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Finozzi, Anna. "Riscrivere la storia coloniale tramite l’uso dell’oralità: Il caso di Adua (2015)". Memoria y Narración. Revista de estudios sobre el pasado conflictivo de sociedades y culturas contemporáneas, n.º 2 (5 de marzo de 2021): 131–45. http://dx.doi.org/10.5617/myn.8669.

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L’articolo si propone di analizzare l’uso dell’oralità nel romanzo Adua (2015) di Igiaba Scego. Tradizionalmente, il testo letterario postcoloniale è stato considerato come una ‘traduzione’ da una lingua orale Africana ad una scritta Europea. Lo scopo dell’articolo è spostare l’attenzione dall’oralità come segno di alterità all’oralità come modalità di trasmissione; questo slittamento critico è necessario per una rivalutazione della letteratura postcoloniale italiana, di cui spesso si considera più la portata documentaristica di quella letteraria. Attraverso i Memory Studies, e in particolare concetti quali la postmemory di Marianne Hirsch, la countermemory di Yael Zerubavel e la travelling memory di Astrid Erll, l’analisi mostra come Adua sia modellata dalla comunicazione orale della memoria attraverso i dialoghi dei personaggi e da altre immagini connesse all’atto di ascoltare e tramandare. Infine, la dicotomia oralità-africanità viene respinta in favore di quella oralità-trasmissione.
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Pauwels, Yves. "L'architettura dell'età della stampa. Oralità, scrittura, libro stampato e riproduzione meccanica dell'immagine nella storia delle teorie architettoniche Mario Carpo". Journal of the Society of Architectural Historians 59, n.º 3 (septiembre de 2000): 385–86. http://dx.doi.org/10.2307/991654.

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Redaelli, Arianna. "PER UN’INTERPRETAZIONE COMUNICATIVA DELLA PUNTEGGIATURA NELLE GRAMMATICHE FRANCESI DEL SECOLO XVIII: ESEMPI DI LETTURA MANZONIANA". Italiano LinguaDue 13, n.º 2 (26 de enero de 2022): 573–88. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/17149.

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L’articolo intende fornire una breve disamina delle riflessioni riservate alla punteggiatura da parte di alcune tra le principali grammatiche del Settecento francese, allo scopo di segnalarne la modernità, la profondità d’analisi e l’influenza che esercitarono sulla sintassi moderna, non solo d’oltralpe. Una prima sezione è destinata a osservare come, di fronte alla storia recente dell’interpunzione, i grammatici illuministi si scostino sensibilmente dalle tendenze imperanti in Italia. Essi, infatti, non riservano all’argomento spazio esiguo e liminare, né si limitano a fornire semplici regole d’uso oscillanti tra un’interpretazione pausativa e un’interpretazione sintattica dei segni, e non di rado ridotte a vaghezze sul libero arbitrio degli scriventi. Al contrario, propongono osservazioni ampie e acute, poco o per nulla connesse alla mera prassi (dunque scarsamente fruibili a livello didattico), e perlopiù relate al problematico rapporto tra oralità e scrittura, ai cambiamenti verificatisi nel tempo entro il sistema scrittorio e ai fondamenti logici e semantici che presiedono all’organizzazione del discorso, cui la punteggiatura prende attivamente parte. Si procede poi con l’osservazione diretta di alcuni scritti, in particolare dei notevoli esempi forniti dalle opere di Claude Buffier, dell’abate Girard e di Nicolas Beauzée. Pur nella difformità delle trattazioni, tali grammatici condividono un approccio ragionativo al problema, che prende avvio da un’analisi minuziosa del testo e che offre altresì i presupposti per un fertile dialogo tra indirizzi interpretativi talora divergenti. Le loro proposte giungono, tra Settecento e Ottocento, anche in Italia, al punto che uno scrittore quale il Manzoni dei Promessi Sposi sembra venirne influenzato. Di qui, una casistica che lo dimostri. Si pensi, ad esempio, all’impiego della virgola tra soggetto e predicato – che i grammatici italiani teorizzano solo a partire dal Novecento, con il Malagòli – quando il primo sia espanso o da tematizzare; e all’uso del corsivo – ancora considerato, in ambiente peninsulare, appannaggio del tipografo – per segnalare la citazione, nel testo, di un altro testo scritto: riflessioni riscontrabili, almeno sino a Ottocento inoltrato, nella sola grammatica del Beauzée. Qualche considerazione conclusiva, infine, inserisce questi lavori nel complesso degli studi sull’interpunzione e chiarisce il legame sussistente tra essi e il testo manzoniano, anche in relazione alla diffusione del paradigma comunicativo-testuale nel panorama grammaticografico italiano. A communicative interpretation of punctuation in the French grammar books of the XVIII century: manzonian examples The article provides a brief examination of the reflections on punctuation in some of the main eighteenth century French grammar books, in order to point out their modernity, depth of their analysis and the influence they exerted on modern syntax, not only in France. The first section observes how, in the face of the recent history of punctuation, the grammarians of the Enlightenment deviated considerably from the prevailing trends in Italy. In fact, they dedicated ample space to the subject, going beyond providing simple rules for use that oscillated between a pausative interpretation and a syntactic interpretation of the signs, which not infrequently were reduced to vagueness regarding the free will of the writers. The ample and acute observations, barely connected to mere practice (therefore scarcely usable at a didactic level), were mostly related to the problematic relationship between orality and writing, changes that occurred over time within the writing system and to the logical and semantic foundations that presided over the organization of discourse, where punctuation took an active part. We then proceed with the direct observation of some writings, in particular remarkable examples provided by the works of Claude Buffier, Abbot Girard and Nicolas Beauzée. Despite the differences in their treatments, these grammarians shared a reasoned approach to the problem, which began with a detailed analysis of the text and which also offered the basis for a fertile dialogue between interpretative, sometimes divergent, approaches. Between the eighteenth and nineteenth centuries, their proposals reached Italy, where Manzoni, in Promessi Sposi, seemed to have been influenced by them. Hence, a series of cases demonstrate this. Think, for example, of the use of the comma between subject and predicate – that Italian grammarians theorized only from the twentieth century with Malagòli – when the first was expanded or thematized; or the use of italics – still considered, in a peninsular environment, the prerogative of the typographer – to signal a citation, in the text, of another written text: reflections that can be found, at least until the late nineteenth century, only in the grammar book by Beauzée. Finally, a few concluding considerations place these works within studies on punctuation and clarify the link between them and Manzoni’s text, also in relation to the diffusion of the communicative-textual paradigm in the Italian grammatical panorama.
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Sanfilippo, Marina. "Libri, lettere, scritte e testamenti: magia e pericoli della scrittura nelle raccolte di racconti popolari siciliani dell’Ottocento". Cuadernos de Filología Italiana 27 (7 de julio de 2020): 199–219. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.67487.

