Tesis sobre el tema "Verona romana"
Crea una cita precisa en los estilos APA, MLA, Chicago, Harvard y otros
Consulte los 36 mejores tesis para su investigación sobre el tema "Verona romana".
Junto a cada fuente en la lista de referencias hay un botón "Agregar a la bibliografía". Pulsa este botón, y generaremos automáticamente la referencia bibliográfica para la obra elegida en el estilo de cita que necesites: APA, MLA, Harvard, Vancouver, Chicago, etc.
También puede descargar el texto completo de la publicación académica en formato pdf y leer en línea su resumen siempre que esté disponible en los metadatos.
Explore tesis sobre una amplia variedad de disciplinas y organice su bibliografía correctamente.
Pagan, Monica <1989>. "Scultura funeraria romana dei Musei Archeologico e Lapidario di Verona". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/22072.
Texto completoGRASSI, ELISA MARIA. "L'artigianato metallurgico nella Cisalpina romana: i casi di Milano e Verona. Aspetti insediativi e tecnologici". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/848.
Texto completoGRASSI, ELISA MARIA. "L'artigianato metallurgico nella Cisalpina romana: i casi di Milano e Verona. Aspetti insediativi e tecnologici". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/848.
Texto completoPagan, Monica <1989>. "Sculture romane del Museo Archeologico di Verona". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4799.
Texto completoBigerel, Jérémy Dereu Mireille. "Jules Verne : le Roman du savoir Valeurs et fonctionnements de l'écriture savante dans les romans de Jules Verne (1828-1905) /". Nancy : Université Nancy 2, 2005. http://cyberdoc.univ-nancy2.fr/htdocs/docs_ouvert/doc224/2005NAN21007.pdf.
Texto completoLiguori, Simone <1988>. "Un nucleo inedito di tombe romane a Verona. La necropoli dell'ex Cinema Capitol". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3296.
Texto completoBigerel, Jérémy. "Jules Verne : le Roman du savoir : valeurs et fonctionnements de l'écriture savante dans les romans de Jules Verne (1828-1905)". Nancy 2, 2005. http://docnum.univ-lorraine.fr/public/NANCY2/doc224/2005NAN21007.pdf.
Texto completoKnowledge occupies a large portion in Verne's (1828-1905) works. In his books, the reader gets acquainted with new learning about the world around him : geography, ethnology, history, techniques, all these scholarly fields imprint themselves in the fictional work in order to create the "Knowledge's novels". As an actor of a time when culture's booming and science's progress had many followers the writer reflected on knowledge and the role it plays in narration within the Voyages extraordinaires. Never using the same tools, he offered several books where popularization was always present whether it was in long paragraphs or in short sentences, during dialogs or descriptions. Those scientific or cultural data take part at carefully chosen places. Even the characters are under the influence of this main purpose. Jules Verne, who was not interested in theory, thought in his cycle about the links between knowledge and science, between knowledge and fiction, between knowledge and society. This thesis deals with all this epistemological meditation, which is inherent to the nineteenth century, and shows precisely what was the writer's romantic look on his own times
Murgia, Emanuela. "Culti romani e non-romani nella fase di romanizzazione dell'Italia nord-orientale: resistenze e sopravvivenze, strutture, rituali e funzioni". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7401.
Texto completoRispetto alle premesse di una ricerca, nata con l’obiettivo di indagare i processi di interazione tra cultualità indigena e religio romana nell’Italia nord-orientale, nelle possibili forme di “resistenza”, “sopravvivenza”, “integrazione”, i risultati sono, in un certo senso, controcorrente rispetto alle più recenti riflessioni sulle forme del sacro in fase di romanizzazione. La possibilità di comprendere le modalità attraverso le quali la romanizzazione modificò l’esistente comporta, inevitabilmente, una conoscenza della religiosità preesistente peraltro non riconducibile ad una sola facies etnico-culturale. Gli esempi in tal senso sono numerosi: dal caso macroscopico del frazionamento delle tribù celtiche e liguri nell’Italia nord-occidentale, a quello più difficilmente percepibile del comprensorio territoriale dove fu dedotta Aquileia, che al momento della calata dei Galli Transalpini, nel 186 a.C., si presentava quasi come una zona “cuscinetto”, tra Veneti ed Istri. La restituzione di un sistema religioso “di sostrato” unitario si è confermato, quindi, gravida di rischi di genericità. Un’attenta analisi dei contesti e dell’evoluzione storica dei diversi centri nel venetorum angolus ha rivelato con immediatezza quanto questa presunta unitarietà sia, nella realtà dei fatti, apparente: il “sostrato” etnico di Verona, in cui confluiscono elementi veneti, cenomani e retici, non è certo quello di Altino, così come il ruolo assunto da Padova nei confronti di Roma non è in alcun modo assimilabile a quello di Este, che continuò a essere percepita come “veneticità”. In questo senso, quindi, concludere che “nell’ambito della Gallia Cisalpina la zona veneta è quella in cui sono maggiormente attestati culti non romani, conseguenza del fatto che la penetrazione romana avvenne in modo pacifico e non a seguito di una conquista”, ovvero in virtù di una corroborata amicitia, non permetterebbe di cogliere criticità e complessità dei fenomeni cultuali in fase di romanizzazione. L’aver contestualizzato l’evidenza documentaria riferibile al sacro in senso geografico, etnografico e poleografico si è rivelato, dunque, ineludibile. Questo approccio ha permesso di constatare, per esempio, come le modalità di trasformazione dei culti a Padova ed Este siano state, per così dire, antitetiche benché entrambe nell’ottica di una innovazione. Il principale santuario extraurbano di competenza patavina, S. Pietro Montagnon, fu abbandonato proprio nel corso del III secolo a.C., quando, secondo la storiografia moderna, fu avviata la romanizzazione del comparto veneto. Più in generale, da Padova non proviene alcuna testimonianza epigrafica relativa a teonimi indigeni in forma latinizzata. Si tratta di un elemento di estremo rilievo della cosidetta Selbstromanisierung. Ad Este, invece, la romanizzazione non comportò un abbandono generalizzato dei luoghi di culto. Il santuario di Reitia, per esempio, mantenne il suo primato e se ci fu un adeguamento al modello romano, questo fu soprattutto in termini architettonico-monumentali. Per entrambe i centri veneti, quindi, un’adesione al nuovo ma con evidenti sfumature. Un’analisi di questo tipo, volta cioè a ricondurre le fonti disponibili ad un contesto comune, ha dovuto tenere conto, fin dal suo avvio, di un condizionamento, ovvero che l’evidenza documentaria disponibile corrisponde quasi esclusivamente alla fase di romanizzazione compiuta. Per questo motivo, comprendere “dove-quando-come si verificano i meccanismi di trasformazione; dove-quando-come si sovrappongono, o si impongono, alla tradizione locale; dove-quanto-come si integrano le diverse componenti” ha imposto inevitabilmente una prospettiva “romana”. In considerazione del valore politico della religione romana, la continuità di un determinato culto indigeno non è stata interpretata secondo parametri di “persistenza”, ”resistenza” o “mediazione”, ma piuttosto di “ufficialità” o “non ufficialità”. Laddove si è potuta cogliere, la dimensione ufficiale di un culto epicorico è emersa nelle fonti attestanti l’intervento