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Maira, G., A. Vignati, E. Marchese, A. Puca, A. Albanese, A. Di Chirico y M. Rollo. "Valutazione del rischio chirurgico nelle malformazioni artero-venose del sistema nervoso centrale". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 137–44. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500113.

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Resumen
I recenti progressi della neurochirurgia e della neuroradiologia permettono di affrontare i problemi relativi alle malformazioni arterovenose cerebrali secondo diverse modalità terapeutiche anche tra loro combinate. Ci riferiamo in particolare al trattamento diretto microneurochirurgico, alla riduzione od esclusione della malformazione vascolare dal circolo mediante trattamento endovascolare anche ripetuto nel tempo ed al trattamento radiochirurgico. Diversi fattori sono stati correlati alla valutazione del rischio chirurgico, quali la sede, le dimensioni, l'angio-architettura, con particolare riferimento alla presenza di aneurismi arteriosi o venosi ed al pattern del drenaggio venoso. Altri fattori che influenzano il rischio chirurgico sono quelli relativi al quadro generale del paziente ed alle sue condizioni neurologiche. L'indicazione al trattamento di una malformazione vascolare si pone se il rischio dell'opzione terapeutica è considerato “accettabile”, ossia inferiore rispetto a quello della storia naturale. Gli Autori espongono i risultati della casistica personale relativa a 20 pazienti trattati con modalità chirurgica ed endovascolare.
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Battistella, P. A., D. L. Fiore, M. Pellone y K. Pardatscher. "Il trattamento endovascolare dell'aneurisma della vena di Galeno". Rivista di Neuroradiologia 7, n.º 4 (agosto de 1994): 671–81. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700416.

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Resumen
L'aneurisma della vena di Galeno (AVG) è una rara condizione malformativa artero-venosa cerebrale: essa è caratterizzata dalla presenza di shunts artero-venosi unici o multipli a livello della parete della vena mediana del prosencefalo. L'espressione clinica dell'AVG è età dipendente: in età neontale si manifesta con scompenso cardiaco, nell'infanzia con macrocefalia, idrocefalo sopratentoriale ostruttivo da compressione dell'acquedotto ed eventuali manifestazioni convulsive secondarie ad emorragie. Può rimanere, peraltro, anche a lungo silente, determinando solo in età giovanile-adulta cefalea, sintomi neurologici focali o manifestazioni convulsive causate da sanguinamenti. La mortalità per tale patologia non trattata è elevata, specie nelle forme ad esordio neontatale. Viene presentato un paziente di 8 anni con riscontro di AVG di tipo murale alla RM eseguita per cefalea ricorrente e macrocefalia, uniche manifestazioni cliniche della malformazione vasculare. Nel corso di 3 sedute di terapia endovascolare per via arteriosa vengono esclusi i 5 peduncoli afferent all'AVG (4 a partenza dall'arteria cerebrale posteriore destra ed 1 a partenza dalla arteria cerebrale posteriore sinistra), ottenendo sia la guarigione angiografica della lesione vascolare, sia la completa remissione della sintomatologia cefalalgica, senza alcuna complicanza. Vengono quindi discussi: a) i differenti quadri anatomo-patologici dell'AVG secondo le più recenti classificazioni; b) le diverse tecniche diagnostiche utilizzabili a seconda dell'età; c) i diversi approcci del trattamento chirurgico ed endovascolare (arterioso e venoso), confrontando rischi e risultati; d) i rischi della derivazione liquorale rispetto all'approccio diretto sull'AVG. L'embolizzazione rappresenta attualmente la metodica terapeutica più valida nella cura di questa patologia, grazie soprattutto ai progressi tecnici per quanto riguarda sia i materiali impiegati per il cateterismo superselettivo dei vasi cerebrali, sia i diversi agenti embolizzanti (NBCA, «Coils»). Tale trattamento è in grado di dare risultati eccellenti quali l'esclusione morfologica completa dell'AVG e percentuali di miglioramento in oltre il 50% dei casi, con trascurabile morbilità e drastica riduzione della mortalità rispetto ai soggetti operati o non trattati.
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Spreafico, R., L. Sordo, R. Bellotto, M. Schipano, A. Rescaldani y F. Parmigiani. "Malformazione arterovenosa della mandibola. Caso clinico e revisione della letteratura". Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, n.º 4 (agosto de 2016): 333–36. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1351.

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Le malformazioni arterovenose (MAV) del distretto cervico-facciale sono patologie rare e potenzialmente letali a causa delle imponenti emorragie che possono determinare. Il trattamento dipende dall'età del paziente, dalla sede, dall'estensione e dalla tipologia della malformazione. La terapia endovascolare è efficace nella maggior parte dei casi che presentano un'estensione limitata. In casi selezionati, e sempre in associazione con l'embolizzazione, si può ricorrere alla chirurgia. Nel presente articolo riportiamo il caso di una giovane donna affetta da un'estesa MAV dell'emimandibola e della regione sottomandibolare sinistra. Viene inoltre effettuata una revisione della letteratura prodotta su questo argomento con particolare attenzione alla strategia di trattamento.
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Scotti, G., C. Righi, A. Mele, S. Mazzitelli y A. Longo. "La Neuroradiologia Terapeutica: Valutazione del rapporto costi-benefici". Rivista di Neuroradiologia 7, n.º 5 (octubre de 1994): 735–44. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700503.

