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Artículos de revistas sobre el tema "STORIA DELLA RAPPRESENTAZIONE"

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Martone, María. "Paesaggi culturali intesi come integrazione di processi dinamici: il vomero da luogo di delizie a luogo urbano". Norba. Revista de Arte, n.º 41 (26 de enero de 2022): 117–42. http://dx.doi.org/10.17398/2660-714x.41.117.

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Il contributo illustra, attraverso gli strumenti della rappresentazione e del rilievo, le trasformazioni che il paesaggio della collina del Vomero a Napoli ha subito nel corso della storia, passando da "luogo di delizie" a "luogo urbano", continuando a caratterizzare il paesaggio dell’intera città. A tale scopo, si è ritenuto importante riconoscere e identificare, in uno spazio fisico, vissuto ed eterogeneo di un luogo, nel caso specifico, della collina del Vomero, i paesaggi culturali che contengono sia i segni del passato che quelli della contemporaneità. Delineare, quindi, quei processi dinamici che rappresentano la storia degli insediamenti umani in continua trasformazione, significa anche delineare il nostro patrimonio identitario, la cui conoscenza è necessaria per ritrovare il racconto di “chi siamo” e di “chi eravamo” e per costruire il futuro delle nuove generazioni.
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Corona, Gabriella. "Paolo Frascani e le trasformazioni storiche dei mari italiani". SOCIETÀ E STORIA, n.º 126 (marzo de 2010): 669–72. http://dx.doi.org/10.3280/ss2009-126004.

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L'Italia e il mare di Paolo Frascani Questo volume vuole essere la storia del recupero dell'identitÀ marittima dell'Italia otto-novecentesca, dopo un declino durato parecchi secoli che aveva visto l'Italia comunale, l'Italia delle Repubbliche Marinare progressivamente perdere il suo primato sul mare. Si racconta il processo di recupero del mare nella rappresentazione dell'Italia come nazione dando conto di come questo avviene nell'ambito del dibattito culturale, politico, istituzionale, facendo riferimento ai valori, ai sensi di appartenenza, ai modelli identitari e impiegando materiali molto diversi: la letteratura storiografica, la narrativa, la pubblicistica coeva, le fonti audiovisive, il cinema e cosě via. Ma al di lÀ dei propositi l'autore mostra l'urgenza ed il piacere di raccontare il mare liberamente dandone conto in maniera piů ampia. Nel dipanare il suo racconto Frascani non perde di vista le trasformazioni territoriali, demografiche, sociali ed economiche e da questo punto di vista il libro č anche la storia dei fattori che hanno determinato i processi di trasformazione attraverso i quali si sono venuti configurando i mari e le coste cosě come si presentano a noi oggi. Molte le questioni problematiche: la complessitÀ della periodizzazione, il ruolo delle scale geografiche, il mutamento nella percezione storica dei valori ambientali, i rischi di una nuova rappresentazione ideologica.
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3

Camposano, Raffaele. "Storia della Polizia di Stato in Dura Lex sed Lex". SOCIETÀ E STORIA, n.º 173 (noviembre de 2021): 523–31. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173005.

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I sette contributi che compongono il dossier sono l'esito di un seminario tenutosi presso l'Università degli studi di Milano nell'ambito delle attività del Cepoc (Centro per lo studio delle polizie e del controllo del territorio). In quella occasione si sono discussi quattro volumi di recente pubblicazione (editi tra 2018 e 2019) aventi per oggetto diversi aspetti di storia delle polizie in Italia in età contemporanea, con la partecipazione sia degli autori e curatori dei volumi, sia di studiosi della materia. Ne esce un quadro articolato e problematizzato degli indirizzi secondo i quali in Italia si va consolidando una storiografia dedicata a questi temi, sin qui relativamente trascurati con riferimento all'età contemporanea. Nello stesso tempo si offrono numerosi spunti, utili a stimolare nuove linee di ricerca. In questo contributo l'autore argomenta i motivi alla base del volume a cura di Raffaele Camposano e Fabio Santilli, Dura Lex sed Lex. Storia e rappresentazione della polizia di Stato dal 1852 alla riforma del 1981, offrendone un profilo.
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Azzarelli, Andrea. "Per una storia delle polizie in epoca contemporanea. Alcune riflessioni a partire da due recenti volumi". SOCIETÀ E STORIA, n.º 173 (noviembre de 2021): 546–55. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173008.

