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Howard, Paolo. "Minorenni straniere: tratta di esseri umani, sfruttamento sessuale e violenza di genere". MINORIGIUSTIZIA, n.º 3 (enero de 2021): 53–62. http://dx.doi.org/10.3280/mg2020-003006.

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In Italia sono moltissime le minorenni e le adolescenti straniere, soprattutto d'origine nigeriana e romena, vittime di tratta ai fini di sfruttamento sessuale. Sono ragazze destinate al mercato della prostituzione su strada, in appartamento e online, soprattutto durante l'emergenza sanitaria. Esistono diversi indicatori che consentono d'individuare le ragazze vittime di sfruttamento sessuale, tra cui assumono rilievo le conseguenze in termini di violenza fisica e psicologica. Si tratta di violenza di genere. Un approccio di genere è dunque centrale per prevenire il fenomeno e proteggere le minorenni che sono vittime di tratta per sfruttamento sessuale.
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De Felice, Deborah, Elisa Lombardo y Giuliana Salerno. "La tratta di esseri umani minorenni. Quadro normativo e percorsi di cittadinanza". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 1 (abril de 2019): 53–84. http://dx.doi.org/10.3280/sd2019-001003.

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3

Mazzeo, Mirella. "Schiavitù e tratta di esseri umani: nuove categorie per antiche piaghe". Białostockie Studia Prawnicze 8 (2010): 305–17. http://dx.doi.org/10.15290/bsp.2010.08.21.

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4

Blandini, Margherita. "Il Programma Globale delle Nazioni Unite contro la tratta di esseri umani". Revista Electrónica de Derecho de la Universidad de La Rioja (REDUR), n.º 5 (1 de noviembre de 2007): 93. http://dx.doi.org/10.18172/redur.4003.

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5

Ghezzi, Morris L. "Bioetica tra scienza e superstizione". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 2 (noviembre de 2010): 7–23. http://dx.doi.org/10.3280/sd2010-002001.

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Questo articolo tratta dei limiti che la bioetica deve imporre alle normative statali nella regolamentazione dei comportamenti da tenere in situazioni riguardanti il tema della vita e della morte dell'essere umano. Ovviamente per individuare tali limiti č necessario in via preliminare procedere alla definizione dei concetti di vita e di morte da un punto di vista sia filosofico, sia giuridico. Negli Stati democratici e laici la legge deve rispettare le libere scelte dei cittadini in materie che coinvolgono esclusivamente la dimensione individuale dell'essere umano. Pertanto, poiché la vita e la morte sono proprio dimensioni specificatamente soggettive ed individuali, di fronte alle quali la collettivitŕ deve fermarsi ad ascoltare l'opinione del diretto interessato, la legge piů che formulare imperativi, deve tracciare spazi di libera scelta entro i quali il singolo individuo possa trovare difesa per la realizzazione delle proprie ultime volontŕ. Nella cultura umana la distinzione tra naturale ed artificiale č priva di significato, poiché la creativitŕ culturale produce artificialitŕ, ma č naturale per l'essere umano. Dunque, non esistono parametri oggettivi per indicare scelte naturali in bioetica, ma ogni visione č possibile, ogni posizione etica č rispettabile. In materia bioetica non puň esistere eteronomia, ma solo autonomia del singolo individuo e ciň impone anche che la ricerca scientifica resti libera da qualsiasi vincolo di natura superstiziosa, religiosa o politica e trovi limiti esclusivamente nell'eguale libertŕ di scelta di tutti gli esseri umani.
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Pozzetti, Roberto. "La psicoanalisi e la clinica di frontiera: nuovi sintomi e nuove povertŕ". COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, n.º 20 (diciembre de 2010): 31–45. http://dx.doi.org/10.3280/cost2010-020002.

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La psicoanalisi applicata si rivolge oggi a diverse situazioni che esulano dallo studio privato; fra queste vi č quella degli esseri umani in condizioni di disinserimento. Si tratta di soggetti che presentano delle difficoltŕ nei legami sociali accentuate dalle condizioni socio-economiche di precarietŕ tanto diffuse in questo momento. Alcuni contesti clinici relativi ai nuovi sintomi e alle nuove povertŕ costituiscono delle figure emblematiche di tale realtŕ.
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Zambrano, Viriginia. "TRA PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA E RESPONSABILITÀ: DIVERSI ITINERARI DI TUTELA DEL MINORE". Revista de Direito Brasileira 23, n.º 9 (11 de febrero de 2020): 389. http://dx.doi.org/10.26668/indexlawjournals/2358-1352/2019.v23i9.5748.

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Scopo di questa ricerca è quello di evidenziare come il minore sia innanzitutto “persona”, rispetto alla quale occorre declinare i principi di uguaglianza e responsabilità. La metodologia utilizzata è di tipo deduttivo. Lo studio si avvale dei contributi della giurisprudenza e della dottrina sia italiana che straniera. Infine, la ricerca è qualitativa. Si intende rilevare come la tutela del minore dipenda da una serie di profili che si collegano ad una etica sociale della legalità e dei diritti umani. Il diritto ad una famiglia, alla casa di abitazione, il diritto a conoscere le proprie origini sono alcuni degli aspetti sui quali si è inteso riflettere, per dimostrare su cosa poggia la protezione del minore. Questi è un essere in formazione, sia dal punto di vista fisico che psichico, e ha bisogno di essere tutelato in quanto persona. Non si tratta di vedere solo cosa stabilisce la norma: per rendere efettiva la tutela occorrono adeguate politiche pubbliche in grado di garantire l'applicazione dei principi di uguaglianza e responsabilità, nonché etici. Sia nel campo teorico che nell'attuazione delle politiche pubbliche, occorre assicurare lo sviluppo della personalità del minore.
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Manfrida, Gianmarco y Elisa Serafini. "La famiglia dell'emigrante č sempre una risorsa? Reti sociali e vissuti familiari nelle donne nigeriane vittime di tratta". RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, n.º 31 (octubre de 2010): 29–42. http://dx.doi.org/10.3280/pr2010-031003.

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Nell'ultimo decennio in Italia la tratta degli esseri umani ha assunto maggiore rilevanza e importanza. Il fenomeno si caratterizza per la sua complessitŕ e la sua rapida trasformazione, per questo gli autori hanno deciso di guardarlo ponendo attenzione ad un aspetto specifico: le reti sociali. In particolare si sono soffermati sulla situazione individuale e familiare di donne nigeriane inserite in programmi di protezione previsti dall'art. 18 D.Lgs. 286/98, con l'obiettivo di svolgere una prima analisi su handicap e risorse sociali, attraverso due strumenti descrittivi e proiettivi: genogramma e disegno simbolico dello spazio vitale. I risultati hanno permesso di evidenziare una sostanziale differenza fra la struttura descritta nel primo strumento e quella piů corrispondente ai vissuti individuali che appare nel secondo. Secondo gli autori tale discrepanza puň riflettere la differenza esistente fra un supporto reale ambivalente della rete sociale e il supporto sociale effettivamente percepito dal soggetto, libero dai condizionamenti negativi impliciti nelle "lealtŕ invisibili". Si aprono cosě spazi e responsabilitŕ per gli operatori formati in un modello relazionale sistemico.
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Giammarinaro, Maria Grazia. "La direttiva 2011/36/UE sulla prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 1 (junio de 2012): 15–33. http://dx.doi.org/10.3280/diri2012-001002.

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Comite, Ubaldo. "Responsabilità sociale e gestione etica dell'impresa tra profitto e primato della persona umana". E-Theologos. Theological revue of Greek Catholic Theological Faculty 1, n.º 1 (1 de abril de 2010): 21–36. http://dx.doi.org/10.2478/v10154-010-0003-9.

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Responsabilità sociale e gestione etica dell'impresa tra profitto e primato della persona umana Negli ultimi anni si è andato affermando in maniera crescente il concetto di responsabilità in ambito pubblico e privato. In tal senso, sia le imprese che le amministrazioni pubbliche hanno avviato in diversi contesti programmi di responsabilità sociale. Il punto di riferimento di imprenditori e manager non sono più, semplicemente, gli azionisti e gli investitori ma, accanto a questi stanno progressivamente subentrando altre categorie di soggetti ai quali, nel terzo millennio, l'impresa deve rendere conto, ovvero: lavoratori, fornitori, risparmiatori, cittadini, istituzioni sociali. L'attenzione sta dunque passando dagli shareholder agli stakeholder e da qui la necessità di munirsi di adeguati strumenti. La definizione di responsabilità sociale più diffusa è stata esplicitata dall'Unione Europea che l'ha definita come "Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate", integrazione da intendersi come risposta alle esigenze di innovazione delle pratiche di governo dell'impresa e del territorio. Attraverso la Responsabilità Sociale di Impresa si intende fare riferimento ad un modello di governance allargata, in base al quale chi governa l'impresa ha responsabilità che si estendono dall'osservanza dei doveri fiduciari nei riguardi della proprietà ad analoghi doveri fiduciari nei riguardi, in generale, di tutti gli stakeholder. Si tratta, dunque, di un concetto che si sta diffondendo rapidamente come approccio innovativo alla gestione aziendale, la cui valutazione globale non si limita più ad analizzare aspetti di carattere economico, ma tiene conto di valori quali la tutela ambientale, la salvaguardia della salute, il rispetto dei diritti umani, in altri termini dell'apporto sociale dell'attività posta in essere. Ancora, nella gestione d'impresa occorre coniugare due valori fondamentali: la creazione del profitto e il primato della persona umana, con particolare attenzione al suo sviluppo. Nell'impresa che viene gestita "eticamente" il perseguimento del profitto tende a collocarsi in un quadro più ampio di "creazione di valore" per tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente, sono associati all'azienda. Guidare l'impresa con responsabilità significa farla crescere e conseguentemente far progredire la società nel suo insieme. In tal senso, il contributo intende proporre una riflessione sul concetto di Responsabilità Sociale di Impresa complessivamente inteso, in rapporto all'etica degli affari.
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Beretta Piccoli, Raffaele. "Educare ad essere umani". Swiss Journal of Educational Research 42, n.º 1 (3 de junio de 2020): 148–67. http://dx.doi.org/10.24452/sjer.42.1.9.

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L’articolo si avvia con un’analisi dell’esperienza dell’apprendimento focalizzata sui seguenti tratti essenziali: la relazione, la libertà, l’intelletto e la sfera affettiva. L’educazione è poi definita come accompagnamento del discente verso un’esperienza più profondamente umana della realtà. Questa definizione impone di giudicare la distinzione concettuale tra istruzione e educazione come riduttiva: l’istruzione è, infatti, essa stessa educante per il metodo, che insegna il confronto con i propri limiti e introduce a una posizione di apertura al reale, e per i contenuti, che arricchiscono di consapevolezza l’esperienza della realtà. In questo percorso è indispensabile l’educazione ai valori, tematizzata nella seconda parte dell’articolo con una proposta didattica di educazione alla cittadinanza democratica.
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Tibaldeo, Roberto Franzini. "Animale, "transanimale" e umano nel pensiero di Hans Jonas". Pensando - Revista de Filosofia 6, n.º 11 (27 de julio de 2015): 415. http://dx.doi.org/10.26694/pensando.v6i11.3606.

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Il pensiero di Hans Jonas, specie per quel che riguarda la cosiddetta “biologia filosofica”, tratta indirettamente del rapporto tra essere umano e animale. A questo riguardo, Jonas rifiuta sia l’approccio dualistico, sia quello monistico-riduzionistico e propende al contrario per una complessiva reinterpretazione del fenomeno della vita nei termini di quel che egli definisce una “rivoluzione ontologica”. In virtù di ciò, il pensatore rintraccia lo specifico del fenomeno della vita e individua nelle forme viventi una scala naturae di complessità, auto-trascendimento e libertà via via crescenti, le cui tappe significative sono la vita organica, quella animale e quella umana. Per quel che concerne la forma animale, varie specie presentano “potenzialità trans-animali”, che evidenziano un ponte biologico e ontologico verso l’essere umano. In altre parole, l’animale è in qualche modo in grado di prefigurare la forma di vita specificamente umana. Tuttavia, sostiene Jonas, non appena quest’ultima fa la propria comparsa, essa è tale per cui se ne evidenzia al tempo stesso anche lo “iato metafisico” rispetto alla vita animale. La specificità umana si manifesta nella propria capacità di essere responsabile e di preservare le condizioni basilari per una vita autentica sul pianeta.
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Bompiani, Adriano. "L’elaborazione di “regole” per le innovazioni biotecnologiche". Medicina e Morale 49, n.º 4 (31 de agosto de 2000): 713–50. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.765.

