Littérature scientifique sur le sujet « Accordi pubblici »

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Articles de revues sur le sujet "Accordi pubblici"

1

Curami, Andrea. « Le forniture militari ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 261 (février 2011) : 609–22. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-261003.

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Résumé :
Fin dall'Unitŕ d'Italia le forniture militari destarono sospetti di corruzioni e portarono alla costituzione di commissioni d'inchiesta che misero in luce episodi di pessima amministrazione, senza peraltro dar luogo all'individuazione e alla punizione dei responsabili. Una delle ragioni di tale situazione puň essere indicata nell'ampia discrezionalitŕ che le amministrazioni militari si riservarono nella distribuzione delle commesse. Col nuovo secolo aumentň da parte dei ministeri militari la domanda di armamenti, preludio alla grande crescita della produzione registrata col primo conflitto mondiale, sviluppatasi in un contesto di riduzione complessiva dei controlli pubblici e di corruzione diffusa. Col fascismo i legami tra politica e grande industria divennero ancora piů stretti, e i produttori riuscirono a imporre sempre piů le proprie scelte anche attraverso accordi di cartello, mentre si ridusse considerevolmente il ruolo dei militari nella distribuzione delle commesse. L'autore affronta il tema della corruzione nei diversi con- testi storici, fornendo esempi sul funzionamento di questo settore particolarmente delicato della pubblica amministrazione e sui suoi rapporti con i privati e in particolare con l'industria bellica.
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Lattanzi, Pamela. « I distretti Ogm free : un'opportunitĂ di differenziazione del territorio ». AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no 1 (décembre 2010) : 55–61. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-001005.

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Résumé :
Gli orientamenti comunitari sulla coesistenza consentono agli operatori - sulla base di accordi volontari - di dare vita ad aree geografiche senza coltivazioni geneticamente modificate o, più in generale, a filiere non transgeniche. È questo il punto di partenza dell'idea dei distretti, la cui realizzazione, consentendo di introdurre (e conservare) nel panorama regionale una realtà costruita su regole diverse - e legittime - da quelle che vigono in generale per il comparto agroalimen- tare, permette di conseguire diversi risultati, tra cui quello di far acquisire un valore aggiunto alla "produzione" ottenuta nell'ambito di tali distretti. La diversità territoriale, così costruita, necessita, per avere successo, di essere realizzata attraverso idonee politiche programmate e condivise da soggetti pubblici istituzionalmente competenti in materia.
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Ruppelt, Hans-Jürgen. « Competition Law and its Application in Germany ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 117–24. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345054.

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Résumé :
Abstract L’economia tedesca è sempre stata caratterizzata da una struttura molto concentrata, in cui le imprese facevano frequente ricorso ai cartelli. Alia fine dell’ultima guerra, gli alleati (ed in particolare gli Stati Uniti) hanno insistito perché la concentrazione fosse ridotta ed i cartelli fossero eliminati, introducendo cosi la libera concorrenza nell’economia.La legge ha introdotto un generale divieto di cartellizzazione, con alcune esenzioni legali che consentono specifiche intese.L’applicazione della legge attraverso un organismo indipendente, l’Ufficio Federale dei Cartelli, si è basata esclusivamente sugli aspetti concorrenziali, con esclusione quindi degli aspetti di «interesse pubblico». L’unica eccezione è costituita dal potere di autorizzazione di cartelli e concentrazioni da parte del Ministro, che tuttavia vi ha fatto ricorso molto raramente.Nell’ambito di applicazione della legge sono rientrate non soltanto le attività dirette a limitare la concorrenza da parte dei privati, ma anche le distorsioni del mercato prodotte da interventi pubblici, come regolamentazione, sussidi e protezionismo. Negli anni più recenti, in particolare, la politica della concorrenza si è ispirata all’idea di modificare l’equilibrio tra settore privato e settore pubblico, riducendo quest’ultimo mediante deregolamentazione e privatizzazione.La legge tedesca riguarda essenzialmente quattro gruppi di limitazioni della concorrenza: accordi orizzontali, restrizioni verticali, abuso del potere di mercato e concentrazioni.Gli accordi orizzontali sono proibiti e, di conseguenza, nulli. Coloro che vi abbiano preso parte sono passibili di una multa che può giungere fino ad un ammontare pari a tre volte il valore degli utili così conseguiti. Si tratta, peraltro, di un criterio di difficile applicazione, essendo molto ardua la determinazione dell’incremento di utili ottenuto con un accordo.Una lacuna del sistema era costituita dal fatto di escludere alcune forme di collusione che a stretto rigore non rientravano nella categoria degli «accordi». È stato necessario emendare la legge, includendovi esplicitamente le «azioni concertate».Un secondo problema riguarda l’inclusione o meno nel concetto di «restrizione della concorrenza” dell’obbligo per le parti dell’accordo di mettere in atto comportamenti contrari alla concorrenza. Secondo l’interpretazione degli organi giudiziari tale obbligo si deve presumere.Per quanto riguarda le deroghe, l’Ufficio Federale dei Cartelli tende ad essere alquanto rigido.Per gli «accordi verticali», la legge tedesca, in contrasto con l’art. 85 del Trattato CEE e con la legge italiana, introduce specifiche regole. Essi sono, in genere, legali, con la sola eccezione degli accordi per la determinazione del prezzo, che sono proibiti di per sé, a meno che non riguardino il settore dell’editoria.Gli interventi per accordi verticali sono stati poco frequenti e, a quanto sembra, nella maggior parte dei casi tali accordi non dovrebbero essere stati influenzati dalla legislazione sulla concorrenza.Per quanto riguarda l’abuso di potere di mercato, il vecchio adagio statunitense vale anche per la Germania: le dimensioni non danno luogo, di per sé, ad un pericolo. Analogamente, una posizione dominante, come tale, non può essere ritenuta dannosa, anche se è ampiamente diffusa l’opinione secondo cui non debba essere consentito l’abuso di posizione dominante.Sotto il profilo applicativo, peraltro, bisogna identificare due fondamentali presupposti: una «posizione dominante” e un «comportamento abusivo».Il controllo del comportamento abusivo persegue, sia in Germania che in Italia, due obiettivi: impedire alle imprese dominanti di stabilire prezzi troppo elevati, realizzando profitti monopolistici (abuso di prezzi), e proteggere la libertà di competere delle altre imprese (pratiche restrittive).Per quanto riguarda l’abuso di prezzi, l’esperienza tedesca non è stata molto incoraggiante, soprattutto per la ben nota difficoltà nella definizione del «giusto prezzo».Hanno avuto maggiore successo, invece, i procedimenti nei riguardi di pratiche restrittive. Anche in questo caso non e facile applicare la normativa concorrenziale, specie per quanto riguarda i casi «marginali», come i casi di collegamenti tra imprese che non sembrano evidenziare comportamenti anti-competitivi.L’introduzione della regolamentazione delle concentrazioni è avvenuta in Germania soprattutto per le difficoltà nel perseguire gli abusi di posizione dominante. Diversamente dalla legge italiana, il sistema tedesco non prevede un minimo fatturato nazionale, ma fa riferimento al valore del fatturato nel suo complesso, dovunque sia stato conseguito.Notevoli difficoltà potranno derivare dalla definizione del concetto di «controllo». Dal punto di vista pratico sembra conveniente combinare le caratteristiche di flessibilità e certezza giuridica con una definizione generale che specifichi il maggior numero possibile di fattispecie.Le caratteristiche più significative dell’attività di controllo delle concentrazioni svolta in Germania sono l’effetto sospensivo della notificazione che precede la concentrazione e un criterio strettamente concorrenziale. L’esperienza dimostra che è molto difficile far venir meno una concentrazione, una volta che sia stata effettuata. Per questo motivo si richiede che le concentrazioni che eccedono una determinata soglia siano comunicate in anticipo.Sebbene l’Ufficio Federale dei Cartelli abbia a disposizione quattro mesi per completare la sua investigazione, circa i tre quarti delle procedure sono completate entro quattro settimane.Vi è una netta distinzione di compiti tra l’Ufficio Federale dei Cartelli e il Ministro dell’Economia. Il primo si occupa degli aspetti strettamente inerenti alla concorrenza, senza tener conto degli altri benefici che possono derivare dalla concentrazione. Il Ministro, invece, per considerazioni d’interesse pubblico, può autorizzare una concentrazione che l’Ufficio Federale dei Cartelli aveva bloccato. Sino ad ora (dal 1973) soltanto sei autorizzazioni sono state concesse dal Ministro e non sembra che esse abbiano dato luogo ai risultati positivi che erano attesi.
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Charrier, Guy. « Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Lacey, Eric F. « The Italian Competition Law Compared with Other OECD Countries’ Competition Laws ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 147–51. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345090.