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In questo lavoro analizzo la presenza multiforme di elementi e riferimenti al mondo della scrittura in racconti siciliani orali raccolti tra la seconda metà del XIX secolo e i primissimi anni del XX, con il duplice scopo di, in primo luogo, sottolineare il complesso rapporto esistente tra oralità e scrittura e, in secondo luogo, capire quali funzioni e caratteristiche attribuirono allo scritto la cultura popolare e i suoi interpreti, per lo meno nel contesto preso in esame.
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VALDITARA, LINDA M. NATOLITANO. "RIPARLARE DI PLATONE: Ancora su scrittura, oralità e dialettica". Méthexis 7, n.º 1 (30 de marzo de 1994): 5–25. http://dx.doi.org/10.1163/24680974-90000173.

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Petrucci, Armando. "Storia della Scrittura e Storia della Società". Anuario de Estudios Medievales 21, n.º 1 (2 de abril de 2020): 309. http://dx.doi.org/10.3989/aem.1991.v21.1113.

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L'auteur trace ici un tableau des études qui, tout au long de ces quarante dernières années, ont reconsidéré, sous differents angles, et en main d'experts de différentes formations, la relation entre l'écriture et les structures sociales. Dirigées, en principe, par des linguistes tel que M. Cohen et par des experts de formation et d'influence marxiste originaires de pays d'Europe de l'Est, ces idées ont donné vie, d'une part, à une plus ample série d'études historiques de l'alphabétisme et, d'autre part, à des thèses proprement paléographiques destinées à étudier la fonction de l'écrit et de l'écriture dans les sociétés anciennes et médiévales.
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Marazzi, Massimiliano. "Scrittura e atti di scrittura: riflessioni su alcune novità editoriali". Kadmos 59, n.º 1-2 (1 de abril de 2020): 25–42. http://dx.doi.org/10.1515/kadmos-2020-0002.

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Abstract La nuova pubblicazione in Italia del libro di S. Ferrara, La grande invenzione. Storia del mondo in nove scritture diverse (Milano 2019), rappresenta uno dei piu recenti tentativi di affrontare il complesso fenomeno della nascita e dello sviluppo di sistemi scrittori nella storia secondo schemi innovativi. Con questo contributo l’Autore intende, partendo da un’analisi critica dell’opera in oggetto, aprire un dibattito sui modi e le prospettive di approccio al fenomeno scrittorio, puntualizzando, allo stesso tempo, i risultati raggiunti nell’ambito di una serie di ambiti della ricerca sui sistemi scrittorî piú conosciuti.
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Martini, Paola Supino. "Storia della scrittura e Storia del Libro nell'Alto Medioevo". Anuario de Estudios Medievales 21, n.º 1 (2 de abril de 2020): 387. http://dx.doi.org/10.3989/aem.1991.v21.1117.

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L' auteur réenvisage les problèmes que pose l'histoire de l'écriture latine au Haut Mayen Age. Elle s'arrête sur le problème de l'écriture carolingienne, considé­rant les opinions d'éminents paléographes tels que Bischoff, Cencetti, Petrucci et d'autres auteurs. Remontant dans le temps, elle fait référence a l'écriture onciale et semi-onciale. L'auteur porte aussi son attention sur l'écriture épigraphique et sur l'histoire du livre; elle signale tout ce que doit cette discipline à l'école belge et, pour terminer, elle analyse quelques contributions bibliographiques originales rela­tives a l'histoire du livre.
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Santini, Carlo. "La percezione della oralità, scrittura e letterarietà negli autori latini delle origini". Giornale Italiano di Filologia 67 (enero de 2015): 395–402. http://dx.doi.org/10.1484/j.gif.5.109937.

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Catenacci, Carmine y Rosalind Thomas. "Le mille facce di oralità e scrittura: Un nuovo libro di R. Thomas". Quaderni Urbinati di Cultura Classica 46, n.º 1 (1994): 145. http://dx.doi.org/10.2307/20547235.

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Giardina, Giovanna R. "F. Trabattoni, La verità nascosta. Oralità e scrittura in Platone e nella Grecia classica". Elenchos 26, n.º 2 (1 de junio de 2005): 454–59. http://dx.doi.org/10.1515/elen-2005-260210.

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Pelillo-Hestermeyer, Giulia. "Tra il dire e il non dire". Mnemosyne, n.º 2 (11 de octubre de 2018): 11. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i2.12013.

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Lo studio muove dalla descrizione della zona d’ombra compresa tra il detto e il non detto, ossia dallo spazio occupato dall’implicito in un corpus di lettere della Missione Cattolica Italiana di Mannheim, nella Germania meridionale. In contrasto con lo stile ‘semplice’, che si propone di coinvolgere il destinatario, è l’analisi del significato implicito che rivela squarci di quotidianità, problemi della comunità, e la percezione dell’identità della Missione nel contesto socio-culturale tedesco. La descrizione delle strategie comunicative impiegate nelle lettere testimonia inoltre la diffusione, anche nella lingua della predicazione, di una nuova forma di semplicità linguistica che, superato il conflitto fra italiano e dialetto, fa dell’espressività il proprio mezzo stilistico privilegiato, senza distinzione tra oralità e scrittura.
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Caffarena, Fabio. "L’Archivio Ligure della Scrittura Popolare". REVISTA DE HISTORIOGRAFÍA (RevHisto), n.º 37 (21 de julio de 2022): 111–26. http://dx.doi.org/10.20318/revhisto.2022.7058.