più o meno diretto di una magistratura civica, o si è dedotta dalla presenza di santuari organizzati di natura pubblica o, ancora, da riferimenti al calendario locale che, come noto, era definito annualmente dai magistrati iurisdicenti con una notevole autonomia rispetto alle regole dell’Urbe e in sintonia con le caratteristiche specifiche del corpo civico di riferimento. Un caso significativo è quello dell’aedes Belini a Iulium Carnicum restaurata nella seconda metà del I secolo a.C. con il consenso dell’autorità vicana e grazie al contributo finanziario di un collegium. Un culto, quindi, pienamente romanizzato nella forma benché celtico sia Belenus: più che di una religiosità epicoria, la sua presenza si rivela espressione della celticità stessa della comunità carnica. Un esempio altrettanto interessante è quello del santuario altinate in località Fornace: alla divinità di tradizione venetica Altnoi sarebbe subentrato nel I secolo a.C., nel segno di una continuità funzionale, ovvero di divinità poliadica, Iuppiter Altinatis. Se la dimensione “pubblica” costituisce l’osservatorio privilegiato per l’analisi dei culti in fase di romanizzazione, ciò non toglie che anche la permanenza di una religiosità indigena o, al contrario, l’adattamento ai culti romani nello spazio personale in alcuni casi è stato considerato quale indicatore dei fenomeni di acculturazione. Un esempio efficace è quello dei noti dischi bronzei “di schietta cultura veneta”, raffiguranti la cosiddetta dea clavigera o figure maschili/militari per i quali si è pensato ad un programmatico “recupero di culti di sostrato”. Una delle questioni più interessanti affrontate in questo studio è stata quella della cosiddetta interpretatio, ovvero del rapporto tra divinità “importate” e personalità divine preesistenti. Ciò che sembra accomunare la maggior parte degli studi sulle forme di cultualità in Italia settentrionale, è la ricerca sistematica di radici “celtiche”, ma anche “venetiche”, “retiche”, “etrusche”, a divinità tipicamente italiche, quali Minerva, Fortuna, Neptunus, Hercules, che si sarebbero sovrapposte, per analogia di funzioni, a numi locali. L’analisi della documentazione epigrafica, tuttavia, ha dimostrato che spesso la tipologia delle offerte e i formulari votivi sono coerenti con quelli di tradizione italica e che la presenza di onomastica indigena, spesso considerata indicativa di una persistenza di cultualità di sostrato, sembra allinearsi con quella riscontrata anche in altri tituli sacri compresi quelli alla triade capitolina. La persistenza di teonimi non-romani, come Reitia, Leituria, Temavus, è stata spesso valutata spia di “resistenza” da parte degli indigeni alla nuova religio o, di contro, “tolleranza” dei Romani. I dati emersi da questa ricerca hanno consentito di integrare questo quadro rendendolo, per quanto possibile, meno schematico. Un esempio per tutti: a Brixia il dio locale Bergimus, associato al Genius Coloniae Civicae Augustae, sembra assumere una dimensione poliadica assurgendo a punto di riferimento per la componente cenomane del centro ormai romanizzato. In altri contesti, infine, la presenza di culti non romani, considerati in genere sinonimo di tenace resistenza alla romanizzazione è risultata, piuttosto, frutto di una devozione successiva, il più delle volte con specifico valore politico. Di questo processo fa parte anche il fenomeno di “reviviscenza delle divinità celtiche o, più in generale, indigene” che ebbe “la connotazione di un’opposizione di tipo politico all’accentramento di potere effettuato a Roma, a cui le aree periferiche, almeno a partire dall’età antonina, si ribellarono facendo leva sulla riappropriazione di una cultura religiosa autoctona, quando non addirittura della nuova religione cristiana”. Molta documentazione della piena età imperiale andrebbe riconsiderata in ragione di questi aspetti. Da ultimo si è cercato di valutare il peso delle élites romane nella gestione dei sacra. Questo fenomeno era già noto per i centri coloniari, come ad esempio ad Aquileia, Ariminum, Cremona, Piacenza, Luna, dove l’intervento delle aristocrazie romane è particolarmente evidente nella scelta di motivi allusivi alla difesa dal “barbaro” attraverso la diffusione dell’Apollo Liceo. Anche a Patavium l’introduzione del culto di Iuno, connotato in senso “trionfale”, è sembrato ascrivibile ai più alti livelli di committenza, se l’ipotesi di un coinvolgimento di M. Aemilius Lepidus coglie nel segno. Un ruolo non secondario, a Patavium e non solo, riveste l’intervento augusteo, che introduce, nella grande risistemazione del pantheon, il culto dei Lares e quello a Concordia.
XXIV Ciclo
1979
Laycock, Joseph Peter. "The church and the seer: Veronica Lueken, the Bayside movement, and the Roman Catholic hierarchy". Thesis, Boston University, 2012. https://hdl.handle.net/2144/31581.
Texto completoPLEASE NOTE: Boston University Libraries did not receive an Authorization To Manage form for this thesis or dissertation. It is therefore not openly accessible, though it may be available by request. If you are the author or principal advisor of this work and would like to request open access for it, please contact us at open-help@bu.edu. Thank you.
The traditionalist Marian movement known as "the Baysiders" began in 1968, when Veronica Lueken, a Catholic housewife from Bayside, Queens, first claimed she was receiving messages from heaven. Thousands flocked to her church to see "the seer of Bayside." Lueken's messages from Mary and other heavenly beings were apocalyptic and described a conspiracy within the Vatican. Church authorities censured Lueken's movement and eventually obtained an injunction banning her vigils from Bayside. However, she continued to appeal to traditionalist Catholics and gave regular prophecies until her death in 1995. Her "Bayside Prophecies" spread across the United States and throughout the world. Though this movement peaked in the 1980s, Baysiders continue to promote Lueken's prophecies today. This dissertation argues that the Bayside movement is best understood relationally-as the result of a dialectic between Lueken, her followers, and Church authorities. Opposition from officials of the Diocese of Greater Brooklyn alienated Lueken from Church authorities, pushing her deeper into her new role as a Marian seer. Similarly, diocesan officials used increasingly confrontational measures to censure Lueken and publicly distance themselves from her movement. This dialectical process led Lueken and her followers to form a new understanding of themselves and their relationship to the Catholic Church, becoming a sectarian movement. The dialectical model employed in this dissertation combines sociological models of charisma and sectarian movements with the reflexive considerations raised by lived religion historiography, which interrogate the assumptions and categorical frameworks of the historian. Religion scholars often frame divergent groups such as the Baysiders by using categories such as "new religious movement" or "folk piety" in ways that quarantine them from the larger religious landscape. This dissertation argues that by emphasizing the dialectic between divergent movements and established religious and secular institutions, it is possible to incorporate such movements into a larger narrative of religious history without entrenching their status as deviant or "other."
2031-01-01
Zvonareva, Alina. "Giacomino da Verona e altri testi veronesi nel MS. Colombino 7-1-52: edizione e commento linguistico". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422544.
