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Aleksandrova, V. A. "To the History of the Production of Musorgsky’s Opera Khovanshchina in Vittorio Gui’s Stage Version (La Scala, 1933)". Art & Culture Studies, n.º 1 (febrero de 2022): 316–39. http://dx.doi.org/10.51678/2226-0072-2022-1-316-339.

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Resumen
The 1933 production of Khovanshchina at La Scala conducted by Vittorio Gui (1885–1975) was chronologically the second one on the Italian opera stage, the first being the 1926 premiere. In studying the Italian productions of Khovanshchina, the 1933 stage version is usually overshadowed by the premiere; however, the performance under V. Gui’s direction was not a remake, but an independent work of artistic expression. The period of seven years between the first and second Italian productions marked a significant shift in academic and artistic attitudes to studying and performing author’s versions of M.P. Mussorgsky’s legacy in the Soviet Union, as opposed to the creative arrangements by N.A. Rimsky-Korsakov, which up to that time had been considered the standard versions. Thus, P.A. Lamm, with the support of B.V. Asafyev, initiated the publication of Mussorgsky’s Complete Works based on the composer’s autographs. The first volumes of this collection were published, including the piano-vocal score and the full score of the opera Boris Godunov and the piano-vocal score of the opera Khovanshchina. Additionally, there were several productions and concert performances of Boris Godunov based on sheet music as revised by Lamm. V. Gui was aware of the work carried out by Soviet scholars but did not have access to the manuscript of the orchestral score of Khovanshchina created by Asafyev. For this reason, he created his own stage version of the opera, having built it upon Rimsky-Korsakov’s score but changed its structure and, in individual fragments — the orchestration and the tonal plan.
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Verzichelli, Luca. "GLI ELETTI". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 24, n.º 3 (diciembre de 1994): 715–39. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200023261.

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IntroduzioneIl ricambio e la trasformazione della classe parlamentare erano i risultati più attesi dalle elezioni del 27 e 28 marzo 1994: il doppio effetto, prodotto dalla bufera di Tangentopoli e dall'adozione di un sistema elettorale maggioritario, rendeva facilmente prevedibile il mutamento, tuttavia la vittoria di uno schieramento o dell'altro avrebbe prodotto esiti diversi sia nelquantumdi novità espressa in termini di neo-parlamentari che nelle qualità socio-politiche di questo nuovo personale.
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Concilio, Carmen. "Andate e ritorni nella trilogia di Nino Ricci". Italian Canadiana 35 (18 de agosto de 2021): 165–82. http://dx.doi.org/10.33137/ic.v35i0.37225.

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Resumen
In questo studio si analizza la Trilogia dello scrittore italo-canadese Nino Ricci, in cui il romanzo di formazione di Vittorio Innocente si articola tra il viaggio di andata dall’Italia — terra della madre — al Canada — terra del padre — e il viaggio di ritorno in patria da adulto. Dominata dalla relazione edipica, la formazione di Vittorio è dolorosa e nessun approdo sembra offrire risposte alla ricerca del Sé, al contrario il ritorno è doloroso quanto la partenza. Inoltre, lo studio mette in luce come la Trilogia si configuri come cartografia dell’altrove, in cui il paradigma della linea curva e della griglia squadrata definiscono gli spazi al di qua e al di là dell'Oceano. La saggistica accademica sull'autore e sulla Trilogia, in particolare, ha fornito l'orizzonte critico di riferimento.
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Ciaglia, Antonio y Marco Mazzoni. "Quando il risultato elettorale è scontato… Il ruolo dei quotidiani locali durante le elezioni regionali del 2010 in Umbria". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 65, n.º 1 (30 de junio de 2011): 41–64. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-9774.

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Gli scontri nel PD umbro e il ruolo della stampa locale Il ruolo delle primarie nella selezione del candidato del PD Modalità di conduzione della ricerca I temi trattati dalla stampa locale Gli attori protagonisti nella stampa locale umbra Come è andata a finire: l'attesa vittoria della Marini Le conclusioni: i tre risultati della ricerca
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Sartoretti, Irene. "La modernizzazione difficile. Una generazione di architetti tra politica, filosofia e scienze sociali". SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, n.º 95 (julio de 2011): 99–114. http://dx.doi.org/10.3280/sur2011-095006.

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Dal secondo dopoguerra fino al corso di tutti gli anni Settanta in Italia si č prodotta una particolare stagione per l'architettura in cui i fermenti sociali, politici, le istanze di modernizzazione e la speculazione filosofica, legata in buona parte a tali fermenti, hanno avuto un forte ruolo nel dibattito architettonico ed urbanistico. L'analisi di questi fattori teoretici extradisciplinari si rivela perciň indispensabile per comprendere la spinta innovativa data da Pietro Derossi, Vittorio Gregotti, Adolfo Natalini, Franco Purini, Marco Romano e Bernardo Secchi all'architettura e all'urbanistica italiane.
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Varga, Dániel. "Il ruolo dell’Italia per la realizzazione del progetto della Confederazione Danubiana del 1862". Italianistica Debreceniensis 25 (29 de marzo de 2020): 146–61. http://dx.doi.org/10.34102/itde/2019/5559.

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Nell'autunno del 1861 fu preparato un piano franco-italiano-greco per far ribellare i popoli balcanici. I leader dell'emigrazione ungherese, in attesa di una guerra imminente, si consultarono per stabilire un'alleanza offensiva e difensiva tra Ungheria, Croazia, Serbia e Romania. Il loro obiettivo era, al contrario, nel 1848-49, di far combattere i popoli della regione del Danubio contro Vienna anziché Pest, aiutando così Torino ad acquisire Venezia. Ignác Helfy pubblicò gli elementi essenziali delle discussioni tra gli emigrati ungheresi nel quotidiano Alleanza, di cui fu anche direttore, in un pezzo dal titolo "Il programma ungherese", diventato un successo per la stampa italiana. Il Tribuno, guidato da Marco Antonio Canini, oltre a contestare l'Alleanza, chiese al giornale di rivelare tutto ciò che sapevano. Poco dopo, Canini visitò György Klapka e prepararono il piano della Confederazione Danubiana - che fu approvato anche da Vittorio Emanuele II. Canini, preparandosi per il suo tour diplomatico nella regione dei Balcani, visitò Lajos Kossuth, il quale pensava che stabilire un'alleanza di difesa sarebbe stato più realistico in quella situazione politica - ma Canini lo convinse che doveva essere creata una confederazione tra le nazioni coinvolte. I commenti di Kossuth sul piano di Klapka e Canini furono trascritti. Tuttavia, Helfy li pubblicò nel suo articolo, rendendo impossibile a Canini condurre con successo i negoziati diplomatici tra i paesi. Infine, Vittorio Emanuele II, che inizialmente voleva uno dei suoi parenti come sovrano del Regno greco e a capo della Confederazione, si ritirò dai piani per la ribellione, a causa della mancanza di sostegno francese
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Cattaneo, Michel. "Preistoria genetica di un titolo: Gli strumenti umani di Vittorio Sereni". Giornale storico della letteratura italiana 199, n.º 666 (abril de 2022): 265–86. http://dx.doi.org/10.1484/j.gsli.5.132506.

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Popović, Olivera. "ARGOMENTI MONTENEGRINI DI UN UFFICIALE ITALIANO ALLA FINE DEL XIX SECOLO CRNOGORSKE TEME JEDNOG ITALIJANSKOG OFICIRA S KRAJA XIX VIJEKA". Folia linguistica et litteraria XI, n.º 30 (2020): 51–65. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.3.

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Il presente contributo si propone di esaminare le opere di tematica montenegrina del conte Eugenio Barbarich, ufficiale italiano che visitò il Montenegro nel dicembre del 1896, successivamente al matrimonio del principe ereditario italiano Vittorio Emanuele con la principessa montenegrina Jelena Petrović Njegoš. Oltre a illustrare il contesto della sua visita e ad analizzare le attività e impressioni dell’autore relative a questo viaggio, il nostro intervento prende in esame anche gli articoli di carattere storico e militare che Barbarich scrisse sul Montenegro, nonché la sua attività di traduttore, grazie alla quale il pubblico italiano ebbe l’occasione di conoscere l’opera letteraria del principe montenegrino Nikola I Petrović-Njegoš.
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Pettenati, Giacomo. "La Bicocca: centro per la metropoli o quartiere per la cittŕ?" ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, n.º 104 (octubre de 2012): 91–108. http://dx.doi.org/10.3280/asur2012-104006.

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Il Progetto Bicocca ha trasformato radicalmente una porzione consistente della Milano industriale, insediando funzioni residenziali, universitarie e direzionali in un'area dismessa nel cuore della cittŕ. Il seguente contributo ripercorre la storia di questo controverso intervento, soffermandosi a descriverne le principali caratteristiche in termini di forma urbana, funzioni e presenza di spazi pubblici. Si vuole in particolare sottolineare come gli esiti di questa importante trasformazione urbana abbiano coinciso solo in parte con le attese che diversi attori, pubblici e privati, riponevano su di essa, in particolare per quanto riguarda la creazione di un nuovo "centro in periferia" auspicata da Vittorio Gregotti, realizzatore del masterplan relativo all'intera area.
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Fauri, Francesca. "La special relationship Fiat-Chrysler Dall'accordo del 10 aprile 1947 a quello del 30 aprile 2009". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 258 (septiembre de 2010): 57–72. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-258003.

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L'articolo ripercorre le origini della relazione preferenziale che ha legato Fiat a Chrysler dall'immediato dopoguerra e in particolare durante gli anni del piano Marshall. Grazie ai contatti fra Vittorio Valletta e Philip Hills, dirigente della divisione esportazioni della Chrysler, tra il 1945 e il 1947 l'azienda torinese riuscě a concretizzare la prima importante intesa con una casa automobilistica americana in base alla quale gli ingegneri Fiat avrebbero avuto libero accesso alle risorse tecnologiche e di progettazione della Chrysler. Oggi invece la storia ha cambiato la posizione degli attori, la Chrysler per non chiudere ha dovuto ricorrere all'aiuto della Fiat. L'accordo di partnership siglato il 30 aprile 2009 permetterŕ la ristrutturazione e il rilancio del brand americano sul mercato interno e internazionale grazie alla condivisione della piů innovativa tecnologia Fiat per quanto riguarda i motori ecologici e a risparmio energetico (Multi-air) e l'impiego della tecnologia Chrysler nei propulsori elettrici per la progettazione di una nuova auto elettrica.
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Airoldi, Sara. "Gli esordi dell'apostolato via etere: le radioprediche di Vittorino Facchinetti (1926-1936)". SOCIETÀ E STORIA, n.º 132 (julio de 2011): 301–30. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-132004.

