Literatura académica sobre el tema "TERAPIA STEROIDEA"

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Artículos de revistas sobre el tema "TERAPIA STEROIDEA"

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Monini, S., C. M. Iacolucci, M. Di Traglia, A. I. Lazzarino y M. Barbara. "Ruolo della riabilitazione Kabat nella paralisi del nervo facciale: studio randomizzato su casi severi di paralisi di Bell". Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, n.º 4 (agosto de 2016): 282–88. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-783.

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Resumen
La terapia della paralisi di Bell, incentrata su farmaci steroidei e/o antivirali, può ancora far esitare nei soggetti affetti sequele disfiguranti per un recupero incompleto. Le diverse procedure riabilitative non si sono dimostrate al giorno d'oggi in grado di giocare un ruolo favorevole in questo senso. Scopo di questo lavoro è stato quello di mettere a confronto i risultati funzionali di pazienti affetti da forme severe di paralisi di Bell, quando trattati con solo cortisone con quelli nei quali al cortisone è stata affiancata una terapia riabilitativa secondo Kabat. Lo studio prospettico ha incluso 94 soggetti con paralisi di Bell di grado IV e V secondo House-Brackmann (HB) a loro volta suddivisi in due gruppi: (a) trattato con terapia steroidea; (b) trattato con terapia steroidea e riabilitazione Kabat. Il trattamento medico è consistito di 60 mg di prednisolone al giorno per 15 giorni; la terapia riabilitativa è consistita nel trattamento di facilitazione neuromuscolare propiocettiva secondo Kabat. Percentuale, grado e tempi di recupero sono stati comparati utilizzando l'analisi statistica Mann-Whitney e il test di regressione logistica multivariata (Ward test). I pazienti Kabat (gruppo b) hanno avuto 20 volte di più la possibilità di migliorare di 3 o più gradi HB (OR = 17,73, 95% IC = 5,72 a 54,98, p < 0,001) rispetto a quelli di gruppo a. La velocità media di recupero nel gruppo b è risultata la metà di quella registrata nel gruppo a. Nessuna differenza è stata invece riscontrata sull'incidenza di sincinesie. Si può dunque concludere che la terapia steroidea permette un migliore e più rapido recupero dei casi severi di paralisi di Bell, quando associata a terapia riabilitativa Kabat.
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Toni, Roberto. "Taddeo Alderotti e le radici medioevali della terapia steroidea". L'Endocrinologo 15, n.º 3 (25 de abril de 2014): 135–38. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-014-0033-x.

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Lorusso, P., I. Cipollini, A. Bottai y G. Barsotti. "Sindrome nefrosica steroido-resistente trattata con ACTHh". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, n.º 1 (24 de enero de 2018): 5–8. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1189.

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Resumen
L'effetto antiproteinurico dell'ACTH è stato recentemente dimostrato nei pazienti con glomerulonefrite membranosa resistenti alla terapia convenzionale. Abbiamo praticato tale terapia in una paziente di 17 anni, giunta alla nostra osservazione con sindrome nefrosica (proteinuria 24h: 10 gr) e funzione renale normale. La paziente, con un quadro istologico di glomerulonefrite proliferativa mesangiale, era già stata sottoposta a terapia steroidea con prednisone 1 mg/kg/die per 3 mesi senza successo. Abbiamo impiegato dosi di ACTH più basse rispetto a quelle riportate in letteratura (1 mg i.m. alla settimana anziché 2 mg) per un anno, ottenendo una remissione completa della sindrome nefrosica: a distanza di 2 anni dalla fine della terapia la proteinuria è ancora assente. La funzione renale si è mantenuta stabile durante e dopo il trattamento, e non si sono verificati effetti collaterali legati al trattamento.
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Toni, Roberto. "Erratum a: Taddeo Alderotti e le radici medioevali della terapia steroidea". L'Endocrinologo 16, n.º 1 (22 de octubre de 2014): 42. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-014-0075-0.

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Tortorella, Carlo, Vita Direnzo, Pietro Iaffaldano, Elena Luciannatelli y Maria Trojano. "Aferesi terapeutica nelle malattie del Sistema Nervoso Centrale". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 4_suppl (23 de julio de 2013): S13—S16. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1082.

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Resumen
L'aferesi terapeutica (AT) è stata utilizzata con successo nel trattamento delle ricadute non rispondenti alla terapia steroidea in corso di malattie demielinizzanti. Tuttavia, tali evidenze necessitano tuttora di essere confermate secondo quanto espresso dalle Linee Guida dell'American Academy of Neurology. I dati più sostanziali riguardano le ricadute in corso di Sclerosi Multipla e Neuromielite Ottica. L'AT si è mostrata inefficace nel trattamento della Sclerosi Multipla a decorso progressivo.
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D’Adamo, Gianna. "Brevissime dalla Letteratura internazionale". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 2 (6 de noviembre de 2013): 161–62. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1027.

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Resumen
Vengono brevemente riassunti quattro lavori scientifici pubblicati nel primo trimestre del 2013: 1) Inizio “sub-ottimale” ed esiti della dialisi peritoneale. Report dal Registro Francese di Dialisi Peritoneale; 2) Impatto dell'icodestrina sugli esiti clinici della dialisi peritoneale: revisione sistematica degli studi controllati randomizzati; 3) Confronto tra collocazione laparoscopica e chirurgica del catetere peritoneale: metanalisi; 4) Un caso di peritonite sclerosante fulminante, esordita come peritonite acuta a coltura negativa e trattata con terapia steroidea con beneficio.
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Rossi, E., A. Mannarino y G. Spatoliatore. "Ipercalciuria e Calcolosi Renale: Descrizione di un caso non Consueto". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, n.º 2 (24 de enero de 2018): 7–10. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1204.

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Resumen
Viene descritto un caso clinico in cui la malattia renale cronica all'esordio non presentava difficoltà nell'inquadramento diagnostico (pielonefrite cronica associata a calcolosi renale). Gli esami successivi hanno invece mostrato la presenza di una lieve ipercalcemia con soppressione del PTH. Vengono analizzate le possibili cause di ipercalcemia ed in ultimo dei livelli elevati di 1,25 (OH)2 vit. D. Segue una breve rassegna delle forme cliniche della sarcoidosi con un esame delle possibili indagini diagnostiche utili a formulare la diagnosi di sarcoidosi. Infine il decorso clinico con la risposta favorevole alla terapia steroidea rende ragione dei molteplici aspetti patogenetici implicati nel danno renale da sarcoidosi.
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Pizzocaro, Alessandro, Fiore Pelliccione, Alberto Tresoldi, Paolo Colombo y Andrea Lania. "Ripristino della fertilità in un paziente azoospermico con Testicular Adrenal Rest (TAR) in terapia steroidea ACTH soppressiva". L'Endocrinologo 17, n.º 2 (abril de 2016): 117–18. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-016-0182-1.

