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della Porta, Donatella. "I MILITANTI DELLE ORGANIZZAZIONI TERRORISTE DI SINISTRA IN ITALIA". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 17, n.º 1 (abril de 1987): 23–55. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200016427.

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Resumen
IntroduzioneFra i fenomeni che caratterizzarono la storia italiana degli anni Settanta, il terrorismo è certamente quello piò drammaticamente presente nella memoria collettiva. Vari interrogativi vennero posti nel dibattito di quegli anni sulle cause di una violenza politica di tale intensità e durata. Le condizioni ambientali per il suo emergere vennero individuate ora nelle peculiarità della cultura politica, ora nella gravità che alcuni problemi sociali assunsero nel corso della lunga crisi economica. Alcune organizzazioni legali vennero accusate di avere offerto strutture o legittimazione alle formazioni clandestine. La percezione dell'estensione raggiunta dal fenomeno accrebbe il bisogno di capire le motivazioni che avevano spinto tanti individui, appartenenti ad una generazione socializzata alla politica in un regime democratico ormai consolidato, verso comportamenti di un tale livello di violenza.
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Gabrielli, Chantal. "Violenza e giustificazione del delitto politico a partire dai Gracchi". Klio 100, n.º 3 (19 de diciembre de 2018): 825–76. http://dx.doi.org/10.1515/klio-2018-0131.

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Riassunto Il tragico epilogo delle vicende graccane non lasciò indifferente la classe dirigente romana. La violenza e il ricorso legittimo ad essa furono oggetto di un’articolata riflessione storiografica presso le élites. La violenza (vis nelle fonti latine, bia nelle fonti greche) diventò parametro interpretativo della storia politica dell’ultimo secolo della res publica. La rilevanza del problema influenzò profondamente la successiva riflessione storiografica, suscitando interesse anche nella storiografia moderna.
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Ventrone, Angelo. "LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA". Il Politico 251, n.º 2 (3 de marzo de 2020): 105–20. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.238.

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Qual è il significato della strage di Piazza Fontana nella recente storia italiana? Innanzitutto, un insieme di cesure che segnano profondamente il rapporto tra i cittadini e lo Stato. In particolare, l'emergere di una violenza politica radicale, insieme al coinvolgimento degli apparati statali nella sua attuazione, e la diffusione di un forte sentimento di sfiducia nei confronti della classe politica dominante (sempre più implicata nella cosiddetta trame nere) e delle istituzioni. In quel momento inizia un processo di delegittimazione, che ha colpito in primo luogo la classe politica dominante, ma che nella seconda metà degli anni Settanta si ripercuoterà sempre più anche sui partiti dell'opposizione, considerati ugualmente incapaci di fermare il degrado del Paese. Una parte significativa dell'opinione pubblica comincerà allora a guardare ai settori più attivi e anticonformisti della magistratura nella speranza di far luce su ciò che è oscuro sullo sfondo della Repubblica. Un auspicio che rappresenta un'esplicita richiesta alla magistratura di svolgere un ruolo di sostituzione e di controllo su un mondo politico ormai considerato chiuso in sé, non di rado corrotto e privilegiato, e comunque lontano dal "Paese reale".
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Massa Ope, Simona. "Amanti di vita, amanti di morte: la violenza relazionale che non finisce sui giornali". STUDI JUNGHIANI, n.º 52 (noviembre de 2020): 53–68. http://dx.doi.org/10.3280/jun52-2020oa9665.

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L'articolo analizza il fenomeno della violenza relazionale "sottile" nel rapporto uomo-donna, e gli irretimenti derivanti dalla violenza simbolica, sedimentati storicamente nella psiche femminile; tali irretimenti forniscono l'elemento inconscio di collusione che espone la donna a numerose violazioni dell'alterità nel rapporto con l'uomo. A tal fine, l'autrice propone l'interpretazione in chiave simbolica di un noto film del regista W. Allen, Match Point (2005), in cui è rappresentata una situazione di violenza estrema nei confronti di una figura femminile da parte del partner maschile che, a causa del reciproco coinvolgimento sentimentale, sente minacciato il proprio equilibrio narcisistico e la sua scalata sociale. Si prospetta, dunque, un tradimento dell'anima che, come afferma il filosofo francese Lévinas, si manifesta attraverso "il volto dell'altro". Queste storie che sembrano riguardare l'ambito esclusivamente privato dei rapporti tra uomini e donne, in realtà hanno una corrispondenza nell'ambito della vita pubblica degli esseri umani, nella polis, perché ciò che accadenella psiche degli individui, nelle loro relazioni personali, è sempre anche una questione politica.
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Massa Ope, Simona. "Amanti di vita, amanti di morte: la violenza relazionale che non finisce sui giornali". STUDI JUNGHIANI, n.º 52 (noviembre de 2020): 53–68. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2020oa9665.

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L'articolo analizza il fenomeno della violenza relazionale "sottile" nel rapporto uomo-donna, e gli irretimenti derivanti dalla violenza simbolica, sedimentati storicamente nella psiche femminile; tali irretimenti forniscono l'elemento inconscio di collusione che espone la donna a numerose violazioni dell'alterità nel rapporto con l'uomo. A tal fine, l'autrice propone l'interpretazione in chiave simbolica di un noto film del regista W. Allen, Match Point (2005), in cui è rappresentata una situazione di violenza estrema nei confronti di una figura femminile da parte del partner maschile che, a causa del reciproco coinvolgimento sentimentale, sente minacciato il proprio equilibrio narcisistico e la sua scalata sociale. Si prospetta, dunque, un tradimento dell'anima che, come afferma il filosofo francese Lévinas, si manifesta attraverso "il volto dell'altro". Queste storie che sembrano riguardare l'ambito esclusivamente privato dei rapporti tra uomini e donne, in realtà hanno una corrispondenza nell'ambito della vita pubblica degli esseri umani, nella polis, perché ciò che accadenella psiche degli individui, nelle loro relazioni personali, è sempre anche una questione politica.
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Ventrone, Angelo. "L' "Uomo nuovo" nella politica europea tra le due guerre". REVISTA DE HISTORIOGRAFÍA (RevHisto) 29 (20 de septiembre de 2018): 13. http://dx.doi.org/10.20318/revhisto.2018.4227.

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Resumen
Resumen: Il saggio prende in esame la centralità del tema dell’Uomo nuovo nei movimenti e nei regimi fasci­sti e filofascisti tra le due guerre. In particolare, viene messo in rilievo il legame tra le rapide e imponenti trasformazioni sociali ed economiche che colpisco­no l’Europa a partire dalla fine dell’800, e il tenta­tivo di fornire una risposta politica al timore della decadenza morale e della degenerazione fisica che queste stesse trasformazioni fanno nascere in ampi settori dell’opinione pubblica.Parole chiave: Seconda repubblica spagnola, uomo nuovo, violenza política, fascismo, falangismo.Abstract: This essay examines the centrality of the ‘new man’ theme in the fascist and pro-fascist move­ment and regime of the interwar period. In par­ticular, it emphasizes the link between the rapid and massive social and economic changes affect­ing Europe since the end of the 1800s and the attempt to provide a policy answer to the fear of moral decadence and physical degeneration, not­ing that these same transformations gave birth to large sectors of public opinion.Key words: Spanish Second Republic, The New man, Political violence, Fascism, Falangism.
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Cancian, Alessandro. "Politica, religione, mobilitazione urbana e violenza in Iran nei secoli XVIII-XXI: casi di studio". STORIA URBANA, n.º 131 (noviembre de 2011): 53–70. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-131004.

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Resumen
Il saggio esplora le intersezioni esistenti tra forme di mobilitazione urbana, violenza e autoritŕ politico-religiosa, considerando il caso di alcune aggregazioni solidaristiche maschili presenti nelle cittŕ iraniane tra il 1700 e oggi: conosciuto come "lutismo", legato all'etica cavalleresca dei, questo fenomeno č del tutto assimilabile al "banditismo urbano" conosciuto anche in Europa. L'articolo si concentra su tre casi studio: la rivalitŕ trae(XVII e XVIII sec.), che sottolinea i punti di contatto tra "banditismo urbano" e lutismo; il conflitto tra costituzionalisti e anticostituzionalisti nella cittŕ di Tabriz (1907-1911), che evidenzia la strumentalizzazione delle fazioni da parte delle élite politiche; l'assassinio del sufi Mushtaq_ali-Shah (1791) da parte degli abitanti della cittŕ di Kerman, istigati dall'autoritŕ religiosa sciita. Il saggio si conclude con un parallelo con l'Iran contemporaneo, dove le repressioni delle proteste da parte del regime della Repubblica islamica nel 2009 sono state, si denuncia, portate avanti con l'impiego di "bande" dalle caratteristiche molto simili a quelle dei.
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Poesio, Camilla. "Il confino ‘da fuori': le donne degli antifascisti Con un'intervista a Giovanna Marturano". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 264 (marzo de 2012): 425–38. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-264005.

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Il saggio affronta il tema del confino politico in Italia durante il fascismo da un punto di vista nuovo, quello di chi ebbe conoscenza del confino in modo indiretto, in quanto parente di antifascisti confinati. Se in generale č esigua la produzione scientifica sull'esperienza del confino politico, essa č del tutto assente su questa esperienza, vissuta da migliaia di persone, per lo piů donne. Costoro patirono da fuori la condizione del confino, in termini non solo umani, ma anche sociali (finendo per essere isolate nella comunitŕ in cui vivevano) ed economici (essendo private, nella maggior parte dei casi, dell'unica fonte di reddito della famiglia). Dall'intervista emerge come Giovanna Marturano - testimone ormai centenaria e politicamente impegnata per tutta la vita, figlia di una confinata politica, fidanzata e poi moglie di Pietro Grifone, anch'egli confinato a Ventotene - abbia vissuto la persecuzione e la violenza, anche fisica, che il fascismo le fece subire tramite il confino politico dei suoi cari.
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Elia, Domenico F. A. "Crimini di guerra in provincia di Siena durante l'occupazione nazista". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 261 (febrero de 2011): 728–37. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-261009.

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Resumen
Nel presente contributo l'autore indaga sulle fonti conservate negli archivi italiani (Archivio di Stato di Siena, Archivio centrale dello Stato, Roma, Archivio dell'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito) relative ai crimini di guerra commessi nella provincia di Siena nel biennio 1943-1944 dalle forze armate tedesche e repubblicane. I crimini cosě individuati sono stati suddivisi in base alla tipologia di appartenenza (omicidio, ferimento, stupro, rastrellamento, danneggiamento di proprietŕ privata e pubblica, requisizione di beni privati e pubblici) e in modo diacronico, secondo tre fasi. La prima fase include i crimini commessi dal settembre 1943 al marzo 1944, nella quale č protagonista la violenza fascista; la seconda fase comprende i rastrellamenti antipartigiani svoltisi nel marzo del 1944; la terza, i crimini commessi durante la ritirata tedesca nell'estate del 1944. I dati raccolti hanno ricostruito l'intreccio di violenze e politica di sfruttamento al quale concorsero non solo le forze armate tedesche, ma anche quelle della Repubblica sociale italiana.
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Bonnet, Romain. "Pierre Bourdieu, lo Stato e la violenza politica in Italia. Il caso di Gioia del Colle (1920-1922, provincia di Bari)". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 299 (agosto de 2022): 100–124. http://dx.doi.org/10.3280/ic2022-299005.

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Resumen
Questo articolo mette per la prima volta a fuoco il sistema di pensiero di Pierre Bourdieu, incentratosul trittico concettuale capitale-habitus-campo, e culminante nella problematizzazionedello Stato. Per capire i legami complessi tra quest'ultimo e la violenza, il saggio analizzaun caso di brutalizzazione del primo dopoguerra. Il primo luglio 1920, verso mezzogiorno,un proprietario terriero di Gioia del Colle (provincia di Bari) diede l'ordine di fare fuoco suicontadini che tornavano dal lavoro per riscuotere la paga. L'ordine fu prontamente eseguitoda una cinquantina di altri possidenti raggruppati, armati e nascosti. Tuttavia, nell'estate del1922, i responsabili di questa aggressione furono assolti con una sentenza, a dir poco paradossale,di "legittima difesa". Per capire come sia stato possibile arrivare a questa esplosionedi violenza fisica, e alla sua copertura simbolica da parte delle istituzioni, il presente saggioanalizza la metamorfosi dello Stato italiano tra la fine del XIX secolo e l'avvento del Fascismo.Il caso di Gioia del Colle mette così in luce il passaggio tra la brutalità prebellica e labrutalizzazione postbellica.
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Ronfani, Paola. "La violenza dei genitori verso i figli. Orientamenti della cultura giuridica e dei saperi esperti". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 2 (diciembre de 2011): 109–36. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-002006.