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I sette contributi che compongono il dossier sono l'esito di un seminario tenutosi presso l'Università degli studi di Milano nell'ambito delle attività del Cepoc (Centro per lo studio delle polizie e del controllo del territorio). In quella occasione si sono discussi quattro volumi di recente pubblicazione (editi tra 2018 e 2019) aventi per oggetto diversi aspetti di storia delle polizie in Italia in età contemporanea, con la partecipazione sia degli autori e curatori dei volumi, sia di studiosi della materia. Ne esce un quadro articolato e problematizzato degli indirizzi secondo i quali in Italia si va consolidando una storiografia dedicata a questi temi, sin qui relativamente trascurati con riferimento all'età contemporanea. Nello stesso tempo si offrono numerosi gli spunti, anche in chiave utili a stimolare nuove linee di ricerca. In questo contributo l'autore discute in particolare il volume di Michele Di Giorgio, Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969-1981), e il volume, curato da Raffaele Camposano e Fabio Santilli, Dura lex sed lex. Storia e rappresentazione della Polizia di Stato dal 1852 alla Riforma del 1981.
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Golinelli, Paola. "The Kid di Charlie Chaplin: storia di un capolavoro. Dal trauma alla creatività". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2022): 126–33. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-002007.

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Sfogliando l'autobiografia di Chaplin e il lungo e sofferto racconto dei traumi che hanno costellato la sua infanzia, l'autrice cerca nelle esperienze miserevoli vissute nell'ambiente del vaudeville, le radici del suo bisogno di fantasticare e creare nuove rappresentazioni che gli permettano di elaborare i lutti patiti. Il suo appare, data l'ampiezza del-la sua produzione artistica, un "ostinato" bisogno di sopravvivere psichicamente. I genitori lavoravano insieme in teatro ed egli aveva frequentato il palcoscenico fin da bambino insieme al fratello; per lui il mondo della rappresentazione era indissolubilmente legato all'esperienza vivificante della coppia genitoriale unita nella comune passione, che la madre terrà viva con i suoi racconti fantastici, e che rimarrà impressa nella memoria del bambino Chaplin, anche dopo la perdita del padre per alcolismo e abbandono e della madre per i suoi ricoveri ospedalieri. Da questo nucleo di memorie vitali nascerà l'indimenticabile personaggio di Charlot, che assume in sé e sintetizza la miseria delle origini e la straordinaria energia per continuare a narra-re e così ricostruire la famiglia perduta e ritrovata, in particolare, per ricomporre la coppia padre e figlio, alla quale è dedicato in buona par-te "Il monello". Il suo amore per Dickens, in particolare per Oliver Twist, gli offrono il background letterario per costruire il suo personaggio più famoso ed amato, Charlot appunto.
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Avalli, Andrea. "La "razza aquilina". Gli Etruschi tra razzismo fascista, razzismo nazista e Chiesa cattolica". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 297 (enero de 2022): 208–35. http://dx.doi.org/10.3280/ic297-oa2.

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In questo articolo, l'autore si propone di dimostrare che l'ispirazione scientifica e ideologica delle singole correnti razziste della cultura fascista, e il loro rapporto con la Chiesa cattolica e con le correnti del razzismo nazista coevo, possano essere approfonditi utilizzando come caso di studio l'interpretazione della questione delle origini etrusche. In particolare, la discordia sulla valutazione razziale degli Etruschi rappresenta un illuminante caso di distinzione tra il razzismo "biologico" e quello di ispirazione anticristiana e non-biologista. La rappresentazione negativa degli Etruschi divulgata da Alfred Rosenberg, funzionale alla negazione della legittimità razziale della Chiesa cattolica, è ripresa in Italia da filosofi fascisti di ispirazione anticristiana come Julius Evola e Giulio Cogni. Al contrario, il gruppo razzista "biologico" de "La Difesa della razza" ripropone la formula etruscologica di Eugen Fischer sulla 2razza aquilina2, per includere gli Etruschi all'interno della storia razziale italiana e per evitare uno scontro ideologico con la Chiesa.
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Braga, Paolo. "Il racconto inclusive della disabilità e dell’autismo: i casi delle serie TV Speechless e Atypical". Medicina e Morale 69, n.º 1 (20 de abril de 2020): 23–47. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2020.606.