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In vista del possibile cambiamento del sistema di pagamento delle prestazioni sanitarie, con il passaggio dalla attuale forma di contabilizzazione delle giornate di degenza a quella di rimborso per caso trattato (in analogia con i DRG americani), diventa fondamentale conoscere con precisione i costi reali delle singole procedure e dei singoli trattamenti. Questo articolo analizza esclusivamente i costi di alcune delle più comuni procedure di Neuroradiologia Terapeutica Endovascolare, attraverso una valutazione analitica dei prezzi dei materiali di consumo, dei costi del personale coinvolto e delle attrezzature. Viene analizzato il costo delle seguenti procedure: angiografia diagnostica, primo tempo indispensabile per qualunque procedura di terapia endovascolare; angioplastica della succlavia; trattamento endovascolare degli aneurismi intracranici con spirali staccabili (GDC); trattamento endovascolare delle malformazioni arterovenose cerebrali. Di particolare interesse nei risultati è il riscontro che i costi fissi, vale a dire ammortamento e manutenzione delle attrezzature, incidono per una percentuale variabile che oscilla fra il 6,4% per il trattamento degli aneurismi con spirali staccabili (GDC) e il 45,7% per l'angiografia diagnostica. Ciò per l'alto costo dei materiali di consumo, in particolare le spirali, nel trattamento degli aneurismi. Il costo del personale oscilla frail 6 e il 15%. Il costo di una angiografia diagnostica, intorno ad un milione e settecentomila lire, è superiore alle attuali cifre di rimborso del nomenclatore tariffario. Il costo per un trattamento di angioplastica della succlavia e intorno ai 3 milioni mentre quello di un aneurisma intracranico di piccole dimensioni, che richieda l'impiego di una sola spirale, è intorno ai 7 milioni. Verranno in un prossimo articolo presi in considerazione i costi degli interventi chirurgici per patologie equivalenti e verrà quindi effettuata una valutazione comparativa, includendo la durata e il costo del periodo di degenza.
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Perini, S., F. Causin y L. Castellan. "L'embolizzazione come unica scelta terapeutica". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 69–84. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500107.

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Il trattamento endovascolare con colla acrilica o altri agenti embolizzanti viene utilizzato con vantaggio nella terapia delle MAV encefaliche da oltre vent'anni. Oggi rappresenta, per lo più, la fase preliminare alla micro-chirurgia o alla radio-chirurgia stereotassica con soddisfacente risultato terapeutico anche nelle malformazioni localizzate in sede eloquente o critica. L'embolizzazione praticata come unico atto terapeutico volto alla guarigione della MAV è sensibilmente meno efficace della terapia combinata. Le percentuali di occlusione completa e definitiva del “nidus” riportate in letteratura non sono omogenee ed oscillano per lo più tra il 10% e il 20% dei casi. Dal 1993 ad oggi sono stati sottoposti a trattamento endovascolare 138 pazienti: di questi, 37 (27%) sono stati sottoposti ad embolizzazione come unico gesto terapeutico. L'occlusione completa e definitiva del nido angiomatoso con la sola iniezione di colla acrilica è stata ottenuta in 16 su 138 casi (11.5%). L'incidenza delle complicanze riscontrate nella nostra serie è stata del 23%, quasi completamente riferibile al trattamento delle malformazioni situate in area eloquente o critica. Non sono state riscontrate complicanze mortali. Sulla base dei nostri risultati sembrano importanti le seguenti considerazioni riguardanti l'efficacia, le complicanze e le indicazioni della metodica. L'occlusione completa e definitiva del “nidus” di una MAV dopo embolizzazione rappresenta tutt'ora, dopo oltre vent'anni dalla introduzione della tecnica, un'evenienza piuttosto rara legata a circostanze non completamente prevedibili. L'emorragia rappresenta l'evenienza più grave conseguente alla embolizzazione e rappresenta la causa principale della maggior parte dei deficit neurologici gravi riscontrati sia durante il trattamento sia nei giorni successivi. Sulla base dei dati della letteratura e da quelli emersi dalla nostra casistica non è stato possibile stabilire indicazioni certe al trattamento con la sola embolizzazione. Esistono, invece, condizioni cliniche e morfologiche che sconsigliano la chirurgia o la radio-chirurgia e quindi anche il trattamento combinato.
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Perini, S., P. Zampieri, L. Rosta, E. Piovan, G. Barone, P. Ruatti y A. Benati. "MAV cerebrale di tipo piale in età pediatrica". Rivista di Neuroradiologia 9, n.º 6 (diciembre de 1996): 743–48. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900619.

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La nostra casistica comprende 29 pazienti sottoposti a trattamento endovascolare per la presenza di una MAV di tipo piale. I pazienti sono stati trattati con varie metodiche (embolizzazione a «flusso libero» 2 casi, embolizzazione particolata con micro-emboli di filo da sutura -17 casi, embolizzazione con colla acrilica- 10 casi). È stato fatto un confronto tra la serie trattata in età pediatrica e quella dei pazienti adulti evidenziando alcune significative differenze di angio-architettura e sede della MAV: in età pediatrica sono risultate più frequenti le MAV mono o pauci- peduncolari, le fistole dirette e quelle a nido plessiforme fistoloso ad alto flusso e le malformazioni giganti a sede sottotentoriale e centrale profonda. Nel primo caso il trattamento di elezione è risultato essere quello con colla acrilica associato a radiochirurgia con guarigione definitiva in 3 casi. Nelle FAV dirette e nelle MAV ad alto flusso abbiamo impiegato come agenti embolizzanti filo da sutura e colla acrilica con risultato definitivo. Il trattamento delle MAV sottotentoriali e a sede centrale profonda rappresenta il problema di più difficile soluzione in età pediatrica. In due pazienti l'embolizzazione con colla ha consentito di effettuare la radio-chirurgia (MAV giganti cerebellari). Non riteniamo che attualmente alcuna tecnica endovascolare consenta un trattamento sicuro delle estese MAV centrali profonde. Ogni trattamento, nei bambini ancor più che nell'adulto, deve richiedere una attenta valutazione del rapporto rischio/ beneficio della metodica con riferimento ai dati della storia naturale.
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Resta, F., A. Bettinelli, S. Lucchi y M. Leonardi. "Trattamento endovascolare di 11 aneurismi della carotide intracranica mediante spirali MDS Balt". Rivista di Neuroradiologia 9, n.º 2_suppl (noviembre de 1996): 173–75. http://dx.doi.org/10.1177/19714009960090s223.