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Resumen
Nella cultura giuridica, cosě come nei saperi esperti, in particolare quelli sociologico e psicologico, il dibattito internazionale sulla violenza, fisica e psicologica, dei genitori verso i figli ha raggiunto dimensioni ragguardevoli e si esprime in una vasta gamma di opinioni, valutazioni e proposte di programmi di intervento nei confronti delle vittime e dei perpetratori delle violenze. Nell'articolo, in cui si ripercorre tale dibattito facendo ampio riferimento alla letteratura straniera, si evidenzia come nella cultura giuridica vi sia una buona condivisione di orientamenti circa l'esigenza che il diritto proibisca espressamente ai genitori di sottoporre a trattamenti umilianti e degradanti i figli nell'esercizio delle loro funzione di cura ed educativa. Al contrario, nei saperi esperti gli orientamenti appaiono piů problematici e controversi per ciň che concerne sia l'ambito semantico del concetto di violenza familiare, sia la comprensione dei fattori sociali e culturali alla base dei comportamenti violenti dei genitori verso i figli. Questa disparitŕ di opinioni si riflette, sul piano pratico, nelle scelte dei possibili modelli di trattamento e di contrasto (politico- sociale, amministrativo, giudiziario) di tali comportamenti. Nel lavoro si sottolinea, in particolare, l'esigenza di non trascurare la correlazione, che emerge da numerose ricerche empiriche, fra disorganizzazione e vulnerabilitŕ sociali ed esercizio della responsabilitŕ genitoriale considerato moralmente inadeguato.
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Sevillano, Francisco. "Il "rosso". L'immagine del nemico nella "Spagna nazionale"". MEMORIA E RICERCA, n.º 31 (septiembre de 2009): 141–54. http://dx.doi.org/10.3280/mer2009-031009.

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Resumen
- This paper examines the multiform nature of the violence that erupted during the Spanish Civil War, with particular emphasis on its symbolic dimension. To this end, its considers the propagandistic construction underpinning the representation of the «enemy» (los rojos) in the so-called Nationalist press during one moment of the war, aftermath of the fighting on the Madrid front and the advance of the Nationalist forces througt northern SpainParole chiave: Guerra civile spagnola, violenza, propaganda, rappresentazione culturale, nemico, nazionalismo Spanish Civil War, violence, propaganda, cultural representation, enemy, nationalism
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Stelliferi, Paola. "Soggettività dissonanti. Di rivoluzione, femminismi e violenza politica nella memoria di un gruppo di ex militanti di Lotta continua, by Stefania Voli, Florence, Florence University Press, 2015, 176 pp., €10,90, ISBN 978-88-6453-320-9 (paperback), e-ISBN 978-88-6453-321-6 (pdf)." Modern Italy 22, n.º 3 (agosto de 2017): 331–32. http://dx.doi.org/10.1017/mit.2017.42.

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Calefati, Christopher. "«Gli abbiamo tagliato la testa». Repertori e attori dell'iconoclastia politica nelle Puglie del 1848-­49". SOCIETÀ E STORIA, n.º 174 (enero de 2022): 700–723. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-174002.

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Resumen
L'articolo si focalizza sulle forme di violenza iconoclasta durante la mobilitazione del 1848-49 nelle province di Puglia. Al centro dell'analisi vi è l'attenzione sulle pratiche simboliche di dissenso politico, che vedono nelle immagini reali il loro bersaglio per il recupero di spazi d'azione. La presenza del regime nelle aree periferiche del Regno delle Due Sicilie era spesso determinata da un ampio repertorio di busti, statue e ritratti che diventano obbiettivi sensibili durante le proteste nei confronti del sovrano. Il pattern iconoclasta è riletto attraverso la risemantizzazione di questa pratica in chiave politica, in quanto evoluzione delle manifestazioni collettive popolari che in passato fungono da strumento di risoluzione delle controversie locali, e che nell'ottocento assumono una rilevante portata comunicativa. La rottura definitiva dei rapporti politici tra le élites locali e la monarchia, dopo gli eventi del 15 maggio a Napoli, porta ai tentativi di liberazione dello spazio pubblico provinciale dai simboli reali con la successiva instaurazione di nuove idee e forme politiche che mirano a coinvolgere la maggioranza della popolazione attraverso l'esecuzione figurata del sovrano.
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Albanese, Matteo. "Crisi e violenza politica. Il rapimento politico nelle retoriche e nelle azioni delle Br e della GP". PARTECIPAZIONE E CONFLITTO, n.º 2 (julio de 2012): 31–53. http://dx.doi.org/10.3280/paco2012-002002.

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What I would like to show in this article is how the practice of the kidnapping moves from a movements practice to a strategy adopted by political groups. At the same time, it seems interesting to focus on how this change has been a sign of the change of political perspective of the political groups facing a new scenario within the economical and political fields, in 1968-1974. Through some cases of political kidnapping by Gauche Proletarienne operated in France and by the Red Brigades in Italy, the contribute shows how a repertoire of action of the labor movement has been revived by the two groups mentioned, and which changes it has undergone. This transformation follows and accompanies a long process of "crisis", understood as a profound change that was occurring in Western societies (Braun and Macdonald 1982). As all the processes of transformation also this one was better understandable in some places such as big plants. It is, at this point, no coincidence that in those situations, especially in industries such as automakers Renault and Fiat, the two organizations that we deal with were moving their first steps. The paper is based on documentation from the Italian and French archives: leaflets of organizations, court papers, archives of unions and parties.
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Neri, Serneri Simone. "Guerra, guerra civile, liberazione La Toscana nella crisi del fascismo e dello Stato nazionale 1943-1944". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 265 (junio de 2012): 535–51. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-265001.

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Resumen
Cosa significň per la Toscana l'esperienza della guerra, della guerra civile e della Resistenza? Quale fu l'apporto della Toscana alla ricostruzione dello Stato nazionale dopo la crisi innescata dal crollo del fascismo? L'articolo risponde a questi interrogativi ripercorrendo sinteticamente l'impatto della guerra sul consenso al regime in Toscana, l'occupazione tedesca e il ricorso della Rsi alla guerra civile, intesa come violenza sistematica contro avversari e popolazione civile per fondare un nuovo ordine politico. Si evidenziano le peculiaritŕ della regione nel contesto della guerra nella penisola, perché essa fu retroterra del fronte e ciň accelerň notevolmente le dinamiche dell'occupazione e della Resistenza. Si sottolineano il radicamento del partigianato nelle specifiche condizioni del rapporto cittŕ-campagna e il parallelo affermarsi del Comitato toscano di liberazione nazionale, anche grazie alla scelta decisiva dell'autogoverno e dell'insurrezione, una scelta di grande rilievo nella ancora breve storia del movimento di Resistenza. Quelle esperienze aprirono una prospettiva di liberazione sociale e culturale e furono determinanti, al di lŕ del consenso piů o meno esteso, per infrangere i tradizionali assetti moderati e fondare una nuova identitŕ regionale.
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Ignazi, Piero. "LA CULTURA POLITICA DEL MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, n.º 3 (diciembre de 1989): 431–65. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008650.

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Resumen
IntroduzioneIl mondo politico-culturale della destra italiana del dopoguerra è stato trascurato, per lungo tempo, dalla comunità scientifica. A parte il pionieristico lavoro di Giorgio Galli, risalente alla metà degli anni settanta, è soltanto con l'inizio di questo decennio che si sviluppa una seria linea di ricerca su alcune componenti della destra italiana. In particolare, per motivi diversi, vengono privilegiati due versanti: la Nuova Destra e l'area radicale e terrorista. L'attenzione dedicata a questi due fenomeni non è casuale ma trova spiegazione nel fatto che essi costituiscono una sorta di “novità” rispetto al filone centrale del neofascismo: da un lato, la Nuova Destra, emersa alla fine degli anni settanta sulla scia dellaNouvelle Droitefrancese, rappresenta il contributo intellettualmente piò originale e articolato di riflessione e rielaborazione delle coordinate ideologiche e politiche della destra; dall'altro, l'area radicale e terrorista costituisce per la sua intrinseca drammaticità un forte stimolo all'approfondimento delle motivazioni, del costrutto ideologico e delle articolazioni organizzative. Gli studi condotti negli anni ottanta su queste due aree forniscono importanti tasselli alla ricostruzione o alla comprensione dellaWeltanschauungdi destra. Tuttavia è rimasto escluso da questo risveglio di interesse l'espressione piò solida e corposa della destra italiana, vale a dire il Movimento Sociale Italiano.Va subito precisato, infatti, che il MSI, i movimenti di destra radicale (DR) e la Nuova Destra (ND) pur essendo contigui, si differenziano percomplessità organizzativa, strategia politicaereferenti culturali.Per quanto riguarda la complessità organizzativa, essa è:— elevata nel MSI: il partito si struttura secondo il classico modello duvergeriano del «partito di massa» e, tra l'altro, inquadra centinaia di migliaia di iscritti;— ridotta nelle formazioni della DR: i vari gruppi si strutturano o come piccole sette (i movimenti golpisti e terroristi) o come «comitati» (i movimenti di contromobilitazione moderata e reazionaria degli anni settanta);— molto bassa nella ND: essa mantiene uno stadio fluido di movimento culturale legato ad iniziative editoriali.In merito alla strategia politica, essa si articola in tre posizioni distinte:— alternativa al regime ma accettazione (e pratica) delle regole democratiche per il MSI;— abbattimento immediato e violento del sistema e rifiuto dei meccanismi democratici per la DR;— estraneità rispetto al sistema e superamento degli istituti liberaldemocratici attraverso un processo «metapolitico» di egemonizzazione culturale e di ridefinizione delle coordinate ideologiche («al di là della destra e della sinistra») per la ND.Per quanto attiene, infine, ai referenti culturali si può affermare che, nonostante tutte le componenti attingano ad un medesimo serbatoio, esse si differenziano:a)per la diversa considerazione del contributo evoliano — superficiale-strumentale nel MSI («doveroso» omaggio ad uno dei pochissimi pensatori forti della destra ma sostanziale ininfluenza dei suoi contributi), esegetico-esistenziale nella DR («il mondo delle rovine», «rapolitia», «l'uomo differenziato», «lo spirito legionario», ecc.), marginale nella ND dove viene ridimensionato per la sua impostazione anti-moderna («il mito incapacitante»);b)per l'assenza nella DR e nella ND di alcuni cardini della cultura politica missina come il pensiero giuridico (Rocco e Costamagna) e filosofico (Gentile e Spirito) fascista.Anche se la delimitazione dei confini di queste tre componenti, è stata, in certi periodi e per certi gruppi, alquanto incerta, soprattutto perché il MSI ha rappresentato sempre ilprimum mobiledi tutta Tarea di destra (di qui i frequenti passaggi di confine tra partito e organizzazioni esterne di variroutiersdella destra), esse vanno tenute adeguatamente distinte.Ciò premesso, in questo lavoro intendiamo occuparci esclusivamente del soggetto rimasto finora più in ombra, il Movimento Sociale Italiano. Più in particolare, ci soffermeremo sui tratti salienti della «cultura politica» di questo partito quale emerge, in primo luogo, dalla pubblicistica interna e dai documenti ufficiali (e quindi l'immagine che il partito proietta — e/o intende proiettare — all'esterno) e, in secondo luogo, dalle risposte ad una serie di domande di atteggiamento fornite da un campione significativo di quadri intermedi del MSI.
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Brezzi, Francesca. "In cammino verso la giustizia non violenta". Aoristo - International Journal of Phenomenology, Hermeneutics and Metaphysics 4, n.º 2 (22 de agosto de 2021): 137–52. http://dx.doi.org/10.48075/aoristo.v4i2.27979.