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L’Archivio Ligure della Scrittura Popolare, fondato da Antonio Gibelli nel 1986 presso il Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea, dal 2017 è un centro di ricerca e documentazione del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova. La sua attività è finalizzata al recupero, allo studio e all’utilizzo didattico delle testimonianze scritte della gente comune nei secoli XIX e XX, con l’intento di analizzare i processi di affermazione della soggettività che affiorano fra le scritture di migranti, soldati, operai, donne e bambini.
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Simone, Andrea. "Dante “improvvisato” fra XVIII e XIX secolo: prassi esecutive e influenze culturali in evoluzione". Dante e l'Arte 9 (22 de diciembre de 2022): 41–50. http://dx.doi.org/10.5565/rev/dea.160.

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L’articolo esamina i profili artistici e le prassi esecutive di alcuni tra i maggiori esponenti sette e ottocenteschi della poesia estemporanea di derivazione arcadica per indagare il loro contributo alla plurisecolare trasmissione orale della maggiore opera dell’Alighieri. Infatti, la fortuna della Commedia tra XVIII e XIX secolo, oltre ai canali filologico-letterari più ufficiali, passa anche per ambienti culturali al confine fra oralità e scrittura abitati da un pubblico educato alla fruizione di contenuti “alti” grazie alla mediazione di esperti dell’espressione di getto e della combinazione tra parola cantata e recitata, mimica e accompagnamento musicale. L’intreccio tra l’espressività intrinseca del testo e la capacità comunicativa di questi abili dicitori dell’ottava rima rinnovò la diffusione dei soggetti danteschi più emblematici nel passaggio dall’antico regime alla modernità.
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Filice, Natale. "Italo Calvino come fonte di Ascanio Celestini: Alcuni percorsi della fiaba tra oralità e scrittura". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 3 (18 de junio de 2018): 788–807. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818781786.

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Fin dai suoi primi esperimenti letterario-drammaturgici, Ascanio Celestini ha mostrato una spiccata tendenza ad inglobare e ri-scrivere nei propri lavori testi di altri autori, rivolgendosi a tradizioni e generi diversi. Questo studio si propone di esplorare tale tendenza, con particolare riferimento al repertorio della fiaba, che è sicuramente una delle fonti da cui l’autore- performer romano ha attinto maggiormente. Il tentativo è quello di problematizzare il rapporto tra le fonti e i testi celestiniani, allo scopo di individuare le modalità attraverso cui l’autore ri-utilizza la tradizione folclorica. Nel far questo, cerchiamo di sgomberare il campo da preconcetti e assunti aprioristici ingenerati sia dall’autore stesso che dalla critica, in primis quelli relativi alle troppo sbrigative attribuzioni del sigillo di oralità. L’analisi dimostra che Celestini assorbe il repertorio fiabistico per mezzo di fonti scritte (in particolare, le Fiabe italiane di Italo Calvino) che vengono manipolate e adattate a una varietà di contesti narrativi. La componente dell’oralità, intesa con Zumthor come l’atto del parlare (“il detto”), si manifesta non nella ricezione, ma nell’atto performativo attraverso cui l’attore-narratore ripropone al pubblico teatrale “tipi” e “motivi” della tradizione fiabistica.
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Caravale, Giorgio. "LE AMBIGUITÀ DELLA PAROLA: ERESIA E ORTODOSSIA TRA ORALITÀ E SCRITTURA NELLA PREDICAZIONE ITALIANA DEL CINQUECENTO". Italianist 34, n.º 3 (14 de septiembre de 2014): 478–92. http://dx.doi.org/10.1179/0261434014z.000000000104.

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Menghi, Céline. "Un analista puň essere anche uno scrittore?" ATTUALITŔ LACANIANA, n.º 9 (abril de 2009): 123–27. http://dx.doi.org/10.3280/ala2009-009010.

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- n questo testo si evidenzia un cambiamento di statuto della scrittura. La scrittura, da modalitŕ del soggetto per farsi La sua Storia e per dire l'indicibile dell'essere, presa nel dispositivo analitico e nella logica del fantasma e dell'al-di-lŕ del fantasma, si fa marchio, lettera a partire dalla sgrammaticatura del linguaggio, a partire dalla parola presa nel corpo. Uno snodo importante dell'esperienza analitica mette in luce un punto chiave di non ritorno per il soggetto sulla via della sua riduzione a oggetto. Parole chiave: terminal - lingua-sul-reale - corpo estraneo - lalangue - Piů-Nessuno
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Galimi, Valeria. "L'Italia come "eccezione"? Ripensare il canone nazionale". SOCIETÀ E STORIA, n.º 173 (noviembre de 2021): 617–28. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173015.

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Questa rassegna discute, da tre diverse prospettive, L'Italia come storia, a cura di Francesco Benigno e Igor Mineo. Il volume tratta, con una periodizzazione ampia, i principali snodi attorno ai quali la storiografia ha tematizzato, sia in termini positivi sia negativi il tema dell'eccezione, attraverso cui è stata interpretata la storia d'Italia. Il contributo di Valeria Galimi prende in esame - dal punto di vista dello studioso dell'età contemporanea - la crisi del "canone nazionale" e l'interpretazione prevalente in parte della storiografia dell'Italia come "eccezione". Infine sono analizzati suggerimenti e proposte nel volume per un rinnovamento profondo della scrittura della storia nazionale.
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Cristina Fiorentino, Caterina. "Storia di una firma: carattere Olivetti". i+Diseño. Revista Científico-Académica Internacional de Innovación, Investigación y Desarrollo en Diseño 1 (8 de marzo de 2009): 21–26. http://dx.doi.org/10.24310/idiseno.2009.v1i.12729.

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Questo articolo, che si concentra sul Progetto di Ballmer per il logo Olivetti, ha come punto di partenza due documenti conservati presso l'Archivio Storico Olivetti a Ivrea. L'articolo si basa sui testi di Fortini, il cui approccio collega il logotipo alla storia della scrittura, all'evoluzione dei segni e agli scopi pubblicitari. e agli scopi pubblicitari. Il lavoro di Fortini e Ballmer collega infatti l'attuale logotipo alla memoria della Olivetti e, quindi, ai temi dell'innovazione dei caratteri tipografici e al loro significato come trasmissione del messaggio. caratteri tipografici e al loro significato di trasmissione del pensiero, considerato come passaggio necessario per la formulazione dell'identità.
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Ostenc, Michel. "Fare storia in rete. Fonti e modelli di scrittura digitale per la storia dell'educazione, la storia moderna e la storia contemporanea". Paedagogica Historica 45, n.º 6 (diciembre de 2009): 832–33. http://dx.doi.org/10.1080/00309230903109263.

