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Articles de revues sur le sujet « Abuso della forma giuridica »

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1

Ingrassia, Raimondo. « Il whistle-blowing come strumento di controllo interno delle organizzazioni ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 2 (décembre 2009) : 40–70. http://dx.doi.org/10.3280/so2009-002003.

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Résumé :
- Uno di problemi che si pongono quando si parla di abusi dei colletti bianchi nel mondo del lavoro č quello di sottoporre al giudizio della collettivitŕ condotte discutibili sul piano etico, manageriale, professionale e giuridico delle quali perň č difficile avere conoscenza in quanto esse vengono consumate al riparo di organizzazioni legali e, spesso, poco permeabili alla societŕ. Una forma di controllo privilegiata per la qualitŕ delle informazioni che č in grado di fornire č la denuncia pubblica degli abusi del prestatore di lavoro legato all'organizzazione da un rapporto di dipendenza. La cultura anglosassone ha metaforicamente etichettato tale pratica con il termine di "whistleblowing", letteralmente "soffiare il fischietto", cioč dare un segnale di allarme per gli abusi osservati nel luogo di lavoro. Questo articolo intende offrire una rassegna sistematica dei principali temi esistenti in materia. Sono pertanto oggetto di trattazione i seguenti argomenti: le relazioni fra gli abusi dei colletti bianchi e le organizzazioni legali; le tipologie di abusi piů comuni; il profilo identitario di coloro che denunciano; i fattori oggettivi che influenzano le decisioni di denuncia; i rischi legati alle attivitŕ di denuncia; l'efficacia, la tutela giuridica e le policy del whistle blowing. La tesi conclusiva č che la denuncia pubblica degli abusi deve fare leva sulla responsabilitŕ personale e che il contesto organizzativo e istituzionale nei quali i prestatori di lavoro operano devono svolgere una funzione di incentivo e protezione dell'iniziativa individuale.
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2

Malacrea, Marinella, Francesco Felis, Marco Pagani et Isabel Fernandez. « Esperienze traumatiche e ricordi : implicazioni in campo clinico e legale ». QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no 50 (août 2022) : 132–65. http://dx.doi.org/10.3280/qpc50-2022oa14085.

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Résumé :
L'articolo ha l'obiettivo di fare il punto su quanto sappiamo sulla memoria traumatica e sull'eventuale possibilità di alterarla producendo "falsi ricordi", dal punto di vista sia della psicologia clinica che della psicologia giuridica. Negli ultimi anni ci sono state molte pubblicazioni e ricerche su come le esperienze traumatiche sono immagazzinate e codificate in memoria e sulle reazioni post-traumatiche che presentano le persone esposte a situazioni da stress estremo. Questo ha avuto un effetto importante nel campo della psicoterapia e del trattamento dei disturbi post-traumatici, contribuendo alla loro comprensione e dando strumenti utili per la loro risoluzione. Allo stesso tempo, negli anni '90 è nato un movimento opposto, chiamato "false memory syndrome", dove spesso gli psicoterapeuti venivano accusati di produrre falsi ricordi di abusi sessuali nei loro pazienti. Sotto accusa erano finiti metodi come l'ipnosi, le terapie di gruppo, le tecniche di immaginazione guidata o di interpretazione dei sogni: ma in generale sotto accusa era finita l'attività psicoterapeutica in ogni sua forma. Ad oggi il dibattito continua, sollevando dubbi specie sulle psicoterapie mirate alla risoluzione degli esiti post traumatici. L'articolo percorre i vari aspetti di questa diatriba e cerca di fare luce sulla comprensione degli aspetti clinici particolarmente complessi di situazioni traumatiche croniche, rispondendo agli autori che sostengono che la psicoterapia può creare falsi ricordi.
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Dzierżon, Ginter. « Troska Roty Rzymskiej o jedność jurysprudencji w Kościele ». Prawo Kanoniczne 42, no 1-2 (15 juin 1999) : 191–207. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1999.42.1-2.07.

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Résumé :
La norma contenuta nell’articolo 126 dela Costituzione Pastor Bonus forma un nuovo dato legislativo. Uno dei compiti istituzionali della Rota Romana e quello di promuovere l’unita della giurisprudenza nella Chiesa. L’interpretazione giurisprudenziale di questo Tribunale ha valore di riferimento per gli altri tribunali ecclesiatici. Quindi essa diviene autorita non soltanto morale, ma pripriamente giuridica, in quanto incide sulla interpretazione e sulla concreta applicazione della legge.
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Góralski, Wojciech. « Dyspensa od formy zawarcia małżeństwa w świetle nowego Kodeksu Prawa Kanonicznego ». Prawo Kanoniczne 31, no 1-2 (5 juin 1988) : 87–99. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1988.31.1-2.06.

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Résumé :
La nuova legislazione matrimoniale contenuta nel Codice di Diritto Canonico di Giovanni Paolo II determina la forma giuridica della celebrazione del matrimonio prevedendo in due casi la dispensa da concedere per l’ordinario del luogo (il pericolo di morte, i matrimoni misti) e in uno caso — per il vescovo dioecesano (la sanazione im radice). Dopo aver presentato le suddette possibilita della dispensa dalla forma matrimoniale l’autore commenta la riposta negativa della Pontificia Comimissione per Interpretare Autenticamente il Codice di Diritto Canonico del 14 maggio 1985 al dubbio riguardante la potesta del vescovo diocesano di dispensare dalia form a canonica della celebrazione del matrimonio dei due cattolici in virtu del can. 87 § 1.
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Magliacane, Alessia. « Forma della norma-stato e fatto del potere pastorale ». Revista da Faculdade de Direito UFPR 62, no 2 (31 août 2017) : 175. http://dx.doi.org/10.5380/rfdufpr.v62i2.52428.

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Résumé :
La complessità del soggetto (individuale e collettivo) è sottoposta nella fase detta postmoderna (Harvey, Jameson, Raymond) ad un aggressivo tentativo di riduzione che ha come strumento la norma-stato, che ha attraversato pressoché indenne le epoche storiche fino alla modernità borghese – capitalistica indagata da Habermas (nelle strutture discorsive), da Foucault (nella trasformazione del potere disciplinare e pastorale), da Deleuze (nella particolare struttura della ripetizione, erede della coazione freudiana), da Lacan (nella dialettica della repressione simbolico-normativa), da Butler (nella dialettica tra soggettivazione e assoggettamento) ma soprattutto nelle forme dell’immaginario letterario e cinematografico (di cui si fanno qui gli esempi di Lynch e McCarthy). L’autore tenta anche una netta distinzione tra la critica del diritto e l’analisi critica della forma normativa-giuridica, nella comparazione con altre esistenti forme normative quali quella strettamente simbolica (ad esempio nella morale sociale e nella famiglia) e quella istituzionale (ad esempio nelle forme di alienazione e di istituzione totale) alla luce delle più moderne teorie linguistiche, sistemiche, psicologiche e della complessità.
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Kałowski, Julian. « Ewolucja prawodawstwa kościelnego dotyczącego instytutów zakonnych o ślubach prostych ». Prawo Kanoniczne 34, no 3-4 (10 décembre 1991) : 75–103. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1991.34.3-4.04.

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Résumé :
L ’autore ha provato la tesi che gli istituti religiosi con i voti semplici, cioè tali che i loro membri facevano la professione semplice e non furono obbligati della legge di osservare la clausura papale, hanno avuto una ricca evoluzione giuridica. Tali istituti, partendo dal primo momento di esistere, fino alla piena approvazione formale, cioè al conferimento della personalità giuridica fatta dalla Santa Sede, hanno subito numerose limitazioni da parte della legislazione ecclesiastica. L’autore ha analizzato la costituzione Circa pastorialis di Pio V e Lubricum vitae genus che contenevano una normativa di grande importanza e l’influsso per la legislazione riguardante degli istituti religiosi con i voti semplici. L’autore ha sottolineato il fatto che documenti promulgati dal Pio V hanno ridotto la vita religiosa alla forma con i voti solenni ed obbligo della clausura papale. Dopo questi considerazioni l’autore ha messo in evidenza inefficacia delle norme emesse dal Pio V. E’ stato provato che la vita e la pratica usata delle autorità ecclesiali si furono mostrate più forti dei rigidi divieti di fondazione degli istituti religiosi con i voti semplici. E proprio tale tendenza si è manifestata, sotto la pressione delle circostanze e delle necessità (per esempio bisogno d’assistenza delle persane con le malattie mentali) e perciò l’autorità ecclesiali permettevano non solamente alla fondazione di numerosi istituti religiosi con i voti semplici, ma anche alla fondazione degli associazioni che imitavano lo stile di vita religiosa. L’autore ha considerato anche il problema della piena approvazione degli istituti religiosi con i voti semplici e il processo di ottenere della piena personalità giuridica. E’ stato provato che quel processo fu lungo e che si svilupava evolutivamente col passare del tempo. L’autore rivelato anche il fatto che il periodo del tempo più significativo per la stabilizzazione giuridica degli istituti religiosi di voti semplici ricadava a cavallo del XIX e XX secolo. Alla fine l’autore si occupava del diritto canonico riguardante l’argomento dal codice di diritto canonico del 1917 fine alla promulgazione del codice 1983.
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Triggiani, Ennio. « Il principio di solidarietà nell'Unione europea ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 170 (août 2021) : 235–55. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2021-170004.

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Résumé :
L'articolo analizza la progressiva e poliedrica qualificazione giuridica della solidarietà nel si-stema dell'Unione europea attraverso i diversi Trattati e, soprattutto, la Carta dei diritti fonda-mentali. L'analisi si sofferma sull'attuazione fortemente innovativa del principio, a partire dal Pilastro europeo dei diritti sociali, in primo luogo alla luce degli interventi adottati a seguito della crisi pandemica. Fra questi viene evidenziato il possibile significato politico dell'emissione di una prima forma di debito europeo con il Next Generation EU.
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Cavino, Massimo. « UNA CONCEZIONE SVALUTATIVA DELLA RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE : IL CONTRATTO DI GOVERNO ». Il Politico 251, no 2 (3 mars 2020) : 221–38. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.246.

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Résumé :
Durante la XVIII legislatura, i leader della maggioranza parlamentare italiana hanno accettato di formare un governo di coalizione attraverso il "Contratto per il governo del cambiamento". L'approvazione di questo documento ha rappresentato una novità significativa nella politica italiana e, di conseguenza, merita un'attenta considerazione. Il saggio si concentra sulla forma giuridica del "Contratto" e prende in considerazione i suoi effetti sul funzionamento del Parlamento e del Gabinetto italiano.
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Gałkowski, Tomasz. « Pobożny zapis i pobożna fundacja ». Prawo Kanoniczne 52, no 3-4 (10 décembre 2009) : 317–35. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.3-4.16.

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Résumé :
L’Autore nel suo articolo cerca di descrivere la pia volontà indipendentemente dalla definizione giuridica esistente nel Codice di Diritto Canonico. In esso la pia volontà viene definita attraverso la causa pia. La definizione lascia a parte dei motivi della pia volontà che provengono dalla fede e dalla devozione dell’offerente. In questo contesto l’Autore pone la domanda se è possibile fare la pia volontà da parte d’un incredente. La pia fondazione è una forma della pia volontà. Nell’articolo viene analizzata l’esistenza delle pie fondazioni ecclesiastiche nel diritto polacco statale.
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Strazzeri, Marcello. « La giuridificazione organizzativa dello stato sociale ». SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no 3 (février 2012) : 105–12. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-003009.

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Résumé :
La tendenza alla giuridificazione si colloca all'interno di un processo storico piů generale, della cui dinamica sociale ed istituzionale scandisce snodi essenziali. E tuttavia si puň propriamente parlare di giuridificazione quando tale tendenza assume, nelle societŕ moderne, una rilevanza tale da produrre una vera e propria proliferazione del diritto scritto. Correlativo e conseguente al processo di giuridificazione č l'ampliamento della sfera di attivitŕ, precedentemente regolata in modo informale, che viene assoggettata a normazione giuridica. La codificazione giuridica specialistica di stati di fatto globali interviene in una fase di ulteriore spinta del processo sotto forma di "coagulazione del diritto". Ispirandosi alla teoria dell'agire comunicativo, l'articolo esamina l'ascesa, l'affermarsi e il proliferare del processo di giuridificazione, con l'obiettivo di stabilire se e come tale tendenza abbia favorito l'emergere e il definirsi istituzionale di istanze del mondo vitale; se, inoltre, allo stato attuale del processo, queste istanze possano ancora essere promosse o non sia auspicabile un processo inverso di de-giuridificazione.
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Russo, Giuseppe. « Croce e il diritto : dalla ricerca della pura forma giuridica all'irrealtà delle leggi ». Diacronìa, no 1 (2020) : 141–64. http://dx.doi.org/10.12871/97888333940397.

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Grimaldi, Angelo. « La forma di governo nella Costituzione Romana del 1849 ». Misión Jurídica, no 20 (1 juillet 2021) : 174–96. http://dx.doi.org/10.25058/1794600x.1916.

