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Lemański, Janusz. "Jakub w Betel: od hieros logos po próbę pojednania (Rdz 28,10-22)". Verbum Vitae 16 (14 de diciembre de 2009): 17–51. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1523.

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La pericope di Gen 28,10-22 viene considerata qui co me l’efetto di un processo redazionale cominciato da una tradizione cultuale (hieros logos) kanaanea. Durante una redazione delle tradizioni meridionali collegate con Jacobe, questa etiologiadiun luogo santo e stata inserita nell’insieme di tradzione jahvista. Ił secondo importante sviluppo aveva luogo nel periodo postesilico, quando, dopo anni di concorenza tra Betel e Gerusalemme, questo posto e tradizioni etnico-religiose eon esso collegate banno cominciato a far parte di una storia patciareale precedente riguardo alla tradizione di Esodo. Ancora nel Os 12 si puo vedere una breccia tra entrambe Ie tradizoni riguardanti gli albori diuna nazione. Nel pocesso di redazione del Pentateuco queste divergenze sono state cancellate creando di Betel un posto di iconciliazione re ligiosa tra Ie due visioni concorente. Betel in questo cambiamento e diventato un punto di svolta, dove Jacobe entra nella linea dei pattiarchi i aquista le promesse di partecipare nelle promesse di Abramo.
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Burigana, Riccardo y Luiz Carlos Luz Marques. "TRADIZIONI RELIGIOSE ABRAMITICHE E LA QUESTIONE DELL’INTOLLERANZA". Revista de Teologia e Ciências da Religião da UNICAP 5, n.º 1 (2015): 003–9. http://dx.doi.org/10.20400/p.2237-907x.2015v5n1p003.

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Cardia, Carlo. "Identitŕ religiosa e culturale europea: la questione del crocifisso". CITTADINANZA EUROPEA (LA), n.º 1 (diciembre de 2010): 33–66. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2010-001003.

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La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche in Italia č stata ritenuta incompatibile con la libertŕ di religione e di educazione dalla Corte di Strasburgo, con una sentenza (Lautsi) che appare in contrasto con la giurisprudenza costante della stessa Corte, la quale riconosce agli stati un ampio margine di apprezzamento in materia della libertŕ religiosa, a tal fine richiamandosi alla tradizione dei singoli paesi. La sentenza, disattendendo il suo stesso criterio di valutazione, che impone di esaminare il contesto storico-culturale, perviene, con una sorta di atteggiamento di ‘iconoclastia laica', a un concetto limitato e fuorviante di educazione delle nuove generazioni. Infatti, se si concepisce il simbolo religioso come un elemento negativo e conturbante, i bambini cresceranno con un senso di ostilitŕ verso questi simboli, come se fossero fattori di divisione, e il rapporto tra religioni diverrebbe un rapporto diffidente, ostile e potenzialmente conflittuale. Senza poi considerare il fatto che il diritto di una maggioranza religiosa va tutelato con la stessa cura di quelli delle minoranze.
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Altavilla, Annagrazia y Alessandro Dell’Erba. "La ricerca sulle cellule staminali: la nuova sfida dell’Europa unita". Medicina e Morale 53, n.º 6 (31 de diciembre de 2004): 1133–78. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.621.

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La ricerca sulle cellule staminali rappresenta uno dei settori più promettenti della biotecnologia, in quanto offre la possibilità di sviluppare nuovi metodi per riparare o sostituire le cellule o i tessuti lesionati o malati e per curare alcune patologie croniche gravi. Tale ricerca può anche fornire un contributo importante alla scienza di base, aiutando a comprendere i meccanismi di proliferazione e differenziazione cellulare. Gli embrioni umani preimpanto rappresentano una delle possibili fonti di cellule staminali. Tuttavia, laddove questa ricerca prevede l’utilizzo di embrioni umani, essa solleva la questione dei principi etici in gioco e dei limiti e delle condizioni cui questa deve essere soggetta. Gli stati europei hanno adottato posizioni diverse in merito alla regolamentazione della ricerca sulle cellule staminali embrionali. Tale disparità, che riflette le tradizioni etiche, filosofiche e religiose alle quali gli stati si ispirano, conferma l’esistenza di punti di vista divergenti in Europa su quanto sia o meno eticamente suscettibile di tutela. Questo articolo esamina le legislazioni e le posizioni etiche esistenti a tal proposito in Europa, oltre che i nuovi orientamenti sui principi da applicare nella concessione di finanziamenti comunitari (nell’ambito del VI Programma quadro di ricerca europeo –FP6) per progetti di ricerca implicanti l’uso di embrioni umani e di cellule staminali embrionali. Tale studio intende altresì fornire degli spunti di riflessione sui nuovi traguardi dell’integrazione europea nel settore della ricerca biomedica.
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Janssens, Jules. "L’exposé de la réprobation dans l’Ihyā’ d’al-Ghazālī: quelques observations concernant l’influence d’al-Muhāsibī". Doctor Virtualis, n.º 17 (14 de mayo de 2022): 41–77. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17828.

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Nella seconda parte del Libro della condanna dello status e dell’ostentazione il ventottesimo libro della sua opera principale, La rinascita delle scienze religiose – al-Ghazālī trae molta ispirazione da al-Muhāsibī, soprattutto dalla sua opera al-Ri’āya al-huqūq Allāh (L’osservanza dei diritti di Dio). Il fatto che al-Ghazālī menziona esplicitamente il nome di al-Muhāsibī non meno di quattro volte in questa sezione testimonia la sua ammirazione profonda per questo grande mistico delle origini. Un attento esame di questi riferimenti e del loro contesto rivela una grande familiarità e un ampio uso della Ri’āya, così come un accesso diretto a un’altra grande opera di al-Muhāsibī, cioè il Kitāb al-Wasāya (Il Libro dei Comandamenti). Inoltre, la scelta di al-Ghazālī di specifici versetti coranici e delle Tradizioni, sia profetiche che di storie, è molto debitrice della Ri’āya, come diventa chiaro sulla base di un esame del primo capitolo di questa seconda parte che consiste interamente in citazioni di versetti coranici e delle Tradizioni riguardanti la questione dell’ostentazione.Per quanto riguarda il secondo capitolo, che si concentra sui modi usati per attirare l’attenzione della gente su di sé sia negli atti religiosi che in quelli verbali, esso condivide molte caratteristiche con l’esposizione di al-Muhāsibī nella Ri’āya, compresa la copia quasi letterale di alcuni passaggi. Infine, l’uso che al-Ghazālī fa della Ri’āya in ciascuno degli altri capitoli è brevemente indicato. Questo studio mostra che al-Muhāsibī non era solo una fonte importante per al-Ghazālī – un fatto già noto da quasi un secolo – ma la fonte principale, almeno per questa sezione della sua Rinascita. Tuttavia, allo stesso tempo, questo studio chiarisce che al-Ghazālī non è colpevole di cieco plagio. In the second part of the Book of the Condemnation of Status and Ostentation – the twentieth-eight book of his major work, The Revival of the Religious Sciences – al-Ghazālī draws much inspiration from al-Muhāsibī, above all from his work al-Ri’āya al-huqūq Allāh (Eyeservice to God’s Laws). The very fact that al-Ghazālī explicitly mentions al-Muhāsibī’s name no less than four times throughout this section clearly testifies to his profound admiration for this great early mystic. A close examination of these references and their context reveals a great familiarity with and an extensive use of the Ri’āya, as well as a direct access to another major work of al-Muhāsibī, i.e., Kitāb al-Wasāya (The Book of Commandments). Moreover, al-Ghazālī’s choice of specific Qur’anic verses and of Traditions, both prophetic and stories, is much indebted to the Ri’āya, as becomes clear on the basis of an examination of the first chapter of this second part which consisting entirely of quotations of Qur’anic verses and Traditions concerning the issue of ostentation. As to the second chapter, which focuses on the ways used to draw people’s attention to oneself both in religious as well as in wordly acts, it shares many features with al-Muhāsibī’s exposition in the Ri’āya, including the almost verbatim copying of some passages. Finally, al-Ghazālī’s use of the Ri’āya in each of the other chapters is briefly indicated. This study shows that al-Muhāsibī was not just a major source for al-Ghazālī – a fact already known for nearly a century – but the major source, at least for this section of his Revival. However, at the same time, this study makes clear that al-Ghazālī is not guilty of blind plagiarism.
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Dell'Amico, Shady. "Miti che curano. Il ruolo della memoria religiosa nella psicologia analitica di Carl Gustav Jung". STUDI JUNGHIANI, n.º 51 (julio de 2020): 54–75. http://dx.doi.org/10.3280/jun51-2020oa8511.

