Littérature scientifique sur le sujet « Ambienti marini »
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Articles de revues sur le sujet "Ambienti marini"
Volterra, Laura. « Biotossine algali rilevate in ambienti lacustri e marini italiani ». Giornale botanico italiano 126, no 2 (janvier 1992) : 223–28. http://dx.doi.org/10.1080/11263509209430280.
Texte intégralSá, Guilherme Domingues de, et Marie Yamamoto Reghin. « Desempenho de duas cultivares de chicória em três ambientes de cultivo ». Ciência e Agrotecnologia 32, no 2 (avril 2008) : 378–84. http://dx.doi.org/10.1590/s1413-70542008000200005.
Texte intégralAperador Chaparro, William, Alejandro Vargas Uscátegui et Jorge Hernando Bautista Ruiz. « Resistencia a la corrosión marina en aceros austeníticos tipo fermanal (15,8Mn – 6,45Al –5,56Cr – 0,358C) ». Respuestas 16, no 2 (15 juillet 2011) : 30–36. http://dx.doi.org/10.22463/0122820x.410.
Texte intégralMéndez, Guiselle. « Estrategia marina del Área de Conservación Guanacaste ». Revista de Ciencias Ambientales 30, no 1 (17 juin 2019) : 52–58. http://dx.doi.org/10.15359/rca.30-1.8.
Texte intégralGernet, Marcos De Vasconcellos, Eduardo Colley, Elizângela da Veiga Santos et Carlos João Birckolz. « Diversity and community composition of marine mollusks fauna on a mainland island of the coast of Paraná, southern Brazil ». Pesquisa e Ensino em Ciências Exatas e da Natureza 2, no 1 (6 juin 2018) : 48. http://dx.doi.org/10.29215/pecen.v2i1.580.
Texte intégralCaraballo, R., M. Ohanian, E. A. Dalchiele, G. Guineo-Cobs, V. Martínez-Luaces et E. Quagliata. « Productos de corrosión formados en ambiente marino : vinculación de variables estructurales y potencial de corrosión ». Revista de Metalurgia 41, no 3 (30 juin 2005) : 175–85. http://dx.doi.org/10.3989/revmetalm.2005.v41.i3.203.
Texte intégralGarcia, Susana V. « La pesca comercial y el estudio de la fauna marina en la Argentina, 1890-1930 ». História, Ciências, Saúde-Manguinhos 21, no 3 (septembre 2014) : 827–45. http://dx.doi.org/10.1590/s0104-59702014000300003.
Texte intégralGuerra Carvallo, Claver Hugo. « Contaminación ambiental , respeto a la sociedad y al medio ambiente ». Revista de la Sociedad Química del Perú 87, no 4 (1 novembre 2021) : 307–8. http://dx.doi.org/10.37761/rsqp.v87i4.363.
Texte intégralCajiao, María Virginia. « Legislación marino-costera en Costa Rica : recuento, limitaciones y fortalezas ». Revista de Ciencias Ambientales 30, no 1 (17 juin 2019) : 21–29. http://dx.doi.org/10.15359/rca.30-1.4.
Texte intégralRivera Solis, Jaime Alberto. « Estudio Geomorfológico para la Ordenación del Espacio Litoral : Caso del Estuario del Río Purio, República de Panamá ». Investigaciones Geográficas, no 52 (30 décembre 2016) : 83. http://dx.doi.org/10.5354/0719-5370.2016.44614.
Texte intégralThèses sur le sujet "Ambienti marini"
BANDINI, FRANCESCA. « Destino e impatti delle bioplastiche in ambienti terrestri e marini ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/120589.
Texte intégralBioplastics were introduced to deal with plastic pollution and they have been considered a suitable alternative for their biodegradability and/or bio-origin. The EN13432 certification allows their disposal in the biological treatments for the organic fraction of municipal solid waste (OFMSW). However, the standard test conditions largely differ from those applied during the process in industrial plants, rising some environmental issues. The effects on the microbial communities involved in the biological process has yet to be fully understood, as well as the impacts of bioplastics residues on soil organisms, and ultimately on human health. Polylactic acid (PLA) and starch-based bioplastics (SBB) were tested at laboratory- and pilot-scale reproducing the industrial time and temperatures conditions. The study considered different aspect of the degradation process and the possible impacts of bioplastics on bacterial, archaeal and fungal communities involved. Moreover, the quality of the final compost was assessed through ecotoxicological tests on seeds and soil fauna. Furthermore, the fate of bioplastics in aquatic environment was also studied, reproducing the marine conditions at laboratory-scale, and using model organisms to assess the impact of these materials on microbiome and to predict the effects on human health.