Texto completoLa presente tesi ha come oggetto il ms. 7-1-52 della biblioteca Colombina di Siviglia (d’ora in avanti S), esaminato secondo un approccio filologico-linguistico. Si tratta di un codice trascritto in Italia settentrionale a fine Trecento – inizio Quattrocento, che tramanda undici testi di contenuto religioso in veneto e toscano. Tra i componimenti ci sono dei sermoni in versi (De Jerusalem celesti, De Babilonia infernali, Dell’amore di Gesù, Del Giudizio Universale, Della caducità della vita umana; l’autore dei primi due testi è Giacomino da Verona, gli altri sono anonimi), delle preghiere di carattere dossologico (Lodi della Vergine, Preghiera alla Vergine e alla santissima Trinità), la Leggenda di santa Margherita (un testo agiografico settentrionale), un poemetto sulla passione di Cristo in toscano, la Lamentatio beate Virginis di Enselmino da Montebelluna (un testo appartenente alla tradizione dei ‘pianti della Vergine’), una breve preghiera a Giovanni Battista. Il ms. in questione ha attirato finora l’attenzione degli studiosi solo in quanto testimone di alcuni di questi componimenti settentrionali delle origini - quindi sempre solo per scopi di edizione critica. Il codice finora non è mai stato sistematicamente esaminato dal punto di vista storico-linguistico (a parte qualche tentativo intrapreso all’inizio del secolo scorso, con risultati molto discutibili), eppure la veste linguistica di almeno alcune sue sezioni merita di essere studiata in quanto presenta una serie di fenomeni notevoli. L’analisi proposta in questa tesi si limita alle cc. 1r-41v. del ms., le quali contengono i primi sette componimenti citati sopra. Questa sezione della silloge racchiude un’altra raccolta più piccola, individuabile sulla base del contenuto, dei dati codicologici e paleografici e della lingua. Nella tesi è proposta un’analisi dei tratti linguistici che presentano le cc. 1r-41v, nonché l’edizione interpretativa di questa parte del codice. Lo studio della lingua di S viene messo in relazione con l’aspetto ecdotico, ovvero la tradizione manoscritta dei singoli testi tramandati. Un dato importante è costituito dai rapporti di S con un altro testimone: i sette testi trascritti alle cc. 1r-41v del ms. colombino 7-1-52 sono tràditi anche dalle cc. 50r-111r del ms. 4744 (it. Zanetti XIII) della biblioteca Marciana di Venezia (d’ora in avanti V). La redazione del codice marciano è più vicina all’archetipo e all’originale sia dal punto di vista cronologico sia da quello linguistico: V è databile agli inizi del Trecento e di provenienza veronese; il codice tramanda, oltre alla summenzionata raccolta di componimenti didattico-moraleggianti e devozionali in versi, alcuni altri testi importanti per lo studio del veronese antico. I componimenti del corpus si leggono nello stesso ordine in entrambi i codici, il che dimostra che la raccolta doveva esistere già nell'archetipo a cui risalgono S e V; una serie di errori congiuntivi confermano [il soggetto è “una serie” !] l’esistenza di un archetipo comune dei ai [dativo di vantaggio, mi pare più elegante e diffuso nel linguaggio filologico] due testimoni. Per lo studio del codice S il confronto con la redazione di V risulta utile sotto vari aspetti, soprattutto storico-linguistici e critico-testuali [aspetti è plurale, quindi ho messo anche gli aggettivi al plurale]. Relativamente al primo aspetto, il materiale fornito da V aiuta a interpretare una serie di fenomeni fono-morfologici registrati in S. Si è tenuto conto delle lezioni del codice V anche nell’allestimento dell’edizione interpretativa della redazione di S. All’interno della raccolta di sette componimenti si distinguono i primi due testi, gli unici di cui si conosca il nome dell’autore, Giacomino da Verona, e di cui ci siano pervenuti, oltre a V e S, altri due testimoni: il ms. Qt. XIII. I. 26 della biblioteca Arcivescovile di Udine (cc. 40r-50v) e il ms. Canoniciano Italiano 48 della biblioteca Bodleiana di Oxford (cc. 1r-5v, dove è trascritto solo il primo dei due componimenti, con lacune). Nella preparazione della tesi si è tenuto conto anche del materiale di questi due mss.: U e O sono stati sistematicamente consultati per l’allestimento dell’edizione interpretativa di S (relativamente ai testi che U e O tramandano), nonché per il glossario che accompagna tale edizione. Invece nella nota linguistica si è ritenuto di non estendere il confronto anche ai codici di Udine e Oxford, per evitare di appesantire l’esposizione. La tesi è divisa in due parti, la prima delle quali è focalizzata sul codice, mentre nella seconda l’attenzione si sposta su alcuni dei testi di cui S è testimone. Nell’introduzione alla tesi vengono sinteticamente presentati i testi trascritti in S – con particolare attenzione al corpus ‘veronese’ definito sopra – e la loro tradizione manoscritta; vengono indicati gli aspetti di interesse che presenta il ms. S e gli studi esistenti sull’argomento; vengono definite le problematiche studiate nella tesi e la struttura del lavoro stesso. La prima parte della tesi comprende la descrizione del ms. S, la nota linguistica, i criteri di edizione, l’edizione interpretativa delle cc. 1r-41v di S, le note al testo e il glossario. La descrizione del manoscritto contiene informazioni sugli aspetti paleografico-codicologici, nonché alcune considerazioni sui principi organizzativi di tutta la silloge. La nota linguistica è pensata come un confronto sistematico tra i fenomeni linguistici riscontrati in due redazioni degli stessi componimenti, quella di S e quella di V. Il confronto con un codice marcatamente veronese (V) fa trasparire meglio il polimorfismo e l’ibridismo che presenta il testimone S. Tale ibridismo non è dovuto alle intenzioni dell’autore, ma all’accumularsi di innovazioni risalenti a diversi livelli della tradizione manoscritta. I dati linguistici mettono in luce alcuni aspetti della diffusione del testo: essendo un testimone piuttosto tardo, distante quasi un secolo dagli originali dei testi che tramanda, trascritto da un amanuense che dimostra di avere poca dimestichezza con la lingua dell’originale (il veronese di fine Duecento – inizio Trecento) e contenente numerose forme che risalgono verosimilmente ai suoi antecedenti, S permette di postulare dei passaggi del testo, nel corso della trafila di copie, attraverso diverse aree municipali dell’Italia settentrionale. Nel quadro variopinto dei fenomeni linguistici che presenta il ms. si individuano più strati: l’ascendente veronese, qualche intermediario veneto abbastanza tardo (verosimilmente al processo di copia ha partecipato più di un amanuense veneto, le copie intermedie sono databili approssimativamente alla seconda metà - fine del Trecento e localizzabili tra Venezia e Padova; la zona bellunese-trevigiana è esclusa con un buon margine di sicurezza), uno strato emiliano (probabilmente bolognese), la patina toscaneggiante. Come risultato, in seguito a diverse copiature in città diverse si osserva il passaggio da un dialetto specifico di una città del nord (Verona) a un volgare veneto depurato da molti tratti specificamente locali (una specie di ‘veneto illustre’); tale volgare presenta tuttavia alcuni significativi fenomeni linguistici veneziani e padovani. Allo stesso tempo, la testimonianza di S suggerisce che in un determinato momento la lingua dei testi abbia fatto un passo nella direzione di un volgare ancora più genericamente settentrionale, ma con alcune incrostazioni verosimilmente emiliane. Gli elementi toscaneggianti che si riscontrano nel codice sembrano dovuti, piuttosto che a una mano fiorentina (per ulteriore passaggio del ms.), alla toscanizzazione che avranno portato con se le copiature di area veneta e emiliana, secondo un processo ormai avanzato