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Dall'agosto 93 al novembre 95 sono stati affrontati complessivamente 39 aneurismi cerebrali in 38 pazienti, utilizzando spirali MDS Balt. Tra questi, in 11 casi l'aneurisma era localizzato a livello della carotide intracranica. In 10 casi su 11 il trattamento è stato effettuato entro i primi sette giorni dall'episodio di emorragia subaracnoidea; le condizioni cliniche degli 11 pazienti, secondo i valori della scala di Hunt ed Hess, erano così distribuite: 7 pazienti <=2 e 4 pazienti tra 3 e 5. Un'occlusione completa dell'aneurisma è stata ottenuta in 3 casi; in 1 di questi casi l'occlusione completa è stata raggiunta in due sedute successive. Un'occlusione subtotale intorno al 90% è stata raggiunta in 3 casi. In 1 di tali casi l'aneurisma è risultato occluso al 100% al controllo angiografico un mese dopo il trattamento. In 5 casi non è stato possibile effettuare il trattamento a causa di difficoltà tecniche; in 1 di questi 5 casi si è osservata rottura della sacca aneurismatica durante il trattamento. In un solo caso trattato si è verificata l'insorgenza, sette giorni dopo la procedura, di un'emiparesi da probabile fenomeno tromboembolico: il recupero clinico è stato comunque soddisfacente. I risultati ottenuti vengono analizzati con l'obbiettivo di contribuire ad un effettivo e motivato inserimento di questa tecnica nel protocollo terapeutico.
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Bradač, G. B., A. Riva, M. Bergui, G. Stura, M. Fontanella y V. Bonicalzi. "Trattamento endovascolare con spirali degli aneurismi cerebrali". Rivista di Neuroradiologia 8, n.º 5 (octubre de 1995): 637–44. http://dx.doi.org/10.1177/197140099500800501.

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Dal maggio 93 al giugno 95 sono stati trattati per via endovascolare 48 aneurismi in 47 pazienti, utilizzando fibered coils nei primi 6 casi e GDC in 42. In 26 casi il trattamento è stato effettua-to in acuto dopo emorragia subaracnoidea; di questi 14 presentavano condizioni cliniche scadenti ed erano stati giudicati inoperabili. 6 aneurismi erano localizzati a livello del circolo posteriore, 42 a livello del circolo anteriore. Una occlusione completa è stata ottenuta in 30 casi su 48 (62% circa), un occlusione subtotale (>70%) e parziale (<70%) rispettivamente in 12 (25, 5%) e 2 (4%) casi. Per motivi tecnici non fu possibile trattare 4 pazienti (8, 5%). Si sono verificate 2 perforazioni della sacca durante il trattamento (4%): in entrambi i casi si ottenne l'occlusione dell'aneurisma con arresto dell'emorragia senza aggravamento clinico. Nonostante l'eparinizzazione sistemica si sono verificati deficit neurologici da probabile tromboem-bolia in 8 casi: in 4 (8%) il recupero clinico è stato rapido e completo, in 2 (4%) è residuato un modesto deficit, 2 pazienti infine (4%), in gravissime condizioni cliniche, sono deceduti nei giorni successivi.
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Pagni, C. A., M. Fontanella, F. Nannucci, D. Garbossa, C. Cossandi, M. Bergui, C. Nurisso y G. B. Bradač. "Il trattamento delle malformazioni artero-venose cerebrali". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 93–108. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500109.

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Dal mese di Novembre 1991 all'Agosto 2001, 115 pazienti sono stati ricoverati per una Malformazione Artero-Venosa (MAV) presso la Clinica Neurochirurgica dell'Università di Torino. Novantaquattro pazienti su 115 (82%) sono stati ricoverati dopo un sanguinamento. Novantaquattro (82%, 82 sanguinanti, 11 non sanguinanti) sono stati sottoposti a vari trattamenti (chirurgico, endovascolare, radiochirurgico o associazioni dei precedenti). Risanguinamento: Nessuno dei 9 pazienti portatori di MAV non sanguinanti e non sottoposti a trattamento per varie ragioni, ha avuto un sanguinamento nel periodo di follow up di 1–10 anni. In 12 pazienti, su 94 che avevano già avuto una emorragia, abbiamo osservato il risanguinamento della MAV (13%). MAV sanguinanti: Sul totale di 82 pazienti trattati, 43 (53%) sono stati dimessi senza deficit neurologici, 19 (23%) con deficit minori, 11 (13%) con gravi deficit neurologici, 9 pazienti sono deceduti (11%). MAV non sanguinanti: Sul totale di 11 casi trattati, 8 sono stati dimessi senza deficit neurologici (73%), 2 casi con deficit minori (18%) e 1 paziente è deceduto (9%). Le tecniche di trattamento sono state variamente combinate. Il trattamento chirurgico è stato associato a buoni risultati nel 50% dei casi, con mortalità dell '8%. Malformazioni artero-venose sanguinanti: ogni tipo di trattamento di una MAV deve mirare alla sua completa esclusione. In generale il nostro comportamento nel trattamento di pazienti con MAV sanguinante è il seguente: - In caso di MAV superficiali, di volume inferiore a 25–30 cm3 e in aree non eloquenti, l'approccio è chirurgico. - In caso di MAV sulla faccia mesiale dell'emisfero o che interessano la regione del cingolo o il corpo calloso, l'esclusione della MAV può essere ottenuta con l'aggressione chirurgica diretta o con la radiochirurgia eventualmente preceduta da parziale embolizzazione. - Le MAV profonde para o intraventricolari o della testa del n. caudato o strio-capsulo-talamiche possono essere trattate chirurgicamente, ma di solito vengono sottoposte a radiochirurgia. - Le MAV in aree eloquenti, se piccole sono sottoposte a radiochirurgia, se di dimensioni maggiori sono dapprima sottoposte ad embolizzazione e successivamente a radiochirurgia. - Le MAV vicine ad aree eloquenti o che in parte le coinvolgono, ad esempio MAV parieto-occipitali corticali o cortico-sottocorticali sono di solito sottoposte a trattamento chirurgico, eventualmente preceduto da un trattamento endovascolare. Malformazioni artero-venose non sanguinanti: in linea generale le MAV di piccolo volume in aree non eloquenti vengono sottoposte al trattamento chirurgico. Se superano i 25–30 cm3 possono essere sottoposte a trattamento endovascolare e successivamente alla chirurgia. Le MAV superiori ai 25–30 cm3 in aree eloquenti, in particolare se irrorate da feeders profonde non vengono di solito sottoposte ad alcun trattamento.
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Buzzi, Laura, Elena Alberghini, Francesca Ferrario, Ivano Baragetti, Gaia Santagostino, Silvia Furiani, Enzo Corghi et al. "Trombolisi accelerata microsonica: trattamento innovativo della trombosi di una fistola artero-venosa nativa". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 1 (3 de agosto de 2013): 43–47. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1001.

