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Tesis sobre el tema "Valutazione clinica e radiologica"

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Kondo, Lorena <1983&gt. "Valutazione clinica e radiologica di manifestazioni a livello di distretto cefalico in pazienti affetti da neurofibromatosi". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2814/1/kondo_lorena_tesi_pdf.pdf.

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Resumen
Con il termine neurofibromatosi (NF) si comprendono almeno sette malattie genetiche diverse ma accomunate dalla presenza di neurofibromi localizzati nei distretti cutaneo, orale, viscerale e scheletrico. Dal momento che la NF1 (malattia di Von Recklinghausen), una delle più diffuse malattie genetiche, può avere manifestazioni a livello orale, gli odontoiatri devono essere a conoscenza delle sue caratteristiche patognomoniche. Obiettivo della tesi è la ricerca di manifestazioni della NF1 a livello dell’apparato stomatognatico. Materiali e metodi 98 pazienti affetti da NF1 (44 maschi, 54 femmine dai 2 ai 24 anni; età media di 8,6 anni) sono stati indagati clinicamente e radiograficamente; clinicamente si sono valutati: prevalenza della patologia cariosa (dmft; DMFt), indice parodontale di comunità (CPI), anomalie dentali, presenza di lesioni a livello dei tessuti molli intraorali, presenza di patologie ortopedico-ortodontiche; presenza di abitudini viziate; sulle ortopantomografie eseguite su 49 pazienti (23 maschi, 26 femmine dai 6 ai 19 anni; età media di 10 anni) si sono valutate manifestazioni ossee e dentali caratteristiche della sindrome. Risultati Dallo studio è emerso che i pazienti affetti da NF1 presentano: dmft/DMFt e CPI elevati (dmft = 2,1; DMFt = 1,6; tessuti gengivali con sanguinamento nel 50% dei casi; eruzione dentale anticipata nel 10%; eruzione dentale ritardata nel 10%; taurodontismo nel 16%; patologie ortopedico-ortodontiche nel 40% (tendenza alla terza classe scheletrica, palato ogivale, morso aperto anteriore, morso coperto, morso crociato posteriore monolaterale, morso crociato posteriore bilaterale, linea mediana deviata, incompetenza labiale); abitudini viziate nel 27% (respirazione orali e deglutizione infantile); lesione neurofibromatosa della gengiva in un caso; per quanto riguarda la valutazione delle ortopantomografie, manifestazioni ossee caratteristiche della sindrome sono state evidenziate nel 28% dei casi (incisura coronoide deformata, processo coronoide ipoplasico o pseudoallungato, condilo ipoplasico, condilo iperplasico, canale mandibolare allargato, forame mandibolare allargato e alto, bordo inferiore della mandibola deformato). La necessità di programmi ed interventi di screening e follow-up periodici (visite odontoiatriche a partire dal momento della diagnosi a cadenza semestrale, esami radiografici a partire dai 6 anni di età a cadenza stabilita individualmente in funzione del livello di rischio) è supportata dall’elevato rischio di patologie cariosa e parodontale e dalla presenza di manifestazioni a livello dei tessuti duri e molli del distretto cefalico a documentato rischio di trasformazione maligna. Parole chiave: neurofibromatosi, patologie orali, distretto cefalico.
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Kondo, Lorena <1983&gt. "Valutazione clinica e radiologica di manifestazioni a livello di distretto cefalico in pazienti affetti da neurofibromatosi". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2814/.

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Resumen
Con il termine neurofibromatosi (NF) si comprendono almeno sette malattie genetiche diverse ma accomunate dalla presenza di neurofibromi localizzati nei distretti cutaneo, orale, viscerale e scheletrico. Dal momento che la NF1 (malattia di Von Recklinghausen), una delle più diffuse malattie genetiche, può avere manifestazioni a livello orale, gli odontoiatri devono essere a conoscenza delle sue caratteristiche patognomoniche. Obiettivo della tesi è la ricerca di manifestazioni della NF1 a livello dell’apparato stomatognatico. Materiali e metodi 98 pazienti affetti da NF1 (44 maschi, 54 femmine dai 2 ai 24 anni; età media di 8,6 anni) sono stati indagati clinicamente e radiograficamente; clinicamente si sono valutati: prevalenza della patologia cariosa (dmft; DMFt), indice parodontale di comunità (CPI), anomalie dentali, presenza di lesioni a livello dei tessuti molli intraorali, presenza di patologie ortopedico-ortodontiche; presenza di abitudini viziate; sulle ortopantomografie eseguite su 49 pazienti (23 maschi, 26 femmine dai 6 ai 19 anni; età media di 10 anni) si sono valutate manifestazioni ossee e dentali caratteristiche della sindrome. Risultati Dallo studio è emerso che i pazienti affetti da NF1 presentano: dmft/DMFt e CPI elevati (dmft = 2,1; DMFt = 1,6; tessuti gengivali con sanguinamento nel 50% dei casi; eruzione dentale anticipata nel 10%; eruzione dentale ritardata nel 10%; taurodontismo nel 16%; patologie ortopedico-ortodontiche nel 40% (tendenza alla terza classe scheletrica, palato ogivale, morso aperto anteriore, morso coperto, morso crociato posteriore monolaterale, morso crociato posteriore bilaterale, linea mediana deviata, incompetenza labiale); abitudini viziate nel 27% (respirazione orali e deglutizione infantile); lesione neurofibromatosa della gengiva in un caso; per quanto riguarda la valutazione delle ortopantomografie, manifestazioni ossee caratteristiche della sindrome sono state evidenziate nel 28% dei casi (incisura coronoide deformata, processo coronoide ipoplasico o pseudoallungato, condilo ipoplasico, condilo iperplasico, canale mandibolare allargato, forame mandibolare allargato e alto, bordo inferiore della mandibola deformato). La necessità di programmi ed interventi di screening e follow-up periodici (visite odontoiatriche a partire dal momento della diagnosi a cadenza semestrale, esami radiografici a partire dai 6 anni di età a cadenza stabilita individualmente in funzione del livello di rischio) è supportata dall’elevato rischio di patologie cariosa e parodontale e dalla presenza di manifestazioni a livello dei tessuti duri e molli del distretto cefalico a documentato rischio di trasformazione maligna. Parole chiave: neurofibromatosi, patologie orali, distretto cefalico.
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Masi, Daniele. "Valutazione sperimentale della risposta strutturale di una macchina radiologica odontoiatrica". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5068/.

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Resumen
L’obiettivo del presente lavoro è verificare l’affidabilità di una parte di macchina radiologica di Cefla Dentale, nello specifico del gruppo di fissaggio paziente, attraverso la valutazione sperimentale della risposta strutturale della stessa. Partendo dall’analisi dell’architettura e del funzionamento dei singoli sottosistemi del gruppo, sono stati definiti gli obiettivi (in relazione alle prestazioni desiderate) e la tipologia di prova; a seguire, si è passati alla pianificazione dei test, comprendente l’individuazione dei parametri da monitorare per la verifica finale, la definizione dei carichi nominali, del numero di cicli di funzionamento (corrispondenti alla vita utile media) e la definizione di attrezzature idonee allo scopo specifico. L’intento è stato quello di eseguire i test con contrazione dei tempi di prova, utilizzando come fattori di accelerazione la frequenza di funzionamento unitamente all’applicazione di opportuni sovraccarichi, con il duplice scopo di fare emergere eventuali elementi critici ma in un tempo nettamente inferiore a quello reale di funzionamento della macchina.
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Bagatin, Ericson 1947. "Avaliação clinica, radiologica e da função pulmonar em trabalhadores expostos a poeira de silica". [s.n.], 1988. http://repositorio.unicamp.br/jspui/handle/REPOSIP/310136.

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Resumen
Orientador: Jose Roberto de Brito Jardim
Tese (doutorado) - Universidade Estadual de Campinas, Faculdade de Ciencias Medicas
Made available in DSpace on 2018-07-20T08:41:05Z (GMT). No. of bitstreams: 1 Bagatin_Ericson_D.pdf: 3335202 bytes, checksum: 4fbcf362a8c485645f980ff37cb8d6a5 (MD5) Previous issue date: 1988
Resumo: A silicose pulmonar é considerada uma das principais pneumoconioses, com alta incidência principalmente nos países em desenvolvimento e um dos maiores problemas da saúde ocupacional. Por estarmos envolvidos com uma população de indivíduos que estiveram e muitos ainda estão expostos à poeira de sílica, associado à escassez de estudos clínicos sobre essa doença, resolvemos estudar 139 indivíduos, com tempo médio de exposição à sílica de 22,9 ± 5,7 anos, todos do sexo masculino, com média de idade de 48,5 ± 7,2 anos. Em sua grande maioria possuíam estudo radiológico e de função pulmonar em dois períodos distintos,variando" de 1973 a 1982 e entre 1982 e 1984. Quanto aos aspectos clínicos considerou-se apenas a queixa de dispnéia que foi classificada em graus de 0 (7,9%), I (23,0%), II (58,3%) e III (10,8%) respectivamente aos indivíduos sem queixa,e com dispnéia aos grandes, médios e pequenos esforços. Encontramos 10 indivíduos com antecedentes de tuberculose pulmonar, três com bronquite, 21 eram hipertensos ao exame, 59 eram fumantes (27,2 ± 19,4 anos/maço), 53 não fumantes e 27 ex-fumantes o Em relação aos exames radiológicos, classificados de acordo com a Classificação Internacional das Radiografias de Pneumoconioses (OIT-80), encontramos nos 103 radiogramas anteriores cinco normais (O/O), 57 com profusão 1/1, 34 com 2/2 e 7 com 3/3. Dos 103 indivíduos, oito apresentavam grandes opacidades (3 "A"t 3 "B" e 2 "e"). Entre os 139 radiogramas atuais, cinco eram normais (O/O), 67 apresentavam-se com profusão 1/1, 42 com 2/2 e 25 com 3/3. Do total, 25 eram portadores de grandes opacidades (6 "A", 14 "B" e 5 "C"). Quanto aos aspectos do estudo da função pulmonar, as 128 espirometrias realizadas na primeira avaliação mostraram--se normais em 61% dos indivíduos e entre as alteradas o predomínio era do tipo obstrutivo em aproximadamente 25% delas. No estudo da função pulmonar efetuado. mais recentemente, realizou-se a espirometria pré e pós-broncodilatador e a curva fluxo-volume. Entre as 137 espirometrias efetuadas, 63,3% eram normais e,quando alteradas,o predomínio também foi do tipo obstrutivo em aproximadamente 24% delas. Ap6s o uso de broncodilatador, 60% dos indivíduos aumentaram o valor do FEF 25-75%, em media 44%, sendo que destes 71% tinham espirometria previa normal, denotando o aumento do tônus brônquico nestes trabalhadores. A curva fluxo--volume, ao contrário da espirometria, mostrou-se alterada em 60% desses indivíduos. O volume de iso-fluxo (visoV) cujo valor normal é considerado até 10% da capacidade vital estava alterado em aproximadamente 60% dos exames, com valor médio em torno de 15%. Considerando-se que tal parâmetro é talvez o mais sensível desses testes, podemos inferir o comprometimento das pequenas, vi as aéreas presente nos indivíduos que compõem este estudo. Observação: O resumo, na íntegra, poderá ser visualizado no texto completo da tese digital
Abstract: Pulmonary silicosis is the most frequent pneumoconiosis and a very important problem of occupational health with a high incidence particularly in developing countries. As we are involved with a population of workers exposed to silica dust we became interested in studying the association of clinical, radiological and lung function aspects of silicosis with the aim of reaching an earlier diagnosis of silicosis in exposed individuaIs. In order to do this study we analyzed 139 male individuaIs, with a mean + SD of 48.5 + 7.2 years of age and a mean exposure time to silica dust of 22.9 + 5.7 years. AlI individuaIs had a chest radiogram and spirometry carried out between 1973 and 1982 and were again seen in a prospective manner between 1982 and 1984 when, besides the chest radiogram and spirometry, a clinical examination was done. At this time we observed that exertion dyspnea to mininum efforts was seen in 10.8% of the individuaIs; to medium effort, 58.3%; to large effort, 23.0% and 7.9% of them had no complain of dyspnea. We observed 10 individuaIs with a past history of pulmonary tuberculosis, three with chronic bronchitis and 21 with arterial hypertension. Among the group, 59 were smokers (27.2 ~ 19.4 pack-years), 53 were non smokers and 27 ex-smokers. Chest radiograms were classified according to the International Classification of Radiographs of pneumoconiosis (ILO-80). We observed that in the first period five radiograms were normal, 57 had a 1/1 profusion, 34 had a 2/2 profusion and 7, a 3/3 profusion. Eight of the 103 individuaIs had large opacities (3 11Ali , 3 "B" and 2 "C"). Among the 139 individuaIs of the second period, 5 had normal chest radiograms, 67 had a 1/1 profusion, 42 had a 2/2 profusion and 25 a 3/3 profusion. Twenty five had large opacities (6 "A", 14 "B" e 5 "C"). Concerning the 128 pirometric studies of the first period, 65% were normal while an obstructive pattern was the predominarit finding among the abnormal testsi this pattern was seen in 25% of the individuaIs. The second period lung function tests included a pre and post bronchodilator spirometry and flow volume curve breathing air and a helium-oxygen mixture. Considering the 137 spirometric tests done, 64.2% were normaIs and 24% had an obstructive pattern. Sixty percent of the individuais had an average increase of 44% in FEF 25-75% after a 82 adrenergic drug inhalationi 71% of these responders had,a normal spirometry. The overall flow volume values were abnormal in 60% of the individuaIs. Isoflow volume (visoV), a test for early diagnosis of small airway disfunction, had an abnormal value (over 10% of vital capacity) in 60% of the individuaIs with an average of 15%. The individuaIs were divided into groups, one with exposure to silica between 10 and 20 years and another with more than 20 years. There was no difference in the chest radiograms between the two groups. When we analyzed the lung function of the two groups we also did not find any difference between them
Doutorado
Mestre em Medicina
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Mallmann, Elaine Sangali. "Hiperprolactinemia : expressao clinica, hormonal e radiologica em pacientes femininas, antes e durante o tratamento clinico". reponame:Biblioteca Digital de Teses e Dissertações da UFRGS, 1993. http://hdl.handle.net/10183/139210.