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Resumen
Nel seguente articolo vorrei analizzare filosoficamente in quali termini la psicologiaanalitica di Carl Gustav Jung si ponga come erede della tradizione spirituale occidentale,addirittura come un "cristianesimo post-religioso". Nel farlo vorrei anzitutto evidenziare irapporti fra la tradizione ebraico-cristiana e la psicologia analitica, valutando il peso specificoche Jung attribuisce alla memoria religiosa e alla sua capacità terapeutica di fornire un canale diespressione alle forze agenti nell'uomo. Metterò in luce come lo psichiatra svizzero ritengaopportuna una ri-formulazione dello scenario mitico tradizionale così da offrire una baseimmaginale all'esternazione dei processi psichici dell'occidentale moderno. Cercherò in questomodo di mostrare come per Jung «la perdita delle radici e l'abbandono della tradizionenevrotizzino le masse e le predispongano all'isteria collettiva» (Jung 1982).
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Dell'Amico, Shady. "Miti che curano. Il ruolo della memoria religiosa nella psicologia analitica di Carl Gustav Jung". STUDI JUNGHIANI, n.º 51 (julio de 2020): 54–75. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2020oa8511.

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Nel seguente articolo vorrei analizzare filosoficamente in quali termini la psicologiaanalitica di Carl Gustav Jung si ponga come erede della tradizione spirituale occidentale,addirittura come un "cristianesimo post-religioso". Nel farlo vorrei anzitutto evidenziare irapporti fra la tradizione ebraico-cristiana e la psicologia analitica, valutando il peso specificoche Jung attribuisce alla memoria religiosa e alla sua capacità terapeutica di fornire un canale diespressione alle forze agenti nell'uomo. Metterò in luce come lo psichiatra svizzero ritengaopportuna una ri-formulazione dello scenario mitico tradizionale così da offrire una baseimmaginale all'esternazione dei processi psichici dell'occidentale moderno. Cercherò in questomodo di mostrare come per Jung «la perdita delle radici e l'abbandono della tradizionenevrotizzino le masse e le predispongano all'isteria collettiva» (Jung 1982).
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Granata, Anna. "Di padre in figlio, di figlio in padre. Il ruolo innovativo delle seconde generazioni nelle comunitŕ religiose di minoranza". MONDI MIGRANTI, n.º 2 (enero de 2011): 87–100. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-002004.

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Le comunitŕ religiose di minoranza sono caratterizzate da una forte e dinamica presenza di giovani. Molti di loro appartengono alla cosiddetta seconda generazione dell'immigrazione: sono nati in Italia o giunti da bambini al seguito dei propri genitori, parlano, pensano, sognano in italiano e in questo paese immaginano di costruire il proprio futuro. Allo stesso tempo e senza contraddizione, sono inseriti in una tradizione religiosa che hanno ereditato dalle proprie famiglie, con riti, valori e linguaggi fortemente intrecciati con le culture dei paesi d'origine. Questo articolo - basato su una ricerca in pedagogia interculturale, condotta con metodi etnografici e interviste in pro-fonditŕ presso alcune comunitŕ religiose di minoranza nella cittŕ di Milano - descrive i tratti e le potenzialitŕ comuni alle seconde generazioni e le competenze interculturali che possono sviluppare a contatto con piů riferimenti culturali e linguistici nei propri contesti di vita. A conclusione della riflessione, si auspica che la lezione delle seconde generazioni possa parlare non solo alle comunitŕ religiose di minoranza, ma a tutte quelle realtŕ in cui convivono generazioni diverse per uno scopo comune.
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Tronina, Antoni. "Jozue - Jezus. Biblijna typologia zbawiciela". Verbum Vitae 1 (15 de junio de 2002): 41–56. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1314.

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L’'autore del saggio propone una lettura tipologica dei testi biblici riguardanti Giosue. La prima parte mostra una visione panoramica del grande personaggio nelle tradizioni letterali dell'’Antico Testamento. Continuando questo tema, la parte seconda (cosidetti „testi intertestamentali”) contiene una prova dell’approfondire il ruolo di Giosue nella storia di salvezza. Nella parte ultima (Giosue come figura del Salvatore) vogliamo dimostrare la riflessione sul valore tipologico della persona e dell’opera di Giosue nei scritti del Nuovo Testamento e nella tradizione della Chiesa. I cristiani leggono il Libro di Giosue come prefigurazione dell’opera salvifica di Gesù Cristo, compiuta sulla Croce. Come Giosue sostituisce il Legislatore Mose, cos l’ordine di grazia in Gesù Salvatore sostituisce l’antico ordine della Legge.
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Tronina, Antoni. "„Dan – młody lew” (Pwt 33, 22). Judeochrześcijańska tradycja o antychryście". Vox Patrum 55 (15 de julio de 2010): 629–35. http://dx.doi.org/10.31743/vp.4362.

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L’autore presenta un corrente poco noto della tradizione antica sull’Anticristo, quello conesso col nome di Dan. Questa tradizione viene certamente dai giudeocristiani sempre attivi nella Chiesa primitiva. Il loro insegnamento, contenuto sopratutto nei libri apocrifi, anzi combattuto dai Padri, ha formato profondamente la religione popolare fino al medioevo.
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Redaelli, Riccardo. "Presentazione". STORIA URBANA, n.º 128 (febrero de 2011): 5–10. http://dx.doi.org/10.3280/su2010-128001.