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Il trattamento della trombosi della FAV con vasi nativi, che è la causa più frequente della perdita dell'accesso vascolare, può avvalersi di diverse tecniche: trombolisi farmacologica, trombolisi meccanica e trombectomia chirurgica, cui associare la correzione della stenosi che ha provocato la trombosi. La trombolisi diretta mediante cateterismo endovascolare con o senza tombolisi meccanica sta diventando la terapia di prima scelta. La tombolisi accelerata microsonica (TAM) è un trattamento endovascolare innovativo: grazie all'emissione di ultrasuoni da parte di un catetere multilume che rilascia contemporaneamente il fibrinolitico all'interno del trombo, la TAM è più rapida, più efficace e più sicura rispetto alla sola fibrinolisi e, rispetto alla tombolisi meccanica, non è traumatica, ha un bassissimo rischio di embolizzazione e non provoca emolisi. La TAM, da poco impiegata nelle trombosi acute arteriose e venose profonde e nelle tromboembolie polmonari massive, è stata da noi utilizzata per la prima volta per trattare la trombosi acuta di una FAV radio-cefalica estesa all'intero circolo venoso superficiale dell'avambraccio per una lunghezza complessiva di 20 cm. La TAM è risultata una tecnica semplice, ben tollerata e mini-invasiva che ha reso utilizzabile la FAV subito dopo la tombolisi. Dopo 15 mesi, la FAV è pervia e funziona bene.
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Scotti, G., C. Righi, F. Simionato y Ming Hua Li. "Trattamento endovascolare degli aneurismi intracranici con spirali staccabili (GDC)". Rivista di Neuroradiologia 7, n.º 5 (octubre de 1994): 723–33. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700502.

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Tra Giugno 1993 e Agosto 1994, sono stati trattati con spirali staccabili di Guglielmi 32 pazienti con aneurismi intracranici subaracnoidei. Il gruppo è composto da 24 femmine e 8 maschi, con età media di 53 anni. Venti pazienti sono stati trattati in fase acuta a seguito di emorragia subaracnoidea; 12 sono stati diagnosticati per la presenza di segni neurologici legati alla sede e dimensione dell'aneurisma (effetto massa, deficit di nervi cranici), o sono stati un riscontro occasionale. Per quanto riguarda le dimensioni, 15 aneurismi erano piccoli (meno di 10 mm di diametro), 11 erano grandi (fra 10 e 25 mm di diametro) e 6 erano giganti (più di 25 mm di diametro, comprendendo la porzione eventualmente trombizzata). Un elemento importante nel condizionare le probabilità di successo del trattamento endovascolare è rappresentato dalle dimensioni del colletto in rapporto alle dimensioni dell'aneurisma: 14 aneurismi avevano un colletto di diametro inferiore ai 4 mm (10 piccoli, 3 grandi e un gigante) e 12 un colletto di diametro superiore ai 4 mm (3 piccoli, 5 grandi e 4 giganti); negli altri 6 non è stata possibile una valutazione sufficientemente accurata. Gli aneurismi del circolo posteriore erano 11, 8 dell'apice e 3 del tronco della basilare. Tutti i pazienti sono stati trattati in anestesia generale; gli ultimi 22 pazienti erano in eparinizzazione totale. I controlli a distanza sono disponibili solo per un numero limitato di pazienti (3 a 12 mesi; 5 a 6 mesi e 2 a 4 mesi); tutti i pazienti hanno avuto un controllo angiografico immediato e ad una settimana dal trattamento. Secondo il protocollo tutti i pazienti avranno un controllo angiografico ad un anno e possibilmente a 24 mesi dal trattamento. Il controllo angiografico ha mostrato occlusione completa dell'aneurisma in 18 pazienti (56%), occlusione parziale in dodici (38%) (di cui in 6 superiore all '80%). In due pazienti (6%) non è stato possibile posizionare il microcatetere Tracker all'interno dell'aneurisma. Questi due pazienti sono stati successivamente operati, come altri due in cui non era stato possibile posizionare un numero di coils adeguato per ottenere un packing soddisfacente ed era residuato un colletto non protetto. Tre pazienti sono stati trattati due volte; in due il trattamento è stato ripetuto perchè un controllo a 6 mesi aveva documentato ricanalizzazione parziale dell'aneurisma, nel terzo perchè il posizionamento delle coils era stato interrotto la prima volta per il riscontro di embolo nella arteria cerebrale media. Non si sono rilevate differenze nella percentuale di occlusione in funzione della sede dell'aneurisma; per quanto riguarda le dimensioni, la percentuale di occlusione completa e del 33% negli aneurismi giganti, del 63% in quelli grandi e del 70% in quelli piccoli. Nella nostra casistica il diametro del colletto non sembra influenzare in maniera significativa la percentuale di chiusura completa; ciò può essere tuttavia espressione del numero per ora basso di aneurismi trattati. Sui 14 aneurismi con colletto piccolo si è avuta chiusura completa in 5 dei 10 piccoli, vale a dire solo il 50%. Tuttavia in due pazienti non e stato possibile introdurre le spirali nell'aneurisma e si tratta quindi di insuccessi tecnici. Se quindi si considerano 8 aneurismi trattati la percentuale sale al 62%. Tutti i tre aneurismi grandi sono stati occlusi completamente (100%) mentre la chiusura dell'unico aneurisma gigante è stata parziale. Nei 12 aneurismi con colletto di diametro superiore ai 4 mm, 2 su 3 piccoli sono stati chiusi completamente (66%), 3 su 5 grandi (60%) e 1 su 4 giganti (25%). Nessun paziente è morto in conseguenza diretta del trattamento; due pazienti, entrambi con emorragia subaracnoidea di grado 3–4 sono morti cinque giorni dopo il trattamento. Si trattava di aneurismi della comunicante anteriore, in un caso associato a spasmo della cerebrale anteriore con successivo infarto frontale e nell'altro con ematoma frontobasale mesiale, prodottosi dopo il posizionamento delle coils. Si sono registrate 5 complicanze emboliche (15%) durante il trattamento o nelle prime dodici ore successive; tutte tranne una in pazienti non eparinizzati. Quattro delle complicanze sono state sintomatiche con deficit neurologici residui in 3 pazienti, da lieve afasia a grave emiparesi. In un paziente si è prodotta rottura dell'aneurisma nel corso del posizionamento delle coils, per eccessivo avanzamento del Tracker dopo la quarta coil. Il posizionamento di una quinta coil ha conseguito il tamponamento della rottura. In totale sono state impiegate 155 spirali con una media di cinque spirali per paziente; questo alto numero è spiegato dalla prevalenza, nel nostro gruppo, di aneurismi grandi o giganti.
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Castellan, L., A. Casasco, L. Bernardi, V. Pinna, M. Marchi y A. Puzzuoli. "Trattamento endovascolare per via venosa di fistola carotido-cavernosa operata". Rivista di Neuroradiologia 9, n.º 3 (junio de 1996): 333–37. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900311.