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L’articolo muove da una panoramica sulle criticità che storicamente hanno segnato il racconto audiovisivo della disabilità. Come mostrano report sull’industria cinetelevisiva e come sottolineano i Disability Studies, accanto ad una rappresentazione insufficiente della disabilità, c’è, quando l’argomento è affrontato, il diffuso scadimento nello stereotipo. A partire da questo dato generale, l’articolo considera la recente categoria critica dell’«inspiration porn». Coniata dagli attivisti dei diritti alla pari dignità, denuncia quei prodotti culturali in cui la persona con disabilità è riduttivamente ritratta al solo fine di suscitare i buoni sentimenti, l’auto-stima, la gratificazione del pubblico che non ha disabilità. Tuttavia, nell’offerta televisiva internazionale segnali di un’inversione di tendenza sono riscontrabili. L’articolo analizza due serie, Speechless e Atypical, che hanno provato a migliorare lo storytelling improntandolo al valore dell’inclusione. L’analisi, che incrocia un approccio etico di fondo con la prospettiva più tecnica della sceneggiatura, si concentra su due aspetti: come la storia rende conto del punto di vista della persona con disabilità, così da rivelare la complessità della sua esperienza personale; come la storia presenta l’inclusione come un obiettivo socialmente conseguibile e motivante. In sede di conclusioni, sulla scorta della differente qualità riscontrata nelle due serie, l’articolo suggerisce tre criteri generali per l’eticità del racconto sulla disabilità: il realismo referenziale, per una rappresentazione fedele al dato medico-terapeutico-sociale; il realismo ottativo, cioè una declinazione proattiva del dramma; il realismo antropologico, cioè l’attribuzione ad azioni e relazioni del loro significato oggettivo entro un disegno esaustivo di completamento personale.
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Mazzone, Stefania. "Sovranità come narrazione in Paul Ricoeur". Aoristo - International Journal of Phenomenology, Hermeneutics and Metaphysics 2, n.º 2 (20 de septiembre de 2019): 173–86. http://dx.doi.org/10.48075/aoristo.v2i2.23258.

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L’articolo intende evidenziare attraverso l’analisi di alcune opere specifiche di Paul Ricoeur -quelle che indagano i rapporti tra storia e verità, identità e oblio-la relazione in cui l’autore pone la costruzione dell’identità individuale in quanto processo metaforico e performativo e quella dell’identità collettiva in quanto espressione drammatica, con i processi narrativi, che riguardano le percezioni individuali e le raffigurazioni sociali. Ne consegue una teoria della rappresentazione dell’alterità, della costruzione identitaria e della narrazione della sovranità che impiega le categorie ermeneutiche ed euristiche di una fenomenologia in trasformazione dinamica. In questa prospettiva, si rinviene la posizione funzionale di concetti in definizione quali la memoria, il ricordo, l’oblio, in relazione al rapporto tra l’individuo e la sua storia, così come di una comunità col proprio racconto. Ne emerge una concezione della sovranità quale metafora di identità in bilico che Ricoeur considera stabilizzarsi solo nell’equilibrio delle alterità e nello scambio delle narrazioni. Ne consegue la necessità di una riorganizzazione filosofica, politica, ma anche storiografica quale urgenza di ridefinizione continua e permanente del mito narrativo, in un confronto incessante e vitale con le narrazioni individuali e collettive degli altri. Lo stesso monito etico e politico che Ricoeur ci lascia nei suoi ultimi scritti.
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Cornelli, Roberto. "Spunti dalla storia per una teoria della polizia". SOCIETÀ E STORIA, n.º 173 (noviembre de 2021): 565–74. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173010.

