Littérature scientifique sur le sujet « Accordi di cooperazione amministrativa »

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Articles de revues sur le sujet "Accordi di cooperazione amministrativa"

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Nascimbene, Bruno. « Lo spazio di libertŕ, sicurezza e giustizia a due anni dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 4 (mars 2012) : 13–26. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-004002.

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Résumé :
1. La definizione di spazio di libertà, sicurezza e giustizia2. La comunitarizzazione e il Trattato di Lisbona. Le residue competenze degli Stati3. Le situazioni di compromesso politico: immigrazione, cooperazione giudiziaria penale, accordi di Schengen4. Lo spazio e la tutela dei diritti fondamentali5. Le realizzazioni compiute. Le azioni necessarie6. Il principio del mutuo riconoscimento. La sua rilevanza, in particolare, nella cooperazione giudiziaria penale e nella politica di immigrazione e asilo
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Tedeschi, Mariano. « Gli accordi spagnoli di cooperazione e l'esperienza italiana ». Revista Española de Derecho Canónico 50, no 135 (1 janvier 1993) : 591–604. http://dx.doi.org/10.36576/summa.5788.

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Di Salvatore, Luca, et Piermaria Corona. « Contratti di rete e accordi di foresta come opportunità per le imprese del settore forestale ». L’Italia Forestale e Montana 77, no 2 (23 juin 2022) : 61–69. http://dx.doi.org/10.36253/ifm-1706.

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Résumé :
Le reti di imprese possono rappresentare un efficace strumento di promozione e valorizzazione delle potenzialità selvicolturali e delle filiere forestali. Dopo una presentazione del contratto di rete quale strumento di cooperazione tra imprese, questo lavoro analizza la disciplina specifica dettata per le reti agricole, per poi illustrare la risposta del mercato italiano all’introduzione di questo strumento. Vengono inoltre evidenziate le potenzialità di sviluppo di reti di imprese in ambito forestale, anche in riferimento alle opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal nuovo strumento degli “accordi di foresta”.
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Guasconi, Maria Eleonora. « Prove tecniche di politica estera : la Comunitŕ economica europea e lo sviluppo del dialogo euro-arabo negli anni Settanta ». MONDO CONTEMPORANEO, no 2 (décembre 2012) : 35–56. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-002002.

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Résumé :
L'articolo ricostruisce i negoziati che, all'indomani dello shock petrolifero del 1973, si svolsero tra i nove membri della Comunitŕ economica europea e i paesi della Lega araba nella cornice della cooperazione politica, mettendo in luce il tentativo europeo di trovare una via d'uscita autonoma alla crisi energetica degli anni Settanta. Grazie a un'ampia documentazione archivistica, l'autrice dimostra che, pur tra numerose difficoltŕ e ostacoli, attraverso il dialogo euro-arabo la Comunitŕ sperimentň per la prima volta, dopo gli accordi di Yaoundé/Lomé, un'esperienza di relazioni collettive con un gruppo di paesi terzi, promuovendo un negoziato che, seppur limitato a questioni economiche che esulavano dal petrolio, portň ad alcuni significativi risultati, come la dichiarazione di Venezia del 1980, considerata una pietra miliare della posizione europea nei confronti del conflitto arabo-israeliano. La ricostruzione dello svolgimento del dialogo euro-arabo rappresenta inoltre un interessante esempio della crescita della dimensione delle relazioni esterne della Cee durante gli anni Settanta.
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Ferri, Federico. « Convergenza delle politiche migratorie e di cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea e accordi con Stati terzi ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 3 (février 2017) : 39–69. http://dx.doi.org/10.3280/diri2016-003003.

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Bertelé, Matteo. « Un ambasciatore del "Realismo" italiano : Gabriele Mucchi nella Repubblica democratica tedesca negli anni Cinquanta ». MONDO CONTEMPORANEO, no 2 (mai 2021) : 87–101. http://dx.doi.org/10.3280/mon2020-002005.