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La crescente sensibilitÀ della Chiesa nei confronti dei mezzi di comunicazione e l'esigenza di allestire una programmazione variegata determinarono, a partire dal 1926, l'ingresso e il graduale consolidamento del genere della predicazione religiosa nei palinsesti radiofonici. L'autrice si propone di ricostruire la prima esperienza di apostolato via etere ad opera del francescano Vittorino Facchinetti ripercorrendone articolazione e contenuti e valutandone gli esiti in termini di popolaritÀ. I testi delle omelie, pubblicati in numerose raccolte a cura dello stesso Facchinetti, presentano una notevole varietÀ di argomenti, tra sacro e profano e in consonanza ai cardini ideologici e retorici del fascismo, che riuscě ad intercettare un pubblico eterogeneo. I resoconti del «Radiocorriere» e la corrispondenza personale, infatti, testimoniano il diffuso gradimento degli appuntamenti, che fece del frate una star indiscussa del sistema radiofonico italiano degli anni trenta.
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Ruberti, Saverio. "Dibattiti". PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, n.º 3 (septiembre de 2020): 471–80. http://dx.doi.org/10.3280/pu2020-003009.

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L'articolo di Elizabeth Allison & Peter Fonagy (2016) "Quando è importante la verità?", pubblicato sul n. 1/2020 di Psicoterapia e Scienze Umane, viene discusso alla luce dell'orientamento psicoterapeutico cognitivista. In particolare, viene presa in considerazione la prospettiva cognitivista più attuale che, dopo il contributo innovativo di Vittorio Guidano e Giovanni Liotti e l'incontro con la teoria dell'attaccamento, si è sviluppata assumendo una visione costruttivista dei processi di conoscenza, valorizzando la dimensione intersoggettiva dei processi mentali e dando sempre maggior spazio al lavoro sulla relazione terapeutica nelle strategie d'intervento. In questa cornice vengono approfonditi gli argomenti teorici e clinici che possono consentire un dialogo fra il modello cognitivista e quello psicodinamico sui temi della verità e della fiducia epistemica, tenendo conto delle posizioni specifiche di ciascun modello ma mettendosi nell'ottica del superamento di vecchie contrapposizioni.
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D. Todorović, Dušica. "RICONOSCERSI NELLA SCRITTURA: IMPLICAZIONI INTERTESTUALI E METATESTUALI NEI ROMANZI LJUDI GOVORE DI RASTKO PETROVIĆ E CONVERSAZIONE IN SICILIA DI ELIO VITTORINI". Филолог – часопис за језик књижевност и културу 12, n.º 24 (30 de diciembre de 2021): 271–90. http://dx.doi.org/10.21618/fil2124271t.

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In un approccio comparatistico, con gli strumenti analitici della semiotica interpretativa e della narratologia, si prendono in esame i punti in comune di due testi modernisti appartenenti rispettivamente alla letteratura serba e a quella italiana: Ljudi govore (1931) di Rastko Petrović e Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini (1939). Si focalizzano procedimenti e implicazioni intertestuali e metatestuali delle due opere che ne confermano l’appartenenza alle poetiche del modernismo.
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Di Nunzio, Daniele, Marcello Pedaci, Fabrizio Pirro y Emanuele Toscano. "La didattica a distanza durante la pandemia di covid-19: il lavoro dei docenti e la diversità dei contesti scolastici". ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, n.º 1 (junio de 2021): 98–106. http://dx.doi.org/10.3280/es2021-001008.

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L'articolo presenta i risultati di un'indagine rivolta ai docenti delle scuole dell'infanzia, prima-ria e secondaria, in merito alla didattica a distanza attuata durante la fase emergenziale della pandemia di Covid-19. L'Indagine è stata condotta su tutto il territorio nazionale, con questio-nario online, tecnica Cawi, dal 3 aprile al 7 maggio 2020, con 1197 questionari validi. L'analisi approfondisce il ruolo dei contesti scolastici nel determinare gli impatti sia sulle con-dizioni di lavoro dei docenti che sulle disuguaglianze di accesso al diritto di istruzione da parte degli studenti. In particolare, sono considerati i seguenti fattori intervenienti: il ruolo delle possibilità di partecipazione dei docenti, la formazione ricevuta e la disponibilità di strumenti tecnologici. L'indagine è stata promossa dalla Flc-Cgil (Federazione Lavoratori della Conoscenza) e con-dotta in collaborazione con Fondazione Giuseppe Di Vittorio, Università di Teramo e Labora-torio LO-Lavoro e Organizzazioni del Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche dell'Università degli Studi di Roma «La Sapienza».
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Ruggieri, Alessandro. "Il corpo in psicoanalisi. Pensieri in merito al lavoro: "Patologia somatica, relazionalità e conoscenza nel processo psicoanalitico" di Carlo Vittorio Todesco". PSICOANALISI, n.º 1 (julio de 2022): 27–37. http://dx.doi.org/10.3280/psi2022-001003.

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Partendo dal lavoro di Todesco vengono proposte riflessioni riguardo al problema dell'interazione tra mente e corpo. Più il bambino è piccolo, più i suoi sintomi avranno un'espressione prevalentemente, se non esclusivamente, somatica. Spesso il corpo e gli affetti ci parlano più di quanto riescano le parole. Persino le interpretazioni in analisi sono e restano caratterizzate da una componente corporea che si intreccia con un significato affettivo, oltre che cognitivo, sia nel paziente che nell'analista. Gli affetti sono una possibile chiave di volta tra mente e corpo, costituiscono il terreno nel quale una materia sconfina e si sovrappone con l'altra. L'analista necessita di una teoria metapsicologica per potersi orientare rispetto a quan-do, come e cosa interpretare. Il sintomo somatico non necessita peraltro sempre di un'interpretazione, questa può essere in alcune circostanze anche inutile o dannosa. Nel testo si riflette sulla necessità di prendere in considerazione i livelli profondi del funzionamento umano in analisi come in psichiatria. Spesso la frammentazione del sé del paziente si esprime con ma-nifestazioni somatiche che, se interpretate scorrettamente, possono determinare conseguenze non indifferenti sul piano clinico.
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Romeo, Lucia, Giusy Soldato, Valeria Brazzoduro, Monica Patrizio y Federica Giannotta. "TimMi: Ambulatorio per l'intercettazione delle fragilità familiari e la prevenzione del maltrattamento all'infanzia". MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, n.º 1 (marzo de 2021): 89–96. http://dx.doi.org/10.3280/mal2021-001006.

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TimMI è una équipe di professionisti esperti nel supporto delle fragilità familiari e nella prevenzione di ogni forma di maltrattamento all'infanzia. Nasce dalla collaborazione tra l'Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi, dove ha sede, e Terre des Hommes. Questo articolo ne descrive la storia, gli obiettivi e le principali attività, presentando i dati delle osservazioni, acquisite tramite Intovian, dei casi seguiti e del servizio di supporto a minori e famiglie che hanno subito un ricovero per COVID-19.
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Ferrari, Paolo. "Il duce.. Vero o presunto Intervista a Mimmo Franzinelli". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 265 (junio de 2012): 611–19. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-265005.

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La sezione si compone di tre contributi. Dal primo, Il duce.. vero o presunto, intervista di Paolo Ferrari a Mimmo Franzinelli (autore di Autopsia di un falso. I Diari di Mussolini e la manipolazione della storia), emergono sia i molti elementi che dimostrano la falsitŕ dei diari di Mussolini editi da Bompiani, sia le ragioni e le modalitŕ del tentativo, da parte di chi ne ha promosso la pubblicazione, di accreditare un'immagine pubblica ‘emendata' del dittatore, puntando a una sua ‘riabilitazione', alla costruzione di un fascismo "immaginato", privato dei suoi aspetti liberticidi, guerrafondai e razzisti: una vicenda culturale di lungo periodo che ha avuto inizio subito dopo la fine della dittatura. Il secondo, Il Discorso della Corona e i falsi diari di Lucio Ceva, illustra e commenta una nuova prova della loro non autenticitŕ. Infatti, mentre in essi, alla data 23 marzo 1939, il preteso Mussolini critica e dileggia i contenuti del Discorso della Corona, pronunciato nel 1939 da Vittorio Emanuele III, questo discorso, secondo gli usi e come confermato dal documento autografo pubblicato in appendice e conservato presso l'Archivio centrale dello Stato (ACS), era stato scritto proprio dal duce. Conclude la sezione la Perizia grafico-grafologica di Nicole Ciccolo, che compara i testi pubblicati da Bompiani sia con gli autografi di Mussolini conservati presso l'ACS sia con gli autografi di Amalia Panvini, giŕ condannata nel 1960 per falso e truffa in quanto creatrice e venditrice di falsi diari di Mussolini, giungendo alla conclusione di attribuire a quest'ultima anche la stesura dei Diari pubblicati da Bompiani, e confermando cosě, da una diversa angolazione di analisi, la tesi formulata da Franzinelli.
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Kilibarda, Vesna. "TRADUZIONE MONTENEGRINA DELL’ODE PIEMONTE DI CARDUCCI CRNOGORSKI PREVOD KARDUČIJEVE ODE PIJEMONTU". Folia linguistica et litteraria XI, n.º 30 (2020): 35–49. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.2.

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Il presente contributo prende in esame le circostanze in cui nel 1896 fu pubblicata in Montenegro una traduzione dell'ode Piemonte di Carducci, che fino ad oggi è rimasta l'unica versione di questa poesia dal famoso poeta italiano presso gli Slavi del Sud. Inoltre, si tratta dell'unica traduzione dalla lingua italiana del professor Živko Dragović, uno dei pochi traduttori di letteratura italiana in Montenegro fino alla fine dell’Ottocento che non si era formato intellettualmente nelle Bocche di Cattaro o in Dalmazia, dove lingua, letteratura e cultura italiana erano presenti da secoli. La pubblicazione della traduzione dell'ode di Carducci che celebra la dinastia Savoia e la regione piemontese, da cui è stata avviata la lotta per l'unificazione dell'Italia, è legata all'annuncio del matrimonio della principessa montenegrina Jelena Petrovic Njegoš con l’erede al trono italiano Vittorio Emanuele di Savoia, ma anche all'idea del piemontismo montenegrino, che all’epoca era caldeggiata dall’ideologia dinastica e dall’opera poetica del principe montenegrino Nikola I. Nell’articolo approfondiamo anche altri rari contributi su Carducci pubblicati nei periodici montenegrini fino all'inizio della prima guerra mondiale.
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Spagnuolo Lobb, Margherita y Vittorio Gallese. "Dall'enteroception al sostegno dell'intenzionalitŕ di contatto. Simulata di una seduta dal vivo". QUADERNI DI GESTALT, n.º 2 (mayo de 2012): 91–99. http://dx.doi.org/10.3280/gest2011-002010.

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L'articolo consiste nella trascrizione di una seduta dal vivo condotta, durante un convegno, da Margherita Spagnuolo Lobb, e nel commento da parte del neuroscienziato Vittorio Gallese, che ha assistito alla seduta. Il risultato č un originalissimo confronto su temi che riguardano l'interfaccia tra psicoterapia e neuroscienze. La partecipazione del terapeuta, il suo sentire in maniera "incarnata", diventa possibilitŕ per il paziente di consapevolezza di sé e strumento terapeutico per coglierne e sostenerne l'intenzionalitŕ di contatto. In una prospettiva estetica e processuale, la seduta č stata incentrata sull'esperienza percettiva e propriocettiva in cui la dimensione corporea e le risonanze sensori-motorie e affettive del quied- ora hanno giocato un ruolo fondamentale. Il neuroscienziato ha inoltre collegato l'enterocezione usata dalla terapeuta (la consapevolezza del battito cardiaco) ai recenti studi sul sistema nervoso autonomo e sistema nervoso centrale, e ha ricordato gli studi sul fenomeno della "mano di gomma", che rilevano come una maggiore capacitŕ di sentirsi dentro correli con un confine del sé corporeo piů stabile, meno facilmente violabile da illusioni.
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Dodet, Maurizio. "Psicoterapia cognitiva post-razionalista della coppia. Una proposta costruttivista". RICERCA PSICOANALITICA, n.º 2 (mayo de 2011): 39–56. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2011-002004.