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Résumé :
Dalla Costituzione romana del 1849 emerge una forma istituzionale “quasi dualistica” o “dualismo zoppo”. Si prevede una separazione dei poteri che però non rende possibile l’influenza ex post di un organo sulla funzione dell’altro, uno dei due organi costituzionali è claudicante: il Presidente collegiale della Repubblica, pur partecipando direttamente alla funzione legislativa, non può esercitare il veto sospensivo (accompagnato dalle osservazioni presidenziali), ma può soltanto, “senza ritardo”, promulgare la legge. L’Assemblea nomina il Presidente collegiale della Repubblica; i tre consoli non possono essere scelti fra i parlamentari, quindi si stabilisce la separazione dei due più importanti attori costituzionali. Il Presidente collegiale della Repubblica era a capo del Governo, ad esso spettava la nomina e la revoca dei ministri, quindi i ministri erano legati al Consolato da un rapporto “interno” di fiducia, ma tale rapporto di fiducia non poteva instaurarsi tra il Consolato-Governo e l’Assemblea. I due poteri, Legislativo e Capo dello Stato-Esecutivo, si costituiscono in due centri di autorità distinti, congegnati in un modo tale ed unico da potersi definire forma “quasi dualistica”. L’istituto della controfirma stabilisce il principio della “non responsabilità dei Consoli”, ma in che modo la Costituzione avrebbe garantito la irresponsabilità del Presidente (collegiale) della Repubblica se si afferma l’esatto contrario negli articoli 43, 44, 45 e 55? Risulta difficile immaginare un’evoluzione al parlamentarismo, cioè la responsabilità giuridica avrebbe aperto la strada alla responsabilità politica e, di conseguenza, al sistema parlamentare?
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Perilli, Luca. « Obiettivo : Istituzioni giudiziarie e magistrati italiani nel processo di allargamento dell'Unione europea ». QUESTIONE GIUSTIZIA, no 3 (juillet 2009) : 95–105. http://dx.doi.org/10.3280/qg2009-003009.

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Résumé :
- Nel corso degli ultimi cinque anni chi scrive ha avuto l'opportunitŕ di prendere parte a progetti internazionali di forma e natura eterogenee, gestiti o finanziati dalla Commissione europea o dal Consiglio d'Europa in diversi Paesi europei (e in Georgia), alcuni dei quali oggi fanno parte dell'Unione europea mentre altri stanno percorrendo il cammino verso l'accesso1. Questa esperienza mi consente oggi di formulare alcune considerazioni di ordine generale sugli sviluppi della dimensione giuridica europea e sul ruolo che in tale contesto puň svolgere la magistratura italiana
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Dammacco, Gaetano. « Riflessioni sul diritto di satira e i suoi limiti ». Studia z Prawa Wyznaniowego 23 (30 décembre 2020) : 101–21. http://dx.doi.org/10.31743/spw.10355.

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Résumé :
La satira è un paradigma estremo della libertà di espressione, ma esistono incertezze sulla sua definizione concettuale e sulla relativa disciplina giuridica. Lo sviluppo della comunicazione ha prodotto numerose figure letterarie simili tra loro come la cronaca (una registrazione impersonale e non interpretativa di fatti accaduti), la critica (analisi soggettiva e giudizio relativi a fatti accaduti) e la satira (critica sarcastica di personaggi, comportamenti, modi di fare individuali con scopo di denuncia sociale). Gli elementi che caratterizzano la satira, sviluppatisi nel corso dei secoli, sono sostanzialmente due: attenzione alle contraddizioni (della politica, della società, della religione, della cultura) e intento moralistico per promuovere un cambiamento sociale. La satira religiosa colpisce il potere ecclesiastico e le sue contraddizioni, ma colpisce anche i simboli religiosi e i contenuti delle religioni. Ne conseguono differenti conseguenze giuridiche. Quando colpisce il patrimonio di fede dei credenti essa non è accettabile. La satira religiosa genera una specie di conflitto tra differenti valori costituzionali, e cioè tra il diritto alla libera espressione del pensiero e il diritto alla reputazione e alla tutela del sentimento religioso. Il diritto di satira in generale è riconosciuto dagli ordinamenti giuridici (sia internazionali, sia nazionali) come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale, che deriva dalla libertà di espressione e di pensiero. Pensiero, coscienza e religione – per esempio nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – sono omologhi (come beni giuridici o valori etici). Pertanto pensiero, coscienza e religione non possono essere in contrapposizione tra loro. Notevoli incertezze esistono sulla disciplina giuridica del diritto di satira, che non può mai offendere i diritti fondamentali della persona, la sua dignità, la sua reputazione. La Carta di Nizza ha favorito un orientamento, che considera il diritto di libera espressione nella sua forma più ampia ed espansiva. È tuttavia sempre stato affermato il valore prevalente dei diritti umani fondamentali, che non possono essere offesi dall’esercizio del diritto di satira. Negli ordinamenti giuridici nazionali, la forza del diritto di satira consiste nel riconoscimento del suo rango costituzionale, ma anche nei limiti che deve avere. La giurisprudenza ha elaborato i vincoli “formali”, tra i quali i più importanti sono il limite della continenza e della funzionalità.
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Degrassi, Lidianna. « «Le industrie culturali e creative» : una formula fortunata, ma ancora in cerca di identità (giuridica) ». RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no 22 (novembre 2018) : 7–31. http://dx.doi.org/10.3280/dt2018-022001.

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Inquadrare concettualmente la formula «CCI - Industrie culturali e creative» è un'operazione di cui si è occupata principalmente la dottrina economica della cultura. Il presente contributo offre alla comunità scientifica alcuni spunti di riflessione da un punto di vista giuridico, in particolare in relazione al diritto dell'UE e al diritto interno. Ciò che rende la definizione un unicum nel panorama del diritto pubblico multilivello è la specificità del CCI, che, allo stesso tempo, indaga i profili di «cultura», «creatività» e di «industria/economia». Ciò acquista rilevanza anche nell'ordinamento giuridico italiano, perché la Costituzione repubblicana non conosce questa nozione, il che fa sì che gli studiosi ne diano un'interpretazione sistematica. Oltre a questo, avendo a che fare con una forma di stato regionale, occorre rendersi conto di come sono distribuite le competenze tra Stato e Regioni, a causa dell'eterogeneità del settore del CCI. L'incertezza della nozione di diritto costituzionale ha permesso al legislatore statale di introdurne una simile, ma non identica: quella di «imprese culturali e creative», su cui, nel paragrafo finale, questo lavoro cerca di riflettere in prima battuta
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Syryjczyk, Jerzy. « Powrót do przestępstwa w ujęciu prawa kanonicznego ». Prawo Kanoniczne 48, no 3-4 (10 décembre 2005) : 151–74. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2005.48.3-4.08.

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Larticolo tratta delle questioni riguardanti la recidiva giuridica alla luce e dei Codici di Diritto Canonico del 1917 e del 1983. Le norme di entrambi i Codici che regolano la punibilità dei pregiudicati appartengono ai sistemi molto liberali della punizione del ritorno a delinquere. Laumento facoltativo della pena riguarda propriamente quei rei nei quali si puo scorgere facilmente la pertinacia della cattiva volontà. Laumento della pena pero non puo avvenire automaticamente, condizionato solamente dalla condanna o dalla dichiarazione della pena. Il diritto canonico non conosce la cancellazione della condanna e la prescrizione della recidiva. Per questo motivo la recidiva non si verifica solo per il fatto del ritorno al delitto nel periodo del tempo stabilito dalla legge dopo la condanna (o la cessazione della pena). Tale condizione non è necessaria nel sistema canonico del diritto penale, perché la recidiva avviene quando esiste la pertinacia della cattiva volontà del reo, la quale non è legata strettamente alla scadenza del tempo previsto dalla legge penale. Se la recidiva avviene nelle condizioni stabilite dalla legge, il Codice del 1983 ne prevede alcune determinate conseguenze. Per questo possiamo parlare, in senso giuridico, di recidiva speciale, per distinguerla dalla recidiva generale che consiste in un qualsiasi ritorno a delinquere senza la possibilità di aggravare l’imputabilità penale. Tra gli elementi essenziali della recidiva il diritto canonico annoverava sempre la pertinacia, ossia la persistenza della cattiva volontà. Il fatto del ritorno al delitto definisce l’esistenza del cattivo proposito in forma accresciuta. Se pero il nuovo delitto viene commesso con colpa, la recidiva è esclusa.
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Cristina Gugliandolo, Maria, Valeria Verrastro et Francesca Liga. « Parenting invalidante e dipendenze tecnologiche : il ruolo del controllo psicologico genitoriale ». MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no 3 (décembre 2019) : 55–74. http://dx.doi.org/10.3280/mal2019-003005.

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Résumé :
Recenti studi hanno evidenziato come pratiche genitoriali disfunzionali (quali il controllo psicologico) si correlino con esiti maladattivi nei figli. L'obiettivo del presente studio è quello di indagare i meccanismi che sottendono l'insorgere di un uso dipendente delle nuo-ve tecnologie. 311 partecipanti, tra i 18 e i 26 anni, hanno compilato alcuni questionari. I risultati hanno evidenziato una relazione tra controllo psicologico genitoriale e dipendenza da Internet, da smartphone e da social network, attraverso la mediazione della suscettibilità al controllo. Questo studio contribuisce all'avanzamento della letteratura in merito alla com-binazione di fattori sociali e personali nell'eziologia delle nuove dipendenze e offre spunti alla riflessione sulla possibilità di considerare il controllo psicologico come una forma di abuso emotivo.
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Nowakowski, Bartosz. « Funkcjonowanie kan. 1107 KPK z 1983 r. w kanonicznym systemie małżeńskim ». Prawo Kanoniczne 52, no 1-2 (5 juin 2009) : 201–28. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.1-2.08.

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Résumé :
L’articolo riguarda la presunzione giuridica del can. 1107 del CIC quale svolge un ruolo importante nel campo di diritto matrimoniale, non soltanto per caso che funzionava nel Codice del 1917 e poi è stato introdotto nel Codice attuale, ma pertanto che può essere applicato per casi particolari dei matrimoni uniti. L’autore di articolo richiama l’attenzione che si può verificare la situazione quando nonostante che il consenso è stato manifestato, il matrimonio sarà invalido. La causa di questa situazione può essere l’esistenza dell’impedimento oppure la mancanza della forma canonica, sebbene il consenso esiste ma non è efficace. In questo caso si applica il can. 1107 CIC, quale presunta la durezza del consensus praestitus. Anzi, la presunzione esiste fino a quando non si possiede la certezza di richiamo del consenso. La manifestazione del consenso matrimoniale in questa situazione particolare, (quale sicuro nessuna l’autorità non può sostituire), produce due conseguenze: per primo le parti possono richiamare il suo consenso oppure per secondo essi possono fare sanatio in radice. Questa pratica dimostra la grande perseveranza del consenso matrimoniale prestato dalla parte di comunità della Chiesa cattolica.
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Fusar Poli, Elisabetta. « Oltraggi d’autore ». LawArt 1, no 1 (30 janvier 2020) : 140–80. http://dx.doi.org/10.17473/lawart-2020-1-6.

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Résumé :
Lo studio propone un’indagine in prospettiva storica intorno al dialogo multiforme fra arte e diritto, prendendo in considerazione l’arte come oggetto di diritto e, al contempo, come dispositivo di interrelazione, ovvero come diaframma materiale e concettuale fra cultura giuridica e cultura tout court. Entro questa prospettiva, è affrontata la questione della ‘vera arte’ nell’interpretazione del giurista, attraverso la giurisprudenza in tema di oltraggio al pudore, fra codice penale liberale e codice del 1930. La transizione fra i due testi normativi, che vedono la luce in contesti storici e culturali profondamente differenti, porta a un apparente affrancamento normativo dell’arte dalla morale, finché la libertà dell’arte troverà forma costituzionale. Il dissidio fra arte e morale, tuttavia, si mantiene vivo per il giurista, facendosi intrinseco alla possibilità di qualificare un’opera dell’ingegno quale opera d’arte.
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Loffi, Vittoria Costanza Alessandra. « La disciplina sull'aborto nei paesi del blocco BRICS in una prospettiva comparata ». La Nuova Giuridica 2, no 2 (19 janvier 2023) : 179–219. http://dx.doi.org/10.36253/lng-1989.

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Résumé :
L’obiettivo di questo elaborato è quello di fornire un’analisi sociale e giuridica delle discipline sulle interruzioni di gravidanza, sottolineando il ruolo giocato dai fenomeni storici del colonialismo e della determinazione per via rivoluzionaria di una forma di Stato socialista nel definire la posizione della donna all’interno della società. Tramite l’ottica del diritto comparato si vuole evidenziare la correlazione tra la forma di Stato dei paesi del blocco BRICS, la loro concezione di diritti riproduttivi e il ruolo dei movimenti femminili e femministi all’interno di ogni ordine sociale nell’aver imposto all’agenda politica del proprio paese il tema dei diritti riproduttivi. La nozione di forma di Stato attiene al rapporto tra libertà e autorità, pertanto vi risulta inclusa anche la peculiare relazione tra autorità e diritti riproduttivi. È per questo fondamentale sottolineare il ruolo dei movimenti femministi nella determinazione delle forme di Stato e nella conseguente delineazione dei propri diritti produttivi.The scope of this paper is to provide a social and legal analysis of abortion laws, emphasising the role played by the historical phenomena of colonialism and the determination by revolutionary means of a socialist form of State in defining the position of women within societies. Through the perspective of comparative law, the aim is to highlight the correlation between the form of state of the BRICS bloc countries, their conception of reproductive rights, and the role of women's and feminist movements within each social order in placing the issue of reproductive rights on the political agenda of their countries. The notion of the state form relates to the relationship between freedom and authority, so the peculiar relationship between authority and reproductive rights is also included. It is therefore crucial to emphasise the role of feminist movements in determining the forms of state and the consequent delineation of reproductive rights.
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Pantano, Fabio. « Il lavoro a distanza dopo la pandemia : problemi organizzativi e soluzioni giuridiche ». QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, no 113 (juillet 2022) : 167–82. http://dx.doi.org/10.3280/qua2021-113008.