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Come è noto, l'unione Europea ha fra i suoi scopi quello di favorire lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi aderenti, facilitando la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica, la produzione di beni e la circolazione degli stessi nell’ambito dell’Unione, eliminando per quanto è possibile differenze, normative e conflitti commerciali. Con questo spirito, dopo anni di difficile lavoro, è stata emanata la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio (6luglio 1998) che riguarda la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ne presupposto che si tratti di genoma – sia esso di origine vegetale, animale o umano – in quanto risultati da “invenzioni” suscettibili di applicazioni industriali e non dal mero isolamento (“scoperta”). L’Autore, che già ha esaminato in un precedente contributo gli aspetti etici dell’impiego delle biotecnologie nel campo vegetale e animale (v. Medicina e Morale 2000, 3: 449-504), si sofferma a descrivere quanto prevede la Direttiva 98/44/CE stessa, assieme ad altre norme internazionali precedentemente emanat, per la tutela dell’ambiente, degli animali e degli organismi umani. L’Autore riconosce che la direttiva vieta, nel dispositivo, lo sfruttamento commerciale che sia contrario all’ordine pubblico e al buon costume, fornendo gli esempi concreti dei divieti applicabili ai processi di clonazione umana a scopo riproduttivo, di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano; di modificazione degli embrioni umani a fini commerciali e industriali; di modificazione dell’identità genetica animale di natura tale da provocare sofferenza negli stessi, senza utilità sostanziale per l’uomo o per l’animale. Tuttavia la Direttiva – sotto l’aspetto giuridico – consente l’utilizzazione di embrioni umani (sia pure non direttamente ed espressamente prodotti a scopo di ricerca in base all’art. 18 della Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina) a scopo sperimentale e per applicazioni biotecnologiche riguardanti la produzione di cellule staminali od i medicamenti. L’Autore esamina anche il dibattito che è seguito alla emanazione della Direttiva soprattutto a livello di Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Strasburgo) in merito alle preoccupazioni dell’opinione pubblica sui cosiddetti “cibi transgenici” (raccomandazione n. 1398 (1998) dal titolo “sicurezza del consumatore e qualità degli alimenti”), nella quale è stata espressa contrarietà alla brevettabilità degli organismi viventi, pur riconoscendo la necessità di assicurare un’adeguata protezione ai diritti dell’”invenzione” (proprietà intellettuale) [Raccomandazione 1417/1999]. Questi problemi sono stati affrontati ma non risolti nella conferenza internazionale di Oviedo (16-19 maggio 19999) organizzata dal Consiglio d’Europa. Il Comitato Direttivo di Bioetica del medesimo Consiglio d’Europa è stato indicato di esprimere “parere” sulla complessa materia; nel frattempo sono intervenute la conferenza di Seattle e Montreal, ove è stato firmato, nel gennaio 2000, un Protocollo sulla biosicurezza che regolamenta il commercio internazionale di sementi e sostanze geneticamente modificate ritenuti pericolosi per l’ambiente e la salute, escludendo però i prodotti finiti, e perciò il cibo transgenico. Nel momenti in cui – scadendo la moratoria –la Direttiva 98/44/CE entrerà in vigore (31 luglio 2000) essendo improbabile l’accettazione delle argomentazioni di invalidazione sollevate da Olanda e Italia, l’Autore insiste per l’adozione del “principio di precauzione”, esplicitamente incorporato nel diritto comunicato relativo alla protezione della salute, oltreché alla tutela dell’ambiente, che dovrà essere tuttavia meglio specificato nella sua estensione e nelle conseguenze attese. Un secondo principio, quello della “trasparenza”, richiede un’ulteriore affinamento delle informazioni rivolte al consumatore, tramite una più chiara etichettatura che consenta una scelta realmente libera e consapevole dei prodotti derivanti da organismi geneticamente modificati posti in commercio. Dovrà essere perseguita la ricerca, escludendo peraltro l’uso dell’embrione umano.
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Trębski, Krzysztof. "La surrogazione di maternità nel contesto della procreazione medicalmente assistita. Valutazione nella luce della dottrina morale della Chiesa cattolica". Roczniki Teologiczne 69, n.º 3 (15 de marzo de 2022): 117–30. http://dx.doi.org/10.18290/rt22693.8.

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La surrogazione di maternità diventa un mezzo per realizzare il desiderio di procreare e, utilizzando moderne tecnologie riproduttive, provvede alla gestazione da parte di una donna per conto di una o più persone, che saranno il genitore o i genitori del nascituro. L’articolo tenta di valutare il fenomeno nell’ottica della morale cattolica, presentando la maternità surrogata nel contesto dell’uso di tecniche di inseminazione/fecondazione artificiale in vitro e il trasferimento dell’embrione, che in genere sono un passo fondamentale della procedura. La Chiesa cattolica esprime disapprovazione per la maternità surrogata, sottolineando che essa viola la dignità umana e distorce il carattere originario della maternità/paternità. Questa pratica non tiene conto della complementarietà dei sessi, del rispetto reciproco e del diritto degli sposi a diventare padre o madre insieme all’altro coniuge. Un essere umano ha il diritto di essere concepito in un matrimonio come frutto di uno specifico atto d’amore tra gli sposi. Altrettanto, la Chiesa giudica in maniera negativa l’utilizzo delle procedure medico-tecniche che permettono il trapianto dell’embrione nell’utero in caso di surrogazione gestazionale, sottolineando che minacciano seriamente la sua sopravvivenza. Inoltre, la surrogazione di maternità è vista come procedura disumanizzante, perché tratta la madre surrogata come «strumento umano usato per fini di riproduzione».
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Casini, M. y M. L. Di Pietro. "Clonazione: il dibattito biogiuridico in Francia e il contesto internazionale". Medicina e Morale 52, n.º 4 (31 de agosto de 2003): 667–701. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.665.

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Nel gennaio scorso il Senato francese – nell’ambito dell’intenso dibattito sulla revisione delle Lois Bioéthiques del 1994 – ha approvato un disegno di legge che vieta ogni forma di clonazione, vale a dire non solo la clonazione c.d. “riproduttiva”, ma anche la clonazione c.d. “terapeutica”. Si tratta di un risultato importante, ma non ancora definitivo perché su di esso pende la decisione dell’Assemblea Nazionale. Tuttavia merita di essere segnalato, perché controcorrente rispetto al generale atteggiamento favorevole alla “clonazione terapeutica” e contrario alla “clonazione riproduttiva” ed in linea, dunque, con le indicazioni del Parlamento Europeo secondo cui “una nuova strategia semantica cerca di indebolire il significato morale della clonazione umana” poiché “non vi è alcuna differenza tra clonazione a fini terapeutici e clonazione a fini di riproduzione”. Nell’articolo la decisione del Senato viene inserita in un duplice contesto: quello del dibattito biogiuridico in Francia e quello che, più o meno contemporaneamente, è andato e va svolgendosi nel panorama internazionale. I numerosi documenti passati in rassegna mettono in evidenza come, ancora una volta, l’embrione umano sia al centro della discussione: se l’embrione è un oggetto, può essere utilizzato per raggiungere gli obiettivi della medicina rigenerativa, ma se è un soggetto non può essere strumentalizzato per nessun fine. Il principio di relazionalità, il principio di uguaglianza, il principio di solidarietà, il principio cautelativo sono le indicazioni che la moderna concezione del diritto offre per dire che ogni soggetto umano è sempre un soggetto giuridico.
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Algostino, Alessandra. "I Diritti Umani e la sfida dell’Universalità". Revista do Direito 2, n.º 49 (27 de septiembre de 2016): 4. http://dx.doi.org/10.17058/rdunisc.v2i49.7893.

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Ancora prima della Loro Nascita i Diritti Umani rivelano la Loro Ambiguità; quando si Tratta di scansione e in concreto la Loro Astratta Validità per Qualsiasi Umana persona, si inseriscono delle graduazioni nell'umanità della persona Che consentono giustificare di un Trattamento differenziato: per Vitoria, è stato Stato di Minoriti, Oggi è la cittadinanza?
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Michelini Tocci, Anna. "Nel cuore dell'Ombra". STUDI JUNGHIANI, n.º 33 (septiembre de 2011): 83–97. http://dx.doi.org/10.3280/jun2011-033007.

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Questo articolo affronta il tema del campo originario dell'esperienza umana. Si tratta di esperienze che precedono il nascere delle immagini e in cui ancora non esiste differenziazione tra opposti, né tra soggetto e oggetto. L'Autrice, che muove le sue formulazioni a partire dalla sua esperienza clinica, sostiene che prima che le immagini possano essere esperite, il soggetto deve scoprire i suoi limiti. L'articolo mette a fuoco le caratteristiche che un lavoro analitico deve avere per permettere all'immagine di emergere. Innanzi tutto l'analista deve sostenere la percezione dell'esperienza del paziente senza etichettarla in modo affrettato. Il paziente attraverso il transfert puň manifestare il proprio modo di funzionare in una relazione significativa di cui ci si puň fidare. L'analisi č di conseguenza il vivere nella propria carne il dramma o l'esperienza dell'altro, altrimenti non potrŕ esservi trasformazione e quindi cura.
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Casini, Marina. "La Famiglia". IUS: Revista de investigación de la Facultad de Derecho 2, n.º 1 (7 de diciembre de 2020): 43–50. http://dx.doi.org/10.35383/ius-usat.v2i1.520.

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L’idea che la famiglia sia la primordiale e fondamentale cellula della società e dello Stato, emerge con forza sia in numerosi documenti internazionali in tema di diritti umani, sia in molte Costituzioni nazionali. Si tratta, evidentemente, di un concetto ritenuto tra i Investigación pilastri che sorreggono la complessa architettura dello Stato.
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Herranz, Gonzalo. "Dimensioni culturali e tematiche dei movimenti pro-eutanasia: la situazione fuori dai Paesi Bassi". Medicina e Morale 50, n.º 4 (31 de agosto de 2001): 707–27. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.731.

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Sorge all’interno del dibattito teologico, da parte di chi maggiormente ha sentito l’influsso del cosiddetto (ma solo cosiddetto…) “cattolicesimo liberale” e soprattutto nell’ambito medico, in cui la linea di pensiero liberista e utilitarista ha un ampio spazio, la riflessione sulla “libertà del morire”. A nostro parere siamo di fronte ad un’inopportuna e falsificata accezione del termine libertà, che viene ad essere invocata per costruire e fondare un altrettanto falso “diritto a morire”. Si tratta di una concezione di libertà non autenticamente tale: il “diritto a morire” secondo noi non può esistere, perché si tratterebbe di una contraddizione in terminis, che va a minacciare il diritto ben più accertato e riconosciuto che è quello “a vivere”: esiste se mai un diritto a vivere qualitativamente bene, e non solo dal punto di vista biologico, ma soprattutto antropologico, anche l’atto supremo della vita umana naturale che è appunto il morire, inteso a tutti gli effetti come atto della vita. Anche la volontà del paziente (living-will) non è il termine ultimo della sua libertà, la quale ha da confrontarsi con altre volontà, come del resto accade in tutte le azioni umane. Saranno poi necessarie delle specificazioni, caso per caso, o per gruppo di casi, atte ad evitare le possibili forme di accanimento terapeutico, laddove si sostituisca un “vitalismo biologico”, il più delle volte artificiale e attuato con mezzi sproporzionati, alla vita propriamente intesa.
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Centrella, Elena. "Le interazioni violente all'interno della famiglia". MINORIGIUSTIZIA, n.º 2 (enero de 2022): 37–45. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-002003.

