Literatura académica sobre el tema "Violenza nella politica"

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Artículos de revistas sobre el tema "Violenza nella politica"

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della Porta, Donatella. "I MILITANTI DELLE ORGANIZZAZIONI TERRORISTE DI SINISTRA IN ITALIA". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 17, n.º 1 (abril de 1987): 23–55. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200016427.

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Resumen
IntroduzioneFra i fenomeni che caratterizzarono la storia italiana degli anni Settanta, il terrorismo è certamente quello piò drammaticamente presente nella memoria collettiva. Vari interrogativi vennero posti nel dibattito di quegli anni sulle cause di una violenza politica di tale intensità e durata. Le condizioni ambientali per il suo emergere vennero individuate ora nelle peculiarità della cultura politica, ora nella gravità che alcuni problemi sociali assunsero nel corso della lunga crisi economica. Alcune organizzazioni legali vennero accusate di avere offerto strutture o legittimazione alle formazioni clandestine. La percezione dell'estensione raggiunta dal fenomeno accrebbe il bisogno di capire le motivazioni che avevano spinto tanti individui, appartenenti ad una generazione socializzata alla politica in un regime democratico ormai consolidato, verso comportamenti di un tale livello di violenza.
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Gabrielli, Chantal. "Violenza e giustificazione del delitto politico a partire dai Gracchi". Klio 100, n.º 3 (19 de diciembre de 2018): 825–76. http://dx.doi.org/10.1515/klio-2018-0131.

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Resumen
Riassunto Il tragico epilogo delle vicende graccane non lasciò indifferente la classe dirigente romana. La violenza e il ricorso legittimo ad essa furono oggetto di un’articolata riflessione storiografica presso le élites. La violenza (vis nelle fonti latine, bia nelle fonti greche) diventò parametro interpretativo della storia politica dell’ultimo secolo della res publica. La rilevanza del problema influenzò profondamente la successiva riflessione storiografica, suscitando interesse anche nella storiografia moderna.
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Ventrone, Angelo. "LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA". Il Politico 251, n.º 2 (3 de marzo de 2020): 105–20. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.238.

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Resumen
Qual è il significato della strage di Piazza Fontana nella recente storia italiana? Innanzitutto, un insieme di cesure che segnano profondamente il rapporto tra i cittadini e lo Stato. In particolare, l'emergere di una violenza politica radicale, insieme al coinvolgimento degli apparati statali nella sua attuazione, e la diffusione di un forte sentimento di sfiducia nei confronti della classe politica dominante (sempre più implicata nella cosiddetta trame nere) e delle istituzioni. In quel momento inizia un processo di delegittimazione, che ha colpito in primo luogo la classe politica dominante, ma che nella seconda metà degli anni Settanta si ripercuoterà sempre più anche sui partiti dell'opposizione, considerati ugualmente incapaci di fermare il degrado del Paese. Una parte significativa dell'opinione pubblica comincerà allora a guardare ai settori più attivi e anticonformisti della magistratura nella speranza di far luce su ciò che è oscuro sullo sfondo della Repubblica. Un auspicio che rappresenta un'esplicita richiesta alla magistratura di svolgere un ruolo di sostituzione e di controllo su un mondo politico ormai considerato chiuso in sé, non di rado corrotto e privilegiato, e comunque lontano dal "Paese reale".
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Massa Ope, Simona. "Amanti di vita, amanti di morte: la violenza relazionale che non finisce sui giornali". STUDI JUNGHIANI, n.º 52 (noviembre de 2020): 53–68. http://dx.doi.org/10.3280/jun52-2020oa9665.

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Resumen
L'articolo analizza il fenomeno della violenza relazionale "sottile" nel rapporto uomo-donna, e gli irretimenti derivanti dalla violenza simbolica, sedimentati storicamente nella psiche femminile; tali irretimenti forniscono l'elemento inconscio di collusione che espone la donna a numerose violazioni dell'alterità nel rapporto con l'uomo. A tal fine, l'autrice propone l'interpretazione in chiave simbolica di un noto film del regista W. Allen, Match Point (2005), in cui è rappresentata una situazione di violenza estrema nei confronti di una figura femminile da parte del partner maschile che, a causa del reciproco coinvolgimento sentimentale, sente minacciato il proprio equilibrio narcisistico e la sua scalata sociale. Si prospetta, dunque, un tradimento dell'anima che, come afferma il filosofo francese Lévinas, si manifesta attraverso "il volto dell'altro". Queste storie che sembrano riguardare l'ambito esclusivamente privato dei rapporti tra uomini e donne, in realtà hanno una corrispondenza nell'ambito della vita pubblica degli esseri umani, nella polis, perché ciò che accadenella psiche degli individui, nelle loro relazioni personali, è sempre anche una questione politica.
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Massa Ope, Simona. "Amanti di vita, amanti di morte: la violenza relazionale che non finisce sui giornali". STUDI JUNGHIANI, n.º 52 (noviembre de 2020): 53–68. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2020oa9665.