DEL, NEGRO PAOLA. « CARATTERISTICHE PALEOAMBIENTALI IN AMBIENTI MARINI ATTUALI E SUBATTUALI MEDIANTE L'USO DI MARKERS BIOGEOCHIMICI ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2004. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12536.
Texte intégralLe interazioni che avvengono nella regione antartica tra atmosfera, ghiaccio, oceano e comunità biologiche influenzano il sistema globale attraverso meccanismi a feedback che coinvolgono i cicli biogeochimici, la circolazione oceanica profonda, il trasporto atmosferico dell'energia e degli agenti inquinanti e le variazioni nel bilancio di massa glaciale (SCAR, 1992). Lo studio del ghiaccio e del sedimento consentono pertanto di ricostruire sia le sequenze climatiche sia, dall'analisi delle loro caratteristiche, ottenere informazioni paleoambientali, importanti in particolare per valutare le modificazioni del ciclo del carbonio. Vista l'assenza di input antropici e continentali, la matrice organica sedimentata risulta tipicamente marina ed è riconducibile ai processi biologici che avvengono lungo la colonna d'acqua. E' possibile ipotizzare, pertanto, che le caratteristiche composizionale della sostanza organica sedimentata, stante i processi di degradazione e rimineralizzazione, riflettano le condizioni ambientali nelle quali c'è stata la produzione. Va comunque rimarcato che, per quanto riguarda l'ambiente antartico, sono note le quantità complessive di sostanza organica nelle successioni plioquaternarie, ma quasi esclusivamente in termini di Carbonio organico e Silice biogenica, mentre sono scarsissimi le informazioni sulla composizione qualitativa. Alla luce di queste osservazioni il lavoro della presente tesi è stato rivolto allo studio della composizione biopolimerica della sostanza organica dei sedimenti profondi antartici al fine di: 1. ottenere informazioni sulla distribuzione, lungo il sedimento della frazione labile (proteine, lipidi, carboidrati) maggiormente legata ai processi biologici della colonna d'acqua 2. definire se le quantità in gioco sono associate a processi di produzione o a processi di preservazione/degradazione 3. verificare la possibilità di utilizzare le informazioni derivanti dalla composizione biochimica della sostanza organica in chiave paleoambientale Il protocollo sperimentale ha previsto il campionamento di due carote di sedimento nel bacino Joides, caratterizzato da elevati tassi di sedimentazione di materiale biogenico, a loro volta legati ad un intenso sviluppo delle comunità planctoniche. Vista l'ipotesi di partenza che prevedeva di utilizzare parametri di tipo biologico, generalmente non considerati nel corso degli studi sedimentologici, si è scelto di operare in un'area in cui esistesse una conoscenza pregressa dei processi sedimentari e dell'evoluzione paleoambientale. Le carote studiate sono state raccolte nel corso di due diverse campagne oceanografiche effettuate nell'ambito del Progetto Nazionale di Ricerca in Antartide (PNRA). Durante la XVI campagna (2000-2001) è stata campionata la carota ANTAOl-07 mentre la carota ANTA03-01 è stata prelevata nel corso della XVIII spedizione (2002-2003). Il campionamento è stato realizzato utilizzando un carotiere a gravità da 2.3 ton, con diametro interno di 90 mm. Dopo la misura della suscettività magnetica, le carote sono state sezionate, descritte, fotografate e successivamente campionate. I campioni sono stati sottoposti alle classiche analisi sedimentologiche (contenuto d'acqua, granulometria, carbonio organico, azoto totale) e alla determinazione dei biopolimeri (lipidi, proteine, carboidrati). Sulla carota ANTA03-01 è stata eseguita, immediatamente dopo il campionamento, anche la valutazione dell'attività enzimatica degradativa. Dai risultati ottenuti emerge che la sostanza organica di origine biogenica, sedimentata nel bacino Joides, è costituita, per circa il 10%, da biopolimeri (lipidi, proteine, carboidrati), concentrazioni analoghe a quanto rilevato in sedimenti profondi di zone temperate fortemente produttive. Questa frazione labile della sostanza organica subisce degli intensi processi di degradazione ai livelli superficiali che si protraggono fino a profondità che raggiungono il metro. La presenza di ossigeno nelle acque di fondo facilita, infatti, la degradazione aerobia diminuendo la preservabilità delle molecole più labili. La sostanza organica sedimentata risulta fortemente arricchita in materiale proteico che viene velocemente degradato poiché rappresenta un'importante serbatoio di azoto. Il rapporto C/N, infatti, aumenta con la profondità del sedimento a dimostrazione del progressivo arricchimento in carbonio. / I maggiori input di materiale organico corrispondono ai periodi di optimum climatico e si riflettono in una più elevata concentrazione della frazione biopolimerica. I carboidrati, in particolare, sembrano fornire buone indicazioni paleoambientali facendo ipotizzare una loro possibile utilizzazione come marker. Questa frazione organica risulta diversamente concentrata nelle due carote studiate sottolineando le differenze esistenti tra il bacino Joides settentrionale e quello meridionale. · I risultati ottenuti rappresentano un primo approccio ad una problematica estremamente complessa che riguarda, nell'aspetto più ampio, il ciclo del carbonio ed il ruolo del sedimento come serbatoio sia di molecole organiche che, e forse soprattutto, di informazioni pregresse.