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Donati, P. Tortori, M. P. Fondelli, A. Rossi, S. Rolando, L. Andreussi y M. Brisigotti. "La neuromielite ottica". Rivista di Neuroradiologia 6, n.º 1 (febrero de 1993): 53–59. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600107.

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Resumen
La Neuromielite Ottica (m. di Devic) è una malattia demielinizzante (verosimilmente una forma fulminante di SM) a decorso rapidamente progressivo, che interessa i nervi ottici ed il midollo spinale, ed in cui l'edema massivo associato alla demielinizzazione acuta può causare una necrosi midollare da insufficienza circolatoria secondaria. Gli autori descrivono un caso di neuromielite ottica caratterizzato da un'ampia necrosi cavitaria cervico-dorsale a tutti gli effetti indistinguibile, dal punto di vista strettamente neuroradiologico, da un astrocitoma midollare, sottolineando le evidenti difficoltà nella diagnostica differenziale tra le due entità patologiche e le altre forme di necrosi cavitaria del midollo. Ribadiscono inoltre la necessità, nei casi di necrosi midollare, di eseguire uno studio oftalmologico che comprenda anche i PEV (potenziali evocati somestesici) e, nel sospetto di m. di Devic, di assumere, dopo l'applicazione della terapia steroidea, un atteggiamento di stretta sorveglianza clinico-neuroradiologica, al fine di evitare al paziente interventi bioptici potenzialmente dannosi.
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Ralli, M., R. Rolesi, R. Anzivino, R. Turchetta y A. R. Fetoni. "Acquired sensorineural hearing loss in children: current research and therapeutic perspectives". Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, n.º 6 (diciembre de 2017): 500–508. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1574.

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Resumen
La conoscenza dei meccanismi fisiopatologici delle condizioni responsabili dell’ipoacusia acquisita nei bambini, tra cui le infezioni virali e batteriche, l’esposizione al rumore, l’ototossicità da chemioterapici ed antibiotici aminoglicosidici, è in costante aumento e sta portando ad un progressivo cambiamento della gestione diagnostica e clinica del bambino ipoacusico. Le infezioni virali rappresentano la causa più frequente di sordità infantile acquisita, seguita dalla tossicità di antibiotici e chemioterapici; mentre l’esposizione al rumore, soprattutto negli adolescenti, rappresenta un fattore emergente. Le terapie farmacologiche protettive attualmente in uso includono steroidi, antiossidanti, antivirali; l’efficacia degli antiossidanti è ancora in fase di conferma clinica anche se vi sono significative evidenze sperimentali, mentre i farmaci steroidei ed antivirali sono certamente validi seppur la loro tossicità sistemica rappresenti ancora un problema non chiarito per i quali la somministrazione locale potrebbe rappresentare una possibile evoluzione. Le prospettive di ricerca future includono l’uso di nanoparticelle per veicolare molecole direttamente nel sito di danno; inoltre, la terapia genica con l’inserimento di materiale genetico all’interno delle cellule per la cura di condizioni da alterazione del patrimonio genetico con la produzione di proteine normali, potrebbe svolgere un ruolo rilevante nella cura e soprattutto nella prevenzione delle sordità acquisite; infine, la terapia rigenerativa e l’impianto delle cellule staminali, nonostante il loro ruolo nell’orecchio interno sia ancora dibattuto, per le notevole limitazioni del loro impiego, potrebbe trovare un ruolo nei processi riparativi più che nella differenziazione in cellule sensoriali.
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Tesis sobre el tema "TERAPIA STEROIDEA"

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Gavassini, Bruno Francesco. "Identificazione di geni differenzialmente espressi nella distrofia muscolare di Duchenne e loro ruolo nella progressione di malattia". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426604.