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Resumen
L'articolo analizza il fenomeno della violenza relazionale "sottile" nel rapporto uomo-donna, e gli irretimenti derivanti dalla violenza simbolica, sedimentati storicamente nella psiche femminile; tali irretimenti forniscono l'elemento inconscio di collusione che espone la donna a numerose violazioni dell'alterità nel rapporto con l'uomo. A tal fine, l'autrice propone l'interpretazione in chiave simbolica di un noto film del regista W. Allen, Match Point (2005), in cui è rappresentata una situazione di violenza estrema nei confronti di una figura femminile da parte del partner maschile che, a causa del reciproco coinvolgimento sentimentale, sente minacciato il proprio equilibrio narcisistico e la sua scalata sociale. Si prospetta, dunque, un tradimento dell'anima che, come afferma il filosofo francese Lévinas, si manifesta attraverso "il volto dell'altro". Queste storie che sembrano riguardare l'ambito esclusivamente privato dei rapporti tra uomini e donne, in realtà hanno una corrispondenza nell'ambito della vita pubblica degli esseri umani, nella polis, perché ciò che accadenella psiche degli individui, nelle loro relazioni personali, è sempre anche una questione politica.
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Ventrone, Angelo. "L' "Uomo nuovo" nella politica europea tra le due guerre". REVISTA DE HISTORIOGRAFÍA (RevHisto) 29 (20 de septiembre de 2018): 13. http://dx.doi.org/10.20318/revhisto.2018.4227.

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Resumen
Resumen: Il saggio prende in esame la centralità del tema dell’Uomo nuovo nei movimenti e nei regimi fasci­sti e filofascisti tra le due guerre. In particolare, viene messo in rilievo il legame tra le rapide e imponenti trasformazioni sociali ed economiche che colpisco­no l’Europa a partire dalla fine dell’800, e il tenta­tivo di fornire una risposta politica al timore della decadenza morale e della degenerazione fisica che queste stesse trasformazioni fanno nascere in ampi settori dell’opinione pubblica.Parole chiave: Seconda repubblica spagnola, uomo nuovo, violenza política, fascismo, falangismo.Abstract: This essay examines the centrality of the ‘new man’ theme in the fascist and pro-fascist move­ment and regime of the interwar period. In par­ticular, it emphasizes the link between the rapid and massive social and economic changes affect­ing Europe since the end of the 1800s and the attempt to provide a policy answer to the fear of moral decadence and physical degeneration, not­ing that these same transformations gave birth to large sectors of public opinion.Key words: Spanish Second Republic, The New man, Political violence, Fascism, Falangism.
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Cancian, Alessandro. "Politica, religione, mobilitazione urbana e violenza in Iran nei secoli XVIII-XXI: casi di studio". STORIA URBANA, n.º 131 (noviembre de 2011): 53–70. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-131004.

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Resumen
Il saggio esplora le intersezioni esistenti tra forme di mobilitazione urbana, violenza e autoritŕ politico-religiosa, considerando il caso di alcune aggregazioni solidaristiche maschili presenti nelle cittŕ iraniane tra il 1700 e oggi: conosciuto come "lutismo", legato all'etica cavalleresca dei, questo fenomeno č del tutto assimilabile al "banditismo urbano" conosciuto anche in Europa. L'articolo si concentra su tre casi studio: la rivalitŕ trae(XVII e XVIII sec.), che sottolinea i punti di contatto tra "banditismo urbano" e lutismo; il conflitto tra costituzionalisti e anticostituzionalisti nella cittŕ di Tabriz (1907-1911), che evidenzia la strumentalizzazione delle fazioni da parte delle élite politiche; l'assassinio del sufi Mushtaq_ali-Shah (1791) da parte degli abitanti della cittŕ di Kerman, istigati dall'autoritŕ religiosa sciita. Il saggio si conclude con un parallelo con l'Iran contemporaneo, dove le repressioni delle proteste da parte del regime della Repubblica islamica nel 2009 sono state, si denuncia, portate avanti con l'impiego di "bande" dalle caratteristiche molto simili a quelle dei.
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Poesio, Camilla. "Il confino ‘da fuori': le donne degli antifascisti Con un'intervista a Giovanna Marturano". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 264 (marzo de 2012): 425–38. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-264005.