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La diffusione "forzata" del lavoro a distanza durante la crisi pandemica ha consentito di sperimentare le principali problematiche organizzative che questa forma di lavoro solleva in relazione al benessere psico-fisico dei lavoratori, al loro rendimento e al loro senso di soddisfazione rispetto all'attività svolta. Gli studi di-sponibili evidenziano come una risoluzione razionale di questi problemi richiederebbe una modifica radicale dei modelli organizzativi, con un passaggio dai sistemi gestionali fondati sul controllo a una nuova impostazione incentrata sull'esaltazione della fiducia, dell'autonomia e della collaborazione. La cultura giuridica dimostra di trovarsi impreparata rispetto a questa prospettiva. In partico-lare, le scelte poste in essere dal legislatore si rivelano improntate a una visione tradizionale, fondata sull'idea che il lavoro sia quello svolto nell'impresa in senso fisi-co. In Italia, la legge n. 81/2017 rimette la definizione delle modalità di svolgimen-to del «lavoro agile» ad un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, tralasciando il ruolo che potrebbe essere svolto dalla contrattazione collettiva. Al contrario, nell'esperienza europea, proprio negli accordi sindacali dimostrano enormi potenzialità - benché ancora non del tutto esplorate - nell'adattamento dei problemi organizzativi del lavoro a distanza alle specificità dei diversi settori produttivi e delle singole aziende.
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Russo, Gianluca. « Un robusto apparato di segni. Quattrocento fiorentino e costruzione della sovranità. Rappresentazioni e linguaggi ». Italian Review of Legal History, no 8 (21 décembre 2022) : 39–77. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19250.

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Ispirato alle ricerche di Riccardo Fubini e alla sua proposta interpretativa e di metodo, originale e spesso alternativa al dibattito storiografico recente sui percorsi italiani alla statualità fra tardo Medioevo e prima età moderna, il saggio elegge il Quattrocento fiorentino a caso di studio e ne ripercorre il suggestivo itinerario di costruzione della sovranità, non tanto nel senso di prassi e concreto governo del territorio, quanto di una forma alta di legittimità del potere, capace di rendere Firenze sempre meno debitrice verso il riconoscimento delle due entità universali (sovrane per il Medioevo) di Chiesa e Impero. Prediligendo dunque il piano delle rappresentazioni e dell’elaborazione politico-giuridica, la sovranità di Firenze città dominante viene ripercorsa proponendo una rassegna dei suoi segni: tangibili, come ad esempio le celebri Pandette pisane, o carsici, come certe strategie penali in via di egemonizzazione gravitanti intorno al nesso maiestas/crimen laesae maiestatis. A itinerario tracciato sarà, forse, possibile domandarsi se – al di là del caso specifico – il tempo quattrocentesco abbia ancora molto da dire, ora che una singolare vicenda giudiziaria italiana oggetto di un recente studio parrebbe riesumare le antiche vestigia maiestatiche, quasi a segnare l’epifania di un potere sovrano postmoderno dai tratti inconsueti.
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Migliardi, Andrea, et Davide Revelli. « Demografia delle imprese nelle aree ad elevata intensitŕ di agglomerazione produttiva ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 3 (juillet 2012) : 499–525. http://dx.doi.org/10.3280/ed2011-003005.

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Questo lavoro si propone di analizzare l'evoluzione della demografia delle imprese italiane nelle aree ad elevata agglomerazione produttiva nel periodo 2000-08, di confrontarla con quella delle aziende insediate in aree non distrettuali, di esaminarne l'eterogeneitŕ intersettoriale e infrasettoriale, tenendo anche conto dell'impatto di fattori quali la forma giuridica, le dimensioni e la localizzazione geografica. Il lavoro si basa sull'utilizzo dei dati Infocamere-Movimprese e delle metodologie di individuazione dei distretti proposte da Sforzi e Iuzzolino. I nostri risultati mostrano che la nata-mortalitŕ netta delle imprese č peggiorata nel periodo considerato, per l'effetto congiunto di un piů alto tasso di uscita e di un piů basso tasso di entrata. La dinamica del saldo demografico netto č risultata peggiore nelle aree distrettuali rispetto a quelle non distrettuali, principalmente a causa del comportamento delle ditte individuali. In base all'analisi econometrica, la demografia netta risulta correlata statisticamente con la specializzazione produttiva delle imprese, mentre non emergono correlazioni significative con gli altri fattori considerati.
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Gambino, Silvio. « Sui militi alla revisione della costituzione nell'ordinamento italiano ». Revista de Direitos e Garantias Fundamentais, no 8 (30 octobre 2010) : 55. http://dx.doi.org/10.18759/rdgf.v0i8.26.

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L’analisi dei limiti (soprattutto materiali) alla revisione della Costituzione nell’ordinamento italiano, da sempre oggetto di studio da parte della dottrina costituzionale, di recente è stata oggetto di approfondimento con riguardo al testo di revisione costituzionale approvato da una maggioranza parlamentare (di destra) ma poi respinto dal corpo elettorale nel referendum costituzionale. Il quesito che, più in particolare, ha originato l’approfondimento riguardava la disponibilità o meno in capo al Parlamento del potere di revisione costituzionale che avesse ad oggetto uno sbilanciamento dei poteri a favore del Governo e soprattutto del Premier. Rispetto a tale questione contingente, l’analisi ha approfondito il tema per come esso si presenta nel quadro di un costituzionalismo rigido e giurisdizionalmente garantito. La letteratura giuridica, tuttavia, ha offerto nel corso degli ultimi sessanta anni una risposta di tipo evolutivo. Nel mentre fino agli anni ’70 ha assunto che nulla impedirebbe la revisione della Costituzione qualora siano rispettate le procedure rafforzate previste nell’art. 138 Cost. (approvazione con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e sottoposizione a referendum popolare qualora il testo di revisione non sia stato approvato nella seconda votazione con una maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna delle Camere), nella dottrina successiva agli anni ’80, anche sulla base del limite costituzionale secondo cui la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale (art. 139 Cost.), ha individuato l’esistenza, accanto al limite formale, di un limite materiale, costituito dal rispetto dei principi supremi e dei diritti fondamentali, benché l’individuazione puntuale di tali principi appare molto più complessa e talora anche problematica. La giurisprudenza costituzionale ha sempre confermato una simile lettura allorché ha individuato, con una giurisprudenza stabile nel tempo, i principi e i diritti fondamentali come limite al processo di integrazione europea e prima ancora con riguardo ai rapporti fra diritto costituzionale e diritto canonico.
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Colao, Floriana. « La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione ». Italian Review of Legal History, no 8 (21 décembre 2022) : 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Lambiase, Emiliano. « Pornografia online. Correlati neurologici, processi cognitivi e comportamentali di sviluppo e mantenimento ». MODELLI DELLA MENTE, no 1 (février 2020) : 7–33. http://dx.doi.org/10.3280/mdm1-2019oa9172.

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Ad oggi sono quasi inesistenti gli studi che hanno indagato in modo sistematico e scientificamente fondato l'eziologia della dipendenza sessuale. In modo molto generico ci sono alcuni studi che hanno trovato un'associazione con forme insicure di attaccamento (Zapf, Greiner, Carroll, 2008), oppure ci sono le ipotesi di Carnes (Carnes, 1983/1992, 1989, 1991) che la vedevano associata a delle convinzioni di base disfunzionali che riguardavano l'immagine di sé, i bisogni di base e la sessualità. Si riteneva che queste convinzioni di base fossero radicate nel sentimento della vergogna, nato all'interno di varie forme di abuso vissuto nell'infanzia. In passate pubblicazioni (Cantelmi e Lambiase, 2015) abbiamo presentato alcune ipotesi di "traiettorie eziologiche" che riguardano l'attaccamento, il funzionamento metacognitivo e la sessualizzazione culturale. In associazione a queste dinamiche, in tempi recenti, sono stati indagati con sempre maggiore approfondimento, due ambiti che riguardano soprattutto una forma di dipendenza sessuale, quella da pornografia online: le relazioni tra il comportamento sessuale e il funzionamento cognitivo e comportamentale, il rapporto tra l'uso e la dipendenza dalla pornografia e il funzionamento cerebrale. Dall'analisi di questi studi è emerso come forme di utilizzo patologico della pornografia online possono essere favorite sia da vulnerabilità e caratteristiche psicologiche, che da risposte di apprendimento condizionato caratteristiche del mezzo in sé, che possono agire sui meccanismi del cervello implicati nei processi di gratificazione, tipici delle altre forme di dipendenza da sostanze e da comportamenti
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Basso, Ingrid. « Kant nel dibattito filosofico e giuridico danese del primo Ottocento. » Estudos Kantianos [EK] 7, no 2 (14 janvier 2020) : 55–72. http://dx.doi.org/10.36311/2318-0501.2019.v7n2.05.p55.

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La cosiddetta disputa-Howitz che si accese a Copenaghen nella seconda metà degli anni Venti dell’Ottocento rappresentò il primo dibattito filosofico autenticamente danese occorso in Scandinavia nel XIX secolo. Il nome si deve al medico legale Frantz Gotthard Howitz (1789-1826) che nel 1824 pubblicò il trattato filosofico-giuridico Su follia e imputabilità. Un contributo alla Psicologia e al diritto, che fu pubblicato in forma di articolo nella Rivista giuridica diretta dal giurista e futuro primo ministro danese Anders Sandøe Ørsted (1778-1860), che nel 1798 aveva pubblicato un trattato sulla dottrina kantiana della libertà, opera considerata oggi il frutto più maturo del kantismo in Danimarca. Quale membro del Collegio di Sanità, Howitz doveva valutare l’imputabilità dei criminali. Nel suo testo egli accusò la giurisprudenza danese dell’epoca di essere fondata sul sistema kantiano della moralità; criticò dunque la concezione kantiana della libertà come capacità di determinare le proprie azioni sulla base di un fondamento puramente razionale. Secondo Howitz l’essere umano non è propriamente dotato di libertà in questo senso, poiché ogni azione umana è necessariamente determinata da un motivo che pesa più di altri e la cosiddetta razionalità altro non è che capacitas motivorum. La libertà dovrebbe essere intesa dalla giurisprudenza come capacitas motivorum, ovvero una libertà che non ha nulla a che vedere con la moralità. Howitz sostiene contro la visione morale kantiana che la stessa moralità nasce e si sviluppa sulla base dell’organizzazione cerebrale. Quando apparve, il trattato di Howitz suscitò immediatamente le reazioni critiche di figure di intellettuali di spicco quali lo stesso Anders Sandøe Ørsted, il teologo e futuro vescovo Jacob Peter Mynster, il drammaturgo e critico letterario Johan Ludvig Heiberg e il filosofo Frederik Christian Sibbern, futuro professore e mentore del giovane of Søren Kierkegaard. L’articolo mira a esplorare i fondamenti filosofici del dibattito e soprattutto il ruolo che ebbe in esso la filosofia morale di Kant. Recebido / Received: 4.9.2019.Aprovado / Approved: 28.10.2019.
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Ruppelt, Hans-Jürgen. « Competition Law and its Application in Germany ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 117–24. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345054.

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Abstract L’economia tedesca è sempre stata caratterizzata da una struttura molto concentrata, in cui le imprese facevano frequente ricorso ai cartelli. Alia fine dell’ultima guerra, gli alleati (ed in particolare gli Stati Uniti) hanno insistito perché la concentrazione fosse ridotta ed i cartelli fossero eliminati, introducendo cosi la libera concorrenza nell’economia.La legge ha introdotto un generale divieto di cartellizzazione, con alcune esenzioni legali che consentono specifiche intese.L’applicazione della legge attraverso un organismo indipendente, l’Ufficio Federale dei Cartelli, si è basata esclusivamente sugli aspetti concorrenziali, con esclusione quindi degli aspetti di «interesse pubblico». L’unica eccezione è costituita dal potere di autorizzazione di cartelli e concentrazioni da parte del Ministro, che tuttavia vi ha fatto ricorso molto raramente.Nell’ambito di applicazione della legge sono rientrate non soltanto le attività dirette a limitare la concorrenza da parte dei privati, ma anche le distorsioni del mercato prodotte da interventi pubblici, come regolamentazione, sussidi e protezionismo. Negli anni più recenti, in particolare, la politica della concorrenza si è ispirata all’idea di modificare l’equilibrio tra settore privato e settore pubblico, riducendo quest’ultimo mediante deregolamentazione e privatizzazione.La legge tedesca riguarda essenzialmente quattro gruppi di limitazioni della concorrenza: accordi orizzontali, restrizioni verticali, abuso del potere di mercato e concentrazioni.Gli accordi orizzontali sono proibiti e, di conseguenza, nulli. Coloro che vi abbiano preso parte sono passibili di una multa che può giungere fino ad un ammontare pari a tre volte il valore degli utili così conseguiti. Si tratta, peraltro, di un criterio di difficile applicazione, essendo molto ardua la determinazione dell’incremento di utili ottenuto con un accordo.Una lacuna del sistema era costituita dal fatto di escludere alcune forme di collusione che a stretto rigore non rientravano nella categoria degli «accordi». È stato necessario emendare la legge, includendovi esplicitamente le «azioni concertate».Un secondo problema riguarda l’inclusione o meno nel concetto di «restrizione della concorrenza” dell’obbligo per le parti dell’accordo di mettere in atto comportamenti contrari alla concorrenza. Secondo l’interpretazione degli organi giudiziari tale obbligo si deve presumere.Per quanto riguarda le deroghe, l’Ufficio Federale dei Cartelli tende ad essere alquanto rigido.Per gli «accordi verticali», la legge tedesca, in contrasto con l’art. 85 del Trattato CEE e con la legge italiana, introduce specifiche regole. Essi sono, in genere, legali, con la sola eccezione degli accordi per la determinazione del prezzo, che sono proibiti di per sé, a meno che non riguardino il settore dell’editoria.Gli interventi per accordi verticali sono stati poco frequenti e, a quanto sembra, nella maggior parte dei casi tali accordi non dovrebbero essere stati influenzati dalla legislazione sulla concorrenza.Per quanto riguarda l’abuso di potere di mercato, il vecchio adagio statunitense vale anche per la Germania: le dimensioni non danno luogo, di per sé, ad un pericolo. Analogamente, una posizione dominante, come tale, non può essere ritenuta dannosa, anche se è ampiamente diffusa l’opinione secondo cui non debba essere consentito l’abuso di posizione dominante.Sotto il profilo applicativo, peraltro, bisogna identificare due fondamentali presupposti: una «posizione dominante” e un «comportamento abusivo».Il controllo del comportamento abusivo persegue, sia in Germania che in Italia, due obiettivi: impedire alle imprese dominanti di stabilire prezzi troppo elevati, realizzando profitti monopolistici (abuso di prezzi), e proteggere la libertà di competere delle altre imprese (pratiche restrittive).Per quanto riguarda l’abuso di prezzi, l’esperienza tedesca non è stata molto incoraggiante, soprattutto per la ben nota difficoltà nella definizione del «giusto prezzo».Hanno avuto maggiore successo, invece, i procedimenti nei riguardi di pratiche restrittive. Anche in questo caso non e facile applicare la normativa concorrenziale, specie per quanto riguarda i casi «marginali», come i casi di collegamenti tra imprese che non sembrano evidenziare comportamenti anti-competitivi.L’introduzione della regolamentazione delle concentrazioni è avvenuta in Germania soprattutto per le difficoltà nel perseguire gli abusi di posizione dominante. Diversamente dalla legge italiana, il sistema tedesco non prevede un minimo fatturato nazionale, ma fa riferimento al valore del fatturato nel suo complesso, dovunque sia stato conseguito.Notevoli difficoltà potranno derivare dalla definizione del concetto di «controllo». Dal punto di vista pratico sembra conveniente combinare le caratteristiche di flessibilità e certezza giuridica con una definizione generale che specifichi il maggior numero possibile di fattispecie.Le caratteristiche più significative dell’attività di controllo delle concentrazioni svolta in Germania sono l’effetto sospensivo della notificazione che precede la concentrazione e un criterio strettamente concorrenziale. L’esperienza dimostra che è molto difficile far venir meno una concentrazione, una volta che sia stata effettuata. Per questo motivo si richiede che le concentrazioni che eccedono una determinata soglia siano comunicate in anticipo.Sebbene l’Ufficio Federale dei Cartelli abbia a disposizione quattro mesi per completare la sua investigazione, circa i tre quarti delle procedure sono completate entro quattro settimane.Vi è una netta distinzione di compiti tra l’Ufficio Federale dei Cartelli e il Ministro dell’Economia. Il primo si occupa degli aspetti strettamente inerenti alla concorrenza, senza tener conto degli altri benefici che possono derivare dalla concentrazione. Il Ministro, invece, per considerazioni d’interesse pubblico, può autorizzare una concentrazione che l’Ufficio Federale dei Cartelli aveva bloccato. Sino ad ora (dal 1973) soltanto sei autorizzazioni sono state concesse dal Ministro e non sembra che esse abbiano dato luogo ai risultati positivi che erano attesi.
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SCHERER, Katia Ragnini. « LA FUNZIONE DEL DIRITTO IN RELAZIONE AI RISCHI CLIMATICI ». Revista Juridica 1, no 58 (7 avril 2020) : 116. http://dx.doi.org/10.21902/revistajur.2316-753x.v1i58.3826.