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L'autore presenta l'approccio alla terapia di coppia secondo il "modello cognitivo costruttivista postrazionalista", rifacendosi, in particolare, ai concetti derivati dalle elaborazioni di Patricia Crittenden, Furio Lambruschi e Vittorio Guidano. Le dinamiche che sottendono la reciprocitŕ emotiva in un rapporto sentimentale sono considerate in stretto rapporto con l'attaccamento esperito nell'infanzia, considerato come la dimensione emotiva in cui si crea il significato personale che prende forma in una organizzazione di significato personale, di cui gli sono una delle componenti primarie. La scelta di un partner e la costruzione di un rapporto sentimentale sembrano essere in relazione con le caratteristiche e il grado di articolazione dell'assetto emotivo e cognitivo individuale. Il rapporto di coppia si genera dall'ingranarsi dei due stili sentimentali che sono espressione dei significati individuali ( ) e tendono a mantenere sentimenti di continuitŕ e di unicitŕ del sé nell'incontro intimo con l'altro da sé. In una terapia di coppia, l'obiettivo č quello di incrementare tale articolazione nell'analizzare come si ingranano i due significati individuali nelle varie fasi di formazione, mantenimento e crisi/rottura.
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Paolini, Gabriele. "Pepe-Lamartine Una polemica letteraria e un duello per il Risorgimento". Italianistica Debreceniensis 25 (29 de marzo de 2020): 64–79. http://dx.doi.org/10.34102/itde/2019/5555.

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Il saggio ricostruisce le reazioni provocate a Firenze dalla pubblicazione di Le dernier chant du pelerinage d’Harold di Alphonse de Lamartine (1825), ispirato all'opera incompiuta di Lord Byron. Il ritratto dell'assoluta decadenza dell'Italia contemporanea, con la definizione dei suoi abitanti di "polvere d'uomini", indignò gli intellettuali, che avrebbero voluto rispondere nell'Antologia di Vieusseux, il periodico più importante dell'epoca. Pietro Giordani intendeva anche rispondere a Lamartine pubblicando un saggio sulle Operette Morali del giovane (e ancora sconosciuto) Giacomo Leopardi, interpretato come un grande e vivente italiano. La censura ha impedito questa e altre risposte, ma non un aspro riferimento contenuto in un opuscolo dell'esiliiato napoletano Gabriele Pepe. Ferito nell'orgoglio, Lamartine (all'epoca responsabile dell'ambasciata francese a Firenze) sfidò Pepe a duello. La vittoria di Pepe suscitò un grande entusiasmo a Firenze e in tutta Italia. Il tema dell'onore offeso e vendicato con una prova di valore divenne una costante e fu imitato molte altre volte, nella realtà e nella letteratura, alimentando l'immaginazione di diverse generazioni.
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Ceva, Lucio. "La campagna di Grecia 1940-1941 Riflessi politici e conseguenze strategiche". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 258 (septiembre de 2010): 73–83. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-258004.

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Nell'ottobre 1940 l'Italia aggredě la Grecia subendo rovesci rimediati. Solo nell'aprile-maggio 1941 i tedeschi, attraversando Ungheria, Romania e Bulgaria, soggiogarono l'intero paese, Creta compresa. Mentre in Italia barcollava il prestigio del fascismo, in Grecia l'orgoglio per le vittorie sull'Italia era pagato con anni di occupazione militare tedesca. Lo studio della consistenza e dei piani della Wehrmacht prova che la campagna di Grecia non influě né sulla data d'inizio (22 giugno 1941) dell'attacco all'Urss né sul suo esito disastroso dovuto a incredibile sottovalutazione della potenza sovietica. Neppure successivamente la Grecia divenne un fattore importante, benché nel 1943 Hitler vi concentrasse forze aeree nel timore che gli angloamericani, approfittando del crollo italiano, invadessero la Balcania. Tale sarebbe stata la volontŕ di Churchill che sperava di provocare anche l'intervento della Turchia. Ma Roosevelt decise invece che le maggiori forze puntassero sull'invasione della Francia (giugno 1944). La Grecia fu liberata da forze britanniche nell'autunno 1944 senza contrasto da parte dei tedeschi che mantennero indisturbato il controllo delle isole egee sino all'epilogo del maggio 1945.
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Esposito, Assunta. "Un vescovo per Bressanone. Autorità italiane, gerarchie cattoliche e la vacanza della diocesi di Bressanone nel primo dopoguerra (1918-1921)". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 1 (septiembre de 2020): 5–51. http://dx.doi.org/10.3280/mon2020-001001.

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La vittoria sull'Austria nella prima guerra mondiale dava all'Italia insieme al sospirato confine al Brennero l'acquisto del Sudtirolo. Fra i problemi posti dal nuovo assetto ci fu dal lato ecclesiastico la situazione della diocesi a popolazione tedesca di Bressanone, una delle due diocesi, insieme a Trento, insistenti sul nuovo territorio italiano. La diocesi si trovava vacante da prima della fine della guerra ed era molto estesa, comprendeva infatti anche il Tirolo settentrionale, che sarebbe rimasto fuori dal nuovo confine italiano. Un vescovo, mons. Waitz, era stato in realtà nominato dall'imperatore d'Austria alla vigilia dell'abdicazione. Alle autori-tà italiane come alla S. Sede però era chiara la necessità di riconsiderare tanto la candidatura di Waitz, dal profilo politico troppo esposto in senso antitaliano, quanto di segnare nuovi confini alla diocesi, per separare definitivamente la parte austriaca dalla parte italiana. A questi intenti si opponevano la volontà di clero e popolazione locale di mantenere unita la diocesi in funzione di una futura riunione all'Austria e gli sforzi di Waitz per mantenere la propria candidatura. Il saggio rico-struisce analiticamente le tappe della laboriosa decisione attraverso il dialogo fra gerarchie cattoliche locali e romane e autorità italiane militari e civili sulla base di una documentazione archivistica edita e inedita.
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Lippolis, Vincenzo. "LE ELEZIONI DEL 1994". Il Politico 251, n.º 2 (3 de marzo de 2020): 186–99. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.244.

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Le elezioni del 1994 sono state il risultato finale della crisi dei partiti di massa del XX secolo. Esse hanno portato alla formazione di un sistema politico bipolare di prima-past-the-post. Il sistema dei partiti è diventato completamente diverso dal precedente. La novità principale fu la vittoriosa "entrata nella mischia" di Berlusconi che innovò profondamente i modelli della politica italiana. Si presentava come un leader carismatico a diretto contatto con gli elettori grazie a un sapiente uso della televisione. Il partito da lui fondato, Forza Italia, si identifica con la sua persona e non esisterebbe senza di lui. È un partito personale. Questo ha segnato un salto di qualità nel processo di personalizzazione della leadership che caratterizzerà il sistema politico italiano da quel momento in poi. Berlusconi ha vinto anche perché è stato il primo a capire che - con il nuovo sistema elettorale a scrutinio unico - lo scontro sarebbe stato tra destra e sinistra, senza possibilità di partiti centristi, e che sarebbe stato necessario costituire coalizioni elettorali. Ha così formato un'alleanza con la Lega del Nord e il MSI senza alcun riguardo per la coesistenza politica dell'alleanza. Il bipolarismo italiano acquisirebbe così la caratteristica negativa di coalizioni fragili ed eterogenee, non essendo il sistema elettorale adatto a limitare la frammentazione dei partiti. Il sistema politico diventerebbe fortemente conflittuale a causa della mancata legittimazione dei due fronti politici.
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Bottacin, Annalisa. "Roma con gli occhi di Stendhal, catalogo della Mostra. Roma, Vittoriano, 4-22 maggio 2006, a cura di Pietro Boragina e Giuseppe Marcenaro". Studi Francesi, n.º 155 (LII | II) (1 de octubre de 2008): 470. http://dx.doi.org/10.4000/studifrancesi.8961.

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Giaffreda, Marco. "Analisi di un risultato inatteso: le elezioni regionali del 2005 in Puglia". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 56, n.º 2 (31 de diciembre de 2006): 5–37. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12703.

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Le elezioni regionali del 3-4 aprile 2005 in Puglia possono essere annoverate di diritto tra quelle di maggior interesse politologico sia per gli aspetti innovativi presenti, sia per il sorprendente esito. In una complessa tornata elettorale, per la prima volta in Puglia, un candidato alla carica di presidente della Regione è stato scelto attraverso elezioni primarie che hanno coinvolto la base dei partiti del centrosinistra, fornendo, come vedremo, una delle chiavi per il successo finale. Inoltre, dopo le elezioni del 2000, come del resto prevedeva il lungo processo di decentramento delle funzioni amministrative e di maggiore autonomia degli organi periferici dello Stato, si era aperta nella Regione una fase riformatrice che ha portato all’approvazione del nuovo Statuto regionale e di una nuova legge elettorale per l’elezione del presidente e del consiglio. Sul fronte strettamente elettorale i due principali candidati, Nichi Vendola per la Grande alleanza democratica (GAD), formata dall’Ulivo più Rifondazione comunista, e Raffaele Fitto, per la Casa delle Libertà (CDL), hanno dato vita ad una campagna fortemente personalizzata e speculare in cui sono emerse le profonde differenze tra i due e tra due modi (e concezioni) diversi di fare politica. La vittoria di Vendola, tutt’altro che scontata ma in qualche modo prevedibile, ha rappresentato, inoltre, un forte elemento di discontinuità rispetto al passato e alla tradizione politico-elettorale della Puglia. Per tutti questi motivi, quindi, sulle elezioni pugliesi si sono accesi i riflettori dei mass media nazionali. Questo contributo ha l’obiettivo di descrivere e fornire una prima e parziale analisi del “terremoto pugliese”, dapprima attraverso una breve carrellata sulla storia del voto regionale in Puglia e sul contesto in cui si sono svolte le elezioni del 2005, per poi passare all’esame della nuova legge elettorale regionale, delle elezioni primarie nel centrosinistra e della loro influenza sull’esito finale della competizione, della campagna elettorale ed infine del risultato e delle possibili cause che l’hanno determinato.
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Becker, Rotraud. "Das Präzedenzrecht des Praefectus Urbis". Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, n.º 1 (20 de diciembre de 2017): 175–236. http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2017-0011.