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Resumen
Il saggio affronta il tema del confino politico in Italia durante il fascismo da un punto di vista nuovo, quello di chi ebbe conoscenza del confino in modo indiretto, in quanto parente di antifascisti confinati. Se in generale č esigua la produzione scientifica sull'esperienza del confino politico, essa č del tutto assente su questa esperienza, vissuta da migliaia di persone, per lo piů donne. Costoro patirono da fuori la condizione del confino, in termini non solo umani, ma anche sociali (finendo per essere isolate nella comunitŕ in cui vivevano) ed economici (essendo private, nella maggior parte dei casi, dell'unica fonte di reddito della famiglia). Dall'intervista emerge come Giovanna Marturano - testimone ormai centenaria e politicamente impegnata per tutta la vita, figlia di una confinata politica, fidanzata e poi moglie di Pietro Grifone, anch'egli confinato a Ventotene - abbia vissuto la persecuzione e la violenza, anche fisica, che il fascismo le fece subire tramite il confino politico dei suoi cari.
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Elia, Domenico F. A. "Crimini di guerra in provincia di Siena durante l'occupazione nazista". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 261 (febrero de 2011): 728–37. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-261009.

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Resumen
Nel presente contributo l'autore indaga sulle fonti conservate negli archivi italiani (Archivio di Stato di Siena, Archivio centrale dello Stato, Roma, Archivio dell'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito) relative ai crimini di guerra commessi nella provincia di Siena nel biennio 1943-1944 dalle forze armate tedesche e repubblicane. I crimini cosě individuati sono stati suddivisi in base alla tipologia di appartenenza (omicidio, ferimento, stupro, rastrellamento, danneggiamento di proprietŕ privata e pubblica, requisizione di beni privati e pubblici) e in modo diacronico, secondo tre fasi. La prima fase include i crimini commessi dal settembre 1943 al marzo 1944, nella quale č protagonista la violenza fascista; la seconda fase comprende i rastrellamenti antipartigiani svoltisi nel marzo del 1944; la terza, i crimini commessi durante la ritirata tedesca nell'estate del 1944. I dati raccolti hanno ricostruito l'intreccio di violenze e politica di sfruttamento al quale concorsero non solo le forze armate tedesche, ma anche quelle della Repubblica sociale italiana.
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Bonnet, Romain. "Pierre Bourdieu, lo Stato e la violenza politica in Italia. Il caso di Gioia del Colle (1920-1922, provincia di Bari)". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 299 (agosto de 2022): 100–124. http://dx.doi.org/10.3280/ic2022-299005.

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Resumen
Questo articolo mette per la prima volta a fuoco il sistema di pensiero di Pierre Bourdieu, incentratosul trittico concettuale capitale-habitus-campo, e culminante nella problematizzazionedello Stato. Per capire i legami complessi tra quest'ultimo e la violenza, il saggio analizzaun caso di brutalizzazione del primo dopoguerra. Il primo luglio 1920, verso mezzogiorno,un proprietario terriero di Gioia del Colle (provincia di Bari) diede l'ordine di fare fuoco suicontadini che tornavano dal lavoro per riscuotere la paga. L'ordine fu prontamente eseguitoda una cinquantina di altri possidenti raggruppati, armati e nascosti. Tuttavia, nell'estate del1922, i responsabili di questa aggressione furono assolti con una sentenza, a dir poco paradossale,di "legittima difesa". Per capire come sia stato possibile arrivare a questa esplosionedi violenza fisica, e alla sua copertura simbolica da parte delle istituzioni, il presente saggioanalizza la metamorfosi dello Stato italiano tra la fine del XIX secolo e l'avvento del Fascismo.Il caso di Gioia del Colle mette così in luce il passaggio tra la brutalità prebellica e labrutalizzazione postbellica.
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Tesis sobre el tema "Violenza nella politica"

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Bavaro, Alice <1994&gt. "Una pandemia nella pandemia: la violenza contro le donne. Un’indagine a livello europeo con particolare riferimento al periodo di quarantena da Covid-19". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20967.