XV Ciclo
1959
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
Arizzi, Novelli Alessandra. « Sviluppo di indicatori di rischio tossico per ambienti marini costieri e lagunari ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2001. http://hdl.handle.net/10579/493.
Texte intégralSOLE, FRANCESCO MARIA. « Valutazione della vulnerabilità delle coste della Sardegna a fenomeni di erosione ed inondazione dovuti all'impatto degli eventi estremi meteo-marini ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2016. http://hdl.handle.net/11584/266637.
Texte intégralLANCI, LUCA. « CAMBIAMENTI AMBIENTALI IN SEDIMENTI MARINI RECENTI E PALEOGENICI STUDIATI TRAMITE LE PROPRIETA' MAGNETICHE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1995. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12934.
Texte intégralGERIN, RICCARDO. « OTTICA MARINA ED ALTRE TECNOLOGIE AVANZATE APPLICATE ALLO STUDIO AMBIENTALE NELL'ADRIATICO SETTENTRIONALE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2005. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12180.
Texte intégralA partire dal gennaio 2002 è iniziato un progetto di ricerca finalizzato all'acquisizione e all'analisi di parametri bio-ottici nel Golfo di Trieste. I campionamenti sono stati realizzati grazie al rapporto di collaborazione tra il Laboratorio di Biologia Marina di Trieste (LBM) e la Riserva Naturale Marina di Miramare (RNMM). Le linee di ricerca riguardano: misure di produzione primaria in situ ed in laboratorio allo scopo di confrontare i diversi metodi impiegati per la stima della produzione pnmana; confronto tra misure di abbondanza planctonica ottenute mediante conteggio al microscopio e Optical Plankton Counter; misure di parametri chimico-fisici della colonna d'acqua. Tali misure vengono effettuate durante le uscite relative agli esperimenti di produzione primaria in situ ed in caso di particolari eventi biologici e/o fisici in ulteriori crociere. La ricerca viene svolta in acque costiere in una stazione ben definita all'interno dell'area protetta. Molti sono i parametri monitorati che potranno essere sfruttati anche per futuri lavori di ricerca. Personalmente mi occupo della parte ottica-radiometrica di competenza della Riserva Naturale Marina di Miramare partecipando attivamente alle campagne oceanografiche di misura ed elaborando successivamente i dati raccolti. I parametri ottici vengono monitorati mediante una strumentazione scientifica di qualità e di concezione moderna (radiometri selettivi) che indaga su sette lunghezze d'onda entro la banda del visibile e che solitamente viene utilizzata in acque oceaniche per la taratura dei radiometri satellitari. Nel Golfo di Trieste tale strumentazione radiometrica è stata adottata in precedenza solo per la mia Tesi di Laurea e tutt'oggi non gode di un largo impiego nell'ambiente costiero. Nel corso dell'attività di Dottorato si è approfondito il lavoro già svolto durante la suddetta Tesi testando con accuratezza i radiometri e prestando particolare attenzione soprattutto al trattamento dei dati in modo da offrire un modello riproducibile in future applicazioni. Dal novembre 2002 collaboro con l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale ( OGS) per commisurare i dati radiometrici raccolti in situ con quelli di tipo satellitare e per l'applicazione di una nuova tecnologia avanzata per lo studio delle correnti superficiali nell'Adriatico Settentrionale mediante radar ad alta frequenza. Questa Tesi è suddivisa in tre parti ove vengono esposti i lavori svolti nei campi inerenti alla radiometria in situ, alla radiometria satellitare ed infine all'impiego della tecnologia radar. La radiometria in situ costituisce la parte più cospicua di questo lavoro di Tesi di Dottorato. Dopo