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Cavallo, Guglielmo. "Storia della scrittura e Storia del Libro nell’Antichità Greca e Romana. Materiali per uno studio". Anuario de Estudios Medievales 21, n.º 1 (2 de abril de 2020): 369. http://dx.doi.org/10.3989/aem.1991.v21.1116.

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Beneteau, David. "Per un'edizione critica della versione toscana dell'«Histoire ancienne jusqu'a Cesar» contenuta nel manoscritto Hamilton 67: «Le verace istorie romane»". Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento 9, n.º 2 (30 de diciembre de 2021): 135–63. http://dx.doi.org/10.54103/2282-7447/16066.

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Presento in quest’articolo una notizia della imminente pubblicazione di un libro, Le verace istorie Romane, basato sul manoscrittto Hamilton 67 della Bi- blioteca nazionale della Germania a Berlino, datato 1313. In questo articolo sot- tolineo il rapporto fra i diversi codici, la forma della scrittura dell’estensore Lapo Corsini e la sua storia, e il metodo unico di contaminare e di associare codici da lingue diverse. Alla fine dell’articolo presento due campioni del testo, dalla storia dell’invasione di Annibale e delle meraviglie che appaiono, e dal racconto della peste e dell’infestazione mortale dei grilli.
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Pelillo-Hestermeyer, Giulia. "Il racconto della quotidianità nella genesi del tempo." Mnemosyne, n.º 1 (1 de septiembre de 2008): 11. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i1.11493.

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Nel diario al centro del saggio la registrazione del quotidiano si estende per un arco di tempo di trenta anni, dal 1959 al 1989. La scrittura registra in modo particolare la “normalità” della quotidianità, piuttosto che gli eventi eccezionali, introducendo il lettore in un lungo spaccato di vita dello scrivente. Nel descrivere ed analizzare questo testo il saggio parte dal dato linguistico, mostrando come il linguaggio, insieme ai contenuti espressi, si faccia testimone di un periodo storico e di un programma (oltre che di una storia) di vita allo stesso tempo. La tesi di fondo è che in un diario giornaliero la scrittura non sia soltanto uno strumento di registrazione, ma anche di ri-costruzione dell’esperienza.
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Girotto, Carlo Alberto. "Armando Petrucci, Letteratura italiana : una storia attraverso la scrittura ; Scritti civili". Transalpina, n.º 23 (1 de noviembre de 2020): 190–93. http://dx.doi.org/10.4000/transalpina.752.

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VanBriggle, Denise. "Quale sarŕ la tua storia? Il potenziale trasformativo della scrittura espressiva". EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, n.º 1 (noviembre de 2011): 111–39. http://dx.doi.org/10.3280/erp2011-001007.

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Barbiellini Amidei, Beatrice. "«In pubblico»: tra oralità e scrittura. La «vexata quaestio»: sulla tradizione dell'ottava rima dei cantari "popolari" e del Boccaccio". Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento 10, n.º 2 (23 de diciembre de 2022): 231–52. http://dx.doi.org/10.54103/2282-7447/18739.

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Riassunto: Il saggio è un contributo alla vexata quaestio sull'origine dell'ottava rima narrativa. Si riflette su importanti spunti di Surdich e su dati noti per ipotizzare un'imitazione del metro del Cantare di Fiorio da parte del Boccaccio, che utilizza negli stessi anni nel Filocolo lo stesso tema romanzesco del Cantare e nel Filostrato l'ottava narrativa. Le operazioni inverse delle due opere giovanili rispetto al Cantare di Fiorio si aggiungono a molti altri elementi speculari nelle due opere boccacciane. Immaginare che l'autore del Cantare di Fiorio o chi per lui accogliesse il metro di nuova invenzione istantaneamente, adattandolo a esigenze espressive molto dissimili da quelle del Filostrato e calandovi una sintassi semplificata diversissima da quella delle ottave di Boccaccio, significa ritenere possibile un'operazione problematica per un genere tradizionale e conservativo come quello dei cantari. Che al contrario l'appropriazione del metro e di alcuni pochi tratti espressivi del cantare da parte del Boccaccio potesse costare all'autore una fatica modesta lo testimonia tutta o quasi la sua produzione. Come ha sottolineato Balduino nello stabilire la tradizione da cui dipende l'ottava rima cosí come la utilizzano i cantari è cogente l'esigenza di situarla in un contesto culturale "popolare", in cui la forma metrica sia legata all'esecuzione orale, a caratteristiche di generi come il serventese, a una temperie caratteristica e a un repertorio linguistico e formulare secolari. Se è imprescindibile tener conto di precise coordinate socioculturali per interpretare l'opera degli autori come lo sviluppo dei generi e delle forme, nel medioevo in particolare, categorie come popolare e colto non vanno intese in senso assoluto ma andrebbero utilizzate come valori scalari e relativi. Nonostante accostamenti possibili tra l'operato del Boccaccio e i cantari è evidente che i cantari sono da ascrivere un ambito per lo piú semicolto, mentre nelle opere in ottava rima del Certaldese intravediamo un autore che desidera appropriarsi delle tradizioni in cui si imbatte e segnare tali esperienze nobilitandole. Parole chiave: vexata quaestio, ottava rima, cantari, Boccaccio, Filostrato, Filocolo, Cantare di Fiorio e Biancifiore, popolare, colto. Abstract: The essay is a contribution to the vexata quaestio of the origin of ottava rima. Some important ideas of Surdich and known data are discussed to hypothesize Boccaccio's imitation of Cantare di Fiorio's meter. The author used in the same years in the Filocolo the topic of the Cantare and in the Filostrato the ottava rima. The inverse operations with respect to the Cantare di Fiorio are added to many other specular elements in Boccaccio's juvenile works. To imagine that the Cantare di Fiorio's author or someone else could welcome the meter of new invention instantly, adapting it to requirements very different from Filostrato's, with a simplified syntax very different from that of Boccaccio's ottave is very problematic for a conservative and traditional genre like that of cantari. On the contrary, the appropriation of the meter and few expressive features by Boccaccio might've been a modest effort, as his literary production attests. As underlined by Balduino, in establishing the tradition of ottava rima used in the cantari it's imperative to place it in a "popular" context, with a secular repertoire; the metrical form has to be connected to the performance, to genres as serventese. To interpret authors' works and the development of literary genres and forms it's essential to take into account precise socio-cultural coordinates, but we can anyway remember that in the Middle Ages in particular, categories as popular and cultured should be used as scalar and relative values. It's possible to put Boccaccio and the cantari side by side, but these last are to be ascribed most of the times to a semieducated literary field, instead Boccaccio's poems in ottava rima show an author who wishes to appropriate the traditions in which he comes across ennobling them. Keywords: vexata quaestio, ottava rima, cantari, Boccaccio, Filostrato, Filocolo, Cantare di Fiorio e Biancifiore, popular, cultured.
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Colin, Mariella. "BANDINI (Gianfranco), BIANCHINI (Paolo), Fare storia in rete. Fonti e modelli di scrittura digitale per la storia dell’educazione, la storia moderna e la storia contemporanea". Histoire de l'éducation, n.º 118 (1 de abril de 2008): 162–63. http://dx.doi.org/10.4000/histoire-education.511.