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Résumé :
Abstract L’ltalia è il penultimo Paese membro dell’OCSE che abbia adottato una legge sulla protezione della concorrenza (adesso solo la Turchia non ha alcuna legge al riguardo).Peraltro, la legislazione vigente nei Paesi OCSE non è del tutto identica. Vi è, per esempio, una notevole differenza tra la legislazione anti-trust degli Stati Uniti, con proibizione (rafforzata da sanzioni penali) della fissazione di prezzi e di ripartizione dei mercati, ed il progetto di legge belga contro l’abuso di potere economico, che da luogo ad un tipo di controllo molto tenue.Per quanto riguarda, in particolare, le norme attinenti alle concentrazioni, l’ltalia è il quindicesimo Paese OCSE ad avere una normativa. Questo significa non soltanto che nove Paesi OCSE devono ancora convincersi dell’utilità del controllo delle concentrazioni, ma che, date le divergenze tra le diverse normative in vigore, sono anche diversi i criteri e le procedure mediante cui possono essere valutate fusioni ed acquisizioni.Si può affermare che l’impostazione della legge italiana, di carattere dichiaratamente proibitivo, quanto ad accordi restrittivi ed abuso di posizione dominante segue l’attuale tendenza dei Paesi OCSE a favore di questo metodo di controllo piuttosto che del metodo del caso per caso, che e ancora vigente nei Paesi nordici, in Irlanda e nel Regno Unito.Per quanto attiene, invece, alle concentrazioni, l’impostazione di carattere proibitivo non si estende normalmente al loro controllo. Molti ordinamenti preferiscono il sistema del «caso per caso» e così fa anche la legge italiana, anche se questa procedura richiede un giusto equilibrio tra l’esigenza di completare in tempi stretti l’indagine, per non danneggiare le imprese interessate, e l’altrettanto legittima esigenza di avere tempo sufficiente per un esame accurato. Su questo ultimo aspetto, i tempi previsti dalla legge italiana sembrano più brevi della media dei Paesi OCSE. In particolare, il periodo di tempo previsto dalla legge italiana perché l’Autorità effettui l’indagine è di quarantacinque giorni, mentre il tempo mediamente previsto nei Paesi OCSE è di tre mesi.Un elemento molto positivo della legge italiana è quello di sottoporre le concentrazioni ad una valutazione di natura strettamente concorrenziale, senza introdurre dementi di natura politica o sociale. Inoltre, in molti Paesi il Governo ha il potere di dire l’ultima parola sull’autorizzazione o meno delle concentrazioni.Bisogna anche notare che, mentre molti Paesi hanno costruito poco per volta la loro legislazione concorrenziale, partendo dagli accordi orizzontali per poi estendere il controllo all’abuso del potere di mercato e giungendo quindi al controllo delle concentrazioni, la legge italiana include tutti e tre questi tipi di restrizioni della concorrenza. Essa riguarda, inoltre, sia il mercato dei beni che quello dei servizi.La legge italiana si applicherà sia alle imprese private che a quelle pubbliche, con l’eccezione dei monopoli pubblici. Per quanto riguarda le banche e le assicurazioni, la legge italiana riserva ad essi un trattamento analogo a quello di altre leggi della concorrenza, anche se adesso sembra emergere la tendenza a restringere le esenzioni dalle leggi sulla concorrenza di cui godono questi settori.L’Autorità italiana per l’applicazione della legislazione concorrenziale ha ampi poteri di investigazione, di decisione e anche di sanzione, attraverso la comminazione di multe, nonche importanti funzioni consultive. In altri ordinamenti vi è una distinzione tra gli organi che nelle diverse fasi applicano la legislazione della concorrenza. La legge italiana, dato che l’Autorità è responsabile delle varie fasi, potrà essere applicata più facilmente, anche se si potrebbe rilevare che la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisionali dà maggiori garanzie (in ogni caso, le parti hanno comunque diritto di ricorrere contro le decisioni dell’Autorità).L’applicazione di sanzioni, che è un aspetto essenziale del sistema di controllo, è modellata nella legge italiana sulla base della normativa CEE e sembra adeguata.Per quanto riguarda il particolare trattamento riservato alle istituzioni finanziarie, sebbene in diversi Paesi vi siano norme speciali nei riguardi delle concentrazioni bancarie (con approvazione da parte delle autorità bancarie, in sostituzione delle autorità che si occupano della concorrenza o in aggiunta all’approvazione di queste ultime), non si riscontra in altri ordinamenti una norma come quella secondo cui anche l’acquisizione di una quota del cinque per cento del capitale debba essere sottoposta ad autorizzazione. Soltanto l’Olanda, forse, ha una regola analoga, mentre l’Australia ha una regola che stabilisce un limite generale del quindici per cento per un solo investitore.Nel complesso, la legge italiana per la concorrenza sembra fornire una buona base per una efficiente politica della concorrenza. Evidentemente, tutto dipenderà dal modo in cui l’Autorità assicurerà che le norme siano effettivamente applicate, soprattutto per quanto riguarda l’art. 4 (che prevede deroghe per le intese) e l’art. 8, paragrafo 2, sulle deroghe per le imprese che forniscono servizi d’interesse economico generale. Sarebbe molto spiacevole se questa norma fosse utilizzata per non applicare la legge allo stesso modo, sia alle imprese private che a quelle pubbliche.
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Adornato, Francesco. « Intervento pubblico, distretti Ogm free e accordi negoziali ». AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no 1 (décembre 2010) : 19–32. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-001002.