una breve descrizione fenomenologica della luce e delle sue interazioni con l'atmosfera e con l'acqua, si definiscono i parametri fisici che caratterizzano il campo radiante e le proprietà ottiche intrinseche ed apparenti. Successivamente viene illustrata la strumentazione impiegata in questa ricerca dai due enti coinvolti (LBM e RNMM), viene spiegata la metodologia di campionamento seguita, con particolare attenzione alla parte ottica, ed infine viene inquadrata l'area di studio. Nel quarto capitolo viene presentata la tecnica di compressione delle variabili oceanografiche, denominata Empirica! Orthogonal Functions (EOF), che ho avuto modo di apprendere durante la collaborazione con l' OGS. Utilizzando tale tecnica sul data-set ottico raccolto nel biennio 2000-2001 durante la mia Tesi di Laurea, si è dimostrato che la stazione oggetto di questo studio non è esclusiva, ma è invece caratterizzata da acque tipiche del Golfo di Trieste che si ritrovano anche più al largo. Nei due capitoli successivi viene illustrato il lavoro di elaborazione ed analisi effettuato sui dati radiometrici selettivi, dimostrando l'inefficacia del programma fornito assieme alla strumentazione radiometrica (Prosoft 6. 3d) se applicato ad acque basse. Si suggerisce una soluzione alternativa definendo il software da me programmato in ambiente Matlab e se ne mostrano i risultati. Si presentano ancora gli andamenti annuali dei parametri indagati e le possibili correlazioni con altre variabili a disposizione quali irradianze PAR, temperatura, salinità, clorofilla a, produzione primaria e profondità di scomparsa del disco Secchi. Le comparazioni hanno dimostrato un buon accordo tra i parametri, ma molti sono ancora gli aspetti da indagare. La ricerca e la collaborazione tra i locali enti continua proprio in questa direzione. La Tesi si conclude analizzando la possibile applicazione nell'area dell'Adriatico Settentrionale di altre due tecnologie avanzate: la radiometria satellitare ed il telerilevamento mediante radar. Nel settimo capitolo si evidenziano i primi risultati ottenuti, grazie alla collaborazione con l' OGS, dai confronti tra i dati radiometrici da satellite e quelli monitorati in situ. La taratura satellitare si è rivelata di difficile realizzazione a causa della morfologia altamente variabile della costa dell'Adriatico Settentrionale e della difficile predizione della stratificazione atmosferica in vicinanza della costa stessa. Nell'ultimo capitolo viene esposto lo studio di fattibilità della tecnologia radar ad alta frequenza presso le coste del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. Ad aprile 2003 ho partecipato all'installazione di un sito radar tipo Codar presso Ancona in collaborazione con la Naval Postgraduate School di Monterey (California). Ho potuto studiare il funzionamento teorico di questi strumenti, la loro realizzazione ingegneristica, le metodologie operative ed il relativo software per la gestione e l'analisi dei dati. Sono stati messi in evidenza i pregi ed i limiti della strumentazione e si è studiata la possibilità di sfruttare questa tecnologia, con le dovute cautele, per il costante monitoraggio delle correnti marine superficiali e lo stato del mare, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche come valido aiuto per la navigazione e per la protezione civile. Infine, alla tesi si allega un pratico Cd-Rom di facile consultazione, dove si possono ritrovare tutti i dati ottici-radiometrici grezzi ed elaborati, i programmi creati ed una serie di fotografie che ritraggono l'attività di ricerca in situ.
XVII Ciclo
1976
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
Zavagno, Enrico. « Interazione tra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7348.