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RIASSUNTO Obbiettivo: Questo articolo consiste nell’analizzare in modo riflessivo le possibilità di studio del diritto in relazione ad una gestione dinamica della legge, il cui orizzonte è la costruzione di un futuro resiliente.Tenendo conto del contesto giuridico brasiliano, sono pertanto oggetto di riflessione tre argomenti: il primo si riferisce alla forma di giudizio, da parte del Diritto ,dei disastri climatici; il secondo riguarda il trattamento dato ai disastri climatici nel quadro giuridico brasiliano e l’ultimo tratta, invece, le possibilità di sviluppare resilienza in relazione ai primi due temi. Metodologia: Il metodo di approccio scelto come supporto alla ricerca è quello dell’analisi funzionale, inteso come metodo comparativo, in cui la sua introduzione nella realtà ha la funzione di analizzare qualcosa che già esiste attraverso altre possibili considerazioni. Quindi, in questa maniera, si può fare riferimento all’oggetto come punto di vista del problema al fine di poter osservare altre soluzioni. Pertanto, la spiegazione funzionale non è altro che l’espansione del tutto a una limitazione specifica degli equivalenti funzionali. Risultati: Considerando l’oggetto dell’analisi, i risultati puntano verso una necessaria assimilazione della denominazione ‘rischio climatico’ da parte della gestione legale delle catastrofi , oltre ad indicare la possibilità di introduzione di servizi ecositemici come strumenti legali nel Diritto i quali concretizzeranno la matrice strutturante, inaugurata dall’attuale politica pubblica brasiliana di protezione e difesa civile, che è la prevenzione. Contributi: Il principale apporto di questo studio si riferisce alla differenziazione funzionale degli strumenti giuridici già esistenti nella legislazione brasiliana al fine di garantire l'efficacia delle politiche pubbliche per la produzione e il recupero dei servizi ecosistemici, come uno dei pilastri della resilienza legale per la gestione giuridica dei rischi di catastrofi dovute a cambiamenti climatici, che sono sempre più numerosi, intensi e gravi. Parole-chiave: Rischi climatici; Gestione del diritto; Servizi ecosistemici; Resilienza; Teoria dei sistemi. RESUMO Objetivo:Este artigo consiste em analisar reflexivamente as possibilidades de observação do Direito em relação a uma gestão dinâmica pelo Direito, cujo horizonte é a construção de um futuro resiliente. Assim são objeto de reflexão três argumentos levando em conta o contexto jurídico brasileiro: o primeiro se refere à forma de observação dos desastres climáticos pelo Direito; o segundo refere-se ao tratamento dado aos desastres no marco legal brasileiro e o último investiga as possibilidades de construção de resiliência em relação aos mesmos. Metodologia: O método de abordagem escolhido para a sustentação da investigação é o da análise funcional, compreendido como um método comparativo, em que sua introdução na realidade possui a função de olhar algo que já existe com outras possibilidades de observação. Assim, por tal método, se remete o objeto a um ponto de vista do problema para observar outras soluções. Portanto, a explicação funcional não é outra coisa senão a expansão do todo para uma limitação em concreto das equivalentes funcionais. Resultados: Considerando o objeto de análise, os resultados apontam para a necessária assimilação da nova denominação “ risco climático” à gestão jurídica de desastres, assim como aponta os serviços ecossistêmicos como possibilidade de introdução no Direito de instrumentos legais que irão concretizar a matriz estruturante inaugurada pela atual política pública brasileira de proteção e defesa civil que é a prevenção. Contribuições: A principal contribuição deste estudo se refere à diferenciação funcional de instrumentos jurídicos já existentes na legislação brasileira com a finalidade de garantia da efetivação de políticas públicas de produção e recuperação de serviços ecossistêmicos, como um dos pilares de resiliência jurídica para a gestão jurídica de riscos de desastres advindos das mudanças climáticas, cada vez mais numerosos, intensos e severos. Palavras-chave: Riscos climáticos; Gestão pelo Direito; Serviços ecossistêmicos; Resiliência; Teoria dos Sistemas.
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Silva, José Afonso da. « OS SERVIDORES PÚBLICOS MUNICIPAIS ». Revista de Direito Administrativo e Infraestrutura - RDAI 4, no 13 (1 octobre 2020) : 391–414. http://dx.doi.org/10.48143/rdai/13.jas.