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Miletti, Marco Nicola. "Le facce d’un diamante. Appunti per una storia dell’immediatezza nella procedura penale italiana". Revista Brasileira de Direito Processual Penal 7, n.º 2 (29 de agosto de 2021): 827. http://dx.doi.org/10.22197/rbdpp.v7i2.596.

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Il saggio ripercorre alcune tappe dell’evoluzione del principio di immediatezza nella procedura penale italiana, entro l’arco cronologico compreso tra la fine del secolo XVIII e il codice Finocchiaro-Aprile del 1913. Dopo una breve rassegna delle diverse definizioni del lemma e un cenno diacronico alla demarcazione dal concetto di oralità, la ricerca muove dagli spunti offerti da ‘pionieri’ quali Francesco Mario Pagano e Niccola Nicolini; esamina la letteratura europea (francese e, soprattutto, tedesca) che permeò la riflessione dei giuristi italiani; quindi si addentra nella stagione post-unitaria. Quest’ultima fu connotata dal contrasto tra un codice di rito (1865) ancora prettamente inquisitorio e una dottrina tutt’altro che compatta: se i primi commentari e, ancor piú, la scuola carrariana classificavano l’immediatezza tra i canoni inderogabili della giustizia liberale, la scuola positiva vi scorgeva un indebito cedimento alle interferenze popolari ed emotive nel dibattimento. La lunga elaborazione del codice Finocchiaro-Aprile non solo stimolò un serrato confronto dottrinale ma partecipò a quel movimento per l’oralità grazie al quale Chiovenda confidava di modernizzare il rito civile e penale.
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Debiais, Vincent. "Pasquale Orsini, Scrittura come immagine. Morfologia e storia della maiuscola liturgica bizantina". Cahiers de civilisation médiévale, n.º 237 (1 de enero de 2017): 94–95. http://dx.doi.org/10.4000/ccm.6142.

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Falistocco, Giulia. "La scrittura come fuga dal carcere della Storia Il sorriso dell’ignoto marinaio". Recherches, n.º 21 (6 de noviembre de 2018): 77–85. http://dx.doi.org/10.4000/cher.1189.

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Meliga, Walter. "Gioia Paradisi, Le passioni della storia. Scrittura e memoria nell’opera di Wace". Studi Francesi, n.º 150 (L | III) (31 de diciembre de 2006): 577. http://dx.doi.org/10.4000/studifrancesi.27241.

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Cavicchia, Alessandro. "La Scrittura nel Quarto Vangelo: una tappa della storia della ricerca (1860-2004)". Liber Annuus 66 (enero de 2016): 135–93. http://dx.doi.org/10.1484/j.la.4.2018008.

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Farinelli, Patrizia. "Le bio-bibliografie immaginarie di Bolaño e le biografie infedeli di Orecchio come approcci letterari alle verità della storia, della vita". Ars & Humanitas 11, n.º 2 (27 de diciembre de 2017): 127–38. http://dx.doi.org/10.4312/ah.11.2.127-138.

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Anche se Davide Orecchio non lo avesse dichiarato in modo esplicito, il fatto che sulla sua formazione letteraria abbia avuto un peso, tra altre letture, pure quella dell’opera di Bolaño viene suggerito dalle caratteristiche stesse del suo lavoro. Vanno in quel senso tanto una pratica della scrittura quale attività che cresce raccogliendo e travestendo altra scrittura (in un pullulare di richiami intertestuali), quanto un confrontarsi con la storia attraverso il frequente uso di documenti d’invenzione. A parte un riconosciuto debito di entrambi nei confronti di Borges, a legittimare un accostamento dell’opera di questo narratore contemporaneo italiano a quella di Roberto Bolaño, che è stato un autore culto per molti della generazione formatasi nell’ultima fase del XX secolo, non sono, del resto, solo alcune strategie narrative, ma anche un insistito sguardo sulla presenza del male nell’esistenza umana. Si tratta in ogni caso di punti di convergenza che non tolgono nulla a specifiche identità di stile e a precise posizioni di poetica.
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Farinelli, Patrizia. "Le bio-bibliografie immaginarie di Bolaño e le biografie infedeli di Orecchio come approcci letterari alle verità della storia, della vita". Ars & Humanitas 11, n.º 2 (27 de diciembre de 2017): 127–38. http://dx.doi.org/10.4312/ars.11.2.127-138.

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Anche se Davide Orecchio non lo avesse dichiarato in modo esplicito, il fatto che sulla sua formazione letteraria abbia avuto un peso, tra altre letture, pure quella dell’opera di Bolaño viene suggerito dalle caratteristiche stesse del suo lavoro. Vanno in quel senso tanto una pratica della scrittura quale attività che cresce raccogliendo e travestendo altra scrittura (in un pullulare di richiami intertestuali), quanto un confrontarsi con la storia attraverso il frequente uso di documenti d’invenzione. A parte un riconosciuto debito di entrambi nei confronti di Borges, a legittimare un accostamento dell’opera di questo narratore contemporaneo italiano a quella di Roberto Bolaño, che è stato un autore culto per molti della generazione formatasi nell’ultima fase del XX secolo, non sono, del resto, solo alcune strategie narrative, ma anche un insistito sguardo sulla presenza del male nell’esistenza umana. Si tratta in ogni caso di punti di convergenza che non tolgono nulla a specifiche identità di stile e a precise posizioni di poetica.
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Spedicato, Paolo. "Ripensare la storia e la scrittura degli italo-brasiliani: tre voici dallo Espírito Santo". Revista de Italianística, n.º 9 (30 de diciembre de 2004): 19. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i9p19-27.