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La globalizzazione dei mercati ha dato luogo a rilevanti effetti istituzionali a partire dalla perdita di sovranitĂ da parte degli Stati nazionali per via dell'asimmetria tra la forma degli Stati tradizionali e la dimensione internazionale dei mercati. Al contempo, per quanto riguarda la specifica situazione italiana, sono intervenute, quasi contemporaneamente, a livello comunitario, la riforma della Pac ed, a livello interno, la riforma del Titolo V, parte II, della Costituzione, che assegna la competenza in materia agricola alle Regioni. Di qui la necessitĂ di rimodulare l'intervento pubblico in agricoltura attraverso l'impiego di modelli negoziali, i quali consentano di superare le difficoltĂ applicative di norme non diffusamente condivise e di plurima competenza, come quelle sugli Ogm.
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Savoldi, Paola. « Efficienza amministrativa, beni pubblici e interessi mafiosi ». TERRITORIO, no 63 (décembre 2012) : 33–37. http://dx.doi.org/10.3280/tr2012-063006.

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The spread of illegal conduct related to the presence of organised crime in its current forms can be seen as related to weaknesses in the ability to govern some of the changes and innovations that have occurred in the functioning of public administrations in recent years, according to the paradigm of new public management. More specifically, in some cases systematic recourse to outsourcing, justified on the grounds of administrative efficiency, creates genuine wide open doors for the interests of organised crime.
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Micelli, Ezio. « La cattura della rendita nello sviluppo delle città : perequazione, diritti edificatori e accordi pubblico/privato ». ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no 129 (mars 2021) : 19–40. http://dx.doi.org/10.3280/asur2020-129-s1002.

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Lo scritto affronta l'ampio dibattito sui procedimenti di restituzione alla comunità del plu-svalore immobiliare che si forma per effetto delle decisioni legate alla pianificazione. L'analisi evidenzia alcuni passaggi di rilievo nello sviluppo degli strumenti a disposizione degli enti locali: la centralità degli accordi pubblico/privato, l'assorbimento della perequa-zione urbanistica negli stessi accordi e, infine, l'impiego dei diritti edificatori come strumen-ti di nicchia a integrazione di perequazione e accordi.
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Stame, Nicoletta. « Valutazione, controlli e pubblica amministrazione ». RIV Rassegna Italiana di Valutazione, no 40 (février 2009) : 45–55. http://dx.doi.org/10.3280/riv2008-040003.

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- The Italian political culture is characterized by a strong juridical orientation combined with tolerance for public administration inefficiency. It is no wonder that evaluation has been introduced into the Italian administrative system as a further control, but the consequences have been a ritualistic use of evaluation. Controls of any kind "legitimacy, budgetary, managerial" tend to assess compliance of an action to a rule, and to sanction violation of the rule. Evaluation judges the results of an intervention with a view to learn from the way it has been implemented, that will vary according to context; furthermore, it is interested in positive and negative, expected an un-expected outcomes. The article reviews how these cultural predicaments have conditioned the potentialities offered by three different pushes to evaluate public policies: europeanization, federalism and the modernization of the public sector. Key words: controls, evaluation, public administration.
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Calafŕ, Laura. « Tribunale di Milano, sez. I civile - ordinanza 20 dicembre 2010, giud. Bichi, B. e altri contro Comune Milano e altri ». QUESTIONE GIUSTIZIA, no 1 (avril 2011) : 141–48. http://dx.doi.org/10.3280/qg2011-001012.

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Discriminazione fondata su razza e origine etnica - art. 1 d.lgs 215/2003 - Mancato adempimento obblighi assunti dalla Pubblica amministrazione - Sussistenza Ha natura discriminatoria la scelta di rivedere l'assegnazione degli alloggi destinati ai residenti presso il campo nomadi autorizzato di Triboniano nell'ambito dei singoli accordi denominati "Progetto di autonomia abitativa", legati a una precedente convenzione sottoscritta tra il Commissario della emergenza nomadi in Lombardia, Comune di Milano e dalla Casa della caritŕ Angelo Ambriani. Il mancato adempimento degli obblighi assunti dalle parti firmatarie costituisce comportamento discriminatorio in quanto esclusivamente legato all'appartenenza etnica dei ricorrenti in questo modo trattati meno favorevolmente rispetto alla genericitŕ dei cittadini nei confronti dei quali la Pubblica amministrazione tiene fede ai patti sottoscritti.
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Thèses sur le sujet "Accordi pubblici"

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CORDOVA, GIOVANNA. « GLI ACCORDI TRA IL CITTADINO E L'AMMINISTRAZIONE : I LIMITI ALL'AUTONOMIA NEGOZIALE E GLI ONERI ESORBITANTI ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/123245.