a fine Trecento. La nota linguistica presenta una descrizione sistematica della lingua di S in tutti i suoi aspetti, con particolare attenzione ai fenomeni più caratteristici di ciascuna delle scriptae di cui S conserva tracce. Le note al testo commentano prevalentemente i nostri emendamenti e altre scelte editoriali che abbiamo adottato, nonché alcune correzioni di cui segnaliamo la plausibilità, senza tuttavia metterle a testo. Il glossario è selettivo e registra esclusivamente voci antiche nella lingua moderna scomparse o presenti con grafia o significato diversi. In molti casi i singoli lemmi non si limitano alla registrazione delle forme, ma comprendono una breve discussione che a volte precisa gli aspetti etimologici e lessicali, altre volte motiva alcune scelte ecdotiche di carattere linguistico soltanto accennate nelle note al testo; nel caso di vocaboli o esiti fonomorfologici poco comuni si indicano altri testi che presentano occorrenze di tale lessema o esito. Si riportano, laddove ciò è stato ritenuto utile, anche le corrispettive lezioni degli altri tre codici (V, O e U), per rendere possibile il confronto delle varianti – di sostanza, ma soprattutto formali – di S con quelle del resto della tradizione. Nella seconda parte della tesi proponiamo un’edizione critica dei quattro testi che non hanno un’edizione moderna: Dell’amore di Gesù, Del Giudizio universale, Lodi della Vergine, Preghiere. Questi componimenti erano stati editi solo una volta, a metà Ottocento, da Adolfo Mussafia: la sua edizione è pregevole (soprattutto considerata la sua altezza cronologica), ma non priva di errori di trascrizione e di interpretazione; inoltre, questa edizione era stata allestita sulla base del solo codice V. L’edizione proposta nella tesi collaziona V (ms. base) con S. La veste linguistica del testo critico di norma fa riferimento alla versione fornita dal codice V. L’apparato è positivo e registra sia le lezioni accolte nel testo sia quelle rifiutate. Il testo critico è corredato dai criteri di edizione, da una nota metrica che descrive le particolarità dell’anisosillabismo rilevate nei testi che si editano, da note editoriali che spiegano le scelte effettuate e segnalano elementi dubbi o ambigui dal punto di vista ecdotico, e infine dal glossario che registra le forme accolte nel testo critico che si è ritenuto utile segnalare al lettore; nel caso delle voci presenti anche nel glossario relativo al codice S (la prima parte della tesi) si rinvia al rispettivo lemma di tale glossario per informazioni più complete. La bibliografia finale comprende esclusivamente i titoli citati nella tesi. La lista è divisa in due parti: abbiamo elencato prima la bibliografia citata in forma abbreviata, ovvero gli studi citati frequentemente o comunque più volte e in sezioni testuali distanti tra di loro; abbiamo fornito anche la lista della bibliografia citata in forma piena, che fa riferimento ai contributi citati una volta sola oppure più volte a brevissima distanza (all’interno dello stesso paragrafo).
Plamondon, Marie-Christine. "'Ouvrir les yeux à la lumière', suivi de Réflexion sur un monologue intérieur inspiré du roman 'Le tour du monde en 80 jours' de Jules Verne". Thèse, Université d'Ottawa / University of Ottawa, 2012. http://hdl.handle.net/10393/23102.
Texto completoFarsian, Mohammad-Reza. "La représentation de la ville industrielle dans le roman du XIXème siècle". Thesis, Paris 3, 2009. http://www.theses.fr/2009PA030071.
Texto completoWith the emergence of the industrial revolution, country people moved to the new industrial centers. Through this movement appeared a new social class, the working class, crowding in the cities and also in the suburbs around the factories. To minimize the distance between the places of work and the residences, a lot habitations appear suddenly out of earth around industrial factories. In those areas, simple social structures were created leading to a new city shape: the industrial city whose main characteristic, before the setting of the working class, is the factory or the mine, places full of industrial items, mechanical inventions and techniques. The present research aims at introducing this industrial city as the most typical product of the nineteenth century through its technical components and its working class. The city is considered as one of the main element in the novel as far as becoming the basic and strong support of their intrigue. Without neglecting the substancial and amazing effect and the consequences of the machine in the daily life and without forgetting that the technical revolution is supported and materialized by the machine itself, the thesis analyses, through the studied novels, the role of those machines in the emergence of the industrial city as well as its effects in the daily life of the working class. The study is developed by a portrait of the working class, main users of the machines and a description of the technical and industrial incarnations in their lifes, their work and their habits. With the nineteenth century's literature and especially through the naturalist movement, this social class is for the first time analysed by considering its monotonous daily life, its little dramas, its manners and its mentality. Therefore the negative effects of the industrialization and of the mechanization on the working class appear in the literature, and some writers try to solve the problem by creating utopia
Cassayre, Luc. "Le système des personnages dans Les voyages extraordinaires de Jules Verne". Paris 4, 1999. http://www.theses.fr/1998PA040307.
Texto completoThe Voyages Extraordinaires by Jules Verne has been studied from the angle of characters. After a categorical classification and an inventory of the different types proposed, the characteristics of each type can be defined altogether with elements derived from individual portraits with re-inforce them. The differents categories and types are unequal and strengthened by the notion of races, some of them being described as inferior. No field can escape from the theories or science and matter or life for which man is an object of study; the form taken by these theories allows for a definition of what can be called Verne's science. Its deals with technology in as much as the scientific discourse must produce technical realizations, solutions to actual problems and as it excludes any suggestion of researching spirit. The danger would be in not caring for this prescription. On the other hand, the scientific discourse is one of revelation or of revealing of knowledge which are pre-existing to the person who states them. Last, the right of some characters to hold a scientific discourse is the sign of the power they wield. All of these components elaborate an ideological apparatus. It is knowledge, its nature and the relationship everyone can have with it, which constitute the connections in the hierarchical character system. On top, the sphere of the hero in which characters coming from valorizing categories are grouped; they express the discourse of science, have an exceptional individual scheme and hold power. Then, second rate characters, in possession of a practical knowledge, and who can be a reference to the world of common sense. Last the sphere of absolute ignorance and savagery. These worlds are not organized as a continuity through which one might progress; on the contrary, you can have access to the upper sphere only exceptionally and thanks to initiatory rites. This system is an unchanging structure which testifies for the author's conservative vision of the world
Rogé, Raymond. "L'aventure du voyage au pays-perdu dans le roman francais de voltaire a nos jours". Toulouse 2, 1986. http://www.theses.fr/1986TOU20003.