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Resumen
Duchenne muscular dystrophy (DMD) is a lethal childhood muscular disorder characterized clinically by progressive muscle wasting. The onset of the muscular weakness is usually between 3-5 years of age leading to loss ambulation by a mean age of 10.5 years [Allsop & Ziter, 1981] and death is usually due to respiratory or cardiac insufficiency in the early twenties [Dubowitz, 1995]. To date, the only effective pharmacological therapy shown to delay progression of disease is treatment with steroids, that may prolongs ambulation by up to 18 months. Even if the steroids efficacy in DMD is proved, interpatient variability in pharmacological response and a broad variation in the age at which loss of ambulation occurs among steroid-treated DMD patients are also reported. Several analysis of the standard deviation shown that this parameter is often greater than the mean, suggesting a wide distribution of values presumably due to the existence of patients that loss the ambulation either extremely early or late [Silva et al, 1987]. The molecular basis of this phenotypic variability has to be cleared. The long term goal of this work is the dissection of the molecular mechanisms underlying steroid response in DMD patients to identify the predisposing factors to a more favourable disease course. The study relied upon the DMD database maintained by the Neuromuscular Center of the University of Padua and 8 patients with a molecular diagnosis of DMD were selected to enrol in the analysis. All of them have been treated with steroids (deflazacort and prednisolone) until the loss of ambulation. Based upon an arbitrary criteria, these patients were classified as “responder” (R) (n=5) when the loss of ambulation occurs after 13 years of age and as “no-responder” (NR) (n=3) when it occurs before 10 years of age [Bonifati et al, 2000]. To identify the transcripts significantly dysregulated in the two groups of patients, muscle biopsies of the selected patients are used for the expression profiling, performing a microarray analysis using a genome-wide platform (Operon; Huntsville, AL, USA) and a following statistical analysis. After valuation of differentially expressed genes, the study proceeds with the identification of discriminant genes belonging to different groups, responder and no-responder. The analysis led to the identification of 47 deregulated genes in the steroids-responder patients group matched up to no-responder patients group: 10 genes down-regulated, among which several structural genes expressed during development, immune response signals and extracellular matrix genes and 37 genes up-regulated, many of which encoding transcription factors. Subsequently, each of these genes was investigated in order to individuate the molecular pathways involved. Evaluating the interaction networks between the identified genes, two pathways were recognized: the interferon (IFN)-signaling pathway and the NF-kappaB transduction signal cascade. The Nuclear Factor kappa-B (NF-kB) is an ubiquitary transcriptional factor implicated in the regulation of expression of a number of cellular genes involved in immune, inflammatory and anti-apoptotic responses, and found to be increased in mdx (modello murino di DMD) muscle. Several reports suggest that inhibition of NF-kB is a valuable strategy for the treatment of DMD [Acharyya et al, 2007; Mozzetta et al, 2008]. Almost 4 genes among those considerate (IFIT3, IFIT1, STAT1, TFF3) are involved in the NF-kB activation pathway. In order to validate the differential expression of these genes a quantitative real time-PCR test was performed; the analysis has spotlighted expression variability between the patients of the single groups and the existence of an outlier patient. To counter this trouble, a second statistical analysis was carried out comparing each single responder patient with a control patient and the differentially expressed genes were evaluated considering function, physiological expression and gene interaction characteristics. In this list of genes we identified the presence of many members of TNF superfamily (TNF, TNFSF10, LTA, LTB) and a gene coding a putative NF-kB inhibitor, as well as other 5 genes (USMG5, SPP1, S100A9, ICOSLG, LILRA2) selected because of their homogeneous expression profiling. After Real Time-PCR analysis, the gene that survives the test is USMG5 (Up-regulated during Skeletal Muscle Growth 5), subsequently investigated in order to perform a SNP association studies with other two genes chosen through the literature: ACTN3 that encodes the protein ?-actinin 3, a fast-twitch-specific isoform expressed only in type II myofibers, and AKT1 that encodes the serine-threonine protein kinase, involved in the growth factor-I (IGF-1) transduction signal cascade and the NF-kB activation pathway. 110 DMD patients were genotyped for different SNPs, sought out in the existing SNP database, one in each of the candidate gene: R577X in ACTN3, +G205T in AKT1 and S49P in USMG5. The genotype distribution was analysed for the association with the muscle strength using chi squared methods, but statistical significance was not observed. In conclusion, our study has demonstrated the possibility of a priori clustering patients with different clinical progression. The results of this study provides therapeutic alternatives to correct the single gene defect with gene therapy. Further studies are needed to better define the molecular mechanisms underlying the modulation of the phenotype in DMD.
La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) e’ una malattia neuromuscolare dell’eta’ infantile invariabilmente letale caratterizzata da un deficit di forza progressivo. L’esordio della debolezza muscolare e’ usualmente verso i 3-5 anni e progredisce fino alla perdita della deambulazione in media intorno ai 10 anni e mezzo. L’exitus, nella seconda-terza decade, e’ dovuta alla comparsa di insufficienza respiratoria e/o cardiaca. La sola terapia palliativa efficace nel rallentare la progressione di malattia e’ la terapia steroidea. La somministrazione di steroidi nella DMD risulta nel prolungamento della deambulazione di circa 18 mesi nei pazienti trattati rispetto ai non trattati. Tuttavia l’eta’ alla perdita della deambulazione presenta una ampia deviazione standard dovuta alla presenza sia di pazienti che perdono la deambulazione molto precocemente ed altri molto tardivamente sia nei pazienti trattati che non trattati. Le basi molecolari di questa variabilita’ fenotipica non sono. Nel tentativo di identificare i fattori modulanti favorevolmente il fenotipo clinico, abbiamo studiato 8 pazienti con diagnosi molecolare di DMD. Tutti i pazienti erano stati trattati con steroidi a dosaggio standard fino alla perdita della deambulazione. I pazienti sono stati arbitrariamente classificati come responsivi (R) (n=5) se la perdita della deambulazione e’ avvenuta dopo i 13 anni e non-responsivi (NR) (n=3) se la perdita della deambulazione e’ avvenuta prima dei 10 anni di età. Allo scopo di identificare gruppi di trascritti genici differenzialmente espressi tra i due gruppi di pazienti è stata eseguita un’analisi dei profili d’espressione (Microarray) utilizzando una piattaforma di oligonucleotidi genome-wide (Operon), seguita da un’elaborazione statistica dei dati. Una volta identificati i geni regolati in modo differenziale, lo studio ha mirato all’identificazione di un sottogruppo di geni differenzialmente espressi nei pazienti R e NR. Con tale criterio sono stati individuati nel pool dei pazienti R 47 geni significativamente deregolati rispetto ai pazienti NR: 37 geni sovraespressi, molti dei quali codificanti per fattori di trascrizione, e 10 geni sottoespressi, tra cui geni strutturali normalmente espressi durante lo sviluppo, geni coinvolti nella risposta immunologica e altri che codificano per proteine presenti nella matrice extracellulare. I geni differenzialmente espressi identificati sono stati sottoposti ad analisi funzionale allo scopo di individuare cascate biochimiche in cui essi fossero coinvolti. Valutando l’interazione tra i geni identificati, sono risultati particolarmente significativi la cascata di signaling dell’interferone (IFN) e la cascata di trasduzione del segnale del Fattore Nucleare kappa B (NF-kB), un fattore di trascrizione ubiquitario che regola l’espressione di geni coinvolti nei processi infiammatori e nella risposta acuta allo stress. Dati sperimentali suggeriscono che la regolazione dell’attività di NF-kB possa favorevolmente modulare la progressione della distrofia muscolare nel modello animale di DMD (topo mdx). Almeno 4 tra i geni considerati (IFIT3, IFIT1, STAT1, TFF3) hanno un ruolo nel processo di attivazione di NF-kappaB. Al fine di validare la significativa sovraespressione di questi trascritti nel pool di pazienti “steroido-responsivi” rispetto al pool di pazienti “steroido non-responsivi”, sono stati condotti degli esperimenti di Real Time-PCR. Dall’analisi è emersa una variabilità all’interno dei singoli gruppi. Per ovviare a tale problema, una seconda analisi statistica dei dati è stata eseguita confrontando singolarmente ogni paziente con un controllo scelto in base all’età alla perdita della deambulazione. I geni differenzialmente espressi identificati sono stati valutati in base alle loro caratteristiche di funzione, espressione fisiologica ed interazioni. In questa seconda analisi, si è evidenziato in particolare un coinvolgimento di alcuni membri della superfamiglia del TNF (TNF, TNFS10, LTA, LTB) ed un gene codificante per un putativo inibitore di NF-kappaB (NFKBIL1). Sono stati presi in considerazione anche altri 5 geni (USMG5, SPP1, S100A9, ICOSLG, LILRA2), selezionati perché la loro espressione risultava uniforme all’interno dei due gruppi di pazienti, così da poter eliminare la variabilità intergruppo. Anche in questo caso i dati sono stati necessariamente validati con esperimenti di Real Time-PCR. Il gene che, superato il controllo di validazione, è risultato significativo è USMG5 (Up-regulated during the skeletal muscle growth 5), successivamente studiato allo scopo di identificare polimorfismi di singolo nucleotide (SNP). È stata valutata l’esistenza di SNP noti, consultando il database di SNP, nel gene USMG5 ed in altri 2 geni scelti dalla letteratura: ACTN3 che codifica per la proteina alpha-actinina 3, espressa esclusivamente nel disco Z delle fibre di tipo II del muscolo scheletrico, e AKT1 che codifica per la serina-treonina protein chinase, coinvolta nella trasduzione del segnale dei fattori di crescita come IGF1, oltre ad avere un ruolo nello sviluppo e nella sopravvivenza cellulare e nell’attivare NF-kB. I pazienti sono stati analizzati per il polimorfismo R577X nel gene ACTN3, +G205T nel gene AKT1 e S49P nel gene USMG5. La distribuzione genotipica è stata messa a confronto con la forza muscolare, ma i test non hanno evidenziato differenze statisticamente significative. In conclusione, il nostro studio dei profili di espressione nei pazienti affetti da DMD ha dimostrato la possibilita’ di clusterizzare a priori pazienti con progressione clinica diversa. Questo risultato e’ rilevante considerando che implica la possibilita’ che alla base della progressione di malattia nella DMD vi sia una regolazione genica differenziale. Questo dato offre strategie terapeutiche alternative alla sola correzione del difetto genico con terapia genica o cellulare. Ulteriori studi sono necessari per definire meglio i meccanismi molecolari alla base della modulazione del fenotipo nella DMD.
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Renna, Sara <1976&gt. "Terapia con adalimumab nei pazienti con malattia di Crohn steroido-dipendente". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/3006/1/Renna_Sara_Tesi.pdf.