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Résumé :
L'articolo esamina il ruolo di Gabriele Mucchi (1899-2002) nel contesto delle relazioni culturali tra Italia e Repubblica democratica tedesca nel corso degli anni Cinquanta, quindi prima di un reciproco riconoscimento giuridico e della firma di accordi bilaterali. Pittore realista e militante comunista, Mucchi fu una figura chiave nel dibattito artistico della DDR, all'interno del quale il "Realismo" italiano costituì un contributo determinante al processo di autodeterminazione di un'arte tedesca e socialista. L'artista fu oggetto di una crescente attenzione da parte delle istituzioni culturali della DDR, che nel 1956 lo invitarono a ricoprire la cattedra di pittura presso la Scuola d'arte di Berlino Est, città dove avrebbe continuato a risiedere, pur alternandosi con l'Italia, anche in seguito alla caduta del Muro. Sulla base di documenti d'archivio inediti e di uno spoglio della stampa, l'articolo mette in luce le premesse e gli esordi della sua poliedrica attività nella DDR in ambito formativo, critico ed espositivo, analizzando al tempo stesso il suo particolare status come esempio di cooperazione tra Europa occidentale e orientale, e quindi come caso di studio della Guerra Fredda culturale.
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Zilio, Francesca. « Le relazioni fra Roma e Bonn durante il primo governo Brandt fra Ostpolitik e Csce ». MONDO CONTEMPORANEO, no 2 (décembre 2012) : 5–34. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-002001.

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Résumé :
Sulla base di fonti primarie italiane e tedesche e di documenti pubblicati, l'articolo analizza le opinioni italiane sulla Ostpolitik e le posizioni di entrambi i paesi sulla progettata Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce), discusse negli incontri bilaterali fra capi di governo e ministri degli Esteri. L'autrice evidenzia le paure italiane causate in particolare dalla velocitŕ dei primi negoziati della Ostpolitik e poi dalla lentezza delle trattative su Berlino che ritardarono l'apertura dei negoziati preliminari sulla Csce. All'inizio Roma temeva che la fretta dei tedeschi di ottenere risultati per la loro questione nazionale, insieme alla pericolosa politica europea di Mosca, portasse ad eccessive concessioni da parte di Bonn che avrebbero potuto danneggiare gli interessi occidentali. In seguito l'Italia si preoccupň che l'attesa per la conclusione degli accordi su Berlino, che era stata posta dall'Ovest come precondizione per la convocazione dei preliminari sulla Csce, potesse causare una perdita del momentum per prendere le redini della distensione e combattere gli obiettivi e la propaganda orientali. Al contrario, Bonn intendeva approfittare dell'impazienza orientale per l'apertura della Csce, in opposizione alla disponibilitŕ occidentale a prendersi il suo tempo, per ottenere migliori risultati nella Ostpolitik e garanzie sulla Csce.
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Porcarelli, Cristiana. « Prime riflessioni su modalità, percorsi e nuovi spazi di cooperazione per garantire l’apprendimento permanente di giovani e adulti ». Contesti. Città, territori, progetti 1, no 1 (27 octobre 2022) : 88–99. http://dx.doi.org/10.36253/contest-13455.