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Résumé :
La tesi ha ricostruito il tema dell’esercizio del potere amministrativo in via consensuale. Si è partiti dalla constatazione che nello scenario attuale si è, sempre più, diffuso l’agire dell’amministrazione secondo modelli negoziati. Più in particolare, in assenza di una norma che disciplini puntualmente il processo di formazione dell’accordo pubblico, la ricerca ha indagato quali siano i poteri spettanti all’amministrazione ed al cittadino nella fase propedeutica alla conclusione dell’accordo. Si è, inoltre, evidenziato che si sta assistendo ad un fenomeno di espansione dell’istituto in esame anche al di là del dettato normativo. La ricerca ha affrontato anche il tema dei possibili contenuti degli accordi pubblici e ha individuato le clausole pattizie che più frequentemente sono inserite nei documenti convenzionali tra queste l’attenzione si è incentrata sulle clausole contenenti i cd. ‘oneri esorbitanti’. Ci si è chiesti se e in quale misura la pubblica amministrazione possa, attraverso tali clausole, ottenere risultati maggiori rispetto a quelli conseguibili con il provvedimento amministrativo unilaterale, senza che venga violato il principio di legalità. La giurisprudenza amministrativa, attualmente prevalente, ritiene tali clausole pienamente legittime in quanto frutto di un libero consenso del privato. L’analisi ha avuto come punto di riferimento di tutta la ricerca il quesito se e come il principio consensualistico possa coniugarsi con il principio di legalità. Infine nella ricerca si sono individuati i possibili limiti all’autonomia negoziale del privato e dell’amministrazione.
The thesis reconstructed the theme of the exercise of administrative power by consensus. We started from the observation that in the current scenario the action of the administration according to negotiated models has become increasingly widespread. More specifically, in the absence of a rule that regulates the process of forming the public agreement, the research investigated what are the powers due to the administration andthe citizen in the preparatory phase to the conclusion of the agreement. It was also highlighted how we are witnessing a phenomenon of expansion of the institute under consideration even beyond the regulatory dictate. The research also addressed the issue of the possible contents of public agreements and identified the contractual clauses that are most frequently included in conventional documents, among which the focus was on the clauses containing the cd. "exorbitant charges". The central question is whether and to what extent the public administration can, through these clauses, achieve greater results than those achievable by unilateral administrative measure, without violating the principle of legality. Theadministrative case-law, which currently prevails, considers that these clauses are fully legitimate as the result of the free consent of the private individual. The analysis had as a reference point of all the research the question of whether and how the consensual principle can be combined with the principle of legality. Finally, the research concerned the identification of limits to the negotiating autonomy of the private sector and the administration.
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Patti, Loredana. « Gli accordi tra i privati e la pubblica amministrazione ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1255.

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Résumé :
Il ricorso a moduli convenzionali di esercizio della potestà amministrativa costituisce uno tra i fenomeni più rilevanti nell evoluzione del nostro sistema di diritto amministrativo. Una svolta decisiva in questa direzione è avvenuta con la legge sul procedimento amministrativo che, nel quadro di una compiuta disciplina della partecipazione procedimentale, ha introdotto in via generale l istituto degli accordi tra privati e pubblica amministrazione. La particolare caratterizzazione di questi accordi, stante la loro inerenza a un procedimento pubblicistico astrattamente idoneo a sfociare, in assenza della soluzione negoziata, nell adozione del provvedimento unilaterale, ha polarizzato il dibattito scientifico sul tema della natura giuridica, di diritto pubblico o di diritto privato, ascrivibile a questa figura. L analisi della disciplina normativa e della sua applicazione giurisprudenziale vale tuttavia a dimostrare come gli accordi procedimentali costituiscano un ulteriore riprova, unitamente ad altre trasformazioni che stanno interessando il nostro sistema giuridico, della attuale crisi della tradizionale distinzione tra diritto pubblico e diritto privato e della necessaria immanenza all azione amministrativa di uno statuto suo proprio, facente capo ai principi costituzionali, sempre applicabile indipendentemente dalla natura giuridica dello strumento d azione impiegato per il perseguimento delle pubbliche finalità
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PORCELLI, STEFANO. « Accordo e reciprocità nel contratto in Cina ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2013. http://hdl.handle.net/2108/201847.

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SANTACROCE, C. P. « Il recesso dagli accordi tra pubbliche Amministrazioni. Profili di diritto interno e comparato ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3427090.