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L'articolo attraverso un breve excursus teorico, tenta di declinare la tematica delle interazioni violente in seno alla famiglia all'interno della epistemologia sistemicorelazionale. Tale approccio consente di esplorare e coltivare, nell'ambito dei contesti in cui viviamo e operiamo, la nostra personale sensibilità alle concrete e a tratti tortuose danze interattive a cui gli esseri umani partecipano. Il sé non è separato dalle relazioni; tutto è interconnesso, in un groviglio di interrelazioni che appaiono attraversate, in particolar modo quando parliamo di violenza, da angoscia e paura. È impossibile per i membri di una famiglia conservare la realtà delle loro convinzioni di pericolosità reciproca senza che tali convinzioni siano sostenute dall'intero nucleo. Dove c'è modello c'è senso.
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Dedé, A., C. Incarbone y M. Campanella. "Neghentropia: la Fisica e l’Inizio della Vita". Medicina e Morale 48, n.º 5 (31 de octubre de 1999): 903–16. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.794.

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Il punto di vista della Fisica, relativamente all’Inizio della Vita, viene illustrato usando (in maniera molto semplice e senza fare uso di formule) concetti quali Calore, Lavoro, Energia, Irreversibilità ed Entropia. In pratica, quando spermatozoo ed ovulo si uniscono avviene un silenzioso ma significativo cambiamento: tramite il loro lillipuziano ‘matrimonio’ i due gameti, entrambi destinati altrimenti a disgregarsi in poche ore, riescono ad invertire la normale, universale tendenza al ‘disordine’ (aumento dell’Entropia, come sancito dal Secondo Principio della Termodinamica) ed avviano un processo ‘a catena’ che trasformerà miliardi di caotiche molecole in un organismo perfettamente funzionante. Sono anche riportate ulteriori considerazioni sull’argomento: innanzitutto, l’Irreversibilità è messa in relazione con il concetto di Probabilità nonchè la famosa questione della Freccia del Tempo (cioè la sua direzione di scorrimento); secondariamente, le informazioni sul DNA (il Progetto del singolo individuo) vengono chiaramente mostrate come l’unica cosa che effettivamente ‘sopravvive’ dall’iniziale agglomerato di atomi che costituiva la prima cellula; infine, considerando lo sviluppo umano (dal concepimento alla nascita) in termini di Percentuale di Accrescimento Giornaliera si riesce a vedere chiaramente come le prime fasi di vita embrionale risultano essere, in definitiva, le più significative in assoluto. In pratica, persino la Fisica (apparentemente lontana dalle questioni della Vita e della Morte) può rappresentare una chiara ‘voce’ dalla parte di chi, nel grembo materno, non è ancora in grado di far valere le proprie ragioni: si tratta di un’altra piccola tessera nel vasto mosaico di opinioni, considerazioni, nonchè fatti irrefutabili fortemente a favore della vita umana dal suo effettivo inizio.
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Siccardi, Cecilia. "Mare, tratta e migrazioni: violazioni di diritti tra storia e attualità. A proposito di alcune pubblicazioni recenti". Italian Review of Legal History, n.º 8 (22 de diciembre de 2022): 677–93. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19455.

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Due milioni e mezzo di persone che migrano sono oggetto di traffici illeciti, che, secondo le stime delle Nazioni Unite, generano profitti per decine di miliardi di euro. [...] Le criticità che pone la situazione descritta sono molto complesse e possonoessere affrontante secondo diverse prospettive, che vanno ben oltre la mera analisi degli strumenti di contrasto al traffico dei migranti e all’immigrazione irregolare. Il tema infatti coinvolge problematiche più ampie, quali la tenuta del sistema ditutela dei diritti umani di fronte ai fenomeni migratori e l’effettività dei diritti. Alla luce di tale contesto, in queste pagine, si ritiene utile indagare le origini delle problematiche che caratterizzano le migrazioni via mare.
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Tallacchini, Mariachiara. "Il corpo e le sue parti. L’allocazione giuridica dei materiali biologici umani". Medicina e Morale 47, n.º 3 (30 de junio de 1998): 499–544. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.834.

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Lo statuto del corpo umano sta cambiando rapidamente sotto le pressioni dei nuovi sviluppi delle biotecnologie, e pone dilemmi inediti al diritto. Si tratta, in particolare, delle dicotomie tra: corpo-soggetto e corpo-oggetto, uguaglianza o diversità delle parti del corpo, naturalità e artificialità dei prodotti derivati da materiali biologici umani. L’articolo dedica attenzione allo statuto delle parti distaccate del corpo, per valutare la coerenza e l’adeguatezza del loro inquadramento giuridico attuale. Anche se la configurazione proprietaria delle componenti corporee viene generalmente respinta - perché lesiva della dignità umana - le nozioni impiegate nella configurazione degli atti di disposizione e acquisizione delle parti del corpo non riescono veramente a restare immuni dall’idea di proprietà. Benché la connotazione del corpo come res extra commercium indichi la chiara volontà di escludere da questo ogni considerazione economica, paradossalmente il mercato finisce con il divenire l’unico tratto unificante e determinante la disciplina degli atti dispositivi. Una coerente tutela giuridica del corpo e delle sue parti -e la sottrazione al mercato- può passare attraverso nozioni giuridiche che ne sottolineino la natura di bene comune e condiviso, pur nel rispetto della libertà e dignità degli individui.
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Iacono, Alfonso Maurizio. "Verità senza corrispondenza. Profondità priva di distanza". EDUCAZIONE SENTIMENTALE, n.º 36 (febrero de 2022): 11–21. http://dx.doi.org/10.3280/eds2021-036003.

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Gargani, ne Il filtro creativo, riprendendo un discorso sulla verità e sulle condizioni di verità che era stato sollevato da Heidegger e successivamente ripreso dalla filosofia contempora-nea, da Derrida a Rorty, sostiene la tesi della non corrispondenza tra linguaggio e mondo, tra rappresentazione e cosa. Si tratta del rifiuto dell'idea di rappresentazione come corri-spondenza in quanto adaequatio rei et intellectus. Solo se si presuppone la fine della corri-spondenza tra linguaggio e mondo si possono immaginare l'eccedere, il togliere, l'aggiungere. E non per questo perdiamo la razionalità o finiamo nel pastiche. Al contrario, ci apriamo all'infinito mondo delle possibilità che, facendo capolino tra ciò che è regolare, conforme, necessario, irrompendo razionalmente su una ragione in crisi, come direbbe Gar-gani, ci stupiscono e ci spingono a creare. E sappiamo bene che noi umani non creiamo dal nulla, ma sempre da qualcosa che c'è già, così come il futuro non sorge da un presente-eterno, ma dal passato.
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Calabi, Francesca. "Lingua e voce di Dio". Revista Archai, n.º 27 (1 de septiembre de 2019): e02708. http://dx.doi.org/10.14195/1984-249x_27_8.

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L’articolo si interroga sulla relazione tra parole divine, semplici, monadiche e il dire degli uomini legato alla corporeità, privo di chiarezza e di univocità. Perché la parola divina sia colta dagli uomini è necessaria una sorta di trasformazione. Si può ipotizzare l’esistenza di un linguaggio archetipico, primordiale, ad imitazione dell’essenza delle cose. È la lingua di Adamo per cui, data la perfezione di un’anima ancora pura, non intaccata da infermità, malattia o passione, il progenitore coglieva le impressioni immediate, afferrava il significato delle cose le cui nature potevano essere insieme enunciate e pensate. È la lingua perfetta originaria ed era forse comune ad uomini ed animali se nel giardino dell’Eden le parole del serpente erano comprese da Eva. Si passa dal linguaggio di Adamo, mimetico rispetto al linguaggio di Dio, alla lingua mosaica in cui interviene la traduzione del linguaggio divino in linguaggio umano. Questo, nonostante che, anche per Mosè sia detto che i nomi corrispondono alla descrizione delle cose. Un ulteriore passaggio avviene con la traduzione da una lingua in un’altra. Vi è un trascorrere tra comunicazioni di Dio che si volge all’interlocutore in maniera differente a seconda delle sue possibilità. Si tratta di “traduzione” di una lingua noetica che può esprimersi monadicamente – ed è il caso della comunicazione a Mosè – o assumere già la forma di nomi e verbi propria del linguaggio umano – ed è quanto avviene con i Settanta, traduttori al pari di Aronne.
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Petrosino, Silvano. "Su ciň che non si riesce quasi piů a intendere parlando di lavoro". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 117 (mayo de 2010): 15–28. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-117002.

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A partire da un'analisi dei primi capitoli del Genesi, il saggio arriva ad individuare nel "coltivare e custodire" il senso piů profondo del lavoro che il testo biblico, prima ancora della caduta e dell'espulsione dell'Eden, assegna all'uomo. All'interno di questa analisi la creazione viene fatta emergere come un evento perfetto ma incompiuto, perfetto proprio perché incompiuto, e incompiuto perché in attesa del lavoro, unico e insostituibile, di ogni singolo uomo. Delineata questa logica di fondo, il contributo prende in esame i principali equivoci che affliggono l'attivitŕ umana quando essa smarrisce la sua complessa articolazione antropologica: si tratta della separazione del "coltivare" dal "custodire", e soprattutto di quella "estrema specializzazione" del concetto stesso di lavoro che non a caso finisce per essere semantizzato solo in riferimento alla lotta per la sopravvivenza e alla fatica ad essa connessa.
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Calzolaio, Ermanno. "Europa dei diritti e giudice europeo". CITTADINANZA EUROPEA (LA), n.º 1 (marzo de 2011): 85–113. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2011-001006.

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Il presente contributo, muovendo dal rilievo ampiamente condiviso che il sistema di tutela dei diritti umani in ambito europeo fa perno sulla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e della Corte di Giustizia, si concentra sull'esame di alcuni aspetti di contesto, sovente lasciati sullo sfondo, ma che appaiono invece essenziali per la stessa comprensione del fenomeno. Si tratta, precisamente, delle modalitŕ di nomina dei giudici, dello stile delle sentenze, dell'esistenza di una regola del precedente e dei modi del suo operare. L'analisi svolge poi alcune considerazioni sul tema dei rapporti tra le due Corti, soprattutto alla luce della adesione dell'Unione alla Convenzione europea a seguito dell'entrata in vigore del cd. Trattato di Lisbona, che riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea approvata a Nizza nel 2000 (art. 6 TUE). Alla luce del contesto cosě ricostruito, vengono svolti rilievi critici sulle modalitŕ attraverso cui i giudici italiani si rapportano alla giurisprudenza convenzionale e comunitaria.
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Morbini, P. y M. Benazzo. "Papillomavirus umano e carcinomi del tratto aerodigestivo: il punto sulle evidenze nella babele dei dati scientifici". Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, n.º 4 (agosto de 2016): 249–58. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-853.

