became all academics at the Faculty of Architecture of the University of Rome, they undertook very distant paths from each other, both for the subjects taught and for the method proposed. An echo of this collaborative experience remains, especially in Muratori and Quaroni, in the ability to interpret the lesson of the past: the former through the formulation of the theory of “storia operante”; the latter through the development of a gaze able to seize and report, in books as Immagine di Roma and in projects as Teatro dell'Opera's extension, the Roman history and spirit, which have always been present in its architecture and in its people.
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Livres sur le sujet "Architettura fascista in Albania"

1

Architettura e urbanistica nelle terre d'oltremare : Dodecaneso, Etiopia, Albania (1924-1943). Bologna : Bononia university press, 2017.

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2

Albania : Architettura e città, 1925-1943. Firenze : Maschietto, 2006.

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3

Italia e Albania : Relazioni finanziarie nel ventennio fascista. Bologna : Il Mulino, 1986.

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4

Architettura e propaganda fascista nei filmati dell'Istituto Luce. Torino : Testo & immagine, 2004.

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5

Mauro, Scionti, dir. Il piano introvabile : Architettura e urbanistica nella Puglia fascista. Bari : Dedalo, 1985.

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6

Il volto del regime : Società, architettura ed urbanistica nella Sulmona del ventennio fascista (1922-1943). Villamagna (Chieti) : Tinari, 2000.

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Stabile, Tommaso. Le bonifiche in Italia e nei territori d'oltremare : Eritrea, Somalia, Etiopia, Albania, in Russia, USA, Olanda, arte e bonifica, mobilitazione culturale, sindacalismo fascista e post fascista. Velletri (Roma) : Vela, 2000.

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8

Stabile, Tommaso. Le bonifiche in Italia e nei territori d'oltremare : Eritrea, Somalia, Etiopia, Libia, Albania, in Russia, USA, Olanda, arte e bonifica, mobilitazione culturale, sindacalismo fascista e post fascista. Velletri (Roma) : Vela, 2000.

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9

Bartolo, Simone De. Architettura e scultura monumentale del ventennio fascista in Terra di Bari : Acquaviva delle Fonti - Adelfia - Alberobello - Altamura - Andria - Barletta - Binetto - Bisceglie - Bitetto - Bitonto - Bitritto - Canosa di Puglia - Capurso - Carbonara - Casamassima - Cassano Murge - Castellana Grotte - Cellamare - Cisternino - Conversano - Corato - Fasano - Gioia del Colle - Giovinazzo - Gravina in Puglia - Grumo Appula - Locorotondo - Minervino Murge - Modugno - Mola di Bari - Molfetta - Monopoli - Noci - Noicattaro - Palo del Colle - Polignano a Mare - Putignano - Rutigliano - Ruvo di Puglia - Sammichele di Bari - Sannicandro di Bari - Santeramo in Colle - Spinazzola - Terlizzi - Toritto - Torre a Mare - Trani - Triggiano - Turi - Valenzano. Bari : L'arco e la corte, 2015.

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10

Albania Nel Terzo Millennio. Architettura, Città, Territorio-Albania in the Third Millennium. Architecture, City, Territory. Gangemi, 2021.

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