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Résumé :
The phenomenon of diffusion of agreements among the public Administrations regarding the action and organization of public authorities has already been highlighted for a long time and by many people as well, finding out the basis- upon the most attentive doctrinal speculations carried out in this subject- in the ordination’s transformation, in pluralistic and autonomous sense of its meaning. As a mater of fact, the roots of the increase of using the conventional modules in relations among the public subjects, there would be the affirmation of effective and equal (by nature) pluralism, attributable either to the passage to, so called, multi-class State, or to the effects of autonomous launch that had led to the gradual and progressive recognition of concrete autonomy area in favor of the minor territorial bodies. The consequent multiplications and fragmentations of administrative functions- with their distribution among the separate authority centers – would be, therefore, at the base of emerging need of frequent recurring to the collaboration forms among the various public Administrations involved with accordance to their attributions, in order to reach the re-composition of the functions and responsibilities that got split, due to implementation of, so called, institutional pluralism and decentralization (art. 5 and 114 Const.) principles. The national legislator, as the interpreter of this demand, has at first interfered with introducing in ordination of consensual points " for the sector practicality” (we consider here, just for example, certain provisions described in d.P.R. n. 616/1977, and as originally provided for law n. 64/1986, about the extraordinary intervention in Southern Italy), denominated in various ways (agreements, conventions, program accordance, etc.), and next he has come to, through the approval of administrative procedures law (l. n. 241/1990), generalization of the principles of the consensual collaboration among the public Administrations, by releasing the art. 15 of this law, assigned to confer an ample legislative cover for the conclusion of agreements among the public subjects with regard to implementation of the activities of common interest. The paragraph 1 of the mentioned article, actually, seems to assign the general recognition, in case when two or more public bodies decide to reach the regulation arranged by practicing the administrative authorities that were attributed to them. Even though it is permanently conclusive for the preliminary question of the dogmatic admissibility of consensual points with the practice of public authorities in subject, it is believed that the regulations of juridical category for the agreements among public Administrations and, contextually, for legislative discipline applicable (referring to the art. 15, paragraph 2 of the law nr 241/1990, as well as to some dispositions included in art. 11 of the same law, referring to the agreements among p. A. and privates), didn’t contribute in solving certain questions, which, though partially faced by Italian administrative doctrine, hadn’t found out the unambiguous answers up till today. We mean the issues which, starting from the questions of general theory concerning the exact juridical qualification of the agreements in subject, affect directly upon the detection of juridical rules and principles to which the above mentioned agreements must be considered subject. The main target of the doctoral thesis, therefore, is exactly to face the problem of dogmatic placement of agreements among public Administrations and next to outline their relative juridical regime applicable. After having faced in preliminary way the subject of the juridical nature of the consensual matter examined – regarding to which, this is the right point to reaffirm so, the Italian doctrinal elaboration doesn’t consent, up till now, to formulate any unambiguous conclusion – the survey’s intent will be to individuate the “juridical statute” of the agreements among the public Administrations, verifying the applicability level of the disposals and of civil principles expressly cited in art. 15 and 11 of the law nr 241/1990 on one hand, and the incidence of public “counterbalances” dedicated to guarantee the constant functionality in using the administrative authority in pursuing public interests which care results to be attributed to the “contracting” Administrations on the other hand. Therefore, we try to establish the measure and the way to balance, during various negotiations phases, the conclusion and the execution of the agreements among the public subjects, the contextual efficiency of public principles, in order to not only present the complexity of the problems already described in the latest doctrinal elaborations but to propose new interpretative options capable to provide the solution for questions that have been left either unresolved or on the ground as well. It seems appropriate to mention the way some subjects jump out due to their particular problematic nature- and that’s why they will be the subject of the particular attention during the research project- the questions regarding the constrains of the conventional decisions made in agreement among the “stipulating” public Administrations, of the continued ownership of the typical authorities of self protection as the guarantee of, the already mentioned, functionality of the administrative authority in public interests. The missing recall by the art. 15, paragraph 2 of law nr 241/1990, of the norm described in the art. 11, paragraph 4 of the same law (about the Administration’s faculty to withdraw, due to the contingent of public interests and, however, on compensate payment, from the agreement stipulated with the private subject) has caused the interpretative uncertainties of an absolute importance. As a matter of fact, we can nowadays find at least two distinct doctrinal guidelines. According to the first interpretation, the missing recall to the disposition about the withdrawal contained in the above mentioned art. 11, paragraph 4 of the law nr. 241/1990 is the direct declaration of the impossibility, for the public contracting subjects, of unilateral withdrawing- even in case of public interest- from the observance of the conventionally agreed determinations. According to the other part of the doctrine, the missing recall to the above mentioned disposal about the faculty of withdrawal, is not to be interpreted as an obstacle in its practicing, but as an implicit recognition of exclusion of existence of obligation, for the withdrawing Administration, to correspond with the indemnification in favor of the Administrations that will undergo this withdrawal. As a matter of fact, non of those two guidelines seem to be satisfactory. Indeed, if on one hand, the thesis about an implicit interdiction of withdrawal in conventional relations among public Administrations- even in case of public interests- collides obviously in irremediable way with, the already mentioned, demand of assuring the functional relation between the use of administrative faculties and following public interests, on the other hand, the exclusion, for the withdrawing Administration, from the obligation of corresponding with the indemnification in favor of other parties of the agreement undergoing the withdrawal, doesn’t seem to be supported by any appropriate motivation explaining the non compensating of any (possible) property damages caused by the Administration that decides unilaterally to get rid off the engagements assumed with the agreement.
Il fenomeno della diffusione degli accordi tra pubbliche Amministrazioni nell’azione e nell’organizzazione dei pubblici poteri è stato già da tempo e da più parti messo in luce, trovando fondamento – secondo le più attente speculazioni dottrinali condotte sul tema – in una trasformazione ordinamentale in senso pluralistico ed autonomistico. Alle radici dell’incremento dell’uso di moduli convenzionali nei rapporti tra soggetti pubblici, infatti, vi sarebbe l’affermarsi di un pluralismo effettivo e (tendenzialmente) paritario, dovuto sia al passaggio al c.d. “Stato pluriclasse”, sia agli effetti delle spinte autonomistiche che hanno condotto ad un graduale e progressivo riconoscimento di un ambito di concreta autonomia a favore degli enti territoriali minori. Le conseguenti moltiplicazioni e frammentazioni delle funzioni amministrative – con la ripartizione di esse tra distinti centri di potere – sarebbero, dunque, alla base dell’emersione dell’esigenza di ricorrere sempre più spesso a forme di collaborazione tra le diverse pubbliche Amministrazioni coinvolte in forza delle rispettive attribuzioni, onde pervenire ad una ricomposizione delle funzioni e delle competenze frammentatesi in attuazione dei principi del c.d. pluralismo istituzionale e del decentramento (artt. 5 e 114 Cost.). Il legislatore nazionale, nel farsi interprete di detta esigenza, è dapprima intervenuto mediante l’introduzione nell’ordinamento di fattispecie consensuali “ad operatività settoriale” (si considerino, a titolo esemplificativo, talune delle disposizioni di cui al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonché quanto originariamente previsto dalla legge 1 marzo 1986, n. 64, in tema di intervento straordinario per il Mezzogiorno) ed in vario modo denominate (intese, convenzioni, accordi di programma, etc.), per poi giungere, con l’approvazione della legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990), ad una generalizzazione del principio della collaborazione consensuale tra pubbliche Amministrazioni, attraverso l’immissione dell’art. 15 di detta legge, volta a conferire ampia copertura legislativa alla conclusione di accordi tra soggetti pubblici per lo svolgimento di attività di interesse comune. Il comma 1 del richiamato articolo di legge sembra assegnare, in effetti, un riconoscimento generale all’eventualità che due o più enti pubblici decidano di addivenire ad una regolamentazione concordata dell’esercizio dei poteri amministrativi loro attribuiti. La normativizzazione della categoria giuridica degli accordi tra pubbliche Amministrazioni e, contestualmente, della disciplina legislativa ad essi applicabile (a mezzo del rinvio operato dall’art. 15, comma 2 della l. n. 241/1990, a talune delle disposizioni dettate dall’art. 11 della stessa legge, in tema di accordi tra p. A. e privati), seppur definitivamente risolutiva della questione preliminare circa l’ammissibilità dogmatica di fattispecie consensuali aventi ad oggetto l’esercizio di potestà pubbliche, si ritiene non abbia contribuito a risolvere taluni interrogativi che, pur se in parte già affrontati dalla dottrina amministrativistica italiana, non hanno ad oggi ancora trovato risposte univoche. Trattasi di problematiche che, partendo da questioni di teoria generale concernenti l’esatta qualificazione giuridica degli accordi in oggetto, incidono direttamente sull’individuazione dell’insieme di regole e principi giuridici cui detti accordi debbano ritenersi assoggettati. Obiettivo principale della tesi di dottorato è, pertanto, proprio quello di affrontare il problema dell’inquadramento dogmatico degli accordi tra pubbliche Amministrazioni, per poi delinearne il relativo regime giuridico applicabile. Affrontato preliminarmente il tema della natura giuridica delle fattispecie consensuali in esame – rispetto al quale, è qui il caso di ribadirlo, l’elaborazione dottrinale italiana non consente, ad oggi, la formulazione di una conclusione univoca –, l’indagine è mossa dall’intento di individuare lo “statuto giuridico” degli accordi tra pubbliche Amministrazioni, verificando, da un lato, il grado di applicabilità delle disposizioni e dei principi di derivazione civilistica espressamente richiamati (per rinvio) dagli artt. 15 e 11 della l. n. 241/1990, e dall’altro, l’incidenza dei “contrappesi” pubblicistici volti a garantire la costante funzionalizzazione dell’uso del potere amministrativo al perseguimento degli interessi pubblici della cui cura risultino attributarie le Amministrazioni “contraenti”. Il tentativo è quello di stabilire, pertanto, la misura e il modo attraverso cui bilanciare, nelle diverse fasi della negoziazione, della conclusione e dell’esecuzione degli accordi tra soggetti pubblici, la contestuale operatività di principi pubblicistici e principi civilistici, al fine non solo di dar conto della complessità dei problemi sin qui già evidenziati dalle più recenti elaborazioni dottrinali, ma di proporre nuove opzioni interpretative in grado di fornire una soluzione alle questioni ad oggi lasciate ancora irrisolte o sullo sfondo. Tra queste ultime, pare opportuno evidenziare come spicchino per particolare problematicità – e sono state, pertanto, oggetto di particolare attenzione nell’ambito dell’attività di ricerca – le tematiche della vincolatività delle statuizioni convenzionali concordemente individuate dalle pubbliche Amministrazioni “stipulanti”, e della perdurante titolarità, in capo alle stesse, dei tipici poteri di autotutela posti a garanzia della già richiamata funzionalizzazione del potere amministrativo al pubblico interesse. Il mancato rinvio, da parte dell’art. 15, comma 2 della l. n. 241/1990, alla norma di cui all’art. 11, comma 4 della stessa legge (sulla facoltà dell’Amministrazione di recedere, per sopravvenienze di pubblico interesse e comunque previo indennizzo, dall’accordo stipulato con un soggetto privato) ha determinato incertezze interpretative di assoluto rilievo. Sul punto, infatti, possono ad oggi registrarsi almeno due distinti orientamenti dottrinali. Secondo una prima interpretazione, il mancato rinvio alla disposizione sul recesso contenuta nel suddetto art. 11, comma 4 della l. n. 241/1990 sarebbe diretto a sancire l’impossibilità, per i soggetti pubblici contraenti, di sottrarsi unilateralmente – seppur per sopravvenuti motivi di pubblico interesse – all’osservanza delle determinazioni convenzionalmente pattuite. Il che troverebbe giustificazione – secondo detta ricostruzione – nel valore “equiordinato” degli interessi pubblici in gioco, rispettivamente perseguiti dalle diverse parti dell’accordo. Secondo altra parte della dottrina, invece, l’omesso richiamo della suddetta disposizione sul potere di recesso non sarebbe da interpretarsi quale ostacolo ad un suo concreto esercizio, bensì come implicito riconoscimento dell’esclusione della sussistenza dell’obbligo, per l’Amministrazione recedente, di corrispondere un indennizzo a favore delle Amministrazioni che siano chiamate a subire detto recesso. In verità, entrambi i richiamati orientamenti non appaiono soddisfacenti. Se da un lato, infatti, la tesi circa un implicito divieto di recesso nei rapporti convenzionali tra pubbliche Amministrazioni – pur nella sopravvenienza di ragioni di pubblico interesse – si scontra evidentemente in modo insanabile con la già richiamata esigenza di garantire la relazione funzionale tra uso dei poteri amministrativi e perseguimento degli interessi pubblici, dall’altro, l’esclusione, per l’Amministrazione recedente, dell’obbligo di corresponsione di un indennizzo a favore delle altre parti dell’accordo destinatarie del recesso, non pare sia supportata da alcuna adeguata motivazione che spieghi la non indennizzabilità degli (eventuali) danni patrimoniali causati dall’Amministrazione che decida di liberarsi unilateralmente dagli impegni assunti in via pattizia.
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MORELLO, Francesco. « La sicurezza del lavoro nelle pubbliche amministrazioni per il benessere organizzativo, la customer satisfaction e la qualità del servizio reso agli utenti ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2014. http://hdl.handle.net/10446/30447.