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Il saggio analizza il percorso di Paul Ricoeur intorno alla giustizia, cogliendone il cammino che inizia dalle criticità (Ricoeur parla di fallimenti) dell’ordine giuridico inteso come diritto positivo impotente nel giustificare in maniera convincente il “diritto di punire”. Nella tessitura ricoeuriana irrompono altri concetti che tentano una mediazione come amore, perdono per disegnare una circolarità di etica e politica. Lo scopo è il disegno di una giustizia ricostruttiva o restauratrice, giustizia non violenta che ristabilisca il legame sociale infranto dall’azione criminosa, e offra riparazione contemporaneamente alla legge, alla vittima e al condannato.
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Di Mauro, Luca. "Fratture nel contre-monde liberale. Riferimenti costituzionali e società segrete tra Napoli e Spagna durante il Trienio 1820-­23". SOCIETÀ E STORIA, n.º 171 (febrero de 2021): 33–54. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-171002.

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La scelta della Spagna come meta d'esilio per molti dei napoletani che avevano animato l'ottimestre costituzionale delle Due Sicilie risponde a una serie di esigenze oggettive - pratiche, politiche, linguistiche - ma testimonia soprattutto della convinzione, per i protagonisti, di proseguire la lotta momentaneamente interrotta dalla disfatta di Rieti - Antrodoco contro gli austriaci continuando, in un paese dalle condizioni politiche e culturali ragionevolmente simili a quelle di provenienza, a combattere lo stesso nemico, la Santa Alleanza, per sua natura transnazionale e responsabile, al pari di Ferdinando I, della fine violenta dell'esperimento costituzionale. La comunità transfuga nella penisola iberica, senza per questo ignorare le conseguenze della disfatta nel Meridione, conserva la convinzione di un confronto ancora aperto e porta con sé nel paese d'accoglienza non solo l'esperienza maturata durante il governo liberale ma altresì le proprie differenze e divisioni in materia di programmi politici e modelli iniziatici. Tali linee di frattura, tuttavia, lungi dall'essere estranee al contesto spagnolo, affondano le loro radici proprio nei contatti che i cospiratori del Meridione italiano e della penisola iberica avevano intrattenuto prima e durante i mesi della rivoluzione napoletana. Ciò contribuisce a dimostrare come lo "spazio borbonico" (per lo meno nella sua dimensione europea) costituisca uno spazio politico comune non solamente per quanto riguarda l'alleanza dinastica e diplomatica tra i diversi rami della casa di Borbone, ma anche per coloro che, nell'illegalità e nella clandestinità, si erano opposti al governo assoluto della stessa.
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Davids, M. Fakhry. "Purezza etnica, alterità e angoscia: il modello del razzismo interno". PSICOANALISI, n.º 1 (septiembre de 2020): 63–86. http://dx.doi.org/10.3280/psi2020-001005.

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L'aumento del numero di rifugiati dal Medio Oriente e dall'Africa e la crescente minaccia della violenza estremista, hanno alimentato l'ascesa del sentimento razzista, incarnato dai grup-pi politici di destra, in tutta Europa. Questo articolo suggerisce che la loro presa sulla mente derivi da una struttura interna mentale razzista universale, descritta qui in dettaglio. Quando un tale sistema si attiva nella stanza d'analisi, ne può derivare una paralisi del funzionamento men-tale dell'analista, e l'articolo sostiene che lavorare su questo, rappresenta una strada da percor-rere per gli psicoanalisti, come parte della loro autoanalisi continua.
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Giani, Marco. "Polemiche a distanza fra Firenze e Venezia. Sulla perduta «Risposta» di Paolo Paruta alla «Lettera XXX» dello pseudo-Dante a Guido da Polenta (secondo XVI sec.)". e-Scripta Romanica 7 (3 de diciembre de 2019): 60–78. http://dx.doi.org/10.18778/2392-0718.07.06.

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Il saggio presenta tutti i dati disponibili utili al ritrovamento di un testo per ora fantasma, quale la Risposta di Paolo Paruta (Venezia, 1540 - 1598) alla Lettera XXX dello pseudo-Dante, falso d’autore editando il quale nel 1547 il fiorentino Anton Francesco Doni scatenò una violenta polemica politica anti-veneziana. Nuove ricerche dimostrano come nella celebre biblioteca padovana di Gian Vincenzo Pinelli fosse conservata una copia della Risposta. Paruta e Pinelli, infatti, condividevano molti interessi e conoscenze negli ambienti della Padova e della Venezia del Secondo Cinquecento.
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Verardo, Fabio. "Giustizie della Liberazione. Riflessioni sulle forme giudiziarie attuate nell'Italia settentrionale nella fase insurrezionale". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 298 (junio de 2022): 144–70. http://dx.doi.org/10.3280/ic2022-298012.

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Il saggio analizza le pratiche della giustizia insurrezionale componendo un quadro delle specificità punitive e giudiziarie per interpretarle come teatro pedagogico, strumento per arginare violenze e sovversioni, valvola di sfogo e catarsi per combattenti, cittadini e comunità. Partendo da una riflessione sui giudizi sommari, le violenze e le forme arbitrarie di giustizia che caratterizzarono la fase insurrezionale e post-insurrezionale, propone un focus sugli attori che - pur con diversi limiti - ebbero una veste formale o organizzata e si riferirono, almeno sul piano ideale, alle forme e ai metodi del tribunale e del processo. Sono prese in esame le forme giudiziarie istituite nell'Italia settentrionale e amministrate dai Comitati di liberazione nazionale (Cln) e dalle formazioni partigiane nel periodo compreso tra l'insurrezione e l'istituzione delle Corti d'assise straordinarie (Cas) per studiare, accanto ai ruoli e all'azione dei protagonisti, quali idee e pratiche transitarono attraverso i processi nella prospettiva più ampia della "resa dei conti con il fascismo" e della ricostruzione della legalità. In quelle settimane tribunali partigiani, tribunali del popolo, tribunali di fabbrica, comitati di epurazione e altri organismi più effimeri furono creati per giudicare delatori, esponenti dei reparti nazi-fascisti e quanti si compromisero con il regime e con i tedeschi nel biennio 1943- 1945. Fu un fenomeno complesso e sfaccettato poiché vennero costituiti in molteplici forme e agirono con logiche e riferimenti normativi e procedurali non sempre coerenti rispetto alle disposizioni del Clnai e del Governo del sud. Inoltre, furono legati a un contesto politico-sociale incandescente, esacerbato dalle violenze del conflitto e fortemente caratterizzato sul piano locale da tensioni e spinte contrapposte.
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Todeschini, Giacomo. "Il valore fiduciario del denaro e la razionalizzazione della violenza europea (secoli XV-XVIII)". CHEIRON, n.º 1 (abril de 2021): 72–86. http://dx.doi.org/10.3280/che2019-001004.

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La crescita europea dell'economia finanziaria e delle banche come isti-tuzioni pubbliche è accompagnata fra XV e XVII secolo da un accen-tuarsi del carattere esclusivo della cittadinanza. Questo fenomeno politico-economico è caratterizzato, nello stesso periodo, da una moltipli-cazione degli elaborati teorici finalizzati alla giustificazione della violenza e della guerra nei confronti di quanti non potessero essere riconosciuti come membri della società europea che si andava rappresentando come soggetto razionale collettivo unificato da specifiche regole economiche, politiche e religiose.
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Masmoudi, Mariem. "Political Islam and Democracy". American Journal of Islam and Society 25, n.º 4 (1 de octubre de 2008): 155–57. http://dx.doi.org/10.35632/ajis.v25i4.1449.

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On 14 May 2008, the Center for the Study of Islam and Democracy (CSID)held its ninth annual conference, entitled “Political Islam and Democracy:What Do Islamists and Islamic Movements Want?” at the Marriot RenaissanceHotel. This event brought together a distinguished group of experts todiscuss the relationship between religion and democracy, the MuslimBrotherhood and democratic evolution, negotiating and implementingdemocracy in diverse contexts, and other related topics.The first session, which included Nelly Lahoud (professor of politicaltheory, Goucher College), Mark Gould (professor of sociology, HaverfordCollege), and Amr Hamzawy (senior associate, Carnegie Endowment for International Peace) raised such issues as dismissing the idea that Islam anddemocracy are mutually exclusive and discrediting the terrorists who havehijacked Islam and turned it into the very things it stands against: radicalism,closed-mindedness, intolerance, and violence. Gould discussed “Sovereigntyof God: Constitutional Processes in Islam and Christianity,” and Hamzawydelved into an analysis of the Brotherhood’s draft party platform ...
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Anzera, Giuseppe y Alessandra Massa. "Chi ha paura di Internet? Le piattaforme online nei processi di radicalizzazione e di deradicalizzazione". EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, n.º 1 (octubre de 2021): 122–38. http://dx.doi.org/10.3280/erp1-special-2021oa12471.

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Radicalizzazione online e self-radicalization sono aree ancora poco analizzate all'interno della gamma dei fenomeni che conducono all'inasprimento ideologico e all'estremismo violento. In questo articolo, si esploreranno le principali ragioni dello stretto legame tra piattaforme online e pratiche di radicalizzazione e interventi di deradicalizzazione legati alle ideologie di matrice islamista. Le traiettorie di radicalizzazione dipendono da numerose direttrici incrociate: predisposizioni individuali e disposizioni contestuali; motivazioni psicologiche e questioni materiali; rivendicazioni identitarie e moventi politici. In questo senso, la costruzione narrativa delle esperienze, soprattutto dei giovani soggetti di seconda generazione, è determinante nel comprendere gli autoposizionamenti dei soggetti radicali, e nel ricostruire il display delle esperienze individuali. Le piattaforme, e più in generale i media, si configurano quindi come spazio di costruzione della realtà sociale. I mezzi di comunicazione digitali si sono dimostrati particolarmente efficaci nella disintermediazione delle pratiche di partecipazione politica: per quanto riguarda la radicalizzazione, queste si dimostrano rilevanti per finalità strumentali e per utilizzi comunicativi, incidendo sull'organizzazione e sulla socializzazione ai fenomeni radicali, mentre favoriscono la rappresentazione pubblica e la propaganda di tali fenomeni. Seppure il peso maggiore delle dinamiche di radicalizzazione sia imputabile a processi politici e sociali offline, alcune tecnicalità delle piattaforme interferiscono con le dinamiche di polarizzazione. Negli ultimi anni sono nate una serie di iniziative volte a limitare l'impatto delle piattaforme sulla radicalizzazione: queste iniziative coinvolgono attori pubblici, privati e organizzazioni di attori autonomi. Il contrasto della radicalizzazione online deve utilizzare strategie flessibili, contro-narrazioni e media literacy.
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Paci, Deborah. "Emmanuel Mounier e il fascismo italiano". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 2 (diciembre de 2011): 121–59. http://dx.doi.org/10.3280/mon2011-002005.

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L'autrice propone una riflessione incentrata sul rapporto di Emmanuel Mounier, direttore della rivista personalista, con il fascismo italiano. Il saggio si sofferma su uno specifico avvenimento: la partecipazione di Mounier al convegno italo-francese di studi corporativi del maggio 1935. Comprendere il percorso intellettuale e politico del filosofo francese richiede un'indagine della concezione mounieriana di cristianitŕ e, al contempo, un'analisi della posizione tenuta dalla Chiesa nei confronti dei processi di secolarizzazione e del totalitarismo. All'origine di un giudizio non completamente negativo nei confronti dell'esperimento corporativo avviato dal fascismo italiano nel corso degli anni Trenta vi era il desiderio, condiviso con i gruppi non conformisti, di giungere a una "terza via" tra liberalismo e comunismo. Secondo Mounier, il fascismo, cosě come il personalismo cattolico, differiva dal materialismo borghese per il fatto di richiamarsi al primato della dimensione spirituale. Ciň nonostante, si imponeva la necessitŕ di spogliare quei valori - ritenuti sani nella loro essenza e di cui il fascismo, a suo giudizio, si faceva portatore - dal culto della forza e della violenza.
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Savastano, Marcello, Monica Calderaro y Giulia Maestoso. "Criminological and investigative analysis of sexual vicious behaviour". Rivista di Psicopatologia Forense, Medicina Legale, Criminologia 22, n.º 1-2-3 (27 de diciembre de 2017): 7–21. http://dx.doi.org/10.4081/psyco.2017.8.