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Resumen
A hiperprolactinemia constitui-se num achado laboratorial que quando resultante de secreção inapropriada, pode indicar tanto um processo patológico orgânico, como uma desordem funcional reversível. Representa o distúrbio hipofisário mais frequentemente encontrado na prática clinica e constitui um dos aspectos mais importantes no estudo da endocrinologia da reprodução. As hiperprolactinemias de causas não fisiológicas são secundárias mais frequentemente a efeito farmacológico, presença de tumor hipofisário, disfunção tireoideana, insuficiência renal crônica e distúrbios do SNC. Quando as situações acima citadas são excluídas, a hiperprolactinemia é considerada de origem funcional, um diagnóstico que representa particular interesse, pois seu estudo tem permitido maior conhecimento sobre os mecanismos implicados no controle neuroendócrino do eixo hipotálamo-hipófise-ovário. O manejo das diferentes causas de hiperprolactinemia tem se modificado à medida que nos familiarizamos com os recursos oferecidos pelos métodos diagnósticos e se amplia o conhecimento das características evolutivas de cada caso em particular. O reconhecimento deste distúrbio nas suas formas leves de apresentação pode ser o caminho para um melhor controle destas pacientes, com melhor-seleção de pacientes que necessitam de tratamento e possibilidade de utilização de medidas cada vez mais conservadoras. Os agonistas da dopamina representam o principal recurso no controle da hiperprolactinemia. Deste grupo a droga mais utilizada é a bromocriptina, que apesar de comprovadamente eficaz em reduzir os níveis de prolactina, não pode ser aplicada na totalidade dos casos porque algumas pacientes apresentam hiperprolactinemia resistente ao tratamento ou intolerância à medicação. O objetivo deste trabalho foi descrever as características clinicas, hormonais e radiológicas em pacientes portadoras de hiperprolactinemia, e observar as alterações clinicas e hormonais que ocorrem durante o tratamento com bromocríptina e com acetato de noretisterona, um progestágeno do grupo noresteróide, cuja atividade antiestrogênica pode determinar redução nos níveis de prolactina.
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Cartolano, Carola <1981&gt. "Valutazione clinica della vitalità del neonato e valutazione istologica della placenta nella specie canina". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7648/1/Cartolano_Carola_tesi.pdf.

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Resumen
La placenta è stata descritta come il "diario di vita intrauterina" e ha il potenziale per chiarire molti aspetti del periodo pre- e post-natale. La presente inchiesta mira a studiare e descrivere aspetti patologici macroscopici e istologici di placente canine a termine gravidanza, con le relative correlazioni clinico-patologiche tra i risultati placentari e outcome neonatale. Lo scopo di questo studio è stato applicare, per la prima volta nella specie canina, tecniche di analisi d'immagine (ImagJ) per andare a valutare alcuni aspetti istologici placentari, in particolare la microvascolarizzazione placentare. Lo studio ha anche lo scopo di verificare se queste modificazioni placentari possano influenzare lo stato di salute del cucciolo, nonché mettere in relazione parametri clinici del cucciolo, quali Apgar score, temperatura, glicemia e lattatemia a tempo zero e a due ore dalla nascita , tra di loro e con il tipo di parto svolto (spontaneo, cesareo d’urgenza e cesareo programmato). Sono rientrati nello studio dati clinici e materiale istologico placentare raccolto da 33 cagne e 144 cuccioli nel periodo gennaio 2013 - dicembre 2015. Ne è emerso che la placenta è un organo plastico e adattabile che risente “dell’effetto dimensione cucciolata” con aumento della densità capillare nelle placente più piccole ottenute in cucciolate più numerose. L’influenza delle lesioni istologiche lobulari sull’outcome del neonato sono da considerarsi irrilevanti, la stessa cosa non si può affermare per le lesioni multilobulari. Pare quanto riguarda i parametri clinici del cucciolo pare siano influenzate dal tipo di parto affrontato. Infatti la lattatemia e la temperatura alla nascita risultano essere più alte nel parto spontaneo, la glicemia alla nascita è più alta invece nel parto cesareo programmato. Al contrario, per quanto riguarda l’Apgar score e la sopravvivenza a 24 ore, pare che questi non siano influenzati dai diversi tipi di parto.
Placenta has been described as the "diary of intrauterine life" and it has the potential to clarify many aspects of pre- and post-natal period. The following investigation aims to study and describe the pathological macroscopic and histological aspects of canine placentas at the end of the pregnancy, with the related clinical and pathological correlations between placental findings and neonatal outcome. The purpose of this study was to apply, for the first time in the canine species, an image analysis technique (ImagJ) in order to assess some histological features of placenta, in particular the placental microvasculature. The study also aims to verify if these placental modifications can affect the puppy's health, as well as to correlate the clinical parameters of the newborn, such as Apgar score, temperature, blood glucose and lactate assessed at birth and two hours later, among themselves and with the type of delivery (spontaneous, emergency cesarean and planned caesarean). This study includes clinical data and histological material from placentas collected from 33 bitches and 144 puppies between January 2013 and December 2015. It emerged that placenta is a plastic and adaptable organ that suffers of the "effect of litter size" with an increase of the capillary density in smaller placentas obtained in bigger litters. The influence of lobular histological lesions on the outcome of the puppy should be considered irrelevant, the same cannot be said for multi-lobular ones. Moreover, it seems that the clinical parameters of the puppy are affected by the type of delivery. In fact, lactatemia and body temperature at birth appear to be higher in case of natural delivery, while glycaemia at birth is higher in case of planned caesarean section. On the contrary, it seems that the Apgar score and the survival at 24 hours are not influenced by the different types of birth.
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Cartolano, Carola <1981&gt. "Valutazione clinica della vitalità del neonato e valutazione istologica della placenta nella specie canina". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7648/.

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Resumen
La placenta è stata descritta come il "diario di vita intrauterina" e ha il potenziale per chiarire molti aspetti del periodo pre- e post-natale. La presente inchiesta mira a studiare e descrivere aspetti patologici macroscopici e istologici di placente canine a termine gravidanza, con le relative correlazioni clinico-patologiche tra i risultati placentari e outcome neonatale. Lo scopo di questo studio è stato applicare, per la prima volta nella specie canina, tecniche di analisi d'immagine (ImagJ) per andare a valutare alcuni aspetti istologici placentari, in particolare la microvascolarizzazione placentare. Lo studio ha anche lo scopo di verificare se queste modificazioni placentari possano influenzare lo stato di salute del cucciolo, nonché mettere in relazione parametri clinici del cucciolo, quali Apgar score, temperatura, glicemia e lattatemia a tempo zero e a due ore dalla nascita , tra di loro e con il tipo di parto svolto (spontaneo, cesareo d’urgenza e cesareo programmato). Sono rientrati nello studio dati clinici e materiale istologico placentare raccolto da 33 cagne e 144 cuccioli nel periodo gennaio 2013 - dicembre 2015. Ne è emerso che la placenta è un organo plastico e adattabile che risente “dell’effetto dimensione cucciolata” con aumento della densità capillare nelle placente più piccole ottenute in cucciolate più numerose. L’influenza delle lesioni istologiche lobulari sull’outcome del neonato sono da considerarsi irrilevanti, la stessa cosa non si può affermare per le lesioni multilobulari. Pare quanto riguarda i parametri clinici del cucciolo pare siano influenzate dal tipo di parto affrontato. Infatti la lattatemia e la temperatura alla nascita risultano essere più alte nel parto spontaneo, la glicemia alla nascita è più alta invece nel parto cesareo programmato. Al contrario, per quanto riguarda l’Apgar score e la sopravvivenza a 24 ore, pare che questi non siano influenzati dai diversi tipi di parto.
Placenta has been described as the "diary of intrauterine life" and it has the potential to clarify many aspects of pre- and post-natal period. The following investigation aims to study and describe the pathological macroscopic and histological aspects of canine placentas at the end of the pregnancy, with the related clinical and pathological correlations between placental findings and neonatal outcome. The purpose of this study was to apply, for the first time in the canine species, an image analysis technique (ImagJ) in order to assess some histological features of placenta, in particular the placental microvasculature. The study also aims to verify if these placental modifications can affect the puppy's health, as well as to correlate the clinical parameters of the newborn, such as Apgar score, temperature, blood glucose and lactate assessed at birth and two hours later, among themselves and with the type of delivery (spontaneous, emergency cesarean and planned caesarean). This study includes clinical data and histological material from placentas collected from 33 bitches and 144 puppies between January 2013 and December 2015. It emerged that placenta is a plastic and adaptable organ that suffers of the "effect of litter size" with an increase of the capillary density in smaller placentas obtained in bigger litters. The influence of lobular histological lesions on the outcome of the puppy should be considered irrelevant, the same cannot be said for multi-lobular ones. Moreover, it seems that the clinical parameters of the puppy are affected by the type of delivery. In fact, lactatemia and body temperature at birth appear to be higher in case of natural delivery, while glycaemia at birth is higher in case of planned caesarean section. On the contrary, it seems that the Apgar score and the survival at 24 hours are not influenced by the different types of birth.
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PULZATO, ILARIA. "Correlazioni clinico radiologiche nella diagnosi di fibrosi polmonare idiopatica: il ruolo degli score di valutazione nelle nuove linee guida Fleischner". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1010290.

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Resumen
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è definita come una forma specifica di fibrosi polmonare ad andamento progressivo ad eziologia sconosciuta. Nel 2018 la Fleischner Society ha modificato la classificazione diagnostica della malattia introducendo quattro categorie di possibilità diagnostica con livelli di specificità e confidenza diversi, rivalutando il valore predittivo delle alterazioni HRTC fibrosanti quali reticoli e bronchiectasie anche in assenza di honeycombing. Le linee guida definiscono l’HRTC come una componente essenziale e fondamentale per la diagnosi che nell’adeguato setting clinico e laboratoristico permette di evitare al paziente la biopsia chirurgica o alternativamente la criobiopsia transbonchiale. Le linee guida Fleischner confermano il ruolo centrale della biopsia chirurgica, definita il gold standard per la diagnosi, ed in attesa di raccogliere maggiori evidenze scientifiche in merito riservano tale metodica a centri esperti L’obiettivo di questo studio è di valutare la correlazione tra lo studio HRTC e i dati spirometrici in al fine di determinare la capacità della diagnostica per immagini di determinare la severità della malattia in pazienti sottoposti a terapia antifibrotica per IPF alla prima rivalutazione dopo la terapia (media di 6 mesi di terapia). Sono stati inclusi nello studio 30 pazienti di cui 17 uomini e 13 donne, età media di 60,7 anni, tra gennaio 2016 e giugno 2019 sono stati sottoposti presso il Policlinico San Martino di Genova a valutazione multidisciplinare e successivo iter diagnostico per confermare la diagnosi di IPF. Alla valutazione HRTC la totalità dei pazienti (100%) presentava come segno di fibrosi, di grado variabile, la presenza di alterazioni subpleuriche a reticolo, a seguite il 99% dei pazienti presentava bronchiectasie da trazione nel contesto di tali alterazioni fibrotiche. A seguire l’honeycombing (86%) a piccole cisti, presente nel 96% dei pazienti. Nel gruppo di studio abbiamo riscontrato un aumento del rapporto FEF25-75/FCV, come aspetto funzionale di fibrosi, in accordo con quanto riportato in letteratura. L’indice TID correla positivamente con i valori di FEF25-75/FCV. Nell’esaminare le correlazioni nella totalità della popolazione di studio secondo il coefficiente di correlazione dei Karl Pearson si è stabilita una correlazione significativa tra l’indice TID e la DLCO (correlazione negativa) (p=0.001). Non si sono riscontrate correlazioni significative tra il FIB score, i diametri di PA e gli indici funzionali. I limiti del nostro studio sono dettati dalla singola valutazione retrospettiva delle HRTC, la valutazione e quantificazione delle alterazioni degli score proprio a tutti gli score semiquantitativi. Per quanto si tratti di una valutazione retrospettiva il TID score può essere considerato un indice surrogato di monitoraggio della malattia e di valutazione della gravità.
Idiopathic pulmonary fibrosis (IPF) is defined as a specific form of progressive pulmonary fibrosis of unknown etiology. In 2018 the Fleischner Society modified theclassification of the disease by introducing four categories of diagnostic possibilities with different levels of specificity and confidence, re-evaluating the predictive value of HRTC findings such bronchiectasis even in the absence of honeycombing. The guidelines define HRTC as an essential and fundamental component for the diagnosis which, in the appropriate clinical and laboratory setting. The objective of this study is to evaluate the correlation between the study HRTC and spirometric data in order to determine the ability of imaging to determine disease severity in patients undergoing antifibrotic therapy for IPF at the first reassessment after therapy (average of 6 months of therapy). Thirty patients (17 men and 13 women, average age of 60.7 years), were included in the study between January 2016 and June 2019 underwent a multidisciplinary evaluation at the Policlinico San Martino in Genoa and subsequent diagnostic procedure to confirm the diagnosis of IPF. At the HRTC assessment, all patients (100%) presented signs of fibrosis of varying degrees but 99% of the patients presented traction bronchiectasis in the context of these fibrotic alteration followed by small-cyst honeycombing (86%). In the study group we found an increase in the FEF25-75 / FCV ratio, as a functional aspect of fibrosis. The TID index correlates positively with the values ​​of FEF25-75 / FCV. In examining the correlations in the whole study population according a significant correlation was established between the TID index and the DLCO (negative correlation) (p = 0.001). The limits of our study are the retrospective evaluation of the HRTC, and the use of semi-quantitative score, although, the TID score can be considered a surrogate index of disease monitoring and severity assessment.
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Addis, A. M. "VALUTAZIONE BIOLOGICA DI NUOVI MATERIALI PER APPLICAZIONI ENDOSSEE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2006. http://hdl.handle.net/2434/182654.

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Resumen
The in vivo testing provides essential information: biocompatibility hemocompatibility biodegradability reaction device / biomaterial host organism The study regards matrices and scaffolds for regenerative medicine. These implants are subject to the following evaluation: Subcutaneous implantation in vivo first step (polyurethane) Endosseous implant in vivo second step provide qualitative and quantitative study of the properties of a biomaterial applied to surgically created defects in bone (silk, bioactive glass, titanium)
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Canavese, Federico <1975&gt. "Artrodesi vertebrale dorsale in conigli New-Zealand White da 1 a 18 mesi: valutazioni clinico-radiologiche e fisio-anatomo-istopatologiche". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3504/1/Canavese_Federico_Tesi.pdf.

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Canavese, Federico <1975&gt. "Artrodesi vertebrale dorsale in conigli New-Zealand White da 1 a 18 mesi: valutazioni clinico-radiologiche e fisio-anatomo-istopatologiche". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3504/.

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Biserni, Roberta <1965&gt. "Sindrome vestibolare nel cane e nel gatto: valutazione clinica e tomografica". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/80/1/tesi_per_pdf.pdf.

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Biserni, Roberta <1965&gt. "Sindrome vestibolare nel cane e nel gatto: valutazione clinica e tomografica". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/80/.

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Sapere, Nadia. "Valutazione di geni implicati nella cardiomiopatia oncocitica mediante sequenziamento genico di nuova generazione". Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2013. http://hdl.handle.net/11695/66286.