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Renna, Sara <1976&gt. "Terapia con adalimumab nei pazienti con malattia di Crohn steroido-dipendente". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/3006/.

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Fávaro, Wagner José 1980. "Expressão e reposição estrogenica e androgenica no lobo ventral da prostata de camundongos diabeticos (NOD) frente a terapia insulinica". [s.n.], 2009. http://repositorio.unicamp.br/jspui/handle/REPOSIP/318010.

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Resumen
Orientador: Valeria Helena Alves Cagno Quitete
Tese (doutorado) - Universidade Estadual de Campinas, Instituto de Biologia
Made available in DSpace on 2018-08-13T18:35:51Z (GMT). No. of bitstreams: 1 Favaro_WagnerJose_D.pdf: 27800825 bytes, checksum: 669ea6b4953a978438cba3bd83027afd (MD5) Previous issue date: 2009
Resumo: Estudos clínicos e experimentais indicam que o diabetes provoca alterações no eixo hipotálamo-hipófise-gonadal, prejudicando o funcionamento prostático. Assim, os objetivos do presente estudo foram caracterizar os aspectos morfológicos, proliferativos e imunológicos dos compartimentos epitelial e estromal do lobo ventral da próstata de camundongos diabéticos após controle glicêmico prolongado e reposição hormonal. Além disso, correlacionaram-se os resultados obtidos a possíveis processos de patogênese prostática. Um total de 40 camundongos machos da linhagem Nod (diabético não-obeso) e 08 camundongos controles BALB/c/ Uni, com 18 semanas de idade, foram divididos em seis grupos, após 20 dias de diabetes: Grupo Controle recebeu injeções subcutâneas de 5mL/Kg de soro fisiológico 0,9% diariamente por 20 dias; Grupo Diabético recebeu o mesmo tratamento que o grupo controle; Grupo Diabético-Insulina recebeu injeções subcutâneas de 4-5UI de insulina NPH diariamente por 20 dias; Grupo Diabético- Testosterona recebeu injeções subcutâneas de 5mg/Kg de Cipionato de Testosterona em dias alternados por 20 dias; Grupo Diabético-Estrógeno recebeu injeções subcutâneas de 25µg/Kg de 17ß-estradiol em dias alternados por 20 dias; Grupo Diabético-Insulina- Testosterona-Estrógeno recebeu tratamento simultâneo com insulina, testosterona e estrógeno, nas mesmas concentrações que nos grupos diabético-insulina, diabéticotestosterona e diabético-estrógeno. Após 20 dias de tratamento todos os animais foram sacrificados e amostras do lobo ventral da próstata foram coletadas para análises morfológicas, morfométricas, imunohistoquímicas, Western Blotting e hormonais. Os resultados mostraram marcantes desorganizações estruturais e diminuição das proteínas de adesão, a e ß distroglicanas, as quais foram mais intensas no grupo diabético em relação aos demais grupos. O estado diabético mostrou uma taxa de proliferação e apoptose duas vezes maior em relação ao grupo controle. Ainda, os resultados mostraram diminuição dos níveis séricos de testosterona e seus receptores, sendo que o grupo diabético apresentou menor valor para essa variável seguido em ordem crescente pelos grupos diabético-insulina, diabético-testosterona, diabético-estrógeno e diabético-insulina-testosterona-estrógeno. Os níveis séricos de estradiol e seus receptores tiveram relação oposta à testosterona. O receptor de IGF-1 apresentou intensa localização no grupo diabético. Assim, pode-se concluir que o diabetes comprometeu o balanço hormonal e a interação epitélio-estroma, causando prejuízo morfológico e funcional desse órgão caracterizado pela diminuição da imunolocalização das proteínas de adesão. A associação entre insulina e reposição de hormônios sexuais esteróides foi determinante para a recuperação estrutural e hormonal. Além disso, o aumento da imunolocalização de IGF-1 sugeriu que o diabetes pode ser considerado um fator deflagrador de processo mitogênico na próstata. Contudo, a reposição hormonal não recuperou os níveis normais de IGFR-1. Por outro lado, a reposição de insulina e hormônios esteróides indicou recuperação parcial dos níveis desse receptor. Um bom entendimento da relação entre esses fatores poderá melhorar as atuais terapias para o tratamento de doenças prostáticas, bem como dos processos diagnósticos nesse órgão.
Abstract: Diabetes adversely affects prostate morphology and function through alterations in the hypothalamic-hypophyseal-gonadal axis. Thus, the aims of this study were to characterize morphological, proliferative and immunological features of the prostate of diabetic mice after long term glycemic control and hormonal replacement, and as well as to relate these parameters to prostate pathogenesis. A total of 40 mice Nod (Non-obese diabetic) and 8 control mice (BALB/c/Uni), 18 weeks old, were divided into six groups after 20 days of diabetes: the control group received a daily dose of 0.9% NaCl (5 mL/kg, s.c.) for 20 days, as did the diabetic group. The diabetic-insulin group received daily doses of NPH insulin (4-5 IU, s.c.), the diabetic-testosterone group received a supraphysiological dose of testosterone cypionate (5 mg/kg, s.c.) every other day for 20 days, the diabetic-estrogen group received a supraphysiological dose of 17ß-estradiol (25 µg/kg, s.c.) every other day for 20 days and the diabetic-insulin-testosterone-estrogen group received insulin, testosterone and estrogen, simultaneously, at the same concentrations given to the other groups. The mice were sacrificed after 20 days of treatment and samples from the prostatic ventral lobe were processed for morphological, morphometrical, immunological, western blotting and hormonal analyses. The results showed structural disorganization and diminished adhesion proteins, a and b dystroglycans, which were more intense in the diabetic group than in the other groups. The diabetic state showed a proliferation and apoptosis rate that was two times higher than that found in the control group. Also, there was a decrease in serum testosterone levels (diabetic mice and diabetic-insulin-testosteroneestrogen mice had the greatest and smallest decreases, respectively) and in the level of androgen receptor immunolocalization. The serum estrogen level and its receptor showed changes opposite to those of testosterone and its receptor. The greatest IGF receptor localization occurred in diabetic mice. Thus, it could be concluded that diabetes disturbed the prostatic hormonal balance and the stroma-epithelium interaction, leading to morphological and functional imbalance of this organ characterized by the decrease immunolocalization of the adhesion proteins. Concomitant treatment with insulin and steroid hormone therapy was determinative for glandular structural and hormonal restoration. Furthermore, the increased immunolocalization of IGF-1 suggested that diabetes may be an important factor to the mitogenic process. However, hormonal therapy did not restore the distribution of IGF-1 to normal. On the other hand, concomitant treatment with insulin and steroid hormone therapy showed partial recovery of the IGFR-1 levels. A proper understanding of the relationship between these two factors could improve the current therapies for treating prostate diseases as well as diagnostics.
Doutorado
Anatomia
Mestre em Biologia Celular e Estrutural
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Varoli, Fernando Kurita. "Avaliação da utilização do diclofenaco sódico isolado ou associado ao carisoprodol, paracetamol e cafeína, como adjuvante no tratamento de disfunções temporomandibulares crônicas". Universidade de São Paulo, 2008. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/58/58131/tde-29102008-174442/.