Texto completoIT IS A HIDDEN, CLOSED, SECRETE, IMAGINARY COUNTRY WITH ITS PEOPLE AND ITS TREASURAS. TRAVELLERS COME TO IT AFTER A HARD INITIATIC JOURNEY. IN THE FRENCH NOVEL, THE COMPLETE AND ORDERLY ADVENTURE OF THE JOURNEY TO THE LOST COUNTRY IS NEAT FOR THE FIRST TIME IN VOLTAIRE'S CANDIDE. THESE TWO CHAPTERS ABOUT ELDORADO ARE OFTEN FORGOTTEN BY THE CRITICS THOUG THEY PROVED THEMSELVES ESSENTIAL FOR THE MEANING OF THE NOVEL. THE ANGUISH FOUND IN THE ADVENTURE OF THE LUMIERES EXPRESSES ITSELF IN THIS PARODY OF THE GENESIS ALTERED AND UPSET BY THE STRUCTURE OF ANOTHER CANONICAL TEXT OF OUR CULTURE : THE ALLEGORY OF THE CAVE IN PLATON'S REPUBLIC. AFTER VOLTAIRE, THE NOVEL AMBITIONS STEADILY GROW AS WELL AS LITERATURE STRIVES FOR TAKING ITS PROPERTY FROM PHILOSOPHY. THESe FROM AUTHOR TO AUTHOR A LONG INVESTIGATION IS CARRIED ON : WHAT IS MAN ? FIRST WE FOLLOW "GEOGRAPHICAL" NOVELS (SADE, G. SAND, E. ZOLA, J. VERNE, J. H. ROSNY AINE, O. MIRBEAU, G. LEROUX,ALAIN-FOURNIER, P. BENOIT AND HIS RIVALS); THEN COME "INWARD" TRAVELS (BRASILLACH, M. PROUST MAINLY); AT LAST MIXED JOURNEYS IN WHICH A GEOGRAPHIC TRAVEL COINCIDES WITH THE ELUCIDATION OF A DESTINY (H. BOSCO, M. TOURNIER). TRAVELLERS IN SEARCH OF MORE AUTHENTIC HUMAN COMMUNICATIONS ARE INDUCED TO ELUCIDATE THEIR RELATION WITH CHILDHOOD. TOGETHER IN THESE NOVELS CAN BE FOUND : STRONG TASTE FOR GARDENS AND DEVICES; CONFUSED FASCINATION FOR TORTURES AND EVEN CANNIBALISM; EXCLUSIVE INTEREST IN MAN. THE ACCOUNT OF A JOURNEY TO THE LOST COUNTRY FOLLOWS THE OBLIGATORY PROCEEDING OF ANY RESEARCH AS WE CAN SPEAK OF REAL ANTHROPOLOGY STRUCTURE OF RESEARCH. ESCAPING FROM THE "DISJOINTEDNESS" OF THE PICARESQUE IN ITS SEARCH OF MAN, THE NOVEL CEASELESSLY RESUMED THE ACROUNT WHICH TRANSCRIBES THE RESEARCH STRUCTURE MOST IMMDIATELY
Letexier, Gérard. "Deux fondatrices du roman : Madame de Villedieu (1640-1683) et Madame de Lafayette (1634-1693) : étude comparative". Paris 4, 1995. http://www.theses.fr/1995PA040250.
Texto completoCompared with Mlle de Scudery'novels, those of Mme de Villedieu present a unified vision, quite classical (Alcidamie). Mme de Lafayette's Zayde re-uses that vision in a more inner maner, but that novel construction and nostalgic atmosphere come from Mme de Villedieu's Carmente. As for the feasts evocations of the galanteries grenadines, which don't stop the action -a new thing in 1673- Mme de Lafayette will remember then in her Princesse de Cleves of 1678. Up to 1669, Mme de Villedieu's single short stories are quite influenced by Segrais' nouvelles francaises because they are at first decorative and entertaining. But in 1670-1675, her books of short stories remined the reader of Mme de Lafayette's princesse de Montpensier. History treatment, gravity of a vision sgaped by augustinism -so essential in those days- and la Rochefoucauld are much alike in the two writers' works. La Princesse de Cleves re-uses a vision largely elaborated by Mme de Villedieu and which had already been re-used by the French novelists of the 1670' , like Saint-Real, Boursault or Prechac. But Mme de Lafayette's treatment of the tradition as well as of Mme de Villedieu's fictions us an analyst's treatment :. .
Gouaux, Mireille. "Recherches sur l'imaginaire : marxisme et psychanalyse. l'imaginaire colonial; l'imaginaire de la science chez jules verne et elsa triolet; un imaginaire romanesque : colette". Paris 3, 1987. http://www.theses.fr/1987PA030159.
Texto completoMarxism and psychoanalysis, at the end of the xixth and the beginning of the xxth century, made a similar attempt at defining the relationship of imagination and art, with social history as well as with psychic activity. Marxism has been developing, after marx, and thanks to lukacs, but mainly brecht, aragon, triolet, and bakhtine, a tendency to consider imaginary productions as well as art, as determined by reality, but as achieving a specific metamorphosis upon it, which renders their achievements irreductible to to it. Psychoanalysis, for its part, accounts for imagination, after freud, mainly thanks to anton ehrenzweig, and lacan, as tr formation produced upon primary impulses, rendering them altogether different; both agree in recognizing in imagination and art a specific aptitude at producing "human nature", and both seem, if used in a complementary way, to allow a satisfactory appreciation of aesthetic facts. Inspired by both epistemologie, this thesis intends to elaborate some answers to the general questions concerning the relationship of imagination and art with history and psychic activity, and formulate a method in literary criticism. It contains two parts, the first of which is dedicated to the theoritical approach, and the second to samples of the proposed method. This part deals successively with colonial imagination in the french and english novels between 1870 and 1914, with science as a literary theme in the novels by jules verne and elsa triolet, and finally with the imaginati ve power developed by colette
TERRANOVA, Francesca. "Il ruolo del familiae emptor (con particolare riguardo al formulario del testamento librale)". Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2009. http://hdl.handle.net/10447/152143.
Texto completoDupuy, Lionel. "Géographie et imaginaire géographique dans les Voyages Extraordinaires de Jules Verne : Le Superbe Orénoque (1898)". Phd thesis, Université de Pau et des Pays de l'Adour, 2009. http://tel.archives-ouvertes.fr/tel-00437934.
Texto completoSilva, Andressa Marques da. "Por uma promessa de vida mais viva : relações afetivas de mulheres negras no rap e no romance brasileiro contemporâneo". reponame:Repositório Institucional da UnB, 2013. http://repositorio.unb.br/handle/10482/14246.