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Gli autori descrivono un caso di fistola carotido-cavernosa post-traumatica trattata per via endovascolare venosa. Il paziente era stato precedentemente sottoposto a molteplici interventi chirurgici con risultato insoddisfacente. La fistola è stata embolizzata con spirali e colla cianoacrilica, utilizzando l'approccio attraverso il seno petroso inferiore, ottenendone l'occlusione e il miglioramento della sintomatologia. L'embolizzazione per via venosa transpetrosa si è dimostrata tecnica efficace e priva di particolari difficoltà di esecuzione.
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Briganti, F., G. La Tessa, S. Cirillo, G. Sirabella, R. Saponiero, A. N. Napoli, L. Simonetti, F. Maglione, S. Tecame y R. Elefante. "Trattamento percutaneo delle stenosi dei tronchi sovra-aortici: Esperienza multicentrica in Campania". Rivista di Neuroradiologia 10, n.º 2_suppl (octubre de 1997): 109. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s242.

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Nell'ambito della patologia stenotica dei vasi epiaortici la P.T.A. ha raggiunto un ruolo di primo piano; essa rappresenta il trattamento di prima scelta nelle stenosi delle origini delle arterie carotidi e succlavie. L'introduzione di protesi endovascolari (stent) ha migliorato i risultati del trattamento endovascolare. Questo lavoro valuta i risultati ottenuti da un gruppo di studio campano in tre differenti centri di neuroradiologia interventistica in quattro anni di attività sono stati trattati 35 pazienti affetti da patologia steno-ostruttiva del distretto epiaortico con un'età compresa tra i 60 ed i 72 anni. La valutazione dei risultati pertanto è stata fatta sul controllo angiografico immediato e clinico-strumentale (echo-doppler) a distanza.
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Scienza, R. y G. Pavesi. "MAV cerebrali". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 119–28. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500111.

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Vi sono 2 motivi per cui la MAV cerebrali si pongono come un problema neurochirurgico particolarmente difficile da affrontare. In primo luogo l'indicazione al trattamento (e con quali metodiche); e in secondo luogo l'obiettiva difficoltà tecnica che queste lesioni presentano alla chirurgia. Quali sono le MAV che si giovano di un trattamento chirurgico? Questa decisione si basa sulla storia naturale, la cui previsione è tuttora deducibile più dalle modalità d'esordio clinico che dagli aspetti morfologici. Sulla base dei dati della letteratura sono state redatte delle tabelle di calcolo per il rischio individuale di emorragia nell'arco di una vita che sono uno strumento imprescindibile per affrontare questi delicati problemi terapeutici in maniera razionale. Per quanto concerne il rischio chirurgico sono stati identificati precisi fattori di rischio morfo-funzionali che permettono una quantificazione preoperatoria del rischio di mortalità e morbilità cui può andare incontro il paziente, una volta operato. Inoltre, la terapia delle MAV è oggi un intervento multidisciplinare, in quanto nel percorso decisionale si inseriscono anche le opzioni di tecniche alternative quali il trattamento endovascolare e la radiochirurgia. Attualmente il nostro orientamento è quello di riservare alle tecniche di embolizzazione un ruolo di ‘preparazione’ al trattamento definitivo, sia esso chirurgico o radioterapico. Le nostre osservazioni sulla terapia chirurgica delle MAV cerebrali si basano su 175 casi personalmente operati. La chirurgia delle MAV cerebrali richiede una alta specializzazione nella microchirurgia vascolare affiancata da una adeguata struttura organizzativa. L'esperienza personale può orientare nella indicazione al miglior trattamento possibile, senza tuttavia pretendere di rappresentare un algoritmo decisionale assolutamente attendibile e standardizzabile. Infatti, mancano studi randomizzati di terapia radiochirurgica, endovascolare o microchirurgica, in grado di definire i criteri di trattamento. Questi studi, che richiedono una collaborazione multicentrica, sono necessari per stabilire la prognosi dei pazienti portatori di MAV cerebrali.
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PELLICCIA, P., M. BARTOLOMEO, G. IANNETTI, A. BONAFÉ y M. MAKEIEFF. "Pseudoaneurisma di origine traumatica localizzato in un seno sfenoidale fratturato". Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, n.º 2 (abril de 2016): 149–52. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-192913.

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Descriviamo il caso di un pseudoaneurisma di origine traumatica dell’arteria carotide interna destra localizzato all’interno di un seno sfenoidale fratturato che si è sviluppato in un paziente che aveva riportato delle fratture dell’osso frontale e della base cranica che coinvolgevano le pareti del seno sfenoidale e il canale della carotide malgrado l’angio-TC precoce fosse negativa. Il paziente ha presentato due episodi di epistassi ritardata massiva potenzialmente letale prima di essere trattato con successo con tecniche endovascolari utilizzanti spirali metalliche e uno stent non ricoperto. Questo caso sottolinea il fatto che i pazienti con trauma cranico che presentano fratture nel seno sfenoidale con o senza epistassi massiva dovrebbero essere studiati il più presto possibile alla ricerca dello sviluppo di uno pseudoaneurisma postraumatico della carotide interna. Se la prima angio-TC è negativa, un’epistassi ricorrente dovrebbe condurre alla realizzazione di una seconda angio-TC poiché lo pseudoaneurisma richiede tempo per svilupparsi. Un trattamento endovascolare precoce con uno stent non ricoperto può impedire il decesso del paziente.
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Guidetti, G., M. Dazzi, A. Santoro, M. C. Piattella y G. P. Cantore. "Aneurismi giganti: Trattamento combinato neurochirurgo-neuroradiologo". Rivista di Neuroradiologia 10, n.º 2_suppl (octubre de 1997): 176. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s275.