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Resumen
La cardiomiopatia oncocitica (HC) è una patologia rara, aritmogena caratterizzata da cardiomegalia, aritmie cardiache gravi, morte improvvisa e presenza di cellule simili agli istiociti nella compagine del miocardio. Colpisce bambini al di sotto dei 2 anni di età, con un rapporto femmine-maschi di 3:1. La prevalenza non è nota ma, ad oggi, sono stati descritti nel mondo meno di 100 pazienti. Clinicamente la malattia può manifestarsi con diversi tipi di aritmia cronica (tachicardia ventricolare e sopraventricolare, fibrillazione atriale e ventricolare e sindrome di Wolff-Parkinson-White) e spesso la morte improvvisa, dovuta ad arresto cardiaco, è un evento comune al momento della prima diagnosi. In questo lavoro è stato studiato un caso di cardiomiopatia oncocitica in una bambina di 16 mesi, affetta da aritmie e disfunzioni progressive del miocardio che hanno richiesto un trapianto cardiaco. L’analisi, mediante sequenziamento genico di nuova generazione (metodo SOLEXA), di 126 geni coinvolti in differenti cardiomiopatie/canalopatie cardiache, ha permesso l’identificazione di due nuove mutazioni potenzialmente patogeniche in due differenti canali ionici: canale del calcio L-type e canale del sodio Na(V)1.5. In particolare, una inserzione nel gene CACNA2D1 (NC_000007.13:g.81603880_81603881insAA), e un polimorfismo a singolo nucleotide nel gene RANGFR (MOG-1) (NP_057576.2:p.Pro155Ser/NC_000017.10:g.8193156C>T); entrambe le varianti non sono mai state descritte prima in letteratura, ma i canali coinvolti sono responsabili della normale contrattilità del miocardio e della velocità di trasferimento del potenziale d'azione. I risultati presentati (clinici, genetici e immunoistopatologici), consentono di comprendere più approfonditamente l’eziopatologia dell’HC e forniscono nuove ipotesi e metodiche innovative per lo studio di geni candidati in questa patologia fatale.
Oncocytic cardiomyopathy (HC) is a rare, arrhythmogenic disorder characterized by cardiomegaly, severe cardiac arrhythmias,sudden death and by the presence of characteristic histiocyte-like cells within the myocardium. It affect infants younger than 2 years of age with a female:male ratio of 3:1. Theprevalence is unknownbut, to date, less than 100 patients in the world have been described. Clinically, the disease may manifest as various types of incessant arrhythmia (supraventricular and ventricular tachycardia, atrial and ventricular fibrillation, and Wolff-Parkinson-White syndrome), and frequently sudden death due to cardiac arrest is a common occurrenceat the time ofinitial diagnosis.This work report a case of oncocytic cardiomyopathy in a 16 months-old girl, with dysrhythmia and progressive myocardial dysfunction requiring cardiac transplantation.The analysis, by next generation sequencing (Solexamethod), of 126genesinvolved in differentcardiomyopathies/channelopathies, has allowedthe identification of twonewpotentiallypathogenicmutationsin twodifferention channels: calcium L-type channelandsodium channelNa(V)1.5. In particular, an insertionin the geneCACNA2D1(NC_000007.13: g.81603880_81603881insAA), andasingle nucleotide polymorphismin the geneRANGFR(MOG-1) (NP_057576.2: p.Pro155Ser/NC_000017.10: g.8193156C>T) were identified; both variantshave neverbeen described beforein the literature, butthe channels involvedare responsible fornormalmyocardial contractilityandaction potential propagation. The results reported here(clinical, genetic and immunohistopathologic), lead to a more understanding about the etiopathology ofHCand providenew approachesandinnovative methodsfor the studyof candidate genes inthisfatal disease.
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Specchi, Swan <1983&gt. "Impiego della tecnica ecocontrastografica nella valutazione dell'apparato gastroenterico del gatto". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3865/1/specchi_swan_tesi.pdf.

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Specchi, Swan <1983&gt. "Impiego della tecnica ecocontrastografica nella valutazione dell'apparato gastroenterico del gatto". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3865/.

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Farina, Emma. "Gold standard per i test di valutazione della capacità motoria in clinica". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Resumen
Il Five Times Sit-To-Stand e il Timed Up-and-Go sono due dei test di valutazione della capacità motoria più diffusi. Vengono impiegati nello screening della popolazione anziana per individuare precocemente disfunzioni che possono essere sintomo di fragilità, elevato rischio di cadute o patologie, tra cui demenza, malattia di Parkinson e disturbi vestibolari. Tuttavia, ad oggi non esiste un metodo standard per l’analisi del movimento applicato a questi test e nemmeno per definire e misurare la durata di ogni fase in cui ciascun test si compone. Sviluppare un metodo di riconoscimento standardizzato ed automatico migliorerebbe l’affidabilità dei test e consentirebbe una diagnosi basata su dati oggettivi e specifici rispetto alla sola durata dell’intero task motorio. Il presente lavoro di tesi propone un metodo per quantificare la performance motoria a partire dai dati acquisiti dalla stereofotogrammetria e dalla pedana dinamometrica, strumenti considerati il gold standard nell’analisi del movimento. L’elaborato descrive l’algoritmo sviluppato per identificare gli istanti di transizione tra le diverse fasi dei task motori. Nella parte finale sono presentate le analisi statistiche, svolte sul campione di soggetti che hanno partecipato allo studio, che forniscono dati preliminari per la definizione di un criterio clinico su cui basare la valutazione. Dai risultati dello studio emerge che attraverso questo tipo di analisi è possibile ottenere delle misure affidabili e ripetibili che, se ricavate per un campione rappresentativo della popolazione generale, consentirebbero di definire delle fasce di normalità per valutare la funzionalità motoria considerando l’effetto dei principali fattori confondenti quali età, sesso, altezza e peso. Questo metodo, inoltre, costituisce un gold standard utile per la cross-validazione di altri metodi di analisi del movimento basati su sensori indossabili, utilizzabili al di fuori del laboratorio.
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Baraldi, Carlotta <1984&gt. "Valutazione clinica, dermatoscopica e istologica di cheratosi attiniche non responsive a terapie". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9255/1/Baraldi_Carlotta_Tesi.pdf.

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Resumen
Le cheratosi attiniche (CA), conosciute anche come cheratosi solari o neoplasie intraepidermiche cheratinocitarie, sono le neoplasie ad origine dai cheratinociti più comuni. Sebbene le CA siano state storicamente definite "precancerose" o "premaligne", studi istopatologici e molecolari più recenti supportano la loro attuale classificazione come prima fase del carcinoma a cellule squamose (SCC) in situ. Una volta sviluppate, le CA possono seguire uno dei tre diversi percorsi: regressione, persistenza o progressione verso SCC in situ o invasivo sebbene il rischio reale di una singola CA di progredire verso SCC non sia chiaro, le stime variano da un minimo di 0,1% ad un massimo del 20%. Vari studi in letteratura hanno considerato l'aspetto clinico e istologico CA in particolare delle cheratosi attiniche associate a carcinoma a cellule squamose, ma nessun autore ha mai studiato le caratteristiche cliniche, dermoscopiche e istologiche delle CA non responsive a trattamenti specifici (CA-non responder). L’obiettivo primario nel nostro studio è valutare le caratteristiche istologiche di CA (singole o su un campo di cancerizzazione) che nel periodo tra il 01/11/2016 e il 31/10/2018 siano state diagnosticate come CA “non responder” in quanto non responsive ad almeno due trattamenti specifici quali crioterapia, Ingenolo Mebutato, imiquimod, PDT, diclofenac 3%, 5 fluoruracile. Gli obiettivi secondari sono evidenziare le caratteristiche cliniche ed evidenziare l'aspetto della videodermatoscopia delle CA non-responder a due o più terapie. Verranno inoltre valutati i dati clinico-demografici dei pazienti affetti da CA non responder a partire dalle cartelle cliniche dei pazienti (sesso del paziente, età alla diagnosi, fototipo, familiarità per neoplasie dermatologiche, eventuali malattie concomitanti, terapie concomitanti); la sede e le dimensioni dei CA alla diagnosi, il tipo terapia eseguita per la CA.
Actinic keratoses (AKs), also known as solar keratosis or keratinocytic intraepidermal neoplasia, are the most common neoplasms within the continuum of keratinocyte skin cancer. Although AKs have been historically defined as “precancerous” or “premalignant,” more recent histopathologic and molecular studies support their current classification as earliest stage of squamous cell carcinoma (SCC) in situ. Prevalence estimates of AK range between 1% and 44% in the adult population. Skin type and cumulative sunlight exposure are major risk factors for both AK and SCC. Once developed, AK may follow one of three different pathways: regression, persistence, or progression to in situ or invasive SCC. Although the actual risk of an individual AK progressing to invasive SCC is unclear, estimations vary from as low as 0.1% to as high as 20%. Various study in literature have considered the clinical and histological aspect of AK but in particular no author has ever classified clinical, dermoscopical and histological peculiar features of non-responder AK. Our project want to follow up the non-responder AK to understand if there are some characteristics than can predict this comportment and the potential evolution versus SCC. The main objective is evaluated the histological feature of AK (single or on field cancerization) that not responder at least two specific treatment including cryosurgery, Ingenol Mebutate, imiquimod, PDT, diclofenac 3% and 5% fluorouracile. In addition to the primary objective, we will consider the following items: clinical feature of non-responder AK; videodermatoscopy aspect of non-responder AK and we evaluate, if possible, the risk of an individual non responder AK progressing to invasive SCC.
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Castellano, Chiodo Danilo. "Stroke ischemico arterioso perinatale: valutazione clinica e dei fattori di rischio associati". Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1203.

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Resumen
Con un'incidenza che varia da 1/2800 a 1/5000 nati vivi, lo stroke ischemico arterioso perinatale è la più frequente forma di infarto cerebrale in età pediatrica. Il 40% dei pazienti non presentano sintomi specifici nel periodo neonatale e la diagnosi viene posta tardivamente per l'insorgenza di problemi motori, convulsioni, deficit cognitivi o del linguaggio. Il restante 60% dei neonati presenta sintomi precoci, generalmente convulsioni nei primi tre giorni di vita. Lo studio retrospettivo analizza gli aspetti clinici ed i fattori di rischio genetici ed acquisiti associati in una casistica di 10 pazienti affetti da stroke perinatale.
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MEREU, ELENA. "Definizione e applicazione di metodologie per la valutazione della composizione corporea e del volume dell’arto superiore". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2017. http://hdl.handle.net/11584/248620.

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Resumen
Background: Specific Bioelectrical Impedance Vector Analysis (BIVAsp) is an easy to use, inexpensive, non invasive, and accurate technique for the assessment of body composition (Buffa et al., 2013; Marini et al., 2013), which is promising for applications in many biomedical fields. Objective: This research had methodological and applicative objectives. The methodological purposes were related to define some aspects of BIVAsp not yet analyzed: the major information given with respect to body mass index (BMI), or phase angle (PA), or when considered in association with hand grip strength (HGS); the definition of new reference values. Also, a new instrument (SkanLab) for the estimation of arm volume was defined. In association with BIVAsp, it could be used to evaluate the relation between body composition and body volume changes. Total and segmental BIVAsp were applied to analyse body composition in patients with Alzheimer's disease (AD) and, in association with handgrip strength, to diagnose sarcopenic individuals. Methods: Firstly, literature on the efficacy of BIVA for assessing body composition and on the relationship between cognitive and nutritional status in patients with AD was systematically reviewed. Then, according to the different analyses, different samples have been considered. BIVAsp vs BMI: bioelectrical, dual-energy X-ray absorptiometry (DXA), and anthropometrics variables from a preexisting dataset on 1590 U.S. adults (21-49 y) (NHANES 2003-2004). BIVAsp vs PA: Bioelectrical and DXA variables from a preexisting dataset on 207 Italian elderly (65-93 y). New Specific references values: Anthropometric and bioelectrical variables from a new sample of 440 Italian-Spanish individuals (18–30 y). SkanLab: Anthropometric and bioelectrical variables from a new sample of 30 individuals (19-60 y); geometrical measures of 12 cylinders. Body composition in patients with AD: Anthropometric and bioelectrical variables, psycho-functional indicators, and muscle strength from a new sample of 134 patients with AD (50-93 y) and 135 healthy controls (70-97 y). Results: BIVAsp recognized differences in groups with different relative content of fat mass (FM%), but similar BMI values. Higher FM% corresponds to longer vectors, while higher fat-free mass (FFM) to higher phase angles. BIVAsp showed more information on body composition than PA alone, recognizing FM% variations in groups with equal PA. The specific bioelectrical values for the Italian-Spanish young population were: Rsp (332.7±41.7), Xcsp (44.4±6.8), Zsp (335.6±41.9), phase (7.6°±0.8) in men; Rsp (388.6±60), Xcsp (43.7±7.5), Zsp (391.0±60.3), phase (6.4°±0.7) in women. The sample showed lower FM% than U.S. adults and higher FFM than Italian elderly. SkanLab showed a low bias in measuring the cylinders (−5.7%; LOA: −18.1% to 6.7%) and arms volume (−0.6%; LOA: −2.6% to 1.4%); the intra- and inter-rater reliabilities were always very high (ICC>0.99). Patients with AD showed similar BMI, but peculiar bioelectrical characteristics (lower FFM and higher FM%), in comparison with the controls. The segmental and total approaches furnished consistent results. Sarcopenia was detected in the 26.8% of the patients. Conclusions: BIVAsp adds relevant information on body composition regarding BMI and PA, and should be considered with them in research and applications. The new specific tolerance ellipses can be used as reference for assessing body composition in young adults Italian-Spanish population. SkanLab is an accurate and reliable method for assessing arm volume. Patients with AD showed peculiar body composition characteristics. The segmental approach represents an alternative to the total body one that would be particularly useful in the elderly, especially if with cognitive impairment. In association with the information given by HGS, BIVAsp allows the diagnosis of sarcopenia in a simple way.
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Conti, Carolina <1982&gt. "Inserimento eterofamigliare supportato di adulti sofferenti di disturbi psichici: Valutazione degli esiti". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6854/1/Tesi_Dottorato_Conti_Carolina_07_03_15.pdf.