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Ainda há muito a ser desvendado e aprofundado na história da imigração italiana no Brasil, mais que centenária e muitas vezes trágica. A literatura dos ítalo-brasileiros está mais que viva, como revelam os livros dos autores capixabas aqui apresentados.
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Antonelli, Quinto. "Una società che si racconta". REVISTA DE HISTORIOGRAFÍA (RevHisto), n.º 37 (21 de julio de 2022): 79–94. http://dx.doi.org/10.20318/revhisto.2022.7056.

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Per il suo radicamento locale, l’Archivio della scrittura popolare di Trento ha avuto una storia molto specifica. Ha assunto, dapprima, le funzioni di un «contro-archivio» (raccogliere e conservare le scritture delle classi sociali subalterne), rimanendo tuttavia anche il luogo della memoria della minoranza italiana all’epoca dell’impero asburgico. Ha accolto in seguito i piccoli archivi famigliari con le tante scritture legate alla casa (perlopiù contadina). E infine, con il deposito delle lettere delle ammiratrici e ammiratori della cantante Gigliola Cinquetti, è diventato un archivio d’importanza nazionale, superando, nella qualità delle scritture raccolte, anche la definizione così connotativa di «popolare».
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Perna, Valerio. "Cristianesimo etico e socialismo metafisico in Mario Pomilio". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 1 (15 de abril de 2020): 428–38. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910881.

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Mario Pomilio è scrittore dimenticato, e invece il valore del suo messaggio risulta tuttora attuale. Nelle sue opere, come critico e scrittore, si evidenzia un percorso che vuole essere coerenza vissuta prima che teorizzata. Ricerche, domande e inquietudini risultano sempre legate alla religiosità e agli ideali politici dell’autore. Per l’intellettuale socialista lacerato dall’ansietà del mondo contemporaneo, la ricostruzione del “mito” nell’animo degli uomini si configura come esigenza di verità etiche assolute; per il credente immerso totalmente nella storia, la verifica della presenza di un Dio assente, manifesta l’esistenza di un testimone trascendente. In un contesto del genere, ogni azione comporta responsabilità morali senza alcuna compromissione. La scelta politica di Pomilio diventa così utopia morale: l’idea di una società più giusta, che percorre in sottofondo la storia e ne è il lievito. Allo stesso modo il suo cristianesimo è inquieto e interrogante, tanto da prospettare il bisogno di una nuova Sacra Scrittura: il mito del Quinto Evangelio.
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SILVESTRI, Filippo. "SUL MEDESIMO E L’ALTRO. TRA FOLLIA E LETTERATURA NELLA PROSPETTIVA SEMIOTICA DI STUDI DI MICHEL FOUCAULT". Signa: Revista de la Asociación Española de Semiótica 30 (6 de enero de 2021): 213. http://dx.doi.org/10.5944/signa.vol30.2021.29306.

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Riassunto: Il rapporto tra il Medesimo e l’Altro rappresenta un leit motiv lungo l’intero arco della ricerca di Foucault. Negli anni Sessanta egli ha certamente tematizzato il problema, affrontandolo da due prospettive. L’altro è tutta la storia della follia dalla fine del Medioevo fino al limite dei primi studi di Freud. L’altro è la scrittura letteraria di Sade, Hölderlin, Nietzsche, Artaud, Bataille, Roussell, Blanchot, Klossowski, tutti insieme convocati su uno scenario filosofico, che si muove ad elastico tra teorie surrealiste della scrittura e dell’opera d’arte e prime forme di uno strutturalismo in pieno svolgimento.Abstract: The relationship between the Self and the Other represents a leitmotiv throughout Foucault’s research. In the sixties, he certainly addressed the issue from two perspectives. The Other is the whole history of madness from the end of the Middle Ages to the limits of Freud’s early studies. The Other is in the literary writings by Sade, Hölderlin, Nietzsche, Artaud, Bataille, Roussell, Blanchot, Klossowski, who are all summoned together on a philosophical scenario which ranges from surrealist theories of writing, and the work of art and first forms of structuralism in full swing.
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Della Ferrera, Leonardo. "Le memorie di Nicola Paravicini De Lunghi fra "liber chronicus" parrocchiale e autobiografia". STORIA IN LOMBARDIA, n.º 2 (diciembre de 2010): 5–46. http://dx.doi.org/10.3280/sil2010-002001.

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In un manoscritto ottocentesco dovuto al sacerdote di un villaggio valtellinese, Nicola Paravicini De Lunghi (1820-1900), si susseguono considerazioni sulla vicenda personale dell'autore, sulla sua attivitŕ come parroco di paese, sulle condizioni sociali della zona e sulle questioni politiche scottanti all'epoca nel rapporto Chiesa - Stato (Roma capitale, soppressione degli ordini religiosi). Il testo indagato fornisce un esempio della ricchezza delle fonti di scrittura primaria, in particolare attraverso l'analisi del ruolo e della preparazione culturale del clero curato dell'Ottocento. Note biografiche: Leonardo Della Ferrera (1965) si č laureato in Architettura al Politecnico di Milano nel 1989 e in Storia presso l'Universitŕ degli Studi di Milano nel 2009; attualmente insegna disegno in un istituto tecnico. E-mail: leonardo.dellaferrera@fastwebnet.it
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Barbato, Elena, Daniela Bennati, Pietrina Guglietti, Leonardo Luzzatto, Valeria Palano y Paola Re. "La scrittura autobiografica come avvicinamento alla storia del bambino. Riflessione su una sperimentazione nell'ambito dell'adozione internazionale". MINORIGIUSTIZIA, n.º 4 (marzo de 2019): 55–69. http://dx.doi.org/10.3280/mg2018-004007.

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Luzi, Alfredo. "La scrittura di Volponi tra natura e storia. Ideologia ed eros in Il lanciatore di giavellotto". Cahiers d’études italiennes, n.º 3 (15 de junio de 2005): 139–53. http://dx.doi.org/10.4000/cei.281.

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Dziadosz, Dariusz. "Boże i ludzkie patrzenie według Wj 2,11-25". Verbum Vitae 16 (14 de diciembre de 2009): 53–84. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1524.