Texte intégralRiassunto: Nell’ambito del dottorato è stata esaminata l’interazione tra le acque marine e le acque di falda in un’area della Bassa Pianura Friulana che si colloca all’interno del Sito di Interesse Nazionale (SIN) della Laguna di Grado e Marano. Il SIN è stato oggetto di diversi studi da parte dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG). Per questo motivo è stata instaurata una collaborazione in particolare con il Settore Laboratorio Unico Regionale – Laboratorio di Udine, che negli anni si è occupato di definire e valutare l’influenza e gli effetti dell’interazione tra le acque lagunari e le falde sotterranee. Quanto elaborato conferma ed integra le teorie ed i risultati sviluppati da ARPA FVG e fornisce ulteriori dati e prove della presenza e degli effetti del cuneo salino. La ricerca ha permesso di approfondire le conoscenze relative all’interazione fra acque marine e acque di falda nella Bassa Pianura Friulana. Questo fenomeno si verifica laddove le acque saline del mare e della laguna risalgono i tratti terminali dei corsi d’acqua (ingressione marina) e, infiltrandosi all’interno dei depositi permeabili che ne costituiscono l’alveo, raggiungono le falde sottostanti determinandone la salinizzazione (intrusione salina). Tutti i corsi d‘acqua della Bassa Pianura Friulana sono soggetti ad ingressione marina, la cui intensità dipende dalle portate e dalla morfologia del loro alveo. Per questo si sono effettuati profili di conducibilità elettrica e temperatura all’interno di alcuni dei principali corsi d’acqua e dai dati ottenuti si è elaborata una mappa relativa alla massima ingressione marina. All’interno degli alvei dei Fiumi Aussa, Corno e Stella, inoltre, sono state installate delle stazioni di misura con sonde per il monitoraggio in continuo dei valori di conducibilità elettrica, temperatura ed oscillazione del livello piezometrico. La stazione di monitoraggio sul Fiume Corno (che ricade all’interno del SIN della Laguna di Grado e Marano), data la sua posizione strategica, è stata mantenuta attiva per un periodo di 7 mesi, permettendo di effettuare delle comparazioni dei parametri registrati in continuo con i dati di livello del mareografo di Marano Lagunare (Protezione Civile) e con quelli registrati all’interno di diversi piezometri. L’elaborazione informatica di nuovi dati stratigrafici raccolti per questa parte del SIN della Laguna di Grado e Marano si è concretizzata in un modello idrostratigrafico (dal piano campagna a 35 m di profondità), basato sul grado di permeabilità dei depositi che costituiscono l’area oggetto dello studio delle falde sotterranee. Dal modello sono state estratte diverse sezioni che hanno evidenziato la presenza di tre falde principali. La più superficiale, falda “0”, posta tra 0 e 5 m da p.c., è caratterizzata da una forte discontinuità laterale e da materiali a moderata permeabilità. La falda intermedia, falda “1”, è posta generalmente fra 8 e 20 m da p.c., è continua lateralmente ed è costituita prevalentemente da materiali permeabili. La falda più profonda, falda “2”, è posta fra 25 e 35 m da p.c., costituita da materiali permeabili, risulta discontinua alla scala considerata (questa falda non è stata oggetto di studio dal punto di vista geochimico). Diverse sezioni idrostratigrafiche trasversali al Fiume Corno hanno messo in evidenza che in alcuni tratti l’alveo del fiume poggia direttamente su materiali permeabili, che permettono la comunicazione tra le acque del fiume e le falde “0” e “1”, causandone la salinizzazione. Per determinare le caratteristiche geochimiche delle acque sotterranee nell’area di studio, sono stati monitorati, con diverse metodiche, 41 piezometri. Per ognuno di essi è stato effettuato almeno un profilo di conducibilità elettrica e temperatura per verificare le variazioni di questi due parametri con la profondità. Si sono quindi evidenziati i piezometri al cui interno sono presenti acque saline stratificate, significative della miscelazione delle acque di falda con quelle marine. Per mezzo di sonde multiparametriche sono stati monitorati in continuo 13 piezometri, di cui 2 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “0” e i restanti 11 con tratto filtrante in corrispondenza della falda “1”. I valori dei livelli piezometrici hanno evidenziato oscillazioni con frequenze paragonabili a quelle delle maree e ampiezze attenuate in modo differente da piezometro a piezometro. Confrontando i dati ottenuti con quelli relativi alle misure in continuo effettuate all’interno del Fiume Corno, è stata verificata la presenza di una relazione, in 6 piezometri, tra il corso d’acqua superficiale e le due falde sottostanti, confermando quanto mostrato dalle sezioni idrostratigrafiche. Inoltre, i valori di conducibilità