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I sette contributi che compongono il dossier sono l'esito di un seminario tenutosi presso l'Università degli studi di Milano nell'ambito delle attività del Cepoc (Centro per lo studio delle polizie e del controllo del territorio). In quella occasione si sono discussi quattro volumi di recente pubblicazione (editi tra il 2018 e il 2019) aventi per oggetto diversi aspetti di storia delle polizie in Italia in età contemporanea, con la partecipazione sia degli autori e curatori dei volumi, sia di studiosi della materia. Ne esce un quadro articolato e problematizzato degli indirizzi secondo i quali in Italia si va consolidando una storiografia dedicata a questi temi, sin qui relativamente trascurati con riferimento all'età contemporanea. Nello stesso tempo si offrono numerosi gli spunti, anche in chiave interdisciplinare, utili a stimolare nuove linee di ricerca. In questo contributo l'autore discute i volumi di Michele Di Giorgio, Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969-1981), e di Laura Di Fabio, Due democrazie, una sorveglianza comune. Italia e Repubblica Federale Tedesca nella lotta al terrorismo interno e internazionale (1967-1986), nonché Salvatore Ottolenghi, Una cultura professionale per la polizia dell'Italia liberale e fascista. Antologia degli scritti (1883-1934), a cura di Nicola Labanca e Michele Di Giorgio, e Dura lex sed lex. Storia e rappresentazione della Polizia di Stato dal 1852 alla Riforma del 1981, a cura di Raffaele Camposano e Fabio Santilli.
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Ingravallo, Tiziana. "CORPI E STORIA IN BRING UP THE BODIES DI HILARY MANTEL". Revista Internacional de Culturas y Literaturas, n.º 21 (2018): 202. http://dx.doi.org/10.12795/ricl.2018.i21.15.

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Il contributo propone una interpretazione del romanzo storico di Hilary Mantel, Bring up the Bodies, con una particolare enfasi sulla rappresentazione del corpo che apre nuove prospettive sulla costruzione storica della soggettività femminile. Parole chiave: romanzo storico, ritratto, corpo, soggettività femminile.
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Ferber, Magnus Ulrich. "Zwischen München und Rom". Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, n.º 1 (20 de diciembre de 2017): 394–410. http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2017-0022.

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Riassunto Il carteggio del gesuita Matthaus Rader, nato nella Germania meridionale, rappresenta non solo una fonte importante per lo studio della storia culturale bavarese, ma offre anche un’importante testimonianza per il transfer culturale tra l’Italia e la Germania all’inizio del XVII secolo. I suoi progetti editoriali sia filologici che storici spesso necessitavano, nel contesto delle procedure di censura interne all’ordine, dell’approvazione da parte della curia generalizia. Da cio derivava un regolare scambio epistolare con la Citta eterna che apriva a Rader l’accesso a manoscritti rari, conservati a Roma, e lo metteva in contatto con i bibliotecari locali. Tali rapporti facevano di lui un importante interlocutore per viaggiatori diretti da Roma verso la Baviera, ad esempio Leone Allacci, il quale nel 1623 avrebbe dovuto trasferire i fondi della Palatina in Italia. La posizione di Rader come storiografo ufficiale della corte bavarese comportava che egli propagasse a Roma la visione storica del suo committente, il duca Massimiliano I. Il contrasto provocato da Abraham Bzowski con Massimiliano per la rappresentazione dell’imperatore Ludovico IV nei suoi Annales ecclesiastici porto Rader sull’orlo di un conflitto con il preposito generale dei gesuiti, Vitelleschi; in tale cornice si concepi piuttosto come attore sullo sfondo della politica culturale bavarese.
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Ferber, Magnus Ulrich. "Zwischen München und Rom". Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, n.º 1 (1 de diciembre de 2017): 394–410. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2017-0022.