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Resumen
L’Inserimento Eterofamigliare Supportato di Adulti (IESA) sofferenti di disturbi psichici consiste nell’accogliere persone in cura presso i servizi psichiatrici territoriali, nel proprio domicilio, integrandole nelle proprie relazioni famigliari. Obiettivo è migliorare la qualità di vita dell’utente e favorirne l’integrazione nella comunità. Obiettivo. Valutare gli esiti dello IESA, con un disegno di ricerca longitudinale, considerando: psicopatologia, benessere psicologico, funzionamento sociale e familiare. Metodologia. 40 soggetti: 20 pazienti e 20 ospitanti. La valutazione clinica è stata effettuata all’inizio della convivenza e al follow-up di 1, 3, 6 e 12 mesi. Strumenti utilizzati: BPRS, VGF, PWB, SQ, FAD. Analisi statistica: Modello Lineare Generale (GLM) con l’Analisi della Varianza per prove ripetute e calcolo dell’effect-size. Risultati. 15 pazienti maschi e 5 femmine, 17 italiani. 11 soddisfano i criteri diagnostici (DSM-IV-TR) per schizofrenia e disturbi psicotici, 5 per i disturbi dell’umore e 4 per i disturbi di personalità. Dopo l’inserimento 3 sono stati i ricoveri e 4 le visite psichiatriche urgenti. 8 pazienti modificano/diminuiscono la terapia e 3 la sospendono. Aumenta il benessere psicologico (PWB); diminuiscono i sintomi psicopatologici (BPRS ed SQ) e migliora il funzionamento globale (VFG). Il gruppo dei famigliari composto da 11 uomini e 9 donne, 19 di nazionalità italiana; con età media di 55 anni. 8 sono coniugati, 6 celibi/nubili, 4 divorziati e 2 vedovi. 9 hanno figli, 11 lavorano e 8 sono pensionati. Nei famigliari aumenta il benessere psicologico (PWB), migliora il funzionamento famigliare (FAD) e la valutazione del funzionamento globale (VGF) rimane costante nel tempo. Discussioni e conclusioni. Il progetto IESA sembra migliorare la psicopatologia, con una diminuzione dei comportamenti maladattativi e un aumento delle capacità relazionali dell’ospite favorendone l’integrazione. Inoltre, lo IESA sembra diminuire i costi della cronicità psichiatrica: diminuzione degli accessi al Pronto Soccorso, delle visite psichiatriche urgenti e delle giornate di ricovero.
Italy has introduced a support for adults affected by psychiatric disorders called IESA (Inserimento Eterofamiliare Supportato di Adulti) as an alternative to hospital facilities institutionalization, and other types of residential care. Patients are accommodated and supported in private homes, sharing the family life. The aim is the rehabilitation and social integration of patients with a better quality of life. Objective. Purpose of this longitudinal study was to evaluate the outcome of IESA considering psychopathology, psychological and social well-being and family functioning. Methods. 40 subjects: 20 patients and 20 hosts. Clinical assessment was performed at the beginning of cohabitation and at follow-ups after 1, 3, 6 and 12 months. Psychometric instruments: BPRS, GAF, PWB, SQ, FAD. Statistical analysis: General Linear Model with repeated measures analysis of variance and effect-size calculation. Results. 15 male and 5 female patients, 17 of them Italians. Eleven patients meet DSM-IV-TR for schizophrenia and psychotic disorders, 5 for mood disorders and 4 for personality disorders. After living with a family 3 were hospitalized and 4 required emergency psychiatric assessment. Eight patients changed or decreased psychopharmacotherapy and 3 patients didn’t need it anymore. The psychological well-being (PWB) increased; psychopathological symptoms (BPRS/SQ) decreased and level of functioning (GAF) improved. Families included 11 men and 9 women, 19 of them Italians. Eleven people work and 8 are retired. Mean age: 55 years. Marital status: 8 married, 6 unmarried, 4 divorced and 2 widowed and 9 of them have children. Psychological well-being (PWB) of families increases, functioning family (FAD) improved and global functioning (GAF) remained constant over time. Discussions and conclusions. IESA seems to improve psychopathology, reducing maladaptive behaviours, increasing patient’s social skills and promoting integration. In addition, IESA appears to decrease the costs of chronic psychiatric disorders, reducing access emergency medical services, urgent psychiatric assessment and days of hospitalization.
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Conti, Carolina <1982&gt. "Inserimento eterofamigliare supportato di adulti sofferenti di disturbi psichici: Valutazione degli esiti". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6854/.

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L’Inserimento Eterofamigliare Supportato di Adulti (IESA) sofferenti di disturbi psichici consiste nell’accogliere persone in cura presso i servizi psichiatrici territoriali, nel proprio domicilio, integrandole nelle proprie relazioni famigliari. Obiettivo è migliorare la qualità di vita dell’utente e favorirne l’integrazione nella comunità. Obiettivo. Valutare gli esiti dello IESA, con un disegno di ricerca longitudinale, considerando: psicopatologia, benessere psicologico, funzionamento sociale e familiare. Metodologia. 40 soggetti: 20 pazienti e 20 ospitanti. La valutazione clinica è stata effettuata all’inizio della convivenza e al follow-up di 1, 3, 6 e 12 mesi. Strumenti utilizzati: BPRS, VGF, PWB, SQ, FAD. Analisi statistica: Modello Lineare Generale (GLM) con l’Analisi della Varianza per prove ripetute e calcolo dell’effect-size. Risultati. 15 pazienti maschi e 5 femmine, 17 italiani. 11 soddisfano i criteri diagnostici (DSM-IV-TR) per schizofrenia e disturbi psicotici, 5 per i disturbi dell’umore e 4 per i disturbi di personalità. Dopo l’inserimento 3 sono stati i ricoveri e 4 le visite psichiatriche urgenti. 8 pazienti modificano/diminuiscono la terapia e 3 la sospendono. Aumenta il benessere psicologico (PWB); diminuiscono i sintomi psicopatologici (BPRS ed SQ) e migliora il funzionamento globale (VFG). Il gruppo dei famigliari composto da 11 uomini e 9 donne, 19 di nazionalità italiana; con età media di 55 anni. 8 sono coniugati, 6 celibi/nubili, 4 divorziati e 2 vedovi. 9 hanno figli, 11 lavorano e 8 sono pensionati. Nei famigliari aumenta il benessere psicologico (PWB), migliora il funzionamento famigliare (FAD) e la valutazione del funzionamento globale (VGF) rimane costante nel tempo. Discussioni e conclusioni. Il progetto IESA sembra migliorare la psicopatologia, con una diminuzione dei comportamenti maladattativi e un aumento delle capacità relazionali dell’ospite favorendone l’integrazione. Inoltre, lo IESA sembra diminuire i costi della cronicità psichiatrica: diminuzione degli accessi al Pronto Soccorso, delle visite psichiatriche urgenti e delle giornate di ricovero.
Italy has introduced a support for adults affected by psychiatric disorders called IESA (Inserimento Eterofamiliare Supportato di Adulti) as an alternative to hospital facilities institutionalization, and other types of residential care. Patients are accommodated and supported in private homes, sharing the family life. The aim is the rehabilitation and social integration of patients with a better quality of life. Objective. Purpose of this longitudinal study was to evaluate the outcome of IESA considering psychopathology, psychological and social well-being and family functioning. Methods. 40 subjects: 20 patients and 20 hosts. Clinical assessment was performed at the beginning of cohabitation and at follow-ups after 1, 3, 6 and 12 months. Psychometric instruments: BPRS, GAF, PWB, SQ, FAD. Statistical analysis: General Linear Model with repeated measures analysis of variance and effect-size calculation. Results. 15 male and 5 female patients, 17 of them Italians. Eleven patients meet DSM-IV-TR for schizophrenia and psychotic disorders, 5 for mood disorders and 4 for personality disorders. After living with a family 3 were hospitalized and 4 required emergency psychiatric assessment. Eight patients changed or decreased psychopharmacotherapy and 3 patients didn’t need it anymore. The psychological well-being (PWB) increased; psychopathological symptoms (BPRS/SQ) decreased and level of functioning (GAF) improved. Families included 11 men and 9 women, 19 of them Italians. Eleven people work and 8 are retired. Mean age: 55 years. Marital status: 8 married, 6 unmarried, 4 divorced and 2 widowed and 9 of them have children. Psychological well-being (PWB) of families increases, functioning family (FAD) improved and global functioning (GAF) remained constant over time. Discussions and conclusions. IESA seems to improve psychopathology, reducing maladaptive behaviours, increasing patient’s social skills and promoting integration. In addition, IESA appears to decrease the costs of chronic psychiatric disorders, reducing access emergency medical services, urgent psychiatric assessment and days of hospitalization.
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Ricci, Garotti Maria Grazia <1981&gt. "La valutazione del dolore mentale in ambito clinico e nella popolazione generale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7600/1/Ricci_Garotti_Maria_Grazia_Tesi.pdf.

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Resumen
Introduzione. Nonostante il dolore sia un’esperienza comune a tutti gli esseri umani, è molto difficile darne una definizione esauriente sia esso fisico che psicologico. A tutt’oggi il dolore mentale è stato poco indagato. L’obiettivo principale del seguente progetto di ricerca è di delineare una più accurata definizione del costrutto di dolore mentale, verificare l’applicabilità dell’Orbach and Mikulincer Mental Pain Scale (OMMP) nella valutazione psicologica e la validazione della versione italiana di tale strumento. Metodologia. Sono stati condotti tre studi: il primo, su un campione di 15 soggetti, per verificare e confermare la validità di facciata dell’OMMP; il secondo, realizzato su un campione di 442 soggetti, oltre ad indagare le caratteristiche sociodemografiche associate con la dimensione del dolore mentale, si concentra sulla valutazione delle proprietà psicometriche dello strumento; il terzo è stato eseguito allo scopo di verificarne la struttura fattoriale ed indagare la relazione che intercorre tra dolore mentale e gli altri costrutti psicologici (n = 728). Risultati. Dai dati ottenuti è possibile delineare il profilo sociodemografico dei soggetti della popolazione generale con un maggior livello di dolore mentale: l’essere giovani, nubili/celibi e avere un livello di istruzione inferiore. L’analisi fattoriale esplorativa, non ha confermato la struttura a otto dimensioni descritta dagli autori, rivelandone una a quattro (19 item), e gli indici dell’analisi fattoriale confermativa lo supportano. Infine, le dimensioni del dolore si mostrano correlate con il distress psicologico. Discussioni e conclusioni. Il presente lavoro ha confermato la multidimensionalità del costrutto di dolore mentale nella popolazione italiana ed ha confermato la validità e l’attendibilità del OMMP_19_ITA. All’interno di diversi quadri psicopatologici è stata rilevata la presenza di un maggior livello di dolore mentale.
Introduction. Despite the pain is a common experience to all human beings, it is still very difficult to give a comprehensive definition both physical and psychological. Up till now, mental pain has been understudied The main objective of the following research project is to outline a more accurate definition of the mental pain construct, to verify the applicability of the Orbach and Mikulincer Mental Pain Scale (OMMP) in the psychological evaluation and validation of the Italian version of such tool. Methodology. Three studies were conducted: the first one, on a sample of 15 subjects, to verify and confirm the validity of the OMMP face; the second, conducted on a sample of 442 subjects, as well as investigate the socio-demographic characteristics associated with the mental pain dimension, focuses on the evaluation of the psychometric properties of the instrument; the third instead, was performed in order to verify the factorial structure and investigate the relation between mental pain and other psychological constructs (n = 728). Results. From the data obtained it is possible to outline the socio-demographic profile of the subjects of the general population with a higher level of mental pain: being young, maiden / celibate and have a lower level of education. The factorial explorative analysis, has not confirmed the eight-dimensional structure described by the authors, revealing a four one (19 item), and indexes of the confirmatory factorial analysis support it. Finally, the dimensions of the pain are shown correlated with the psychological distress. Discussions and conclusions. This work confirmed the multidimensionality of mental pain construct in the Italian population and also confirmed the validity and reliability of the OMMP_19_ITA. Within different psychopathological was detected the presence of a higher level of mental pain.
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Ricci, Garotti Maria Grazia <1981&gt. "La valutazione del dolore mentale in ambito clinico e nella popolazione generale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7600/.

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Resumen
Introduzione. Nonostante il dolore sia un’esperienza comune a tutti gli esseri umani, è molto difficile darne una definizione esauriente sia esso fisico che psicologico. A tutt’oggi il dolore mentale è stato poco indagato. L’obiettivo principale del seguente progetto di ricerca è di delineare una più accurata definizione del costrutto di dolore mentale, verificare l’applicabilità dell’Orbach and Mikulincer Mental Pain Scale (OMMP) nella valutazione psicologica e la validazione della versione italiana di tale strumento. Metodologia. Sono stati condotti tre studi: il primo, su un campione di 15 soggetti, per verificare e confermare la validità di facciata dell’OMMP; il secondo, realizzato su un campione di 442 soggetti, oltre ad indagare le caratteristiche sociodemografiche associate con la dimensione del dolore mentale, si concentra sulla valutazione delle proprietà psicometriche dello strumento; il terzo è stato eseguito allo scopo di verificarne la struttura fattoriale ed indagare la relazione che intercorre tra dolore mentale e gli altri costrutti psicologici (n = 728). Risultati. Dai dati ottenuti è possibile delineare il profilo sociodemografico dei soggetti della popolazione generale con un maggior livello di dolore mentale: l’essere giovani, nubili/celibi e avere un livello di istruzione inferiore. L’analisi fattoriale esplorativa, non ha confermato la struttura a otto dimensioni descritta dagli autori, rivelandone una a quattro (19 item), e gli indici dell’analisi fattoriale confermativa lo supportano. Infine, le dimensioni del dolore si mostrano correlate con il distress psicologico. Discussioni e conclusioni. Il presente lavoro ha confermato la multidimensionalità del costrutto di dolore mentale nella popolazione italiana ed ha confermato la validità e l’attendibilità del OMMP_19_ITA. All’interno di diversi quadri psicopatologici è stata rilevata la presenza di un maggior livello di dolore mentale.
Introduction. Despite the pain is a common experience to all human beings, it is still very difficult to give a comprehensive definition both physical and psychological. Up till now, mental pain has been understudied The main objective of the following research project is to outline a more accurate definition of the mental pain construct, to verify the applicability of the Orbach and Mikulincer Mental Pain Scale (OMMP) in the psychological evaluation and validation of the Italian version of such tool. Methodology. Three studies were conducted: the first one, on a sample of 15 subjects, to verify and confirm the validity of the OMMP face; the second, conducted on a sample of 442 subjects, as well as investigate the socio-demographic characteristics associated with the mental pain dimension, focuses on the evaluation of the psychometric properties of the instrument; the third instead, was performed in order to verify the factorial structure and investigate the relation between mental pain and other psychological constructs (n = 728). Results. From the data obtained it is possible to outline the socio-demographic profile of the subjects of the general population with a higher level of mental pain: being young, maiden / celibate and have a lower level of education. The factorial explorative analysis, has not confirmed the eight-dimensional structure described by the authors, revealing a four one (19 item), and indexes of the confirmatory factorial analysis support it. Finally, the dimensions of the pain are shown correlated with the psychological distress. Discussions and conclusions. This work confirmed the multidimensionality of mental pain construct in the Italian population and also confirmed the validity and reliability of the OMMP_19_ITA. Within different psychopathological was detected the presence of a higher level of mental pain.
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Favaro, Chiara. "La valutazione del dolore pediatrico in ambito clinico: una ricerca-intervento". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2009. https://hdl.handle.net/11572/367815.

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Resumen
Numerosi studi considerano il sottotrattamento del dolore pediatrico uno dei problemi più critici associati alla cura e degenza ospedaliera (Schechter et al., 2002). La soluzione risiede in una valutazione accurata e sistematica dello stato di algesia del paziente (Reaney, 2007); tuttavia, vi è una notevole reticenza all’impiego costante e regolare di scale di valutazione del dolore nei reparti pediatrici (Zernikow et al., 2005). Questa tesi si propone due obiettivi: innanzitutto, osservare l’atteggiamento degli operatori sanitari circa l’impiego di scale di valutazione del dolore nelle Unità Operative pediatriche di due Ospedali del Trentino. In particolare, si vuole stabilire se a livello locale sussistono le medesime condizioni evidenziate dalla letteratura internazionale sull’argomento; quindi, indagare le cause del problema, e verificare l’effetto che una semplice restituzione con feedback costruttivo ha sulle modalità di valutazione del dolore pediatrico nelle U.U.O.O. così trattate.
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BAGNASCO, FRANCESCO. "IMPIANTI DENTALI A CARICO IMMEDIATO: VALUTAZIONE CLINICA DEI FATTORI CHE INFLUENZANO IL SUCCESSO". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2022. http://hdl.handle.net/11567/1087566.