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The following work is going to treat assembling main studies about the topic, the criminological analysis of sexual vicious behavior, outcome of a research led within a Master’s contest about “Criminology, investigative and strategic sciences for security”, by the Unitelma Sapienza University of Rome. The number of victims caused by this peculiar aberration of human behavior, per year, is comparable to a war: even though, of the latter one, shares only a subtle gradient of aggressiveness, produced or linked with sexual choices and not relating to more socially-elaborated frames, growth out to a political-military basis. Therefore, “Behavior”, first and foremost, “sexual vicious”, furthermore: this one is the indivisible hendiadys that will remark the “behavior1” on which the focus points into, to no scatter speculative energies and to tighten the essay’s core in two clamped angles of research, that otherwise could spread outwards, becoming loose and approximative. Consequently, will be of preliminary importance to start from the semantic compounds between aggressiveness and sex, that spread themselves in the definitions of rape and sexual abuse. Possibly, we will obtain a perimeter, a slot from which observe the general topic about the sexual normality and deviance: in the twilight interstice, stemmed from the difference between these two poles, that could seem a prism but also an opaque and shady tissue, the sexual vicious behavior shows off its dynamics, its inner mechanics, its selfpropelling criminal engine. Of course, the article’s structure had to contemplate all the psychodynamic path of the sex offender, profiting by methodological guidelines of prof. Vincenzo Mastronardi, so arriving in a ranking whose value, probably, founds the peak utility in investigative environments (if there was an acting-out). ---------- Il lavoro che segue tratterà, rassegnando le principali ricerche in materia, l’analisi criminologica del comportamento sessuale violento, frutto di una ricerca condotta nell’ambito del Master in “Criminologia, scienze investigative e strategiche per la sicurezza” dell’Università Unitelma Sapienza di Roma. I numeri delle vittime di questa peculiare aberrazione del comportamento umano, per anno, sono paragonabili a quelli di una guerra: eppure, di quest’ultima, ne condividono solamente un certo gradiente di violenza, generata o correlata a opzioni di natura sessuale e non in contesti socialmente più elaborati di matrice politico-militare. Per cui “comportamento”, innanzitutto, “sessuale violento”, poi: quest’ultima è l’endiadi inscindibile che connoterà il “comportamento” su cui punta il focus, per non disperdere le energie speculative e per stringere in due serrati angoli di ricerca l’argomento, che altrimenti presterebbe il fianco ad infinite indagini euristiche, ovvero a gradazioni prospettiche troppo ampie e, quindi, inesorabilmente approssimative. Risulterà pertanto di preliminare rilevanza partire dalle combinazioni semantiche tra violenza e sesso, che si irradiano nelle definizioni di stupro ed abuso sessuale. Si otterrà, auspicabilmente, un perimetro, una feritoia dalla quale osservare l’argomento più generale attinente la normalità e la devianza sessuale: nell’interstizio chiaroscurale, ricavato dalla breve ed incerta distanza tra questi poli, che può essere sì un prisma ma anche uno stagnante tessuto opaco ed adombrante, il comportamento sessuale violento svela la propria meccanica, il proprio intrinseco funzionamento, la propria semovenza criminale. Certamente, la strutturazione dell’articolo doveva tenere in considerazione tutto l’itinerario psicodinamico del sex offender, traendo particolare giovamento dalle indicazioni metodologiche del prof. Vincenzo Mastronardi, così arrivandone, in ragione delle singole estrinsecazioni della devianza, ad una classificazione il cui valore, probabilmente, trova l’apice della propria utilità in ambienti investigativi (laddove vi sia stato un acting-out). ---------- El trabajo que sigue, al renunciar a la investigación principal sobre este tema, el análisis criminológico del comportamiento sexual violento, es el resultado de una investigación realizada en el Máster en “Criminología, Ciencias de Investigación y Estratégicas para la Seguridad” en la Universidad Unitelma Sapienza Roma. El número de víctimas de esta peculiar aberración del comportamiento humano por año es comparable al de una guerra, sin embargo, estas últimas solo comparten un cierto grado de violencia, generada o relacionada con opciones de naturaleza sexual, y no contextos socialmente más elaborados de la matriz político-militar. Por lo tanto, “comportamiento” es en primer lugar un “sexo violento”, entonces: este último es la dotación inseparable que transmitirá el “comportamiento” en el que se enfoca el foco, para no dispersar las energías especulativas y sujetar en dos esquinas de la búsqueda el argumento, que de otra manera se adheriría a investigaciones heurísticas interminables, o a grados prospectivamente amplios y por lo tanto inexorablemente aproximados. Por lo tanto, será de primordial importancia a partir de las combinaciones semánticas entre violencia y sexo, que irradian las definiciones de violación y abuso sexual. Esperemos hallar un perímetro, una rendija desde la cual observar el argumento más general sobre la normalidad y la desviación sexual: en el intersticio de claroscuro, obtenido a partir de la distancia corta e incierta entre estos polos, que puede ser un prisma, pero también uno Tejido mate y opaco estancado, el comportamiento sexual violento revela su propia mecánica, su funcionamiento intrínseco, su propia auto evolución criminal. Ciertamente, la estructuración del artículo debe tener en cuenta todo el itinerario psicodinámico del delincuente sexual, obteniendo un beneficio particular de las indicaciones metodológicas del prof. Vincenzo Mastronardi, llegando, en razón de la extinción individual de la desviación, a una clasificación cuyo valor probablemente encuentre su aptitud en los entornos de investigación (donde ha sido un acting-out).
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Verde, Serena. "Lomé: attori e processi di una transizione democratica". STORIA URBANA, n.º 126 (septiembre de 2010): 67–93. http://dx.doi.org/10.3280/su2010-126004.

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Nel quadro del recente dibattito che ha animato gli studi sull'evoluzione degli spazi urbani in Africa nel XXI secolo, questo studio intende analizzare le specificitŕ proprie alle dinamiche socio-spaziali della cittŕ di Lomé. In particolare ci si concentrerŕ sulle inedite relazioni tra Stato, cittadinanza e territorio createsi all'indomani della turbolenta transizione democratica dei primi anni Novanta. La Conferenza Nazionale del 1991 ha visto da una parte l'affermazione di una societŕ civile determinata ad occupare spazi e funzioni sempre piů importanti all'interno delle dinamiche cittadine. Allo stesso tempo, i disordini politici e le violenze che ne seguirono hanno scosso profondamente la cittŕ di Lomé. Il processo di frammentazione socio-spaziale prodottosi in questo ultimo periodo ha portato alla ribalta nuovi attori sociali, che hanno saputo instaurare un peculiare rapporto col territorio della capitale togolese, assumendo un ruolo importante nella governance territoriale. Frutto di una ricerca sul campo effettuata tra il 2007 e il 2008, questo contributo intende mostrare come i mutamenti politici degli anni Novanta abbiano permesso, seppur parzialmente, di delegare il governo della cittŕ ad attori sociali prima emarginati, quali i giovani, le donne e le associazioni. Si vuole porre inoltre in evidenza come la rappresentazione stessa della cittŕ sia cambiata, grazie al lavoro di una stampa vivace e sempre piů indipendente.
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Del Prete, Simeone. "Il Comitato di Solidarietà Democratica tra difesa processuale e recupero politico nel processo alla Resistenza. Il caso giudiziario dell'eccidio di Oderzo". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 298 (junio de 2022): 114–43. http://dx.doi.org/10.3280/ic2022-298011.

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Il saggio intende proporre una riflessione sul rapporto tra il Pci e gli ex-partigiani processati tra anni Quaranta e Cinquanta per il coinvolgimento in azioni connesse alla lotta di liberazione o in episodi di violenza postbellica. Più nello specifico, l'articolo suggerisce nuove ipotesi interpretative sull'assistenza giudiziaria ed extragiudiziaria garantita dal Pci a questi ultimi nel periodo del centrismo degasperiano. Attraverso un percorso di indagine condotto sui documenti del Comitato di Solidarietà Democratica, l'organizzazione politico-giuridica fondata su impulso del Fronte popolare allo scopo di garantire assistenza ai militanti inquisiti, l'autore riflette sulla natura delle pratiche adottate per il contrasto al "processo alla Resistenza" e sulle questioni politiche che il fenomeno ingener. in seno al partito e all'opposizione socialcomunista. La riflessione, incentrata sulla dimensione nazionale della congiuntura, si avvale del caso di studio del processo celebrato tra il 1950 e il 1957 contro i responsabili dell'"eccidio di Oderzo", l'esecuzione sommaria, avvenuta tra l'aprile e il maggio 1945, di oltre un centinaio di presunti appartenenti alle forze armate della Repubblica sociale italiana.
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Bertoni, Angelo y Ornella Zaza. "L'infrastruttura ferroviaria come attore territoriale: strategie e tattiche di riuso nella valle della Roya". SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, n.º 128 (julio de 2022): 47–58. http://dx.doi.org/10.3280/sur2022-128005.

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I violenti temporali dell'ottobre 2020 hanno causato gravi danni al territorio della valle della Roya, una zona transfrontaliera di media montagna tra Francia e Italia. La linea ferroviaria Nizza-Ventimiglia-Breil-Cuneo, che attraversa questo territorio, è stata l'unica infrastruttura in grado di rispondere all'emergenza e ha riaperto il dibattito sul riuso delle stazioni ferroviarie, un importante patrimonio del XX secolo, oggi in gran parte abbandonato. L'articolo si propone di analizzare e mettere in prospettiva le esperienze di innovazione socio-spaziale che permettono all'infrastruttura ferroviaria di rivelarsi come una risorsa territoriale, capace di proporre nuove pratiche di vita in armonia con l'ambiente costruito e naturale.
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Cunha, António Camilo Teles Nascimento. "Universidade e o “homo sabius”." Educação e Filosofia 36, n.º 78 (15 de diciembre de 2022): 1389–415. http://dx.doi.org/10.14393/revedfil.v36n78a2022-65514.

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O ensaio, em jeito de crítica/crítica, procura olhar para a Universidade na sua dimensão político-organizacional. Através de uma reflexão interpretativa, apoiada na constatação empírica e na literatura - uma metodologia que sai dos cânones de uma metodologia científica de investigação - tenta “escavar” a Universidade e mostrar dois tipos de homo-politicus que nela existem: o “homo-violentus” (o homem - “violento”) e o “homo-sabius” (o homem - “sábio”). Estes dois tipos de homos (por certo, existem outros tipos) então “encarnados” nos decisores, gestores, professores, investigadores, estudantes etc. Destes dois tipos de homos vamos ter formas de intervenção política, cultural, científico/investigativa, educativo/pedagógico e humana diferenciadas - nas expressões informação, conhecimento, sabedoria - e, com elas, consequentes implicações na missão da própria Universidade. Palavras–Chave: Universidade; Política; Investigação; Pedagogia. The University and the “homo sabius”. Criticism / Criticism Abstract: The essay, in the form of criticism/criticism, seeks to look at the University in its political-organizational dimension. Through an interpretative reflection, supported by empirical evidence and literature - a methodology that departs from the canons of a scientific research methodology - it tries to "dig" the University and show two types of homo-politicus that exist in it: the "homo-violentus ” (man - “violent”) and “homo-sabius” (man - “wise”). These two types of homos (of course, there are other types) then “incarnated” in decision-makers, managers, teachers, researchers, students, etc. From these two types of homos we will have differentiated forms of political, cultural, scientific/investigative, educational/pedagogical and human intervention - in terms of information, knowledge, wisdom - and, with them, consequent implications for the mission of the University itself. Key Words: University; Policy; Investigation; Pedagogy. La Universidad y el “homo sabius”. Crítica / Crítica Resumen: El ensayo, en forma de crítica/crítica, busca mirar a la Universidad en su dimensión político-organizativa. A través de una reflexión interpretativa, apoyada en la evidencia empírica y la literatura -metodología que se aparta de los cánones de una metodología de investigación científica- se intenta “cavar” en la Universidad y mostrar dos tipos de homo-políticos que existen en ella: el “homo-político”. violento” (hombre - “violento”) y “homo-sabius” (hombre - “sabio”). Estos dos tipos de homos (claro que hay otros tipos) luego se “encarnan” en decisores, directivos, docentes, investigadores, estudiantes, etc. De estos dos tipos de homos tendremos formas diferenciadas de intervención política, cultural, científico/investigadora, educativa/pedagógica y humana -en términos de información, conocimiento, sabiduría- y, con ellas, las consecuentes implicaciones para la propia misión de la Universidad. . Palabras Clave: Universidad; Política; Investigación; Pedagogía. Data de registro: 26/04/2022 Data de aceite: 26/10/2022
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Belozorovich, Anna. "Volpi, farfalle, uccelli e un cagnolino nero: il mimetismo e la sopravvivenza sotto il regime staliniano in Vesti bianche di Vladimir Dudincev". Altre Modernità, n.º 26 (29 de noviembre de 2021): 145–64. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/16802.