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Riassunto Nel 1631 papa Urbano VIII conferi al suo nipote Taddeo Barberini il titolo di Praefectus Urbis, di cui erano stati insigniti a partire dal 1435 anche altri nipoti secolari dei papi, elevando percio lui e la sua famiglia al rango principesco. Come segno esteriore della sua posizione di rilievo egli avrebbe dovuto occupare, nel cerimoniale pontificio, il primo posto tra i dignitari secolari, ottenendo in tal modo la precedenza sui rappresentanti delle potenze a Roma. La disposizione provoco l’opposizione nella maggior parte dei principi che ordinarono ai loro diplomatici di non partecipare piu alle cerimonie papali, e in particolare alle processioni solenni e le messe celebrate nella Cappella Sistina. Una via per imporre il nuovo ordine gerarchico sarebbe potuta essere quella di far leva sull’imperatore, il quale si trovava in serie difficolta a causa delle vittorie svedesi, per convincerlo a chiedere al suo ambasciatore di dare la precedenza al prefetto urbano. Se ci si fosse riusciti, tutti gli altri rappresentanti diplomatici sarebbero dovuti adeguarsi. A lungo la casata Barberini tento di indurre Ferdinando II a fare questo passo, ricorrendo all’aiuto dei nunzi, a lettere lusinghiere, promesse, doni dissimulati, all’azione persuasiva di consiglieri imperiali e parenti, ma fin dall’inizio la corte imperiale era decisa di non agire senza prima accordarsi con la Francia e la Spagna. Pertanto il progetto era destinato al fallimento, perche la resistenza francese era scontata e ben nota; si evito pero, sulla base di alterne motivazioni, di dare una risposta negativa definitiva. Dai rapporti dei nunzi emerge inoltre che Ferdinando II, pur non volendo accettare un cerimoniale pontificio in cui i rappresentanti dell’imperatore e dell’Impero sarebbero stati retrocessi, si mostrava comunque attento a non inasprire le tensioni gia esistenti. Si intendeva dunque risolvere il problema rinviando, anzi astenendosi consapevolmente da ogni decisione, ma tale atteggiamento provoco ulteriori malumori e porto alla brusca fine della carriera di un nunzio. E, soprattutto, fini a danneggiare la reputazione del papato anche nei territori cattolici dell’Impero.
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Becker, Rotraud. "Das Präzedenzrecht des Praefectus Urbis". Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, n.º 1 (5 de marzo de 2018): 175–236. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2017-0011.

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Riassunto Nel 1631 papa Urbano VIII conferì al suo nipote Taddeo Barberini il titolo di Praefectus Urbis, di cui erano stati insigniti a partire dal 1435 anche altri nipoti secolari dei papi, elevando perciò lui e la sua famiglia al rango principesco. Come segno esteriore della sua posizione di rilievo egli avrebbe dovuto occupare, nel cerimoniale pontificio, il primo posto tra i dignitari secolari, ottenendo in tal modo la precedenza sui rappresentanti delle potenze a Roma. La disposizione provocò l’opposizione nella maggior parte dei principi che ordinarono ai loro diplomatici di non partecipare più alle cerimonie papali, e in particolare alle processioni solenni e le messe celebrate nella Cappella Sistina. Una via per imporre il nuovo ordine gerarchico sarebbe potuta essere quella di far leva sull’imperatore, il quale si trovava in serie difficoltà a causa delle vittorie svedesi, per convincerlo a chiedere al suo ambasciatore di dare la precedenza al prefetto urbano. Se ci si fosse riusciti, tutti gli altri rappresentanti diplomatici sarebbero dovuti adeguarsi. A lungo la casata Barberini tentò di indurre Ferdinando II a fare questo passo, ricorrendo all’aiuto dei nunzi, a lettere lusinghiere, promesse, doni dissimulati, all’azione persuasiva di consiglieri imperiali e parenti, ma fin dall’inizio la corte imperiale era decisa di non agire senza prima accordarsi con la Francia e la Spagna. Pertanto il progetto era destinato al fallimento, perché la resistenza francese era scontata e ben nota; si evitò però, sulla base di alterne motivazioni, di dare una risposta negativa definitiva. Dai rapporti dei nunzi emerge inoltre che Ferdinando II, pur non volendo accettare un cerimoniale pontificio in cui i rappresentanti dell’imperatore e dell’Impero sarebbero stati retrocessi, si mostrava comunque attento a non inasprire le tensioni già esistenti. Si intendeva dunque risolvere il problema rinviando, anzi astenendosi consapevolmente da ogni decisione, ma tale atteggiamento provocò ulteriori malumori e portò alla brusca fine della carriera di un nunzio. E, soprattutto, finì a danneggiare la reputazione del papato anche nei territori cattolici dell’Impero.
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Pasquino, Gianfranco. "TRENT'ANNI DI SCIENZA POLITICA: TEMI E LIBRI". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 31, n.º 1 (abril de 2001): 5–29. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200029531.

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Introduzione Qualsiasi bilancio è sempre problematico, soprattutto quando è il bilancio di una disciplina nella quale la ricerca continua e per la quale gli oggetti cambiano anche grazie alla ricerca, alle risultanze, agli interventi che ne derivano. Tuttavia, esistono occasioni nelle quali la necessità di un bilancio si impone. Trent'anni di vita, per una rivista accademica, non sono pochi. Meritano di essere analizzati e collocati nel più ampio territorio della scienza politica. Il primo fascicolo della «Rivista Italiana di Scienza Politica» fu pubblicato nell'aprile del 1971. Dal punto di vista della nascita e della professionalizzazione della scienza politica in Italia, la nascita della Risp costituì il logico sviluppo dell'attività di un piccolo gruppo di studiosi che pochi mesi prima sotto la guida di Giovanni Sartori aveva collaborato alla Antologia di Scienza Politica con sezioni curate nell'ordine da Giuliano Urbani (Metodi, approcci e teorie); Stefano Passigli (Potere ed élites politiche); Giacomo Sani (Cultura politica e comportamento politico); Domenico Fisichella (Partiti politici e gruppi di pressione); Vittorio Mortara (La pubblica amministrazione) e Gianfranco Pasquino (Lo sviluppo politico). Quanto alla Rivista, quel primo fascicolo era deliberatamente e opportunamente dedicato alla politica comparata per segnalare l'importanza di quella prospettiva e del metodo che vi era sotteso. Sulla comparazione conteneva articoli di Sartori, La politica comparata: premesse e problemi, di Arend Lijphart, Il metodo della comparazione e di George J. Graham Jr., Consenso e opposizione: una tipologia, conteneva anche un articolo di Fisichella, Conseguenze politiche della legge elettorale regionale in Italia e uno di Pasquino, Le crisi di sviluppo nell'esperienza giapponese. In entrambi i casi, quegli articoli erano la prosecuzione di un interesse scientifico che si era già tradotto nella pubblicazione di due volumi, rispettivamente Fisichella (1970, e poi 1982) e Pasquino (1970). Tuttavia, mentre nel caso dei sistemi elettorali stava per aprirsi una intensa, ma tuttora incompiuta, stagione di dibattito e di riforme, che la Rivista ha monitorato standone a opportuna distanza (ad esempio, AA.VV. 1984 e 1987), nel caso dello sviluppo politico, il tema stava giungendo ad esaurimento. A riprova, sulla Rivista, se ne scrisse in seguito relativamente, forse troppo, poco. Peraltro, l'analisi dello sviluppo politico si era incrociata spesso, opportunamente e fruttuosamente con la politica comparata. Proprio per questo «incrocio», mi sembra che qualsiasi ricognizione su quanto è avvenuto, in termini di temi e di libri, in questi trent'anni debba ripartire congiuntamente dagli studi di politica comparata e di sviluppo politico.
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MINIATI, MARA. "ERASMO RECAMI, SERGIO PIZZIGALLI, ETTORE PARIGI, FRANCESCO DE VINCENTIIS, VIRGILIO BORLOTTI, Gli strumenti scientifici di interesse storico del «Lussana», del «Vittorio Emanuele», e del «Quarenghi» di Bergamo, Bergamo, Dipartimento di Ingegneria Università degli Studi di Bergamo, 2002, 79 pp., ill., ISBN e prezzo non indicati." Nuncius 18, n.º 2 (2003): 871–72. http://dx.doi.org/10.1163/182539103x00260.

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MINIATI, MARA. "ERASMO RECAMI, SERGIO PIZZIGALLI, ETTORE PARIGI, FRANCESCO DE VINCENTIIS, VIRGILIO BORLOTTI, Gli strumenti scientifici di interesse storico del «Lussana», del «Vittorio Emanuele», e del «Quarenghi» di Bergamo, Bergamo, Dipartimento di Ingegneria Università degli Studi di Bergamo, 2002, 79 pp., ill., ISBN e prezzo non indicati." Nuncius 18, n.º 2 (1 de enero de 2003): 871–72. http://dx.doi.org/10.1163/221058703x00264.

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Brundin, Abigail. "Maria Forcellino. Michelangelo, Vittoria Colonna e gli “spirituali”: Religiosità e vita artistica a Roma negli anni Quaranta. La corte dei papi 18. Rome: Viella S.r.l., 2009. 278 pp. + 14 color and 16 b/w pls. index. append. illus. bibl. 荤30. ISBN: 978–88–8334–379–7." Renaissance Quarterly 63, n.º 2 (2010): 602–4. http://dx.doi.org/10.1086/655269.

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Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Pacciolla, Aureliano. "EMPATHY IN TODAYS CLINICAL PSYCHOLOGY AND IN EDITH STEIN". Studia Philosophica et Theologica 18, n.º 2 (7 de diciembre de 2019): 138–60. http://dx.doi.org/10.35312/spet.v18i2.29.