Texto completoSubmitted by Albânia Cézar de Melo (albania@bce.unb.br) on 2013-10-02T14:58:32Z No. of bitstreams: 1 2013_AndressaMarquesSilva.pdf: 1189696 bytes, checksum: 1e13985a9ae1aa50a7fb4e5912a3a1d0 (MD5)
Approved for entry into archive by Marília Freitas(marilia@bce.unb.br) on 2013-10-03T10:54:33Z (GMT) No. of bitstreams: 1 2013_AndressaMarquesSilva.pdf: 1189696 bytes, checksum: 1e13985a9ae1aa50a7fb4e5912a3a1d0 (MD5)
Made available in DSpace on 2013-10-03T10:54:33Z (GMT). No. of bitstreams: 1 2013_AndressaMarquesSilva.pdf: 1189696 bytes, checksum: 1e13985a9ae1aa50a7fb4e5912a3a1d0 (MD5)
Esta dissertação analisa e discute a representação das personagens femininas negras na literatura brasileira contemporânea, especificamente nos gêneros romance e rap, pensando as relações afetivas vivenciadas por elas. Este estudo faz um paralelo entre as representações iniciais dessas personagens na literatura brasileira, a partir do romance O cortiço, de Aluísio Azevedo, e as perspectivas contemporâneas construídas para tais personagens. Dessa maneira, além do romance de Azevedo, foram analisados os romances As mulheres de Tijucopapo, de Marilene Felinto, e Ponciá Vicêncio e Becos da memória, de Conceição Evaristo, além de algumas letras do grupo Atitude Feminina e da rapper Vera Verônika. A fim de problematizar a estereotipia e sexualização dos corpos das personagens femininas negras e encontrar contrapontos a tal discurso a partir da experiência afetiva destas, o trabalho divide-se em três momentos: discussão sobre as violações do corpo feminino negro nas representações da literatura brasileira do século XIX, a autorrepresentação das relações afetivas desses corpos nas obras de autoras negras contemporâneas e, finalmente, a construção da subjetividade dessas personagens sob a ótica do rap feminino brasileiro atual. ______________________________________________________________________________ ABSTRACT
This paper analyses and discusses the representation of black female characters in Contemporary Brazilian Literature, particularly in the rap and novel genres ponderibg over the relationships they live. This study draws a parallel between the initial representation of this characters in Brazilian Literature , through the novel O Cortiço, by Aluisio de Azevedo and – and the contemporary perspectives built for these characters concerning their affective practices. Holding this goal, beyond Azevedo’s novel, the works of As mulheres de Tijucopapo, by Marilene Felinto, Ponciá Vicêncio and Becos da memória, by Conceição Evaristo, and some of the lyrics from the group Atitude Feminina and from the rapper Vera Verônika were analyzed. With the purpose to question the stereotyping and sexualization of the bodies of black female characters and find the literary opposite to such discourse, the paper is divided in three steps: an interpretation of the violation of the female black body in its representation in the Brazilian Literature of the nineteenth century; an analysis of the self-representation of romantic relationships of black women in the works of contemporary black female writers; and, finally, a discussion about the way effective possibilities of love are built for these women in the current Brazilian feminine rap.
Couture, Diana Maude. "Se reconstruire après une fin du monde : analyse des sociétés post-apocalyptiques dans trois fictions anglo-saxonne récentes". Master's thesis, Université Laval, 2019. http://hdl.handle.net/20.500.11794/33997.
Texto completoLabelle, Valérie. "L’initiation à l’œuvre dans Les enfants du capitaine Grant et Un capitaine de quinze ans de Jules Verne". Thesis, Université d'Ottawa / University of Ottawa, 2014. http://hdl.handle.net/10393/31885.
Texto completoJosué, Nathan Martínez Gómez. "Integración contemporánea con edificios antiguos : la intervención como síntesis histórica : Castelvecchio, MNAR, Kolumba". Doctoral thesis, Universitat Politècnica de Catalunya, 2020. http://hdl.handle.net/10803/668850.
Texto completoEl objetivo fundamental de esta tesis es analizar la arquitectura a partir de estrategias provenientes de teorías recientes desarrolladas dentro y fuera del campo disciplinar estricto de la arquitectura. Por ejemplo confrontar para relacionar. Tal como propone Paul Ricoeur en uno de sus libros sobre teoría de la poética, la poética es la confrontación entre las partes. Por lo tanto el diálogo generado entre sujetos y entre objetos de diferentes épocas a través de abstracciones es el objetivo principal de esta tesis. La inquietud nace por identificar dónde está y cómo se llevó a cabo la relación que hay entre diferentes tiempos y espacios en un edificio, qué cosas permanecen y cuáles son las innovaciones en este tipo de intervención. A partir de lo anterior propongo la hipótesis que consiste en que la abstracción de referencias en los vestigios tangibles e intangibles de edificios antiguos hace de la intervención una síntesis histórica que genera nuevas relaciones entre sujetos y objetos de distintas épocas. Es en este punto donde la intención de preservar la memoria se ve reforzada por la valoración del espacio donde ésta se pueda encontrar, desde un objeto hasta una ciudad. La polémica empieza cuando nos preguntamos ¿cuál es la manera más adecuada para intervenir un edificio antiguo? Tiempos y espacios se sintetizan en los casos de estudio elegidos, los museos contemporáneos en convivencia con restos arqueológicos y de arquitecturas históricas. La forma sistemática en que se lleva a cabo el proceso de proyección de un edificio no es sencilla pues hay que establecer una serie de factores de manera ordenada para llegar al mejor resultado. Este orden varía de acuerdo al programa arquitectónico que se pretenda desarrollar, por lo que algo que pudiera parecer un problema como el hecho de que no existe un procedimiento único, es una ventaja, porque permite volcarse en una estrategia específica con un resultado singular. Se considera que tener una estrategia específica es fijarse una postura ética respecto a la historia del lugar y otras condicionantes, por lo que el orden y jerarquía que se le den a estos factores harán que el resultado varíe de un edificio a otro o bien de un autor a otro. La historia, concebida como un conjunto de hechos puede ser sintetizada por el arquitecto cuando éste logra abstraer de esos fragmentos puntos cruciales que considere importantes, ayudándole a materializar su obra. Se exploran diversos conceptos como el de Modernidad específica, tiempo y espacio, Memoria, Abstracción, Metáfora, Relación entre sujetos, Crítica, Fenomenología, Síntesis, Multiplicidad Histórica, imágenes virtuales, entre otros, como tópicos relevantes para estudiar su relación y llevar a cabo una teoría que aborde la integración de la intervención contemporánea en un contexto histórico. Para tener una aproximación de este complejo fenómeno se analizan tres obras: el Museo de Castelvecchio de Carlo Scarpa, el Museo Nacional de Arte Romano de Rafael Moneo y el Museo Kolumba de Peter Zumthor. Las intervenciones de estos tres casos de estudio son diferentes entre ellas pero tienen el objetivo común de preservar la memoria. Estos museos junto con las reflexiones escritas de sus autores, como de los teóricos en quienes me apoyo, evidenciarán sus mecanismos proyectuales, localizando en sus referencias y prácticas aspectos importantes en su intervención que explicarán el grado de innovación aportada. El trasfondo de esta investigación son el diálogo y la memoria, establezco un vínculo que parte de la memoria colectiva a la individual, pues la memoria de un solo edificio se enfrenta permanentemente a un contexto más amplio. Por ello como tema introductorio a los casos de los museos he resuelto analizar teórica y analíticamente el proyecto "Del Liceu al Seminari" de Lluís Clotet.
Laarman, Mathieu. "Fictions du naufrage, Naufragés de la fiction : poétiques du roman de l’échec : (Mary Shelley, Giovanni Verga, Thomas Hardy, Alain-Fournier, Louis Guilloux, Vitaliano Brancati)". Thesis, Paris 10, 2010. http://www.theses.fr/2010PA100155/document.