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Résumé :
Se l’orientamento europeo appare quantomai centrato sulla persona e sulla sua unicità anche in termini di sviluppo delle competenze e di opportunità formative, di pari passo si stanno sviluppando nuovi e sempre più interconnessi spazi di apprendimento che implicano il coinvolgimento di varie tipologie di attori, diversi livelli di governance, di partnership pubblico/privato e di una rinnovata attenzione al territorio. Interventi co-progettati e multi-attoriali (scuola, famiglia, organizzazioni del Terzo settore, privato sociale, istituzioni pubbliche) sembrano sempre più necessari ma con peculiari caratteristiche di flessibilità e adeguatezza al territorio di riferimento. Inoltre, il miglioramento della qualità della vita nei centri urbani passa quasi obbligatoriamente attraverso la cultura e l'educazione e varie sono le iniziative focalizzate su questi temi a partire dal programma dell’UNESCO Global Network of Learning Cities. In questa prospettiva anche la scuola si rinnova e anela a diventare un learning hub attraverso peculiari accordi denominati “Patti educativi di comunità” che rappresentano un esempio di buona pratica caratterizzato da un approccio orientato alla co-progettazione e alla valorizzazione della dimensione territoriale. If the European orientation appears to be focused on people also from the point of view of skills development and training opportunities, at the same time new and increasingly interconnected learning spaces are being developed with the consequent involvement of various types of actors, different levels of governance, public private partnerships as well as a renewed attention to the territory. Co-designed and multi-actor interventions (school, family, third sector organizations, private social, public institutions) are more and more necessary but with characteristics of flexibility and adequacy to territorial needs. In addition, the improvement of the quality life within urban centres must go through culture and education; there are various initiatives focused on these issues starting from the UNESCO Global Network of Learning Cities program. In this perspective, the school also renews itself and yearns to become a learning hub through specific agreements called "Community agreements for education" which represent an example of good practice characterized by a co-planning approach and the enhancement of the territorial dimension.
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da Empoli, Domenico. « The Italian Law for the Protection of Competition and the Market ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 69–78. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344956.