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Resumen
Background Modern implantology has made it possible to reduce patients' rehabilitation time compared with traditional protocols introduced by Brånemark. Immediate load rehabilitations of partially or totally edentulous patients allow patients to restore esthetic, masticatory and phonetic function within 24-48 hours (Pera P 2014, Menini M et al. 2012) allowing patients to immediately return to their usual social and working life. Although this type of rehabilitation is increasingly popular, knowledge of the factors that may influence implant survival and clinical success is still limited and a frequent subject of discussion in the dental scientific community. Clinical outcome is in fact the result of a multifactorial etiology that includes patient-related factors, factors related to the surgical-prosthetic protocol adopted, and operator-related factors. Purpose of the research The purpose of this research is to clinically evaluate possible factors that may influence the survival and success of immediate partial and full-arch immediate loading rehabilitations. Materials and Methods The study was carried out at the Prosthodontics and Implant Prosthodontics Division of the Department of Surgical Sciences (DISC) of the University of Genoa and involves a retrospective analysis of patients already rehabilitated by immediate loading (phase 1) and a prospective analysis of patients undergoing immediate loading investigating possible variables that might affect the clinical outcomes (phase 2). Phase 1: Retrospective study Patients rehabilitated with full-arch immediate loading prostheses of the upper or lower arch following the Columbus Bridge surgical-prosthetic protocol were included. Follow-up included recording of peri-implant soft tissue health parameters (PD, BOP and IP) and radiographic analysis of peri-implant bone level. In addition, survival and prosthetic complications were recorded. Phase 2: Prospective studies Prospective studies included patients undergoing full-arch immediate loading rehabilitation of the lower or upper arch following the Columbus Bridge surgical-prosthetic protocol (Tealdo T et al. 2014) or a partial immediate loading rehabilitation. Two randomized split-mouth studies were carried on comparing implant thread morphology (regular vs. large) and implant connection (internal vs. external hexagonal connection). Each patient received the two different implant morphology in a different hemiarch. AGGIUNGI DATI COME PER ZIGOMATICI Endoral radiographs were taken to monitor peri-implant bone remodeling at time 0 (implant placement), 3 months, 6 months and 1 year post implant placement and then annually. Periodontal indices (plaque index (PI), bleeding on probing (BoP), probing depth (PD)) were recorded to assess peri-implant tissue health at 3, 6 and 12 months of healing and then annually. Any surgical and prosthetic complication was also recorded The third prospective study investigated whether patients with extreme maxillary atrophy and who cannot be rehabilitated exclusively with traditional implants, can be treated by immediate loading full-arch rehabilitations with the placement of zygomatic implants following the hybrid zygoma concept. Eighteen patients were enrolled and follow-up visits were planned after 1, and 3 weeks, 4, 6 months and then annually. At the last follow-up appointment (mean: 36 months after surgery; range: 24-52 months), prostheses were unscrewed, and the implants and peri-implant tissues were examined. Implant success was the primary outcome evaluated: following the criteria proposed by Aparicio implant success was classified in four grades, with grade I representing the best condition and grade IV representing a failure. At the annual check-up patients were asked to fill-up a questionnaire to evaluate their satisfaction towards their oral rehabilitation. Results Retrospective study? The first prospective study showed that mean bone resorption did not differ significantly between patients treated with implants with internal and external hexagonal connection. The mean difference in bone levels between EHC and IHC was 0.25 mm at implant placement. The mean difference between IHC and EHC was -0.01 mm at 3 months, 0.13 mm at 6 months and 0.11 mm at 12 months and 0.04 mm at 36 months. All implants showed good periodontal health at the 1-year function visit, with no statistically significant differences between groups. The second prospective study showed that average bone resorption did not differ significantly between patients treated with implants with a wide thread and implants with a regular thread. No dropouts occurred during the follow-up period. Implant and prosthetic survivals were 100 %. No biological complications were evidenced. No significant differences were found between SY and SL implants comparing the number of threads exposed when inserting the implant with an insertion torque of 30 N (T student test p=.142 and U test p=.164). At 50 N no threads were visible in either group. The final torque insertion values were higher for SL (mean: 48.42 Ncm) than SY implants (mean: 43.42 Ncm) without a statistically significant difference. All implants showed good clinical results at one year. In the third prospective study 80 implants (34 zygomatic and 46 regular implants) were inserted. One zygomatic implant was lost in one patient and two regular implants failed in other two patients. 24 zygomatic implants (70.6%) presented a success grade I, 9 (26.5%) a success of grade II, and 1 (2.9%) a grade IV. Sinusitis was the most common biological complication and occurred in 2 patients (5.6%). Two patients showed unilateral upper lip paraesthesia, persistent at the latest follow-up. At the annual follow-up visit, from the data of the questionnaire, 72%, 89% and 94% of patients declared to be satisfied with their phonetic ability, chewing ability and aesthetics respectively. Conclusion In conclusion, we can argue that, thanks to the advancement of techniques and continuous scientific research in recent years, the operative protocol involving the placement of implants for immediate-loading full-arch rehabilitations with traditional implants can be considered a procedure capable of producing predictable results, with a very high success rate. Thread morphology and implant connection did not significantly affect the clinical outcomes. In cases of extremely severe atrophies, the traditional protocol can be modified by the placement of zygomatic implants in the posterior areas of the maxilla together with traditional implants in the anterior area with predictable results over time. The factors investigated in the present research do not seem to influence the success of this rehabilitation method, however, further studies with larger sample size and longer follow-up period are be needed to confirm the results.
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Zanatta, Marco <1979&gt. "Valutazione della concentrazione della Troponina Cardiaca I (cTnI)in soggetti affetti da Emangiosarcoma". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2919/1/Zanatta_Marco_tesi.pdf.

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Zanatta, Marco <1979&gt. "Valutazione della concentrazione della Troponina Cardiaca I (cTnI)in soggetti affetti da Emangiosarcoma". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2919/.

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MARCELLO, M. DI. "Impiego di tecniche non invasive per la valutazione dell'insufficienza mitralica nel cane". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2003. http://hdl.handle.net/2434/180723.

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Resumen
In spite of the fact that several accurate techniques are progressively getting available in veterinary medicine, the measurement of regurgitation volume in dogs affected by valve insufficiency still represents a diagnostic challenge. Since acquired atrio-ventricular valve insufficiency represents the most frequent cardiac defect in dogs, standard techniques are urgently needed to measure the regurgitation volume, in order to define an adequate diagnosis and reliable prognosis. At present, techniques for valve insufficiency evaluation can be classified in invasive and non invasive; both of these groups include quantitative and semiquantitative methods, for the quantification of the regurgitation volume and the evaluation of the degree of insufficiency respectively. The aim of our work was to apply both quantitative and semiquantitative non invasive techniques to measure dog mitral valve insufficiency. 98 dogs, 75 of which affected by different degrees of mitral valve insufficiency, were evaluated. The Doppler quantitative technique, which is thought to be the gold standard method in human echocardiography, was applied on 23 unaffected subjects in order to verify its validity on dogs. Different techniques were than evaluated and compared on the basis of the analysis of the 75 affected dogs. The results of the study confirmed validity and accuracy of the quantitative Doppler technique and a tendency of the PISA method to underestimate the degree of mitral insufficiency; we believe that the origin of this fact could be probably traced back to the use of non-hemispheric PISA models. At the same time, semiquantitative methods proved to be practice and valid techniques for the evaluation of the degree of mitral valve insufficiency.
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Sala, Gutierrez Eva <1978&gt. "Valutazione prognostica di indicatori clinici e marker di flogosi in corso di parvovirosi canina". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2856/1/eva_sala_gutierrez_tesi.pdf.

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Sala, Gutierrez Eva <1978&gt. "Valutazione prognostica di indicatori clinici e marker di flogosi in corso di parvovirosi canina". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2856/.

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Pasquali, Flavio <1979&gt. "Possibilità predittive di uno "Scoring System" utile alla valutazione prognostica del cavallo con addome acuto". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1802/1/Pasquali_Flavio_Tesi.pdf.

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Pasquali, Flavio <1979&gt. "Possibilità predittive di uno "Scoring System" utile alla valutazione prognostica del cavallo con addome acuto". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1802/.

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Di, Giacomo Susanna. "Valutazione dell'efficacia clinica della terapia di resincronizzazione cardiaca con cateteri quadripolari mediante deep learning". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16311/.

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Resumen
La terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) si è dimostrata essere il metodo più efficiente e adeguato nel trattamento di pazienti affetti da insufficienza cardiaca caratterizzata da asincronia ventricolare. Essa consiste in una stimolazione biventricolare mediante pacemaker o defibrillatore impiantabili finalizzata ad aiutare i due ventricoli a pulsare in sincronia. Nonostante i benefici, circa il 30% dei pazienti risulta non responder. Uno dei problemi è l’ottimizzazione del posizionamento dell’elettrocatetere per ventricolo sinistro nel seno coronarico, fattore critico per la riuscita della terapia. Questo lavoro di tesi si concentra sul secondo obiettivo dello studio TRAJECTORIES avviato dal gruppo Corsi et al., ovvero l’analisi delle traiettorie 3D degli elettrodi in cateteri quadripolari per ventricolo sinistro, per valutare se le loro variazioni possano guidare nella selezione della definitiva configurazione di pacing tra quelle possibili. Al fine di individuare gli elettrodi che con più probabilità determineranno una risposta alla terapia di resincronizzazione cardiaca, si sono confrontate le traiettorie pre-accensione (T-1) e post-accensione (T0) del dispositivo di tutti gli elettrodi che sono stati stimolati, utilizzando una metodica che prevede tre fasi: estrazione delle coordinate dei quattro elettrodi mediante segmentazione semantica con rete neurale; ricostruzione tridimensionale delle traiettorie di ogni elettrodo a T-1 e T0; estrazione dei parametri geometrici che descrivono le traiettorie e confronto tra T-1 e T0, in base al quale, per ogni elettrodo stimolato, si potrà classificare il paziente come responder o non responder. In particolare, il parametro indicativo di una risposta o meno alla terapia di resincronizzazione è la variazione percentuale del rapporto tra i due valori singolari, parametri che indicano come la traiettoria sia distribuita lungo le tre direzioni principali.
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Bozzoli, Stefano. "Valutazione dell'uso del referto strutturato in cardiologia: dalla teoria alla sua implementazione in clinica". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Resumen
I referti strutturati (RS) sono documenti digitali standardizzati che permettono la memorizzazione dei dati e il loro successivo recupero e riutilizzo per estrarre le informazioni in essi contenute. In questo lavoro di tesi, si è sviluppato un indicatore della qualità della compilazione del RS, in modo da assegnare ad ogni documento un punteggio dedotto dall'analisi dei campi in esso contenuti. In questo modo, durante un'indagine statistica o epidemiologica sarà così possibile selezionare soltanto i RS caratterizzati da un alto punteggio di qualità. Non potendo analizzare tutte le numerose voci di cui è composto un RS senza incorrere in importanti tempi computazionali, si sono analizzati specifici elementi ritenuti fondamentali per la corretta descrizione dello stato di salute del paziente. In particolare nel caso di studio analizzato di RS disponibili in un reparto di cardiologia, tali elementi sono stati selezionati prendendo spunto dai sistemi per il calcolo del rischio cardiaco, algoritmi che analizzano specifici fattori di rischio per calcolare la probabilità di infarto cardiaco. Quando si è proceduto con l'estrazione dei dati, si è riscontrata la diffusa assenza di tali parametri selezionati. Durante l'ultimo incontro presso la struttura ospedaliera di riferimento, i medici hanno giustificato la lacuna di dati attraverso una mancata integrazione dei dati da una cartella elettronica sviluppata da un'azienda differente da Exprivia. Si sono riscontrati diversi errori di compilazione dei RS, fra cui l'inserimento di valori al di fuori del range fisiologico del parametro corrispondente, per i quali sono state suggerite migliorie da apportare al RS. IN questo lavoro di tesi è stato quindi avviato il progetto di sviluppare un indicatore di qualità del RS specifico per una data specialità facente parte del reparto di cardiologia, basandosi sull'analisi delle voci maggiormente utilizzate all'interno di data specialità.
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Strocchi, Simona <1972&gt. "Valutazione clinica, laboratoristica e strumentale della pubertà in 171 pazienti con sindrome di Turner". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/150/1/Tesi_Strocchi_Simona.pdf.

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Strocchi, Simona <1972&gt. "Valutazione clinica, laboratoristica e strumentale della pubertà in 171 pazienti con sindrome di Turner". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/150/.

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Gandolfi, Irene. "Confronto diagnostico tra valutazione robotica Hunova e valutazione clinica funzionale delle alterazioni posturali nei soggetti affetti da sclerosi multipla con disabilita lieve". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/24554/.

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Resumen
Introduzione e obiettivi: I disturbi della regolazione posturale sono comuni nei soggetti affetti da Sclerosi Multipla (SM) e le scale di valutazione comunemente usate nella pratica clinica non sempre risultano sensibili alla loro rilevazione. Scopo di questo studio è valutare se il sistema robotico Hunova - di Movendo Technology - possa rappresentare uno strumento valido nella formulazione di una diagnosi funzionale precoce dei soggetti affetti da SM, indagando la sua capacità di rilevare le alterazioni posturali in un campione di soggetti con disabilità lieve, in cui risultano assenti problemi di equilibrio alla valutazione clinica utilizzando la “Berg Balance Scale” (BBS). Disegno dello studio: Studio osservazionale-trasversale di accuratezza diagnostica. Materiali e metodi: 31 soggetti adulti con SM e disabilità lieve, con punteggio alla “Expanded Disability Status Scale” minore o uguale a 3.5, che avevano ottenuto il punteggio massimo di 56 alla BBS, sono stati sottoposti alla valutazione robotica su Hunova e i dati di natura stabilometrica ottenuti sono stati confrontati con i valori di normalità calcolati per la popolazione generale. Mediante l’utilizzo delle curve Receiver Operating Characteristic (ROC) è stata valutata l’accuratezza diagnostica dei vari indicatori analizzati con Hunova. Risultati: In base all’analisi delle curve ROC, gli indicatori che sono risultati più accurati nell’identificare alterazioni posturali sono stati: la quantità di movimento del tronco ad occhi aperti e chiusi e l’area dello sway ad occhi chiusi nell’equilibrio statico, la quantità di movimento del tronco nell’equilibrio passivo, il tempo di stabilizzazione nel reactive balance e la durata del “Five Times Sit to Stand test”. Conclusioni: La valutazione di indicatori stabilometrici si è dimostrata utile nell’individuare alterazioni nel controllo posturale in soggetti per i quali tali disturbi non erano stati riscontrati alla valutazione clinica.
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Garbatini, Elisa <1982&gt. "Valutazione clinica, clinicopatologica e quantificazione di IgG e IgM in corso di leishmaniosi canina: studio retrospettivo". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4856/1/Tesi_ELISA_def_.pdf.