Texto completoThis study focuses upon a comparison of six works in French, English and Italian from the 19th and 20th centuries, in order to reflect upon the staging of failure in the novel form. Firstly, the study demonstrates how representations of failure are shaped both by the individual development of their authors, and by the social and political tensions of the period through which they lived (England after the French Revolution, and later at the height of the industrial revolution in the Victorian age; Sicily after the Risorgimento, and under Mussolini’s regime; France during the belle époque or the interwar years.)The second part of this thesis aims to highlight three principal aspects of the poetics of the ‘novel of failure’. This section focuses initially on the distribution of time – a temporality which oscillates between the linear and the cyclical, invoking the image of tidal ebbs and flows. Subsequently, the section emphasises the preponderance of weak-willed characters, who aim to decode their relationships to the world through the prism of their naïve and bookish illusions, in the manner of a Dostoyevskian or Flaubertian protagonist. Finally, this section seeks to illuminate the peculiar process that leads characters and objects of fiction to exchange their attributes and functions: while the former find themselves reduced to the level of useless or abandoned objects, the latter achieve an almost autonomous existence.The thesis concludes by engaging with the question of the subversive charge of the ‘novel of failure’. The novel form reveals itself to be endowed with an exceptional capacity for resistance to ideological discourses and mechanisms of socio-cultural control, whose detrimental aspirations it insidiously frustrates
Gianesin, Ilaria. "Proposta di traduzione in italiano del romanzo di Thierry Jonquet La vie de ma mère!" Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/20872/.
Texto completoPalewska, Marie. "Un romancier d'aventures à la Belle Epoque : paul d'Ivoi (1856-1915) et ses "Voyages excentriques"". Thesis, Paris 3, 2014. http://www.theses.fr/2014PA030013.
Texto completoPublished in volumes between 1894 and 1917 by the former bookshop Furne, Paul d’Ivoi’s "Voyages Excentriques" made up a collection which was very much valued by the youth of the Edwardian Era.These adventure novels, in the tradition of Jules Verne, were highly representative of their time with plots deeply rooted in the political ideas pervading then. They were anxious to contribute to the patriotic and moral moulding of their readers and applied to support the colonial work of France while promoting the values of the French Republic and celebrating its influence all over the world. The action, which often deals with international diplomatic stakes, sends the characters abroad to meet other nationalities whose visions reflect their relationships with France, whether friendly or of conflict.However the "Voyages Excentriques" swing from reality into fiction using the various means that adventure novels, then at their peak, offered them. Exotism and scientific extravagance are the main themes, often accompanied with detective stories or spy fiction as secondary sorts. When writing his adventure novels, Paul d’Ivoi carefully paid attention to differentiating himself from his predecessors, asserting his own manner by inventing wonderful scientific gadgets or giving a preponderant role to women. His books were a great success at the turn of the 20th century as New Year’s gifts, school prizes, popular manuals or cheap serials which were adapted on stage or even in movies.He is most original in his dealing with eccentricity which is to be found all through his collection of Belle Epoque novels
Carbonera, Ildo. "Trajetórias da narrativa ítalo-brasileira : 'dove è la cuccagna?'". reponame:Biblioteca Digital de Teses e Dissertações da UFRGS, 2008. http://hdl.handle.net/10183/15306.
Texto completoThis study in the manner of an essay reflects a constant but unstable interchange between Fiction, History and Personal Experience. It is based on the following novels: Os Malavoglia (Giovanni Verga), Pai patrão (Gavino Ledda), Vita e Stória de Nanetto Pipetta (Aquiles Bernardi), O quatrilho, A cocanha and A babilônia (José Clemente Pozenato), Juliano Pavolini and A suavidade do vento (Cristovão Tezza), Mamma, son tanto felice, O mundo inimigo and Vista parcial da noite (Luiz Ruffato). Two epistemological paths have a point of departure and a point of arrival: a) from Italy to Brazil / America; b) from small backcountry communities to the big city. Among the descendants of italian immigrants the simulations and illusions processed by fiction are closer to reality than those offered by institutions and associations in their argueing and tricking for "retrieval of the roots" and "reclaiming traditions", embodied by events like italian evenings, typical dinners, family encounters, and radio programs. In the novels, there is an absolute absence of such "events", no glasses are raised in honor of anything, no requiem and inhumation masses are held. Post-modern countryside people of Italian descent in Brazil have become globalized without even leaving home.
Besbes-Bannour, Faïka. "Le pathétique et la femme : l'écriture romanesque féminine du pathos dans les années charnières 1678-1720". Thesis, Paris 3, 2011. http://www.theses.fr/2011PA030080.
Texto completoThe period between 17th century and the early stages of the Enlightenment is a pivotal one in fiction writing. This is not only because the concept of pathos acquired a profane dimension, but also a moral rehabilitation and an aesthetic development that contributed to make of it a major literary trend by the end of 17th century. However, the concept of pathos and the way it was developed in the women narratives of 17th century has hardly been the subject of any thorough readings. Moreover, the studies focusing on the fiction of that period, did not suggest any input to the concepts of pathos or the pathetic in their index table. To avoid the dangerous side of passion, the writers under focus, are proven to incline themselves to verbal linguistic censorship that pins down the exalting dimension of the passionate discourse. This censorship over-emphasizes both the crisis of the love subject and the failure of communication. As an alternative ! to the narrow dialogic space where pathos could have been expressed; women writers relied on the expressiveness of the body and the non-verbal language. Meta-linguistic signs pervade the texts, emphasizing both the dispositio and the elocutio of fiction; creating, thus, a space where love intrigues could be voiced. A space that makes of silences, gazes and tears important modalities of a new communication strategy implying a constant hermeneutical work. A thorough examination of the novels of Mme de Lafayette and Catherine Bernard, allow us to demonstrate that the tendency of women fiction writing towards somberness and pithiness, is a kind of evolution that owes much to the representation of the concept of the pathetic
ARZONE, ANTONELLA. "Nuovi dati per la storia economica di Verona in eta' romana: l'apporto della documentazione dei rinvenimenti monetali". Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11562/560149.
Texto completoThe aim of the Thesis is to achieve an organic framework about the circulation of coins in the ancient ages in Verona, on the basis of the largest available documentation and evidence. We have attempted to put all numismatic discoveries into their different contexts, by examining the treasures, funerary sites, public buildings, residence and productive areas. This research has been the occasion to synthetize recent archeological discoveries on roman Verona, with emphasis on the numismatic finds.
MUSETTI, Silvia. "Fonti battesimali (XI-XIII secolo). Verona e l'Italia settentrionale". Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/11562/402537.