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Résumé :
Abstract Gli studi attinenti alla «politica della concorrenza” sono uno dei settori nei quali da maggior tempo collaborano economisti e giuristi, dato che, in assenza di questa cooperazione, i soli strumenti di cui dispone l’economista, senza quelli del giurista, non sono sufficienti ad interpretare ed applicare le norme antitrust.Soprattutto sulla spinta di queste esigenze si è sviluppato nelle Università americane l’insegnamento di corsi di «Law and Economics», disciplina ormai consolidata.Da un punto di vista intellettuale, pertanto, non vi è dubbio che il tema della concorrenza sia di particolare interesse.Peraltro, già da qualche tempo le opinioni degli studiosi circa gli effetti della politica della concorrenza e, quindi, sull’opportunità di introdurre una specifica legge al riguardo e, poi, di applicarla in modo rigoroso, non sono molto concordi.L’atteggiamento critico nei riguardi dell’intervento pubblico che caratterizza l’epoca attuale e che si può sintetizzare nella nozione di «fallimento dello Stato», non ha risparmiato neppure la politica della concorrenza, sui cui effetti sono state avanzate, e permangono, numerose incertezze.Peraltro, se un atteggiamento critico poteva avere un suo fondamento apprezzabile nei momento in cui si discuteva dell’opportunity o meno di introdurre questa legge, non vi è dubbio che, una volta che questa sia entrata in vigore, essa debba essere oggetto di studio, sempre critico, ma costruttivo.Per questo motivo, è apparsa molto utile la pubblicazione su questo numero di Economia delle Scelte Pubbliche degli atti di un convegno internazionale, organizzato a Reggio Calabria nei dicembre del 1990 dall’Istituto Superiore Europeo di Studi Politici, che ha avuto come oggetto la nuova legge italiana della concorrenza, confrontata con le normative già in vigore presso altri Paesi OCSE, oltre che con la normativa CEE.Assieme ai testi delle relazioni, viene anche pubblicato il testo della legge, sia nella traduzione inglese che in quella francese (ambedue non ufficiali).L’ordine di pubblicazione dei diversi contributi segue il seguente schema: dopo questa presentazione della legge italiana, segue l’articolo di Claudio Menis sulle relazioni tra legislazione CEE e legge italiana. Successivamente, vengono pubblicati (seguendo l’ordine alfabetico per paese) gli scritti che riflettono valutazioni della legge italiana alla luce dell’esperienza nazionale di ciascuno dei Paesi OCSE rappresentati: Belgio (van Meerhaeghe), Francia (Charrier), Germania (Ruppelt), Spagna (Canivell), Svizzera (Baldi) e Regno Unito (Howe).Infine, un articolo di Eric Lacey confronta i lineamenti essenziali della struttura della legge italiana con quelli della media dei Paesi OCSE.La presentazione della legge italiana, non è compito facile per un economista, per la necessità di ricorrere a termini giuridici molto specialistici.La legge considera tre principali fattispecie che sono suscettibili di danneggiare la concorrenza: i cartelli che restringono la libertà di concorrenza, l’abuso di posizione dominante e le concentrazioni.I «cartelli” (o «intese») sono definiti dalla legge come «gli accordi e/o le pratiche concordati tra le imprese, nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari». Esse sono vietate quando «abbiano per oggetto, o per effetto, di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante” (art. 1).L’«abuso di posizione dominante” è vietato dall’art. 3, che include anche una casistica, peraltro non del tutto esauriente, circa situazioni identificabili come abuso di posizione dominante.Le «operazioni di concentrazione», d’altra parte, hanno luogo, secondo l’art. 5, «quando due o più imprese procedono a fusione», «quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un’impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente o indirettamente [...], il controllo dell’insieme o di parti di una o più imprese», e «quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un’impresa comune». Sulla base dell’art. 6, tali operazioni sono vietate quando costituiscono o rafforzino una posizione dominante sul mercato.L’organo che ha il compito di garantire l’appHcazione della legge è l’Autorità, che è stata creata appositamente e che è composta da quattro membri, più il presidente, nominati sulla base di una determinazione adottata d’intesa dai presidenti dei due rami del Parlamento.Una caratteristica fondamentale del nuovo organo per la tutela della concorrenza è la sua indipendenza dal potere politico, che viene attenuata soltanto a proposito delle operazioni di concentrazione. Come afferma, infatti, l’art. 25, il Consiglio dei Ministri può elaborare criteri di carattere generate che autorizzino operazioni che sarebbero vietate ai sensi dell’art. 6 e, inoltre, può anche vietare specifiche operazioni di concentrazione qualora vi partecipino «enti o imprese di Stati che non tutelano l’indipendenza degli enti o delle imprese con norme di effetto equivalente a quello dei precedenti titoli o applicano disposizioni discriminatorie o impongono clausole aventi effetti analoghi nei confronti di acquisizioni da parte di imprese o enti italiani».Oltre ai poteri d’istruttoria e decisione nei riguardi delle tre fattispecie di cui si è detto, con la possibilità d’imporre anche sanzioni pecuniarie, l’Autorità ha anche poteri conoscitivi e consultivi, sulla cui base può esprimere pareri, o di sua iniziativa o su richiesta del presidente del Consiglio dei Ministri.