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Résumé :
La normativa posta a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, risulta imperniata sulla centralità del concetto di organizzazione e si applica tanto al settore privato quanto al complesso sistema del pubblico impiego. Il presente lavoro si propone di dimostrare che la matrice dell’organizzazione prevista dal T.U. d.lgs. 81/2008 si conforma, in un ottima sistematica, con la mission e le precipue finalità istituzionali delle Pubbliche Amministrazioni. Garantire e valorizzare la dignità della persona che lavora, assicurando uno “stato di completo benessere fisico mentale e sociale” (art. 2, T.U.), significa sia dare attuazione concreta, alla disciplina prevenzionale, che migliorare il processo produttivo o di lavoro. Benessere individuale e organizzativo si riflettono sul livello di performance raggiunto dalle organizzazioni e ciò in particolare in ambito pubblico ove il tema del miglioramento del clima lavorativo si colloca nella prospettiva dell'inveramento dei principi e valori costituzionali nell'Amministrazione reale, oggi chiamata a rispondere con limitate risorse finanziarie alle domande correlate ai cambiamenti della società e alla crisi economica in atto. L’evoluzione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, dalla contrattualizzazione del rapporto di lavoro alle recenti riforme “efficientiste” e di spesa dell’organizzazione pubblica, hanno prodotto un articolato sistema che distingue macro e micro organizzazione. Ogni amministrazione pubblica deve per legge incrementare il proprio livello di benessere, modulando secondo le rispettive specificità strumenti e forme di partecipazione, così da fornire un servizio qualitativamente in linea con le esigenze della collettività. A tal fine vengono passate in rassegna insieme alle norme anche talune esperienze concretamente sviluppatesi con riferimento anche ai fini della customer satisfaction. Nella stessa ottica si muove l’indagine che attraverso l’analisi dei principali rischi, quelli psicosociali (stress, mobbing, burn out…), individua per ogni soggetto dell’organizzazione non solo il proprio debito di sicurezza ma soprattutto il proprio ruolo nell’implementazione del benessere. L’autore giunge infine a configurare in capo al lavoratore pubblico un vero e proprio diritto al benessere, organizzativo e individuale, esigibile in base ad un paradigma risarcitorio, che in uno alle responsabilità ad esso correlate, esaminate anche nei profili emersi più di recente, conferma che nelle P.A. sicurezza sui luoghi di lavoro, benessere organizzativo e ciclo della performance sono tra loro strettamente e necessariamente complementari.
The regulation of occupational health and safety is mainly focused on the importance of organisational aspects regarding both private and public sector. The aim of this study is to demonstrate that the origin of the public organisation system set out in the T.U. d.lgs 81/2008 is in compliance with the mission and institutional aims of the Public Administration, under a systematic perspective. “Valuing and protecting the dignity of the workers, safeguarding the physical, mental and social welfare”, will practically enforce the preventive regulatory system and increase the productivity of the working process. The individual and organisational well-being is strictly co-related to the general level of performance achieved by organisations specifically in the public sector, where the improvement of working conditions can be considered as an implementation of Constitutional principles in the context of the Public Administration which nowadays is deemed to face, with limited financial resources, the changes of the society and the current economic crisis. Each public organisation shall, by law, increase its level of welfare according to its own means and type of participation, in order to provide a service that complies qualitatively with the needs of the public. For this purpose the study is conducted through the analysis of legislations and practical experiences related also to the aims of the customer satisfaction. Moreover the study establishes which are the main psychosocial risks (stress, mobbing, burn out), and identifies for each member of the organisation not only its own debt security but also the importance of its role in the growth of the well-being. In the end the author concludes that public employees have the right to obtain a collective and individual well-being through a compensation scheme and that in the public administrations, the job safety, the organisational well being and the job performance are strictly and inevitably interdepend.
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PANTINI, SARA. « Analysis and modelling of leachate and gas generation at landfill sites focused on mechanically-biologically treated waste ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2013. http://hdl.handle.net/2108/203393.