elettrica, ottenuti dalle misure in continuo, hanno confermato ancora una volta quanto già evidenziato dai profili verticali e cioè la presenza di acque di origine marina. A supporto delle misure in continuo e dei profili verticali di conducibilità elettrica e temperatura, sono stati effettuati numerosi campionamenti puntuali volti a caratterizzare dal punto di vista geochimico le acque sotterranee. Per quanto concerne la geochimica tradizionale sono stati prelevati campioni d’acqua per la determinazione di: pH, Eh, T, EC, O2, S2- e Fe tot. Questi parametri sono stati utili per definire alcune peculiarità delle falde monitorate. La determinazione delle concentrazioni di ferro totale disciolto, abbinato alle misure di EC effettuate in diverse condizioni di marea, si è dimostrata utile per definire un metodo di campionamento il più possibile idoneo, ripetibile e riproducibile in funzione delle specifiche problematiche presenti nell’area di studio. Il metodo infatti tiene in considerazione variabili di campo quali tempo, volumi e velocità di spurgo, posizione della pompa, diversi pretrattamenti del campione e variabili esterne come la marea, che possono modificare i valori dei principali parametri fisici e le concentrazioni degli ioni presenti nelle acque prelevate, così da ottenere un campione il più possibile rappresentativo della falda monitorata. Per 18 piezometri sono stati resi disponibili dal Laboratorio Unico Regionale - ARPA FVG i dati relativi ai principali componenti chimici, provenienti dalle campagne di monitoraggio degli anni compresi fra il 2006 e il 2011. Questi dati sono stati utili per determinare le facies chimiche a cui appartengono le acque presenti nella falda “0” e “1”. Attraverso l’elaborazione di diagrammi qualitativi si è potuta verificare la presenza di acque a facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca, a facies cloruro alcalina e acque a composizione intermedia. Si è dunque avuta la conferma, anche dal punto di vista chimico, della presenza di acque dolci (facies bicarbonato calcica ad affinità magnesiaca) mescolate con diverse intensità ad acque di origine marine (facies cloruro alcalina). Risolutiva è infine stata la determinazione, per alcuni piezometri, dei valori di δ18O e δD. I valori dei rapporti isotopici di alcuni piezometri sono risultati maggiori rispetto ai valori isotopici medi delle piogge locali ad ulteriore conferma della presenza di miscelazione fra acque di falda e acque di origine marina. Inoltre, a seguito di campionamenti effettuati ad intervalli regolari durante lo spurgo di alcuni piezometri, si è osservato una decisa variazione dei rapporti isotopici nel tempo, evidentemente dovuta al richiamo di acque a composizione isotopica diversa da quella che caratterizza la falda all’inizio dell’emungimento. Si può quindi affermare con sicurezza che le acque saline del mare, attraverso la laguna, risalgono per ingressione marina il Fiume Corno per diversi chilometri e in corrispondenza dei depositi più permeabili che costituiscono l’alveo si infiltrano, mescolandosi con le acque dolci che caratterizzano la falda “0” e la falda “1” sottostanti. I risultati ottenuti confermano in modo inconfutabile alcune delle tesi già maturate ed affermate da ARPA FVG per il SIN di Grado e Marano (Lutman A. & Pezzetta E., 2007; Pezzetta E. & al., 2008; Pezzetta et al., 2011) La tesi in oggetto costituisce la chiave di volta per spiegare la presenza di squilibri nel chimismo delle acque sotterranee derivanti dalle naturali interazioni con la laguna ed il mare. Di conseguenza supporta e approfondisce le relazioni formulate dall’Agenzia sui valori di fondo nell’area del SIN e risulta di fondamentale importanza per lo sviluppo attuale e futuro dell’area industriale. Inoltre, in generale fornisce indicazioni utili e suggerimenti pratici in merito al corretto, efficace ed efficiente monitoraggio delle acque sotterranee in aree soggette al cuneo salino.
XXIV Ciclo
1981
DINI, MICHELA. « APPLICAZIONE DI TECNICHE ISOTOPICHE (ISOTOPI STABILI E RADIOATTIVI) A STUDI PALEOAMBIENTALI IN AREE ANTARTICHE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1995. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12907.
Texte intégralSALVI, GIANGUIDO. « EVENTI NELL'EVOLUZIONE TARDO-QUATERNARIA DI UN SETTORE DEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) E DELLO STRETTO DI MAGELLANO (RAMO PACIFICO) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 1995. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12906.
Texte intégralTOLOTTI, RAFFAELLA. « ASSOCIAZIONI A DIATOMEE POLARI NEL MARE DI ROSS (ANTARTIDE) : RICOSTRUZIONE PALEOAMBIENTALE E PALEOCLIMATICA ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2002. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12969.