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Menis, Claudio. « Les rapports entre le droit communautaire et la nouvelle loi italienne relative à la protection de la concurrence ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 79–92. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344974.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana sulla concorrenza s’inserisce in un contesto economico e giuridico caratterizzato dall’esistenza del diritto comunitario della concorrenza, che è applicable a tutti i comportamenti delle imprese che producono effetti nella Comunità economica europea.Il diritto comunitario non esclude che gli Stati membri introducano leggi nazionali per la protezione della concorrenza, che anzi possono coesistere legittimamente con il diritto comunitario e anche svolgere un ruolo importante in seno alla Comunità.Pertanto, è utile esaminare quale sia l’incidenza del diritto comunitario della concorrenza sulla legge italiana e, inoltre, quale sia il ruolo che la legge italiana può svolgere per contribuire ad assicurare il buon funzionamento del mercato comune.In primo luogo, è necessario esaminare i rapporti tra gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE e i diritti nazionali della concorrenza.Tali articoli si applicano esclusivamente ai comportamenti delle imprese che sono suscettibili d’influenzare gli scambi commerciali tra Stati membri. Essi non hanno quindi il compito di sostituirsi ai diversi diritti nazionali della concorrenza ma, al contrario, lasciano aperta agli Stati membri la possibilità di emanare norme specifiche per il controllo delle imprese i cui comportamenti hanno effetto nei rispettivi territori nazionali.Peraltro, secondo quanto ha stabilito nel 1969 la Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’applicazione parallela del diritto comunitario e del diritto nazionale non può essere ammessa che nella misura in cui non pregiudichi l’applicazione uniforme, in tutto il mercato comune, delle norme comunitarie.Tra i diversi casi possibili, quelli in cui le autorità nazionali possono agire sono sia il caso in cui la Commissione abbia ritenuto di vietare gli accordi o le pratiche in discussione, ed in cui un divieto a livello nazionale potrebbe contribuire ad elevare le sanzioni nei riguardi dell’impresa incriminata (pur tenendosi conto del fatto che per motivi di equità le sanzioni cumulate non possono superare un certo livello), sia il caso in cui la Commissione abbia dichiarato che un accordo o una pratica non rientrano nel campo d’applicazione degli articoli 85 o 86; in quest’ultimo caso, secondo la dottrina prevalente, un’attestazione negativa non priverebbe le autorità nazionali del diritto di applicare la loro legislazione sulla concorrenza. Un caso analogo è quello in cui la Corte, con una speciale lettera amministrativa (lettre de classement), abbia espresso l’opinione di non dover intervenire in applicazione dell’art. 85, e nel quale le autorità nazionali possono applicare le loro norme più ristrette.Per quanto riguarda, poi, il regolamento comunitario attinente alle concentrazioni nei suoi rapporti con i diritti nazionali di concorrenza, esso non determina il suo campo di applicazione sulla base dell’influenza esercitata sugli scambi tra Stati membri, ma in funzione del criterio della dimensione comunitaria dell’operazione di concentrazione. In questo caso, contrariamente a quanto accade per l’applicazione degli articoli 85 ed 86 del Trattato CEE, viene escluso qualsiasi intervento dei sistemi nazionali nei riguardi delle concentrazioni di dimensione comunitaria (con due eccezioni: quando la concentrazione rischia di determinare una «posizione dominante” all’interno di uno Stato membro e quando uno Stato membro intenda assicurare la protezione di interessi legittimi che non sono tutelati dal regolamento comunitario).Gli Stati membri possono, invece, applicare la loro legislazione alle concentrazioni che non abbiano dimensione comunitaria.Tutto quanto precede riguarda i rapporti tra normative CEE e diritti nazionali degli Stati membri. Vediamo adesso la posizione della legge italiana con riguardo al diritto comunitario della concorrenza.A questo riguardo, vi sono alcune difficoltà interpretative. Infatti, secondo il primo comma dell’art. l della legge, quest’ultima si applicherebbe alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni d’imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie. Pertanto, l’Autorità italiana, dopo aver constatato che un caso sottopostole non rientra nell’ambito di applicazione della legge, ne informa la Commissione delle Comunità europee, trasmettendole tutte le informazioni in suo possesso.Se ci si attenesse, quindi, ai due primi’ paragrafi, si potrebbe ritenere che la legge italiana non possa mai essere applicata a casi che rientrano nella competenza del diritto comunitario della concorrenza; tale limitazione del diritto italiano della concorrenza, come si è visto, non è richiesta dal diritto comunitario (salvo per le concentrazioni di dimensione comunitaria).Il terzo paragrafo dell’art. 1, tuttavia, sembra introdurre un’eccezione a questa limitazione, affermando che, per quanto riguarda i casi per i quali la Commissione delle Comunità europee ha gia iniziato una procedura, l’Autorità italiana deve sospendere l’istruttoria, «salvo per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale».Due interpretazioni sono possibili: che gli «aspetti di esclusiva rilevanza nazionale” si riferiscano soltanto a comportamenti che non sono suscettibili d’influenzare gli scambi tra Stati, oppure che si riferiscano anche a comportamenti che possono influenzare tali scambi e, di conseguenza, la legge italiana potrebbe applicarsi anche a comportamenti che rientrano nel diritto comunitario della concorrenza. In quest’ultimo caso potrebbe esservi un’applicazione parallela dei due ordinamenti della concorrenza, sempre con il rispetto del primato del diritto comunitario (salvo che per le concentrazioni di dimensione nazionale).Sara compito dell’Autorità scegliere tra queste due possibili interpretazioni.
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Thèses sur le sujet "Accordi di cooperazione amministrativa"