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La leishmaniosi canina (LCan) causata da Leishmania infantum rappresenta un’importante zoonosi in molte aree del mondo ed il cane rappresenta il principale reservoir del parassita per l’uomo. Il tipo di risposta immunitaria che i soggetti colpiti mettono in atto condiziona fortemente la progressione della malattia: animali che non sviluppano un’adeguata risposta immunitaria cellulo-mediata mostrano la sintomatologia clinica nonostante abbiano una forte ma inefficace risposta umorale che contribuisce al peggioramento della sintomatologia clinica. L’obbiettivo dello studio è stato quello valutare da un punto di vista descrittivo il segnalamento, i segni clinici e clinicopatologici dei pazienti affetti da leishmaniosi portati in visita presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie nel periodo compreso da Gennaio 2002 a Marzo 2012 con particolare attenzione sull’impatto della patologia renale e dell’anemia nel quadro clinico della LCan. In base ai risultati ottenuti è stato possibile affermare che la leishmaniosi canina è una patologia relativamente frequente nella nostra realtà clinica universitaria e che presenta caratteristiche cliniche e clinicopatologiche simili a quelle riportate in letteratura. I nostri risultati preliminari suggeriscono che in questa malattia il coinvolgimento renale e le conseguenze sistemiche che ne derivano possono essere predominanti a livello clinico e laboratoristico. La gravità del quadro clinico appare associata in maniera significativa all’entità della risposta umorale e del successivo coinvolgimento glomerulare nel contesto di una risposta infiammatoria sistemica cronica. Successivamente, sono state misurate le concentrazioni di IgG ed IgM in corso di follow-up in alcuni dei soggetti inclusi nello studio e sottoposti a differenti trattamenti anti-leishmania. Dai risultati preliminari ottenuti nel nostro lavoro è stato possibile affermare che in corso di trattamento le concentrazioni di tali immunoglobuline subiscono una riduzione progressiva confermando pertanto l’efficacia del trattamento anti-leishmania non solo nella remissione della sintomatologia clinica ma anche nel ripristino della normale risposta umorale.
Canine leishmaniasis (LCan) caused by Leishmania infantum is an important zoonosis in many parts of the world and the dog is the main reservoir of the parasite to humans. The type of immune response that those affected put in place strongly influences the progression of the disease: the animals do not develop adequate cell-immune mediated response show clinical symptoms despite having a strong but ineffective humoral response that contributes to worsening the clinical symptoms . The objective of this study was to evaluate a descriptive standpoint, signaling, clinical and clinicopathological signs of leishmaniasis patients taken to visit at the Department of Veterinary Medical Sciences during the period from January 2003 to March 2012 with particular attention to the impact of kidney disease and anemia in the clinical picture of LCan. Based on the results obtained it was possible to say that leishmaniasis is a relatively common disease in our clinical practice and that the clinical features and clinicopathological features are similar to those reported in the literature. Our preliminary results suggest that in this disease, renal involvement and systemic consequences can be predominant in the clinical and laboratory findings. The severity of the clinical picture is significantly associated with the extent of the humoral response and subsequent glomerular involvement in the context of a chronic systemic inflammatory response. Subsequently, we measured the concentrations of IgG and IgM in the course of follow-up in some of the subjects included in the study and subjected to different anti-Leishmania treatment. By preliminary results obtained in our work it has been possible to state that in the course of treatment, the concentrations of these immunoglobulins undergo a progressive reduction thus confirming the effectiveness of anti-Leishmania treatment not only in the remission of clinical symptoms but also in the restoration of normal humoral response.
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Garbatini, Elisa <1982&gt. "Valutazione clinica, clinicopatologica e quantificazione di IgG e IgM in corso di leishmaniosi canina: studio retrospettivo". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4856/.

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La leishmaniosi canina (LCan) causata da Leishmania infantum rappresenta un’importante zoonosi in molte aree del mondo ed il cane rappresenta il principale reservoir del parassita per l’uomo. Il tipo di risposta immunitaria che i soggetti colpiti mettono in atto condiziona fortemente la progressione della malattia: animali che non sviluppano un’adeguata risposta immunitaria cellulo-mediata mostrano la sintomatologia clinica nonostante abbiano una forte ma inefficace risposta umorale che contribuisce al peggioramento della sintomatologia clinica. L’obbiettivo dello studio è stato quello valutare da un punto di vista descrittivo il segnalamento, i segni clinici e clinicopatologici dei pazienti affetti da leishmaniosi portati in visita presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie nel periodo compreso da Gennaio 2002 a Marzo 2012 con particolare attenzione sull’impatto della patologia renale e dell’anemia nel quadro clinico della LCan. In base ai risultati ottenuti è stato possibile affermare che la leishmaniosi canina è una patologia relativamente frequente nella nostra realtà clinica universitaria e che presenta caratteristiche cliniche e clinicopatologiche simili a quelle riportate in letteratura. I nostri risultati preliminari suggeriscono che in questa malattia il coinvolgimento renale e le conseguenze sistemiche che ne derivano possono essere predominanti a livello clinico e laboratoristico. La gravità del quadro clinico appare associata in maniera significativa all’entità della risposta umorale e del successivo coinvolgimento glomerulare nel contesto di una risposta infiammatoria sistemica cronica. Successivamente, sono state misurate le concentrazioni di IgG ed IgM in corso di follow-up in alcuni dei soggetti inclusi nello studio e sottoposti a differenti trattamenti anti-leishmania. Dai risultati preliminari ottenuti nel nostro lavoro è stato possibile affermare che in corso di trattamento le concentrazioni di tali immunoglobuline subiscono una riduzione progressiva confermando pertanto l’efficacia del trattamento anti-leishmania non solo nella remissione della sintomatologia clinica ma anche nel ripristino della normale risposta umorale.
Canine leishmaniasis (LCan) caused by Leishmania infantum is an important zoonosis in many parts of the world and the dog is the main reservoir of the parasite to humans. The type of immune response that those affected put in place strongly influences the progression of the disease: the animals do not develop adequate cell-immune mediated response show clinical symptoms despite having a strong but ineffective humoral response that contributes to worsening the clinical symptoms . The objective of this study was to evaluate a descriptive standpoint, signaling, clinical and clinicopathological signs of leishmaniasis patients taken to visit at the Department of Veterinary Medical Sciences during the period from January 2003 to March 2012 with particular attention to the impact of kidney disease and anemia in the clinical picture of LCan. Based on the results obtained it was possible to say that leishmaniasis is a relatively common disease in our clinical practice and that the clinical features and clinicopathological features are similar to those reported in the literature. Our preliminary results suggest that in this disease, renal involvement and systemic consequences can be predominant in the clinical and laboratory findings. The severity of the clinical picture is significantly associated with the extent of the humoral response and subsequent glomerular involvement in the context of a chronic systemic inflammatory response. Subsequently, we measured the concentrations of IgG and IgM in the course of follow-up in some of the subjects included in the study and subjected to different anti-Leishmania treatment. By preliminary results obtained in our work it has been possible to state that in the course of treatment, the concentrations of these immunoglobulins undergo a progressive reduction thus confirming the effectiveness of anti-Leishmania treatment not only in the remission of clinical symptoms but also in the restoration of normal humoral response.
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Russo, Samanta <1984&gt. "Valutazione della proteinuria e del follow-up clinico e clinicopatologico in cani affetti da Leishmaniosi canina". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6053/1/Russo_Samanta_tesi.pdf.

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Resumen
Introduzione: la leishmaniosi canina (CanL) è una malattia infettiva, trasmessa da vettore e sostenuta da un protozoo, la Leishmania infantum. La CanL ha assunto sempre più importanza sia in medicina veterinaria che in medicina umana. La leishmaniosi è fortemente associata allo sviluppo di una nefropatia cronica. Disegno dello studio: studio di coorte retrospettivo. Obiettivo: individuare le alterazioni clinico-patologiche prevalenti al momento dell’ammissione e durante il follow-up del paziente, per identificare quelle con un valore prognostico maggiore. Materiali e metodi: 167 cani, per un totale di 187 casi trattati, con diagnosi sierologica e/o citologica di Leishmaniosi e dati ematobiochimici completi, elettroforesi sierica, analisi delle urine e biochimica urinaria comprensiva di proteinuria (UPC) ed albuminuria (UAC), profilo coagulativo (ATIII, d-Dimeri, Fibrinogeno) e marker d’infiammazione (CRP). Dei pazienti inclusi è stato seguito il follow-up clinico e clinicopatologico per un periodo di tempo di due anni e sono stati considerati. Risultati: Le alterazione clinicopatologiche principali sono state anemia (41%), iperprotidemia (42%), iperglobulinemia (75%), ipoalbuminemia (66%), aumento della CRP (57%), incremento dell’UAC (78%), aumento dell’UPC (70%), peso specifico inadeguato (54%) e riduzione dell’ATIII (52%). Il 37% dei pazienti non era proteinurico e di questi il 27% aveva già un’albuminuria patologica. Il 38% dei pazienti aveva una proteinuria nefrosica (UPC>2,5) e il 22% era iperazotemico. I parametri clinicopatologici hanno mostrato una tendenza a rientrare nella normalità dopo il 90° giorno di follow-up. La creatinina sierica, tramite un analisi multivariata, è risultata essere il parametro correlato maggiormente con l’outcome del paziente. Conclusione: i risultati ottenuti in funzione dell’outcome dei pazienti hanno mostrato che i soggetti deceduti durante il follow-up, al momento dell’ammissione avevano valori di creatinina, UPC e UAC più elevati e ingravescenti. Inoltre l’UAC può venire considerato un marker precoce di nefropatia e la presenza di iperazotemia all’ammissione, in questi pazienti, ha un valore prognostico negativo.
Introduction: Canine Leishmaniasis (CanL) is an infectious disease transmitted by the carrier and supported by a protozoan, Leishmania infantum. The CanL has become increasingly important in both veterinary medicine than in human medicine. Leishmaniasis is strongly associated with the development of a chronic nephropathy. Study design: retrospective cohort study. Objective: To identify the clinicopathologic changes prevailing at the time of admission and during follow-up of the patient, to identify those with a greater prognostic value. Materials and methods: 167 dogs, for a total of 187 cases treated with serological diagnosis and / or cytological diagnosis of leishmaniasis and complete data biochemistry, serum electrophoresis, urinalysis and urinary biochemistry including proteinuria (UPC) and albuminuria (UAC), coagulation profile (ATIII, d-dimers, fibrinogen) and markers of inflammation (CRP). Of patients included was followed the clinical follow-up and clinicopathologic for a time period of two years and were considered. Results: The main alteration clinicopathological were anemia (41%), iperprotidemia (42%), hyperglobulinaemia (75%), hypoalbuminemia (66%), increased CRP (57%), increased UAC (78%), increased UPC (70%), inadequate urine specific gravity (54%) and reduction of ATIII (52%). 37% of patients were not proteinuric and of these 27% had pathologic albuminuria. 38% of patients had a nephrotic proteinuria (UPC> 2.5) and 22% was azotemic. The clinicopathological parameters showed a tendency to return to normal after the 90th day of follow-up. Serum creatinine, using a multivariate analysis, was found to be the parameter most correlated with patient outcome. Conclusion: results obtained on the basis of the outcome of the patients showed that the patients who died during follow-up, at the time of admission had higher and worsening serum Creatinine, UAC and UPC. In addition, the UAC can be considered an early marker of kidney disease and the presence of azotemia on admission, in these patients, it has a negative prognostic value.
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Russo, Samanta <1984&gt. "Valutazione della proteinuria e del follow-up clinico e clinicopatologico in cani affetti da Leishmaniosi canina". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6053/.

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Introduzione: la leishmaniosi canina (CanL) è una malattia infettiva, trasmessa da vettore e sostenuta da un protozoo, la Leishmania infantum. La CanL ha assunto sempre più importanza sia in medicina veterinaria che in medicina umana. La leishmaniosi è fortemente associata allo sviluppo di una nefropatia cronica. Disegno dello studio: studio di coorte retrospettivo. Obiettivo: individuare le alterazioni clinico-patologiche prevalenti al momento dell’ammissione e durante il follow-up del paziente, per identificare quelle con un valore prognostico maggiore. Materiali e metodi: 167 cani, per un totale di 187 casi trattati, con diagnosi sierologica e/o citologica di Leishmaniosi e dati ematobiochimici completi, elettroforesi sierica, analisi delle urine e biochimica urinaria comprensiva di proteinuria (UPC) ed albuminuria (UAC), profilo coagulativo (ATIII, d-Dimeri, Fibrinogeno) e marker d’infiammazione (CRP). Dei pazienti inclusi è stato seguito il follow-up clinico e clinicopatologico per un periodo di tempo di due anni e sono stati considerati. Risultati: Le alterazione clinicopatologiche principali sono state anemia (41%), iperprotidemia (42%), iperglobulinemia (75%), ipoalbuminemia (66%), aumento della CRP (57%), incremento dell’UAC (78%), aumento dell’UPC (70%), peso specifico inadeguato (54%) e riduzione dell’ATIII (52%). Il 37% dei pazienti non era proteinurico e di questi il 27% aveva già un’albuminuria patologica. Il 38% dei pazienti aveva una proteinuria nefrosica (UPC>2,5) e il 22% era iperazotemico. I parametri clinicopatologici hanno mostrato una tendenza a rientrare nella normalità dopo il 90° giorno di follow-up. La creatinina sierica, tramite un analisi multivariata, è risultata essere il parametro correlato maggiormente con l’outcome del paziente. Conclusione: i risultati ottenuti in funzione dell’outcome dei pazienti hanno mostrato che i soggetti deceduti durante il follow-up, al momento dell’ammissione avevano valori di creatinina, UPC e UAC più elevati e ingravescenti. Inoltre l’UAC può venire considerato un marker precoce di nefropatia e la presenza di iperazotemia all’ammissione, in questi pazienti, ha un valore prognostico negativo.
Introduction: Canine Leishmaniasis (CanL) is an infectious disease transmitted by the carrier and supported by a protozoan, Leishmania infantum. The CanL has become increasingly important in both veterinary medicine than in human medicine. Leishmaniasis is strongly associated with the development of a chronic nephropathy. Study design: retrospective cohort study. Objective: To identify the clinicopathologic changes prevailing at the time of admission and during follow-up of the patient, to identify those with a greater prognostic value. Materials and methods: 167 dogs, for a total of 187 cases treated with serological diagnosis and / or cytological diagnosis of leishmaniasis and complete data biochemistry, serum electrophoresis, urinalysis and urinary biochemistry including proteinuria (UPC) and albuminuria (UAC), coagulation profile (ATIII, d-dimers, fibrinogen) and markers of inflammation (CRP). Of patients included was followed the clinical follow-up and clinicopathologic for a time period of two years and were considered. Results: The main alteration clinicopathological were anemia (41%), iperprotidemia (42%), hyperglobulinaemia (75%), hypoalbuminemia (66%), increased CRP (57%), increased UAC (78%), increased UPC (70%), inadequate urine specific gravity (54%) and reduction of ATIII (52%). 37% of patients were not proteinuric and of these 27% had pathologic albuminuria. 38% of patients had a nephrotic proteinuria (UPC> 2.5) and 22% was azotemic. The clinicopathological parameters showed a tendency to return to normal after the 90th day of follow-up. Serum creatinine, using a multivariate analysis, was found to be the parameter most correlated with patient outcome. Conclusion: results obtained on the basis of the outcome of the patients showed that the patients who died during follow-up, at the time of admission had higher and worsening serum Creatinine, UAC and UPC. In addition, the UAC can be considered an early marker of kidney disease and the presence of azotemia on admission, in these patients, it has a negative prognostic value.
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Senzolo, Mara <1982&gt. "Valutazione di marker diagnostici, epidemiologia e nuove prospettive terapeutiche nell' avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti nel cane". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6677/1/senzolo_mara_tesi.pdf.