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La politicizzazione dell'identitŕ etnica e culturale, la creazione di unper la definizione di un gruppo sociale basato su di un atteggiamento dicotomico verso l'Altro, la competizione per il controllo di un medesimo territorio hanno sempre rappresentato delle potenti forze che muovono la storia, in particolare dopo la nascita in Europa del modello di "stato nazionale". Da qui, l'idea di una serie di fascicoli che, in linea con la tradizione di «Storia urbana», cerchino di favorire una riflessione multidisciplinare - quasi a camminare fra gli interstizi e i confini metodologici di diverse discipline - per analizzare il complesso rapporto fra territorio, autoritŕ centrali, autoritŕ tradizionali e meccanismi identitari all'interno di odierne sintesi statuali particolarmente significative. Muovendo da una prospettiva storico-politica, e con un approccio comparativo, ci si propone di analizzare, in diversi fascicoli, alcuni casi particolarmente significativi della contemporaneitŕ storica (come il conflitto etno-religioso urbano, in Iraq, Iran e cosě via), partendo da questo numero sulle, pur non volendo ridurre la pluralitŕ etnoidentitaria su di un territorio alla sola dimensione del conflitto e della contrapposizione.
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Kwiatkowski, Dariusz. "Il Libro del Deuteronomio come fonte teologica della dimensione anamnetica dell’anno liturgico". Poznańskie Studia Teologiczne, n.º 38 (10 de diciembre de 2021): 205–17. http://dx.doi.org/10.14746/pst.2021.38.10.

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L’articolo presenta la dimensione anamnetica dell’anno liturgico e la sua fonte teologica veterotestamentaria che è il Libro del Deuteronomio. Il calendario liturgico non è un calendario in cui sono segnate le date di varie festività religiose. È il rendersi presente del mistero salvifico di Gesù Cristo, diffuso nel tempo. Per comprendere la dimensione anamnetica dell’anno liturgico, era necessario mostrare che cosa era la festa della tradizione religiosa di Israele. Sulla base del Libro del Deuteronomio, chiamato il “Libro della memoria”, è stato messo in evidenza che ogni festa biblica è un’anamnesi, cioè il rendersi presente di un evento specifico della storia della salvezza. Tale concezione di festa è anche presente nella liturgia della Chiesa. Il senso dell’anno liturgico risiede principalmente nella sua stretta relazione con il mistero di Cristo. Ogni festa è il rendersi presente “qui” e “ora” dell’opera salvifica di Gesù Cristo. Ciò avviene grazie alla presenza e all’azione dello Spirito Santo nella liturgia della Chiesa.
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Séguy, Jean. "PRANDI (Carlo), La Tradizione religiosa ; saggio storicosociologico". Archives de sciences sociales des religions, n.º 114 (1 de junio de 2001): 107–8. http://dx.doi.org/10.4000/assr.20815.

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PARISI, Luciano. "Il dolore e la tradizione religiosa nell’opera di Moravia". Giornale storico della letteratura italiana 188, n.º 622 (abril de 2011): 183–205. http://dx.doi.org/10.1484/j.gsli.5.129046.

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Coccopalmerio, Domenico. "Globalizzazione giuridica e costituzione afgana". FUTURIBILI, n.º 1 (marzo de 2011): 178–86. http://dx.doi.org/10.3280/fu2011-001012.

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L'Autore presenta i caratteri e il significato delle costituzioni che i re e i presidenti dell'Afghanistan hanno elaborato, per porre l'attenzione sull'ultima Costituzione del 2004 che cerca di sintetizzare tradizione e modernitŕ della societŕ afgana. La prima Costituzione afgana risale al 1923, promulgata dal re Amanullah. La proposta dello stato, avanzata da questa Costituzione, č quella monarchica. La seconda Costituzione č del 1931, ed č promulgata da Mohammad Khan, ed č chiamata Usulmana- a asasi. Essa comincia con l'invocazione "Nel nome di Allah il piů misericordioso". La terza Costituzione č del 1964, ed č intitolata "Qamu-e asasi". Č una costituzione piů moderna delle precedenti e vuole essere la "legge statale". Nel 1977 viene discussa ed emanata una nuova Costituzione, in seguito alla risoluzione del 1973 di Daoud, appoggiato da esercito e partiti marxisti. Tale Costituzione č centrata sul Presidente della repubblica. L'Autore tuttavia mette in risalto e discute la Costituzione del 2004, in quanto "globalizzazione giuridica", che risulta stratificata in tre parti; infatti vi č un frontespizio di carattere teologico: la religione di stato č l'Islam, e nessuna legge puň essere contraria ai principi della religione islamica. La seconda parte č lo scheletro istituzionale, che č fondato sui principi illuministici e gallicani delle costituzioni occidentali. Poi vi č la terza parte che regola la societŕ civile. Fra i tre modelli in realtŕ, come detto, il prevalente č quello religioso. Su questa Costituzione basa il suo potere anche Hamid Karzai.
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De Caprio, Lorenzo y Annalisa Di Palma. "La medicina e la morte". Medicina e Morale 46, n.º 6 (31 de diciembre de 1997): 1139–54. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.862.

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La morte ha occupato in ogni epoca una posizione centrale nella medicina, e la sua stessa storia dimostra come l’impegno del medico a difendere ad oltranza la vita sia una peculiarità della moderna medicina scientifica. D’altra parte, nel passaggio da una società retta da valori tradizionali a quella moderna, gli storici registrano profondi mutamenti nel rapporto tra l’uomo e la morte. Mentre la cultura dominata dalla tradizione religiosa, pur difendendo la vita, accettava la morte come limite dell’uomo e parte integrante della condizione umana; la cultura della Modernità, nella sua ansia di dominare il mondo, ha rimosso e combattuto la morte. Quindi, solo interventi tesi ad introdurre valori umani e morali nella formazione del medico potrebbero riportare “senso” in una pratica medica che rispecchia fedelmente l’ideologia ed i valori di una società dominata dalla ragione tecnico-scientifica. I1 progresso tecnologico ha messo a disposizione dei medici mezzi capaci di salvare vite umane, ma, per l’oblio di misure umane e morali, con gli stessi mezzi, i medici si accaniscono prolungando inutilmente l’agonia del morente. I1 progresso tecnologico sembra così ritorcersi contro l’uomo. I1 dibattito bioetico aspira a ridare dignità al morente, ma s’è arrestato sul lacerante problema dell’eutanasia. Gli autori giudicano grave e pericolosa questa situazione di stallo; infatti, in un’epoca di limiti nelle risorse, la decisione sulla vita e sulla morte s’avvia ad essere condizionata unicamente da valutazioni d’ordine economico.
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Galimberti, Alessandro. "La política religiosa di Commodo = Commodus’ Religious Policy". ARYS. Antigüedad: Religiones y Sociedades, n.º 16 (12 de septiembre de 2019): 347. http://dx.doi.org/10.20318/arys.2018.4316.

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Riassunto: La politica religiosa di Commodo presenta due momenti significativi che corrispondono a due diversi atteggia­menti sia verso la religione tradizionale e, più in generale verso i culti esterni, sia verso il cristianesimo. La svolta matura soprattutto negli ultimi anni del suo reg­no quando Commodo opera una rottu­ra sia con il culto imperiale attraverso l’assimilazione a Ercole, che risulta tutta­via effimera, sia con la politica anticris­tiana di Marco che risulta più feconda e duratura in rapporto alle sorti del cristia­nesimo successivo.Abstract: Commodus’ religious policy shows two phases that correspond to two different attitudes both towards traditional religion and, more generally, to external cults, and towards Christianity. The breakthrough matured above all in the last years of his reign when Commodus made a break both with the imperial cult through as­similation to Hercules, which is however ephemeral, and with the anti-Christian policy of Marcus which is more fruitful and lasting in relation to the fate of subse­quent Christianity.Parole chiave: Commodo, Ercole, Culti tradizionali, Cristiani.Key words: Commodus, Hercules, Traditional Cults, Christians.
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NACCI, MATTEO. "Diritto canonico e diritti delle religioni". Prawo Kanoniczne 58, n.º 1 (16 de junio de 2017): 111–22. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2015.58.1.06.