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D'ANGELO, FLAMINIA. « Tutela della concorrenza, autorganizzazione ed accordi di cooperazione tra pubbliche amministrazioni ». Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2015. http://hdl.handle.net/11385/200996.

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Résumé :
Principio di concorrenza e autonomia organizzativa dell'amministrazione nel mercato dei contratti pubblici. Autoproduzione di beni e servizi e cooperazione istituzionale tra pubbliche amministrazioni. La cooperazione contrattuale tra pubbliche amministrazioni. Profili teorici della cooperazione contrattuale amministrativa alla luce del diritto europeo.
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Paggi, Eleonora. « Acquis, integrazione differenziata, unita' dell'ordinamento dell'unione : verso nuovi modelli di integrazione in Europa ? Spunti di una riflessione teorica a valle dell'introduzione del c.d. pacchetto sul brevetto europeo con effetto unitario ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3426326.

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Résumé :
In the wake of the numerous institutional questions raised by the so-called Unitary Patent Package, the thesis aims to analyze the limits of the legitimate resort to differentiated integration techniques (or differentiation) within the EU legal order. In particular, the thesis focuses on the tools of enhanced cooperation, regulated by Article 20 TFEU, and international agreements concluded between Member States (the so-called inter se agreements) to exercise their shared competences. To these ends, the author defines the phenomenon of differentiated integration on the basis of Gaetano Arangio Ruiz's theory of legal pluralism and argues that it constitutes an essential feature of the European integration process. On the contrary, also in light of the enhanced role of the principle of subsidiarity in the Treaty of Lisbon, the thesis criticizes the legal doctrine maintaining the existence of the so-called principle of unity of EU law and the obligation of Member States to resort to EU legal instruments when they collectively exercise their shared competences. Finally, the thesis examines the limits imposed to differentiated integration by the structural features of EU law, as developed by the European Court of Justice throughout the process of self-constitution (in French, autoconstitution) of the European legal order. In particular, the analysis focuses on the principle of autonomy of the EU judicial system, as the necessary safeguard of the interindividual carachter of the EU legal order, and on the procedure of preliminary ruling as its keystone.
Prendendo spunto dalle questioni di natura istituzionale inerenti il legittimo esercizio delle tecniche di integrazione differenziata (o differenziazione) sollevate dal c.d. Pacchetto sul brevetto europeo con effetto unitario, la tesi affronta il tema dei limiti giuridici che l’ordinamento dell’Unione europea impone al fenomeno della differenziazione, con particolare riferimento agli istituti della cooperazione rafforzata, ex art. 20 TUE, ed allo strumento degli accordi internazionali inter se conclusi soltanto da alcuni Stati membri al fine di esercitare le competenze comunita rie non esclusive. A tal fine, l’analisi prende le mosse dalla nozione di integrazione differenziata, elaborata sulla bas e dei presupposti teorici accolti dalla dottrina pluralista, e ne evidenzia il carattere essenziale al processo di integrazione europea. Al contrario, anche alla luce del ruolo sempre più significativo riconosciuto dall’ordinamento comunitario al principio di sussidiarietà, l’analisi afferma l’insussistenza di un principio di c.d. unità dell’azione comunitaria ed esclude che possa argomentarsi la priorità giuridica degli strumenti comunitari su quelli internazionalistici nell’esercizio delle competenze non esclusive dell’UE. Infine l’elaborato si concentra sull’esame delle limitazioni imposte alla differenziazione dai principi strutturali inerenti il modo d’essere del diritto UE, così come sino ad ora effettivamente affermatosi ed autocostituitosi, concentrandosi sul ruolo necessario per la preservazione del carattere interindividuale dell’ordinamento rivestito dal principio di autonomia della tutela giurisdizionale comunitaria e, in quest’ottica, dall’istituto del rinvio pregiudiziale.
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3

MALANDRINO, ANNA. « La cooperazione tra pubbliche amministrazioni ed in particolare tra amministrazioni aggiudicatrici del settore sanitario nell'Unione europea ». Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2318/1559634.