Texte intégralQuesto studio sperimentale si inserisce nel Progetto Nazionale Ricerche in Antartide (Area tematica Global Change) con lo studio di carote di bacino e/o di piattaforma continentale finalizzato all'ottenimento di informazioni paleoclimatiche mediante analisi multidisciplinari (sedimentologiche, mineralogiche, micropaleontologìche, geochimiche, ecc.). L'indagine è rivolta, in particolare, agli aspetti micropaleontologici corrispondenti ai taxa silicei e la loro risposta conservativa e sedimentaria relativa ai cambiamenti climatici e quindi ambientali (come per esempio l'espansione ed il ritiro della West Antarctic Ice Sheet cioè la Calotta Orientale Antartica) occorsi nel Mare di Ross durante il tardo Quatemario, in particolare relativi alle finestre temporali degli ultimi 250-300000 e 30-40000 anni. Sono state a tal fine scelte tre carote prelevate durante spedizioni antartiche svoltesi in anni differenti e relative alle sporacitate finestre temporali e ad ambienti bacinali esterni (ANTA91 8 ed ANTA99 23) ed interni alla piattaforma continentale (ANTA96 5bis). L'opportunità di studiare i taxa silicei deriva dal fatto che questi risultano essere gli organismi che maggiormente contribuiscono alla genesi dei sedimenti antartici e periantartici. La sedimentazione biogenica silicea in Antartide è infatti rappresentata in gran parte da sedimenti diatomacei con un contributo secondario di radiolari e spicole di spugne. E' strettamente correlata alla produttività primaria delle masse d• acqua; quest'ultima è legata a situazioni ambientali particolari quali l'estensione della copertura glaciale ed i sistemi frontali oceanici e periantartici, dovuti a scontro di masse d'acqua con caratteristiche chimico-fisiche differenti, tutti fattori influenzati dalle variazioni climatiche antartiche. Lo studio proposto Si è rivolto principalmente all'analisi del potenziale paleoclimatico e biostratigrafico delle diatomee e delle loro associazioni applicato ad alcune carote raccolte in ambienti bacinali esterni ed interni alla piattaforma continentale nel Mare di Ross ed ha approfondito alcuni strumenti di indagine quali indici biotici relativi a determinate specie. Le diatomee e le relative associazioni, esaminate nelle carote, si sono dimostrate particolarmente sensibili alle variazioni ambientali e climatiche, nonostante siano forme generalmente planctonche e soggette a possibili fenomeni di disturbo, quali trasporto laterale con selezione, dissoluzione selettiva ecc. Sono legate infatti a masse d'acqua con caratteristiche chimico-fisiche ben determinate; è stato infatti notato che, in certe condizioni ambientali, possono dare origine ad intense fasi vegetative (blooms vegetativi) che marcano zone caratterizzate da particolari condizioni ambientali o idrodinamiche. Ciò le rende indispensabili nella comprensione dell'evoluzione temporale ambientale (segnale di paleoproduttività della colonna d'acqua), delle facies sedimentarie e degli equilibri idrodinamici antartici. Questo studio ha messo in evidenza la risposta data dalle dalle microflore silicee ai cambiamenti climatici, che si rivelata particolare in quanto legata a variabili biotiche ed in alcuni casi in anticipo rispetto a quella data da altri strumenti di indagine ambientale (ad esempio i parametri sedimentologici, ecc ... ). Le diatomee hanno dimostrato inoltre di essere raffinati strumenti biostratigrafici, indispensabili per caratterizzare le diverse facies sedimentarie, anche se soggette a rimaneggiamento, suggerendo un loro utilizzo per la comprensione delle dinamiche di trasporto ed erosione glaciale. l principali obiettivi conseguiti mediante il presente lavoro sono di seguito riassunti: -Inizialmente si è resa necessaria una approfondita ricerca bibliografica sull'Antartide in generale e sul Mare di Ross in particolare, sulla tassonomia ed ecologia delle diatomee; questo ha consentito di evidenziare lo stato attuale degli studi relativi all'utilizzo delle diatomee quali indicatori biostratigrafici ed ambientali; sono stati quindi identificati i taxa presenti e le specie di diatomee antartiche più significative ai fini di una interpretazione paleoambientale e paleoclimatica. -Sono state definite le metodologie di preparazione dei sedimenti, di studio dei campioni e di analisi dei dati anche con l'ausilio di tecniche dr analisi matematica e statistica quali la correlazioni tra specie, la Cluster Analysis e lo sviluppo di procedure automatiche su programmi applicativi Excel ed R. -Sono state approfondite problematiche tassonomiche ed ambientali relative ad alcune forme. Tali approfondimenti, assieme all'utilizzo del SEM, hanno reso possibile ottenere un valido supporto iconografico e produrre un manuale tassonomico corredato di informazioni ecologiche attuali, biostratigrafiche e fotografie al microscopio ottico e al SEM (Appendice tassonomica). - Sono stati identificati alcuni taxa miocenìci e plio-pleistocenici rimaneggiati, probabilmente legati a trasporto da zone di piattaforma continentale più interne dovuto alle lingue glaciali (Ice streams) in fasi di avanzamento. Sono inoltre state selezionate alcune specie caratterizzate da particolari va lenze ambientali per la definizione degli indici biotici, ad esempio relativi al rapporto tra taxa del Genere Fragilariopsis ed Eucampia (Eucampia lndex). -Dallo studio qualitativo e quantitativo si è potuto ricavare una stima delle modalità ed intensità di risposta sia delle associazioni che degli indici biotici. l dati ottenuti, pur avendo attualmente valore sperimentale e preliminare, hanno comunque evidenziato gli indici biotici proposti quali strumenti biostratigrafici validi e sensibili anche in biostratigrafia. E' stato possibile infatti analizzare il toro andamento anche rispetto ad altri parametri con i quali sono risultati in accordo, confermando cosl la loro utilità ai fini di una ricostruzione evolutiva della situazione di copertura glaciale, soprattutto olocenica. Significativo si è rivelato anche il rapporto Chaetoceros sporelcellule vegetative, soprattutto se confrontato ai segnali di alta produttività ricavati da altri parametri. l dati ottenuti hanno indotto a considerare la presenza di forme dal basso tasso di silicizzazione (quali le cellule vegetative di Chaetoceros ma anche F. cylindrus), sintomatica di un miglioramento dello stato di conservazione della frazione silicea lungo la colonna d'acqua e nel sedimento. - Dai dati ed osservazioni ottenute ed in base all'integrazione con altri studi multidisciplinari inerenti le stesse carote, è stata quindi proposta una interpretazione paleoambientale e paleoclimatica relativa alle fluttuazioni climatiche del tardo Quaternario. In particolare sono state evidenziate chiare variazioni nelle associazioni relative agli ultimi 7 (8) cicli climatici (finestra temporale dei 250-300000 anni B.P.) ed ai 30-40000 anni B.P. in ambienti bacinali di piattaforma interna ed esterna alla scarpata continentale. - Infine sono stati individuati, in base al segnale di paleoproduttività relativa e delle associazioni, eventi pa1eoambientali e biostratigrafici di ampia portata: un intervallo corrispondente allo stage isotopico Se (Eemiano) relativo ad un 'optimum climatico', già noto in bibliografia come molto simile alla situazione climatica attuale una fase di chiaro passaggio a condizioni interglaciali oloceniche. Questi due eventi hanno permesso di definire eventi precisi e validi per fromulare una proposta di correlazione biostratigrafica tra le carote. Questo studio può quindi fornire un contributo alla interpretazione paleoambientale e paleoclimatica in particolare delle aree bacinali interne ed esterne del Mare di Ross e più in generale delle aree periantartiche dell'Oceano Meridionale. Le ricerche svolte hanno inoltre evidenziato particolari tematiche e problematiche tuttora aperte e non del tutto chiare o sufficientemente rilevate in bibliografia. Data l'importanza che esse assumono, potrebbero essere suggeriti alcuni spunti per future indagini, in particolare: un approfondimento sulle problematiche tassonomiche ed interpretative relative ad alcuni taxa (ad esempio E. antarctica, Chaetoceros spp. e Paralia sulcata) dei quali non è stato ancora definito il valore ambientale attuale e biostratigrafico da applicare in ambiente antartico; - un approfondimento integrato con dati multidisciplinari delle eventuali dinamiche neritiche ed oceaniche di circolazione e di sedimentazione del biogeno siliceo nei vari siti di interesse, durante le sopracitate finestre temporali . In particolare sarebbe utile approfondire il rapporto tra la presenza e la differente diffusione spaziotemporale di determinate specie di mare aperto e/o oceaniche (ad esempio F. kerguelensis) e gli influssi di Circumpolar Deep Water con apporti di acque temperate (North Atlantic Deep Water- NADW) durante i periodi di optimum climatico interglaciale (Bonn et al., 1994); dei chiarimenti sull'influenza della circolazione e correnti sul trasporto verticale e laterale del particellato biogenico (vedi rapporto Chaetoceros!Eucampia) e sulla sua conservazione lungo al colonna d'acqua e nel sedimento (vedi problematiche relative al rapporto tra Chaetoceros sporelcellule vegetative, alla conservazione o asporto selettivo di F. cylindrus ed all'apporto selettivo dei fecal pellets nel sedimento).
XIII Ciclo
1965
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
Livres sur le sujet "Ambienti marini"
Ravera, O. L'eutrofizzazione degli ambienti d'acqua dolce, salmastri e marini. Bologna : Pitagora, 2002.
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Trouver le texte intégralBelmonte, Genuario. Blu di Puglia : Ambienti e itinerari sommersi intorno al Salento. Lecce : Conte, 2000.
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Texte intégralLonin, Serguei A., Luis Alfredo Calero Hernández, Tuchkovenko Yuri S., Ricardo José Molares Babra, Jesús Antonio Garay Tinoco, María Teresa Vélez, Luis Alvaro Mendoza Mazzeo et al. Anuario Científico CIOH 1975 - 2000. Direccion General Maritima - DIMAR, décembre 2000. http://dx.doi.org/10.26640/anuario.cioh-2000.
Texte intégral