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Gli autori presentano due casi di aneurismi giganti intracranici esclusi dal circolo mediante trattamento combinato neurochirurgico-endovascolare. Entrambi gli aneurismi sono stati riempiti con spirali di Guglielmi, la carotide sacrificata, il circolo intracranico preservato mediante by-pass con vena safena tra carotide e cerebrale media. I due casi riguardano un aneurisma intracavernoso sinistro ed un aneurisma di biforcazione di carotide sinistra. è sempre stato eseguito balloon occlusion test. In un caso è residuato lieve deficit alla mano destra in regressione. Caso 1 P. M. aa. 45 femmina. La paziente in seguito a disturbi del visus eseguiva risonanza magnetica che evidenziava la presenza di un aneurisma intracavernoso sinistro. La diagnosi veniva confermata angiografiamente; al ballon occlusion test, eseguito in carotide interna, oltre ad un modesto impaccio della parola, si osservava un parziale riempimento dell'aneurisma attraverso l'oftalmica. Veniva allora eseguito un by-pass con la safena e subito dopo la paziente veniva riportata in sala agiografica dove si riempiva l'aneurisma e la porzione sottostante di carotide con spirali GDC. L'angiografia di controllo mostrava la perfetta permeabilità del by-pass. Caso 2 T.I. aa. 42 femmina. La paziente, portatrice di aneurisma di biforcazione di carotide sinistra, in altra sede veniva sottoposta a craniectomia e veniva protetto il fondo dell'aneurisma con colla. Giunta alla nostra osservazione, veniva embolizzata con spirali GDC ottenendo una quasi completa esclusione dal circolo dell'aneurisma. Al controllo a sei mesi la situazione risultava immodificata, mentre a dodici mesi si osservava la riabilitazione del terzo medio dell'aneurisma con ulteriore sfiancamento della sacca. Veniva praticato allora intervento di by-pass carotide cerebrale media con safena e l'aneurisma con il moncone sottostante di carotide riempiti con GDC; la cerebrale anteriore di sinistra era nutrita tramite comunicante anteriore.
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Bonaldi, G. "La Neuroradiologia interventistica nella patologia del basicranio". Rivista di Neuroradiologia 13, n.º 3 (junio de 2000): 495–507. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300317.

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Il basicranio è sede di una grande varietà di eventi patologici; la sua complessità anatomica condiziona una difficile accessibilità terapeutica, in particolare chirurgica. La neuroradiologia interventistica diviene quindi strumento di grandi utilità e versatilità, potendo da un lato intervenire a supporto del chirurgo, con tecniche di embolizzazione preoperatoria, dall'altro potendo realizzare trattamenti definitivi di lesioni non altrimenti aggredibili. Le lesioni neoplastiche di interesse neurointervenzionistico che più frequentemente coinvolgono tale distretto sono: - i meningiomi, tendenzialmente meno ipervascolari rispetto a quelli della volta, possono beneficiare di un'embolizzazione preoperatoria, in tal caso solitamente realizzata con particelle solide di piccole dimensioni. L'obiettivo è quello di ottenere una devascolarizzazione il più radicale e il più distale possibile; per tale motivo vengono utilizzate particelle anche di diametro medio inferiore ai cento micron, le particelle più usate sono di P.V.A. (gelatina di alcol di polivinile), la tecnica è quella della microcateterizzazione iperselettiva dei rami durali afferenti. Spesso l'asportazione radicale di neoplasie della base cranica (tipicamente i meningiomi della regione cavernosa) non può prescindere da una dissecazione del tumore dalle pareti dall'arteria carotide interna, con conseguente rischio intraoperatorio di lesione od occlusione della stessa. In questi casi diventa importante l'esecuzione preoperatoria di un test d'occlusione per valutare i circoli di compenso. - I chemodectomi sono tumori ipervascolari, pressoché ubiquitari ma la cui sede più frequente è rappresentata dalla regione timpano-giugulare. Una loro asportazione chirurgica totale, che può condurre alla completa guarigione, non può assolutamente prescindere da una devascolarizzazione preoperatoria mediante embolizzazione. Quest'ultima può essere realizzata sia con particelle solide, sia con colle acriliche. - L'angiofibroma giovanile naso-faringeo è una lesione neoplastica benigna, modicamente vascolarizzata, originante a livello del forame sfeno palatino, spesso con coinvolgimento verso l'alto delle regioni etmoidali e del basicranio anteriore, con apporti al circolo patologico neoformato originanti dai sifoni carotidei o dalle arterie oftalmiche, di difficile embolizzazione per via endovascolare con tecnica di microcateterismo; la neoplasia può quindi essere embolizzata mediante puntura diretta (attraverso orifici naturali o per via percutanea) e successiva iniezione di colla acrilica. Alcune malformazioni vascolari che coinvolgono il basicranio sono di particolari interesse terapeutico mediante gli approcci endovascolari della neuroradiologia interventistica. Gli aneurismi del sifone carotideo intracavernoso, che solitamente si rendono evidenti clinicamente quando raggiungono le dimensioni dell'aneurisma gigante, possono essere trattati mediante embolizzazione selettiva con spirali di Guglielmi e risparmio dell'arteria portante; più frequentemente per il loro trattamento è necessario il sacrificio dell'asse carotideo interno, mediante occlusione con palloncini staccabili previo test d'occlusione. Le fistole carotido cavernose dirette sono più spesso di natura post-traumatica, meno frequentemente da rottura di aneurisma intracavernoso, da collagenopatia, da displasia fibro-muscolare. Il trattamento endovascolare è particolarmente elegante, e uno dei primi trattamenti eseguiti a livello intracranico per via endovascolare. La tecnica consiste nel ripristinare la normale pervietà dell'arteria carotide interna, occludendo il tramite patologico, mediante gonfiaggio di un palloncino staccabile nel versante venoso. Solo nelle lesioni traumatiche più gravi, con lacerazioni irregolari o multiple della parete arteriosa, può essere necessario il sacrificio della stessa. È possibile in casi selezionati anche un trattamento per via venosa, mediante stipamento del seno cavernoso con spirali staccabili di Guglielmi. Le fistole durali più frequenti sono a livello della loggia cavernosa e delle regioni dei seni trasverso e sigmoideo. Esse possono essere trattate mediante embolizzazione degli apporti arteriosi durali, con particelle solide oppure con con colle acriliche; è possibile anche un approccio per via venosa a livello di un seno durale di scarico, solitamente occluso per pregresso evento trombotico, e successivo stipamento con spirali metalliche. Nei casi ritenuti chirurgici, con clippaggio dell'origine delle vene di scarico intracraniche, l'embolizzazione preoperatoria può ridurre il rischio dell'intervento diminuendo la pressione nelle strutture venose.
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Andreoli, A., L. Simonetti, C. Sturiale, R. Agati y M. Leonardi. "Malformazioni artero-venose del sistema nervoso centrale". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 55–67. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500106.