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Résumé :
Despite significant efforts have been directed toward reducing waste generation and encouraging alternative waste management strategies, landfills still remain the main option for Municipal Solid Waste (MSW) disposal in many countries. Hence, landfills and related impacts on the surroundings are still current issues throughout the world. Actually, the major concerns are related to the potential emissions of leachate and landfill gas into the environment, that pose a threat to public health, surface and groundwater pollution, soil contamination and global warming effects. To ensure environmental protection and enhance landfill sustainability, modern sanitary landfills are equipped with several engineered systems with different functions. For instance, the installation of containment systems, such as bottom liner and multi-layers capping systems, is aimed at reducing leachate seepage and water infiltration into the landfill body as well as gas migration, while eventually mitigating methane emissions through the placement of active oxidation layers (biocovers). Leachate collection and removal systems are designed to minimize water head forming on the bottom section of the landfill and consequent seepages through the liner system. Finally, gas extraction and utilization systems, allow to recover energy from landfill gas while reducing explosion and fire risks associated with methane accumulation, even though much depends on gas collection efficiency achieved in the field (range: 60-90% Spokas et al., 2006; Huitric and Kong, 2006). Hence, impacts on the surrounding environment caused by the polluting substances released from the deposited waste through liquid and gas emissions can be potentially mitigated by a proper design of technical barriers and collection/extraction systems at the landfill site. Nevertheless, the long-term performance of containment systems to limit the landfill emissions is highly uncertain and is strongly dependent on site-specific conditions such as climate, vegetative covers, containment systems, leachate quality and applied stress. Furthermore, the design and operation of leachate collection and treatment systems, of landfill gas extraction and utilization projects, as well as the assessment of appropriate methane reduction strategies (biocovers), require reliable emission forecasts for the assessment of system feasibility and to ensure environmental compliance. To this end, landfill simulation models can represent an useful supporting tool for a better design of leachate/gas collection and treatment systems and can provide valuable information for the evaluation of best options for containment systems depending on their performances under the site-specific conditions. The capability in predicting future emissions levels at a landfill site can also be improved by combining simulation models with field observations at full-scale landfills and/or with experimental studies resembling landfill conditions. Indeed, this kind of data may allow to identify the main parameters and processes governing leachate and gas generation and can provide useful information for model refinement. In view of such need, the present research study was initially addressed to develop a new landfill screening model that, based on simplified mathematical and empirical equations, provides quantitative estimation of leachate and gas production over time, taking into account for site-specific conditions, waste properties and main landfill characteristics and processes. In order to evaluate the applicability of the developed model and the accuracy of emissions forecast, several simulations on four full-scale landfills, currently in operative management stage, were carried out. The results of these case studies showed a good correspondence of leachate estimations with monthly trend observed in the field and revealed that the reliability of model predictions is strongly influenced by the quality of input data. In particular, the initial waste moisture content and the waste compression index, which are usually data not available from a standard characterisation, were identified as the key unknown parameters affecting leachate production. Furthermore, the applicability of the model to closed landfills was evaluated by simulating different alternative capping systems and by comparing the results with those returned by the Hydrological Evaluation of Landfill Performance (HELP), which is the most worldwide used model for comparative analysis of composite liner systems. Despite the simplified approach of the developed model, simulated values of infiltration and leakage rates through the analysed cover systems were in line with those of HELP. However, it should be highlighted that the developed model provides an assessment of leachate and biogas production only from a quantitative point of view. The leachate and biogas composition was indeed not included in the forecast model, as strongly linked to the type of waste that makes the prediction in a screening phase poorly representative of what could be expected in the field. Hence, for a qualitative analysis of leachate and gas emissions over time, a laboratory methodology including different type of lab-scale tests was applied to a particular waste material. Specifically, the research was focused on mechanically biologically treated (MBT) wastes which, after the introduction of the European Landfill Directive 1999/31/EC (European Commission, 1999) that imposes member states to dispose of in landfills only wastes that have been preliminary subjected to treatment, are becoming the main flow waste landfilled in new Italian facilities. However, due to the relatively recent introduction of the MBT plants within the waste management system, very few data on leachate and gas emissions from MBT waste in landfills are available and, hence, the current knowledge mainly results from laboratory studies. Nevertheless, the assessment of the leaching characteristics of MBT materials and the evaluation of how the environmental conditions may affect the heavy metals mobility are still poorly investigated in literature. To gain deeper insight on the fundamental mechanisms governing the constituents release from MBT wastes, several leaching experiments were performed on MBT samples collected from an Italian MBT plant and the experimental results were modelled to obtain information on the long-term leachate emissions. Namely, a combination of experimental leaching tests were performed on fully-characterized MBT waste samples and the effect of different parameters, mainly pH and liquid to solid ratio (L/S,) on the compounds release was investigated by combining pH static-batch test, pH dependent tests and dynamic up-flow column percolation experiments. The obtained results showed that, even though MBT wastes were characterized by relatively high heavy metals content, only a limited amount was actually soluble and thus bioavailable. Furthermore, the information provided by the different tests highlighted the existence of a strong linear correlation between the release pattern of dissolved organic carbon (DOC) and several metals (Co, Cr, Cu, Ni, V, Zn), suggesting that complexation to DOC is the leaching controlling mechanism of these elements. Thus, combining the results of batch and up-flow column percolation tests, partition coefficients between DOC and metals concentration were derived. These data, coupled with a simplified screening model for DOC release, allowed to get a very good prediction of metal release during the experiments and may provide useful indications for the evaluation of long-term emissions from this type of waste in a landfill disposal scenario. In order to complete the study on the MBT waste environmental behaviour, gas emissions from MBT waste were examined by performing different anaerobic tests. The main purpose of this study was to evaluate the potential gas generation capacity of wastes and to assess possible implications on gas generation resulting from the different environmental conditions expected in the field. To this end, anaerobic batch tests were performed at a wide range of water contents (26-43 %w/w up to 75 %w/w on wet weight) and temperatures (from 20-25 °C up to 55 °C) in order to simulate different landfill management options (dry tomb or bioreactor landfills). In nearly all test conditions, a quite long lag-phase was observed (several months) due to the inhibition effects resulting from high concentrations of volatile fatty acids (VFAs) and ammonia that highlighted a poor stability degree of the analysed material. Furthermore, experimental results showed that the initial waste water content is the key factor limiting the anaerobic biological process. Indeed, when the waste moisture was lower than 32 %w/w the methanogenic microbial activity was completely inhibited. Overall, the obtained results indicated that the operative conditions drastically affect the gas generation from MBT waste, in terms of both gas yield and generation rate. This suggests that particular caution should be paid when using the results of lab-scale tests for the evaluation of long-term behaviour expected in the field, where the boundary conditions change continuously and vary significantly depending on the climate, the landfill operative management strategies in place (e.g. leachate recirculation, waste disposal methods), the hydraulic characteristics of buried waste, the presence and type of temporary and final cover systems.
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MALANDRINO, ANNA. « La cooperazione tra pubbliche amministrazioni ed in particolare tra amministrazioni aggiudicatrici del settore sanitario nell'Unione europea ». Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2318/1559634.