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I. Organização do funcionalismo municipal1. A Autonomia dos Municípios e a organização de seu funcionalismo — A Constituição Federal assegura, aos Municípios, a autonomia de autogoverno (art. 15. n. l) e de autoadministração (art. 15, n. II). Esta caracteriza-se pela organização própria, no que concerne a seu peculiar interesse. incluindo- se a autonomia financeira (art. 15. n. n. "a") e a autonomia administrativa, consubstanciada na capacidade para organizar os serviços públicos locais (art. 15, n. II, "b").2. Organização dos serviços públicos locais — A autonomia para organização dos serviços públicos locais. Reconhecida aos Municípios, envolve sua competência para a prestação dos serviços públicos e de utilidade pública predominantemente locais, em benefício de sua comunidade, para o que necessita de meios institucionais ordenados no sentido do cumprimento daquelas finalidades. Esses meios institucionais dizem respeito a estruturação administrativa do governo municipal, especialmente da Prefeitura, bem assim a organização do quadro de seu pessoal. Quer isso dizer que ao Município cabe organizar seu funcionalismo, na forma que melhor atenda aos interesses do serviço local. tratando-se, pois, de matéria incluída no seu peculiar interesse, sendo assim, de sua competência privativa.II. Regime jurídico dos servidores municipais3. Fundamento legal —O regime jurídico dos servidores municipais há que ser instituído em lei do Município, pois se trata de matéria sujeita ao princípio da legalidade. É matéria reservada à lei, em sentido técnico-formal de normas fixadas pelo órgão legislativo que, no âmbito municipal, é a Câmara Municipal, com a colaboração do Prefeito, mediante sanção. A lei que institui o regime jurídico dos servidores municipais denomina-se Estatuto dos Servidores Públicos do Município, ou Estatuto dos Funcionários Públicos do Município, se abranger apenas o regime dos funcionários municipais, conforme a distinção que adiante se fará.4. Servidores municipais — Cumpre, agora, estabelecer alguns conceitos, para distinguir as várias categorias do pessoal que exerce atividade no governo e na administração municipal.Todos aqueles que prestam serviço ao Poder Público municipal ou realizam atividades da alçada deste podem ser designados agentes públicos municipais ou locais. Como pessoa jurídica que é, o Município só pode operar por meio de órgãos, que são, assim, o instrumento ou meio de ação pelo qual o Município se coloca em condições de querer, de atuar e de relacionar-se com outros sujeitos de direito. Manifesta-se corno um centro de competências delimitado por normas legais. No órgão, distinguem-se dois elementos: a) um, subjetivo, pessoal e variável, que é a pessoa ou conjunto de pessoas que, de fato, expressam a vontade do Município: b) outro, objetivo, abstrato, institucional e contínuo, que é o cargo público, ou seja, o complexo de atribuições, competências e poderes que individualizam o órgão dentro da estrutura municipal. O órgão é. assim, uma unidade jurídica que compreende seu titular (elemento subjetivo) como suas competências, suas atribuições e seus meios técnicos, informativos, coativos, etc., que caracterizam o cargo (elemento objetivo) (cf. "La Estructura del Estado", págs. 9-10, Bosch, Casa Editorial. Barcelona, 1958, obra de um grupo de professores da Universidade de Barcelona, adaptado o texto para o âmbito municipal).O elemento subjetivo do órgão público — o titular — denomina-se genericamente agente público, que adquire a qualidade de titular exatamente pela investidura no cargo (elemento objetivo). Dada a diferença de natureza das competências e atribuições cometidas aos agentes públicos, podem eles ser classificados em três grandes grupos: a) agentes políticos, titulares dos cargos que compõem a estrutura fundamental do governo municipal: Prefeito e seus auxiliares imediatos. e os vereadores; b) servidores públicos municipais, titulares de cargo, função ou emprego municipal, compreendendo-se debaixo desta denominação todos aqueles que mantêm com o Poder Público local relação de trabalho, não eventual. sob vínculo de dependência, caracterizando-se, assim, pela profissionalidade e relação de dependência (subordinação hierárquica); c) particulares em colaboração com a Administração, prestadores de serviço público, sem vínculo de emprego e de dependência, como os locadores de serviço, os concessionários. os permissionários ou delegados de função, os credenciados nos casos permitidos em lei (decreto-lei n. 200. de 25.2.1967, art. 111, e seu Regulamento, decreto n. 66.715, de 15.6.1970) (sobre o assunto, cf. Celso Antônio Bandeira de Mello, "Apontamentos sobre os Agentes Públicos", págs. 3 a 6, Editora Revista dos Tribunais, São Paulo, 1970).Servidor público municipal é, ainda, expressão genérica, que comporta subclassificação. Abrange todo o pessoal administrativo, que presta serviço na Administração Pública municipal, centralizada ou autárquica. mediante retribuição pecuniária e sujeito a estatuto próprio.São espécies de servidor público: a) o funcionário público, que compreende o pessoal pertencente ao quadro permanente e fixo da administração municipal centralizada; pode definir-se o funcionário público como a pessoa legalmente investida em cargo público, que percebe dos cofres públicos vencimentos ou remuneração pelos serviços prestados, ou, ainda, pessoa a quem se cometem as atribuições e responsabilidades de um cargo público; b) extranumerários (não mais admissíveis nos termos da Constituição, mas ainda remanescentes do regime anterior), constituídos do pessoal extraquadros. admitidos para o exercício de função; c) servidores autárquicos, compreendendo o pessoal não contratado pela legislação trabalhista que exerce cargo ou função nas autarquias, sob regime próprio; d) empregados públicos, os que prestam serviço na administração pública centralizada ou autárquica sob o regime da legislação trabalhista; e) servidores em regime especial, admitidos em serviço de caráter temporário ou contratado para funções de natureza técnica especializada. nos termos do art. 106 da Constituição Federal, ainda dependente de regulamentação legal. Ao lado desses, pode-se ainda falar em empregados paraestatais, contratados pela legislação trabalhista para prestar serviço nas entidades paraestatais (empresa pública e sociedade de economia mista), mas que não têm rigorosamente a natureza de servidores públicos, uma vez que tais entidades são consideradas de direito privado. 5. Conteúdo do estatuto — Em regra, o estatuto que institui o regime jurídico dos funcionários municipais só contém regras relativas aos funcionários públicos do Município, tomada essa expressão no sentido estrito definido no tópico anterior. Se, porém, contiver normas sobre outras categorias, o que não é aconselhável, será designado como Estatuto dos Servidores Municipais. A matéria que constituirá o conteúdo do estatuto limitar-se-á às seguintes questões: a) disposições preliminares, compreendendo os dispositivos que definem os conceitos de funcionário, cargo público, quadro, classe, carreira etc.; b) disposições referentes ao cargo, seu provimento e sua vacância, desdobradas em capítulos, seção, etc.; c) disposições relativas aos direitos dos funcionários, aposentadoria, férias, licenças. Vencimentos e outras vantagens pecuniárias, etc.; d) disposições sobre os deveres e responsabilidades dos funcionários; e) disposições sobre infrações funcionais e respectivas penalidades; f) disposições sobre o processo administrativo, visando à apuração de infrações funcionais e aplicação da penalidade cabível, bem como sobre sua revisão; g) disposições finais, onde se incluem aqueles dispositivos especiais ou gerais, que não cabem em outra parte do Estatuto; h) disposições transitórias, onde se inscrevem normas destinadas a reger situações de transição entre o regime anterior e o regime estatuído. 6. Limites constitucionais à competência municipal — Dissemos que cabe ao Município estabelecer o regime jurídico de seus servidores. Mas não o pode fazer com inteira liberdade, pois há que obedecer os dispositivos da Constituição Federal, que contêm os princípios relativos aos funcionários públicos e que são aplicáveis às municipalidades. Tais princípios estão inscritos nos arts. 97 a 111 da Constituição da República, com a redação da Emenda Constitucional n. 1, de 17.1 0.1969, dizem respeito à acessibilidade de todos os brasileiros (natos ou naturalizados) aos cargos públicos, à exigência de concurso público de provas ou de provas e títulos para a primeira investidura em cargo público, que não seja de provimento em comissão, ao princípio da paridade de vencimentos dos cargos do Poder Legislativo (Câmara Municipal) e do Poder Executivo (Prefeitura), à vedação de acumulações remuneradas, salvo exceções previstas no próprio texto constitucional. ao direito de estabilidade do funcionário nomeado por concurso, após dois anos de exercício. ao direito à aposentadoria por invalidez, ao completar 70 anos de idade, ou voluntária, com 35 anos de serviço (homens) ou 30 (mulheres), com proventos integrais neste caso, e no de invalidez em razão de acidentes ou certas doenças graves, contagiosas e incuráveis. etc., e proventos proporcionais nas outras hipóteses, à garantia de processo administrativo para a demissão. assegurada ampla defesa do indiciado. etc. III.Cargo, função e emprego público7. Correlação com as categorias de servidor — Vimos anteriormente que se distinguem, no conceito de servidor público, as categorias de funcionário público, servidor extranumerário, servido autárquico, empregado público e servidores em regime especial. Deixando de parte· o servidor autárquico, que pode ocupar cargo ou função em autarquia com quadro e regime próprios, as demais categorias podem vincular-se à administração direta e correlacionam-se com os conceitos de cargo público, função pública e emprego público.Efetivamente, funcionário público, em sentido estrito, é o ocupante de cargo público, enquanto a função é exercida por servidor extranumerário ou servidor em regime especial. A diferença fundamental encontra-se no fato de que o cargo integra a estrutura permanente da burocracia, preexiste a seu titular e pode existir sem este, ao passo que a função somente existe em razão de seu titular, constitui-se com ele. O mesmo se pode afirmar relativamente ao emprego, que se caracteriza com a contratação de alguém.O estatuto deve cuidar apenas dos funcionários públicos, não se incluindo em seu objeto referência às funções e aos empregos. Por isso, apenas menciona os cargos públicos e os problemas a eles relativos. razão por que somente deles trataremos a seguir.8. Conceito de cargo público — Ao examinarmos o conceito de órgão, verificamos que este é um centro de competência delimitado pelo Direito ou por lei. Esse conceito aplica-se também ao cargo público, que é a mais simples unidade de poderes e deveres estatais (União, Estados e Municípios). Poderíamos, pois, definir o cargo público como um centro unitário e indivisível de atribuições estabelecido em lei. Mas os cargos são designados por nome próprio, pelo que se costuma incluir em sua definição essa característica. Celso Antônio Bandeira de Mello, a propósito, ensina: "Cargo é a denominação dada à mais simples unidade de poderes e deveres estatais a serem expressos por um agente. É, pois. um complexo (ou um ponto. ou um termo) unitário e indivisível de competências. criado por lei, com número certo e designação própria, concernente a funções da organização central do Estado. Pode-se definir os cargos como as mais simples e indivisíveis unidades abstratas criadas por lei, com denominação própria e número certo, que sintetizam um centro de competências públicas da alçada da organização central a serem exercidas por um agente. Esta é a definição que nos parece adequada. À moda da definição legal encarecem-se, “número certo, designação própria", a fim de caracterizar a individualidade dos cargos. Menciona-se o requisito da criação por lei, dado que só o Legislativo tem poderes para criá-los, falecendo ao Executivo esta possibilidade. Acentua-se o seu caráter de unidade abstrata mais simples e indivisível de competências, a fim de distingui-los dos órgãos, que também são unidades abstratas de competências, mas que possuem dentro de si outras unidades: justamente os cargos" (ob. cit., pág. 9). Nesse final é que se encontra divergência de posição entre nosso ponto-de-vista e o desse ilustre publicista, porque aceitamos uma doutrina do órgão, que inclui o cargo público em seu conceito, sendo este o órgão primário mais simples. No mais, há coincidência de opinião.Hely Lopes Meirelles, diferençando o cargo da função, preleciona: "Cargo público é o lugar instituído na organização do funcionalismo, com denominação própria, atribuições especificas e estipêndio correspondente, para ser provido e exercido por um titular, na forma estabelecida em lei. Função é a atribuição ou o conjunto de atribuições que a Administração confere a cada categoria profissional. ou comete individualmente a determinados servidores, para a execução de serviços eventuais."Todo cargo - acrescenta o ínclito administrativista e municipalista – tem função, mas pode haver função se cargo. As funções do cargo são definitivas; as funções autônomas são, por índole, provisórias, dada a transitoriedade do serviço a que visam atender. Daí por que as funções permanentes da Administração devem ser desempenhadas pelos titulares de cargos e as transitórias por servidores designados ou contratados precariamente" (cf. "Direito Administrativo Brasileiro", pág. 355, 2ª ed. Revista dos Tribunais, São Paulo, 1966).O conceito legal de cargo público, nos vários estatutos existentes, nem sempre tem sido preciso. O art. 2º do Estatuto dos Funcionários Públicos Civis da União, por exemplo, declara: "Cargo público é o criado por lei, com denominação própria, em número certo e pago pelos cofres da União", destacando apenas suas características externas, sem menção a seus elementos intrínsecos. Mas o Estatuto dos Funcionários da Guanabara dá urna conceituação de cargo, que concilia as exigências doutrinárias com os requisitos legais extrínsecos, pelo que nos parece aceitável. De fato, declara no art. 3º, §1º: "Cargo é a designação do conjunto de atribuições e responsabilidades cometidas a um funcionário, identificando-se pelas características de criação por lei, denominação própria, número certo e pagamento pelos cofres do Estado." Verdade que ainda incide no defeito de definir o cargo como atribuições e responsabilidades cometidas a um funcionário, pelo que incorre numa espécie de círculo vicioso, porquanto, no mesmo art. 3.º. "caput", definira o funcionário público como "a pessoa legalmente investida em cargo público, que percebe dos cofres estaduais vencin1entos ou remuneração pelos serviços prestados." Mas isso não tem maior importância, desde que aquele acréscimo, "cometidas a um funcionário”, é absolutamente dispensável no conceito do cargo. Basta dizer que é um conjunto ou um centro de atribuições, deveres e responsabilidades, criado em lei, com denominação própria, número certo e estipendiado pelos cofres municipais, para caracterizar o essencial dos cargos da organização do Município. 9. Classificação dos cargos públicos — Uma administração bem estruturada deverá estabelecer um plano de classificação de cargos, em que se definam, com precisão, as respectivas atribuições, descrevendo-as em seus aspectos fundamentais, estabeleçam as responsabilidades e deveres a eles inerentes, bem como seu padrão de vencimento e demais situações que os caracterizem com rigor.Podem ser isolados ou de carreira. São de carreira os que se integram em séries de classes da mesma profissão ou atividades, escalonadas segundo a maior complexidade de atribuições e padrão de vencimento. Cada classe de uma carreira constitui um agrupamento de cargos ela mesma denominação e com iguais atribuições e responsabilidade. ou, simplesmente, "o conjunto de cargos da mesma denominação e padrão de vencimento". Na verdade, os estatutos não são muito técnicos ao definir as Classes, especialmente ao falar em mesma denominação, pois isso não caracteriza só a ela, mas a todos os cargos de uma carreira. O que distingue uma classe da outra, em um sistema de rigorosa classificação de cargos, é a maior complexidade das atribuições e responsabilidades dos que as integram de baixo para cima.São isolados os cargos que não foram organizados em uma série de classes de uma carreira. Quase sempre correspondem a determinada função, em pequeno número, impedindo sejam estruturados em carreira, por não ser a profissão ou serviço que os caracteriza suscetível de maiores desmembramentos que possibilitem o escalonamento das atribuições por várias classes. 10. Provimento dos cargos públicos — Provimento é o procedimento mediante o qual se atribui o cargo público a um titular. É. como disse Celso Antônio Bandeira de Mello, a designação de uma pessoa para titularizar um cargo público (ob. cit. pág. 14). O provimento dos cargos da Prefeitura compete exclusivamente ao Prefeito. Far-se-á por decreto ou por portaria, conforme dispuser a lei orgânica dos Municípios. É nulo o provimento de cargo feito por lei (cf. Hely Lopes Meirelles. ob. cit., pág. 359).Quanto ao provimento. os cargos públicos podem ser:a) de provimento efetivo, que é aquele que, segundo a lei, deve ser preenchido em caráter definitivo, referindo-se essa característica à titularidade do cargo, para indicar que aquele que nele for investido o será com caráter de fixidez, isto é. como seu titular definitivo, em princípio, pois isso não impede remoção e transferência;b) de provimento em comissão, que é o que, segundo a lei. será ocupado em caráter transitório, querendo isso dizer que seu ocupante não é o titular definitivo do cargo, mas nele permanecerá apenas enquanto bem servir ou enquanto merecer a confiança da autoridade que o indicou ou nomeou: em geral, pertencem à alta administração, como os de direção;c) de provimento vitalício, não existindo no âmbito municipal, salvo naqueles Municípios que possuem Tribunal de Contas próprio, pois, hoje, a vitaliciedade é reservada à magistratura e aos membros dos Tribunais de Contas. 11. Formas ele provimento elos cargos públicos — "Formas de provimento são as diferentes maneiras de se preencherem os cargos e podem ser classificadas do seguinte modo": A) Provimento inicial ou originário — É a modalidade de provimento em que o preenchimento do cargo se faz de modo autônomo, isto é, independentemente de anteriores relações entre o provido no cargo e o serviço público, segundo a lição de Celso Antônio Bandeira de Mello (ob. cit. pág. 14). Convém, entretanto, esclarecer que o provimento inicial se verifica sempre que o preenchimento do cargo não dependa ou não esteja vinculado a uma situação funcional já existente. Esse esclarecimento é necessário, porque também se considerará inicial o provimento, quando um funcionário é nomeado para outro cargo isolado ou de carreira de natureza profissional diversa do que vinha ocupando, após concurso público. Por exemplo, um escriturário, que seja bacharel em Direito e concorra em concurso para provimento de cargo de advogado e é habilitado, será nomeado, e isso caracteriza provimento inicial, porque o provimento no novo cargo nada tem a ver com sua situação funcional, não tem qualquer vinculação com o exercício do cargo que ocupava. O provimento inicial ou originário é o que a Constituição Federal denomina primeira investidura em cargo público (art. 97, § 1º). Nomeação e a forma de provimento inicial, autônoma e originária de alguém em cargo público. É a única forma provimento inicial; caracteriza a primeira investidura em cargo público de que fala o art. 97, § 1º da Constituição Federal.A nomeação, na Administração municipal, será feita:a) em caráter efetivo, quando se tratar de cargo que a lei defina como de provimento efetivo, sendo dessa natureza todos os cargos de carreira e os isolados que não sejam declarados em lei de livre nomeação e exoneração; b) em comissão, quando se tratar de cargos que a lei declare de livre nomeação e exoneração (Constituição Federal art. 97, § 2º).Concurso — A nomeação para carago público depende de aprovação prévia em concurso público de provas ou de provas e títulos (Constituição Federal, art. 97, § 1º). Prescindirá de concurso a nomeação para cargos em comissão, declarados em lei de livre nomeação e exoneração: é que tais cargos são providos por pessoa de confiança do nomeante e por serem de provimento provisório, no sentido de que seu titular não se tornará seu ocupante definitivo, não há razão para se exigir concurso, sendo mesmo incompatível com a natureza do provimento em confiança.Significa, pois, dizer que toda nomeação em caráter efetivo só poderá recair em candidato aprovado previamente em concurso público ele prova ou de prova e título. Não basta, porém, a aprovarão prévia. É necessário. ainda, obedecer à ordem de classificação dos aprovados. sob pena de invalidade da nomeação.O estatuto dos funcionários municipais deverá estabelecer as regras fundamentais do concurso, que há de ser público, isto é, aberto a qualquer interessado que preencha as condições e requisitos legais para concorrer e ser provido no cargo em questão. Não cabe ao Estatuto definir quais os cargos para cujo provimento se exija apenas concurso de provas, ou de provas e títulos. A lei criadora dos cargos é que estabelece a natureza do cargo, e daí a exigência de título ou não para seu provimento. Em geral, faz-se concurso de prova e títulos para os cargos que devam ser providos por portadores de diplomas ou certificados de cursos especializados.Os pormenores sobre os concursos devem ser previstos em regulamento, e instruções especiais de cada um, conforme a natureza do cargo a ser provido. Tudo, é claro, em consonância com as regras básicas inseridas no Estatuto.Estágio probatório — Estágio probatório é o período de tempo, fixado no Estatuto, durante o qual são apurados os requisitos necessários à confirmação do funcionário nomeado para cargo efetivo. Nesse período de experiência, o funcionário ficará em observação, devendo provar as seguintes qualidades: idoneidade moral. assiduidade, disciplina, eficiência. Se tais requisitos não forem preenchidos em conjunto, isto é, se qualquer deles não for verificado. O funcionário poderá ser exonerado. O estágio probatório tem sido fixado ora para um ano, ora para dois anos. Melhor será adotar o período de dois anos, em harmonia com o disposto no art. 100 da Constituição Federal, que estabelece que serão estáveis, após dois anos de exercício, os funcionários nomeados por concurso. B) Provimento derivado — "É a forma de provimento em que o preenchimento do cargo se liga a uma anterior relação existente entre o provido e o serviço público. Como o próprio nome declara, é derivado, pois deriva, procede, de um vínculo anterior, ao contrário do provimento inicial, em que o preenchimento é originário, sem derivação alguma" (cf. Celso Antônio Bandeira de Mello, ob. cit., págs. 15 a 18, cujos ensinamentos resumiremos a seguir). São modalidades de provimento derivado: a) a derivação horizontal; b) a derivação vertical; c) a derivação por reingresso. a) Derivação horizontal — Consiste na passagem do funcionário de um cargo para outro. É a transferência prevista nos vários estatutos, e que se define como a forma de provimento derivado consistente na mudança do funcionário de um para outro cargo de mesmo nível de vencimento ou remuneração. A transferência pode dar-se a pedido do funcionário, ou de ofício, isto é, por deliberação da Administração. A transferência, quando implica troca de cargos entre dois funcionários, a pedido deles, denomina-se permuta. Por meio dela é que se procede à readaptação de funcionário, isto é, a passagem deste para um cargo mais compatível com suas aptidões profissionais ou capacidade físico-mental. Finalmente, cumpre esclarecer que a transferência é simples faculdade da Administração, não sendo, pois, direito do funcionário, pelo que não cabe, por exemplo, mandado de segurança, quando é negada àquele que a solicita.Remoção — Não se confundem remoção e transferência. Esta é forma de provimento de cargo; verifica-se mudança de quadro. ou de natureza funcional. Aquela é mero deslocamento de um para outro órgão, de uma para outra repartição ou unidade administrativa, que, às vezes, importa deslocamento de um lugar para outro, cobrindo claro na lotação existente. Também pode ocorrer a pedido ou de oficio.Lotação entende-se o número de funcionários que devem ter exercício em cada órgão, repartição ou unidade administrativa. Vale dizer, consiste no número de cargo que lotam o órgão, a repartição ou a unidade administrativa.Relotação — Não confunde nem com remoção nem com transferência. Pois significa trasladação de um cargo com seu ocupante (se estiver preenchido) de uma repartição para outra.Progressão horizontal — Também não é forma de provimento, mas importa mutação funcional. É prevista nos Estatutos da União e do Estado