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Il trattamento delle malformazioni artero-venose (MAV) cerebrali dispone oggi di 3 opzioni terapeutiche: la microchirurgia, l'embolizzazione, la radiochirurgia. Esiste inoltre la possibilità di combinare fra di loro questi vari trattamenti. La scelta della strategia di trattamento preferibile non è sempre semplice, deve essere personalizzata caso per caso e si basa sull'integrazione di dati clinici, epidemiologici e neuroradiologici. Gli esami diagnostici, neuroradiologici e non, che possono entrare in gioco nello studio delle MAV sono numerosi: TC e/o angio-TC, RM, angio-RMN ed RM “funzionale” (RM-f) di attivazione, studio angiografico, ed altri eventuali esami funzionali quali la PET, i potenziali evocati (pazienti pediatrici in anestesia generale o MAV rolandiche); il transcranial doppler. La scelta delle tecniche varia in funzione delle informazioni che si desidera ottenere. Se l'impostazione terapeutica è essenzialmente chirurgica tradizionale e si basa sull'identificazione del “grading” di una MAV secondo la classificazione di Spetzler e Martin, sono sufficienti i dati deducibili da TC/angioTC o da RM/angio-RM. Sono noti, tuttavia i limiti di questo approccio, che tra l'altro è scarsamente utile per la valutazione del rischio del trattamento endovascolare o radiochirurgico Per tali motivi è più opportuno approfondire lo studio angioarchitettonico e fisiopatologico della MAV con l'esame angiografico selettivo e superselettivo. Nel valutare lo studio angiografico è importante sempre analizzare tutte le sue componenti: afferenti arteriosi, nidus, drenaggi venosi. Al termine di tale iter diagnostico avremo tutti gli elementi fisiopatologici che ci consentono di decidere il trattamento più adeguato: chirurgia; radiochirurgia, trattamenti endovascolari; varie associazioni, trattamento conservativo. In conclusione, esistono pazienti in cui ciascuna delle tre metodiche sarebbe di per sé efficace: in questi casi è da preferire la chirurgia in quanto anatomicamente risolutiva. Esistono pazienti in cui le caratteristiche cliniche e le indagini strumentali orientano verso l'utilizzazione di una sola metodica, chirurgia o radiochirurgia oppure embolizzazione. In altri pazienti il trattamento combinato di due o più metodiche in successione appare il più razionale per ottenere il miglior risultato possibile. Esistono infine alcuni pazienti in cui il rischio di qualsiasi tipo di trattamento è maggiore rispetto al rischio legato alla storia naturale, in cui ancora oggi il trattamento conservativo appare la scelta più ragionevole.
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Trombetta, C., G. Liguori, S. Siracusano, G. Savoca, L. Buttazzi, B. Zingone y E. Belgrano. "Una Soluzione Economica per il Trattamento Della Trombosi Cavale Intraepatica Nell'anziano: Intrahepatic Tumour Trombectomy: An Economic Therapeutic Option in Elderly Patients". Urologia Journal 65, n.º 2 (abril de 1998): 246–49. http://dx.doi.org/10.1177/039156039806500211.

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Radical excision of renal cancer with propagation into the intrahepatic and intrapericardial inferior vena cava (IVC) has become an accepted surgical approach. We present a case of left radical nephrectomy for renal cancer with IVC sovrahepatic involvement, in which we verified the possibility of approaching the intrapericardial IVC through a limited diaphragmatic incision, thereby avoiding the more invasive sternotomy. The advantages of this approach are: lesser invasiveness, simpler control of the upper extension of the thrombus and decreased blood loss.
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Cappellini, M., S. Mangiafico, G. Villa, V. Scardigli, G. P. Giordano y A. Nori. "Trattamento endovascolare attraverso il seno petroso inferiore di due pazienti portatori di fistola carotido-cavernosa (tipo A e tipo B)". Rivista di Neuroradiologia 9, n.º 2_suppl (noviembre de 1996): 163–71. http://dx.doi.org/10.1177/19714009960090s222.

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Gli autori presentano due casi di fistola carotido-cavernosa (la prima di tipo B e la seconda di tipo A secondo la classificazione di Barrow), trattati con approccio venoso posteriore attraverso il seno petroso inferiore mediante spirali a distaccamento meccanico (MDS-N). Vengono brevemente discussi i vantaggi e gli svantaggi della via venosa posteriore rispetto alla venosa anteriore ed alla via arteriosa.
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Arcuri, T., A. Valdata, E. F. Melani, G. Baldino, P. Mortola y A. Gori. "Trattamento combinato chirurgico ed endovascolare in un caso di stenosi preocclusiva del tronco anonimo e della carotide interna destra". Rivista di Neuroradiologia 16, n.º 1_suppl (mayo de 2003): 213–14. http://dx.doi.org/10.1177/19714009030160s183.

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Beltramello, A., P. Zampieri, E. Piovan, L. Rosta, F. Alessandrini, A. Grazioli, F. Pizzini y V. Martines. "Malformazioni artero-venose intracraniche". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 41–54. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500105.