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Quando si parla delia manifestazione visibile di Dio e delia sua grande potenza nella Sacra Scrittura, in visioni profetiche oppure direttamente nella storia del popolo di Israele, si nota subito che non c' e niente che appaghi la curiosita su Dio. Le affermazioni veterotestamentarie sulle teofanie non sono unitarie. Dio appare, faccia a faccia, solo ad Abramo, Isacco, Giacobbe e Mose, ad al tri si manifesta solamente tramite le opere delia sua bonta e giustizia. Per l’Antico Testamento e un fatto scontato che Dio veda e osservi tutti gli uomini per ripagare loro secondo le loro opere. Egli vede la giustizia, ma anche l'ingiustizia, la goia, ma pure il dolore e la sofferenza umana, ed esempre pronto a intervenire quando vengono calpestate regole stabilite da Lui.
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Cuevas, Miguel Ángel. "Note per una lettura sacrale dei David pasoliniani". Cuadernos de Filología Italiana 29 (24 de junio de 2022): 39–46. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.79857.

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La serie palinsestica dei David, testimonianza della storia della scrittura pasoliniana dalle iniziali fino alle ultime prove, fa parte dell’operazione letteraria che meglio rappresenta lo sdoppiamento autoriale in corso pressoché permanente nell’opera di Pasolini, ovvero della riscrittura palinodica delle poesie friulane. Il mio contributo si occupa di uno dei due unici componimenti di cui viene esibita l’inversione speculare attraverso le varianti che articolano stilisticamente il processo della riscrittura. In un quadro di riferimenti consonante con la materia tematica dei riti di morte-rinascita e il ruolo semantico del topos mortuario, il lavoro presenta l’intero corpus, una sorta d’intertesto autotestuale composto da dodici frammenti tra originali friulani e versioni italiane, attraverso l’analisi delle pur minime varianti nella loro valenza di tasselli nella costruzione della serie testuale.
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Serra, Ilaria. "I silenzi dell’autobiografia italoamericana". Mnemosyne, n.º 2 (11 de octubre de 2018): 12. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i2.12023.

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Questo intervento verte sull’interpretazione del vuoto nell’autobiografia, non solo nel contenuto, ma anche nello stile. Le fonti primarie sono un corpus di 58 scritture autobiografiche di emigranti italiani negli Stati Uniti, emigranti di prima generazione, alcuni rimpatriati, altri trapiantati in America. La maggior parte di essi è “gente comune.” Contrapponendo questi lavori (molti dei quali inediti esempi di scrittura popolare) all’autobiografia propriamente americana (modellata sull’esempio di Benjamin Franklyn), propongo un’interpretazione del loro “non detto”. Primo, le stesse autobiografie si pongono come significativa rottura di un silenzio per uomini e donne scomparsi nelle pagine della Storia e diventati numeri su un biglietto d’imbarco. Questo squarcio nel silenzio non è però un urlo, quanto una narrazione sottovoce. E’ un’espressione del tutto originale e non proprio americana di un particolare ethos retorico, quello che chiamerò dell’individualità quieta.
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Pepe, Dunia y Paola Terzaroli. "Le dimensioni dell'apprendimento nella societŕ della conoscenza: il gioco degli specchi". EDUCAZIONE SENTIMENTALE, n.º 15 (diciembre de 2010): 26–50. http://dx.doi.org/10.3280/eds2011-015004.

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La tristezza viene spesso considerata dimensione negativa, elemento di ostacolo alla quotidiana esperienza di vita, tanto da guardare con sospetto, se non disagio, a chi la manifesta. Essa, perň, rimanda anche ad una vibrazione esistenziale inquieta che si rivela necessaria per dare senso alla propria esistenza: č presenza interiore, certo conflittuale, ma quanto mai feconda. In questo articolo, Duccio Demetrio, a partire da una riflessione sull'origine etimologica del termine, indaga il sentimento della tristezza riscoprendone le potenzialitŕ nell'accrescere una vitalitŕ evolutiva necessaria all'autoformazione del soggetto. Č la scrittura di sé che, in questa prospettiva, diviene strumento efficace per riconnettere tale sentimento alla complessitŕ della propria storia di vita, individuando nel disagio che l'accompagna quella pausa di "gestazione del nuovo" che diviene spinta alla creazione ulteriore e che, pertanto, dovrebbe poter contare su di una piů consapevole legittimazione sociale.
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Farinelli, Patrizia. "Le tentazioni di un genere : sul fantastico nella narrativa di Tabucchi". Acta Neophilologica 40, n.º 1-2 (15 de diciembre de 2007): 187–96. http://dx.doi.org/10.4312/an.40.1-2.187-196.

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Nella rielaborazione di Tabucchi del genere fantastico, l'evento strano e inspiegabile non crea una sovrapposizione di due realtà inconciliabili, semmai richiama l'attenzione su una realtà già in partenza permeata di illogico e quindi inafferrabile. Anche l'esitazione del protagonista di fronte a tale evento appare ridotta e di conseguenza limitata la sua ricerca di spiegazioni razionali. La quete del personaggio tabucchiano non si indirizza ali' evento strano e inspiegabile, ma piuttosto al passato ìrrisolto che questo fa riaffiorare. In questo senso i criteri indicati da Todorov come basilari per i riconoscimento del genere non tengono più pienamente. Indubbio è tuttavia che, pur in presenza delle trasformazioni indicate, diverse strategie narrative del fantastico continuano ad essere utilizzate da Tabucchi per costruire una dimensione multipla, sia a livello di storia che di discorso. Proprio perché la scrittura postmodema fa delll' ambiguità momento centrale di riflessione, non può non essere tentata (e sedotta) dal fantastico.
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Masi, Maurizio. "Albino, la scrittura, la nevrosi. Ipotesi in margine all’eziologia nevrotica in Memoriale di Paolo Volponi". Quaderni d'italianistica 40, n.º 1 (4 de mayo de 2020): 99–116. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v40i1.34154.