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Resumen
La violenza contro le donne è un fenomeno onnipresente in tutto il mondo ed è caratterizzata da una serie di atti psicologici, fisici, sessuali, persecutori ed economici che provocano danni e sofferenze di natura psicologica, fisica ed economica nei confronti della vittima. Alla luce dell’allarmante rilevanza di casi di violenza, durante lo scorso periodo di quarantena in Europa, il presente lavoro si propone di rispondere ad una domanda precisa ossia se si stanno facendo progressi nella lotta alla violenza contro le donne. Il fenomeno perciò è tuttora diffuso ma difficile da percepire, trattare e misurare, e per questa ragione rimane ancora ampiamente inosservato. Per rispondere alla domanda, viene analizzato con un approccio multidisciplinare il fenomeno della violenza contro le donne in tutti i suoi aspetti, con particolare riferimento alla violenza domestica e alla violenza del partner intimo. Lo studio prende in considerazione: la natura e le cause del fenomeno; le conseguenze sul benessere delle donne; le risposte date al fenomeno a livello internazionale da un punto di vista giuridico-normativo e quelle date dagli operatori che entrano in contatto con la vittima. L'obiettivo di questa tesi è quello di dimostrare come sia possibile in realtà ottenere un quadro preciso di tutti gli aspetti del fenomeno e con ciò ottenere quindi dei miglioramenti risolutivi che possono essere attuati per prevenire, affrontare ed anche diminuire tale problema.
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Dematteis, Bianca Maria. "La rappresentazione della violenza politica e della violenza di guerra nelle riviste « L'Uomo qualunque », « Candido » et « Il Borghese » (1945-1956)". Paris, EHESS, 2015. http://www.theses.fr/2015EHES0077.

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Resumen
La recherche est née avec l'intention d'enquêter sur la représentation du fascisme proposée, dans l'Italie du second après-guerre, par des milieux culturels n'ayant pas de liens directs avec le fascisme ni avec l'antifascisme. Dans cette optique, la recherche a pris en considération un domaine spécifique de la presse italienne. Trois revues ont été choisies : L'Uomo qualunque dirigé par Guglielmo Giannini, Candido de Giovannino Guareschi et Giovanni Mosca (à partir de 1950 Giovannino Guareschi en sera le seul directeur) et Borghese de Léo Longanesi, publiés respectivement à partir du 27 décembre 1944, du 15 décembre 1945 et du 15 mars 1950. Les périodiques ont été analysés depuis le premier numéro de publication jusqu'au dernier, paru en 1956. Le fascisme et par la suite, la guerre de 1940-1945, ont été analysés en tentant de focaliser, dans un contexte plus général de reconstruction historique, la représentation et les modalités discursives avec lesquelles, dans l'après-guerre et dans cette presse, on décrivait la violence, faite et subie par les Italiens au cours des années soumises à examen. La représentation du fascisme et, en particulier, de la violence des fascistes est le thème d'enquête de cette analyse - à laquelle est ajoutée une appendice relative à plusieurs épisodes de violence survenus en Italie entre la fin de la guerre et 1949, principalement subis par les gauches socialistes et communistes - pour pouvoir confronter la continuité et la discontinuité dans l'approche du thème de la violence et la définition de ses acteurs
The research aims at investigating the proposed representation of fascism in Italy after world war II, by cultural environments with no direct links with fascism or anti-fascism. This research has considered a specific area of the italian press. Three periodicals were chosen: L'uomo Qualunque directed by Guglielmo Giannini, Candido directed by Giovannino Guareschi and Giovanni Mosca (from 1950 Giovannino Guareschi will be the only director) and // Borghese directed by Leo Longanesi, published from december 1944, december 1945 and march 1950 respectively. The periodicals were analyzed from the first to the last issue released in 1956. Fascism and the war are analyzed by attempting to focus, in a more general context of historical reconstruction, on representation and discursive modalities through which violence done and suffered by italians is described. The representation of fascism and, in particular, fascist violence is the subject of this analysis, to which an appendix on several episodes of violence that took place in Italy between the end of the war and 1949 is attached. The aim is to confront the continuities and discontinuities in the approach to the topic of violence and the definition of its actors. The thesis is structured in five chapters : the first one is dedicated to the period from 1922 to 1938 ; the second part is a description of violence of war 1940-1943 ; the third one is focused on the representation of Shoah ; the fourth chapter is based on analysis of the period between 1943 and 1945 ; finally, violence occurred in the Italy during the first years of democracy is described
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GABRIELLI, CHANTAL. "Vis: la violenza nella riflessione storiografica e nella prassi politica di Roma repubblicana". Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/700763.