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Riassunto Il carteggio del gesuita Matthäus Rader, nato nella Germania meridionale, rappresenta non solo una fonte importante per lo studio della storia culturale bavarese, ma offre anche un’importante testimonianza per il transfer culturale tra l’Italia e la Germania all’inizio del XVII secolo. I suoi progetti editoriali sia filologici che storici spesso necessitavano, nel contesto delle procedure di censura interne all’ordine, dell’approvazione da parte della curia generalizia. Da ciò derivava un regolare scambio epistolare con la Città eterna che apriva a Rader l’accesso a manoscritti rari, conservati a Roma, e lo metteva in contatto con i bibliotecari locali. Tali rapporti facevano di lui un importante interlocutore per viaggiatori diretti da Roma verso la Baviera, ad esempio Leone Allacci, il quale nel 1623 avrebbe dovuto trasferire i fondi della Palatina in Italia. La posizione di Rader come storiografo ufficiale della corte bavarese comportava che egli propagasse a Roma la visione storica del suo committente, il duca Massimiliano I. Il contrasto provocato da Abraham Bzowski con Massimiliano per la rappresentazione dell’imperatore Ludovico IV nei suoi Annales ecclesiastici portò Rader sull’orlo di un conflitto con il preposito generale dei gesuiti, Vitelleschi; in tale cornice si concepì piuttosto come attore sullo sfondo della politica culturale bavarese.
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Celsan, Lavinia. "Il cibo e lo sguardo". PSICOBIETTIVO, n.º 3 (diciembre de 2021): 128–31. http://dx.doi.org/10.3280/psob2021-003008.

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Nel commento al caso clinico, la storia di G. viene riletta sottolineando l'importanza del corpo come dimensione relazionale e lo sguardo altrui come veicolo attraverso il quale la paziente costruisce la propria immagine corporea. All'interno della relazione terapeutica, G. può fare esperienza di un nuovo modo di entrare in contatto con l'altro, il cui sguardo fatto anche di gioco ed errori permette alla paziente di iniziare un proprio percorso di integrazione della rappresentazione di sé.
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Milandri, Flavio. "Paesaggio e orizzonti: San Marino, uno sguardo inatteso. Introduzione". RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, n.º 3 (septiembre de 2011): 11–14. http://dx.doi.org/10.3280/sa2011-003002.

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L'ipermodernitŕ avanza col suo carico di flussi e luoghi, storie e Storia, pericoli e opportunitŕ. Il tessuto sociale in dialogo con queste dimensioni sta ripensando nei fatti l'idea stessa di confine e presto dovrŕ mettere mano anche all'idea di comunitŕ da tempo dissolta ed evoluta. In questo numero monografico della rivista affronteremo daunache ai piů parrŕ inattesa. La rappresentazione proposta attraverso sei saggi č quella del paesaggio di San Marino coniugata al futuro attraverso lo sguardo di esperti o ricercatori che, attraversando liberamente sia le frontiere tra saperi e specialismi sia i confini fisici e mentali, porta una visione insolita che č di impegno, studio, ricerca ma che dialoga con la complessitŕ e le parti sociali. In queste pagine si coglie l'invito a guardare di nuovo il cielo, con il luccichio dell'intelligenza, della passione, della conoscenza e con alcune proposte per una nuova saggezza, in una nuova era.
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Bragantini, Irene. "Quadri con la rappresentazione della storia di Admeto e Alcesti". Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité 113, n.º 2 (2001): 799–822. http://dx.doi.org/10.3406/mefr.2001.9659.

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Cicali, Gianni. "L'occultamento del principe. Lorenzo il Magnifico e il Barlaam e Josafat di Bernardo Pulci". Quaderni d'italianistica 27, n.º 2 (1 de junio de 2006): 57–70. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v27i2.8578.

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Il Barlaam e Josafat di Bernardo Pulci rappresenta sia un interessante testo drammaturgico, sia un altrettanto originale e interessante sottotesto encomiastico di Lorenzo il Magnifico. Rappresentata nel 1474, come evidenziato da alcuni documenti d'archi-vio, la trama di questa sacra rappresentazione altro non è che la storia di Siddharta poi detto il Buddha tradotta in greco, e poi cristianizzata e circolata in Europa attraverso numerosi manoscritti. Trasformati i personaggi principali nei santi Barlaam e Josafat, un eremita e un giovane principe (alias il Siddharta della fonte), la leggenda venne inclusa nella sua Legenda Aurea da Varagine. Pulci, anche seguendo un gusto per l'orientalismo successivo al concilio delle chiese d'Oriente e d'Occidente tenutosi a Firenze nel 1439, riesce a intessere all'interno di una sacra rappresentazione, andata in scena in S. Marco, e dunque nella sfera d'influenza culturale e politica dei Medici, una raffinatissima trama encomiastica, ma anche un ancor più abile sottotesto politico tutto in favore delle manovre condotte dal Magnifico in quegli anni.
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Lanslots, Inge. "Gli ingranaggi della memoria del G8 2001 in Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 51, n.º 1 (17 de febrero de 2017): 112–32. http://dx.doi.org/10.1177/0014585816682489.