da Guanabara e é definida como o aumento periódico do vencimento-base decorrente da antiguidade na classe. O Estatuto dos Funcionários Públicos Civis do Estado de São Paulo dá a essa figura o nome de promoção (a chamada promoção horizontal). Visa a progressão horizontal apenas a proporcionar um adicional no vencimento-base do funcionário a cada período previsto, de três em três anos, ou de cinco em cinco anos. Corresponde, em linhas gerais, ao adicional por tempo de serviço existente em quase todos os estatutos.b) Derivação vertical — Consiste na passagem de um funcionário de um para outro cargo com elevação funcional. Verifica-se através de promoção ou de acesso.Promoção — É a elevação do funcionário à classe imediatamente superior àquela a que pertence dentro da mesma carreira, obedecidos os critérios de merecimento e de antiguidade, na forma estabelecida no Estatuto e seu regulamento. O Estatuto do Estado de São Paulo dá a esse tipo de promoção o nome de acesso, a nosso ver erroneamente, enquanto a promoção nele prevista corresponde, como vimos, à progressão horizontal.Acesso — Para o Estatuto do Estado de São Paulo, é a elevação do funcionário de uma classe para outra de maior complexidade ou a um cargo de chefia ou direção de provimento efetivo. Para os Estatutos da União e da Guanabara, mais acertadamente, o acesso é o ingresso do funcionário da classe final de uma carreira (série de classes), na classe inicial de outra de formação profissional afim, porém, de escalão superior, mediante aprovação em concurso de provas ou mediante habilitação em curso especial mantido pela Administração, atendido sempre o requisito de habilitação profissional.A promoção vertical e o acesso são. como se vê, formas de provimento, pois importam na investidura do funcionário em outro cargo, tendo como pressuposto requisitos funcionais.c) Derivação por reingresso — Consistem suas várias figuras no retorno ao serviço ativo de funcionário que dele se achava desligado. São figuras de derivação pôr reingresso: a reintegração, a readmissão, o aproveitamento e a reversão.Reintegração é o reingresso do ex-funcionário no serviço público com ressarcimento dos vencimentos e vantagens ligados ao cargo que ocupava, decorrente de anulação do ato de demissão. Será feita no cargo anteriormente ocupado ou, não sendo isso possível, em cargo igual ou equivalente. Os Estatutos dos Funcionários da União e da Guanabara, como a maioria deles, admitem a reintegração judicial, isto é, em consequência de decisão do Poder Judiciário, e a reintegração administrativa. O Estatuto dos Funcionários do Estado de São Paulo somente consigna a reintegração por decisão judicial. Esta, aliás, é a que está prevista no parágrafo único do art. 105 da Constituição Federal, nos termos seguintes: "Invalidada por sentença a demissão, o funcionário será reintegrado; e exonerado quem lhe ocupava o lugar ou, se ocupava outro cargo, a este reconduzido, sem direito à indenização." A reintegração administrativa, onde seja admitida, não pode ter o efeito de exonerar o ocupante do cargo, só será possível quando o cargo estiver vago ou em outro de igual natureza ou equivalente também vago. Readmissão é o reingresso do ex-funcionário no serviço público, sem ressarcimento de vencimentos e vantagens. É ato administrativo, não existindo readmissão judicial. Dependerá de prova de capacidade apurada mediante inspeção médica, e da existência de vaga. Far-se-á de preferência no cargo anteriormente ocupado pelo readmitido. Poderá ser prevista no Estatuto a possibilidade de contagem do tempo de serviço anterior para efeito de aposentadoria e disponibilidade. Só poderá ocorrer a pedido do interessado, não sendo possível readmissão de ofício. Mas o ex-funcionário não tem direito à readmissão, que é mera faculdade da Administração concedê-la ou não, pelo que se inclui entre os atos de competência discricionária, depende da conveniência da Administração e do interesse do serviço, razão por que o Judiciário não pode obrigá-la. Aproveitamento é o retorno ao serviço público ativo de funcionário em disponibilidade. Não é mais obrigatório, como no regime da Constituição Federal de 1946, salvo se o Estatuto determinar essa obrigatoriedade como o faz o da Guanabara (art. 85). Reversão é o reingresso no serviço público ativo do funcionário aposentado, quando insubsistentes os motivos da aposentadoria. Far-se-á de ofício ou a pedido, de preferência no mesmo cargo ou naquele em que se tenha transformado, ou em cargo de vencimento ou remuneração equivalente ao cargo anteriormente ocupado, atendido nesse caso o requisito de habilitação. Os requisitos de idade mínima, de tempo de serviço anterior, de prova de capacidade físico- mental e de conveniência serão estabelecidos no Estatuto. Em princípio, a reversão é faculdade da Administração, especialmente se a aposentadoria foi voluntária. 12. Posse no cargo público — Posse é o ato que completa a investidura em cargo público. É, contudo, dispensada nos provimentos por promoção e por reintegração. Deve o Estatuto estabelecer os requisitos para a posse, que, em geral, são os seguintes: a) nacionalidade brasileira, que abrange o brasileiro nato e o naturalizado; b) idade mínima de 18 anos; c) pleno gozo dos direitos políticos; d) quitação com as obrigações militares; e) bom comportamento; f) boa saúde, comprovada em inspeção médica; g) aptidão para o exercício da função; h) cumprimento das condições especiais previstas em lei para determinados cargos. O Estatuto deverá também prever quem é competente para dar posse, bem como o prazo em que terá lugar, que é geralmente de 30 dias, contados da data da publicação do ato de provimento, permitindo-se a prorrogação por mais 30 dias, a requerimento do interessado. Tornar-se-á sem efeito a nomeação ou outro ato de provimento de funcionário que não tomar posse no prazo legal. 13. Exercício do cargo — Tomando posse, deverá o funcionário entrar no exercício do cargo, prevendo-se no Estatuto prazo para isso, que é geralmente de 30 dias prorrogáveis por igual tempo. Pela posse, a pessoa investida vincula-se ao serviço público, torna-se funcionário, com as consequências daí decorrentes. Pelo exercício, cumpre o principal dever funcional, que lhe dá os direitos pertinentes à sua vinculação ao serviço público.Se o funcionário, empossado, não entrar no exercício no prazo legal, será exonerado.Do exercício do cargo só poderá afastar-se nos casos previstos no Estatuto, sob pena de incorrer no ilícito de abandono ou no de inassiduidade na forma estatutária. 14. Vacância do cargo — Os casos de vacância serão estabelecidos no Estatuto. Decorre de um fato (morte, por exemplo) ou de um ato (transferência, promoção, acesso, aposentadoria, exoneração ou demissão) que importa em esvaziar o cargo do seu elemento subjetivo. É, pois, o contrário do provimento. Por este, titulariza-se o cargo, dá-se-lhe um titular. Pela vacância. destitulariza-se o cargo, perde este o seu titular. Dá-se a vacância, como se viu: a) por morte do funcionário; b) por transferência;c) por promoção ou acesso; d) por aposentadoria; e) por exoneração: f) por demissão. Exoneração e demissão — Cumpre esclarecer que ambas são formas de desligamento de funcionário do cargo. Mas não se confundem. Exoneração é o desligamento do funcionário de um cargo público, sem caráter de penalidade. Não implica necessariamente em exclusão do funcionário do serviço público, pois pode o funcionário ser exonerado de um cargo exatamente para assumir outro. Dá-se a pedido ou de ofício. Esta só pode ocorrer quando o funcionário: a) exerce cargo de provimento em comissão; b) quando, exercendo cargo de provimento efetivo, não adquiriu estabilidade e durante o estágio probatório não demonstra possuir os requisitos necessários para sua confirmação; c) quando não entra no exercício do cargo no prazo previsto em foi. Demissão é pena administrativa, importa, por isso. na exclusão do funcionário, não apenas do cargo mas do serviço público; pode ser simples ou agravada com a cláusula de "a bem do serviço público", que é a mais grave sanção aplicada a um funcionário, ao lado da cassação da aposentadoria e da disponibilidade. A demissão só pode ser aplicada, a funcionário estável, em virtude de sentença judicial ou mediante processo administrativo em que se lhe assegure ampla defesa (Constituição Federal, art. 105). Se o funcionário não for estável, poderá também ser demitido sem processo administrativo.IV.Direitos dos funcionários municipais 15. Fundamentos legais dos direitos dos funcionários — A vinculação do funcionário com a Administração decorre de uma situação legal, estatutária, que se origina com a posse no cargo público. A posse significa a aceitação dessa situação legal. Só nela, só nesse momento. pode vislumbrar-se certa bilateralidade fundada na manifestação da vontade das partes, que as entrelaça em uma rede de direitos e deveres recíprocos, cujos princípios basilares se acham inscritos na Constituição Federal. Os direitos e deveres dos funcionários só são aqueles que decorram de previsão em lei, pelo que hão de ser consignados no Estatuto. Não podem ser fixados mediante decreto ou outro tipo de norma jurídica de hierarquia inferior à lei. Dos deveres, contudo, trataremos mais adiante. Aqui, vamos explicitar os direitos que, em geral. são reconhecidos aos funcionários. Uns são garantidos pela Constituição Federal, pelo que, estejam ou não inscritos no estatuto, são devidos a eles. Outros podem ser-lhes atribuídos, ou não, pelo Estatuto. 16. Garantias constitucionais dos funcionários — A Constituição Federal consagra vários direitos, que garante aos funcionários públicos, e que são de observância obrigatória pelos Municípios, de sorte que, ainda que o estatuto dos funcionários municipais silencie sobre eles, seus funcionários hão que gozá-los. São os seguintes:a) Vencimento — É a retribuição devida ao funcionário pelo efetivo exercício do cargo, correspondendo ao símbolo ou ao nível e grau de progressão funcional ou ao padrão fixado em lei. Vencimentos, no plural, tem sentido diverso do singular, pois significa o padrão fixado em lei (vencimento no singular) acrescido de outras vantagens pecuniárias. A retribuição pecuniária pelo exercício do cargo (vencimento) é reconhecida pela Constituição em diversos dispositivos, embora não diretamente (cf. arts. 98, 99, 100, 102, § 1º, 108, entre outros). É. aliás, o principal direito que cabe aos funcionários, sendo mesmo prevista em quase todos os estatutos a proibição do exercício de cargo público gratuitamente;b) Estabilidade — É o direito que adquire o funcionário de não ser desligado, de ofício, após dois anos de exercício, salvo demissão em virtude de sentença judicial ou mediante processo administrativo decorrente de infração funcional. Está garantida pelo art. 100 da Constituição Federal, ao declarar que são estáveis, após dois anos de exercício, os funcionários nomeados por concurso. Não adquirem estabilidade aqueles que foram nomeados para cargo de confiança, e outros que não forem nomeados por concurso. Podemos afirmar que é uma prerrogativa dos funcionários efetivos, após dois anos de exercício no cargo. Efetividade e estabilidade são institutos inconfundíveis (cf. Hely Lopes Meirelles, "Direito Administrativo Brasileiro", pág. 370, Editora Revista dos Tribunais, 2.ª ed., São Paulo, 1966). A primeira verifica-se no cargo, diz respeito à titularidade deste, é atributo do provimento; a segunda diz respeito ao serviço público. é atributo pessoal do ocupante do cargo; c) Aposentadoria — É o direito que a Constituição assegura aos funcionados públicos de passarem para a inatividade remunerada por invalidez, voluntariamente após 35 anos de serviço (se for homem) ou 30 anos de serviço (se for mulher) (art. 101); d) Proventos — Direito que a Constituição assegura ao funcionário aposentado, correspondente ao estipêndio que este percebia na atividade. Serão integrais, isto é, no mesmo valor dos vencimentos; 1º) se o funcionário contar 35 anos de serviço, quando do sexo masculino, ou 3.0 anos, quando do sexo feminino; 2º) se se invalidar por acidente em serviço, por moléstia profissional ou doença grave, contagiosa ou incurável, especificada em lei. Serão proporcionais ao tempo de serviço, quando o funcionário contar menos de 35 anos de serviço, sendo homem, ou 30 anos, se mulher (cf. Constituição Federal, art. 102); e) Tempo de serviço — A contagem de tempo de serviço é direito que a Constituição reconhece aos funcionários para efeito de aposentadoria e disponibilidade, conforme exprime o § 3º do art. 102 da Carta Magna: "O tempo de serviço público federal, estadual ou municipal será computado integralmente, para os efeitos de aposentadoria e disponibilidade, na forma da lei." O estatuto poderá prever a contagem do tempo de serviço municipal para outros efeitos; f) Direito ao processo administrativo — A Constituição declara que o funcionário estável não pode ser demitido senão em virtude de sentença judicial ou mediante processo administrativo em que lhe seja assegurada ampla defesa. O processo administrativo é. assim, uma garantia constitucional do funcionário estável. Por isso deve ser regulado no estatuto dos funcionários municipais, com todos os meios necessários à plena defesa do funcionário eventualmente processado; g) Funcionário municipal investido em mandato eletivo — A Constituição regula, no art. 104. a situação do funcionário público investido em mandato eletivo. Do exame desse dispositivo podemos concluir que o funcionário municipal: 1º) investido em mandato eletivo federal ou estadual ficará afastado do exercício do cargo, contando-se-lhe o período do mandato como tempo ·de serviço apenas para promoção por antiguidade e para aposentadoria, que podem ocorrer durante o mandato; 2º) investido em mandato de vereador; i) ficar afastado do exercício do cargo, se o mandato for remunerado; ii) só se afastará de seu cargo, nos dias de sessão, sem prejuízo de vencimentos e demais vantagens deste, se o mandato for gratuito; 3º) a lei municipal poderá estabelecer outros impedimentos para o funcionário do Município candidato a mandato eletivo, diplomado para exercê-lo ou já em seu exercício, mas não pode obrigar o afastamento do funcionário, por todo o mandato de vereador, quando este for gratuito. 17. Direitos puramente estatutários do funcionário municipal — Além dos direitos que a Constituição assegura aa funcionário, o estatuto dos funcionário municipais poderá outorgar outros, desde que não contrariem vedações e restrições expressas ou implícitas da Constituição. Em geral, os estatutos reconhecem aos funcionários um rol de direitos, classificando-os em pecuniários e não pecuniários. Direitos e vantagens pecuniários — Além do vencimento, poderão ser outorgadas aos funcionários as seguintes vantagens pecuniárias: a) adicionais por tempo de serviço, conferidos por quinquênios ou por triênios, correspondentes a uma percentagem geralmente de 5% sobre o vencimento-base (padrão fixado em lei); b) gratificações, de várias naturezas, tais como: de função, pelo exercício de comissão, pelo exercício de encargos especiais, pela realização de trabalho relevante, técnico ou científico, p ela prestação de serviço extraordinário, pela representação de gabinete, pela execução de trabalho de natureza especial, com risco de vida ou de saúde, pela participação em órgão de deliberação coletiva, pela participação em banca examinadora de concurso; c) ajuda de custo, em compensação de despesas de viagem e instalação, por incumbência fora da sede do exercício; d) diárias, a título de compensação de despesas de alimentação ou pousada, a funcionário que se deslocar do Município a seu serviço; e) salário-família, como contribuição ao custeio das despesas de manutenção da família, em geral atribuído por filho menor de 21 anos, inválido ou estudante até 24 anos de idade; f) auxílio-doença, para ajudar o tratamento da saúde do funcionário; g) auxílio para diferença de caixa, a funcionário afiançado que, no desempenho de suas atribuições, lidar com numerário do Município, em geral na base de 5% mensais do valor do padrão de seu vencimento. Direitos e vantagens não pecuniários — Em geral, atribuem-se aos funcionários os seguintes direitos não pecuniários: a) férias anuais remuneradas, geralmente de 30 dias por ano; b) licenças, concedidas a vários títulos, tais como: 1º) para tratamento de saúde; 2º) por motivo de doença em pessoa da família do funcionário; 3º) para repouso à gestante; 4º) para serviço militar obrigatório; 5º) à funcionária casada, por motivo de afastamento do cônjuge funcionário civil ou militar ou servidor autárquico, empregado de empresa pública, de economia mista ou de fundação instituída pelo Poder Público; 6º) para o trato de interesse particular; 7º) como prêmio à assiduidade (licença-prêmio); o Estatuto indicará o tempo das licenças, suas condições, se são ou não remuneradas e em que medida o serão; poderá não outorgar todas. limitando-se, por exemplo, a permitir a concessão apenas das ligadas à saúde e gestação, etc.; c) direito de petição, que, aliás, decorre também de normas constitucionais, pelo qual se outorga ao funcionário a possibilidade de apresentar pedidos e fazer representações a seus superiores, assim como pedir reconsideração de ato ou decisão prolatada em seu prejuízo, dirigido o pedido à autoridade que expediu o ato ou proferiu a decisão, bem como apresentar recurso para autoridade hierárquica imediatamente superior àquela que tiver expedido o ato ou prolatado a decisão, em escala ascendente até à mais elevada, que, no Município, é o Prefeito, no âmbito do Executivo. V.Regime disciplinar dos funcionários municipais 18. Hierarquia e disciplina — O funcionalismo do Município, como de qualquer outra esfera governamental, tem sua organização fundada num escalonamento hierárquico que vincula o inferior ao superior numa relação de subordinação daquele a este, encontrando-se no seu cume, como chefe da Administração municipal, o Prefeito, que é, assim, o titular do poder hierárquico no Município. Hierarquia é a relação de subordinação existente entre os vários órgãos do Executivo, com a gradação de autoridade de cada um. Na lição de Mário Masagão é o "vínculo que coordena e subordina uns aos outros os órgãos do Poder Executivo, graduando a autoridade de cada um" (cf. Hely Lopes Meirelles, ob. cit., pág. 67). Tem "por escopo — ensina Seabra Fagundes — fazer atuar várias vontades no sentido da realização prática do que uma só (ou um limitado grupo delas, no caso de órgãos coletivos deliberantes), considerada "superior, melhor, mais eficaz", conceba e determine. A vontade do superior condiciona, então, a do inferior. Se esta ainda se não manifestou, traça o sentido a que deve obedecer: quando já expressa faz que se modifique para a ela se amoldar" (cf. "As Forças Armadas na Constituição", pág. 23, Biblioteca do Exército, Rio de Janeiro, 1955, citando Arnaldo de Valles, "Teoria Giuridica della Organizzazione dello Stato", 1936, vol. 1, pág. 331)."Onde há hierarquia, como superposição de vontades, há, correlativamente — prossegue o ilustre publicista —, uma relação de sujeição objetiva, que se traduz na disciplina, isto é, no rigoroso acatamento pelos elementos dos graus inferiores da pirâmide hierárquica, às ordens, normativos ou individuais, emanadas dos órgãos superiores. A disciplina é, assim, um corolário de toda organização hierárquica" (cf. ob. cit. pág. 23).Essa relação disciplinar dos funcionários públicos assenta-se em normas estatutárias, cujo conjunto é ordenado no Estatuto, consubstanciando o regime disciplinar, compreendendo a definição dos deveres, proibições, responsabilidades e sanções administrativas a serem aplicadas nos casos de infrações disciplinares e ilícitos funcionais. 19. Deveres dos funcionários — Em geral, são previstos os seguintes deveres dos funcionários:a) assiduidade, que impõe ao funcionário a obrigação de comparecer diariamente ao serviço, só sendo permitidas faltas quando justificadas ou abonadas e, nos demais casos, estatuídas; o não cumprimento desse dever pode gerar duas formas de ilícitos funcionais; o abandono do cargo (que é também definido no Código Penal, art. 323, como crime), quando a ausência ao serviço se prolongue por um período de 30 dias consecutivos: inassiduidade, quando, durante o exercício, o funcionário falte interpoladamente pelo número de dias considerado no Estatuto; b) pontualidade, que é complemento da assiduidade, pois, além do dever de comparecer diariamente ao serviço, deverá fazê-lo na hora prevista; c) urbanidade, dever que impõe ao funcionário a obrigação de tratar o público e colegas com cortesia e educação; d) discrição, que importa em manter o funcionário sigilo em relação aos assuntos de seu conhecimento, em razão do cargo ou função, especialmente daqueles que trazem a nota de "confidencial" ou "reservado"; se o assunto não for sigiloso por sua natureza, ou por expressa determinação legal ou ele superior hierárquico, não há infração se o funcionário o comenta ou sobre ele emite opinião, pois que o principio é o de que os assuntos da Administração sejam públicos; e) lealdade às instituições constitucionais e administrativas a que servir, que, embora se deva à ordem jurídica em que assentam essas instituições, refere-se, a lealdade, também aos indivíduos no poder, que representam e encarnam essas instituições, sendo, pois, o mesmo que dizer lealdade e respeito aos poderes constituídos; f) obediência às ordens dos superiores, exceto quando manifestamente ilegais, que é, pode-se dizer, o dever fundamental do funcionário, uma vez que nele se resume o principio da disciplina; mas as ordens superiores devem estear-se no principio da legalidade para impor-se aos funcionários, visto a relação hierárquica, que fundamenta o poder de expedir ordens e o dever de obediência, é relação fundada no Direito; por isso, o funcionário não está obrigado a cumprir ordens manifestamente ilegais, mas não se lhe permite, ainda assim, rebelar-se contra as ordens emanadas do superior simplesmente, deve representar ao superior de quem emitiu a ordem: se esta não for manifestamente ilegal, for de legalidade discutível, também deverá representar, mas não pode escusar-se de executá-la caso em que a responsabilidade não será sua, mas de quem deu a ordem; g) observância das normas legais e regulamentares, dever que não é apenas do funcionário, mas de todos; a ele, porém, que é executor das leis. Corre o dever maior de observá-las; h) levar ao conhecimento da autoridade superior irregularidade que tiver ciência, em razão do cargo, cujo não cumprimento revela omissão, que, se culposa ou dolosa, implica conveniência com a irregularidade e pode até constituir fato típico do crime de condescendência criminosa, definido no art. 320 do CP (LGL\1940\2);i) zelar pela economia e conservação do material que lhe for confiado;j) providenciar para que esteja sempre em ordem no assentamento individual a sua declaração de família;zl) atender prontamente às requisições para a defesa da Fazenda Pública (municipal) e às expedições das certidões requeridas para a defesa de direito;m) outros deveres — o estatuto poderá definir outros deveres funcionais, mas os indicados são os principais adotados no sistema brasileiro. 20. Proibições — Em geral, proíbe-se ao funcionário: a) exercer cumulativamente dois ou mais cargos ou funções públicas, salvo as exceções previstas em lei: essa proibição de acumulações remuneradas está contida no art. 99 da Constituição Federal, que, no entanto, permite, como exceções, a acumulação; de um cargo de juiz (não existente no Município) com um de professor; de dois cargos de professor; de um cargo de professor com outro técnico ou cientifico; de dois cargos privativos de médico, desde que haja compatibilidade de horário e correlação de matéria; b) referir-se de modo depreciativo, em informação, parecer ou despacho, às autoridades e a atos da Administração Pública, federal, estadual ou municipal, podendo, porém, em trabalho assinado, criticá-los do ponto-de-vista doutrinário ou de organização de serviço; c) retirar, modificar ou substituir, sem prévia autorização da autoridade competente, qualquer documento de órgão estadual, com o fim de criar direito ou obrigação ou de alterar a verdade dos fatos; d) valer-se do cargo para lograr proveito pessoal em detrimento da dignidade do cargo ou função; e) promover manifestação de apreço ou desapreço e fazer circular ou subscrever lista de donativo, no recinto do serviço; f) coagir ou aliciar subordinados com objetivo de natureza partidária; g) participar de diretoria, gerência, administração, conselho técnico ou administrativo de empresa ou sociedade: 1º) contratante ou concessionária de serviço público; 2º) fornecedora de equipamento ou material, de qualquer natureza ou espécie, a qualquer órgão municipal; 3º) cujas atividades se relacionem com a natureza do cargo ou função pública
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Acerbo, Stefano. « Eracle a processo. La contesa con Augia nella Biblioteca di Apollodoro. » HABIS, 2021, 149–67. http://dx.doi.org/10.12795/habis.2021.i52.09.