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In Medicina Veterinaria l'avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti è conosciuto e studiato ormai da anni, essendo una delle intossicazioni più comunemente riscontrate nelle specie non target. In letteratura si rinvengono numerose pubblicazioni ma alcuni aspetti sono rimasti ancora inesplorati.Questo studio si propone di valutare il processo infiammatorio, mediante le proteine di fase acuta (APPs), in corso di fenomeni emorragici, prendendo come modello reale un gruppo di soggetti accidentalmente avvelenati da rodenticidi anticoagulanti. I 102 soggetti avvelenati presentano un valore più elevato di proteina C reattiva (CRP)con una mediana di 4.77 mg/dl statisticamente significativo rispetto alla mediana delle due popolazioni di controllo di pari entità numerica create con cross match di sesso, razza ed età; rispettivamente 0.02 mg/dl dei soggetti sani e 0.37 mg/dl dei soggetti malati di altre patologie. Inoltre all'interno del gruppo dei soggetti avvelenati un valore di CRP elevato all'ammissione può predisporre al decesso. La proteina C reattiva assume quindi un ruolo diagnostico e prognostico in questo avvelenamento. Un'altra finalità, di non inferiore importanza, è quella di definire una linea guida terapeutica con l'ausilio di biomarker coagulativi e di valutare la sicurezza della vitamina K per via endovenosa: in 73 cani, non in terapia con vitamina k, intossicati da rodenticidi anticoagulanti, i tempi della coagulazione (PT ed aPTT) ritornano nel range di normalità dopo 4 ore dalla prima somministrazione di 5 mg/kg di vitamina k per via endovenosa e nessun soggetto durante e dopo il trattamento ha manifestato reazioni anafilattiche, nessuno dei pazienti ha necessitato trasfusione ematica e tutti sono sopravvissuti. Infine si è valutata l'epidemiologia dell'ingestione dei prodotti rodenticidi nella specie oggetto di studio e la determinazione dei principi attivi mediante cromatografia liquida abbinata a spettrofotometria di massa (UPLC-MS/MS).
Anticoagulant rodenticides (AR) are the most commonly used pesticides. They inhibit vitamin K epoxide reductase stopping vitamin K recycling. This will cause depletion of active coagulation factors II-VII-IX-X potentially leading to spontaneous bleeding. The first aim of this study is to measure acute phase proteins in 102 naturally affected dogs by AR intoxication, included in group 0. Two control populations of 102 randomly healthy (group 1) and sick (group 2) dogs were created and matched to group 0 for age, sex (including neutered status), and breed. In particular C-reactive protein (CRP) concentration was significantly (p<0.001) higher in group 0 (median 4.77 mg/dl) versus group 1 (median 0.02 mg/dl) and group 2(median, 0.37 mg/dl). The inflammatory process associated with hemorrhage is probably responsible for the higher CRP concentration. In group 0,CRP concentration was higher in non survivors vs survivors (p=0.04). CRP may be a useful diagnostic and prognostic marker in dogs with AR intoxication. The second aim of this study is to evaluate time to normalisation of activated partial thromboplastin time (aPPT) and prothrombin time (PT) after 5 mg/kg intravenously(IV) vitamin K treatment in 73 dogs with naturally AR intoxication. Four hours and 8 hours post-vitamin K administration (T4 and T8) a coagulation profile was repeated. There was a significant decrease in aPTT and PT between T0 and T4 (p<0.0001). All 73 dogs survived to discharge, none received blood transfusion or had an adverse reaction to IV vitamin k, and by T4 no dogs showed clinical signs of ongoing of external bleeding. This protocol with IV vitamin K administration seems to be safe and effective in treatment of dogs with naturally occurring AR intoxication. Epidemiology of AR intoxication in dogs and determination of responsible compounds by liquid chromatography tandem mass spectrometry has been also evaluated.
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Senzolo, Mara <1982&gt. "Valutazione di marker diagnostici, epidemiologia e nuove prospettive terapeutiche nell' avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti nel cane". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6677/.

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In Medicina Veterinaria l'avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti è conosciuto e studiato ormai da anni, essendo una delle intossicazioni più comunemente riscontrate nelle specie non target. In letteratura si rinvengono numerose pubblicazioni ma alcuni aspetti sono rimasti ancora inesplorati.Questo studio si propone di valutare il processo infiammatorio, mediante le proteine di fase acuta (APPs), in corso di fenomeni emorragici, prendendo come modello reale un gruppo di soggetti accidentalmente avvelenati da rodenticidi anticoagulanti. I 102 soggetti avvelenati presentano un valore più elevato di proteina C reattiva (CRP)con una mediana di 4.77 mg/dl statisticamente significativo rispetto alla mediana delle due popolazioni di controllo di pari entità numerica create con cross match di sesso, razza ed età; rispettivamente 0.02 mg/dl dei soggetti sani e 0.37 mg/dl dei soggetti malati di altre patologie. Inoltre all'interno del gruppo dei soggetti avvelenati un valore di CRP elevato all'ammissione può predisporre al decesso. La proteina C reattiva assume quindi un ruolo diagnostico e prognostico in questo avvelenamento. Un'altra finalità, di non inferiore importanza, è quella di definire una linea guida terapeutica con l'ausilio di biomarker coagulativi e di valutare la sicurezza della vitamina K per via endovenosa: in 73 cani, non in terapia con vitamina k, intossicati da rodenticidi anticoagulanti, i tempi della coagulazione (PT ed aPTT) ritornano nel range di normalità dopo 4 ore dalla prima somministrazione di 5 mg/kg di vitamina k per via endovenosa e nessun soggetto durante e dopo il trattamento ha manifestato reazioni anafilattiche, nessuno dei pazienti ha necessitato trasfusione ematica e tutti sono sopravvissuti. Infine si è valutata l'epidemiologia dell'ingestione dei prodotti rodenticidi nella specie oggetto di studio e la determinazione dei principi attivi mediante cromatografia liquida abbinata a spettrofotometria di massa (UPLC-MS/MS).
Anticoagulant rodenticides (AR) are the most commonly used pesticides. They inhibit vitamin K epoxide reductase stopping vitamin K recycling. This will cause depletion of active coagulation factors II-VII-IX-X potentially leading to spontaneous bleeding. The first aim of this study is to measure acute phase proteins in 102 naturally affected dogs by AR intoxication, included in group 0. Two control populations of 102 randomly healthy (group 1) and sick (group 2) dogs were created and matched to group 0 for age, sex (including neutered status), and breed. In particular C-reactive protein (CRP) concentration was significantly (p<0.001) higher in group 0 (median 4.77 mg/dl) versus group 1 (median 0.02 mg/dl) and group 2(median, 0.37 mg/dl). The inflammatory process associated with hemorrhage is probably responsible for the higher CRP concentration. In group 0,CRP concentration was higher in non survivors vs survivors (p=0.04). CRP may be a useful diagnostic and prognostic marker in dogs with AR intoxication. The second aim of this study is to evaluate time to normalisation of activated partial thromboplastin time (aPPT) and prothrombin time (PT) after 5 mg/kg intravenously(IV) vitamin K treatment in 73 dogs with naturally AR intoxication. Four hours and 8 hours post-vitamin K administration (T4 and T8) a coagulation profile was repeated. There was a significant decrease in aPTT and PT between T0 and T4 (p<0.0001). All 73 dogs survived to discharge, none received blood transfusion or had an adverse reaction to IV vitamin k, and by T4 no dogs showed clinical signs of ongoing of external bleeding. This protocol with IV vitamin K administration seems to be safe and effective in treatment of dogs with naturally occurring AR intoxication. Epidemiology of AR intoxication in dogs and determination of responsible compounds by liquid chromatography tandem mass spectrometry has been also evaluated.
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RAMIREZ, CAROLINA. "VALUTAZIONE DEI PARAMETRI ERITROCITARI E RETICOLOCITARI NEL PAZIENTE FELINO NEFROPATICO IN RELAZIONE ALLA STADIAZIONE IRIS". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/201313.

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Reticulocyte hemoglobin content (CHr) is considered a sensitive and specific measure of the iron status, with regard to erythrocytopoiesis in human patients affected by CKD. Several publications pointed out anaemia among the factors causing the progression of CKD by the vicious circle of the cardio-renal syndrome. The aim of this study was to evaluate the relationship between CHr and other haematological parameters, in cats affected by CKD staged according to the International Renal Interest Society. One hundred ninety one cats in stages II, III and IV were tested and twenty clinical healthy cats were enrolled as control group. CBC and reticulocyte indices were assessed using an ADVIA 120 Hematology System (Siemens Diagnostics Inc). Statistic analysis (one-way ANOVA and bivariate fit) was performed by JMP7 (SAS Inc). Anaemia was found in 33% of the cats in stage II, 51% in stage III, 74% in stage IV. The ANOVA showed a significant variance between CHr in the different stages of CKD (p=0,009). The linear regression showed that CHr and CHr/CHm ratio decrease with serum creatinine (SCr) increasing (p=0,03; p=0,01). MCVr, %Macro-r and %High-CHr showed an analogue significative trend too. CHr and CHr/CHm ratio tend to decrease with RBC, HCT and HGB decreasing (p<0,0001). Sideraemia wasn’t related with SCr, RBC, HCT and HGB. These findings may indicate that worsening nephropathy adversely affects the erytrocyte hemoglobin content, particularly those parameters that are used for the early assessment of iron deficiency anemia. Futhermore they may indicate that, with the progression of nephropathy, smaller reticulocytes with a lower content of hemoglobin are released (due to lower availability of iron). It was observed that CHr increases with increasing of reticulocyte count (p=0,02), reticulocyte percentage (p=0,03) and corrected reticulocyte percentage (p=0,002). These findings suggest that a greater regenerative response corresponds to major reserves of iron for eritropoiesis. As CHr and the CHr/CHm ratio decrese, a significant increase of leukocytes was shown by linear regression. A significant increase of neutrophils, decrease of lymphocytes and eosinophils were also observed. Although these results are consistent with a stress leucogram which is well known in patients affected with CKD, in human it is referred that low CHr could be associated with inflammatory process (that could contribute to the progression of nephropathy) and erythropoietin resistance, but not necessarily with iron-deficiency. These findings suggest that CHr trend has to be carefully examined also in feline patients affected by CKD.
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Ronchi, Alice <1982&gt. "Attivazione del sistema Wnt in linee cellulari di medulloblastoma umano: valutazione della risposta biologica e della risposta alle radiazioni ionizzanti". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3290/1/Ronchi_Alice_tesi.pdf.

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Medulloblastoma (MB) is a paediatric malignant brain tumour, sensitive to ionizing radiations (IR). However radiotherapy has detrimental effects on long-term survivors and the tumour is incurable in a third of patients, due to intrinsic radioresistance. Alterations of the Wnt pathway distinguish a molecular subgroup of MBs and nuclear beta-catenin, indicative of activated Wnt, is associated with good outcome in MB. Therefore there are increasing evidences about Wnt involvement in radio-response: IR induce activation of Wnt signalling with nuclear translocation of beta-catenin in MB cell lines. We studied effects of Wnt pathway activation in a MB cell line with p53 wild-type: UW228-1. Cells were stably transfected with a beta-catenin constitutively active and assessed for growth curves, mortality rate, invasiveness and differentiation. Firstly, activation of Wnt pathway by itself induced a slower cell growth and a higher mortality. After IR treatment, nuclear beta-catenin further inhibited cell growth, increasing mortality. Cell invasiveness was strongly inhibited by Wnt activation. Furthermore, Wnt cell population was characterized by club shaped cells with long cytoplasmic extensions containing neurofilaments, suggesting a neural differentiation of this cell line. These findings suggest that nuclear beta-catenin may leads to a less aggressive phenotype and increases radio-sensitivity in MB, accounting for its favourable prognostic value. In the future, Wnt/beta-catenin signalling will be considered as a molecular therapeutic target to develop new drugs for the treatment of MB.
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Ronchi, Alice <1982&gt. "Attivazione del sistema Wnt in linee cellulari di medulloblastoma umano: valutazione della risposta biologica e della risposta alle radiazioni ionizzanti". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3290/.

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Medulloblastoma (MB) is a paediatric malignant brain tumour, sensitive to ionizing radiations (IR). However radiotherapy has detrimental effects on long-term survivors and the tumour is incurable in a third of patients, due to intrinsic radioresistance. Alterations of the Wnt pathway distinguish a molecular subgroup of MBs and nuclear beta-catenin, indicative of activated Wnt, is associated with good outcome in MB. Therefore there are increasing evidences about Wnt involvement in radio-response: IR induce activation of Wnt signalling with nuclear translocation of beta-catenin in MB cell lines. We studied effects of Wnt pathway activation in a MB cell line with p53 wild-type: UW228-1. Cells were stably transfected with a beta-catenin constitutively active and assessed for growth curves, mortality rate, invasiveness and differentiation. Firstly, activation of Wnt pathway by itself induced a slower cell growth and a higher mortality. After IR treatment, nuclear beta-catenin further inhibited cell growth, increasing mortality. Cell invasiveness was strongly inhibited by Wnt activation. Furthermore, Wnt cell population was characterized by club shaped cells with long cytoplasmic extensions containing neurofilaments, suggesting a neural differentiation of this cell line. These findings suggest that nuclear beta-catenin may leads to a less aggressive phenotype and increases radio-sensitivity in MB, accounting for its favourable prognostic value. In the future, Wnt/beta-catenin signalling will be considered as a molecular therapeutic target to develop new drugs for the treatment of MB.
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Mazzi, Antonella <1972&gt. "Valutazione del rapporto urinario proteine totali/creatinina e albumina/creatinina in cani affetti da iperadrenocorticismo e da diabete mellito". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1138/1/Tesi_Mazzi_Antonella.pdf.