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Al giorno d'oggi, il bilancio diagnostico neuroradiologico degli angiomi intracranici si fonda su tre principali tecniche: Tomografia Computerizzata (TC), Risonanza Magnetica (RM), Angiografia, eventualmente implementate da studi flussimetrici (ad esempio: Xenon-TC). La TC è molto utile negli esami di emergenza e/o in quelli di screening. La superiorità della RM nel dimostrare la precisa localizzazione anatomica e le relazioni del nido della MAV delle sue arterie afferenti e delle vene di drenaggio è probabilmente il vantaggio più importante rispetto alla TC e all'Angiografia. Le tecniche di RM funzionale consentono la mappatura dei principali sistemi funzionali encefalici al fine di delineare le loro precise relazioni anatomiche con la MAV. L'Angiografia rimane la sola tecnica che può fornire l'informazione vascolare ed emodinamica dettagliata necessaria per pianificare il trattamento chirurgico o endovascolare delle M AV. La presenza di emorragia precedente o in atto è reperto di importanza fondamentale per decidere se asportare chirurgicamente la MAV o trattarla conservativamente, a causa dell'elevata incidenza di risanguinamento nei Pazienti con esordio emorragico o in quelli con anamnesi di pregressa emorragia. La RM, con la sua straordinaria sensibilità agli effetti paramagnetici dell'emosiderina, può apportare un contributo molto importante alla gestione terapeutica dei Pazienti in un numero significativo di casi.
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Colombo, F., U. Fornezza y L. Casentini. "Le malformazioni artero-venose cerebrali". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 129–36. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500112.

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La irradiazione stereotassica in dose unica (radiochirurgia) è una tecnica che è stata sviluppata per consentire la somministrazione di una dose di radiazione elevata con precisione millimetrica su bersagli intracranici di piccole dimensioni. Da quando, nel 1982, abbiamo sviluppato una metodica radiochirurgica originale che impiega, come sorgente radiante, un acceleratore lineare da radioterapia, la tecnica è stata impiegata in oltre 1000 pazienti. La indicazione di gran lunga più frequente è rappresentata dalle malformazioni artero-venose cerebrali (565 casi). Scopo della relazione è presentare un aggiornamento della nostra esperienza. I sintomi di esordio erano rappresentati dall'emorragia in 388 (68.6%), dall'epilessia in 96, da deficit neurologici in 32, da cefalea in 22, da idrocefalo in 5, da una nevralgia trigeminale in 2 e da esoftalmo in 1. 196 pazienti avevano subito precedenti tentativi terapeutici. Le dimensioni massime delle lesioni trattate variano da 4 a 50 mm. Il follow-up varia da 1 a 195 mesi. La percentuale di obliterazione completa è 44% ad un anno e 71.8% (249 pazienti) a due anni. In 30 pazienti l'angiografia si è negativizzata dopo periodi piè lunghi, da 36 a 72 mesi. La irradiazione è stata ripetuta in 46 pazienti ottenendo la guarigione angiografica in 21. Aggiungendo questi ultimi, la obliterazione completa è stata ottenuta pertanto nell '86.4% dei pazienti seguiti. 8 pazienti non guariti sono stati successivamente operati e 19 sottoposti a trattamento endovascolare. 44 pazienti hanno presentato un episodio di emorragia cerebrale dopo il trattamento. 32 di questi avevano una storia di precedenti eventi emorragici. Nella nostra serie, le malformazioni più grandi sembrano essere più soggette a rottura di quanto lo siano quelle più piccole. Le conseguenze del sanguinamento sono state importanti: 8 pazienti sono deceduti (1.4%) e 7 sono stati sottoposti ad intervento d'urgenza per un ematoma con effetto massa. 28 (5%) pazienti hanno presentato complicanze attribuibili all'irradiazione. In tutti i casi la TAC con mezzo di contrasto e/o la RMN deponevano per un danno cerebrale da raggi con edema perilesionale. Un paziente ha sviluppato un tumore (istologia: glioblastoma) nella sede del trattamento 12 anni dopo l'irradiazione e 11 anni dopo la guarigione angiografica dell'angioma.
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Gasparotti, R., G. F. Gualandi, M. Bonetti, A. Chiesa y G. Galli. "L'angiografia a risonanza magnetica nello studio del circolo cerebrale". Rivista di Neuroradiologia 5, n.º 3 (agosto de 1992): 309–30. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500304.

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L'Angiografia a Risonanza Magnetica (ARM) è stata utilizzata per lo studio del circolo cerebrale a completamento della convenzionale indagine RM spin-echo (RM-SE) in 20 pazienti portatori di malformazioni artero-venose (MAV) cerebrali (17 sovratentoriali e 3 sottotentoriali). Per un'efficace dimostrazione sia delle afferenze arteriose che del drenaggio venoso sono stati contemporaneamente impiegati diversi tipi di sequenze ad «pacchetto» 2D e 3D (Time-of-Flight MR Angiography). Nei 5 casi con emorrragia intraparenchimale spontanea è stata utilizzata l'Angio-RM a contrasto d'ampiezza (Magnitude MR Angiography). I reperti sono stati confrontati con quelli dell'angiografia e della RM spin-echo. L'angio-RM è risultata essenziale ai fini di una diagnosi non invasiva di malformazione artero-venosa cerebrale in 3 pazienti (15%) con MAV di piccole dimensioni (diametro max di 15 mm), non riconoscibili nelle immagini spin-echo, ed in 4 casi dubbi (20%) in cui la RM-SE poneva solo un sospetto sulla base di rilievi indiretti. In tutti i casi di emorragia cerebrale da rottura spontanea di MAV l'Angio-RM ha permesso il riconoscimento del nidus angiomatoso residuo, mascherato dal segnale del sangue nelle immagini spin-echo, trovando successiva conferma nell'angiografia. L'Angio-RM si è inoltre dimostrata superiore alia RM spin-echo nella caratterizzazione anatomica delle MAV, riconoscendo un maggior numero di vasi afferenti e precisando meglio il tipo di drenaggio venoso. Confrontata con l'angiografia, l'Angio-RM in 3 casi è risultata insufficiente per la dimostrazione di vasi afferenti di calibro sottile, quali le arterie corioidee e le arterie cerebellari superiori, mentre in altri 3 casi ha mancato la visualizzazione di scarichi venosi profondi non dilatati. Nonostante l'angiografia rimanga l'unica indagine radiologica in grado di fornire una completa caratterizzazione sia morfologica che emodinamica delle MAV cerebrali, indispensabile ai fini di una terapia chirurgica o di un trattamento endovascolare, in base ai risultati del presente studio l'angio-RM può essere considerata come indagine fondamentale nella fase di inquadramento diagnostico, complementare alia RM tradizionale.
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