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By Stein Edith: Zum problem der Einfühlung, Niemeyer, Halle 1917, Reprint der OriginalausgabeKaffke, München 1980, trad. it. Il problema dell’empatia, trad. di E. Costantini e E. Schulze Costantini, Studium, Roma 1985. Beiträge zur philosophischen Begründ der Psychologie und Geisteswissen schaften: a) Psychische Kausalität; b)Individuum und Gemeinschaft, «Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», vol. 5, Halle 1922, pp. 1-283, riedito da Max Niemeyer, Tübingen 1970, trad. it. Psicologia e scienze dello spirito. Contributi per una fondazione filosofica, trad. di A. M. Pezzella, pref. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1996. Was ist Phänomenologie?, in Wissenschaft/Volksbildung, supplemento scientifico al «Neuen Pfälzischen Landes Zeitung», n. 5, 15 maggio 1924; è stato pubblicato nella rivista «Teologie und Philosophie», 66 (1991), pp. 570-573; trad. it. Che cosa è la fenomenologia? in La ricerca della verità – dalla fenomenologia alla filosofia cristiana, a cura di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1993, pp. 55-60. Endliches und ewiges Sein. VersucheinesAufstiegszum Sinn des Sein (ESW II), hrsg. von L. Gelber und R. Leuven, Nauwelaerts-Herder, Louvain-Freiburg 1950, trad. it. Essere finito e essere eterno. Per una elevazione al senso dell’essere, trad. it. di L. Vigone, rev. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1988. Welt und Person. BeträgezumchristlichenWahrheitstreben (ESW VI), hrsg. von L. Gelber und R. Leuven, Newelaerts – Herder, Louvain – Freiburg 1962, trad. it. Natura, persona, mistica. Per una ricerca cristiana della verità, trad. it. di T. Franzoni, M. D’Ambra e A. M. Pezzella, a cura di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1999. AusdemLebeneinerjüdischenFamilie (ESW VII), Herder, Freiburg i. Br. 1987, trad. it. Storia di una famiglia ebrea. Lineamenti autobiografici: l’infanzia e gli anni giovanili, Città Nuova, Roma 1992. Einführung in die Philosophie (ESW XIII), hrsg. von L. Gelber und M. Linssen, Herder, Freiburg i. Br. 1991, trad. it. Introduzione alla filosofia di A. M. Pezzela, pref. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1998. Briefean Roman Ingarden 1917-1938 (ESW XIV), Einleitung von H. B. Gerl-Falkovitz, Anmerkungen von M. A. Neyer, hrsg. von L. Gelber und M. Linssen, Herder, Freiburg i. Br. 1991, trad. it. Lettere a Roman Ingarden, trad. it. di E. Costantini e E. Schulze Costantini, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001. Potenz und Akt. StudienzueinerPhilosophie des Seins (ESW XVIII), bearbeitet und miteinerEinfürungversehen von H. R. Sepp, hrsg. von L. Gelber und M. Linssen, Herder, Freiburg i. Br. 1998, trad. it. Potenza e atto. Studi per una filosofia dell’essere, trad. di A. Caputo, pref. di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 2003. By others on Edith Stein and Empathy: Albiero, Paolo and Matricardi Giada, Che cos’è l’empatia, Carocci, Roma, 2006. Ales Bello, Angela, Empathy, a return to reason, in The self and the other. The irreducibile element in a man. Part I, ed. by A. T. Tymieniecka, Dordrecht-Boston, Reidel Publishing Company, in «Analecta Husserliana», 6 (1977), pp. 143-149. – Edith Stein: da Edmund Husserl a Tommaso D’Aquino. In Memorie Domenicane, n. 7, n.s., 1976. – Edmund Husserl e Edith Stein. La questione del metodo fenomenologico, in «Acta Philosophica», 1 (1992), pp. 167-175. – Fenomenologia dell’essere umano – Lineamenti di una filosofia al femminile, Città Nuova, Roma 1992. – Analisi fenomenologica della volontà. Edmund Husserl ed Edith Stein, in «Per la filosofia», 1994, n. 31, pp. 24-29. – Lo studio dell’anima fra psicologia e fenomenologia in Edith Stein, in Sogno e mondo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995, pp. 7-25. – Edith Stein. Invito alla lettura, Edizioni San Paolo, Milano 1999. – Edith Stein, Piemme, Casale Monferrato 2000. – Empatia e dialogo: un’analisi fenomenologica, in A. 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Testa, Rita Lizzi. "Memorie d’imperatori vivi, orazioni funebri e preghiere in suffragio per i principi defunti: Ambrogio di Milano e le sue innovazioni". História (São Paulo) 39 (2020). http://dx.doi.org/10.1590/1980-4369e2020050.

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Sunto: Le orazioni funerarie per Valentiniano II e Teodosio I, così come due lettere che il vescovo Ambrogio mandò a Teodosio I, subito dopo aver ricevuto da lui la notizia della vittoria al fiume Frigidus, mostrano che il vescovo parlò degli imperatori e agli imperatori senza dimenticare la sua nascita e il suo rango senatorio nel nuovo ruolo vescovile. Dal momento che egli conosceva i principali motivi, che utilizzavano i senatori per suscitare l’opposizione alla politica teodosiana (vittoria in una guerra civile, falso trionfo, principi elevati al trono da fanciulli), egli fu abile a cambiarli in altrettanti motivi di sostegno per Teodosio e la sua dinastia. Lo fece utilizzando il tema classico della vittoria dovuta all’intervenento divino, che egli trasformò cristianamente in quello della vittoria incruenta garantita dalla pietas imperiale. Dopo il Frigido, l’idea che gli usurpatori erano empii, indipendentemente dalla religione professata, per il semplice fatto di essersi opposti al pius imperator, divenne un corollario essenziale del tema della vittoria incruenta. Il vescovo legittimò il potere dei principes pueri invocando la loro pietas, e valorizzò la clementia verso gli oppositori trasformando in virtù tipicamente cristiana una tradizionale virtù politica. L’adesione di Ambrogio alla politica di Valentiniano I e di Teodosio produsse alcune innovazioni: egli inserì i membri di due domus augustae tra i nomi dei defunti da ricordare durante l’offerta sacrificale e offrì sull’altare la lettera imperiale, che annunciava la vittoria, durante la celebrazione eucaristica. Teodosio, assicurando la sua indulgentia non solo a coloro che avevano parteggiato per Eugenio ma pure a quanti si erano rifugiati nella chiesa di Milano ed erano protetti dal vescovo, fece un’importante concessione in tema di asilo ecclesiastico. Varie testimonianze, però mostrano che il diritto all’asilo nelle chiese ebbe conferma legislativa solo dopo alcuni anni.
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"Giurisprudenza e documenti". QUESTIONE GIUSTIZIA, n.º 2 (mayo de 2009): 191–224. http://dx.doi.org/10.3280/qg2009-002015.

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1. La privacy, i periti, il Garante (Vittorio Gaeta) Garante per la privacy - 31 luglio 2008 - Linee guida in materia di trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e dei periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero 2. Mendicare con il proprio figlio non significa renderlo schiavo (Lorenzo Miazzi) Cass. - sez. V, 17 settembre - 28 novembre 2008, pres. Ambrosini, rel. Marasca, ric. V.M. 3. Gli insegnanti di religione e gli altri (Antonio Lamorgese) Tribunale Roma - sez. lav., 9 luglio 2008, est. M. Petrucci, R.M. contro Ministero istruzione 4. Occupazione abusiva di immobili e stato di necessitŕ. Un revirement della Cassazione solo apparente (Giulio Toscano) Cass. - sez. II, 22 ottobre - 10 novembre 2008, pres. Cosentino, est. Zappia, ric. F.R.
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Dodet, Maurizio. "Michele Minolli: psicoanalista costruttivista?" Ricerca Psicoanalitica 31, n.º 3 (5 de febrero de 2021). http://dx.doi.org/10.4081/rp.2020.383.

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Michele Minolli ha attraversato il suo tempo accogliendo a pieno il portato della formazione psicoanalitica e allo stesso tempo ha saputo coniugare le nuove acquisizioni delle scienze umane e mediche nel loro sviluppo attuale. Il progetto di ricerca descritto nell’articolo del 1990 si è sviluppato nei suoi scritti giungendo ad accogliere la visione dell’uomo come sistema autonomo e ponendo in primo piano l’Io-soggetto e la relazione, come centro del metodo terapeutico (Minolli, 1990). Tra gli autori in ambito cognitivista Vittorio Guidano ha percorso dei sentieri molto vicini abbracciando la visione costruttivista: l’autore descrive come l’incontro tra i due metodi sia stato generativo e di stimolo per ulteriori sviluppi di una prassi nell’intervento psicoterapeutico rispettoso della soggettività.
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"Francesco Gui. L'attesa del concilio: Vittoria Colonna e Reginald Pole nel movimento degli “spirituali.” (Storia e società.) Rome: Editoria Università Elettronica. 1997. Pp. 587". American Historical Review, febrero de 2001. http://dx.doi.org/10.1086/ahr/106.1.286.

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Grassano, Matteo. "Matteo Grassano writes on a 19th century Italian newspaper in Nice". Neke. The New Zealand Journal of Translation Studies 4, n.º 1 (25 de abril de 2021). http://dx.doi.org/10.26686/neke.v4i1.6807.

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Il Trattato di Torino, firmato il 24 marzo del 1860 da Vittorio Emanuele II, sancì la cessione delle province di Nizza e della Savoia alla Francia. Fu l’epilogo di una proposta intavolata con gli accordi di Plombières nel luglio 1858 e ufficializzata, con alcune modifiche, per mezzo del trattato di alleanza sardo-francese nel gennaio 1859. Come è noto, l’alleanza stabiliva l’aiuto militare della Francia al Piemonte in caso di aggressione austriaca, un aiuto di cui Nizza e la Savoia avrebbero rappresentato la contropartita. L’armistizio di Villafranca nel luglio 1859, con il mancato accorpamento del Veneto austriaco al Regno di Sardegna, fece sì che l’imperatore francese Napoleone III rinunciasse momentaneamente alle sue pretese territoriali; quando però, in seguito all’insediamento del nuovo governo avvenuto il 21 gennaio 1860, Cavour riprese in mano il corso della politica sabauda, fu chiaro a tutti che l’annessione degli Stati Centrali aveva un prezzo ineludibile: la rinuncia alla provincia di Nizza e alla Savoia. Si giunse così, in meno di due mesi, alla stesura del Trattato di Torino, che fu diffuso ufficialmente solo il 1° aprile. Nei territori sabaudi, ormai occupati dalle truppe francesi, che in accordo con i piemontesi avevano iniziato a oltrepassare i confini già dal 24 marzo, il 15-16 aprile del 1860 a Nizza e il 22-23 in Savoia si svolsero i plebisciti che confermarono con “percentuali bulgare” (sicuramente da ridimensionare visto i torbidi e il clima di pressione in cui avvennero le consultazioni) le decisioni dei governi.
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Goethals, Jessica. "«Cadde a tai note»: il lamento tra la Flora feconda e La selva di cipressi di Margherita Costa". altrelettere, 3 de febrero de 2023. http://dx.doi.org/10.5903/al_uzh-69.

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Nel 1640 Margherita Costa dedicò al granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici Flora feconda, un poema epico in onore della nascita del suo primo figlio. In quest’opera gli eroi Zeffiro e Flora (personaggi che raffigurano Ferdinando e la sua consorte Vittoria della Rovere) intraprendono un viaggio nel Mediterraneo fino all’oracolo di Giove per chiedere al dio il permesso di procreare. Il poema permise a Costa di mostrare la sua versatilità letteraria attraverso un adattamento innovativo di modelli offerti da figure come Ovidio e Ariosto. Il saggio esamina in particolare la rivisitazione di Costa del topos della donna abbandonata presente nella tradizione letteraria e musicale del lamento amoroso. Quando l’infante dei Medici morì dopo pochi giorni dal parto, la poetessa fu costretta a modificare il testo aggiungendo un decimo canto che prende la forma del lamento politico, un altro tipo di lamento allora in voga. L’unione di questi due sub-generi viene replicata nelle altre due successive opere pubblicate in quello stesso anno: una versione drammatica del poema intitolata La Flora feconda e la raccolta di poesie lugubri La selva di cipressi. In queste opere, come il saggio dimostra, Costa gioca con le convenzioni del lamento sia in termini di genere letterario-teatrale che di ruoli legati al gender dei personaggi.
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Buck, August. "Vittorio Russo, Impero e stato di diritto, Studio su „Monarchia“ ed „Epistole“ politiche di Dante, Napoli 1987,73 S. (Memorie dell'Istituto Italiano per gli studi filosofici 18)". Deutsches Dante-Jahrbuch 63, n.º 1 (1 de enero de 1988). http://dx.doi.org/10.1515/dante-1988-0110.

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Hayward, Mark. "Two Ways of Being Italian on Global Television". M/C Journal 11, n.º 1 (1 de junio de 2008). http://dx.doi.org/10.5204/mcj.25.