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L’articolo prende in esame Vesti bianche (Belye odeždy), il secondo romanzo di Vladimir Dudincev (1918-1998), figura tragica della letteratura sovietica. Dopo Non si vive di solo pane (1957), riscuote un enorme successo ma viene costretto al silenzio a causa dello scandalo politico che ne deriva. Vesti bianche, scritto nel 1966, ma pubblicato solo vent’anni più tardi (1987), è ambientato nel pieno del lysenkoismo, la violenta repressione nei confronti della comunità scientifica che ebbe luogo tra gli anni ’40 e ’50. I suoi protagonisti sono biologi: comprendere la natura, essere in dialogo con il mondo naturale, è la loro prerogativa per ottenere dei risultati. La riflessione scientifica è puntualmente accompagnata da quella filosofica. In una intensa discussione sul rapporto tra l’uomo e la Natura, i protagonisti si schierano su differenti posizioni e sembrano “indossare” figure animali quasi con valore totemico. Le possibili configurazioni della società umana, i rapporti professionali e le esperienze individuali vengono messe in relazione con il comportamento animale. Il carattere associato a questi animali riporta sia al loro comportamento in natura sia alla simbologia ad essi legata nella tradizione popolare russa. La ricerca della verità da parte degli uomini di scienza incontra la necessità di mascheramento, parola chiave della trama. Il mimetismo è vissuto come un inganno necessario, come per mantenere la varietà biologica nel mondo naturale, così per garantire la libertà del pensiero e della ricerca scientifica in un paese paralizzato dal regime.
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Delgado, Manuel y Sarai Martín López. "La violencia contra lo sagrado. Profanación y sacrilegio: una tipología". Vínculos de Historia. Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, n.º 8 (20 de junio de 2019): 171. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2019.08.09.

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RESUMENDe entre todos los objetos, tiempos, espacios, palabras y seres que componen el mundo físico, algunos están investidos de un valor especial por cuanto se les atribuye la virtud de visibilizar las instancias invisibles de las que dependemos los mortales. Es lo sagrado. A lo sagrado se le depara un trato singular hecho de respeto, veneración o miedo, pero en ocasiones también de rencor y de odio por lo que encarna o representa. Es adorado, pero también, y acaso por las mismas razones, puede ser insultado, destruido, objeto de burla y, si tiene forma humana, martirizado o asesinado. La violencia contra lo sagrado puede caber en sistemas religiosos que le otorgan a la agresión un papel central en su universo mítico o ritual. También se ofende u agrede lo santo para grupos o pueblos a someter, puesto que en ello está resumido su orden del mundo. Desde esta perspectiva, el agravio, la irreverencia y el daño pasan a reclamar un lugar protagonista en los estudios sobre la institución religiosa de la cultura bajo las figuras del sacrilegio y la profanación.PALABRAS CLAVE: sagrado, profanación, sacrilegio, violencia religiosa, iconoclastia.ABSTRACTOf all the objects, times, spaces, words and beings that make up the physical world, some are invested with a special value because they are attributed the virtue of making visible the invisible instances on which we mortals depend. This is the sacred. The sacred is given a singular treatment combining respect, veneration or fear, but sometimes also resentment and hatred of what it embodies or represents. It is adored, but also, and perhaps for the same reasons, it can be insulted,destroyed, mocked and, if it has a human form, martyred or killed. Violence against the sacred can fit into religious systems that give aggression a central role in their mythical or ritual universe. Also offended or attacked is what is sacred for groups or peoples to be subdued, since in it an embodiment of their world order. From this perspective, aggravation, irreverence and damage occupy a central place in the studies on the religious institution of culture under the figures of sacrilege and profanation.KEY WORDS: sacred, profanation, sacrilege, religious violence, iconoclasm. BIBLIOGRAFÍAAgamben, G. (2005), Profanaciones, Barcelona, Anagrama.Arbeola, V. M. (1973), Socialismo y anticlericalismo, Madrid, Taurus.Arce Fustero, G. (2018), De espaldas a Cristo. Una historia del anticlericalisme en Colombia, 1849-1948, Medellín, Editorial Universidad de Medellín.Aston, M. (1988), England’s Iconoclasts, Oxford, Oxford University Press.Auzépy, M. F. (1987), “L’iconodulie: Défense de l’image ou de la devotion de l’image”, en Boesfplug, F. y Lossy, N. (comp.), Nicée II, 787-19 87. Douze siecles d’imagerie religieuse, París, Cerf, 157-164.Bataille, G. 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Moreira, Nubia Regina y Thaís Teixeira Cardoso. "MULHERES NEGRAS EM MARCHA CONTRA O RACISMO, A VIOLÊNCIA E PELO BEM VIVER: indícios para um currículo antirracista". Cadernos de Pesquisa 27, n.º 4 (29 de diciembre de 2020): 129. http://dx.doi.org/10.18764/2178-2229.v27n4p129-151.

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Resumen
Esse artigo se propõe a pensar como o lema da Marcha das Mulheres Negras contra o Racismo, a Violência e o pelo Bem Viver (2015) como uma proposição teórico-política de um novo pacto civilizatório para sociedade brasileira proveniente do acúmulo da luta antirracista e feminista negra. Trazemos as organizações das mulheres, representadas aqui pela Marcha, como produtoras de uma gramática que converge para uma pedagogia feminista negra. Tomaremos a Carta das Mulheres Negras, fruto da Marcha das Mulheres Negras, como campo empírico; nela, as mulheres negras, elaboram significados do Bem Viver, de ancestralidade, e reiteram o rompimento com o racismo e todas as formas de discriminação, incluindo o campo educacional. Há nesse processo uma correspondência com as experiências e conhecimentos produzidos por ativistas negras como instrumentos de formulação de políticas públicas. Operamos no primeiro momento com as noções de pedagogia feminista e interseccionalidade como recurso de compreensão do protagonismo das mulheres negras e do entrelaçamento de distintas formas de diferenciações e desigualdades reciprocamente. No entanto, no segundo momento, ao deslocarmos a interseccionalidade, daremos lugar a uma narrativa de assunção de uma política curricular centrada na diferença, ampliando as perguntas que se fazem nos processos de aproximação e distanciamento com as lutas e produções das mulheres negras em direção a uma educação feminista antirracista.Palavras-chave: Currículo. Diferença. Interseccionalidade. Educação antirracista. Marcha das Mulheres Negras. BLACK WOMEN ON THE MARCH AGAINST RACISM, VIOLENCE AND FOR GOOD LIVING:evidence for an anti-racist curriculumAbstractThis article proposes to think the motto of the Black Women's March against Racism, Violence and for Well-Living (2015) as a theoretical-political proposition of a new civilizing covenant for Brazilian society coming from the accumulation of the antiracist and black feminist struggle. We bring up the women's organizations, represented here by the March, as producers of a grammar that converges into a black feminist pedagogy. We will take up the Black Women’s Charter, the fruit of the Black Women's March, as an empirical field; in it, black women elaborate meanings of Well-Living, of ancestry, and reiterate the break with racism and all forms of discrimination, including the educational field. In this process, there is a correspondence with the experiences and knowledge produced by activist black women as tools for formulating public policies. We operate at the first moment with the notions of feminist pedagogy and intersectionality as a resource to understand black women’s protagonism and the intertwining of different forms of differentiation and inequality reciprocally. However, at the second moment, as we move intersectionality forward, we will make room for a narrative of assumption of a curricular policy focused on difference, broadening the questions asked in the processes of approach and distance with the struggles and productions of black women towards an anti-racist feminist education.Keywords: Curriculum. Difference. Interseccionality. Antiracist education. Black Women's March.MUJERES NEGRAS EN LA MARCHA CONTRA EL RACISMO, LA VIOLENCIA Y EL BUEN VIVIR: evidencia de un plan de estudios antirracistaResumen:Este artículo propone pensar el lema de la Marcha de las Mujeres Negras contra el Racismo, la Violencia y por el Bien-Vivir (2015) como una proposición teórico-política de un nuevo pacto civilizador para la sociedad brasileña proveniente de la acumulación de la lucha feminista antirracista y negra. Traemos las organizaciones de mujeres, representadas aquí por la Marcha, como productoras de una gramática que converge en una pedagogía feminista negra. Tomaremos como campo empírico la Carta de la Mujer Negra, fruto de la Marcha de la Mujer Negra; en ella, las mujeres negras elaboran significados de Bien-Vivir, de ascendencia, y reiteran la ruptura con el racismo y todas las formas de discriminación, incluso el campo educativo. En este proceso, hay una correspondencia con las experiencias y conocimientos producidos por las mujeres negras activistas como herramientas para formular políticas públicas. Operamos en un primer momento con las nociones de pedagogía feminista e interseccionalidad como recurso para entender el protagonismo de las mujeres negras y el entrelazamiento de diferentes formas de diferenciación y desigualdad recíprocamente. Sin embargo, en el según momento, mientras avanzamos en la interseccionalidad, daremos lugar para una narrativa de asunción de una política curricular centrada en la diferencia, ampliando las preguntas formuladas en los procesos de acercamiento y distancia con las luchas y producciones de las mujeres negras hacia una educación feminista antirracista.Palabras-clave: Plan de estudios. Diferencia. Interseccionalidad. Educación antirracista. Marcha de las Mujeres Negras.
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"La violenza democratica. Le relazioni tra i sessi e l'eccedenza della politica". SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), n.º 36 (enero de 2010): 83–98. http://dx.doi.org/10.3280/las2009-036007.

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- Due studiose italiane riflettono sul rimosso, sul rovescio, della democrazia, ovvero su quella violenza democratica che riproduce continuamente forme di esclusione delle alteritÀ. Si tratta di una violenza anzitutto simbolica e discorsiva che si fonda sulla neutralizzazione delle differenze, sulla cancellazione dei corpi, dei soggetti sessuati, e si traduce anche in una violenza materiale e fisica. Elemento cruciale di questa violenza č la cancellazione del rapporto madrefigli o del rapporto tra sorelle, ai quali non č riconosciuta una valenza politica. In questo modo la politica si inceppa ogni volta che le donne irrompono nello spazio pubblico con il loro senso delle relazioni, riproponendo una sessuazione della sfera politica. In un momento in cui č evidente una crisi dell'autoritÀ maschile le due studiose mostrano come la libertÀ femminile pensata come libertÀ nella relazione ecceda lo stesso statuto democratico, cosicché ridurre la politica alla democrazia non significa fare un buon servizio alla politica ma nemmeno alla democrazia, che ha bisogno piuttosto di mantenere uno spazio sempre aperto verso l'impensato e l'imprevisto.
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Sacchetti, Giorgio. "Simone Neri Serneri (a cura di), Verso la lotta armata. La politica della violenza nella sinistra radicale degli anni Settanta". Diacronie, N° 12, 4 (29 de diciembre de 2012). http://dx.doi.org/10.4000/diacronie.2442.

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Galletta, Viviana. "Miti e utopie della modernità nelle Riflessioni sulla violenza di Georges Sorel". Materiali di Estetica. Terza serie, n.º 8.2 (10 de enero de 2022). http://dx.doi.org/10.54103/mde.i8.2.16980.

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This paper analyses the work Riflessioni sulla violenza written by Georges Sorel and published in 1908. The principal aim of this paper is to present the deep relationship between myth, violence and politics in order to reevaluate how irrational forces have guided social movements and revolutions. The distinction between the notions of force and violence introduces the central thesis of Georges Sorel’s political thought, which is called anarcho-syndacalism. More specifically, George Sorel puts together Marx and Bergson in order to develop a severe criticism of the Third Republic and to theorize the role of violence in the transition from capitalism to socialism. Through the myth of the general strike, Sorel introduces his philosophical perspective on social struggles against the parlamentarism.
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Inserra, Silvia. "Letteratura e diritti umani: dissidenza e testimonialità nell’opera O sol na cabeça di Geovani Martins". Altre Modernità, 30 de septiembre de 2022, 207–20. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/18699.