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Il presente contributo, frutto della conferenza tenuta in occasione della 8° Giornata Canonistica Interdisciplinare, Diritto canonico tra fondamenti e prassi (a 10 anni da: “Novo Codice”), Pontificia Università Lateranense (Città del Vaticano, 5 marzo 2013), prende in esame il rapporto fra il diritto canonico e i diritti delle altre religioni. La prospettiva da cui partire è senz’altro la tradizione dell’Institutum Utriusque Iuris della Pontificia Università Lateranense circa lo studio del diritto delle religioni, aggiornata sulla base del Decreto Novo Codice di riforma degli studi canonistici, in relazione alle società multiculturali del terzo millennio.
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Becker, Rainald. "Eine Division des Papstes?" Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 98, n.º 1 (1 de marzo de 2019): 45–71. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2018-0006.

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Riassunto Dopo la Riforma, Baviera divenne il primo interlocutore tedesco della Curia romana a livello religioso, politico e culturale. Le relazioni con la Santa Sede erano ispirate dalla cattolicità programmatica dei Wittelsbach. La special relationship si manifestava, inoltre, in una lunga tradizione diplomatica inaugurata all’inizio del Seicento su spinta del papato. Durante la Guerra dei Trent’anni gli intensi contatti si estesero anche al campo militare. La Curia romana vide nel duca Massimiliano l’incontestata guida dell’armata cattolica, definendola la „colonna della religione cattolica“ nel Sacro Impero Romano. Promuovere gli interessi del principe tedesco (sussidi per il finanziamento dell’esercito e l’acquisizione dell’elettorato in perpetuo per la Baviera), era tra i primi obiettivi della concezione strategica del papato. Il carteggio della Nunziatura di Vienna, di cui la quarta serie per gli anni tra 1628 e 1635 è consultabile tuttora, mette in luce queste tendenze in favore della Baviera. Nelle corrispondenze curiali si delinea, essenzialmente, il tentativo di attribuire a quel territorio la qualità di Stato, termine in cui si esprime l’idea centrale del discorso politico, ma anche giuridico dell’epoca. Dalla parte della Curia romana, la strategia di state-building si ricollegò all’ambizione di assegnare un posto primario alla Baviera nel sistema geopolitico europeo („unione delle corone cattoliche“ sotto il patrocinio del papa come „padre comune“).
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Fuss, Michael. "La figura di Cristo nelle nuove credenze religiose contemporanee". Revista Pistis Praxis 7, n.º 1 (13 de septiembre de 2015): 13. http://dx.doi.org/10.7213/revistapistispraxis.07.001.ds01.

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La figura di Cristo, cuore della fede cristiana, è esplosa in postmodernità in nuove e strane cristologie, alternative alla Chiesa e in competizione con lei. Catturato nella mistico-esoterica galassia New Age, la figura di Cristo è vista ora come quella della gnostico-cosmica Sofia , ora come il Messia che porta una nuova rivelazione, ora come il Principio interior di guarigione integrale e integrazione universale, ora come la Leggenda fantastica e populista che ritiene confusi ricorsi magici. Sulla figura religiosa e storica di Cristo stanno tutti i tipi di alegorizanti interpretazioni, come quella che lo vede come il ricercatore ed il maestro della saggezza salvatrice . L’atteggiamento della Chiesa nei confronti di tali cristologie mobili è quello di capire come espressione di una cultura disorientata e, in dialogo conloro e in ricupero di suoi punti di luce, offrirne la “diakonia della verità” circa il Cristo della grande tradizione apostolica.
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Bardski, Krzysztof. "Chrystus jako Zbawiciel w alegoryczno-symbolicznej interpretacji epizodu o uciszeniu burzy (Mt 8,23-27; Mk 4,35-5,1; Łk 8,22-26)". Verbum Vitae 1 (15 de junio de 2002): 201–26. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1311.

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L'articolo presenta un’'approccio sincronico alla pericope della tempesta sedata. Dalla prospettiva della tradizione cristiana, dall'’antichit al medioevo, abbiamo cercato di individuare le chiavi di lettura allegorica, secondo le quali i diversi motivi letterari del testo erano interpretati come simboli di altre realt di carattere spirituale. L'ordine dei capitoli Š seguente: 1. l'analisi dell’intreccio narrativo; 2. l'interpretazione allegorico-simbolica della pericope nella tradizione dei Padri e degli scrittori del medioevo; 3. Le prospettive dell’interpretazione allegorico-simbolica trasmessa dalla tradizione; 4. Nuove proposte.
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Iori, Luca. "Tucidide, Nicia e la religione. Sulla tradizione di Th. 7, 86, 5". Rivista di Filologia e di Istruzione Classica 146, n.º 1 (enero de 2018): 71–97. http://dx.doi.org/10.1484/j.rfic.5.123513.

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Toro, Maria Beatrice y Stefano Davide Bettera. "Meditazione e mente nella mindfulness e nella tradizione religiosa buddhista: differenze essenziali". MODELLI DELLA MENTE, n.º 1 (septiembre de 2021): 83–95. http://dx.doi.org/10.3280/mdm1-2021oa12640.

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In questo articolo scritto a quattro mani si descrivono le caratteristiche distin-tive della meditazione mindfulness e della meditazione buddhista. Sebbene Jon Ka-bat-Zinn fondatore dei protocolli mindfulness abbia tratto molto dalla meditazione vipassana, si vuole sottolineare come la mindfulness resti un approccio laico, sce-vro di implicazioni spirituali. La proposta buddhista ha, al contrario, una profon-da dimensione spirituale. Ci sembra appropriato distinguere i due approcci ed entrare in dialogo nel ri-spetto delle differenze, mentre, al contrario, troviamo poco utili, ambigue e fuor-vianti, le commistioni oggi purtroppo sempre più diffuse.
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De Socio, Mauro. "monacazione del lupo nella composizione della branche 3 del Renart". Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento 9, n.º 2 (30 de diciembre de 2021): 89–116. http://dx.doi.org/10.54103/2282-7447/16134.

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Se l’autore della branche 3 del Roman de Renart attinge ampiamente al patrimonio narrativo orale per la stesura del suo racconto, l’episodio della monacazione del lupo proviene, però, da una tradizione affatto diversa, letteraria e di matrice religiosa. Tutt’altro che accessoria, si proverà ad argomentare che proprio da tale inserzione dipende l’intera articolazione della branche, ovvero sia la scelta del materiale folklorico selezionato (cioè i due racconti del “furto del pesce dal carretto” e della “pesca con la coda”), sia la sua riproposizione in veste renardiana.
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Ghilardi, Marcello. "La morte dell'eroe nella tradizione giapponese". AOQU (Achilles Orlando Quixote Ulysses). Rivista di epica 2, n.º II (30 de diciembre de 2021): 287–311. http://dx.doi.org/10.54103/2724-3346/17272.