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Résumé :
: Lo studio della disputa tra Augia ed Eracle per il mancato pagamento della pulizia della stalla della Biblioteca permette di apprezzare la complessa natura della materia mitica raccolta e plasmata da Apollodoro. La narrazione ha una forma giuridica che corrisponde alla procedura di età classica, e contrasta con il contesto pre-politico del mito. Allo stesso tempo, molti dettagli del racconto rivelano come gli eroi agiscano secondo una logica che non corrisponde al pensiero giuridico, ma segue gli obblighi personali che strutturano la società degli γένη eroici.
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Viola, Francesco. « La teoria del diritto come pratica sociale e la coercizione ». Persona y Derecho, 30 janvier 2020, 31–66. http://dx.doi.org/10.15581/011.81.31-66.

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Résumé :
Poiche non si puo trattare del posto che la coercizione ha nel concetto di diritto senza far riferimento ad una specifica teoria del diritto, il paper ricostruisce le linee generali della teoria del diritto come pratica sociale, focalizzando in particolare l’obiettivo del diritto di custodire l’agency dei consociati per contrastare l’uso arbitrario del potere. Nella seconda parte si affronta dal punto di vista del diritto come pratica sociale il tema generale della coercizione giuridica e ci si chiede soprattutto se l’uso giuridico della forza non sia anch’esso nella sostanza una forma di potere che contraddice il fine generale della custodia dell’agency.
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Antonioni, Manuela, et Massimiliano Cesare Fornari. « Evolution of the concept of abuse of means of correction and discipline - L’evoluzione della nozione di abuso dei mezzi di correzione o disciplina - Evolución del concepto de abuso de los medios de corrección y disciplina ». Rivista di Psicopatologia Forense, Medicina Legale, Criminologia, 23 février 2020. http://dx.doi.org/10.4081/psyco.2019.231.