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Résumé :
La tesi affronta il tema della cooperazione transnazionale tra amministrazioni pubbliche appartenenti a diversi Stati membri dell’Unione europea, analizzandone i principali aspetti problematici, l’evoluzione normativa e le esperienze applicative. La cooperazione amministrativa è presa in considerazione nella sua dimensione orizzontale, ossia tra apparati amministrativi degli Stati membri. Il focus è costituito dalla cooperazione transnazionale ai fini dell’aggiudicazione congiunta di appalti pubblici, e dunque dai modelli organizzativi utilizzabili a tal fine, con particolare riguardo agli appalti innovativi in materia sanitaria.
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Livres sur le sujet "Accordi pubblici"

1

Ferrara, Rosario. Gli accordi di programma : Potere, poteri pubblici e modelli dell'amministrazione concertata. Padova : CEDAM, 1993.

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2

Italy. Presidenza del Consiglio dei ministri. La semplificazione dei procedimenti di spesa per gli investimenti pubblici : L'acquisto di beni e servizi e gli accordi di programma. Roma : Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, 1994.

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3

Grauso, Pierpaolo. Gli accordi della pubblica amministrazione con i privati. Milano : Giuffrè, 2007.

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4

Maviglia, Carlo. Accordi con l'amministrazione pubblica e disciplina del rapporto. Milano : Giuffrè, 2002.

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5

Santacroce, Clemente Pio. La stabilità degli accordi tra pubbliche amministrazioni. Padova : CEDAM, 2014.

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6

Gli accordi tra i privati e la pubblica amministrazione. Milano : A. Giuffrè, 1985.

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7

Lionti, Salvatore Pensabene. Gli accordi con la pubblica amministrazione nell'esperienza del diritto vivente. Torino : G. Giappichelli, 2007.

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8

Giuseppe, Barbagallo, Follieri Enrico et Vettori Giuseppe 1949-, dir. Gli accordi fra privati e pubblica amministrazione e la disciplina generale del contratto. Napoli : Edizioni scientifiche italiane, 1995.

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9

Amoroso, Giovanni. Contratto collettivo per la scuola pubblica e privata : Commento agli accordi sindacali deella scuola pubblica ed ai contratti collettivi delle scuole private. Napoli : Casa Editrice Jovene, 1989.

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10

Zotta, Maria Fausta Maternini. Amministrazione pubblica e beni ecclesiasiastici : L'amministrazione del patrimonio ecclesiastico negli accordi di Villa Madama. Torino : G. Giappichelli, 1998.

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