Texto completoA summarizing study on Italian baptismal fonts hasn’t been produced yet, although the area has generated considerable interest because of the antiquity of the evidences and because the tradition of building baptisteries, that ceased relatively early somewhere else, continued here also in the Late Middle Ages. The remains of early Christian times attracted scholars attention for the richness of material solutions or symbolic meanings. As such, they, are fairly well known as a whole, both in material terms and in terms of the liturgical context in which they were included. In contrast, late middle ages artefacts were individually analyzed and often times placed, with difficulty, in a still unclear ritual framework, confusing and sometimes not distinguished from that of previous centuries. For this reason, the research focuses on this latter period, approximately from the eleventh to the thirteenth centuries, embracing in the broad sense what we consider the Romanesque period, and the study is limited to the homogeneous area of Northern Italy. The work could be based on a rich but fragmented framework of monographic studies on individual artefacts which have been significantly enhanced by archaeological investigations carried out in recent decades. Our research explains that the territory in question differs clearly from Northern Europe, the only area in which, to our knowledge, similar studies have been pursued. On one hand, in fact, the number of testimonies collected is relatively small (forty-four, of which only thirty-two attributed with certainty), in contrast to a far reaching series; on the other, a quarter of the items consists of masonry tank remains, well identified archaeologically, not known in other European regions or not studied together with the carved fonts. This situation has not allowed the development of wide-ranging iconographic or morphological studies, but has the advantage of providing some data about the structure of plants, their location and their functioning, elsewhere either undetectable or generally neglected. In order to understand the peculiarities related to the baptismal fonts built in this period, we decided to manage diachronically – both in terms of material evidence and liturgical context – the study of a defined area, the diocese of Verona, were we can find several interesting features. First of all, in Verona there is an artefact, the basin of the city's cathedral, really great for monumentality, quality and structure of the iconographic plan. This work has been considered in relation to the church where it is located and its liturgical use in the cathedral complex; it was therefore possible to better define the original context through relevant, unpublished documentary evidences on the baptistery and its management, that was shared between the bishop, the cathedral chapter and clergy of San Giovanni in Fonte. These evidences suggest, among other things, that the baptismal font had a highly symbolic role, but that its use was limited to the solemn celebrations and became, relatively soon, marginalized. The basin, which besides needed a critical revise, was also considered in its material respect and iconographic choices and, finally, we proposed a stylistic assessment in the context of the fervid artistic season in Verona at the turn of the twelfth century (Part I, Chapter 2). To outline the historical situation in which this font was made, and to assess the impact of this prestigious model, which we duly verified, we considered the whole city, where there is another basin included in the census, that of San Zeno in Verona. We also considered the surrounding territory, where there are other items of the thirteenth century: those of San Giorgio di Valpolicella, and, probably, of San Pietro at Zevio (Part I, Chapter 3). The diocese of Verona appears, therefore, relatively rich in claims relating to this period and even later; of these we have tried to give an account, ranging from the beginnings to the fifteenth century. The history of the baptismal rite in the diocese was traced, therefore, from the time of st. Zeno, simultaneously with that of the material structures in which it was celebrated, beginning with the case of controversial interpretation of the so-called Santa Maria in Stelle hypogeum, to the baptismal font of San Giovanni in Campagna at Bovolone, dated between the sixth and eighth centuries, that has been archaeologically investigated in recent years, and to the fragments of the later ciborium of San Giorgio di Valpolicella, dating back to Carolingian age. After a careful examination of the XI-XIII centuries, involved in the maximum development of the parish (plebs) and the beginning of its crisis, we tried to review the artefacts of the fourteenth and fifteenth centuries still in existence, almost always crafted in the same material (‘rosso ammonitico veronese’) and characterized by an octagonal section (Part I, Chapter 3). The second part of the work is a review of the baptismal fonts of Northern Italy: it is preceded by some considerations, chiefly concerning the applicable criteria to distinguish this group of artefacts from another apparently similar, such as holy-water stoup or oil containers. These structures were grouped according to general likeness, functioning and materials in which they were made. Finally, we verified the importance of diachronic studies, which consider the transfers and the marks left on monuments throughout time, thereby shading a light on the development of both liturgical practices and ways of thinking, two factors significantly affecting toady's perception of the artworks themselves.
PELUCCHINI, Giulia. "Il sepolcreto di via Albere - Prima Traversa Spianà nell'ambito delle necropoli romane di Verona lungo la via Postumia". Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11562/916182.
Texto completoThis paper is the continuation of my degree thesis, which studied the nearby necropolis of Porta Palio. The aim of this paper is to take a more detailed look at the creation, the development and the characteristics of the largest Roman cemetery of Verona, taken into account the small amount of published data on the necropoli compared to our knowledge of the city’s urban development. To help understand the importance of this funerary area, a small archaeological map charts the burial sites from the end of the first century B.C. to the fourth century A.D. It maps the ancient necropoli, situated outside the city alongside the three major Roman roads, some at a notable distance from the city walls, with a particular preference for the via Postumia. The paper then analyses diachronically the necropolis of via Albere – Prima Traversa Spianà; it recognises three distinct phases of the use and two phases of successive abbandonment. The archiving of the grave goods has led to the completion of a catalogue for individual burials, followed by an interpretation of the finds, initially with the study of their singular classes, and then in the analysis of the funerary rites. At the end of the paper, there is a brief analysis of the other necropoli along the via Postumia at Verona, reconstructing the topographical development of the Roman road, and of the characteristics and modifications of the funerary rites fom the end of the first century B.C. to the fourth century A.D.
FRANCO, Maria Teresa. "ARTE E FEDE NELLA VERONA DEL VESCOVO GIBERTI". Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/11562/351997.
Texto completoThe thesis deals with the relationships between art and faith in Verona during the time of Bishop Gian Matteo Giberti ( 1524-1542). In that period the city became one of the most relevant centres of the Catholic Reformation. The chronology of the following survey covers the period of the deep and dramatic crisis of the Roman Catholic Church in its challenge to the Protestant Reformation. The Bishop's pastoral work encouraged the commitment in the care of souls, the preaching, the education of the young, the assistance to the needy. The research aimed to verify how much the reformist thrust is reflected in the Bishop's and in his closest associates' artistic promotion and commissions. The essay, thanks to written and visual sources, and to archive surveys, is divided into four sections. The first part is devoted to the history of Church and religious life in Verona in the 16th century. The second section focuses on the episcopal commissions and looks at the main chapel rearrangement in the cathedral, its frescoes by Francesco Torbido, inspired by Giulio Romano, the “tornacoro”, attributed to Michele Sanmicheli, and the Eucharistic altar. The next section regards the commissions related to the episcopal residences, especially the most relevant ones, like the fresco Crucifixion for the church in the villa “Santa Maria di Nazareth”, attributed to Battista del Moro, or like the Crucifixion in bas-relief that was made - according to Vasari – by the sculptor Giovanni Battista for Gian Matteo Giberti's private chapel during his bishopric. The last section aims to reconstruct del Moro's artistic life as celebrated master, sculptor, master of stucco, engraver, goldsmith, painter and Giulio Romano's close associate.
Petracca, Elena. "Robert van Audenaerde (1663-1743): artista e incisore marattesco". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1253552.
Texto completoSpagnolo, Tabitha L. B. "Au carrefour du roman et de l’histoire : des points tournants du statut de la femme dans La Princesse de Montpensier et La Princesse de Clèves de Madame de Lafayette". Thesis, 1997. http://hdl.handle.net/2429/6374.
Texto completoLaurin, Marie-Ève. "De chaînes en trames : histoire nationale et vie privée dans le roman naturaliste et vériste". Thèse, 2008. http://www.archipel.uqam.ca/1156/1/D1681.pdf.
Texto completoGORLA, Sandra. "Metamorfosi e magia nel Roman de Renart. Traduzione e commento delle branches XXII e XXIII". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251268.
Texto completoBULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.
Texto completo