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Resumen
A palavra DOR é definida como uma percepção consciente do indivíduo de impulsos nociceptivos modulados que originam uma experiência emocional e sensitiva desagradável, associada à lesão tecidual real ou potencial, ou descrita em termos de tal lesão. Considerando-se que a dor é um dos motivos mais comuns que levam um paciente a procurar por atendimento em consultório odontológico, este estudo teve como objetivo quantificar e qualificar a analgesia da musculatura mastigatória e da articulação temporomandibular proporcionada por medicamentos antiinflamatórios não esteroidais, associados ou não a outros agentes terapêuticos. O estudo clínico foi desenvolvido em pacientes que sofriam de algias crônicas na musculatura mastigatória, decorrentes de disfunções temporomandibulares. Foram selecionados, após anamnese e avaliação com a ferramenta RDC/TMD traduzido para a língua Portuguesa (PEREIRA JUNIOR, 2007), 18 voluntários para avaliar o efeito terapêutico (entendendo-se como efeito terapêutico o alívio da sintomatologia dolorosa e do restabelecimento da amplitude dos movimentos bordejantes mandibulares), dos três tratamentos coadjuvantes abaixo-relacionados, sendo dois medicamentos e um placebo para eliminar o efeito psicológico. Os tratamentos avaliados foram: um antiinflamatório não-esteroidal (AINES) Flanaren® (diclofenaco sódico), uma panacéia Sedilax® composta por AINES, miorrelaxante e analgésicos (diclofenaco sódico + carisoprodol + paracetamol + cafeína), ambos produzidos pelo laboratório Teuto® ; e um placebo, que consistia de pílulas preenchidas com 110 g de amido de milho, produzidas pela Faculdade de Ciências Farmacêuticas de Ribeirão Preto - USP. A administração de cada medicamento consistia de 1 unidade a cada 12 horas, durante um período de 10 dias, precedido e sucedido por avaliações de dor dos pacientes. Foi estabelecido um período de washout de 11 dias entre cada troca de tratamento. A avaliação dos tratamentos medicamentosos foi desenvolvida com diferentes ferramentas, como o McGill Pain Questionnaire (VAROLI; PEDRAZZI, 2006), para qualificar e quantificar dor não provocada, a escala visual analógica para dor à palpação, escala numérica para a quantificação da dor durante o tratamento, além de mensurações de amplitude de movimentos excursivos mandibulares. Foram colhidas também informações sobre possíveis efeitos colaterais indesejáveis relacionados aos tratamentos. O projeto foi submetido e aprovado pelo Comitê de Ética em Pesquisa envolvendo Seres Humanos da Faculdade de Odontologia de Ribeirão Preto da USP, Processo n.2006.1.558.58.0, Caae n.0022.0.138.000-06. Os resultados mostraram que a analgesia para a dor em repouso foi melhor com a utilização do Flanaren® e para a dor à palpação, igual para ambos os tratamentos. Os medicamentos Sedilax® e Flanaren® reduziram significantemente a dor após três dias de tratamento, enquanto o placebo, após oito dias. Não foram observadas melhoras na amplitude dos movimentos limítrofes da mandíbula. Também não foram observados efeitos colaterais significantes estatisticamente. Concluiu-se que o tratamento utilizando o diclofenaco sódico como adjuvante reduziu a dor em repouso; todos os tratamentos promoveram analgesia à dor à palpação, mas tanto o diclofenaco isolado como associado agiram no terceiro dia e o placebo, apenas no oitavo. Nenhum efeito colateral observado foi estatisticamente significante.
The word PAIN is defined as a conscious perception of modulated nociceptive input from an unpleasant emotional and sensitive experience, associated to a real or potential, or described in terms of such lesion. Considering that pain is one of main reasons which motivate patients to search for dental treatment, the aim of this study was quantify and qualify analgesia in masticatory muscles and temporomandibular joints by administration of non steroidal anti-inflammatory drugs, isolated or associated to other therapeutic agents. This clinical trial has been developed treating patients who had been suffering with chronic pain in masticatory muscles due to temporomandibular disorders. Eighteen volunteers were selected after anamnesis exam and assessment using RDC/TMD translated to Portuguese (PEREIRA JUNIOR, 2007), to evaluate the therapeutics effect (pain relief and maximum eccentric jaw movement recovery) of three adjuvant treatment: two medicines and one placebo, to eliminate psychological effects. Assessed treatments were: a non steroidal anti-inflammatory Flanaren® (sodium diclofenac), a panacea composed by an anti-inflammatory, muscle relaxant and analgesics (sodium diclofenac + carisoprodol + acetaminophen + caffeine), both produced by pharmaceutical laboratory Teuto® ; and a placebo, that were pills filled by 110 g of corn starch, produced by Faculty of Pharmaceutical Sciences of Ribeirão Preto USP. The dosage of all medicines was one pill every 12 hours, during 10 days, preceded and succeeded by patients` pain assessment. An 11 days washout period among each therapy has been established. The assessment of drug therapies were done using distinct instruments, as McGill Pain Questionnaire (VAROLI; PEDRAZZI, 2006), to qualify and quantify unprovoked pain; visual analogue scale for pain on palpation, numerical scale to quantify pain during treatment, and measurement of range of motion during maximum eccentric jaw movements. It has been obtained information about side effects related to treatments. The research project was submitted and approved by Ethics in Research Committee of Faculty of Dentistry of Ribeirão Preto USP, Lawsuit n.2006.1.558.0, CAAE n. 0022.0.138.000-06. Data analysis has shown that relief of unprovoked pain was better using Flanaren® , and reduction of pain on palpation was equal in all treatments. Both, diclofenac alone, also diclofenac associate to other drugs, reduced significantly pain after three days of treatment, while placebo, after eight days. It has not been observed increase of range of motion during maximum jaw excursive movements, neither statistically significant side-effect. It has been concluded that treatment using diclofenac as an adjuvant reduced unprovoked pain; all therapies relief pain on palpation, but it was observed on third day for diclofenac and diclofenac associated and on eighth day for placebo. There was not any statistically significant side effect.
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Arantes, Viviana Moraes Neder. "Analgesia preemptiva do cetoprofeno e do parecoxibe em cirurgia para remoção de terceiros molares inclusos". Universidade de São Paulo, 2006. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/5/5152/tde-29012007-153432/.