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“We have made Italy, now we must make Italians,” in the (probably apocryphal) words of the Prime Minister, sometime after the unification of the nation in 1860. Perhaps in French, if it was said at all. (The quotation is typically attributed to Massimo D’Azeglio, the prime minister of Piedmont and predecessor of the first Italian prime minister Camillo Cavour. Many have suggested that the phrase was misquoted and misunderstood (see Doyle.) D’Azeglio spoke in Italian when he addressed the newly-formed Italian parliament, but my reference to French is meant to indicate the fragility of the national language in early Italy where much of the ruling class spoke French while the majority of the people in the peninsula still spoke regional dialects.) It was television – more than print media or even radio – that would have the biggest impact in terms of ‘making Italians.’ Writing about Italy in the 1950s, a well-known media critic suggested that television, a game show actually, “was able to succeed where The Divine Comedy failed … it gave Italy a national language” (qtd. in Foot). But these are yesterday’s problems. We have Italy and Italians. Moreover, the emergence of global ways of being and belonging are evidence of the ways in which the present transcends forms of belonging rooted in the old practices and older institutions of the nation-state. But, then again, maybe not. “A country that allows you to vote in its elections must be able to provide you with information about those elections” (Magliaro). This was 2002. The country is still Italy, but this time the Italians are anywhere but Italy. The speaker is referring to the extension of the vote to Italian citizens abroad, represented directly by 18 members of parliament, and the right to information guaranteed the newly enfranchised electorate. What, then, is the relationship between citizenship, the state and global television today? What are the modalities of involvement and participation involved in these transformations of the nation-state into a globally-articulated network of institutions? I want to think through these questions in relation to two ways that RAI International, the ‘global’ network of the Italian public broadcaster, has viewed Italians around the world at different moments in its history: mega-events and return information. Mega-Events Eighteen months after its creation in 1995, RAI International was re-launched. This decision was partially due to a change in government (which also meant a change in the executive and staff), but it was also a response to the perceived failure of RAI International to garner an adequate international audience (Morrione, Testimony [1997]). This re-launch involved a re-conceptualisation of the network’s mandate to include both information services for Italians abroad (the traditional ‘public service’ mandate for Italy’s international broadcasting) as well as programming that would increase the profile of Italian media in the global market. The mandate outlined for Roberto Morrione – appointed president as part of the re-launch – read: The necessity of strategic and operative certainties in the international positioning of the company, both with regard to programming for our co-nationals abroad and for other markets…are at the centre of the new role of RAI International. This involves bringing together in the best way the informative function of the public service, which is oriented to our community in the world in order to enrich its cultural patrimony and national identity, with an active presence in evolving markets. (Morrione, Testimony [1998]) The most significant change in the executive of the network was the appointment of Renzo Arbore, a well-known singer and bandleader, to the position of artistic director. At the time of Arbore’s appointment, the responsibilities of the artistic director at the network were ill defined, but he very quickly transformed the position into the ‘face’ of RAI International. In an interview from 1998, Arbore explained his role at the network as follows: “I’m the artistic director, which means I’m in charge of the programs that have any kind of artistic content. Also, I’m the so called “testimonial”, which is to say I do propaganda for the network, I’m the soul of RAI International” (Affatato). The most often discussed aspect of the programming on RAI International during Arbore’s tenure as artistic director was the energy and resources dedicated to events that put the spotlight on the global reach of the service itself and the possibilities that satellite distribution gave for simultaneous exchange between locations around the world. It was these ‘mega-events’ (Garofalo), in spite of constituting only a small portion of the programming schedule, that were often seen as defining RAI’s “new way” of creating international programming (Milana). La Giostra [The Merry Go Round], broadcast live on New Year’s Eve 1996, is often cited as the launch of the network’s new approach to its mission. Lasting 20 hours in total, the program was hosted by Arbore. As Morrione described it recently, The ‘mother of live shows’ was the Giostra of New Year’s ’97 where Arbore was live in the studio for 20 consecutive hours, with many guests and segments from the Pole, Peking, Moscow, Berlin, Jerusalem, San Paolo, Buenos Aires, New York and Los Angeles. It was a memorable enterprise without precedent and never to be duplicated. (Morrione, RAI International) The presentation of television as a global medium in La Giostra draws upon the relationship between live broadcasting, satellite television and conceptions of globality that has developed since the 1960s as part of what Lisa Parks describes as ‘global presence’ (Parks). However, in keeping with the dual mandate of RAI International, the audience that La Giostra is intended to constitute was not entirely homogenous in nature. The lines between the ‘national’ audience, which is to say Italians abroad, and the international audience involving a broader spectrum of viewers are often blurred, but still apparent. This can be seen in the locations to which La Giostra travelled, locations that might be seen as a mirror of the places to which the broadcast might be received. On the one hand, there are segments from a series of location that speak to a global audience, many of which are framed by the symbols of the cold war and the ensuing triumph of global capitalism. The South Pole, Moscow, Beijing and a reunified Berlin can be seen as representing this understanding of the globe. These cities highlighted the scope of the network, reaching cities previously cut off from Italy behind the iron curtain (or, in the case of the Pole, the extreme of geographic isolation.) The presence of Jerusalem contributed to this mapping of the planet with an ecclesiastical, but ecumenical accent to this theme. On the other hand, Sao Paolo, Buenos Aires, and Melbourne (not mentioned by Morrione, but the first international segment in the program) also mapped the world of Italian communities around the world. The map of the globe offered by La Giostra is similar to the description of the prospective audience for RAI International that Morrione gave in November 1996 upon his appointment as director. After having outlined the network’s reception in the Americas and Australia, where there are large communities of Italians who need to be served, he goes on to note the importance of Asia: “China, India, Japan, and Korea, where there aren’t large communities of Italians, but where “made in Italy,” the image of Italy, the culture and art that separate us from others, are highly respected resources” (Morrione, “Gli Italiani”). La Giostra served as a container that held together a vision of the globe that is centered around Italy (particularly Rome, caput mundi) through the presentation on screen of the various geopolitical alliances as well as the economic and migratory connections which link Italy to the world. These two mappings of the globe brought together within the frame of the 20-hour broadcast and statements about the network’s prospective audiences suggest that two different ways of watching RAI International were often overlaid over each other. On the one hand, the segments spanning the planet stood as a sign of RAI International’s ability to produce programs at a global scale. On the other hand, there was an attempt to speak directly to communities of Italians abroad. The first vision of the planet offered by the program suggests a mode of watching more common among disinterested, cosmopolitan viewers belonging to a relatively homogenous global media market. While the second vision of the planet was explicitly rooted in the international family of Italians constituted through the broadcast. La Giostra, like the ‘dual mandate’ of the network, can be seen as an attempt to bring together the national mission of network with its attempts to improve its position in global media markets. It was an attempt to unify what seemed two very different kinds of audiences: Italians abroad and non-Italians, those who spoke some Italian and those who speak no Italian at all. It was also an attempt to unify two very different ways of understanding global broadcasting: public service on the one hand and the profit-oriented goals of building a global brand. Given this orientation in the network’s programming philosophy, it is not surprising that Arbore, speaking of his activities as Artistic director, stated that his goals were to produce shows that would be accessible both to those that spoke very little Italian as well as those that were highly cultured (Arbore). In its attempt to bring these divergent practices and imagined audiences together, La Giostra can be seen as part of vision of globalisation rooted in the euphoria of the early nineties in which distance and cultural differences were reconciled through communications technology and “virtuous” transformation of ethnicity into niche markets. However, this approach to programming started to fracture and fail after a short period. The particular balance between the ethnic and the economically ecumenical mappings of the globe present in La Giostra proved to be as short lived as the ‘dual mandate’ at RAI International that underwrote its conception. Return Information The mega-events that Arbore organised came under increasing criticism from the parliamentary committees overseeing RAI’s activities as well as the RAI executive who saw them both extremely expensive to produce and of questionable value in the fulfillment of RAI’s mission as a public broadcaster (GRTV). They were sometimes described as misfatti televisivi [broadcasting misdeeds] (Arbore). The model of the televisual mega-event was increasingly targeted towards speaking to Italians abroad, dropping broader notions of the audience. This was not an overnight change, but part of a process through which the goals of the network were refocused towards ‘public service.’ Morrione, speaking before the parliamentary committee overseeing RAI’s activities, describes an evening dedicated to a celebration of the Italian flag which exemplifies this trend: The minister of Foreign Affairs asked us to prepare a Tricolore (the Italian flag) evening – that would go on air in the month of January – that we would call White, Red and Green (not the most imaginative name, but effective enough.) It would include international connections with Argentina, where there exists one of the oldest case d’italiani [Italian community centers], built shortly after the events of our Risorgimento and where they have an ancient Tricolore. We would also connect with Reggio Emilia, where the Tricolore was born and where they are celebrating the anniversary this year. Segments would also take us to the Vittoriano Museum in Rome for a series of testimonies. (Morrione, Testimony [1997]) Similar to La Giostra, the global reach of RAI International was used to create a sense of simultaneity among the dispersed communities of Italians around the world (including the population of Italy itself). The festival of the Italian flag was similarly deeply implicated in the rituals and patterns that bring together an audience and, at another level, a people. However, in the celebration of the Italian flag, the notion that such a spectacle might be of interest to those outside of a global “Italian” community has disappeared. Like La Giostra, programs of this kind are intended to be constitutive of an audience, a collectivity that would not exist were it not for the common space provided through television spectatorship. The celebration of the Italian flag is part of an attempt to produce a sense of global community organised by a shared sense of ethnic identity as expressed through the common temporality of a live broadcast. Italians around the world were part of the same Italian community not because of their shared history (even when this was the stated subject of the program as was the case with Red, White and Green), but because they co-existed by means of their experience of the mediated event. Through these events, the shared national history is produced out of the simultaneity of the common present and not, as the discourse around Italian identity presented in these programs would have it (for example, the narratives around the origin around the flag), the other way around. However, this connection between the global television event that was broadcast live and national belonging raised questions about the kind of participation they facilitated. This became a particularly salient issue with the election of the second Berlusconi government and the successful campaign to grant Italians citizens living abroad the vote, a campaign that was lead by formerly fascist (but centre-moving) Alleanza Nazionale. With the appoint of Massimo Magliaro, a longtime member of Alleanza Nazionale, to the head of the network in 2000, the concept of informazione di ritorno [return information] became increasingly prominent in descriptions of the service. The phrase was frequently used, along with tv di ritorno (Tremaglia), by the Minister for Italiani nel Mondo during the second Berlusconi administration, Mirko Tremaglia, and became a central theme in the projects envisioned for the service. (The concept had circulated previously, but it was not given the same emphasis that it would gain after Magliaro’s appointment. In an interview from 1996, Morrione is asked about his commitment to the policy of “so-called” return information. He answers the question by commenting in support of producing a ‘return image’ (immagine di ritorno), but never uses the phrase (Morrione, “Gli Italiani”). Similarly, Arbore, in an interview from 1998, is also asked about ‘so-called’ return information, but also never uses the term himself (Affatato). This suggests that its circulation was limited up until the late 1990s.) The concept of ‘return information’ – not quite a neologism in Italian, but certainly an uncommon expression – was a two-pronged, and never fully implemented, initiative. Primarily it was a policy that sought to further integrate RAI International into the system of RAI’s national television networks. This involved both improving the ability of RAI International to distribute information about Italy to communities of Italians abroad as well as developing strategies for the eventual use of programming produced by RAI International on the main national networks as a way of raising the awareness of Italians in Italy about the lives and beliefs of Italians abroad. (The programming produced by RAI International was never successfully integrated into the schedules of the other national networks. This issue remained an issue that had yet to be resolved as recently as the negotiations between the Prime Minister’s office and RAI to establish a new agreement governing RAI’s international service in 2007.) This is not to say that there was a dramatic shift in the kind of programming on the network. There had always been elements of these new goals in the programming produced exclusively for RAI International. The longest running program on the network, Sportello Italia [Information Desk Italy], provided information to Italians abroad about changes in Italian law that effected Italians abroad as well as changes in bureaucratic practice generally. It often focused on issues such as the voting rights of Italians abroad, questions about receiving pensions and similar issues. It was joined by a series of in-house productions that primarily consisted of news and information programming whose roots were in the new division in charge of radio and television broadcasts since the sixties. The primary change was the elimination of large-scale programs, aside from those relating to the Italian national soccer team and the Pope, due to budget restrictions. This was part of a larger shift in the way that the service was envisioned and its repositioning as the primary conduit between Italy and Italians abroad. Speaking in 2000, Magliaro explained this as a change in the network’s priorities from ‘entertainment’ to ‘information’: There will be a larger dose of information and less space for entertainment. Informational programming will be the privileged product in which we will invest the majority of our financial and human resources, both on radio and on television. Providing information means both telling Italians abroad about Italy and allowing public opinion in our country to find out about Italians around the world. (Morgia) Magliaro’s statement suggests that there is a direct connection between the changing way of conceiving of ‘global’ Italian television and the mandate of RAI International. The spectacles of the mid-nineties, implicitly characterised by Magliaro as ‘entertainment,’ were as much about gaining the attention of those who did not speak Italian or watch Italian television as speaking to Italians abroad. The kind of participation in the nation that these events solicited were limited in that they did not move beyond a relatively passive experience of that nation as community brought together through the diffuse and distracted experience of ‘entertainment’. The rise of informazione di ritorno was a discourse that offered a particular conception of Italians abroad who were more directly involved in the affairs of the nation. However, this was more than an increased interest in the participation of audiences. Return information as developed under Magliaro’s watch posited a different kind of viewer, a viewer whose actions were explicitly and intimately linked to their rights as citizens. It is not surprising that Magliaro prefaced his comments about the transformation of RAI’s mandate and programming priorities by acknowledging that the extension of the vote to Italians abroad demands a different kind of broadcaster. The new editorial policy of RAI International is motivated from the incontrovertible fact that Italians abroad will have the right to vote in a few months … . In terms of the product that we are developing, aimed at adequately responding to the new demands created by the vote… (Morgia) The granting of the vote to Italians abroad meant that the forms of symbolic communion that produced through the mega-events needed to be supplanted by a policy that allowed for a more direct link between the ritual aspects of global media to the institutions of the Italian state. The evolution of RAI International cannot be separated from the articulation of an increasingly ethno-centric conception of citizenship and the transformation of the Italian state over the course of the 1990s and early 2000s towards. The transition between these two approaches to global television in Italy is important for understanding the events that unfolded around RAI International’s role in the development of a global Italian citizenry. A development that should not be separated from the development of increasingly stern immigration policies whose effect is to identify and export undesirable outsiders. The electoral defeat of Berlusconi in 2006 and the ongoing political instability surrounding the centre-left government in power since then has meant that the future development of RAI International and the long-term effects of the right-wing government on the cultural and political fabric of Italy remain unclear at present. The current need for a reformed electoral system and talk about the need for greater efficiency from the new executive at RAI make the evolution of the global Italian citizenry an important context for understanding the role of media in the globalised nation-state in the years to come. References Affatato, M. “I ‘Segreti’ di RAI International.” GRTV.it, 17 Feb. 1998. Arbore, R. “‘Il mio sogno? Un Programma con gli italiani all’estero.’” GRTV.it, 18 June 1999. Foot, J. Milan since the Miracle: City, Culture, and Identity. Oxford: Berg, 2001. Garofalo, R. “Understanding Mega-Events: If We Are the World, Then How Do We Change It? In C. Penley and A. Ross, eds., Technoculture. Minneapolis, University of Minnesota Press, 1991. 247-270. Magliaro, M. “Speech to Second Annual Conference.” Comites Canada, 2002. Milana, A. RAI International: 40 anni, una storia. Rome: RAI, 2003. Morgia, G. La Rai del Duemila per gli italiani nel mondo: Intervista con Massimo Magliaro. 2001. Morrione, R. “Gli Italiani all’estero ‘azionisti di riferimento.’” Interview with Roberto Morrione. GRTV.it, 15 Nov. 1996. Morrione, R. Testimony of Roberto Morrione to Commitato Bicamerale per la Vigilanza RAI, 12 December 1997. Rome, 1997. 824-841. Morrione, R. Testimony of Roberto Morrione to Commitato Bicamerale per la Vigilanza RAI, 17 November 1998. Rome, 1998. 1307-1316. Morrione, R. “Tre anni memorabili.” RAI International: 40 anni, una storia. Rome: RAI, 2003. 129-137. Parks, L. Cultures in Orbit: Satellites and the Televisual. Durham, NC: Duke UP, 2005.
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Hayward, Mark. "Two Ways of Being Italian on Global Television". M/C Journal 10, n.º 6 (1 de abril de 2008). http://dx.doi.org/10.5204/mcj.2718.