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The crime of abuse of means of correction and discipline connotes punishment pipeline generally lawful, such as those relating to the use of the means of correction and discipline against a subject about which you have any disciplinary power, but that present an excess sufficient to overcome the rehabilitative purpose inherent in the aforementioned means alone which involves the legality of their forecast without falling in the application of an offense under Article. 571 penal code, modified never in literal text. Historically the interpretation of the scope of such incriminating case was not easy, as it has suffered more than other rules of the evolution of social customs, family and more generally cultural, which definitely has inevitably impacted on the scale of the notion abuse. The jurisprudence of the Supreme Court, such as about who has promptly implemented the guidelines, has greatly expanded the area of the illegality of the means of correction and discipline, reaching now to encompass any form of violence also moral or psychological, which It is therefore totally banned from the range of application of the provision and the use of means not only illegal but also whether former lawful when modified the underlying disciplinary order, which so discriminate more behaviors that the active subject holds despite a rehabilitative purpose actually, as it was considered by the jurisprudence dating. RiassuntoIl reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina connota la punizione di condotte in generale lecite, quali quelle relative all’utilizzo dei mezzi di correzione e disciplina nei confronti di un soggetto riguardo al quale si disponga di un potere disciplinare qualsiasi, ma che presentino un eccesso tale da superare la finalità rieducativa insita nei predetti mezzi la sola quale comporta la liceità della loro previsione senza scadere nell’applicazione della figura di reato prevista dall’art. 571 codice penale, mai novellata nel testo letterale. Storicamente l’interpretazione della portata di tale fattispecie incriminatrice non è stata agevole, in quanto ha risentito più di altre norme dell’evoluzione del costume sociale, familiare e più in generale culturale, la quale ha senz’altro inciso inevitabilmente sull’ampiezza della nozione di abuso. La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, come quella di merito che ne ha prontamente recepito gli orientamenti, ha allargato notevolmente l’area della illiceità dei mezzi di correzione e disciplina, pervenendo ormai a ricomprendervi qualsiasi forma di violenza anche morale o psicologica, la quale risulta pertanto bandita totalmente dal novero dell’applicazione della disposizione in esame, nonché l’utilizzo di mezzi non solo illeciti ex se ma anche leciti allorquando trasmodino il fine disciplinare sotteso, che quindi non scrimina più quei comportamenti che il soggetto attivo tiene pur in presenza di uno scopo effettivamente rieducativo, così come si riteneva da parte della giurisprudenza più risalente. Resumen El delito de abuso de los medios de corrección y disciplina connota una línea de castigo generalmente legal, como los relacionados con el uso de los medios de corrección y disciplina contra un sujeto sobre el cual tiene algún poder disciplinario, pero que presentan un exceso suficiente para superar el propósito de rehabilitación inherente a los medios mencionados anteriormente implica la legalidad de su pronóstico sin caer en la aplicación de un delito en virtud del artículo. 571 código penal, modificado nunca en texto literal. Históricamente, la interpretación del alcance de este caso incriminatorio no fue fácil, ya que ha sufrido más que otras reglas de la evolución de las costumbres sociales, familiares y, en general, culturales, lo que definitivamente ha impactado inevitablemente en la escala del abuso de la noción. La jurisprudencia de la Corte Suprema, como sobre quién ha implementado las pautas rápidamente, ha expandido en gran medida el área de la ilegalidad de los medios de corrección y disciplina, llegando ahora a abarcar cualquier forma de violencia también moral o psicológica, que es por lo tanto totalmente prohibido del rango de aplicación de la disposición y el uso de medios no solo ilegales, sino también si eran legales cuando se modificaba la orden disciplinaria subyacente, lo que discrimina más comportamientos que el sujeto activo tiene a pesar de un propósito de rehabilitación en realidad, ya que se consideró por la datación jurisprudencial.
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Guzzo, Luigi Mariano. « Prime annotazioni sull’Intesa tra Repubblica italiana e Santa Sede per l’assistenza spirituale ai militari cattolici : una riforma gattopardesca ». Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 27 février 2022. http://dx.doi.org/10.54103/1971-8543/17430.

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Résumé :
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La forma: la qualificazione dell’Intesa come accordo di natura internazionalistica - 3. La ratifica e l’esecuzione dell’Intesa nell’ordinamento dello Stato, con le relative norme di adeguamento: l’esito paradossale di una disciplina “duplicata” - 4. Le ondivaghe “vicissitudini” dell’art. 17 C.O.M.: un “termostato” delle tensioni sociali e giuridiche riguardanti la materia e l’esigenza di una riforma - 5. Politica concordataria della Santa Sede e attribuzioni alle Conferenze episcopali nazionali. Alcune considerazioni sulla polarizzazione del dibattito pubblico in Italia - 6. I contenuti dell’Intesa; 7. Le norme di adeguamento dell’ordinamento interno: novità e rilievi critici - 7.1. La direzione e il coordinamento del Servizio di assistenza spirituale: una titolarità giuridica diretta in capo all’Ordinario militare per l’Italia - 7.2. L’introduzione della figura dei Cappellani militari coordinatori, in luogo degli Ispettori: alcuni problemi di sicurezza per le istituzioni militari dello Stato- 7.3. Il concetto canonico di “sede vacante” entra nell’ordinamento militare - 7.4. La procedura di individuazione e di determinazione delle sedi per i cappellani militari - 7.5. L’art. 1533-bis C.O.M.: il divieto di corresponsione di emolumenti accessori e la materia “spirituale e pastorale” - 7.6. La nomina dell’Ordinario militare e del Vicario generale - 7.7. Il regime di assimilazione ai gradi gerarchici per i cappellani militari: nella sostanza non cambia nulla - 7.8. Altre novelle legislative: l’organico dei cappellani; la procedura di nomina; la dismissione dallo stato clericale - 8. Prime tensioni tra Ordinariato militare e amministrazione della Difesa sull’applicazione della legge - 9. Perché nell’Intesa non c’è alcun riferimento alle donne consacrate che operano negli stabilimenti militari? - 10. Conclusioni: il Capo I della legge n. 70 del 2021 come “caso-studio” del decadimento normativo e della crisi del Parlamento. Some comments on the agreement between the Italian Republic and the Holy See for spiritual assistance to the Catholic members of the Armed Forces ABSTRACT: Through the application of the Italian Law no. 70/2021, we see the long-awaited revision of the institute of religious assistance to Catholics within the Armed Forces, with the authorization of the ratification of the Exchange of Letters between the President of the Council of Ministers and the Secretary of the Vatican City State (on February 13, 2018) and the related rules for the adaptation of the internal legal system. The new aspects, however, are very limited in scope.
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Cazzetta, Giovanni. « Código Civil e Nação : do “Risorgimento” ao Ocaso do Estado Liberal ». Cadernos do Programa de Pós-Graduação em Direito – PPGDir./UFRGS 10, no 1 (6 août 2015). http://dx.doi.org/10.22456/2317-8558.57085.

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CÓDIGO CIVIL E NAÇÃO: DO “RISORGIMENTO” AO OCASO DO ESTADO LIBERAL* CODICE CIVILE E NAZIONE: DAL RISORGIMENTO AL TRAMONTO DELLO STATO LIBERALE CIVIL CODE AND NATION: FROM THE ITALIAN UNIFICATION (RISORGIMENTO) TO THE DECLINE OF THE LIBERAL STATE Giovanni Cazzetta** RESUMO: O objetivo fundamental da classe dirigente empenhada em completar o “Risorgimento” foi traduzir a Unidade em unificação legislativa: rechaço da “unidade na diversidade”, compressão das autonomias, realização de uma administração central forte (pelo menos no papel) e de uma capilar difusão dos aparelhos burocráticos na periferia, que se apresentavam como escolhas obrigatórias para superar os particularismos e os interesses municipais, para “impor unidade”, dar uma mesma forma às instituições, impedir retornos ao passado. Mais além da efetiva força do centralismo, a unificação legislativa imposta pelas leis se apresentava como lógico desenvolvimento da Unidade, como seu “complemento” e “garantia”. Superando finalmente as divisões e privilégios das pequenas pátrias regionais, o Estado italiano como nova entidade soberana capaz de “encarnar a unidade nacional nas leis” impunha – por “suprema e fatal necessidade” – uma forma institucional e regras de convivência civil que finalmente eram uniformes para todos os italianos. A relação entre Unidade e unificação legislativa se apresentava, contudo, bem mais complexa que aquilo que surgisse da representação realista da necessidade de dar finalmente à Itália um direito comum e impedir retornos à fragmentação política e jurídica do passado. PALAVRAS-CHAVE: Estado Unitário. Estado Centralizado. Unificação Legislativa. Código Civil Italiano de 1865. Risorgimento. RIASSUNTO: Obiettivo fondamentale della classe dirigente impegnata a completare il Risorgimento fu di tradurre l’Unità in unificazione legislativa: rifiuto della «unità nella diversità», compressione delle autonomie, realizzazione di un’amministrazione centrale forte (almeno sulla carta) e di una capillare diffusione degli apparati burocratici nella periferia si presentavano come scelte obbligate per superare particolarismi e interessi municipalistici, per «imporre unità», dare una medesima forma alle istituzioni, impedire ritorni al passato. Al di là dell’effettiva forza del centralismo, l’unificazione legislativa imposta con le leggi si presentava come logico sviluppo dell’Unità, come suo «complemento» e «garanzia». Superando finalmente le divisioni e i privilegi delle piccole patrie regionali, lo Stato italiano come nuova entità sovrana capace di «incarnare l’unità nazionale nelle leggi» imponeva – per «suprema e fatale necessità» – una forma istituzionale e regole della convivenza civile finalmente uniformi per tutti gli italiani. Il rapporto tra Unità e unificazione legislativa si presentava, però, ben più complesso di quanto non emerga dalla realistica rappresentazione della necessità di dare finalmente all’Italia un diritto comune e impedire ritorni alla frammentazione politica e giuridica del passato. PAROLE CHIAVE: Stato Unitario. Stato Centralizzato. Unificazione Legislativa. Codice Civile Italiano del 1865. Risorgimento.. ABSTRACT: The main objective of the ruling class committed to complete the “Italian unification” (Risorgimento) was to translate the unit in legislative unification: rejection of “unity in diversity”, compression of the autonomies, development of a strong central government (at least on paper) and of a capillary diffusion of the bureaucratic apparatuses in the periphery, which showed up as mandatory choices to overcome particularisms and municipal interests, to “impose unity,” to give the same form to institutions, to prevent returns to the past. Beyond the effective power of centralism, the legislative unification imposed by the legislation showed up as logical development of Unity, as its “supplement” and “guarantee”. Finally overcoming the divisions and privileges of small regional homelands, the Italian State as a new sovereign entity able to “embody national unity in the laws” imposed – by “supreme and fatal necessity” – an institutional form and civil coexistence rules that ultimately were uniform for all Italians. The relation between Unity and legislative unification as such, however, was much more complex than what arose from the realistic view of the need to give Italy at last a common law and prevent recurrences of political and legal fragmentation of the past. KEYWORDS: Unitary State. Centralized State. Legislative Unification. Italian Civil Code of 1865. Italian Unification (Risorgimento). SUMÁRIO: 1. A unidade nas leis. 2. Código civil, unidade nacional e unidade do direito. 3. Código civil e cidadania proprietária. 4. Código nacional e universalidade do direito. 5. Código civil e reformas. 6. Código civil e sistema. 7. Ocaso do Estado liberal e fragmentação da unidade do direito. Referências.* O texto reproduz intervenção na sessão “Le culture politiche dell’Italia unita e l’idea di Codice” do Convênio I valori della convivenza civile e i Codici dell’Italia unita, organizado na Accademia dei Lincei pela Unione dei Privatisti (Roma, 15-16 nov 2011). Publicação original em italiano em: CAZZETTA, Giovanni. Codice civile e nazione. Dal Risorgimento al tramonto dello Stato liberale. In: RESCIGNO, Pietro; MAZZAMUTO, Salvatore (orgs.). I valori della convivenza civile e i codici dell’Italia unita. Torino: Giappichelli, 2014. p. 21-43. Tradução para a língua portuguesa por Alfredo de J. Flores (PPGDir-UFRGS).** Giovanni Cazzetta é professor ordinário de História do direito medieval e moderno na Universidade de Ferrara, Itália. Atualmente dirige os “Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno”.
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