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Este trabalho prospectivo, duplo-cego randomizado, avaliou o efeito da analgesia preemptiva do cetoprofeno e do parecoxibe. Sessenta pacientes foram submetidos à cirurgia para remoção de terceiros molares inferiores bilaterais inclusos, sendo operado um lado de cada vez. O paciente foi seu próprio controle. Os pacientes foram separados em dois grupos de 30 pacientes. No grupo parecoxibe, na primeira operação foi usado o parecoxibe ou placebo, endovenoso, 30 minutos antes da cirurgia e imediatamente após a operação foi feita a administração do placebo ou parecoxibe, garantindo ao paciente receber parecoxibe antes ou após a operação. O lado oposto foi operado após duas semanas da primeira cirurgia e o paciente que havia recebido parecoxibe antes e placebo depois da operação recebeu placebo antes e parecoxibe depois da operação e o que havia recebido placebo antes e parecoxibe depois recebeu parecoxibe antes e placebo depois. Nos 30 pacientes do grupo cetoprofeno, o modelo foi o mesmo, substituindo-se apenas o parecoxibe pelo cetoprofeno. O paciente pôde utilizar como medicação resgate a dipirona, sempre que necessário para controlar a dor pós-operatória. Após a operação foi fornecido para todos os pacientes um questionário, contendo a escala analógica visual (EAV), a escala descritiva de dor (EDD) e uma tabela para informar o consumo de medicação resgate. Foi avaliada a dor pós-operatória por meio da EAV, da EDD e pelo consumo de medicação resgate. Não houve diferença estatisticamente relevante quanto a intensidade da dor com o uso do parecoxibe ou do cetoprofeno antes ou depois do procedimento cirúrgico. Ao comparar a analgesia proporcionada pelo cetoprofeno e pelo parecoxibe os resultados mostraram que o parecoxibe administrado antes do procedimento cirúrgico foi mais eficaz do que o cetoprofeno no controle da dor na quarta hora do pós-operatório (p=0,041), mas foi menos eficaz após 24h (p=0,003). Quando se comparou a analgesia proporcionada por esses fármacos usados após a operação, o parecoxibe foi mais eficaz do que o cetoprofeno após 6 e 8h do procedimento (p=0,003 e 0,023, respectivamente).
This is a prospective, double-blind randomized, cross over experiment, to evaluate the effect of the preemptive analgesia of ketoprofen and parecoxib. Sixity patients who had gone though surgery for removal of the impacted mandibular bilateral third molar teeth, having one side operated each time, were evaluated. The patients were separated in groups of 30, in the parecoxib group (P). On the first operation parecoxib or placebo were used 30 minutes before the surgery. Immediately after the operation, placebo or parecoxib were administred, so that the patient who had received parecoxib before the operation or after it. The opposite side was operated two weeks after the first surgery and the patients who received parecoxib before and placebo after operation received placebo before and parecoxib after operation and patients who received placebo before and parecoxib after received parecoxib before and placebo after, under the same method. In the group C (n= 30), the model was the same, using ketoprofen instead parecoxib. The patient could use dipyrone as rescue medication, in the event of postoperative pain. A questionnaire was provided to the patient after each surgery, containing a visual analogic scale, a descriptive pain scale and a table to inform the consum of rescue medication. The postoperative pain was evaluated by visual analogic scale, descriptive pain scale and rescue medicine consum. There was no statistically relevant difference as pain intensity with use of parecoxib or ketoprofen before or after the surgical procedure. Comparing ketoprofen analgesia against parecoxib analgesial, the results shown that the administration of parecoxib before the surgical procedure had a major efficacy than ketoprofen in pain control by the fourth hour post operatory (p=0,041), but was less efficient after 24 hours (p=0,003). When comparing the analgesic effect of both drugs after the operation, parecoxib was more effective than ketoprofen six and eight hours after the procedure (p=0,003 and 0,023, respectively).
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PESARINI, Gabriele. "MODULAZIONE DELLA RISPOSTA INFIAMMATORIA NELLA PREVENZIONE DELLA RESTENOSI POST STENT CORONARICO: IL TRIAL CLINICO MULTICENTRICO RANDOMIZZATO “CEREA-DES”". Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/11562/350589.