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Nella tradizione epica giapponese, come pure nei racconti basati su eventi storici e tramandati di generazione in generazione, spiccano le figure di eroi la cui apoteosi coincide con la morte – talvolta autoinflitta tramite la pratica del seppuku, il taglio rituale del ventre. Vi sono certo motivazioni legate alle principali religioni e dottrine che hanno formato la cultura nipponica, come lo shintō, il confucianesimo e il buddhismo; ma soprattutto, alla radice dell’affetto che tali figure suscitano nella coscienza collettiva in Giappone, si intrecciano un senso di commozione per la transitorietà della vita e il riconoscimento di una purezza di intenti, di un’autenticità che si rende tanto più evidente ed esplicita quanto meno è sostenuta dalla vittoria, personale o politica. La fedeltà a una causa o a un ideale si misura non dall’utile che se ne ricava, ma dalla capacità di aderirvi con la totalità del proprio essere. La figura dell’eroe guerriero, perennemente esposto al rischio della morte, diviene quindi insieme al caduco fiore di ciliegio l’emblema della capacità di accogliere la pienezza nella vita, senza avvinghiarsi ad essa spasmodicamente e senza fuggirla o tradirla, lasciandola accadere e pure passare, sfiorire, tornare alla dimensione originaria, non ancora attualizzata.
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Bianchini, Paolo. "Educazione alla tradizione. I gesuiti e la scuola tra soppressione e Restaurazione". SOCIETÀ E STORIA, n.º 134 (febrero de 2012): 689–709. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-134003.

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Il saggio esplora l'intensa attivitÀ della Compagnia di Gesú in campo scolastico e pedagogico dopo la soppressione, ai fini di una piů dettagliata e concreta conoscenza delle strategie culturali e religiose dell'Ordine dopo il 1773. Il caso preso in analisi č quello dei gesuiti francesi nei decenni successivi al loro scioglimento, avvenuto prima per mezzo dell'espulsione dal regno di Luigi XV, tra il 1762 e il 1767, e poi della soppressione pontificia, decretata da papa Clemente XIV nel 1773. Vengono ricostruite le carriere degli ex gesuiti all'interno dei collegi francesi o come precettori di famiglie nobili, ma sono anche presi in esame i trattati pedagogici, i manuali scolastici e i libri di lettura composti dai discepoli di sant'Ignazio. Ciň che emerge č che, dopo la morte dell'Ordine, i gesuiti francesi individuarono proprio nella scuola e nell'educazione un mercato interessato a servirsi di quelle che erano ritenute le loro principali abilitÀ, trovandovi estimatori ed alleati che avrebbero caldeggiato la riorganizzazione della Compagnia nel 1814.
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Errichiello, Gennaro. "Arranged marriage nelle comunitŕ pakistane e bengalesi britanniche. Tradizione culturale e dimensione socio-religiosa". MONDI MIGRANTI, n.º 1 (junio de 2009): 135–61. http://dx.doi.org/10.3280/mm2009-001007.

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- The issue of ar-ranged marriage, within South-Asian communities in Britain, has been studied considering the different transformations that during the years have happened from one generation to another. This issue has been very debated, in English language many research and studies exist, which analyze it from different perspectives: so-cial, cultural, economic and religious. In fact, the arranged marriage is the ground on which the third generation of Pakistanis and Bangladeshis, brought up in Brit-ain, values its independence and emancipation from the traditional socio-cultural norms of the old generation. From a religious perspective, the consanguineous ar-ranged marriage has no one proof into the Quran, which enumerates only the as-cendants and the offspring with whom consanguineous marriage is banned. Thus, who has used the Islamic religion to justify this kind of marriage has tried to im-pose a choice which found, into the religion, its legitimacy. At the present time, the young British Pakistani and Bangladeshi women try to make in move a process which begins from Islam (through a study and an individual interpretation of the Islamic sources) and which finds in Islam its legitimacy, to try to separate the tradi-tional socio-cultural dimension from the religious one.Keywords: mi-gration, South Asia, arranged marriage, endogamy, tradition, islam.
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Bardski, Krzysztof. ""Daj mi usłyszeć twój głos!" Wezwanie do zwiastowania Ewangelii w wybranych alegoriach Pieśni nad Pieśniami". Verbum Vitae 2 (14 de diciembre de 2002): 225–41. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1330.

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L’articolo rappresenta il tentativo di un’analisi del testo biblico ispirata alla lettura figurativa e simbolica delle tradizione cristiana. Come punto di partenza abbiamo preso il commento di Alcuino al Cantico dei Cantici. In esso appaiono non poche allegorie, in cui le parole rivolte dallo Sposo alla Sposa sono state interpretate come chiamata di Cristo alla Chiesa affinchè essa intraprenda la missione di annunciare il Vangello su tutta la terra. In conseguenza a tale interpretazione si può formulare una serie di conclusioni di carattere teologico che tracciano una visione complessa e allo stesso tempo attuale di quello che agli occhi di Cristo (secondo la tradizione della Chiesa) è la chiamata all’evangelizzazione.
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Toti, Marco. "Religious Morphology, Hermeneutics and Initiation in Andrei Scrima's Il padre spirituale (The Spiritual Father)". Aries 11, n.º 1 (2011): 77–97. http://dx.doi.org/10.1163/156798911x546189.

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AbstractL'articolo in oggetto concerne alcuni temi tratti dalla versione italiana del libro di A. Scrima Timpul Rugului Aprins. Maestrul spiritual în tradiţia răsăriteană ('Il tempo del Roveto Ardente. Il maestro spirituale nella tradizione orientale'), pubblicato a Bucarest nel 1996 e parzialmente tradotto in italiano nel 2000. Scrima (1925–2000), monaco romeno, fu uno dei più raffinati teologi ortodossi del XX secolo. Gli aspetti qui considerati sono, da un lato, l'abbozzo da parte di Scrima stesso di una 'morfologia religiosa' fondata su di una profonda 'ermeneutica' intellettuale e spirituale, anche a mezzo dell'utilizzo della comparazione in specie tra Cristianesimo, Islâm ed Induismo (ciò che dà luogo al tentativo di rinnovare il linguaggio teologico cristiano); dall'altro, la discussione sulla valenza di un particolare rito cui il teologo romeno si riferisce esplicitamente, la 'benedizione di grazia', una 'iniziazione' trasmessa nel Rugul Aprins—un cenacolo esicasta di monaci e laici cui il giovane Scrima prese parte, e che operò dal 1944 al 1958, in particolare nel monastero Antim a Bucarest, sotto la direzione del giornalista e scrittore Sandu Tudor, in religione padre Agathon (1899–1960?)—ad opera del padre Ioan Kulygin (1885-?). Quest'ultimo tema è strettamente connesso alle relazioni intellettuali che Scrima ebbe con i maggiori rappresentanti dell''orientamento tradizionale' (René Guénon [1886–1951], Frithjof Schuon [1907–1998]), anche per quanto concerne la questione dell''universalismo' perennialista; su ciò, come spesso accade, Scrima assume posizioni molto sfumate. È chiaro che, data la complessità e la sottigliezza dei temi qui trattati, il presente contributo costituisce unicamente un saggio iniziale di una discussione più ampia (alla quale stiamo attualmente lavorando).
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Turi, Gabriele. "Le culture della destra". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 260 (febrero de 2011): 392–403. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-260002.