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INTRODUCTION – In human medicine, diabetes mellitus (DM), hypertension, proteinuria and nephropathy are often associated although it is still not clear whether hypertension is the consequence or the cause of nephropathy and albuminuria. Microalbuminuria, in humans, is an early and sensitive marker which permits timely and effective therapy in the early phase of renal damage. Conversely, in dogs, these relationships were not fully investigated, even though hypertension has been associated with many diseases (Bodey and Michell, 1996). In a previous study, 20% of diabetic dogs were found proteinuric based on a U:P/C > 1 and 46% were hypertensive; this latter finding is similar to the prevalence of hypertension in diabetic people (40-80%) (Struble et al., 1998). In the same canine study, hypertension was also positively correlated with the duration of the disease, as is the case in human beings. Hypertension was also found to be a common complication of hypercortisolism (HC) in dogs, with a prevalence which varies from 50 (Goy-Thollot et al., 2002) to 80% (Danese and Aron, 1994).The aim of our study was to evaluate the urinary albumin to creatinine ratio (U:A/C) in dogs affected by Diabetes Mellitus and HC in order to ascertain if, as in human beings, it could represent an early and more sensitive marker of renal damage than U:P/C. Furthermore, the relationship between proteinuria and hypertension in DM and HC was also investigated. MATERIALS AND METHODS – Twenty dogs with DM, 14 with HC and 21 healthy dogs (control group) were included in the prospective case-control study. Inclusion criteria were hyperglycaemia, glicosuria and serum fructosamine above the reference range for DM dogs and a positive ACTH stimulation test and/or low-dose dexamethasone test and consistent findings of HC on abdominal ultrasonography in HC dogs. Dogs were excluded if affected by urinary tract infections and if the serum creatinine or urea values were above the reference range. At the moment of inclusion, an appropriate therapy had already been instituted less than 1 month earlier in 12 diabetic dogs. The control dogs were considered healthy based on clinical exam and clinicopathological findings. All dogs underwent urine sample collection by cystocentesis and systemic blood pressure measurement by means of either an oscillometric device (BP-88 Next, Colin Corporation, Japan) or by Doppler ultrasonic traducer (Minidop ES-100VX, Hadeco, Japan). The choice of method depended on the dog’s body weight: Doppler ultrasonography was employed in dogs < 20 kg of body weight and the oscillometric method in the other subjects. Dogs were considered hypertensive whenever systemic blood pressure was found ≥ 160 mmHg. The urine was assayed for U:P/C and U:A/C (Gentilini et al., 2005). The data between groups were compared using the Mann-Whitney U test. The reference ranges for U:P/C and U:A/C had already been established by our laboratory as 0.6 and 0.05, respectively. U:P/C and U:A/C findings were correlated to systemic blood pressure and Spearman R correlation coefficients were calculated. In all cases, p < 0.05 was considered statistically significant. RESULTS – The mean ± sd urinary albumin concentration in the three groups was 1.79 mg/dl ± 2.18; 20.02 mg/dl ± 43.25; 52.02 mg/dl ± 98.27, in healthy, diabetic and hypercortisolemic dogs, respectively. The urine albumin concentration differed significantly between healthy and diabetic dogs (p = 0.008) and between healthy and HC dogs (p = 0.011). U:A/C values ranged from 0.00 to 0.34 (mean ± sd 0.02 ± 0.07), 0.00 to 6.72 (mean ± sd 0.62 ± 1.52) and 0.00 to 5.52 (mean ± sd 1.27 ± 1.70) in the control, DM and HC groups, respectively; U:P/C values ranged from 0.1 to 0.6 (mean ± sd 0.17 ± 0.15) 0.1 to 6.6 (mean ± sd 0.93 ± 1.15) and 0.2 to 7.1 (mean ± sd 1.90 ± 2.11) in the control, DM and HC groups, respectively. In diabetic dogs, U:A/C was above the reference range in 11 out of 20 dogs (55%). Among these, 5/20 (25%) showed an increase only in the U:A/C ratio while, in 6/20 (30%), both the U:P/C and the U:A/C were abnormal. Among the latter, 4 dogs had already undergone therapy. In subjects affected with HC, U:P/C and U:A/C were both increased in 10/14 (71%) while in 2/14 (14%) only U:A/C was above the reference range. Overall, by comparing U:P/C and U:A/C in the various groups, a significant increase in protein excretion in disease-affected animals compared to healthy dogs was found. Blood pressure (BP) in diabetic subjects ranged from 88 to 203 mmHg (mean ± sd 143 ± 33 mmHg) and 7/20 (35%) dogs were found to be hypertensive. In HC dogs, BP ranged from 116 to 200 mmHg (mean ± sd 167 ± 26 mmHg) and 9/14 (64%) dogs were hypertensive. Blood pressure and proteinuria were not significantly correlated. Furthermore, in the DM group, U:P/C and U:A/C were both increased in 3 hypertensive dogs and 2 normotensive dogs while the only increase of U:A/C was observed in 2 hypertensive and 3 normotensive dogs. In the HC group, the U:P/C and the U:A/C were both increased in 6 hypertensive and 2 normotensive dogs; the U:A/C was the sole increased parameter in 1 hypertensive dog and in 1 dog with normal pressure. DISCUSSION AND CONCLUSION- The findings of this study suggest that, in dogs affected by DM and HC, an increase in U:P/C, U:A/C and systemic hypertension is frequently present. Remarkably, some dogs affected by both DM and HC showed an U:A/C but not U:P/C above the reference range. In diabetic dogs, albuminuria was observed in 25% of the subjects, suggesting the possibility that this parameter could be employed for detecting renal damage at an early phase when common semiquantiative tests and even U:P/C fall inside the reference range. In HC dogs, a higher number of subjects with overt proteinuria was found while only 14% presented an increase only in the U:A/C. This fact, associated with a greater number of hypertensive dogs having HC rather than DM, could suggest a greater influence on renal function by the mechanisms involved in hypertension secondary to hypercortisolemia. Furthermore, it is possible that, in HC dogs, the diagnosis was more delayed than in DM dogs. However, the lack of a statistically significant correlation between hypertension and increased protein excretion as well as the apparently random distribution of proteinuric subjects in normotensive and hypertensive cases, imply that other factors besides hypertension are involved in causing proteinuria. Longitudinal studies are needed to further investigate the relationship between hypertension and proteinuria.
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Mazzi, Antonella <1972&gt. "Valutazione del rapporto urinario proteine totali/creatinina e albumina/creatinina in cani affetti da iperadrenocorticismo e da diabete mellito". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1138/.

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Resumen
INTRODUCTION – In human medicine, diabetes mellitus (DM), hypertension, proteinuria and nephropathy are often associated although it is still not clear whether hypertension is the consequence or the cause of nephropathy and albuminuria. Microalbuminuria, in humans, is an early and sensitive marker which permits timely and effective therapy in the early phase of renal damage. Conversely, in dogs, these relationships were not fully investigated, even though hypertension has been associated with many diseases (Bodey and Michell, 1996). In a previous study, 20% of diabetic dogs were found proteinuric based on a U:P/C > 1 and 46% were hypertensive; this latter finding is similar to the prevalence of hypertension in diabetic people (40-80%) (Struble et al., 1998). In the same canine study, hypertension was also positively correlated with the duration of the disease, as is the case in human beings. Hypertension was also found to be a common complication of hypercortisolism (HC) in dogs, with a prevalence which varies from 50 (Goy-Thollot et al., 2002) to 80% (Danese and Aron, 1994).The aim of our study was to evaluate the urinary albumin to creatinine ratio (U:A/C) in dogs affected by Diabetes Mellitus and HC in order to ascertain if, as in human beings, it could represent an early and more sensitive marker of renal damage than U:P/C. Furthermore, the relationship between proteinuria and hypertension in DM and HC was also investigated. MATERIALS AND METHODS – Twenty dogs with DM, 14 with HC and 21 healthy dogs (control group) were included in the prospective case-control study. Inclusion criteria were hyperglycaemia, glicosuria and serum fructosamine above the reference range for DM dogs and a positive ACTH stimulation test and/or low-dose dexamethasone test and consistent findings of HC on abdominal ultrasonography in HC dogs. Dogs were excluded if affected by urinary tract infections and if the serum creatinine or urea values were above the reference range. At the moment of inclusion, an appropriate therapy had already been instituted less than 1 month earlier in 12 diabetic dogs. The control dogs were considered healthy based on clinical exam and clinicopathological findings. All dogs underwent urine sample collection by cystocentesis and systemic blood pressure measurement by means of either an oscillometric device (BP-88 Next, Colin Corporation, Japan) or by Doppler ultrasonic traducer (Minidop ES-100VX, Hadeco, Japan). The choice of method depended on the dog’s body weight: Doppler ultrasonography was employed in dogs < 20 kg of body weight and the oscillometric method in the other subjects. Dogs were considered hypertensive whenever systemic blood pressure was found ≥ 160 mmHg. The urine was assayed for U:P/C and U:A/C (Gentilini et al., 2005). The data between groups were compared using the Mann-Whitney U test. The reference ranges for U:P/C and U:A/C had already been established by our laboratory as 0.6 and 0.05, respectively. U:P/C and U:A/C findings were correlated to systemic blood pressure and Spearman R correlation coefficients were calculated. In all cases, p < 0.05 was considered statistically significant. RESULTS – The mean ± sd urinary albumin concentration in the three groups was 1.79 mg/dl ± 2.18; 20.02 mg/dl ± 43.25; 52.02 mg/dl ± 98.27, in healthy, diabetic and hypercortisolemic dogs, respectively. The urine albumin concentration differed significantly between healthy and diabetic dogs (p = 0.008) and between healthy and HC dogs (p = 0.011). U:A/C values ranged from 0.00 to 0.34 (mean ± sd 0.02 ± 0.07), 0.00 to 6.72 (mean ± sd 0.62 ± 1.52) and 0.00 to 5.52 (mean ± sd 1.27 ± 1.70) in the control, DM and HC groups, respectively; U:P/C values ranged from 0.1 to 0.6 (mean ± sd 0.17 ± 0.15) 0.1 to 6.6 (mean ± sd 0.93 ± 1.15) and 0.2 to 7.1 (mean ± sd 1.90 ± 2.11) in the control, DM and HC groups, respectively. In diabetic dogs, U:A/C was above the reference range in 11 out of 20 dogs (55%). Among these, 5/20 (25%) showed an increase only in the U:A/C ratio while, in 6/20 (30%), both the U:P/C and the U:A/C were abnormal. Among the latter, 4 dogs had already undergone therapy. In subjects affected with HC, U:P/C and U:A/C were both increased in 10/14 (71%) while in 2/14 (14%) only U:A/C was above the reference range. Overall, by comparing U:P/C and U:A/C in the various groups, a significant increase in protein excretion in disease-affected animals compared to healthy dogs was found. Blood pressure (BP) in diabetic subjects ranged from 88 to 203 mmHg (mean ± sd 143 ± 33 mmHg) and 7/20 (35%) dogs were found to be hypertensive. In HC dogs, BP ranged from 116 to 200 mmHg (mean ± sd 167 ± 26 mmHg) and 9/14 (64%) dogs were hypertensive. Blood pressure and proteinuria were not significantly correlated. Furthermore, in the DM group, U:P/C and U:A/C were both increased in 3 hypertensive dogs and 2 normotensive dogs while the only increase of U:A/C was observed in 2 hypertensive and 3 normotensive dogs. In the HC group, the U:P/C and the U:A/C were both increased in 6 hypertensive and 2 normotensive dogs; the U:A/C was the sole increased parameter in 1 hypertensive dog and in 1 dog with normal pressure. DISCUSSION AND CONCLUSION- The findings of this study suggest that, in dogs affected by DM and HC, an increase in U:P/C, U:A/C and systemic hypertension is frequently present. Remarkably, some dogs affected by both DM and HC showed an U:A/C but not U:P/C above the reference range. In diabetic dogs, albuminuria was observed in 25% of the subjects, suggesting the possibility that this parameter could be employed for detecting renal damage at an early phase when common semiquantiative tests and even U:P/C fall inside the reference range. In HC dogs, a higher number of subjects with overt proteinuria was found while only 14% presented an increase only in the U:A/C. This fact, associated with a greater number of hypertensive dogs having HC rather than DM, could suggest a greater influence on renal function by the mechanisms involved in hypertension secondary to hypercortisolemia. Furthermore, it is possible that, in HC dogs, the diagnosis was more delayed than in DM dogs. However, the lack of a statistically significant correlation between hypertension and increased protein excretion as well as the apparently random distribution of proteinuric subjects in normotensive and hypertensive cases, imply that other factors besides hypertension are involved in causing proteinuria. Longitudinal studies are needed to further investigate the relationship between hypertension and proteinuria.
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Marciante, Mara. "Caratterizzazione biomeccanica e confronto della valutazione clinica di stabilità spinale in caso di vertebre con metastasi". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/18854/.

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Resumen
La colonna vertebrale è il sito osseo più comune per la deposizione di metastasi che partecipano alla determinazione della instabilità spinale. Attualmente la valutazione clinica dei pazienti ad alto rischio di frattura e la scelta verso una possibile stabilizzazione chirurgica, si basa sullo Spinal Instability Neoplastic Score (SINS), una classificazione del grado di instabilità neoplastica che considera una scala da 1 a 18. Il SINS si rivela incompleto nel range indeterminato (6-12). Ipotesi: il rischio di frattura in corrispondenza di SINS indeterminato può essere quantificato da parametri sperimentali biomeccanici. Obiettivo: eseguire una caratterizzazione meccanica che mostri lo stato di sollecitazione della vertebra lesionata rispetto al suo controllo adiacente e confrontare i risultati ottenuti con i relativi SINS. Sono stati considerati nove tratti spinali con almeno una al massimo tre vertebre metastatiche indeterminate e al più una vertebra sana di controllo. I provini sono stati caricati in presso-flessione sotto tre condizioni di carico: 0.5, 1, 1.5 BW. Con la Digital Imaging Correlation (DIC) sono state ottenute mappe di deformazioni della superficie anteriore del corpo vertebrale, per ogni provino, nelle tre condizioni di carico. È stata fatta un’analisi qualitativa e quantitativa e correlati i parametri meccanici con i valori del SINS. Le vertebre di controllo hanno manifestato una mappa di deformazione omogenea e medie di deformazioni contenute. Invece, le vertebre lesionate hanno mostrano picchi di deformazioni in prossimità delle lesioni metastatiche e medie di deformazioni più elevate rispetto ai controlli. Inoltre, la correlazione tra risultati sperimentali ingegneristici e SINS è risultata molto bassa. In questo modo è stato evidenziato il limitato potere predittivo del SINS in termini di stabilità spinale nei casi indeterminati. Questo studio ha incoraggiato a rivalutare i parametri che definiscono il SINS e integrarli con quelli biomeccanici.
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