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L’autoritarismo di Stato appare profondamente radicato nella società brasiliana ed è parte di uno scenario paradossale in cui all’espansione dei diritti politici si accompagna una sostanziale delegittimazione dei diritti civili. Questa eredità autoritaria ripudia il subalterno e ne perpetua l’umiliazione, prendendo di mira le fasce più povere della popolazione, che subiscono incessantemente varie forme di violenza da parte della polizia e, in generale, da parte del sistema giudiziario. La letteratura brasiliana, o almeno parte di essa, può essere, però, considerata un grande archivio di contronarrazioni non egemoniche, che si pongono come coscienza critica di una modernizzazione iniqua e della violenza dei processi di dominazione che la caratterizzano. In questa prospettiva, l’articolo analizza alcuni racconti presenti nella raccolta O sol na cabeça (2018) di Geovani Martins, scrittore emergente che traccia nell’opera un ritratto meticoloso della vita dei morros, raccontando la tirannia del crimine organizzato, ma soprattutto la violenza poliziesca, in una prospettiva che evidenzia, nella tutela dell’ordine da parte dello Stato brasiliano, un “eccesso di negatività” (Han) fondato su una logica del “supplizio” (Foucault).
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Balbo, Italo. "Nella terra dei Vichinghi". Nordicum-Mediterraneum 1, n.º 2 (diciembre de 2006). http://dx.doi.org/10.33112/10.33112/nm.1.2.7.

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Icelandic translation of a chapter from the book describing Italo Balbo's 1933 journey to Chicago with a hundred Italians on twenty-four seaplanes. As recalled in the essays available in the first issue of Nordicum-Mediterraneum, they flew from Italy to the United States, stopping in Iceland on their way. The book La centuria alata was published also in order to exploit his own growing fame as an aviator in view of a high-level political career inside the Italian fascist regime. Being a fascist since the early days of Mussolini's political movement, Balbo led the blackshirt militia in many violent actions directed against democratic politicians. After the notorious "March on Rome" (1922) and the establishment of Mussolini's regime, he played a decisive role in developing the Italian air force, testing for the first time also new weapons of mass destruction, especially during the Spanish Civil War.
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"IL DUELLO NEL RINASCIMENTO E IL RIPENSAMENTO ETICO SUL DUELLO DI FRANCESCO PATRIZI". Studia Polensia 01, n.º 01 (15 de noviembre de 2012): 9–29. http://dx.doi.org/10.32728/studpol/2012.01.01.01.

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In questa prima parte del saggio ci soff ermeremo in modo particolare al periodo che intercorre tra la seconda metà del XV secolo e la prima metà del XVI secolo, in quanto è in questo lasso di tempo che si trovano serie e chiare testimonianze riguardanti la questione del duello. E questo sia nelle opere letterarie che in quelle riguardanti la precettistica. Per quanto riguarda quelle di precettistica, oltre al gran numero di trattati, è da tener presente anche il gran numero delle loro riedizioni, specialmente di quelli più famosi. Dove, oltre all'immancabile comunanza d’interessi fra poeti epici e trattatisti del duello, si noterà anche una sostanziale identità terminologica - per esempio sia i poeti sia i trattatisti ritengono che il duello sia una ‘prova’ di giudizio fi nale. Questo non comporta, nel contempo, una convergenza di convinzioni fi losofi che, in quanto, come si vedrà, il duello letterario diff erisce da quello reale proprio per la sua diversa comprensione fi losofi ca del combattere. Pertanto con la presente relazione si cercherà di dispiegare la problematica che questo istituto di per sé ha comportato nel periodo storico preso in considerazione. Il duello infatti si configurava come una questione sociale tutt'altro che irrilevante per la sua connotazione ambivalente di ordalia – quale forma particolare di rapporto fra uomo e sacro – e di inculpata tutela – quale forma particolare di ricorso alla violenza privata a tutela di un fondamentale diritto naturale. In tutti e due i casi si tratta di una forma di onore, sia individuale sia nobiliare, del quale il Patrizi ne discuterà la fondatezza interpretandolo specialmente in qualità di virtù. In questa defi nizione dell'onore – che il Patrizi aff ronta con un gusto platonico – si possono scorgere questioni di alta portata politica, che ponevano sotto varia forma la questione dei rapporti tra individuo e Stato. In tal modo il duello d’onore assumeva un aspetto decisivo per quanto riguardava le sue connotazioni sociali e politiche inserendosi nel più ampio dibattito comprendente il problema dell'uso della violenza e dei confi ni fra violenza privata e violenza pubblica, fra faida e bellum iustum.
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Eltantawy, Sameh. "L'uso delle immagini artistiche e non nella cultura contemporanea: il pensiero di due filosofi contemporanei (Jean Baudrillard e Mohamed Abed al-Jabri)". Itinera, n.º 23 (8 de agosto de 2022). http://dx.doi.org/10.54103/2039-9251/18577.

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Resumen
The main purpose of this research is to analyze and understand the use of artistic and non-artistic images between East and West and especially of images accompanied by words written in Arabic. In reality there is a lot of information, images and falsifying words, in fact as stated by the French philosopher Jean Baudrillard: "when the image cancels reality" it is our duty to interpret it and give it the right meaning (Jean Baudrillard, 1988). In this regard We can say with certainty that very often, when the images shown contain writings in Arabic or in other languages that are not well known in the West, the message may not be fully intelligible or decodable and this prevents the understanding of the images themselves which may mistakenly be deemed untrue. We live in the era of images, and since these dominate the panorama of the contemporary world at the level of science, culture, economy and media, today as never before they are so fundamental in political and social life. To better understand this phenomenon of dependence of individuals on technology, television, social networks and videos, we will use the methodology of interpretation that will allow us to analyze these phenomena and these means which, taken in themselves, have no negative or positive value, which however, they must be considered critically in order to be able to use them correctly and consciously. With this research I aim to establish a link between different cultures, to find a common thought and contribute to the formation of a society, united against violence and terrorism.
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Rayman, Jennifer. "The Politics and Practice of Voice: Representing American Sign Language on the Screen in Two Recent Television Crime Dramas". M/C Journal 13, n.º 3 (30 de junio de 2010). http://dx.doi.org/10.5204/mcj.273.