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Resumen
“We have made Italy, now we must make Italians,” in the (probably apocryphal) words of the Prime Minister, sometime after the unification of the nation in 1860. Perhaps in French, if it was said at all. (The quotation is typically attributed to Massimo D’Azeglio, the prime minister of Piedmont and predecessor of the first Italian prime minister Camillo Cavour. Many have suggested that the phrase was misquoted and misunderstood (see Doyle.) D’Azeglio spoke in Italian when he addressed the newly-formed Italian parliament, but my reference to French is meant to indicate the fragility of the national language in early Italy where much of the ruling class spoke French while the majority of the people in the peninsula still spoke regional dialects.) It was television – more than print media or even radio – that would have the biggest impact in terms of ‘making Italians.’ Writing about Italy in the 1950s, a well-known media critic suggested that television, a game show actually, “was able to succeed where The Divine Comedy failed … it gave Italy a national language” (qtd. in Foot). But these are yesterday’s problems. We have Italy and Italians. Moreover, the emergence of global ways of being and belonging are evidence of the ways in which the present transcends forms of belonging rooted in the old practices and older institutions of the nation-state. But, then again, maybe not. “A country that allows you to vote in its elections must be able to provide you with information about those elections” (Magliaro). This was 2002. The country is still Italy, but this time the Italians are anywhere but Italy. The speaker is referring to the extension of the vote to Italian citizens abroad, represented directly by 18 members of parliament, and the right to information guaranteed the newly enfranchised electorate. What, then, is the relationship between citizenship, the state and global television today? What are the modalities of involvement and participation involved in these transformations of the nation-state into a globally-articulated network of institutions? I want to think through these questions in relation to two ways that RAI International, the ‘global’ network of the Italian public broadcaster, has viewed Italians around the world at different moments in its history: mega-events and return information. Mega-Events Eighteen months after its creation in 1995, RAI International was re-launched. This decision was partially due to a change in government (which also meant a change in the executive and staff), but it was also a response to the perceived failure of RAI International to garner an adequate international audience (Morrione, Testimony [1997]). This re-launch involved a re-conceptualisation of the network’s mandate to include both information services for Italians abroad (the traditional ‘public service’ mandate for Italy’s international broadcasting) as well as programming that would increase the profile of Italian media in the global market. The mandate outlined for Roberto Morrione – appointed president as part of the re-launch – read: The necessity of strategic and operative certainties in the international positioning of the company, both with regard to programming for our co-nationals abroad and for other markets…are at the centre of the new role of RAI International. This involves bringing together in the best way the informative function of the public service, which is oriented to our community in the world in order to enrich its cultural patrimony and national identity, with an active presence in evolving markets. (Morrione, Testimony [1998]) The most significant change in the executive of the network was the appointment of Renzo Arbore, a well-known singer and bandleader, to the position of artistic director. At the time of Arbore’s appointment, the responsibilities of the artistic director at the network were ill defined, but he very quickly transformed the position into the ‘face’ of RAI International. In an interview from 1998, Arbore explained his role at the network as follows: “I’m the artistic director, which means I’m in charge of the programs that have any kind of artistic content. Also, I’m the so called “testimonial”, which is to say I do propaganda for the network, I’m the soul of RAI International” (Affatato). The most often discussed aspect of the programming on RAI International during Arbore’s tenure as artistic director was the energy and resources dedicated to events that put the spotlight on the global reach of the service itself and the possibilities that satellite distribution gave for simultaneous exchange between locations around the world. It was these ‘mega-events’ (Garofalo), in spite of constituting only a small portion of the programming schedule, that were often seen as defining RAI’s “new way” of creating international programming (Milana). La Giostra [The Merry Go Round], broadcast live on New Year’s Eve 1996, is often cited as the launch of the network’s new approach to its mission. Lasting 20 hours in total, the program was hosted by Arbore. As Morrione described it recently, The ‘mother of live shows’ was the Giostra of New Year’s ’97 where Arbore was live in the studio for 20 consecutive hours, with many guests and segments from the Pole, Peking, Moscow, Berlin, Jerusalem, San Paolo, Buenos Aires, New York and Los Angeles. It was a memorable enterprise without precedent and never to be duplicated. (Morrione, RAI International) The presentation of television as a global medium in La Giostra draws upon the relationship between live broadcasting, satellite television and conceptions of globality that has developed since the 1960s as part of what Lisa Parks describes as ‘global presence’ (Parks). However, in keeping with the dual mandate of RAI International, the audience that La Giostra is intended to constitute was not entirely homogenous in nature. The lines between the ‘national’ audience, which is to say Italians abroad, and the international audience involving a broader spectrum of viewers are often blurred, but still apparent. This can be seen in the locations to which La Giostra travelled, locations that might be seen as a mirror of the places to which the broadcast might be received. On the one hand, there are segments from a series of location that speak to a global audience, many of which are framed by the symbols of the cold war and the ensuing triumph of global capitalism. The South Pole, Moscow, Beijing and a reunified Berlin can be seen as representing this understanding of the globe. These cities highlighted the scope of the network, reaching cities previously cut off from Italy behind the iron curtain (or, in the case of the Pole, the extreme of geographic isolation.) The presence of Jerusalem contributed to this mapping of the planet with an ecclesiastical, but ecumenical accent to this theme. On the other hand, Sao Paolo, Buenos Aires, and Melbourne (not mentioned by Morrione, but the first international segment in the program) also mapped the world of Italian communities around the world. The map of the globe offered by La Giostra is similar to the description of the prospective audience for RAI International that Morrione gave in November 1996 upon his appointment as director. After having outlined the network’s reception in the Americas and Australia, where there are large communities of Italians who need to be served, he goes on to note the importance of Asia: “China, India, Japan, and Korea, where there aren’t large communities of Italians, but where “made in Italy,” the image of Italy, the culture and art that separate us from others, are highly respected resources” (Morrione, “Gli Italiani”). La Giostra served as a container that held together a vision of the globe that is centered around Italy (particularly Rome, caput mundi) through the presentation on screen of the various geopolitical alliances as well as the economic and migratory connections which link Italy to the world. These two mappings of the globe brought together within the frame of the 20-hour broadcast and statements about the network’s prospective audiences suggest that two different ways of watching RAI International were often overlaid over each other. On the one hand, the segments spanning the planet stood as a sign of RAI International’s ability to produce programs at a global scale. On the other hand, there was an attempt to speak directly to communities of Italians abroad. The first vision of the planet offered by the program suggests a mode of watching more common among disinterested, cosmopolitan viewers belonging to a relatively homogenous global media market. While the second vision of the planet was explicitly rooted in the international family of Italians constituted through the broadcast. La Giostra, like the ‘dual mandate’ of the network, can be seen as an attempt to bring together the national mission of network with its attempts to improve its position in global media markets. It was an attempt to unify what seemed two very different kinds of audiences: Italians abroad and non-Italians, those who spoke some Italian and those who speak no Italian at all. It was also an attempt to unify two very different ways of understanding global broadcasting: public service on the one hand and the profit-oriented goals of building a global brand. Given this orientation in the network’s programming philosophy, it is not surprising that Arbore, speaking of his activities as Artistic director, stated that his goals were to produce shows that would be accessible both to those that spoke very little Italian as well as those that were highly cultured (Arbore). In its attempt to bring these divergent practices and imagined audiences together, La Giostra can be seen as part of vision of globalisation rooted in the euphoria of the early nineties in which distance and cultural differences were reconciled through communications technology and “virtuous” transformation of ethnicity into niche markets. However, this approach to programming started to fracture and fail after a short period. The particular balance between the ethnic and the economically ecumenical mappings of the globe present in La Giostra proved to be as short lived as the ‘dual mandate’ at RAI International that underwrote its conception. Return Information The mega-events that Arbore organised came under increasing criticism from the parliamentary committees overseeing RAI’s activities as well as the RAI executive who saw them both extremely expensive to produce and of questionable value in the fulfillment of RAI’s mission as a public broadcaster (GRTV). They were sometimes described as misfatti televisivi [broadcasting misdeeds] (Arbore). The model of the televisual mega-event was increasingly targeted towards speaking to Italians abroad, dropping broader notions of the audience. This was not an overnight change, but part of a process through which the goals of the network were refocused towards ‘public service.’ Morrione, speaking before the parliamentary committee overseeing RAI’s activities, describes an evening dedicated to a celebration of the Italian flag which exemplifies this trend: The minister of Foreign Affairs asked us to prepare a Tricolore (the Italian flag) evening – that would go on air in the month of January – that we would call White, Red and Green (not the most imaginative name, but effective enough.) It would include international connections with Argentina, where there exists one of the oldest case d’italiani [Italian community centers], built shortly after the events of our Risorgimento and where they have an ancient Tricolore. We would also connect with Reggio Emilia, where the Tricolore was born and where they are celebrating the anniversary this year. Segments would also take us to the Vittoriano Museum in Rome for a series of testimonies. (Morrione, Testimony [1997]) Similar to La Giostra, the global reach of RAI International was used to create a sense of simultaneity among the dispersed communities of Italians around the world (including the population of Italy itself). The festival of the Italian flag was similarly deeply implicated in the rituals and patterns that bring together an audience and, at another level, a people. However, in the celebration of the Italian flag, the notion that such a spectacle might be of interest to those outside of a global “Italian” community has disappeared. Like La Giostra, programs of this kind are intended to be constitutive of an audience, a collectivity that would not exist were it not for the common space provided through television spectatorship. The celebration of the Italian flag is part of an attempt to produce a sense of global community organised by a shared sense of ethnic identity as expressed through the common temporality of a live broadcast. Italians around the world were part of the same Italian community not because of their shared history (even when this was the stated subject of the program as was the case with Red, White and Green), but because they co-existed by means of their experience of the mediated event. Through these events, the shared national history is produced out of the simultaneity of the common present and not, as the discourse around Italian identity presented in these programs would have it (for example, the narratives around the origin around the flag), the other way around. However, this connection between the global television event that was broadcast live and national belonging raised questions about the kind of participation they facilitated. This became a particularly salient issue with the election of the second Berlusconi government and the successful campaign to grant Italians citizens living abroad the vote, a campaign that was lead by formerly fascist (but centre-moving) Alleanza Nazionale. With the appoint of Massimo Magliaro, a longtime member of Alleanza Nazionale, to the head of the network in 2000, the concept of informazione di ritorno [return information] became increasingly prominent in descriptions of the service. The phrase was frequently used, along with tv di ritorno (Tremaglia), by the Minister for Italiani nel Mondo during the second Berlusconi administration, Mirko Tremaglia, and became a central theme in the projects envisioned for the service. (The concept had circulated previously, but it was not given the same emphasis that it would gain after Magliaro’s appointment. In an interview from 1996, Morrione is asked about his commitment to the policy of “so-called” return information. He answers the question by commenting in support of producing a ‘return image’ (immagine di ritorno), but never uses the phrase (Morrione, “Gli Italiani”). Similarly, Arbore, in an interview from 1998, is also asked about ‘so-called’ return information, but also never uses the term himself (Affatato). This suggests that its circulation was limited up until the late 1990s.) The concept of ‘return information’ – not quite a neologism in Italian, but certainly an uncommon expression – was a two-pronged, and never fully implemented, initiative. Primarily it was a policy that sought to further integrate RAI International into the system of RAI’s national television networks. This involved both improving the ability of RAI International to distribute information about Italy to communities of Italians abroad as well as developing strategies for the eventual use of programming produced by RAI International on the main national networks as a way of raising the awareness of Italians in Italy about the lives and beliefs of Italians abroad. (The programming produced by RAI International was never successfully integrated into the schedules of the other national networks. This issue remained an issue that had yet to be resolved as recently as the negotiations between the Prime Minister’s office and RAI to establish a new agreement governing RAI’s international service in 2007.) This is not to say that there was a dramatic shift in the kind of programming on the network. There had always been elements of these new goals in the programming produced exclusively for RAI International. The longest running program on the network, Sportello Italia [Information Desk Italy], provided information to Italians abroad about changes in Italian law that effected Italians abroad as well as changes in bureaucratic practice generally. It often focused on issues such as the voting rights of Italians abroad, questions about receiving pensions and similar issues. It was joined by a series of in-house productions that primarily consisted of news and information programming whose roots were in the new division in charge of radio and television broadcasts since the sixties. The primary change was the elimination of large-scale programs, aside from those relating to the Italian national soccer team and the Pope, due to budget restrictions. This was part of a larger shift in the way that the service was envisioned and its repositioning as the primary conduit between Italy and Italians abroad. Speaking in 2000, Magliaro explained this as a change in the network’s priorities from ‘entertainment’ to ‘information’: There will be a larger dose of information and less space for entertainment. Informational programming will be the privileged product in which we will invest the majority of our financial and human resources, both on radio and on television. Providing information means both telling Italians abroad about Italy and allowing public opinion in our country to find out about Italians around the world. (Morgia) Magliaro’s statement suggests that there is a direct connection between the changing way of conceiving of ‘global’ Italian television and the mandate of RAI International. The spectacles of the mid-nineties, implicitly characterised by Magliaro as ‘entertainment,’ were as much about gaining the attention of those who did not speak Italian or watch Italian television as speaking to Italians abroad. The kind of participation in the nation that these events solicited were limited in that they did not move beyond a relatively passive experience of that nation as community brought together through the diffuse and distracted experience of ‘entertainment’. The rise of informazione di ritorno was a discourse that offered a particular conception of Italians abroad who were more directly involved in the affairs of the nation. However, this was more than an increased interest in the participation of audiences. Return information as developed under Magliaro’s watch posited a different kind of viewer, a viewer whose actions were explicitly and intimately linked to their rights as citizens. It is not surprising that Magliaro prefaced his comments about the transformation of RAI’s mandate and programming priorities by acknowledging that the extension of the vote to Italians abroad demands a different kind of broadcaster. The new editorial policy of RAI International is motivated from the incontrovertible fact that Italians abroad will have the right to vote in a few months … . In terms of the product that we are developing, aimed at adequately responding to the new demands created by the vote… (Morgia) The granting of the vote to Italians abroad meant that the forms of symbolic communion that produced through the mega-events needed to be supplanted by a policy that allowed for a more direct link between the ritual aspects of global media to the institutions of the Italian state. The evolution of RAI International cannot be separated from the articulation of an increasingly ethno-centric conception of citizenship and the transformation of the Italian state over the course of the 1990s and early 2000s towards. The transition between these two approaches to global television in Italy is important for understanding the events that unfolded around RAI International’s role in the development of a global Italian citizenry. A development that should not be separated from the development of increasingly stern immigration policies whose effect is to identify and export undesirable outsiders. The electoral defeat of Berlusconi in 2006 and the ongoing political instability surrounding the centre-left government in power since then has meant that the future development of RAI International and the long-term effects of the right-wing government on the cultural and political fabric of Italy remain unclear at present. The current need for a reformed electoral system and talk about the need for greater efficiency from the new executive at RAI make the evolution of the global Italian citizenry an important context for understanding the role of media in the globalised nation-state in the years to come. References Affatato, M. “I ‘Segreti’ di RAI International.” GRTV.it, 17 Feb. 1998. Arbore, R. “‘Il mio sogno? Un Programma con gli italiani all’estero.’” GRTV.it, 18 June 1999. Foot, J. Milan since the Miracle: City, Culture, and Identity. Oxford: Berg, 2001. Garofalo, R. “Understanding Mega-Events: If We Are the World, Then How Do We Change It? In C. Penley and A. Ross, eds., Technoculture. Minneapolis, University of Minnesota Press, 1991. 247-270. Magliaro, M. “Speech to Second Annual Conference.” Comites Canada, 2002. Milana, A. RAI International: 40 anni, una storia. Rome: RAI, 2003. Morgia, G. La Rai del Duemila per gli italiani nel mondo: Intervista con Massimo Magliaro. 2001. Morrione, R. “Gli Italiani all’estero ‘azionisti di riferimento.’” Interview with Roberto Morrione. GRTV.it, 15 Nov. 1996. Morrione, R. Testimony of Roberto Morrione to Commitato Bicamerale per la Vigilanza RAI, 12 December 1997. Rome, 1997. 824-841. Morrione, R. Testimony of Roberto Morrione to Commitato Bicamerale per la Vigilanza RAI, 17 November 1998. Rome, 1998. 1307-1316. Morrione, R. “Tre anni memorabili.” RAI International: 40 anni, una storia. Rome: RAI, 2003. 129-137. Parks, L. Cultures in Orbit: Satellites and the Televisual. Durham, NC: Duke UP, 2005. Citation reference for this article MLA Style Hayward, Mark. "Two Ways of Being Italian on Global Television." M/C Journal 10.6/11.1 (2008). echo date('d M. Y'); ?> <http://journal.media-culture.org.au/0804/05-hayward.php>. APA Style Hayward, M. (Apr. 2008) "Two Ways of Being Italian on Global Television," M/C Journal, 10(6)/11(1). Retrieved echo date('d M. Y'); ?> from <http://journal.media-culture.org.au/0804/05-hayward.php>.
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