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Obiettivo: è conosciuto che l’aterosclerosi coronarica e la restenosi intra-stent sono processi in gran parte regolari da meccanismi infiammatori sistemici. Questo studio ha arruolato pazienti con coronarosclerosi significativa trattabile con angioplastica coronarica ed impianto di stent. Lo scopo dello studio è la comparazione dei risultati clinici ottenuti in un gruppo di controllo trattato con impianto di stent metallici (BMS) con due gruppi in trattamento: impianto di BMS e terapia orale con prednisone o impianto di stent a rilascio di farmaco (DES), in presenza di terapia medica ottimale per tutti i gruppi. In un sottogruppo di pazienti si è indagato il rilascio di interleuchina-6 (IL-6), tumor necrosis factor-a (TNF-a) e l’attivazione di NF-kB in monociti circolanti. Si è anche studiata una possibile relazione tra il pattern di attivazione monocitaria e la crescita neointimale che segue l’impianto di uno stent metallico. Metodi: in 5 centri ospedalieri italiani di alta specializzazione sono stati arruolati 375 pazienti non diabetici con patologia coronarica, senza controindicazioni ad eseguire doppia terapia antiaggregante o terapia corticosteroidea, nel contesto di uno studio clinico randomizzato, controllato ed indipendente, condotto tra il 2007 ed il 2009. I pazienti sono stati allocati in tre gruppi da 125 soggetti ciascuno: BMS (gruppo di controllo), BMS e trattamento orale con alte dosi di prednisone a scalare per 40 giorni (gruppo BMS+prednisone) oppure stent medicato (gruppo DES). L’end-point primario era rappresentato dalla sopravvivenza libera da morte cardiovascolare, infarto miocardico, e ricorrenza di ischemia con necessità di nuova rivascolarizzazione sul vaso responsabile ad un anno di follow-up. Gli eventi clinici sono stati assegnati da un comitato indipendente preposto all’incarico. Inoltre, 40 pazienti sono entrati a far parte del sottostudio volto ad esaminare il pattern di attivazione monocitaria (20 pazienti dal gruppo BMS e 20 pazienti da gruppo BMS+Prednisone). In questo gruppo è stato dosato il rilascio di IL-6, TNF-a e l’attivazione di NF-kB da monociti periferici non stimolati e stimolati con LPS o PMA, al basale e dopo 10 e 30 giorni dalla procedura. Il Late Lumen Loss (LLL) al controllo angiografico (in media 9 mesi dalla procedura indice) è stato calcolato attraverso l’analisi coronarica quantitativa (QCA). Risultati: è stato raccolto il follow-up a 12 mesi per tutti i pazienti arruolati. I pazienti del gruppo di controllo (BMS) hanno mostrato una sopravvivenza libera da eventi cardiaci minore rispetto a quella dei pazienti trattati con DES o BMS+Prednisone. L’end-point primario era dell’80.8% nel gruppo BMS, dell’88.0% nel gruppo BMS+Prednisone e dell’88.8% nel gruppo DES (rispettivamente p=0.04 e p=0.006 rispetto ai controlli). I benefici della terapia steroidea apparivano concentrati in quei pazienti con infiammazione attivata, in cui si riscontrava quindi una proteina C reattiva ad alta sensibilità (hs-PCR) elevata. La terapia con prednisone utilizzata nello studio si è dimostrata ben tollerabile, essendo gli effetti collaterali riscontrati in genere di lieve entità e reversibili (soprattutto edemi e ritenzione idrica). Le concentrazioni plasmatiche di prednisone correlavano inversamente con il rilascio monocitario di IL-e TNF-a (rispettivamente R2 = 0.45,p = 0.04 and R2 = 0.69, p = 0.005) e con l’attivazione di NF-kB (R2 = 0.58, p = 0.01). La riduzione del rilascio di TNF-a e l’attivazione di NF-kB risultavano significativamente correlate (R2 = 0.56, p = 0.01). I pazienti in terapia con prednisone mostravano una riduzione del rilascio di citochine proinfiammatorie e dell’attivazione di TNF-a a 10 e 30 giorni significativamente maggiori rispetto ai soggetti non trattati. I valori di LLL al follow-up angiografico risultavano significativamente minori nel gruppo prednisone (0.44±0.35mm vs 0.80±0.53mm, p = 0.02) e correlavano con la riduzione del rilascio di TNF-a (R2 = 0.41,p = 0.01). Conclusioni: Il trattamento con DES o BMS+Prednisone, rispetto all’impianto del solo BMS, si accompagna ad una maggiore sopravvivenza libera da eventi cardiaci ad un anno dalla procedura. Si confermano precedenti esperienze di ricerca che indicano i pazienti con infiammazione attivata (elevata hs-PCR) come coloro che maggiormente possono beneficiare della terapia steroidea. La terapia steoidea a dosaggio immunosoppressivo, somministrata per via orale in un limitato periodo di tempo (40 giorni) è efficace nel ridurre l’attivazione monocitaria mediata dalla via del fattore trascrizionale NF-kB ed il conseguente rilascio di citochine pro-infiammatorie in pazienti trattati con stenting coronarico. La riduzione del rilascio di TNF-a correla con la riduzione di LLL al follow-up angiografico, confermando così il razionele del potenziale beneficio della terapia con prednisone nella prevenzione della restenosi intra-stent.
Objective: it is known that coronary atherosclerosis and in-stent restenosis are largely ruled by inflammatory mechanisms. This study enrolled patients with coronary artery disease amenable to percutaneous coronary interventions and stent implantation. Its aim was to compare the clinical outcome obtained in a control group of patients treated with bare metal stent (BMS) versus other two study groups: BMS plus oral prednisone or drug eluting stents (DES), all assuming similar optimal adjunctive medical treatment. In a subgroup of patients the release of interleukin-6 (IL-6), tumour necrosis factor (TNF-a) and NF-kB activation in circulating monocytes were studied and also related with the neointimal growth that follows bare metal stent (BMS) implantation. Methods: five tertiary Italian hospitals enrolled 375 non-diabetic patients with coronary artery disease and no contraindications to dual anti-platelet treatment or corticosteroid therapy in a randomized, controlled, independent study performed between 2007 and 2009. Patients were allocated into three study groups of 125 patients each: BMS (controlgroup), BMS followed by a 40-day prednisone treatment (BMS and prednisone group) or DES (DES group). Primary endpoint was the event-free survival of cardiovascular death, myocardial infarction and recurrence of ischemia needing repeated target vessel revascularization at one year as adjudicated by an independent clinical events committee. Moreover, 40 patients (20 from the control group and 20 from the Prednisone group) entered the monocyte activation sub-study. The release of IL-6, TNF-a and NF-kB p50 subunit translocation at baseline, at 10 and 30 days were evaluated from peripheral non-stimulated and stimulated (LPS and PMA) monocytes. Late luminal loss (LLL) 9 months after angioplasty was calculated by quantitative coronary angiography. Results: one-year follow-up was obtained in all patients. Patients receiving BMS alone as compared to those treated with prednisone or DES had lower event-free survival; the primary endpoint was 80.8% in controls compared to 88.0% in the BMS and prednisone and 88.8% in the DES groups respectively (p=0.04 and p=0.006). The benefits of the steroids appear to be restricted to patients with an activated inflammation, identified by an elevated hs-PCR. Prednisone therapy resulted well tolerated and generally associated with mild and reversible side effects. Plasma concentrations of prednisone correlated inversely with IL-6 and TNF-a release (R2 = 0.45,p = 0.04 and R2 = 0.69, p = 0.005, respectively) and NF-kB activation from monocytes (R2 = 0.58, p = 0.01). The reduction of TNF-a release and NF-kB activation were significantly related (R2 = 0.56, p = 0.01). Prednisone patients showed a significantly larger reduction of cytokine release and NF-kB activation compared to non-treated patients, at 10 days and 30 days. LLL was lower in the prednisone group (0.44±0.35mm versus 0.80±0.53mm, p = 0.02) and correlated with reduction of TNF-a (R2 = 0.41,p = 0.01). Conclusions: as compared with BMS alone, prednisone treatment after BMS or DES implantation result in a better event-free survival at one year. Previous observations on the benefits of the steriods in patients with active inflammation (elevated hs-PCR) are confirmed. High doses of oral prednisone reduce NF-kB pathway activation and pro-inflammatory cytokine release in circulating activated monocytes of patients treated with coronary stenting. TNF-a release reduction correlates with decreased LLL, confirming a potential benefit of steroid therapy in preventing in-stent restenosis.
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Sobral, Ana Filipa Fernandes Ferreira. "New steroidal aromatase inhibitors: biological effects in hormone-dependent breast cancer cell models". Master's thesis, 2015. http://hdl.handle.net/10316/32980.