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Resumen
Introduction In this paper, I examine the practices of representing Deaf ‘voices’’ to hearing audiences in two recent US television crime dramas. More literally I look at how American Sign Language is framed and made visible on the screen through various production decisions. Drawing examples from an episode of CSI: New York that aired in December 2006 and an episode of Law and Order: Criminal Intent that aired in April 2007, I examine how the practices of filming Deaf people and the use of American Sign Language intersect with the production of a Deaf ‘voice’ on the screen. The problem of representing a Deaf ‘voice’ on the screen is akin to the problem of representing other minority languages. Film and television producers in the United States have to make choices about whether the majority audience of English speakers will have access to the minority language or not. In the face of this dilemma media producers have taken several approaches: subtitling foreign speech, translating foreign speech through other characters, or leaving the language inaccessible except to those who use it. The additional difficulty with representing national sign languages is that both the language and the recording medium are visual. Sometimes, filmmakers make the choice of leaving some portions of the signed dialogue inaccessible to a non-signing hearing audience. On the one hand this choice could indicate a devaluing of the signed communication, as its specific content is considered irrelevant to the plot. On the other hand it could indicate that Deaf people have a right to be visible on television using their own language without accommodating hearing people. A number of choices made in the filming and editing can subtly undermine positive representations of Deaf ‘voices’ particularly to a Deaf audience. These choices often construct an image of sign languages as objectified, exoticised, disjointed, incomplete, or a code for spoken language. Simple choices such as using simultaneous speaking and signing by Deaf characters, cropping the scene, translating or not translating the dialogue have powerful implications for the ways that Deaf ‘voices’ are becoming more visible in the 21st century. Typical filming and editing conventions effectively silence the Deaf ‘voice.’ Over 20 years ago, in the comprehensive book, Hollywood Speaks: Deafness and the Film Entertainment Industry (1988), Schuchman’s complaint that the filming and editing techniques of the day often did not attend to preserving the visibility and comprehensibility of sign language eon the screen, still applies today. As editing techniques have evolved over the years, fr om reliance on wide and medium shots to frequent intercutting of close-ups, the tendency to cut sign language off the screen, and out of the comprehensible view of the audience, may have even increased. Recent Portrayals of Deaf People on Television During one television season in the United States between August 2006 and April 2007, 30 episodes of six different serial television programs portrayed signing Deaf characters. Three of these programs had on-going Deaf characters that appeared in a number of episodes throughout the season, while three other programs portrayed Deaf people in a one-off episode with a Deaf theme. Initial air date for the season Program and Season # of Episodes 1 14 Aug. 2006 Weeds, Season 2 5 2 20 Sep. 2006 Jericho, Season 1 13 3 28 Jan. 2007 The L Word, Season 4 9 Table 1. Dramas with Ongoing Deaf Characters during the 2006-2007 USA Television Season Initial air date Program, Season, Episode Episode Title 1 13 Dec. 2006 CSI: New York, Season 3, Episode 12 “Silent Night” 2 3 Apr. 2007 Law and Order: Criminal Intent, Season 6, Episode 18 "Silencer" 3 12 Apr. 2007 Scrubs, Season 6, Episode 16 “My Words of Wisdom” Table 2. One-off Episodes with Signing Deaf Characters during the 2006-2007 USA Television Seasons Ironically, although the shows with ongoing characters sometimes allow the Deafness of the character to be incidental to the character, it is only the one-off crime dramas that show Deaf people relating with one another as members of a vibrant community and culture based in sign language. Often, in the ongoing series, the characters remain isolated from the Deaf community and their interactions with other Deaf people are sparse or non-existent. For example, out of the 27 episodes with an ongoing Deaf character only two episodes of The L-Word have more than one Deaf character portrayed. In both Weeds and The L-Word the Deaf character is the love interest of one of the hearing characters, while in Jericho, the Deaf character is the sister of one of the main hearing characters. In these episodes though some of realities about Deaf people’s lives are touched on as they relate to the hearing characters, the reality of signing Deaf people’s social lives in the Deaf community is left absent and they are depicted primarily interacting with hearing people. The two episodes, from CSI: New York, and Law and Order: Criminal Intent, focus on the controversial theme of cochlear implants in the Deaf community. Though it is true that generally the signing Deaf community in the U.S.A. sees cochlear implants as a threat to their community, there is no record of this controversy ever motivating violent criminal acts or murder as portrayed in these episodes. In the episode of CSI: New York entitled “Silent Night” a conflict between a young Deaf man and Deaf woman who were formerly romantically involved is portrayed. The murdered young woman who comes from a Deaf family does not want her Deaf baby to have a cochlear implant while the killer ex-boyfriend who has a cochlear implant believes that it is the best option for his child. The woman’s Deaf parents are involved in the investigation. The episode of Law and Order: Criminal Intent, entitled “Silencer,” is also ultimately about a conflict between a Deaf man and a Deaf woman over cochlear implants. In the end, it is revealed that the Deaf woman is exploring the possibility of a cochlear implant. Her boyfriend projecting the past hurt of his hearing sister leaving him behind to go off and live her own life, doesn’t want his girlfriend to leave him once she gains more hearing. So he shoots the cochlear implant surgeon in the hand to prevent him from being able to perform the surgery. Then he accidentally kills him by crushing his voice box to prevent him from screaming. Analyzing Two Crime Dramas In both television dramas, the filmmakers use both sound and video editing techniques to mark the experiential difference between hearing and Deaf characters. In comparing the two dramas two techniques are evident : muting/distorting sounds and extreme close-ups on lips talking or hands signing. Though these techniques may heighten awareness of deaf experience to a non-signing audience they also point to a disabling stereotyping of the experience of being Deaf as lacking — framing their experience as hearing loss rather than Deaf gain (Bauman & Murray; Shakespeare 199). By objectifying sign language through extreme close ups American Sign Language is portrayed as something strange and unusual that separates Deaf signers from hearing speakers. The auditory silences can either jolt the hearing non-signer into awareness of the sensory aspect of sound that is missing or it can jolt them into awareness of the visual world that they often don’t really see. In the opening few scenes of the episodes both CSI: New York and Law and Order: Criminal Intent use sound editing alternately muting or distorting sounds as they cut between a ‘deaf’ auditory perspective and a ‘hearing’ perspective on the action as it unfolds. Even though the sound editing does play a part in the portrayal of Deaf people’s experience as lacking sound, the more important aspects of film production to attend to are the visual aspects where Deaf people are seen authentically signing in their own language. Scene Analysis Methodology In taking a closer look at a scene from each episode we can see exactly how the filming and editing techniques work to create an image of sign language. I have chosen comparable scenes where a Deaf individual is interviewed or interrogated by the police using a sign language interpreter. In each scene it can be assumed that all the communication is happening in both English and ASL through an interpreter, so at all times some signing should be occurring. In transcribing the scenes, I noted each point when the editor spliced different camera shots adjacent to each other. Because of the different visual aesthetics in each program where one relied heavily on continuous panning shots, I also noted where the camera shifted focus from one character to another marking the duration of screen time for each character. This allowed for a better comparison between the two programs. In my transcripts, I included both glosses of the ASL signs visible on the screen as well as the flow of the spoken English on the audio track. This enabled me to count how many separate shifts in character screen time segments contained signing and how much of these contained completely visible signing in medium shots. CSI:NY Witness Interview Scene In the first signing scene, Gina (played by Marlee Matlin) is brought in for an interview with Detective Taylor and a uniformed officer interpreter. The scene opens with a medium shot on Detective Taylor as he asks her, “What do you think woke you up?” The shot cuts to an extreme close up of her face and hands and pans to only the hands as she signs FOOTSTEPS. Then the scene shifts to an over the shoulder medium shot of the interpreter where we can still see her signing VIBRATIONS and it cuts to a close up of her face as she signs ALISON NOISE. Though these signs are cropped, they are still decipherable as they happen near the face. Throughout this sequence the interpreter voices “Footsteps, I felt vibrations. I thought maybe it was Alison.” Next we have a close-up on Detective Taylor’s face as he asks her why her family moved and whether she had family in the area. During his question the camera shifts to a close up reaction of Gina listening and then back to a close up on Taylor’s face, and then to a medium shot of the interpreter translating the last part of the question. Next, while Gina responds the camera quickly cuts from a medium shot to a close-up side view of the hands to a close-up bird’s eye view of the hands to a close up of Gina’s face with most of the signs outside of the frame. See the transcript below: [medium shot] NOT PLAN HAVE MORE CHILDREN,[close-up side view of hands] PREGNANT,[close-up from bird’s eye view] DECIDE RAISE ELIZABETH[close-up Gina’s face signs out of frame] SAFE While this sequence plays out the interpreter voices, “My husband and I weren’t planning on having any more children. When I got pregnant my husband and I decided to raise Elizabeth outside of the city where it’s safe.” The kind of quick cuts between close-ups, medium shots and reaction shots of other characters sets the visual aesthetic for this episode of CSI: NY. In this particular clip, the camera shifts shot angles no less than 50 times in the space of one minute and 34 seconds. Yet there are only 12 conversational turns back and forth between the two characters. This makes for a number of intercut reaction shots, interpreter shots as well as close-ups and other angles on the same character. If only counting shifts in screen time on a particular character, there are still 37 shifts in focus between different characters during the scene. Out of the 22 shots that contain some element of signing — we only see a medium shot with all of the signing space visible 4 times for approximately 2 seconds each. Even though signing is occurring during every communication via the interpreter or Gina, less than half of the shots contain signs and 18 of these are close ups from various angles. The close ups in this clip varied from close-ups on the face, which cut out part of the signs, to close ups on the hands caught in different perspectives from a front, side, top or even table top reflected upside-down view. Some of the other shots were over the back shoulder of Gina catching a rear view of the signs as the camera is aimed in a medium shot of the detective and interpreter. The overall result from a signing perspective is a disjointed jumble of signs leaving the impression of chaos and heightened emotion. In some ways this can be seen as an exoticisation of the signs making them look surreal, drawing attention to the body parts displaying the signs and objectifying them. Such objectification may seem harmless to a non-signing hearing audience or media producer as a mere materializing of the felt amazement at signed communication moving at such a pace. But if we were to propose a hypothetical parallel situation where a Korean character is speaking in her native tongue and we are shown extreme close ups and quick cuts jumping from an image of the lips moving to the tongue tapping the teeth to a side close up of the mouth to an overhead image from the top of the head – this type of portrayal would immediately be felt to be a de-humanization of Korean people and likely labeled racist. In the case of sign language, is it merely thought of as visual artistry? Law & Order: Suspect Interrogation Scene Law & Order: Criminal Intent has a different film aesthetic. The scene selected is an interview with a potential suspect in the murder of a cochlear implant surgeon. The Deaf man, Larry is an activist and playwright. He is sitting at a table with his lawyer across from the male detective, Goren, and the interpreter with the female detective, Eames, standing to the side. Unlike the CSI: NY scene there are no quick cuts between shots. Instead the camera takes longer shots panning around the table. Even when there are cuts to slightly different angles, the camera continues to pan in the same direction as the previous shot giving the illusion that almost the entire scene is one shot. In this 45-second scene, there are only five cuts to different camera angles. However, the act of panning the camera around the room even in a continuous shot serves to break up the scene further as the camera pulls focus zooming in on different characters while it pans. For the purposes of this analysis, in addition to dividing the scene at shifts in camera angles performed through editing, I also divide the scenes at shifts in camera angles focusing on different characters. As the camera moves to focus on a different interlocutor (serving the same purpose as a shift done through editing), this brings the total shifts in camera angles to ten. At several points throughout this Law & Order: CI episode, the cinematographer uses the technique of zooming into an extreme close-up on the hands and then pulling out to see the signer. But in this particular scene all of the visible signed sequences are filmed in medium shots. While this is positive because we can actually see the whole message including hand and face, the act of panning behind the backs of seated characters while Larry is signing blocks some of his message just as much as shifting the edit to a reaction shot would do. Of the ten shots, only one shot does not contain any signing: when Detective Eames reacts to Larry’s demands and incredulously says, “A Deaf cop?” While all of the other shots contain some signing, there are only two signed interchanges that are not interrupted by some sort of body block. Ironically, both of these shots are when the hearing detective is speaking. The first is the opening shot. The camera, in a wide shot on 5 characters, opens on their reflections in the mirrored window located in the interview room. As the camera pulls back into the room, it spins around and pans across Detective Eames’ face to settle on Detective Goran. While Goran begins talking the shot widens out to include the interpreter sitting next to him and catch the signed translation. Goran says, “Larry? There’s a lot of people pointing their finger at you.” With a bit of lag time the interpreter signs: A-LOT PEOPLE THINK YOU GUILTY. Overall Comparison of the Two Scenes For both scenes there were only four segments with unobstructed medium shots of signers in the act of signing. In the case of Law & Order: CI this might be considered a good showing as there were only nine segments in the entire scene and 8 contained signing. Thus potentially yielding 50% visibility of the signs during the entire stream of the conversation (however not all signs were actually fully visible). In the case of CSI: NY, with its higher ratio of segments split by different camera shots, 22 segments contained signing, yielding a ratio of 18% visibility of signs. Though this analysis is limited to only one scene for comparison it does reveal that both episodes prioritize the spoken language stream of information over the sign language stream of information. CSI: New York Law & Order: CI Time duration of the clip 1 min 34 sec 45 sec # shifts in character conversational turns 12 times 10 times # edited camera shots to different angle 50 5 #shifts in screen time of the characters (edited or panned) 37 9 Total # screen time segments with signing 22 8 # medium shot segments with signing fully visible 4 4 # segments containing close ups of signs, cropped off signs or blocked 18 4 Table 3. Count comparison between the two scenes Filmmakers come from a hearing framework of film production where language equals sound on an audio track. Within that framework sound editing is separate from video editing and can provide continuity between disjointed visual shots. But this kind of reliance on sound to provide the linguistic continuity fails when confronted with representing American Sign Language on the screen. The sound stream of translated English words may provide continuity for the hearing audience, but if left to rely on what is available in the visual modality Deaf viewers may have to rely on closed captioning to understand the dialog even when it is portrayed in their own language. Disjointed scenes showing quick cuts between different angles on a signed dialog and flashing between reacting interlocutors leaves the signing audience with a view on a silenced protagonist. Recommendations How can media producers give voice to sign language on the screen? First there needs to be an awareness and concern amongst these same media producers that there is actually value in taking the care required to make sign language visible and accessible to the signing Deaf audience and perhaps raise more awareness among the non-signing hearing audience. It may be entirely possible to maintain a similar visual aesthetic to the programs and still make sign language visible. Hearing producers could learn from Deaf cinema and the techniques being developed there by emerging Deaf film producers (Christie, Durr, and Wilkins). In both examples used above careful planning and choreography of the filming and editing of the scenes would make this possible. With the quick cutting style of frequent close up shots found in CSI: NY, it would be necessary to reduce the number of close ups or make sure they were wide enough to include enough of the signs to maintain intelligibility as with signs that are made near the face. In addition, medium shots of the interpreter or the interpreter and the hearing speaker would have to become the norm in order to make the interpreted spoken language accessible as well. Over the shoulder shots of signers are possible as well, as long as the back of the signer does not obscure understanding of the signs. In order to avoid objectification of sign language, extreme close-ups of the hands should be avoided as it de-humanizes sign languages and reduces language to animalistic hand gestures. In addition, with adopting the visual aesthetic of panning continuous shots such as those found in Law and Order: CI, care would need to be taken not to obstruct the signs while circling behind other participants. Other possibilities remain such as adapting the visual aesthetic of 24 (another United States crime drama) where multiple shots taking place simultaneously are projected onto the screen. In this manner reaction shots and full shots of the signing can both be visible simultaneously. Aside from careful choreography, as suggested in previous work by scholars of Deaf cinema, (Schuchman, Hollywood; Jane Norman qtd. in Hartzell), hearing media producers would need to rely on excellent ASL/Deaf culture informants during all stages of the production; typically, cinematographers, directors and editors likely will not know how to make sure that signs are not obscured. Simultaneous signing and talking by Deaf and hearing characters should be avoided as this method of communication only confirms in the minds of hearing signers that sign language is merely a code for spoken language and not a language in and of itself. Instead, hearing media producers can more creatively rely on interpreters in mixed settings or subtitling when conversations occur between Deaf characters. Subtitling is already a marker for foreign language and may alert non-signing hearing audiences to the fact that sign language is a full language not merely a code for English. Using these kinds of techniques as a matter of policy when filming signing Deaf people will enable the signing voice some of the visibility that the Deaf community desires. Acknowledgements This article is based on work originally presented at the conference “Deaf Studies Today!”, April 2008, at Utah Valley State University in Orem, Utah, USA. I am grateful for feedback that I received from participants at this presentation. An earlier version of this article is published as part of the conference proceedings Deaf Studies Today! Mosaic edited by Brian K. Eldredge, Flavia Fleischer, and Douglas Stringham. References Bauman, H-Dirksen, and Joseph Murray. "Reframing from Hearing Loss to Deaf Gain." Deaf Studies Digital Journal (Fall 2009). < http://dsdj.gallaudet.edu/ >. Chaiken, Ilene (writer). The L Word. Television series. Season 4. 2007. Chbosky, S., J. Schaer, and J.E. Steinbert (creators) Jericho. Television series. Season 1 & 2. 2006-2007. 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Lavis, Anna y Karin Eli. "Corporeal: Exploring the Material Dynamics of Embodiment". M/C Journal 19, n.º 1 (6 de abril de 2016). http://dx.doi.org/10.5204/mcj.1088.