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I carcinomi squamosi dell'orofaringe associati all'infezione da papillomavirus umano (HPV) costituiscono ormai una entità ben caratterizzata, che interessa prevalentemente maschi, giovani adulti o di mezza età, non fumatori. Essi hanno generalmente una prognosi più favorevole rispetto alla controparte non associate ad infezione, e per questo è stato proposto di dedicare a questo gruppo di pazienti un approccio terapeutico meno aggressivo. L'incidenza dei carcinomi dell'orofaringe associati a HPV è in rapido aumento nella maggior parte dei paesi occidentali, ma per quanto riguarda la popolazione italiana non sono disponibili dati epidemiologici in merito. Per quanto riguarda le altre regioni del distretto testa-collo, una più modesta porzione di lesioni displastiche di alto grado e di neoplasie appare essere correlata all'infezione da HPV, mentre il ruolo del virus nei tumori della laringe è stato parzialmente ridimensionato. HPV determina la trasformazione neoplastica delle cellule infettate tramite l'espressione dei suoi due oncogeni, E6 ed E7, che interagiscono con i meccanismi di apoptosi e regolazione del ciclo cellulare della cellula ospite. L'unica metodica in grado di documentare con certezza l'espressione degli oncogeni virali è attualmente l'amplificazione dell'RNA messaggero trascritto dai due oncogeni. Il consenso riguardo la strategia per l'identificazione dei pazienti affetti da carcinoma dell'orofaringe associato a HPV dal punto di vista clinico e diagnostico è tuttora limitato. Le metodiche diagnostiche più utilizzate, singolarmente o in combinazione, comprendono l'immunocolorazione con anticorpi diretti contro p16, l'ibridazione in situ per genotipi virali ad alto rischio e l'amplificazione del DNA virale mediate PCR. La possibilità di ottenere una diagnosi precoce grazie all'identificazione dell'infezione virale nelle cellule epiteliali esfoliate dal cavo orale o dall'orofaringe non ha finora fornito risultati soddisfacenti, tuttavia la persistenza del virus nel cavo orale in pazienti trattati per carcinoma dell'orofaringe ha dimostrato una significativa associazione con il rischio di recidiva del tumore. Non sono ancora disponibili sufficienti dati che documentino in maniera dettagliata la storia naturale dell'infezione a la sua progressione verso lo sviluppo di una neoplasia, e che definiscano con chiarezza le modalità di trasmissione e i fattori di rischio, comunque è chiaro che i comportamenti sessuali hanno un peso rilevante nel determinare il rischio di sviluppo di neoplasia dell'orofaringe HPV-correlata. La progressive diffusione nelle giovani generazioni del vaccino contro HPV, e soprattutto la sua estensione agli adolescenti di entrambi i generi è sicuramente destinata a modificare in maniera rilevante anche l'epidemiologica dei tumori HPV-correlati nel distretto testa-collo nel prossimo futuro.
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ODONE, A., S. VISCIARELLI, T. LALIC, F. PEZZETTI, F. SPAGNOLI, C. PASQUARELLA, G. FERRARI y C. SIGNORELLI. "Carcinomi associati al papillomavirus umano: conoscenze, ruolo e attitudini dei medici otorinolaringoiatri in tema di prevenzione". Acta Otorhinolaryngologica Italica 35, n.º 6 (diciembre de 2015): 379–85. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-621.

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L’infezione da papillomavirus umano (HPV), in particolare HPV 16, è un riconosciuto fattore causale delle neoplasie orofaringee. L’incidenza delle neoplasie orofaringee è in aumento in diversi paesi europei, inclusa l’Italia, e negli Stai Uniti dove accurati modelli matematici hanno stimato che supererà quella del cancro alla cervice nella prossima decade. Recenti evidenze scientifiche supportano la potenziale efficacia del vaccino anti-HPV nel controllare quella che è stata definita “l’epidemia di neoplasie HPV-correlate”. In questo contesto, i medici otorinolaringoiatri assumono un ruolo cruciale, non solo nella diagnosi e trattamento di questa patologia, ma anche – come è stato sottolineato dall’American Head and Neck Society – nella prevenzione. Abbiamo condotto un’indagine sulle conoscenze e le attitudini dei medici otorinolaringoiatri italiani in tema di infezione HPV, patologie correlate e prevenzione vaccinale. Si tratta della prima indagine conoscitiva in Italia e in Europa sull’argomento. 262 medici otorinolaringoiatri italiani sono stati reclutati durante il 101° Congresso Nazionale della Società Italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale, tenutosi in maggio 2014. È stato utilizzato un questionario semi-strutturato sviluppato sulla base delle evidenze disponibili in letteratura e del parere di esperti. Le conoscenze e le attitudini sono state descritte e valutate con tecniche di analisi univariata. È stato inoltre costruito uno score composito di conoscenza. I dati dimostrano come i medici otorinolaringoiatri italiani abbiano, in media, un grado di conoscenza buono dell’infezione HPV e un’attitudine positiva nei confronti della prevenzione, in particolare della vaccinazione. I nostri risultati possono essere una utile base per pianificare, implementare e valutare programmi di educazione continua specifici sul tema della prevenzione dell’infezione da HPV. Come dimostriamo nel nostro studio, programmi di educazione continua specifici sono efficaci nell’aumentare il grado di conoscenza dei medici e l’attitudine positiva nei confronti dei programmi di prevenzione; il che contribuisce a promuovere l’adesione alla vaccinazione nei pazienti e nella popolazione generale. Con l’obiettivo generale di controllare l’epidemia di neoplasie HPV-correlate, maggiori risorse ed energie devono essere dedicate alla formazione e alla diffusione della cultura della prevenzione tra i medici otorinolaringoiatri e la comunità medica in generale. In questo contesto, identifichiamo grande potenziale nella collaborazione tra le comunità e le società scientifiche dell’otorinolaringoiatria e la sanità pubblica.
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Siwecki, Leon. "Linguaggio Teologico su Dio incomprensibile e ineffabile". Roczniki Teologiczne 69, n.º 2 (24 de febrero de 2022): 37–55. http://dx.doi.org/10.18290/rt22692.3.

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L’articolo sviluppa alcune riflessioni circa la conoscenza «teologica» di Dio, le sue condizioni di possibilità, la sua natura, i suoi strumenti e i suoi limiti. La conoscenza teologica di Dio è quella che scaturisce dalla sua libera autocomunicazione, ed è dunque distinta, senza esserne separata, dalla conoscenza «naturale». In primo luogo l’articolo presenta il concetto teologico di Mistero poi riflette i limiti e i modelli del linguaggio teologico su Dio; alla fine approfondisce l’idea dell’analogia, come regola cristiana del linguaggio su Dio. La conoscienza cristiana di Dio non è soltanto conoscenza dell’Essere assoluto, ma anche e propriamente dell’Essere personale e interpersonale in dialogo con noi. La conoscenza personale ha certo un momento concettuale, in quanto si tratta di conoscenza propriamente umana, ma anche e soprattutto una profondità a‑concettuale, in quanto si basa sulla simpatia o più profondamente sulla «connaturalità» (connaturalitas, per usare il termine di San Tommaso), che indica un momento di libera scelta (tendenzialmente reciproca), e sulla presenza del «Tu» come realtà della nostra vita. Ogni linguaggio teologico suppone un’esperienza religiosa come incontro personale col Dio della fede, incomprensibile e ineffabile.
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Fleming, John I. "I cattolici messi di fronte alle strategie pro-eutanasia e pro-aborto". Medicina e Morale 45, n.º 1 (28 de febrero de 1996): 101–20. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.922.

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I cattolici spesso si trovano esclusi ed emarginati dai dibattiti politici pubblici sull’aborto e l’eutanasia. Questo perché i sostenitori dell’aborto e dell’eutanasia legalizzati nelle attuali democrazie secolari e pluraliste hanno con successo definito l’opposizione cattolica come “fondata sulla religione, e quindi base rischiosa per la politica”. I cattolici, so sostiene, non dovrebbero cercare di imporre le loro opinioni sugli altri, ma dovrebbero rispettare l’autonomia degli individui a scegliere come reputano meglio per se stessi . In realtà sono i sostenitori dell’aborto e dell’eutanasia che cercano di attaccare i valori comunemente condivisi grazie ai quali le persone nelle società civili sono capaci di vivere insieme in pace e giustizia. la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e gli altri strumenti per i diritti umani testimoniano per gli inalienabili ed inviolabili diritti alla libertà e alla vita del nascituro. Questi stessi documenti vietano la legalizzazione della eutanasia volontaria in quanto qualsiasi concessione ad uccidere un innocente e la tratta degli schiavi (anche quando accettati volontariamente dagli individui) rappresentano una minaccia alla vita ed alla libertà di cittadini innocenti. I Cattolici possono entrare nei dibattiti politici pubblici sulle questioni della vita sulla base dei valori internazionalmente accettati, i quali sono in armonia con la tradizione morale cattolica.
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Guidantoni, Ilaria. "Chirurgia estetica e culto della bellezza nella società contemporanea". Medicina e Morale 44, n.º 1 (28 de febrero de 1995): 59–90. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.991.

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L'Autrice dell'articolo, dopo aver sottolineato le questioni etiche del ricorso alla Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, argomenta la tesi secondo la quale l'ossessione per la bellezza muoverebbe da un disagio affettivo legato ad una cultura violenta ed artificiale dell'eros, che spinge l'individuo a mutare la propria fisicità perché teme una comunicazione autentica oltre lo scambio delle immagini. Lo studio, che si muove nell'ambito di una ricerca etico-sociale e psicologica, evidenzia l'universalità del mito della bellezza nella cultura umana e l'emergenza attuale della Chirurgia plastica estetica (CPE). Questa viene analizzata dal punto di vista dell'impatto sociale e tecnico-scientifico, con particolare attenzione al rapporto specialista-paziente. L'Autrice, dopo aver fatto cenno alle problematiche medico-legali specifiche ed aver illustrato la odierna visione della corporeità - fortemente basata sull'ideale di salute e di eros -, affronta la discussione etica sulla liceità ed i limiti della CPE. Questa, secondo l'articolo, sconterebbe una crisi di valori affettivi, soprattutto all'interno della vita di coppia, crisi che ha promosso l'idolatria del corpo, a tal punto da divenire un'ossessione e la conditio sine qua non per essere amati. Eticamente illeciti, poi, vengono definiti gli interventi di chirurgia plastica in ordine alla riassegnazione del sesso, alla modificazione dei tratti del viso per persone ricercate dalla legge o l'alterazione dei tratti somatici tipici di una razza. L'articolo si conclude riaffermando la necessità di un recupero dell'unitotalità dell'essere persona in relazione alla corporeità ed al concetto di bellezza.
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Santirocco, Emanuele. "Io e il gruppo nel mestiere di terapeuta e formatore". RUOLO TERAPEUTICO (IL), n.º 114 (mayo de 2010): 41–48. http://dx.doi.org/10.3280/rt2010-114004.

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La persona si struttura attraverso le relazioni che stabilisce dal primo mi- nuto di vita in avanti. Si tratta di transazioni di una certa qualitŕ emotiva, che includono odori, colori, suoni e che vengono interiorizzate dal bambino. Sono "innesti" psichici fondamentali per la crescita. Che, curiosamente, non mobilitano difese immunitarie. Tutto questo per segnalare il tema sconfinato e anche un po' misterioso delle comunicazioni da inconscio a inconscio. Ovvero il passaggio di vissuti e contenuti emotivi da una persona all'altra, che si manifestano anche nell'esperienza clinica. Nel lavoro di terapeuta e formatore, l'autore dichiara di trovarsi spesso alle prese con i suoi tormenti emotivi, nati dall'incontro con l'altro. Che, se adeguatamente trattati, costituiscono degli strumenti potenti per capire qualcosa in piů dell'interlocutore e di sé. Inoltre aggiunge di non essere affetto da pretese definitorie tese a catalogare cosa sia terapeutico e cosa invece formativo. Le domande che si pone quando incontra l'altro, paziente o collega che sia, sono: capisco la realtŕ umana che ho davanti? Sono in grado di fornire il mio aiuto, cioč di testimoniare una presenza? I ruoli di terapeuta e formatore condividono l'intento di governare la complessitŕ alla luce di determinati principi etici. Secondo l'autore, l'individuo e la tecnica coincidono, perché ritiene che in questo tipo di mestiere la soggettivitŕ critica sia un bene di prima necessitŕ. Inoltre aggiunge che chi porta un caso clinico, indipendentemente dal fatto che sia in formazione o in supervisione, ha un nervo scoperto. Il modello formativo cui fa riferimento l'autore č quello della supervisione di gruppo. Seguono alcuni casi clinici.
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Atkinson, P. A., J. M. Atkinson, C. R. Martin y J. Rankin. "Prospettive storiche sulla resilienza e alcuni concetti di rilievo per la salute mentale correlati alla resilienza". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 1 (abril de 2010): 21–40. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2010-001003.