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Il seguente articolo intende valutare più approfonditamente alcune ipotesi sull’eziologia della nevrosi in Memoriale di Paolo Volponi, partendo proprio dall’originaria definizione di questa fornitaci da Freud. Spesso l’interpretazione del testo è rimasta troppo confinata ad un’esclusiva lettura in chiave di “romanzo familiare”, usando una dicitura strettamente analitica del contesto di riferimento, presentato quale unico fattore da cui scaturirebbe il disturbo nevrotico, ben più complesso e subdolo del previsto o di quanto, superficialmente, emerge dal vissuto di Albino, protagonista in primis ed io narrante della storia ed autore del memoriale. L’articolo, dopo una prima attenta e circostanziata descrizione della realtà interiore del nostro, delle sue attitudini ed aspettative, delle sue incertezze e, soprattutto, dei suoi “mali” fisici e morali che tornano quasi come un refrain nelle pagine e nelle note autobiografiche del romanzo, indaga il nesso molto stretto tra nevrosi, sindrome paranoide ed infezione tubercolotica, sulla base di quanto afferma in maniera profonda e precisa lo psichiatra francese Henri Baruk. La tesi si avvale, inoltre, di una confessione importante ad opera del protagonista che chiarisce bene le scaturigini della sua malattia fisica. Egli afferma, infatti, che la mancanza di una resistenza, di un pensiero “forte” fondato su progetti concreti e meno utopici ed astratti, aveva permesso alla tubercolosi d’insinuarsi inconsciamente e lentamente sotto la sua pelle.
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Lazzarich, Marinko. "La memoria del confine. Il motivo della patria perduta nel romanzo Il cavallo di cartapesta di Osvaldo Ramous". Quaderni d'italianistica 37, n.º 2 (27 de enero de 2018): 125–48. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v37i2.29232.

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Nei testi letterari degli anni 1945–1956 che parlano dell’e­sodo degli italiani dalla città di Fiume il motivo del confine diventa il simbolo della conservazione di un’identità nazionale divisa. Al con­tempo, il tema della terra natale perduta lega direttamente la lette­ratura fiumana a quella mondiale coeva. In questo testo si propone un’analisi della letteratura della migrazione italofona e della questione dell’esodo dalla sponda orientale dell’Adriatico; in particolare, sarà osservato il costituirsi di identità individuali e di gruppo attraverso l’esperienza letteraria di convivenza propria della città di Rijeka (la Fiume di un tempo). Punto focale dell’analisi sarà il multiculturalismo nella scrittura di Osvaldo Ramous (1905–1981), autore che rappresenta la continuità della letteratura italiana autoctona di Fiume, i cui scritti portano la testimonianza dei traumi storici che hanno segnato il destino dei suoi concittadini. Attraverso una lettura critica del romanzo Il cavallo di cartapesta (1969) si tenterà un esame della dimensione estetica e so­ciologica dell’interpretazione delle doppie identità di questa città di frontiera, cosa che, nel contesto di un’Europa contemporanea senza confini interni, rende attuale la questione della tolleranza verso l’altro. di confine, storia, identità repressa, rapporti letterari italo-croati, la questione adriatica.
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Cattoni, Silvia. "La letteratura italiana tradotta in Argentina". Revista de Italianística, n.º 34 (7 de noviembre de 2017): 90. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i34p90-102.

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In due secoli di storia della letteratura argentina, lo sviluppo della letteratura italiana tradotta è in stretto rapporto con i propositi pedagogici o estetici determinati dal contesto culturale dei diversi momenti storici. In linea di massima, è possibile affermare che, dalla conformazione dello Stato nazionale e durante i primi decenni del XX secolo, la traduzione letteraria mirava ad ampliare l’orizzonte culturale di un lettore che si consolidava al ritmo della fiammante nazione. Nelle fasi successive e in stretto rapporto con la politica culturale portata avanti da Victoria Ocampo a partire dal 1931 tramite la rivista Sur e il suo posteriore progetto editoriale, la traduzione è stata soprattutto una pratica di scrittura che ebbe un’influenza decisiva nell’ordito della letteratura nazionale favorendo il suo rinnovo e incentivando le versioni di traduttori argentini. Fu questa un’apertura che favorì, durante la seconda metà del secolo, nel contesto della ricezione della letteratura universale, l’ingresso della letteratura italiana in Argentina. Il presente lavoro tratta in maniera sistematica, ma provvisoria, il panorama della letteratura italiana tradotta in Argentina. Lo scopo principale comporta il registro dei momenti più fecondi e l’interpretazione degli esiti ottenuti nei confronti della traduzione nel sistema letterario nazionale.
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Rosik, Mariusz. "Duch święty - źródło odwagi w głoszeniu Słowa Zbawienia (Dz 4,23-31)". Verbum Vitae 2 (14 de diciembre de 2002): 151–64. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1337.

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L’annuncio della parola di Dio appare come uno dei temi più importanti della teologia di Luca-Atti. Il tema che abbiamo scelto per il nostro studio ci spinge ad esaminare determinate caratteristiche degli Atti 4,23-31. Lo scopo del nostro lavoro è quello di dimostrare, che durante le persecuzioni, Dio aiutava la comunità cristiana che si radunava in preghiera, e che questa preghiera faceva scendere lo Spirito Santo e incoraggiava i credenti ad annunciare la parola di Dio. Dopo aver stabilito la struttura interna della pericope proseguiamo con la spiegazione del testo. I successivi elementi della struttura degli Atti 4,23-31 mettono in risalto diverse caratteristiche che poi compongono questo messaggio principale del brano. L’introduzione della preghiera sottolinea il suo aspetto comunitario. L’invocazione presenta l’immagine di Dio come despo,thj, il Creatore universale e colui che parla attraverso la Scrittura. Egli porta avanti la storia della salvezza. La citazione di Sal 2,1-2 interpreta le persecuzioni contro il Messia di Dio. L’esplicazione di questa citazione afferma l’identità messianica di Cristo e applica il Sal 2,1-2 alla vita della comunità. Così l’evangelista mette in rilievo tre fatti: che le promesse, le profezie e le speranze dell’Antico Testamento si sono compiute in Gesù; che le persecuzioni contro Gesù e i suoi seguaci erano previste da Dio, dunque fanno parte del suo piano salvifico; e che Dio continua ad operare nella storia dei cristiani come ha agito nella vita del suo Unto. Le richieste rivolte a Dio Padre si concentrano sull’annuncio della parola di Dio nonostante le „loro minacce” e le persecuzioni. La risposta del Padre, accompagnata dal segno della scossa, consiste nella discesa dello Spirito Santo e nel dono della parrhsi,a per la proclamazione della buona novella.
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