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Il presente contributo propone l’analisi di Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova di Francesco Barilli e Manuel De Carli (2011), che a dieci anni di distanza rielabora la memoria degli eventi del G8 2001 tramite quella della figura di Carlo Giuliani. Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova, edito da BeccoGiallo, vuole essere una contronarrazione alla versione ufficiale dei fatti inscrivendosi nel sottogenere del docunovel, nel senso che si presenta come una narrazione grafica che si serve delle modalità di rappresentazione tipiche del documentario e della finzione. L’analisi del docunovel partirà dalla rappresentazione della figura di Carlo Giuliani la cui morte viene descritta come un evento tragico e traumatico tipico dell’ingiustizia che caratterizza la storia italiana contemporanea, ma che poi viene collegata ad altri eventi storici altrettanto traumatici. Si metteranno in rilievo le specificità contenutistiche e le strategie narratologiche del docunovel, ma anche l’importanza del fitto apparato paratestuale che iscrive la morte di Giuliani in un contesto storico prettamente italiano. La contestualizzazione porterà anche al confronto di Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova con altre narrazioni fumettistiche nella misura in cui tutte sembrano rifarsi alla stessa iconografia. L’analisi del docunovel farà emergere le peculiarità del discorso commemorativo evocato dalla scomparsa di Carlo Giuliani e gli eventuali effetti performativi sul lettore.
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Di Barbora, Monica. "Nuove frontiere per la storia di genere". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 258 (septiembre de 2010): 121–25. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-258008.

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Il V congresso della Societŕ italiana delle storiche (Sis) ha avuto come tema le "Nuove frontiere per la storia di genere". In apertura, Pauline Schmitt Pantel e Françoise Thébaud hanno ripercorso i vent'anni di pratica della storiografia di genere, individuandone assi portanti, elementi problematici e possibili linee di sviluppo. Un secondo momento di confronto collettivo ha riguardato il passaggio del testimone (e i mutamenti di prospettiva che esso implica), da una prima generazione di studiose impegnate ad aprire la strada alla prospettiva di ricerca femminile e direttamente coinvolte nell'impegno femminista degli anni settanta a una giovane generazione meno politicamente impegnata. Marta Petrusewicz, infine, ha analizzato i dibattiti ottocenteschi sul conflitto tra Terra e Capitale, sottolineandone il radicamento negli stereotipi di genere. Le numerose sessioni tematiche hanno posto in rilievo, spesso in ottica di confronto con altre realtŕ nazionali, alcuni snodi forti dei gender studies: il corpo e la sua cura; la partecipazione femminile alla sfera pubblica; la relazione tra donne e lavoro e tra donne e devianza; la rappresentazione del femminile; l'apertura all'approccio queer. Il congresso ha bene evidenziato la ricchezza e le difficoltŕ che nascono dal tentativo di far colloquiare discipline portatrici di metodologie e semantiche differenti.
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Wiseman, T. P. "The she-wolf mirror: an interpretation". Papers of the British School at Rome 61 (noviembre de 1993): 1–6. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009910.

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LO SPECCHIO DELLA LUPA: UNA INTERPRETAZIONELo specchio prenestino del IV secolo a.C. che raffigura la lupa con i gemelli, la cui autenticità è stata sostenuta da Adam e Briquel nel 1982, è stato generalmente interpretato come una rappresentazione della storia di Romolo e Remo. Di fatto considerazioni sulla presenza di altre figure nel disegno portano ad un'ipotesi diversa: vale a dire che i gemelli siano i Lares Praestites, ed i testimoni della scena siano Mercurio (Hermes) e Lara (Dea Tacita), genitori dei bambini; Pan Lykaios e Quirinus, che rappresentano i Lupercalia e i Quirinalia; ed una bestia selvatica (fera) che rappresenta i Feralia.
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Mori, Simona. "Polizia e società italiana fra Otto e Novecento: spunti da alcuni studi recenti". SOCIETÀ E STORIA, n.º 173 (noviembre de 2021): 575–89. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-173011.