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La resilienza psicologica consiste nella capacitŕ di fare fronte alle conseguenze di eventi gravemente stressanti o di riprendersi con successo da esse. Tale concetto, che sta suscitando un interesse crescente nell'ambito degli approcci alla salute basati sulle risorse degli individui, ha un'interessante vicenda storica e un'origine legata a differenti campi accademici e clinici. Alcuni studi sono stati infl uenzati dalla particolare caratterizzazione che nel corso della storia č stata attribuita a gruppi o a singoli che sembravano capaci di resilienza. Ci sono vantaggi e inconvenienti nel ricorrere al patrimonio storico per fare luce sui costrutti teorici attuali; infatti, gli studi sui singoli casi storici possono offrire utili squarci di comprensione, ma č indispensabile essere molto cauti nel fare ipotesi retrospettive. L'approccio piů promettente č forse la ricerca su gruppi di persone che abbiano vissuto durante determinati eventi, anche se possono sorgere problemi relativi a pregiudizi nel reclutamento del campione e al lasso di tempo trascorso. L'analisi dell'andamento della ricerca sulla resilienza indica che il concetto č stato prima associato alla malattia, mentre ora č sempre piů spesso riferito alla promozione della salute. Ciň potrebbe essere il rifl esso di un cambiamento culturale e politico. Il concetto di resilienza č rilevante per gli operatori della salute mentale; tuttavia, la sua utilitŕ č circoscritta alla diagnosi e alla terapia, poiché esistono molte domande di fondo rimaste senza risposta. Ci sono tre principali aree di dibattito: la defi nizione di resilienza; il suo statuto di categoria psicologica (un tratto di personalitŕ o una risorsa dinamica da sviluppare); la sua misurazione con suffi ciente affi dabilitŕ e costanza. L'analisi concettuale per scoprire il modello teorico sottostante alla resilienza č ancora ad una fase iniziale. Modelli provenienti da altre scienze sociali e dalle biotecnologie, in particolare l'Ecologia Umana, la teoria salutogenica, i modelli animali, la genetica e le bioscienze potrebbero dimostrarsi i percorsi piů promettenti per il futuro.
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Possenti, Vittorio. "La bioetica alla ricerca dei principi: la persona". Medicina e Morale 41, n.º 6 (31 de diciembre de 1992): 1075–96. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1992.1082.

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Lo studio, premettendo che appare in questione il significato stesso dell'impresa etica nella vita umana, ritiene imprescindibile che l'uomo si interroghi sul significato dell"'esser morali", che l'Autore individua nella ricerca della luce del bene nell'ambito più generale dell'apertura all'essere. Da ciò si evince che le problematiche bioetiche basate su modelli di razionalità formali-astratte di tecniche logico-formali o sul "contrattualismo morale" conducono ad una bioetica povera di contenuto e di senso. Assume, perciò, valore emblematico e costituisce un crocevia imprescindibile per la soluzione di molti dei problemi delia bioetica, l'indagine meditante sulla persona nella sospensione della fretta. Le scienze biologiche non possono sapere alcunché della persona: ciò è di pertinenza del metodo filosofico, che è di tipo ontosofico. L'approccio che l'Autore ritiene consigliabile in bioetica al riguardo è, perciò, quello di operare uno "sguardo" antologico sulla realtà, la vita e l'essere uomini, dal quale sguardo emerga l'originalità e la specificità dell'essere persona: in una parola si tratta dell'approccio del "personalismo antologico''. Lo studio prosegue con l'analisi critica delle risposte filosofiche contemporanee alle seguenti due domande: "che cosa è persona?" e "chi è persona?" e si conclude con una sezione dedicata all'argomentazione in base a cui possibile attribuire lo status di persona all'embrione.
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Voghera, Miriam. "SCRITTO-PARLATO E ALTRI MODI NELL’EDUCAZIONE LINGUISTICA". Italiano LinguaDue 14, n.º 2 (17 de enero de 2023): 1–18. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19646.

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La multimodalità è una naturale conseguenza della naturale capacità plurisimbolica degli esseri umani. Non è quindi solo il prodotto delle recenti innovazioni tecnologiche, ma fa parte da sempre del patrimonio culturale della specie. Ciò comporta che tutti noi, e quindi anche le alunne e gli alunni, siamo naturalmente predisposti per l’uso di più modalità. Lo si vede bene proprio nella normale attività scolastica, che si basa su un continuo passaggio da una modalità di comunicazione all’altra. In questo articolo ci si propone di illustrare cosa comportano questi passaggi poiché averne consapevolezza è funzionale ad una buona educazione linguistica. Dopo aver distinto tra medium e modalità di comunicazione e aver scomposto quest'ultima nei sui elementi definitori (Voghera, 2017; Sammarco, Voghera, 2021), si analizzano le caratteristiche di quattro diverse modalità di comunicazione: quella parlata, quella scritta prosastica, la scrittura digitale discontinua, la scrittura dialogica, di cui si illustrano i tratti sociolinguistici e funzionali. Infine, si offre una sintesi dei vari passaggi intermodali di una giornata scolastica tipo e del lavoro semiotico che essi comportano. Written-spoken and other modes in language education Multimodality is a natural consequence of the natural multi-symbolic capacity of human beings. It is therefore not only the product of recent technological innovations, but has always been part of the cultural heritage of the species. This implies that all of us, and thus also the school students, are naturally predisposed for the use of multiple modalities. We can see this very well in normal school activity, which is based on a continuous switching from one mode of communication to another. The aim of this article is to illustrate what these passages entail, since being aware of them is functional to good language education. After distinguishing between medium and mode of communication and decomposing the latter into its defining elements (Voghera, 2017; Sammarco, Voghera, 2021), the sociolinguistic and functional traits of four different modes of communication are analysed: spoken communication, written prose, discontinuous digital writing, and dialogic writing. Finally, a summary is offered of the various intermodal passages of a typical school day and the semiotic work they entail.
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Serio, Mario. "L'interpretazione del trust e l'obbligo di interpretazione conforme («<i>Reading down</i>»)". Trusts, n.º 4 (4 de agosto de 2022): 599–626. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.133.

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Tesi Il lavoro si muove nel perimetro di una recente sentenza della Chancery Division della High Court inglese nel caso Goodrich v AB, relativo all'interpretazione di una pluralità di disposizioni di un trust di dubbia interpretazione quanto alla identificazione dei beneficiari, affrontando i problemi connessi. Essi sono di duplice natura. In primo luogo, si tratta di stabilire se le ordinarie regole ermeneutiche vigenti nel common law inglese per altre categorie di atti giuridici, sia tra vivi sia a causa di morte, possano applicarsi anche ai trust. Alla motivata risposta positiva, tratta da una costante linea giurisprudenziale, consegue l’ulteriore effetto che assegna all’interprete del trust il compito di accertare la portata oggettiva dell’atto di disposizione, senza indulgere verso la prevalenza di criteri puramente soggettivi. Il secondo ordine di problemi cui il lavoro ha inteso dar risposta riguarda la possibilità di adeguare una serie di nozioni e categorie proprie del diritto di famiglia e delle relazioni da esso nascenti alla stregua di disposizioni legislative sopravvenute che hanno esteso la platea dei possibili beneficiari di un trust. E ciò in virtù di un’interpretazione compatibile con i principii della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani del 1950 trasposta nello Human Rights Act del 1998. Ed infine, viene esaminato il profilo degli obblighi informativi gravanti sul trustee in merito alle proprie scelte, concludendosi nel senso che a decisioni contrarie alla logica o puramente arbitrarie possa sopperire l’intervento sostitutivo o integrativo dell’autorità giudiziaria. La conclusione è nel senso che dell’apertura verso la sponda eurounitaria del diritto inglese ha tratto giovamento, in termini di rinnovamento delle tradizionali categorie di beneficiari e dei metodi ermeneutici per identificarli, anche il law of trust. The author’s view The recent decision in Goodrich v AB highlights a number of problems which this essay centres upon in an effort to outline a more modern and CEDU oriented version of the law of trust. In particular, the focus will be on the applicable criteria in this branch of the law to the interpretation of settlements aimed at conferring benefits on one or more persons, to be identified through a correct analysis of their objective, legal status in relation to the settlor's intention. It will also be devoted to the determination of whether or not duties of disclosure of relevant documents relating to his/her activity may be said to be incumbent, and in the event to what extent, on the trustee. All these issues have been accurately and extensively taken into account in its decision by the Chancery Division of the High Court and have been given a satisfactory answer. In particular, the interpretative methods to be applied to trust cannot but be the same as in contracts and wills according to the Supreme Court precedents. As to the definition of the beneficiaries of the trust in question, the Court has shown to adhere to an evolutive interpretation derived from the direct application in the domestic law, via the Human Rights Act 1998, of the provisions of the European Convention on Human Rights 1950, with the ultimate result of the broadening of the categories of those who can benefit from the trust, such as civil partners and married couples of the same sex. Finally, a clear tendency to stress the very existence of a duty to frankly and openly disclose relevant information on the part of the trustee is emphasized with an eye to the protection of beneficiaries. The non-performance of such a duty may give rise to a judicial intervention in the light of the Public Trust v Cooper decision.
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Maccaro, Alessia. "Matto da slegare. Bioetica tra rispetto della prassi tradizionale e diritti umani / Madmen to untie. Bioethics between respect of cultural practices and human rights". Medicina e Morale 65, n.º 2 (21 de septiembre de 2016): 155–65. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.432.

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Demonologia, culti, ritualità e miti religiosi molto spesso in territorio africano si congiungono con questioni relative alla cura. Ad oggi ancora diffusissima è la sovrapposizione tra insanità mentale e possessione diabolica, tipica della mentalità animista che conduce al gravoso problema dell’emarginazione e della contenzione del paziente psichiatrico. Il malato mentale incute paura alla comunità che ne teme il contagio, sicché il più delle volte, si affida il malato a sette religiose o a centri di preghiera, in cui i sedicenti guaritori, sciamani e santoni si fanno pagare cifre molto elevate per imprigionare all’interno di tronchi di albero o incatenare a ceppi o blocchi di cemento l’ammalato, così da neutralizzare la potenza maligna. La vita in catene rende gli ammalati storpi, talvolta li porta alla morte per malnutrizione ed incuria. In questo modo questioni relative alla salute, alla cura, incrociandosi con ritualità religiose, chiamano irrimediabilmente in causa la bioetica ed i diritti rispetto ad un problema non più posponibile. Si tratta di una barbarie che avviene nel completo disinteresse dell’OMS e delle grandi organizzazioni internazionali che conoscono l’incubo di questi “prigionieri” almeno da 30 anni, da quando il beninese Gregoire Ahongbonon, il “Basaglia nero” ha fondato in Costa d’Avorio la sua “Saint Camille de Lellis di Bouaké” e ha cominciato – letteralmente – a liberare i malati di mente dalle catene. L’analisi proposta intende precisare che, pur nel rispetto delle differenti culture, c’è un limite che non è possibile valicare: quello del rispetto dei diritti umani che è la base ed alla base di ogni discorso sul pluralismo e sull’Intercultura. ---------- In Africa, demonology, cults, rituals and religious myths are very often combined with issues related to health care. Today the overlap between insanity and demonic possession is still widely widespread. It is typical of the animist mentality that leads to the serious problem of psychiatric patient marginalization and restraint. The mentally ill arouses dread in the community that fears the contagion, so in most cases, the patient commits herself/himself to religious sects or to prayer centers, where the healers, shamans and gurus charge very high prices to imprison the patient in tree trunks or to chain up the patient to stumps or concrete blocks, in order to neutralize the evil force. Life in chains makes the sick patients lame, and sometimes leads them to death for malnutrition and neglect. In this way, issues related to health and health care, intersecting with religious rituals, involve bioethics and rights compared with a problem that cannot be postponed any further. It is a matter of barbarity that takes place in the complete disregard of WHO and of the major international organizations, aware of the nightmare experienced by these “prisoners” since at least 30 years, when Gregoire Ahongbonon from Benin, the “black Basaglia”, established in the Ivory Coast his “Saint Camille de Lellis of Bouaké” and – literally – began to release the mentally ill patients from the chains. The proposed analysis aims to clarify that, even if respecting the different cultures, there is a limit that cannot be crossed: the respect of human rights that is the basis and the foundation of every discourse on pluralism and interculture.
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Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna". Prawo Kanoniczne 35, n.º 1-2 (5 de junio de 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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Mazurowski, Wiesław. "Życie i śmierć męczenników przykładem wierności Bogu". Verbum Vitae 11 (14 de enero de 2007): 187–216. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1423.