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Della cultura di destra č stato sottolineato l'aspetto mediatico, ma il berlusconismo č un fenomeno piů profondo, capace di influenzare ampi strati del ceto medio: un'ideologia eclettica che amalgama le tradizioni di Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega nord, fondendo insieme populismo, individualismo esasperato, revisionismo storico, uso strumentale e identitario della religione. Nell'ultimo ventennio le forze di destra hanno occupato lo spazio lasciato vuoto dalle sinistre, indebolite negli anni ottanta dall'offensiva culturale del riformismo craxiano: una volta al governo sono state capaci di costruire gli strumenti di una propria egemonia culturale, riviste e fondazioni portatrici di messaggi semplici ed efficaci: libertŕ intesa come liberismo e diffidenza per lo Stato, lotta al relativismo culturale, rilettura revisionistica della storia che tende a equiparare fascismo e antifascismo in nome di una "pacificazione nazionale". La Rivoluzione francese č considerata la fonte di tutti i mali della modernitŕ, il Risorgimento un premeditato attacco alla religione cattolica; la triade "Dio, Patria, Famiglia" č coniugata ieri come oggi a sottolineare l'identitŕ di un paese timoroso degli immigrati e delle loro culture. Si č cosě formato uno schieramento culturale teo-con che appare oggi tanto forte da far ritenere che nella societŕ italiana il berlusconismo possa sopravvivere a lungo a Berlusconi.
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D'Angelo, Ignazio. "La tradizione letteraria sulla prostituzione sacra a Locri Epizefiri: i due voti del 477 e del 351–346 a.C." Mediterranea. International Journal on the Transfer of Knowledge 6 (31 de marzo de 2021): 243–62. http://dx.doi.org/10.21071/mijtk.v6i.13066.

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La tradizione letteraria sulla prostituzione sacra a Locri Epizefiri ha dato luogo ad un vivace dibattito che ha coinvolto illustri storici moderni: alcuni hanno sostenuto l’esistenza di questa forma di ierodulia, interpretando in chiave religiosa le testimonianze degli antichi, altri hanno negato che tale pratica fosse presente a Locri, evidenziando il carattere generale e, a volte contraddittorio, della documentazione. Sulla base di un’attenta analisi delle fonti letterarie, supportata dagli scavi archeologici, condotti nell’area sacra di Centocamere-Marasà di Locri, è possibile ipotizzare non solo una presenza abituale della prostituzione sacra, che coinvolgeva gli strati più bassi della popolazione, ma anche l’attuazione dei due voti di prostituzione, che furono pronunciati nel 477 e negli anni 351-346 a.C. e che interessarono le donne dell’aristocrazia.
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Ferrari, Federico. "Crescere in famiglie omogenitoriali: risultati scientifici e altri piani del dibattito". TERAPIA FAMILIARE, n.º 95 (abril de 2011): 73–85. http://dx.doi.org/10.3280/tf2011-095005.

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Il presente articolo č una rassegna critica della letteratura riguardante l'omogenitorialitŕ. Nel contesto italiano, in cui essa costituisce un fenomeno emergente e l'argomento inizia ora ad essere oggetto di dibattito, si nota ancora una fatica nel distinguere argomentazioni attinenti a piani del discorso differenti, quali quello scientificoempirico, quello teorico-clinico e quello ideologico-religioso, adducendo spesso l'idea di una scarsitŕ della ricerca scientifica in merito. In realtŕ tale ricerca esiste e continua, ormai da piů di trent'anni, a portare risultati coerenti e confortanti sia sul piano delle competenze genitoriali riscontrate nelle persone omosessuali, sia su quello dell'armonicitŕ dello sviluppo psico-sessuale e psico-sociale dei bambini cresciuti in nuclei omogenitoriali. Le differenze che tali famiglie presentano rispetto a quelle tradizionali necessitano certamente di studi approfonditi sul piano processuale, dal momento che risulta evidente l'irriducibilitŕ delle loro dinamiche agli schemi teorici tradizionali. Rimane tuttavia innegabile che la notevole mole di dati ad oggi raccolta risulta estremamente rassicurante rispetto ai risultati che tali dinamiche sortiscono rispetto alla soddisfazione delle esigenze psico-emotive dei figli cresciuti in queste famiglie.
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Negri, Manuel. "Il fantasma della Cantiga de Santa Maria 72: modelli culturali e fonti letterarie". Anuario de Estudios Medievales 50, n.º 1 (4 de junio de 2020): 267. http://dx.doi.org/10.3989/aem.2020.50.1.10.

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[it] Tra le Cantigas de Santa María, collezione di miracoli mariani compilata da Alfonso X e i suoi collaboratori nella seconda metà del sec. XIII, la cantiga 72 presenta uno strano caso di manifestazione soprannaturale. In essa si narra l’apparizione di un fantasma con il fine di indicare ad un uomo il luogo esatto dove giace il cadavere del figlio, giustiziato da Dio per un peccato di blasfemia. La critica non ha saputo fornire una risposta chiara sulla natura di questo spettro e soprattutto sulle ragioni della sua manifestazione, nonché la giustifi cazione del suo ruolo nella linea narrativa. Partendo da contributi apparsi in precedenza, questo lavoro cercherà di offrire qualche risposta più articolata sulla questione. Lo si farà a partire da un’analisi della cantiga 72 che tenga conto anche di quelle fonti che l’avrebbero potuta ispirare, così come di quelle credenze religiose che potrebbero sostenere l’intera tradizione miracolistica.
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della Porta, Donatella y Liborio Mattina. "I MOVIMENTI POLITICI A BASE ETNICA: IL CASO BASCO". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 15, n.º 1 (abril de 1985): 35–67. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200002999.

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IntroduzioneNel corso degli ultimi venti anni in molte regioni dell'emisfero nord-occidentale sono riemersi quei movimenti politici a base etnica il cui declino era sembrato ineluttabile dopo la ridefinizione dei confini nazionali seguita alle due guerre mondiali. Tali movimenti hanno perseguito obiettivi diversi da un caso all'altro — dalla difesa della lingua regionale alla richiesta dell'autonomia politica, all'indipendenza — e talvolta anche divergenti tra le diverse componenti del medesimo schieramento. Nonostante le differenze essi sono stati contrassegnati da una comune caratteristica: quella di rivalorizzare attributi culturali oggettivi condivisi dai loro militanti — la razza, la lingua, la religione, l'insediamento in un determinato territorio, il riferimento a precedenti istituzioni, simboli, tradizioni storiche. Questi attributi sono serviti ad alimentare processi di identificazione politica che ai governi centrali è stato richiesto di riconoscere. Tuttavia, sebbene l'esistenza di attributi culturali oggettivi comuni ai membri di gruppi etnici sia stata una condizione necessaria del riemergere dei movimenti, non ne ha però costituito il fattore decisivo.
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Nerbano, Mara. "“Et questa è la storia et la festa.” Il festival orvietano del 1508 e la microsocietà del capitolo della cattedrale". Quaderni d'italianistica 32, n.º 2 (9 de abril de 2012): 101–20. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v32i2.16310.