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Résumé :
La tesi affronta il tema della cooperazione transnazionale tra amministrazioni pubbliche appartenenti a diversi Stati membri dell’Unione europea, analizzandone i principali aspetti problematici, l’evoluzione normativa e le esperienze applicative. La cooperazione amministrativa è presa in considerazione nella sua dimensione orizzontale, ossia tra apparati amministrativi degli Stati membri. Il focus è costituito dalla cooperazione transnazionale ai fini dell’aggiudicazione congiunta di appalti pubblici, e dunque dai modelli organizzativi utilizzabili a tal fine, con particolare riguardo agli appalti innovativi in materia sanitaria.
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Livres sur le sujet "Accordi di cooperazione amministrativa"

1

Damiani, Ernesto Sticchi. Attività amministrativa consensuale e accordi di programma : Ernesto Sticchi Damiani. Milano : Giuffrè, 1992.

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Fabrizio, Carradini, et Iorio Antonio, dir. Codice della cooperazione fiscale amministrativa : Norme internazionali e comunitarie per l'esecuzione di controlli fiscali in Italia e all'estero. Milano : Giuffrè, 1999.

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3

Lolli, Alessandro. L'amministrazione attraverso strumenti economici. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg240.

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Résumé :
L’amministrazione nell’esercizio di funzioni pubbliche ricerca efficienza e risparmi non solo riorganizzando la propria azione, ovvero esternalizzando tali funzioni, e cioè sostituendo un soggetto privato a se stessa per parti limitate dell’azione amministrativa, la quale ultima spesso resta comunque oggettivamente disciplinata dal diritto amministrativo. Più di recente, l’amministrazione persegue obiettivi di risparmio ed efficienza attraverso i privati anche valorizzando in modo più sistematico e ampio strumenti propri della vita economica e dei mercati per il perseguimento di interessi pubblici, in sostituzione (parziale) degli strumenti amministrativi tradizionali. Anziché esternalizzare funzioni pubbliche, si internalizzano in tal modo interessi pubblici (e i costi relativi) nell’ambito dell’attività privata e degli strumenti diffusi sul mercato. Tali strumenti sono conformati comunque dal diritto amministrativo e dall’intervento dell’amministrazione, per garantirne la funzionalità rispetto agli interessi pubblici, ma non fino al punto da snaturarne le caratteristiche economiche e di mercato e la relativa disciplina, in parte significativa privatistica. Essi trovano equilibri compatibili con l’interesse pubblico in modo più veloce, più flessibile, più informato e soprattutto – come dimostrano le analisi economiche – con costi significativamente minori per l’amministrazione rispetto a strumenti di tipo tradizionale. Si tratta di strumenti come lo scambio di titoli nei mercati artificiali (per ridurre l’inquinamento, fissando valori complessivi ammessi di emissioni e dei titoli corrispondenti), il rilascio di brand ambientali utili anche in una logica di vendita dei prodotti che ottengono tali brand (per riqualificare ambientalmente i processi produttivi), la stipulazione di accordi unilaterali da parte delle imprese, in una logica economica di miglioramento dell’immagine dell’impresa per ottenere più credibilità sia con i consumatori che con l’amministrazione, evitando così talora un’etero-regolamentazione amministrativa (per riqualificare l’attività delle imprese attraverso un coinvolgimento propositivo delle medesime). Alessandro Lolli è straordinario di Diritto amministrativo nell’Università di Bologna. Ha svolto attività di ricerca, tra l’altro, con riferimento alla delimitazione della categoria degli atti amministrativi e all’ambito di applicazione della disciplina prevista per tale categoria; con riferimento ai limiti soggettivi del giudicato amministrativo; con riferimento a ulteriori tematiche di diritto amministrativo generale e di diritto dell’economia.
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