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L'articolo tratta del martirio dei preti di Pelplin, di cioe le vittime delta seconda guerra mondiale, morti in nome della fedelta a Dio ed alla loro vocazione. Tutti che hanno subito la morte dalle mani dei nazisti per causa del loro odio verso la fede, hanno conservato la fede ed hanno dato agli altri la testimonianza delta fedelta a Dio.Le varie forme delta fedelta a Dio e alla loro vocazione si puo intravedere da tutti i candidati all'onore di martirio. Dagli uni dominava un ministero sacramentale, dagli altri un lavoro intellettuale, ancora dagli altri una preoccupazione per i poveri e bisognosi. ,,Vi sono diversita di carismi, ma uno solo e lo Spirito; vi sono diversita di ministeri, ma uno solo e il Signore; vi sono diversita di operazioni, ma uno solo e Dio, che opera tutto in tutti" (1 Corinzi 12,4-6).Si presenta la fedelta a Dio ed alla Nocazione sacerdotale: coll'assistenza per i poveri sull'esempio di vita e martirio di Rev. Antoni Henryk Szuman ( 1882-1939); coll'edilizia degli oggetti sacrali di Rev. Konstantyn Krefft ( 1867 -1940); col paziente subire di picchiate ed umiliazioni di Rev. Paweł Prabucki (1893-1942). Pure anche un lavoro intellettuale e una forma di fedelta a Dio. Ce ne hanno dato un esempio il Rev. Józef Roskwitalski (1893-1939) e Rev. Piotr Sosnowski (1899-1939). La difesa della castita e intoccabilita della natura umana davanti al martirio e stata una forma di fedelta presentata da Rev. Reginald Krzyżanowski (1894-1939) e Rev. Jan Lesiński (1908-1940). Rev. Bernard Łosiński (1865-1940) ha dato un esempio di un uomo umile, particolarmente davanti alla morte. Rev. Jan Hamerski (1880-1939) ha sperimentato una particolare forza di proclamazione della parola di Dio. Rev. Cyryl Karczyński (1884-1940) fu un eccezionale propagatore della cultura popolare polacca. Infine Rev. Franciszek Nogalski (1911-1939) ha dato la sua vita per gli altri, e Rev. Stefan Radtke (1890-1940) s'e dimostrato veritiero dichiarando davanti degli oppressori di essere un sacerdote.Dei martiri presentati sono come una risposta ai dubbi dell'uomo contemporaneo che si chiede sulla possibilita e lo stato di una familianta dell'uomo con Dio. G li esempi di vita dei martiri che umanamente parlando si sono trovati in una situazione senza uscita, sono un ammonimento su come non abbattersi davanti al male ed alla violenza trionfanti.
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Gilbert, Paul. "RAZÃO, REALIDADE, COMPAIXÃO". Sapere Aude 10, n.º 19 (14 de julio de 2019): 122–44. http://dx.doi.org/10.5752/p.2177-6342.2019v10n19p122-144.

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A contemporaneidade, de fato, atribui às paixões a capacidade de conceder acesso à realidade, aliás, de construir a realidade. Porém, em se tratando da oposição entre razão e paixão, a discussão é bastante antiga, já era clássica não só em filosofia, mas também na educação. A razão, “objetiva”, seria a garantia da paz civil; a paixão, “subjetiva”, seria, contrariamente, causa de muitos distúrbios sociais. A partir de Platão, a primeira é chamada a confrontar-se com a realidade, vale dizer, com os elementos estáveis da experiência humana. A razão é, por princípio, mestra de si, ativa e impassível com relação ao que é flexível e não se deixa tocar por nada que possa fragilizá-la ou mudá-la. A segunda, diversamente, é pouco confiável, porque sempre em movimento e com absoluta dependência dos eventos que a impulsionam casualmente; ela é essencialmente reativa. Por isso, para a tradição, o ideal de homem, a melhor expressão da sua identidade e da sua dignidade, se situa na sua capacidade de realizar a própria vontade, de não ser enganado por paixões fantásticas e inconstantes. Trata-se de uma autodeterminação, em outros termos, de inteira possessão de si.PALAVRAS-CHAVE: Paixão. Razão. Realidade. Compaixão. Interlocução.RIASSUNTO:La contemporaneità attribuisce infatti alle passioni la capacità di dare accesso alla realtà, di costituire anzi la realtà. L’opposizione era però classica, in filosofia ma anche nell’educazione, tra la ragione e la passione: la prima, ‘oggettiva’, garantirebbe la pace civile; la seconda, ‘soggettiva’, sarebbe invece causa di molti disturbi sociali. Da Platone in poi, la prima è chiamata a confrontarsi con le realtà, vale a dire con gli elementi stabili dell’esperienza umana: è per principio maestra di sé, attiva e impassibile verso ciò che è fluttuante, non si lascia toccare da niente che possa renderla fragile o cambiarla; la seconda, invece, poco affidabile, perché sempre movimentata e dipendente dagli eventi che la sfiorano casualmente, è essenzialmente reattiva. L’ideale dell’uomo, l’espressione migliore della sua identità e della sua dignità, si situa perciò nella sua capacità di realizzare la propria volontà, di non essere ingannato da passioni fantastiche e incostanti; è l’auto-determinazione o la possessione intera di sé.PAROLE CHIAVE: Passione. Ragione. Realtà. Compassione. Interlocuzione.
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Furfari, Angela y Valeria Caggiano. "INTRAPRENEURSHIP AND ORGANIZATIONS". International Journal of Developmental and Educational Psychology. Revista INFAD de Psicología. 4, n.º 1 (29 de noviembre de 2016): 503. http://dx.doi.org/10.17060/ijodaep.2014.n1.v4.637.

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Abstract.The subject of entrepreneurship is an area in constant evolution, is a valid form of combating the phenomenon of unemployment, representing a virtuous response against a labor market that requires high flexibility to all parties who work there. For Schwartz “value” is a concept that an individual has a trans-situational purpose, he argues that the values being desirable states transcend specific situations and depict regulatory models used to judge and choose between different ways of behaving, so act from the principles driving in people’s lives. The present study aims to investigate the presence of significant relationships between the variables related to entrepreneurial skills and values . The sample is represented by a group of 101 Italian workers including 85 men ( 84%) and 15 women (16 %), all day between the ages of 30 and 39 who work in the public transport company ATAC S.p.A. The focus of this study is represented by the subject and his being intra-company both within the working environment, with its action and its influence on the economy and the social reality in which it operates.Keywords: Intrapreneurship,organizations, valuesAbstract.Il tema dell’imprenditorialità è un’area in costante evoluzione, la quale viene coinvolta ed utilizzata sia dalla disciplina psicologica, economica,ma anche sociale per ovviare al fenomeno della disoccupazione. Un altro costrutto preso in considerazione è il ‘’valore’’il quale secondo Schwartz è un concetto che un individuo ha di uno scopo transituazionale, egli sostiene che i valori essendo stati desiderabili trascendono le specifiche situazioni e raffigurano modelli normativi impiegati per giudicare e scegliere tra diversi modi di comportarsi, e fungono, quindi, da principi guida nella vita delle persone. La presente ricerca si pone l’obiettivo di indagare la presenza di relazioni significative tra le variabili legate alle competenze imprenditoriali ed i valori, secondo la teoria di riferimento legata ai valori di Schwarz, S. H. e Bilsky, W. (1987). Partendo da quanto proposto da Lidaka (2012), ci si propone di individuare influenze significative da parte dei valori, sui tratti imprenditoriali considerati nella presente ricerca.Si vogliono pertanto esplorare i legami tra questi due aspetti fondamentali dell’essere umano: valori da una parte, tratti caratteriali e competenze imprenditoriali, dall’altra.Il campione è rappresentato da un gruppo di 101 soggetti, ai quali è stato misurato, attraverso la somministrazione del questionario, sia i valori che le competenze imprenditoriali che si inseriscono nella scelta lavorativa. I dati sono stati raccolti su un campione di 101 lavoratori italiani di cui 85 uomini (84%) e 15 donne (16%), tutti dì età compresa tra i 30 ed i 39 anni. Il focus di questo studio, dunque, è rappresentato dal soggetto e dal suo essere intraimprenditoriale all’interno del contesto lavorativo, dalla sua azione e dall’influenza sull’economia e sulla realtà sociale nella quale opera (Battistelli, Favretto, 2003).Keywords: Intrapreneurship- Entrepreneurship- Values- Locus of control- Self-efficacy-Engagment- Employ-ability- Proactive personality.
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Harhoff, Frederik. "Securing criminal evidence in armed conflicts abroad". Military Law and the Law of War Review 58, n.º 1 (25 de noviembre de 2020): 2–30. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2020.01.01.