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Nel periodo compreso tra il 7 maggio e il 20 agosto 1508, a Orvieto, furono messe in scena cinque suggestive sacre rappresentazioni. A darne notizia è il canonico del duomo ser Tommaso di Silvestro, autore di una cronaca degli anni 1482-1514. Il contesto in cui fiorirono tali eventi è quello delle confraternite laiche di disciplinati. Tuttavia, grande rilievo è conferito alla presenza di recitanti di condizione ecclesiastica, appartenenti allo stesso milieu del cronista, spesso reclutati come organisti e organari al servizio della cattedrale e attivi in un’ampia varietà di contesti: dalla performance carnevalesca, all’entrata pontificia, agli spettacoli confraternali. L’ambiente vivace e spesso turbolento del Capitolo della Cattedrale fu, dunque, la fucina in cui maturarono esperienze recitative semi-professionistiche che continuarono, e in parte rinnovarono, la grande tradizione cittadina di teatro religioso.
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Sanzi, Ennio. "Un caso di magia nel I secolo d.C. o dell’invincibilità del 'mos maiorum'". Romanitas - Revista de Estudos Grecolatinos, n.º 9 (14 de diciembre de 2017): 91. http://dx.doi.org/10.17648/rom.v0i9.18481.

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Un’epigrafe datata all’ultimo quarto del I sec. d.C. in cui si commemora lo scioglimento di un voto indirizzato a Giove Ottimo Massimo da parte di un sexvir Augustalis et Flavialis della colonia di Todi, se analizzata secondo una rigorosa lettura storico-religiosa, si rivela una reale cartina al tornasole per meglio comprendere come la magia sia stata concepita nel seno dell’ufficialità dell’epoca. La constatazione che il dedicante espliciti il proprio titolo, che la divinità artefice del fallimento dell’azione magica rivolta contro il collegio dei decurioni sia Giove Ottimo Massimo, che il voto ricordato sia stato formulato pro salute dell’intera collettività, assume valore imprescindibile solo se filtrata attraverso la filigrana del mos maiorum, assoluto discrimen tra ciò che lecito o meno in forza del relativo uniformarsi o alla tradizione.
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Fiorelli, Vittoria. "La rete mediterranea della devozione. Le teresiane della provincia di Napoli". SCRIPTA. Revista Internacional de Literatura i Cultura Medieval i Moderna 6, n.º 6 (29 de diciembre de 2015): 155. http://dx.doi.org/10.7203/scripta.6.7828.

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Riassunto: Filo conduttore del saggio è la vita di madre Serafina di Dio, carismatica caprese fondatrice, nel secolo XVII, di sette congregazioni femminili ispirate alla spiritualità teresiana. L’affiliazione alla santa di Avila e l’adesione alla matrice della sua riforma hanno consentito alle nuove comunità devote nate da un’iniziativa periferica di collocarsi nell’alveo della Chiesa nella prospettiva istituzionale della trasformazione in monasteri di clausura.Due i focus della ricerca. Da un lato ci si è soffermati sull’omogeneità organizzativa e spirituale dei conservatori garantita da reti devozionali saldamente dipendenti dal carisma della fondatrice secondo un meccanismo nel quale resta assai difficile determinare i confini tra una vita modellizzata dalla santità e il progetto di santificazione della propria vita. Dall’altro si è evidenziata l’importanza della tradizione religiosa e devozionale nel processo di costante contaminazione dell’identità culturale delle due principali penisole del Mediterraneo mai trasformata in fusione, nonostante gli intensi rapporti e la subalternità politica di Napoli a Madrid. Parole chiave: reti devozionali e religiose, spiritualità femminile, Mediterraneo Abstract: The underlying theme of the essay is the life of Mother Serafina di Dio from Capri, the charismatic founder, in the seventeenth century, of seven women’s congregations inspired by the Teresian spirituality. The affiliation to the saint of Avila and the connection to the matrix of her reform allowed these peripheral and devoted communities to position themselves within the fold of the Church, from the perspective of institutional transformation in cloistered monasteries.The first research focus is about the uniformity of organization and spirituality within the retreats guaranteed by devotional networks firmly dependent on the charisma of the founder. A mechanism in which is very difficult to determine the boundaries between a life modeled on the holiness and a project of sanctification of her own life.The other one, is about the importance of religious and devotional traditions in the process of constant contamination of the cultural identity of the two main peninsulas in Mediterranean, never turned into fusion, despite the penetrating contacts and the political subordination of Naples in Madrid. Keywords: religious and devotional networks, women’s spirituality, Mediterranean
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Matiello, Suzana Terezinha. "Educare alla vita buona del vangelo negli ambiti della vita sociale. La scuola: laboratorio di cultura e di umanitá". Caminhos de Diálogo 7, n.º 10 (31 de agosto de 2019): 6. http://dx.doi.org/10.7213/cd.a7n10p6-20.

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Nella prima parte del lavoro troveranno spazio alcune riflessioni suggerite dallo studio del documento della Conferenza Episcopale Italiana Educare alla vita buona del vangelo. Nella seconda parte si osserverà come la Regola d’oro costituisca una valida opportunità educativa per una civiltà della fraternità e del rispetto reciproco. Si noterà anche secondo il docomento della Commissione Teologica Internazionale, alla ricerca di un’ética universale: nuovo sguardo sulla legge naturale, come uomini di diverse culture e religioni “hanno progressivamente elaborato e sviluppato tradizioni di sapienza nelle quali esprimono e trasmettono la loro visione del mondo, come pure la loro percezione riflessa del posto che l’essere umano occupa nella società e nel cosmo”, Infine nella terza parte verrà riportata un’esperienza di lavoro a livello scolastico condotta con spirito evangelico cercando di mettere in pratica proprio la regola d’oro - la scuola, vero laboratorio di cultura e di umanità.
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Stroumsa, Gedaliahu G. y Ugo Bianchi-Roma. "La tradizione dell'enkrateia: Motivazioni ontologiche e protologiche". Numen 34, n.º 1 (junio de 1987): 135. http://dx.doi.org/10.2307/3270055.

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Ciric, Slobodanka. "Radoje Domanovic e Dzejms Dzojs (James Joyce)". Prilozi za knjizevnost, jezik, istoriju i folklor, n.º 80 (2014): 13–23. http://dx.doi.org/10.2298/pkjif1480013c.

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La ricerca che qui si propone nasce nell?ambito di redazione della laurea magistrale in Letterature e Culture Comparate. Muovendo dallo studio e dall?analisi dell?opera Gente di Dublino di James Joyce e da alcuni racconti di Radoje Domanovic che si potrebbero tranquillamente intitolare Gente di Stradija, questo lavoro ha posto in evidenza elementi significativi di confronto come il monologo interiore, la paralisi e l?epifania. Tale studio - di natura comparatistica ed interculturale - ha richiesto, innanzitutto, un approccio metodologico multidisciplinare in cui coesistano e interagiscono conoscenze storiche, culturali e religiose dell?Irlanda e della Serbia a cavallo dei secoli XIX e XX. Vengono, infine, studiati alcuni aspetti del rapporto di Joyce e Domanovic con la tradizione dell?eredit? eroica dei due paesi riflessa nel nazionalismo, ma anche la condizione di immobilit?, passivit? e impotenza rispecchiata nelle loro opere. La novit? pi? significativa emersa da questa ricerca ? la dimostrazione che Domanovic ha sperimentato i sopracitati, innovativi metodi narrativi prima di Joyce.
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Kriesi, Hanspeter. "IL CAMBIAMENTO DEICLEAVAGESPOLITICI IN EUROPA". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 28, n.º 1 (abril de 1998): 55–80. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200025752.