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ALBANESE, Giulia. "La Marcia su Roma : violenza e politica nella crisi dello stato liberale". Doctoral thesis, 2004. http://hdl.handle.net/1814/5703.

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Resumen
Defence date: 13 December 2004
Examining Board: Prof. Victoria De Grazia, Columbia University and European University Institute ; Prof. Mario Isnenghi, Università di Venezia "Ca' Foscari" ; Prof. Luisa Passerini, Università di Torino (Supervisor) ; Prof. Mariuccia Salvati, Università di Bologna
PDF of thesis uploaded from the Library digitised archive of EUI PhD theses completed between 2013 and 2017
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SCOLARI, BALDASSARE. "State Martyr Representation and Performativity of Political Violence". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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Resumen
L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Resumen
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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Libros sobre el tema "Violenza nella politica"

1

Terra, terrore, terrorismo: La violenza politica nella società della comunicazione. Empoli, Firenze: Ibiskos editrice Risolo, 2010.

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2

Convegno Violenza politica e lotta armata nella sinistra italiana degli anni Settanta (2010 : Florence, Italy), ed. Verso la lotta armata: La politica della violenza nella sinistra radicale degli anni Settanta. Bologna: Il mulino, 2012.

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3

Soggettività dissonanti: Di rivoluzione, femminismi e violenza politica nella memoria di un gruppo di ex militanti di Lotta continua. Firenze, Italy: Firenze University Press, 2015.

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4

Apocalittica e violenza politica nelle tre grandi religioni abramitiche. Trapani: Il pozzo di Giacobbe, 2011.

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5

Caduti e memoria nella lotta politica: Le morti violente nella stagione dei movimenti. Milano, Italy: FrancoAngeli, 2010.

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6

Millan, Matteo. Squadrismo e squadristi nella dittatura fascista. Roma: Viella, 2014.

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7

Messaggi di sangue: La violenza nella storia d'Italia. Bari: Editori GLF Laterza, 2021.

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8

Transizioni pericolose: Forme e logiche della violenza nelle fasi di liberalizzazione politica. Acireale: Bonanno, 2009.

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9

Democrazia insicura: Violenze, repressioni e stato di diritto nella storia della Repubblica (1945-1995). Roma: Donzelli editore, 2017.

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10

Riccardo, Scarpa. Idee del terrorismo: Terrore e dottrine politiche nella storia contemporanea. Pasian di Prato, UD, Italia: Campanotto, 1998.

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Capítulos de libros sobre el tema "Violenza nella politica"

1

Sanò, Giuliana y Stefania Spada. "La spirale della violenza politica. Riflessioni antropologiche sui cortocircuiti quotidiani nella vita delle persone migranti". En Violenza Politica, 17–34. Ledizioni, 2018. http://dx.doi.org/10.4000/books.ledizioni.3988.

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2

Fiorentino, Dario. "Conflittualità sociale e funzione immunizzante del diritto: qualche nota per una lettura sistemica della repressione penale politica nelle società complesse". En Violenza Politica, 133–51. Ledizioni, 2018. http://dx.doi.org/10.4000/books.ledizioni.4123.

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3

Basciani, Alberto. "Tra misticismo ultranazionalista e antiliberalismo". En Genealogie e geografie dell’anti-democrazia nella crisi europea degli anni Trenta. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2019. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-317-5/010.

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Resumen
The Romanian Iron Guard represented one of the most original and important far-right movements in Inter-war Europe. Racist, xenophobic, definitely against western modernity, with mystical features and, at the same time, endowed with an uncommon charge of violence, the Iron Guard and his leader Corneliu Zelea Codreanu were among the undisputed protagonists of the Romanian political life and among those responsible for the weakening of the already fragile Romanian democracy. The aim of the paper is to analyse the main ideological and organisational characteristics of the movement and the reasons for its extraordinary ability to attract young people, intellectuals, the bourgeoisie and the Romanian popular classes.
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