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This article concerns an issue that has become increasingly relevant for international coalition forces participating in joint military operations abroad, viz. the duty to collect, document, record and secure evidence of serious violations of international humanitarian law (IHL) and international human rights committed in armed conflicts. The point, simple as it seems, is that respect for justice and international humanitarian law requires that perpetrators of war crimes etc. be brought to justice. Yet prosecution and trial of these crimes cannot succeed without material proof and information that meet the standards for admission into evidence in criminal trials. However, judicial experience from international criminal trials suggests that much of the evidence produced in Court fails to meet this standard – and is therefore dismissed. The article highlights the need to secure evidence of these crimes and proposes five simple basic recommendations for military personnel who come across evidence of serious violations of international humanitarian law in armed conflicts: (1) be familiar with the elements of genocide, crimes against humanity, war crimes and aggression; (2) know the rules of the game regarding collection of evidence, including the duty to respect local norms and authorities and to follow any international rules or agreements, and the duty to comply with obligations to seek authorization for investigation from domestic authorities; (3) be careful in your registration and handling of evidence material; (4) be careful not to hurt yourself or others when you search for evidence; and (5) stay critical and impartial to all material and information you receive from others. Cet article aborde un problème que les forces armées des coalitions internationales rencontrent de plus en plus souvent lorsqu’elles participent à des opérations militaires conjointes à l’étranger: l’obligation de rassembler, de documenter, d’enregistrer et de garantir des preuves de violations graves du droit international humanitaire et des droits de l’homme lors de conflits armés. Aussi simple qu’il paraisse, le principe est le suivant: le respect de la justice et du droit international humanitaire implique que les auteurs de crimes de guerre et autres soient traduits en justice. Toutefois, les poursuites judiciaires et le procès qui s’ensuit ne peuvent aboutir sans preuves matérielles et informations qui répondent aux normes d’admission de la preuve dans les procès au pénal. L’expérience judiciaire de ces procès internationaux suggère néanmoins que bon nombre des preuves présentées au tribunal ne répondent pas à ces normes et sont dès lors rejetées. L’auteur insiste sur le besoin de fournir des preuves de ces crimes et propose cinq recommandations de base pour le personnel militaire qui aurait des preuves de violations graves du droit international humanitaire dans les conflits armés: (1) informez-vous sur les différents éléments qui composent le génocide, les crimes contre l’humanité, les crimes de guerre et les agressions; (2) connaissez les règles relatives au rassemblement de preuves, y compris le devoir de respecter les normes et autorités locales, de suivre les règles et accords internationaux, et de se conformer à l’obligation d’obtenir une autoris­ation des autorités nationales pour mener une enquête; (3) soyez prudents lorsque vous enregistrez et utilisez des éléments de preuve; (4) veillez à ne pas causer de tort aux autres ni à vous-même lorsque vous cherchez des preuves; et (5) restez critique et impartial lorsque vous recevez des informations d’autres personnes. Dit artikel bespreekt een kwestie die van toenemend belang is voor internationale coalitietroepen die deelnemen aan gezamenlijke militaire operaties in het buitenland, nl. de plicht om bewijs van ernstige schendingen van het internationaal humanitair recht (IHR) en van de mensenrechten in gewapende conflicten te verzamelen, te staven, vast te leggen en veilig te stellen. Het punt, hoe eenvoudig ook, is dat het respect voor de rechtspleging en het internationaal humanitair recht vereist dat de daders van oorlogsmisdaden enz. voor het gerecht worden gebracht. Toch kunnen deze misdaden niet succesvol vervolgd en berecht worden zonder materieel bewijs en informatie die voldoen aan de normen om als bewijs in strafprocessen te worden toegelaten. De ervaring uit internationale strafprocessen leert echter dat veel van het bewijsmateriaal dat in de rechtbank wordt aangedragen, niet aan deze norm voldoet – en daarom wordt verworpen. Het artikel benadrukt de noodzaak om het bewijs van deze misdaden veilig te stellen en stelt vijf eenvoudige basisaanbevelingen voor aan militairen die in gewapende conflicten bewijzen van ernstige schendingen van het internationaal humanitair recht aantreffen: (1) wees op de hoogte van de elementen van genocide, misdaden tegen de menselijkheid, oorlogsmisdaden en agressie; (2) ken de regels van het spel met betrekking tot het verzamelen van bewijs, met inbegrip van de plicht om de lokale normen en autoriteiten te respecteren en om alle internationale regels of overeenkomsten te volgen, evenals de plicht om te voldoen aan de verplichting dat aan binnenlandse autoriteiten toestemming moet worden gevraagd om een onderzoek in te stellen; (3) let op bij het registreren en behandelen van bewijsmateriaal; (4) zorg ervoor dat je jezelf of anderen geen schade berokkent wanneer je naar bewijs zoekt; en (5) blijf kritisch en onpartijdig ten opzichte van al het materiaal en de informatie die je van anderen ontvangt. El artículo aborda un problema que con el tiempo ha adquirido una importancia relevante para las fuerzas en coalición que participan en operaciones conjuntas en el exterior, tal cual es el deber de recoger, documentar, registrar y asegurar las pruebas de crímenes graves contra el Derecho Internacional Humanitario (DIH) y contra los derechos humanos cometidos en los conflictos armados. El asunto, tan simple como parece, es que el respeto por la justicia y el Derecho Internacional Humanitario exige que en definitiva los perpetradores de crímenes de guerra sean llevados ante la justicia. Sin embargo, la acusación y el enjuiciamiento de estos crímenes no pueden prosperar sin una prueba material e información que reúna los requisitos necesarios para ser admitida como prueba de cargo en juicios penales. Al hilo de esto, la experiencia judicial en procedimientos penales internacionales demuestra que muchas de estas pruebas presentadas ante un tribunal no cumplen con estos estándares y, por consiguiente, son rechazadas. El artículo resalta la necesidad de asegurar la prueba de estos crímenes y propone cinco recomendaciones básicas para el personal militar que deba requisar estas pruebas relativas a crímenes graves contra el Derecho Internacional Humanitario en conflictos armados: (1) Familiarizarse con los elementos constitutivos del crimen de genocidio, crímenes contra la humanidad, crímenes de guerra y crimen de agresión; (2) Conocer las reglas del juego relativas a la recogida de pruebas, incluido el deber de respetar las normas y a las autoridades locales y cualquier otra regla o acuerdo internacional, y el deber de cumplir con la obligación de solicitar autorización a las autoridades locales para llevar a cabo investigaciones; (3) Ser diligente en el registro y manejo de las pruebas materiales; (4) Tener cuidado de no dañarse o dañar a otros en la búsqueda de las pruebas; y (5) tener una actitud crítica e imparcial ante las pruebas e información que se reciba de otros. Questo articolo tratta di una questione che è diventata sempre più rilevante per le forze di coalizione internazionali che partecipano ad operazioni militari congiunte all’estero, vale a dire il dovere di raccogliere, documentare, registrare e mettere al sicuro le prove di gravi violazioni al diritto internazionale umanitario (IHL) e dei diritti umani commesse nei conflitti armati. Il punto, semplice come appare, è che il rispetto della giustizia e del diritto internazionale umanitario richiedono che gli autori di crimini di guerra etc. siano assicurati alla giustizia. Però l’azione penale e il processo per tali crimini non possono avere successo senza prove materiali e informazioni che soddisfino gli standard per l’ammissione come prova nei processi penali. Tuttavia, l’esperienza giudiziaria dei tribunali penali internazionali suggerisce che molte delle prove prodotte nei tribunali non soddisfano questi standard e perciò vengono respinte. Questo articolo evidenzia la necessità di garantire prove di questi crimini e propone cinque semplice raccomandazioni di base per il personale militare che si imbatte in prove di serie violazioni al diritto internazionale umanitario nei conflitti armati: (1) Conoscere gli elementi del genocidio, dei crimini contro l’umanità, dei crimini di guerra e dell’aggressione; (2) Conoscere le regole del gioco riguardo la raccolta delle prove, compreso il dovere di rispettare le norme e autorità locali e di seguire qualsiasi regola o accordo internazionale, e il dovere di rispettare gli obblighi di chiedere l’autorizzazione alle indagini alle autorità nazionali; (3) Fare attenzione nella registrazione e gestione del materiale probatorio; (4) Fare attenzione a non fare del male a se stessi od altri nella ricerca delle prove; e (5) Rimanere critici ed imparziali nei confronti di tutto il materiale e delle informazioni ricevute da altri. Dieser Artikel behandelt eine Angelegenheit, die für die Streitkräfte internationaler Koalitionen, die sich an gemeinsamen Militäreinsätzen im Ausland beteiligen, an Relevanz gewinnt, nämlich die Pflicht, Beweismittel schwerer Verletzungen des internationalen humanitären Rechts und internationaler Menschenrechte in bewaffneten Konflikten zu sammeln, zu dokumentieren, aufzuzeichnen und sicherzustellen. Der Kernpunkt, so einfach dieser scheinen mag, besteht darin, dass Respekt vor der Justiz und dem internationalen humanitären Recht erfordert, dass Täter von Kriegsverbrechen, usw. vor Gericht gebracht werden sollen. Dennoch können die Verfolgung und Ahndung dieser Verbrechen ohne materiellen Beweis und Informationen, die den Standards zur Zulassung als Beweismittel in Strafprozessen gerecht werden, nicht gelingen. Die gerichtliche Erfahrung internationaler Strafprozesse weist allerdings darauf hin, dass manche der dem Gericht unter­breiteten Beweise diesen Standards nicht gerecht werden, und somit abgewiesen werden. Der Autor unterstreicht, dass es notwendig ist, Beweise für diese Verbrechen sicher­zustellen, und schlägt fünf einfache Grundempfehlungen für Militärangehörige vor, die auf Beweise schwerer Verletzungen des internationalen humanitären Rechts in bewaffneten Konflikten stoßen: (1) Sorgen Sie dafür, dass Sie die Elemente des Genozids, der Verbrechen gegen die Menschlichkeit, Kriegsverbrechen und Aggressionen kennen; (2) seien Sie mit den Spielregeln hinsichtlich der Sammlung von Beweisen vertraut, und dies einschließlich der Pflicht, örtliche Normen und Autoritäten zu respektieren, irgendwelche internationale Regeln oder Abkommen zu befolgen und die Verpflichtungen zu erfüllen, um die Genehmigung zur Durchführung von Ermittlungen von den Behörden des betreffenden Landes einzuholen; (3) seien Sie vorsichtig bei Ihrer Erfassung von bzw. Ihrem Umgang mit Beweismaterial; (4) sorgen Sie dafür, dass Sie sich selbst oder anderen keinen Schaden zufügen, wenn Sie nach Beweisen suchen; und (5) bleiben Sie kritisch und unvoreingenommen in Bezug auf all das Material und alle Informationen, die Sie von anderen erhalten.
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Sutton, Agneta. "Do human-animal hybrids and chimeras mean the abolition of man?" Medicina e Morale 56, n.º 2 (30 de abril de 2007). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2007.324.

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Gli scienziati del Regno Unito stanno cercando di ottenere il permesso per creare ibridi umano-animale per mezzo della clonazione. La ragione di ciò risiede nel fatto che c’è una scarsità di ovocellule umane per creare embrioni al fine della ricerca sulle cellule staminali umane embrionali. L’idea è quella di usare ovuli di coniglio o di mucca anziché quelli umani per clonare embrioni che sarebbero al 99% umani e all’1% animali. Il nucleo di un uovo animale verrebbe rimosso per essere sostituito da un nucleo di cellula umana. Questi progetti sollevano domande morali e metafisiche. Essi, infatti, pongono la domanda su ciò che significa essere umano e la questione sulla legittimità morale di rimuovere il “Rubicone” che separa le creature umane dagli (altri) animali. Questo articolo discute lo status degli ibridi umano-animale creati attraverso la clonazione, usando ovociti animali al posto di quelli umani per creare embrioni clonati quasi-umani. In esso si tratta anche dello status di embrioni – e di creature più sviluppate – i cui corpi sono composti di cellule, o tessuti, di origine umana ed animale. Non è la prima volta che le nuove tecnologie riproduttive ci pongono di fronte a nuove scelte. La scienza avanza velocemente. Ha un impeto tutto suo. Ma possiamo permetterci di permettere che qualsiasi cosa che può essere fatta sia fatta? Certamente, la ragione e il rispetto per l’essere umano devono prevalere, affinché non creiamo un mondo in cui alcuni esseri umani saranno compromessi biologicamente e meno umani degli altri. ---------- Scientists in the UK are seeking to obtain permission to create humananimal hybrids by means of cloning. This is because there is a shortage of human eggs to create embryos for human embryonic stem-cell research. The idea is to use rabbit or cow eggs instead of human eggs to clone embryos that would be 99% human and 1% animal. The nucleus of an animal egg would be removed and replaced by a human cell nucleus. These projects raise both moral and metaphysical questions. They raise the question of what it means to be human. And they raise the question of whether it is morally legitimate to remove the Rubicon that separates humans from (other) animals. This paper discusses the status of human-animal hybrids created by cloning, using animal eggs instead of human eggs to create near-human cloned embryos. It also discusses the status of embryos--and more mature creatures--whose bodies are composed of cells, or tissues, of both human and animal origin. Not for the first time new reproductive technologies face us with new choices. Science is moving fast. It has a momentum of its own. But can we afford to allow anything that can be done to be done? Surely, reason and respect for the human being must prevail, lest we create a world in which some humans will be biologically compromised and less human than the rest.
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"Osservatorio europeo. Segnalazioni". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 2 (septiembre de 2011): 243–49. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-002018.

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Documenti Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5.4.2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI
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"Osservatorio italiano". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 3 (noviembre de 2010): 257–76. http://dx.doi.org/10.3280/diri2010-003020.