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IntroduzioneIn questo lavoro discuterò un aspetto dell'opera di Stein Rokkan che ha prodotto un'ondata di recenti pubblicazioni e di cui io stesso mi sono occupato. Mi riferisco al ruolo deicleavagesnella politica dell'Europa occidentale contemporanea. Le principali argomentazioni del grande scienziato politico norvegese sulle strutture di conflitto nelle società dell'Europa occidentale e sulla loro trasposizione in sistemi partitici sono state proposte nel famoso saggioCleavage Structures, Party Systems, and Voting Alignmentsche Rokkan scrisse con Seymour M. Lipset (Lipset e Rokkan 1967). La sua idea consisteva nel collegare le configurazioni dei sistemi partitici europei contemporanei alle divisioni sociali e culturali che caratterizzavano le società europee all'epoca della formazione dei sistemi partitici, nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Quando emerse la politica democratica, queste divisioni tradizionali opponevano principalmente gruppi sociali definiti in termini di religione, classe, unità territoriale ed etnia. Come è noto, Lipset e Rokkan sostennero che queste divisioni tradizionali erano state politicamente «congelate» e che, all'epoca in cui scrivevano (1967), i sistemi partitici europei riflettevano ancora la struttura delle divisioni della società che era esistita nei primi anni '20, quando le masse popolari avevano fatto il loro ingresso nella politica democratica.
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Cagnolati, Antonella y Sergio Marín Conejo. "ACCENTI CRITICI E PROGETTUALITÀ FORMATIVE PER LE DONNE IN A SERIOUS PROPOSAL TO THE LADIES DI MARY ASTELL (1694)". RAUDEM. Revista de Estudios de las Mujeres 4 (18 de diciembre de 2017): 212. http://dx.doi.org/10.25115/raudem.v4i0.1756.

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Riassunto:Nell”Inghilterra del secolo XVII si andavano argomentando con sempre maggior frequenza nuove proposte per l”educazione femminile, in parte sostenute dalle istanze religiose della Riforma protestante che vedeva nella donna il pilastro morale della famiglia e la prima educatrice dei figli, in parte su esplicita richiesta delle nuove classi borghesi, intenzionate a dare alle figlie una solida istruzione. Le teorie tradizionali elaborate da intellettuali, filosofi e predicatori furono fortemente messe in crisi allorquando le donne si impadronirono della cultura e cominciarono a scrivere trattati in cui rivendicavano per loro i medesimi percorsi educativi previsti per gli uomini, sostenendo che la fonte principale della disuguaglianza risiede nella diversa istruzione che viene impartita, non nel mero aspetto biologico o fisiologico. Il primo trattato pedagogico femminista fu opera di Mary Astell.
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Malina, Artur. "Od śmierci do zmartwychwstania - od niewiary do wiary (Mk 15,42-16,20 z par.)". Verbum Vitae 15 (14 de enero de 2009): 189–208. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1514.

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Le ricostruzioni della storia delle tradizioni sulla tomba e sulle apparizioni del Risorto si basano sull’approccio diacronico. L’articolo non respinge questo tipo d’analisi, ma cerca di precisare il rapporto fra la forma letteraria dei testi e la prospettiva teologica del Vangelo di Marco. Soltanto a partire dalla determinazione di questo rapporto si può adeguatamente cogliere il significato delle divergenze tra le versioni sinottiche come testimonianze degli incontri con il Risorto. I risultati dell’analisi sincronica possono offrire un solido punto di partenza per le indagini diacroniche.
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Nela Gašpar, Veronika y Davor Šimunec. "Manifestazione visibile dell’invisibile nella tradizione cristiana". IKON 14 (enero de 2021): 369–75. http://dx.doi.org/10.1484/j.ikon.5.128319.

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Skubic, Mitja. "Il dativo etico nel friulano sonziaco". Linguistica 45, n.º 1 (31 de diciembre de 2005): 283–88. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.45.1.283-288.

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Nei suoi ricordi giovanili, scritti nel secondo dopoguerra e pubblicati nella ri­ vista friulana Sot la Nape negli anni settanta e ottanta del secolo scorso, riuniti poi nel libro Di cà e di là da la Grapa. Di cà e di là dal Pomeri. Blecs gurizans Luciano Spangher, goriziano, benemerito cultore della cultura e tradizioni della sua città, offre una abbondante quantità di esempi in cui si trova un uso particolare del pronome perso­ nale atono, al dativo, sensibilmente indebolito al livello semantico, quel fenomeno, dunque, che le grammatiche del latino sogliono classificare come dativus ethicus. Pensiamo ai passi come il seguente in cui Spangher descrive il ghetto goriziano e la pace che vi regnava tra gli appartenenti alle varie religioni della città: In ta ciasis stavin cristians, obreos e ancia protestanz e due' ti vivevin di amor e di acordo, p. 47. II pronome personale, evidentemente, non ha un pieno valore semantico.
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Russo, Adriano. "Una nota sulla tradizione del Liber Epigrammatum di Prospero". Revue d'Etudes Augustiniennes et Patristiques 65, n.º 1 (enero de 2019): 165–72. http://dx.doi.org/10.1484/j.rea.4.2019028.

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Gianto, Agustinus. "Book Review: Il libro del Qohelet: Tradizione, redazione, teologia". Theological Studies 64, n.º 1 (febrero de 2003): 151–52. http://dx.doi.org/10.1177/004056390306400104.

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Sacco, Leonardo. "La tradizione taoista nel pensiero di René Guénon". Aries 8, n.º 1 (2007): 63–89. http://dx.doi.org/10.1163/157005907794762317.

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Sacco Pevateaux, Leonardo. "La tradizione taoista nel pensiero di René Guénon". Aries 8, n.º 1 (2007): 37–61. http://dx.doi.org/10.1163/157005908x246689.

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Popielewski, Wojciech. "Prorocka lektura historii". Verbum Vitae 16 (14 de diciembre de 2009): 85–106. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1525.

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Resumen
Comme detto da uno degli specialisti del nostro tempo “per un’inconscia ma ormai solida radizione popolare il profeta e per eccelenza l’indovino, colui che e proiettato a contemplare e a descrivere un'ideale televisione del futuro”. Nella tradizione biblica pero ił profeta e sopratutto “uomo di Dio”. D’altra parte nella rivelazione biblica Dio si fa presente nella storia, laquale diventa “la storia di salvezza”. Dio non e lontano; gli avvenimenti del quotirliano permettono d’incontrarlo. In questa prospettiva la missione dei profeti consisteva nell’essere la voce de l Dio presente. Il profeta era l’uomo de l presente, coinvolto nelle vicende concrete della storia; l’uomo capace di leggerla nella prospettiva di Dio, di vedere i fatti eon gli occhi di Dio, di far vedere al popolo i segni dei tempi. Il profeta e cosi simbolo piu autentico della religione ebraica che ha alla sua base una fede non basata su astratti articoli teologici, ma su una sequenza di interventi storici di Dio.
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