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Resumen
Looked at again and again half consciously by a mind thinking of something else, any object mixes itself so profoundly with the stuff of thought that it loses its actual form and recomposes itself a little differently in an ideal shape which haunts the brain when we least expect it. (Virginia Woolf 38) From briefcases to drugs, and from boxing rings to tower blocks, this issue of M/C Journal turns its attention to the diverse materialities that make up our social worlds. Across a variety of empirical contexts, the collected papers employ objects, structures, and spaces as lenses onto corporeality, extending and unsettling habitual understandings of what a body is and does. By exploring everyday encounters among bodies and other materialities, the contributors elucidate the material processes through which human corporeality is enacted and imagined, produced and unmade.That materialities “tell stories” of bodies is an implicit tenet of embodied existence. In biomedical practice, for example, the thermometer assigns a value to a disease process which might already be felt, whereas the blood pressure cuff sets in motion a story of illness that is otherwise hidden or existentially absent. In so doing, such objects recast corporeality, shaping not only experiences of embodied life, but also the very matter of embodiment.Whilst recognising that objects are “companion[s] in life experience” (Turkle 5), this issue seeks to go beyond a sole focus on embodied experience, and explore the co-constitutive entanglements of embodiment and materiality. The collected papers examine how bodies and the material worlds around them are dialectically forged and shaped. By engaging with a specific object, structure, or space, each paper reflects on embodiment in ways that take account of its myriad material dynamics. BodiesHow to conceptualise the body and attend to its complex relationships with sociality, identity, and agency has been a central question in many recent strands of thinking across the humanities and social sciences (see Blackman; Shilling). From discussions of embodiment and personhood to an engagement with the affective and material turns, these strands have challenged theoretical emphases on body/mind dualisms that have historically informed much thinking about bodies in Western thought, turning the analytic focus towards the felt experience of embodied being.Through these explorations of embodiment, the body, as Csordas writes, has emerged as “the existential ground of culture” (135). Inspired by phenomenology, and particularly by the writings of Merleau-Ponty, Csordas has theorised the body as always-already inter-subjective. In constant dynamic interaction with self, others, and the environment, the body is both creative and created, constituting culture while being constituted by it. As such, bodies continuously materialise through sensory experiences of oneself and others, spaces and objects, such that the embodied self is at once both material and social.The concept of embodiment—as inter-subjective, dynamic, and experientially focussed—is central to this collection of papers. In using the term corporeality, we build on the concept of embodiment in order to interrogate the material makings of bodies. We attend to the ways in which objects, structures, and spaces extend into, and emanate from, embodied experiences and bodily imaginings. Being inherently inter-subjective, bodies are therefore not individual, clearly bounded entities. Rather, the body is an "infinitely malleable and highly unstable culturally constructed product” (Shilling 78), produced, shaped, and negated by political and social processes. Studies of professional practice—for example, in medicine—have shown how the body is assembled through culturally specific, sometimes contingent, arrangements of knowledges and practices (Berg and Mol). Such arrangements serve to make the body inherently “multiple” (Mol) as well as mutable.A further challenge to entrenched notions of singularity and boundedness has been offered by the “affective turn” (Halley and Clough) in the humanities and social sciences (see also Gregg and Siegworth; Massumi; Stewart). Affect theory is concerned with the felt experiences that comprise and shape our being-in-the-world. It problematises the discursive boundaries among emotive and visceral, cognitive and sensory, experiences. In so doing, the affective turn has sought to theorise inter-subjectivity by engaging with the ways in which bodily capacities arise in relation to other materialities, contexts, and “force-relations” (Seigworth and Gregg 4). In attending to affect, emphasis is placed on the unfinishedness of both human and non-human bodies, showing these to be “perpetual[ly] becoming (always becoming otherwise)” (3, italics in original). Affect theory thereby elucidates that a body is “as much outside itself as in itself” and is “webbed in its relations” (3).ObjectsIn parallel to the “affective turn,” a “material turn” across the social sciences has attended to “corporeality as a practical and efficacious series of emergent capacities” which “reveals both the materiality of agency and agentic properties inherent in nature itself” (Coole and Frost 20). This renewed attention to the “stuff” (Miller) of human and non-human environments and bodies has complemented, but also challenged, constructivist theorisations of social life that tend to privilege discourse over materiality. Engaging with the “evocative objects” (Turkle) of everyday life has thereby challenged any assumed distinction between material and social processes. The material turn has, instead, sought to take account of “active processes of materialization of which embodied humans are an integral part, rather than the monotonous repetitions of dead matter from which human subjects are apart” (Coole and Frost 8).Key to this material turn has been a recognition that matter is not lumpen or inert; rather, it is processual, emergent, and always relational. From Bergson, through Deleuze and Guattari, to Bennett and Barad, a focus on the “vitality” of matter has drawn questions about the agency of the animate and inanimate to the fore. Engaging with the agentic capacities of the objects that surround us, the “material turn” recognises human agency as always embedded in networks of human and non-human actors, all of whom shape and reshape each other. This is an idea influentially articulated in Actor-Network-Theory (Latour).In an exposition of Actor-Network-Theory, Latour writes: “Scallops make the fisherman do things just as nets placed in the ocean lure the scallops into attaching themselves to the nets and just as data collectors bring together fishermen and scallops in oceanography” (107, italics in original). Humans, non-human animals, objects, and spaces are thus always already entangled, their capacities realised and their movements motivated, directed, and moulded by one another in generative processes of responsive action.Embodied Objects: The IssueAt the intersections of a constructivist and materialist analysis, Alison Bartlett’s paper draws our attention to the ways in which “retro masculinity is materialised and embodied as both a set of values and a set of objects” in Nancy Meyers’s film The Intern. Bartlett engages with the business suit, the briefcase, and the handkerchief that adorn Ben the intern, played by Robert De Niro. Arguing that his “senior white male body” is framed by the depoliticised fetishisation of these objects, Bartlett elucidates how they construct, reinforce, or interrupt the gaze of others. The dynamics of the gaze are also the focus of Anita Howarth’s analysis of food banks in the UK. Howarth suggests that the material spaces of food banks, with their queues of people in dire need, make hunger visible. In so doing, food banks draw hunger from the hidden depths of biological intimacy into public view. Howarth thus calls attention to the ways in which individual bodies may be caught up in circulating cultural and political discursive regimes, in this case ones that define poverty and deservingness. Discursive entanglements also echo through Alexandra Littaye’s paper. Like Bartlett, Littaye focusses on the construction and performance of gender. Autoethnographically reflecting on her experiences as a boxer, Littaye challenges the cultural gendering of boxing in discourse and regulation. To unsettle this gendering, Littaye explores how being punched in the face by male opponents evolved into an experience of camaraderie and respect. She contends that the boxing ring is a unique space in which violence can break down definitions of gendered embodiment.Through the changing meaning of such encounters between another’s hand and the mutable surfaces of her face, Littaye charts how her “body boundaries were profoundly reconfigured” within the space of the boxing ring. This analysis highlights material transformations that bodies undergo—agentially or unagentially—in moments of encounter with other materialities, which is a key theme of the issue. Such material transformation is brought into sharp relief by Fay Dennis’s exploration of drug use, where ways of being emerge through the embodied entanglements of personhood and diamorphine, as the drug both offers and reconfigures bodily boundaries. Dennis draws on an interview with Mya, who has lived experience of drug use, and addiction treatment, in London, UK. Her analysis parses Mya’s discursive construction of “becoming normal” through the everyday use of drugs, highlighting how drugs are implicated in creating Mya’s construction of a “normal” embodied self as a less vulnerable, more productive, being-in-the-world.Moments of material transformation, however, can also incite experiences of embodied extremes. This is elucidated by the issue’s feature paper, in which Roy Brockington and Nela Cicmil offer an autoethnographic study of architectural objects. Focussing on two Brutalist housing developments in London, UK, they write that they “feel small and quite squashable in comparison” to the buildings they traverse. They suggest that the effects of walking within one of these vast concrete entities can be likened to having eaten the cake or drunk the potion from Alice in Wonderland (Carroll). Like the boxing ring and diamorphine, the buildings “shape the physicality of the bodies interacting within them,” as Brockington and Cicmil put it.That objects, spaces, and structures are therefore intrinsic to, rather than set apart from, the dynamic processes through which human bodies are made or unmade ripples through this collection of papers in diverse ways. While Dennis’s paper focusses on the potentiality of body/object encounters to set in motion mutual processes of becoming, an interest in the vulnerabilities of such processes is shared across the papers. Glimpsed in Howarth’s, as well as in Brockington and Cicmil’s discussions, this vulnerability comes to the fore in Bessie Dernikos and Cathlin Goulding’s analysis of teacher evaluations as textual objects. Drawing on their own experiences of teaching at high school and college levels, Dernikos and Goulding analyse the ways in which teacher evaluations are “anything but dead and lifeless;” they explore how evaluations painfully intervene in or interrupt corporeality, as the words on the page “sink deeply into [one’s] skin.” These words thereby enter into and impress upon bodies, both viscerally and emotionally, their affective power unveiling the agency that imbues a lit screen or a scribbled page.Yet, importantly, this issue also demonstrates how bodies actively forge the objects, spaces, and environments they encounter. Paola Esposito’s paper registers the press of bodies on material worlds by exploring the collective act of walking with golden thread, a project that has since come to be entitled “Walking Threads.” Writing that the thread becomes caught up in “the bumpy path, trees, wind, and passers-by,” Esposito explores how these intensities and forms register on the moving collective of bodies, just as those bodies also press into, and leave traces on, the world around them. That diverse materialities thereby come to be imbued with, or perhaps haunted by, the material and affective traces of (other) bodies, is also shown by the metonymic resonance between Littaye’s face and her coach’s pad: each bears the marks of another’s punch. Likewise, in Bartlett’s analysis of The Intern, Ben is described as having “shaped the building where the floor dips over in the corner” due to the heavy printers he used in his previous, analogue era, job.This sense of the marks or fragments left by the human form perhaps emerges most resonantly in Michael Gantley and James Carney’s paper. Exploring mortuary practices in archaeological context, Gantley and Carney trace the symbolic imprint of culture on the body, and of the body on (material) culture; their paper shows how concepts of the dead body are informed by cultural anxieties and technologies, which in turn shape death rituals. This discussion thereby draws attention to the material, even molecular, traces left by bodies, long after those bodies have ceased to be of substance. The (im)material intermingling of human and non-human bodies that this highlights is also invoked, albeit in a more affective way, by Chris Stover’s analysis of improvisational musical spaces. Through a discussion of “musical-objects-as-bodies,” Stover shows how each performer leaves an imprint on the musical bodies that emerge from transient moments of performance. Writing that “improvised music is a more fruitful starting place for thinking about embodiment and the co-constitutive relationship between performer and sound,” Stover suggests that performers’ bodies and the music “unfold” together. In so doing, he approaches the subject of bodies beyond the human, probing the blurred intersections among human and non-human (im)materialities.Across the issue, then, the contributors challenge any neat distinction between bodies and objects, showing how diverse materialities “become” together, to borrow from Deleuze and Guattari. This blurring is key to Gantley and Carney’s paper. They write that “in post-mortem rituals, the body—formerly the manipulator of objects—becomes itself the object that is manipulated.” Likewise, Esposito argues that “we generally think of objects and bodies as belonging to different domains—the inanimate and the animate, the lifeless and the living.” Her paper shares with the others a desire to illuminate the transient, situated, and often vulnerable processes through which bodies and (other) materialities are co-produced. Or, as Stover puts it, this issue “problematise[s] where one body stops and the next begins.”Thus, together, the papers explore the many dimensions and materialities of embodiment. In writing corporeality, the contributors engage with a range of theories and various empirical contexts, to interrogate the material dynamics through which bodies processually come into being. The issue thereby problematises taken-for-granted distinctions between bodies and objects. The corporeality that emerges from the collected discussions is striking in its relational and dynamic constitution, in the porosity of (imagined) boundaries between self, space, subjects, and objects. As the papers suggest, corporeal being is realised through and within continuously changing relations among the visceral, affective, and material. Such relations not only make individual bodies, but also implicate socio-political and ecological processes that materialise in structures, technologies, and lived experiences. We offer corporeality, then, as a framework to illuminate the otherwise hidden, politically contingent, becomings of embodied beings. ReferencesBarad, Karen. “Posthumanist Performativity: Toward an Understanding of How Matter Comes to Matter.” Signs: Journal of Women in Culture and Society 28 (2003): 801–831.Bennett, Jane. Vibrant Matter: A Political Ecology of Things. Durham, NC: Duke UP, 2010.Berg, Marc, and Annemarie Mol (eds.) 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