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SOBRAL, Ana Filipa Fernandes Ferreira - New steroidal aromatase inhibitors: biological effects in hormone-dependent breast cancer cell models. Coimbra : [s.n.], 2015. Dissertação de Mestrado em Biologia Celular e Molecular.
The majority of breast cancers, the most prevalent among women, is hormone-dependent (ER+) and requires estrogen signaling for its etiology and progression. From the several approaches used for the treatment and prevention of these tumors in postmenopausal women, aromatase inhibitors (AIs) represent one of the best options. By blocking the enzyme aromatase, responsible for estrogens biosynthesis, AIs are able to suppress estrogens levels, thus avoiding tumor growth. Despite their efficacy, AIs are limited by the existence of some drawbacks, such as bone loss and the development of therapy resistance, a major obstacle to the successful treatment. For this, the search for novel potent compounds, with fewer side effects, is currently demanded. The present work focused on the study of new steroidal compounds as potential AIs, synthesized from structural modifications on androstenedione molecule, an aromatase substrate. The anti-aromatase activity, the biological effects and the underlying anti-tumor mechanisms of four new compounds (49, 50, 51 and 52) were evaluated. The in vitro studies were performed in an estrogen receptor-positive (ER+) human breast cancer cell line that overexpresses aromatase (MCF-7aro), an estrogen receptor-negative (ER-) human breast cancer cell line (SK-BR-3), an AI-resistant breast cancer cell line that overexpresses aromatase (LTEDaro) and a non-tumor fibroblastic cell line (HFF-1). The results revealed that all the steroids are potent AIs, capable of decreasing the viability of the hormone-dependent breast cancer cells without affecting the non-tumor fibroblastic cells. This effect was accompanied by morphological alterations, cell cycle arrest and cell death by apoptosis via the mitochondrial pathway. Autophagy was a pro-survival mechanism for compound 51. Furthermore, the compounds also affected the viability of the AI-resistant cells in a similar manner as the hormone-sensitive ones. In conclusion, the new potent AIs induced anti-proliferative effects in breast cancer cells, mainly through cell cycle arrest and cell death mechanisms. This work might contribute for the design and synthesis of more effective compounds and elucidate the tumor suppressor mechanisms associated to AIs treatment.
A maioria dos cancros da mama, o mais prevalente entre as mulheres, é hormono-dependente e requer a sinalização de estrogénios para a sua etiologia e progressão. Das várias abordagens usadas para o tratamento e prevenção destes tumores em mulheres pós-menopáusicas, os inibidores da aromatase (IAs) representam uma das melhores opções. Ao bloquearem a enzima aromatase, responsável pela biossíntese de estrogénios, os IAs são capazes de suprimir os níveis de estrogénio, evitando, deste modo, o crescimento tumoral. Apesar da sua eficácia, o IAs estão limitados pela existência de algumas desvantagens, como a perda de massa óssea e o desenvolvimento de resistência à terapia, um dos principais obstáculos ao sucesso do tratamento. Por isso, é importante a procura de novos e potentes compostos, com menores efeitos adversos. Este trabalho focou-se no estudo de novos compostos como potenciais IAs, sintetizados a partir de modificações estruturais na molécula da androstenediona, um dos substratos da aromatase. A atividade anti-aromatásica, os efeitos biológicos e os mecanismos anti-tumorais subjacentes de quatro novos compostos (49, 50, 51 e 52) foram avaliados. Os estudos in vitro foram realizados numa linha celular humana de cancro da mama recetor de estrogénio positivo com sobre-expressão da aromatase (MCF-7aro), numa linha celular humana de cancro da mama recetor de estrogénio negativo (SK-BR-3), numa linha celular de cancro da mama resistente aos IAs com sobre-expressão da aromatase (LTEDaro) e numa linha celular não-tumoral de fibroblastos (HFF-1). Os resultados revelaram que todos os esteroides são potentes IAs, capazes de reduzir a viabilidade das células de cancro da mama hormono-dependente, sem afetar as células fibroblásticas não tumorais. Este efeito foi acompanhado por alterações morfológicas, paragem do ciclo celular e morte celular por apoptose pela via mitocondrial. A autofagia foi um mecanismo de pro-sobrevivência para o composto 51. Além disso, os compostos afetaram a viabilidade das células resistentes a IAs de uma forma semelhante às células hormono-sensíveis. Concluindo, os novos potentes IAs obtidos induziram efeitos anti-proliferativos nas células de cancro da mama, principalmente através da paragem do ciclo celular e de mecanismos de morte celular. Este trabalho poderá contribuir para o desenho e síntese de compostos mais eficazes e elucidar os mecanismos de supressão tumoral associados ao tratamento com IAs.
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