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Leggi, regolamenti e decreti statali 1. Legge 2.7.2010 n. 108 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16.5.2005.2. Decreto legislativo 9.9.2010 n. 261 - Disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/ GAI - reciproco riconoscimento alle sentenze penali.3. Decreto interministeriale 4.6.2010 - Modalitŕ di svolgimento del test di conoscenza della lingua italiana, previsto dall'art. 9 TU n. 286/98.4. Decreto Ministro lavoro e politiche sociali 6.7.2010 - programmazione flussi ingresso per corsi di formazione professionale e tirocini formativi - contingente annuale 2010.5. Decreto Ministro interno 5.8.2010 - Modifiche al decreto 22.7.2008 recante linee guida per la presentazione delle domande di contributo per il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.CircolariCittadini extracomunitariAsilo1. Ministero interno 13.7.2010 n. 4089 - ambito di applicazione dell'art. 11, co. 1, del d.lgs. n. 140/2005Ingresso2. Ministero interno 27.7.2010 n. 4848 - ingresso in Italia per lavoratori altamente qualificati e ricongiungimento familiare del genitore naturale.3. Ministero interno 23.8.2010 n. 5500 - ingresso per motivi di studio per periodi inferiori a 90 giorni.Lavoro e previdenza sociale4. Ministero interno, lavoro e politiche sociali 18.6.2010 n. 3965 - lavoro stagionale: misure di contrasto al lavoro "in nero".5. Ministero lavoro, salute e politiche sociali 22.7.2010 n. 23 - conversione del permesso di soggiorno per studio o formazione in lavoro autonomo - contratto c.d. a progetto.Soggiorno6. Ministero istruzione, universitŕ e ricerca 7.7.2010 n. 1304 - art. 27 ter del d.lgs. 286/98 - ingresso e soggiorno per ricerca scientifica - chiarimenti.7. Ministero interno 23.8.2010 n. 5493 - stranieri coniugi di cittadini italiani e comunitari - matrimonio celebrato in altro Stato.8. Ministero interno 15.9.2010 n. 6020 - studenti stranieri soggiornanti in Italia. Prosecuzione all'estero degli studi.
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Spagnolo, Antonio G. y Viviana Daloiso. "Oltre il visibile Le nanotecnologie e la nanomedicina: definizioni e problematiche bioetiche". Medicina e Morale 57, n.º 3 (30 de junio de 2008). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2008.280.

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Il presente articolo intende inquadrare e definire le implicazioni etiche riguardanti l’applicazione biomedica delle nanotecnologie, attraverso la valutazione dello stato dell’arte. Le nanotecnologie, espressione dell’abilità umana di manipolare la materia su scala atomico/molecolare, si presentano come uno strumento in grado di modificare la ricerca scientifica e la medicina in maniera radicale. Dibattiti ad ogni livello hanno sottolineato la difficoltà di darne una definizione chiara ed univoca, a causa della convergenza di più ambiti del sapere in esse coinvolti. Nonostante le nanotecnologie siano già presenti nelle scienze computeristiche e nell’elettronica, è in ambito medico-sanitario che si prospettano le applicazioni più entusiasmanti: strumenti di diagnosi e somministrazione di farmaci meno invasivi e più efficaci. Queste tecnologie si presentano infatti allo stesso tempo come terapie ma anche come strumenti di prevenzione unici. Le stesse caratteristiche che rendono singolare l’impiego delle nanotecnologie in medicina, suggeriscono altresì precauzioni: da una parte infatti la di mensione piccolissima (atomico-molecolare) delle nanoparticelle facilita il loro ingresso nell’organismo umano, oltrepassando le difese naturali dell’organismo, agevolando una distribuzione dei farmaci altamente mirata. Dall’altra parte queste stesse caratteristiche posso rivelarsi dannose per l’organismo umano (interazione tra nanoparticelle e sistema biologico umano, elevato rapporto tra massa e superficie, mobilità). Poiché si tratta di tecnologie in rapida progressione i cui sviluppi non sono facili da predire, i rischi, anche solo quelli potenziali, devono essere accuratamente valutati sia per le applicazioni presenti sia per quelle future. Pertanto inquadrare le implicazioni bioetiche delle nanotecnologie significa comprendere e valutare il loro impatto sulla salute umana. ---------- The aim of this contribution is to outline and define some ethical implications concerning biomedical applications of nanotechnologies. Nanotechnology, expression of the human ability to manipulate matter on a molecular and atomic scale, provide an instrument able to change scientific research and medicine in a radical way. Debate at all levels have pointed out the common difficulty to give a clear and univocal definition of nanotechnologies, due to the convergence of technologies there involved. Although these technologies have already been implemented in electronics or computer science, the most useful ones are foreseen to be in new approaches for research purposes and medicine, providing diagnosis and drug delivery with no invasive methods involved. These technology, in fact, look like therapy but they also represent unique prevention tools. The very same characteristics that make nanomaterial useful in medicine, suggest some precaution: o one hand, thanks to their small size (atomic dimension) nanoparticles can enter cells in the organisms, avoiding natural defenses and move to organs and tissues allowing a target distribution of drugs. On the other hand, these technologies can turn to be harmful to humans (interaction between nanoparticles and the biological human system, high surface- to-mass relation, mobility). Because we are dealing with a rapidly developing technology, where most of the effects are still hard to foresee, potential risks must be considered for both current and future applications. So far, outlining ethical issues means understanding the impact of these technologies on human health.
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Vignati, Rinaldo. "Roberto Roversi e il cinema: documentari, articoli e progetti". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies, 14 de junio de 2022, 001458582210859. http://dx.doi.org/10.1177/00145858221085987.

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L’articolo è uno studio sui lavori per il cinema (soggetti e sceneggiature) e sui testi di argomenti cinematografico del poeta Roberto Roversi. L’articolo esamina anzitutto i film realizzati: tre lungometraggi di finzione e vari documentari (diretti soprattutto da Carlo Di Carlo). Successivamente prende in considerazione gli articoli sul cinema che Roversi ha scritto per quotidiani e riviste. La terza sezione dell’articolo è dedicata a Il frate, progetto di sceneggiatura per un film su san Francesco che avrebbe dovuto essere diretto da Michelangelo Antonioni. Infine, grazie alle ricerche compiute in vari archivi (Centro sperimentale di cinematografia, Museo del cinema di Torino), vengono riportati alla luce diversi altri progetti di film a cui Roversi ha partecipato: in particolare risultano significativi I trenta passi di Angela, scritto assieme a Tonino Guerra, e Area di rigore, curioso soggetto di ambientazione calcistica. Roberto Roversi resta – a dispetto delle “formule sbrigative e liquidatorie” (Moliterni, 2008: 563) in cui viene spesso rinchiusa la sua opera – una figura complessa, non facilmente inquadrabile entro le abituali categorie critiche e quindi non studiata quanto meriterebbe. L'esame dei suoi lavori per il cinema evidenzia aspetti poco noti e conferma la complessità della sua personalità. Sebbene si tratti in prevalenza di lavori su commissione, dall’esame di questi testi emergono alcuni interessi tematici ricorrenti, a cominciare dalla sottolineatura dell’importanza della memoria, intesa non come ricordo statico ma come forza che si traduce in azione nel presente e in progetto rivolto al futuro. Nella trasformazione dei luoghi, e in particolare della città di Bologna, si può osservare come memoria del passato e progetto per il futuro interagiscono nel presente. Nei film a cui Roversi ha collaborato si avverte spesso lo sforzo di rappresentare gli esseri umani e i luoghi in costante “divenire”.
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Casini, Carlo y Marina Casini. "Diritto di proprietà vs diritto alla vita? Una nuova questione dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo". Medicina e Morale 62, n.º 6 (30 de diciembre de 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.75.

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Il recente ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (n. n. 46470/11) nasce dalla pretesa di usare gli embrioni umani per la ricerca scientifica sul presupposto che si tratti di “cose”. Infatti, la ricorrente invoca il suo diritto di proprietà sugli embrioni appellandosi all’art. 1 del Protocollo n. 1 addizionale alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali. L’attacco è diretto contro la legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita (Legge 40 del 19 febbraio 2004) il cui art. 13/1 vieta “qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano”. Gli Autori, ritengono che sia infondata scientificamente e giuridicamente la pretesa di considerare l’embrione umano una cosa; mostrano come il riconoscimento del il concepito soggetto titolare di diritti (art.1), sia supportato da un importante complesso normativo; contestano la pretesa contraddizione tra la Legge 40 del 2004 con la legge 194 del 1978; sostengono la ragionevolezza scientifica, etica e giuridica di orientare la scienza verso la ricerca sulle staminali adulte, anziché su quelle embrionali. L’indagine viene condotta passando in rassegna numerose disposizioni a partire dall’art. 18 della Convenzione di Oviedo. Ampio spazio è dato alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di bioetica in relazione alla dottrina del margine di apprezzamento che dovrebbe essere applicata anche in senso favorevole all’Italia nel caso in esame. Il contributo auspica che i giudici tengano conto di quanto scritto nell’articolo 2 del Trattato di Oviedo che sotto il titolo “Primato dell’essere umano”, dichiara “l’interesse ed il bene dell’essere umano devono prevalere sul solo interesse della società e della scienza”. ---------- The recent appeal to the European Court of Human Rights (Application n. 46470/11) originates from the demand to use human embryos for scientific research on the ground that they are “things”. Indeed the appellant claims her right to property of the embryos pleading to the art. 1 of the Additional Protocol n. 1 of the European Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms. The attack is directed against the Italian Law on medically assisted procreation (Law n. 40 of 19 February 2004) which bans any experimentation on human embryo. The Authors argue that the demanded evaluation of the human embryo as a “thing” is scientifically and legally baseless. They also show how the Italian Law n. 40/2004, which recognizes the embryo as a subject holder of rights (art.1), is backed by an important normative complex. In this article the thesis on the inconsistency between Law n. 40/2004 and Law n. 194/178 is rejected and it is claimed the scientific, ethical and legal reasonableness to lead the science to adult stem cells instead embryonic stem cells. The analysis is conducted reviewing numerous dispositions from art. 18 of the Oviedo Convention on Human Rights and Biomedicine. In this article a wide space is allowed to the Bioethics case-law of the European Court of Human Rights as for the doctrine of the margin of appreciation which should be applied also to defend Italy in the examined case. The article hope that the Court set great store by what is written in art. 2 (“Primacy of the Human Being”): “The interests and welfare of the human being shall prevail over the sole interest of society or science”.
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Meaney, Joseph, Marina Casini, Emanuela Midolo y Antonio G. Spagnolo. "The human rights to life and conscience and resolving conflicts of human rights". Medicina e Morale 65, n.º 5 (23 de noviembre de 2016). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.457.

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Gli autori affrontano la questione del criterio da seguire per risolvere le situazioni in cui i diritti umani legalmente riconosciuti entrano in conflitto tra loro. La questione è aggravata dalla mancanza di consenso per quanto riguarda le priorità tra i diritti umani. Tuttavia, gli autori ritengono che quando è in gioco il diritto alla vita, questo – sia dal punto di vista etico che giuridico – dovrebbe prevalere sulle rivendicazioni di altri diritti, quanto meno nella sua formulazione negativa (non cagionare la morte). Si tratta infatti, logicamente e cronologicamente del più fondamentale dei diritti. Gli autori ritengono che vi sia una forte logica a stabilire una priorità tra le tre generazioni di diritti umani andando dal più al meno importante. È comunque un utile esercizio quello di esaminare – nella dimensione del conflitto tra diritti – la questione del diritto al rispetto della coscienza nell’ambito sanitario, cercando di stabilire l’ordine delle priorità. Gli autori approvano la posizione assunta da legislazioni e decisioni giudiziarie che generalmente assicurano il riconoscimento del diritto al rispetto della coscienza per gli operatori sanitari.The authors raise the question of what should be done when legally recognized human rights come into conflict. This serious problem is further complicated by a lack of consensus concerning prioritization among human rights. Nevertheless, the authors believe that a solid legal and ethical case can be made that the right to life should trump other human rights claims, particularly in its negative version. It is in fact, logically and chronologically the most basic human right. The authors believe that there is a strong logic to prioritizing the three generations of human rights as generally more important to less so. Viewing the problem of conscience rights in healthcare settings through the prism of conflicting rights and attempting to determine which rights should prevail is also a helpful exercise. The authors concur with the generally high position that the human right of conscience of healthcare professionals has been granted in most legislation and court decisions on the issue.
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