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I sette contributi che compongono il dossier sono l'esito di un seminario tenutosi presso l'Università degli studi di Milano nell'ambito delle attività del Cepoc (Centro per lo studio delle polizie e del controllo del territorio). In quella occasione si sono discussi quattro volumi di recente pubblicazione (editi tra 2018 e 2019) aventi per oggetto diversi aspetti di storia delle polizie in Italia in età contemporanea, con la partecipazione sia degli autori e curatori dei volumi, sia di studiosi della materia. Ne esce un quadro articolato e problematizzato degli indirizzi secondo i quali in Italia si va consolidando una storiografia dedicata a questi temi, sin qui relativamente trascurati con riferimento all'età contemporanea. Nello stesso tempo si offrono numerosi gli spunti, anche in chiave utili a stimolare nuove linee di ricerca. In questo contributo l'autrice discute i volumi di Michele Di Giorgio, Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969-1981), e di Laura Di Fabio, Due democrazie, una sorveglianza comune. Italia e Repubblica Federale Tedesca nella lotta al terrorismo interno e internazionale (1967-1986), nonché Salvatore Ottolenghi, Una cultura professionale per la polizia dell'Italia liberale e fascista. Antologia degli scritti (1883-1934), a cura di Nicola Labanca e Michele Di Giorgio, e Dura lex sed lex. Storia e rappresentazione della Polizia di Stato dal 1852 alla Riforma del 1981, a cura di Raffaele Camposano e Fabio Santilli.
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Ingarao, Giulia. "Javier Garcerá. L’insider del paesaggio". Boletín de Arte, n.º 35 (31 de octubre de 2014): 159–68. http://dx.doi.org/10.24310/bolarte.2014.v0i35.3375.

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Il testo analizza l’opera dell’artista Javier Garcerá dalla ne degli anni novanta ad oggi. Nella sua ricerca è centrale il tema «paesaggio», inteso come scenario del mondo in cui si consuma la diatriba tra natura e cultura. L’analisi delle diverse serie pittoriche realizzate a partire dal 1999 mostra come l’artista abbia condotto un’indagine parallela alla storia della rappresentazione del paesaggio, ripercorrendone ambiguità ed evoluzioni. Dalla natura sublime del romanticismo e la nascita delle scienze borghesi si passa all’a ermarsi della fotogra a come alternativa competitiva nella rappresen- tazione del mondo. Lo studio di Garcerá attraversa anche le avanguardie, attingendo alla velocità e mobilità di visione del Futurismo e al desiderio di contemplazione della pittura or ca o del più tardo Color Field. Javier Garcerá, metabolizza tutta questa informazione traducendola in immagine viva, cangiante e, attraverso il ricercato uso delle luci e di tessuti preziosi, raggiunge nelle sue opere una soluzione estetica che o re un’alternativa valida all’atro a del paesaggio del XX secolo: il fruitore cessa di essere spettatore passivo per diventare parte viva del paesaggio.
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Manganaro, Andrea. "Giovanni Verga cent'anni dopo: il potere di chi giudica, lo straniamento, e la sua “terza via”". Italica 99, n.º 2 (1 de junio de 2022): 222–40. http://dx.doi.org/10.5406/23256672.99.2.05.

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Abstract In occasione del centenario della morte di Giovanni Verga (1922–2022), dopo aver proposto una riflessione sulla storia dell'interpretazione e sulle attuali prospettive di indagine, il contributo esamina come la rinuncia dell'autore a “giudicare” sia compensata dalla rappresentazione (in alcune novelle e ne I Malavoglia), del potere che esercita sugli individui il giudizio, sia quello della collettività, sia quello dell'autorità. La reticenza del giudizio dell'autore è parimenti colmata dallo straniamento, determinato non soltanto dalla delega narrativa, ma anche dalla molteplicità dei punti di vista, che implicano per il lettore una ancor più necessaria assunzione di responsabilità.
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Resta, Eligio. "Tra generazioni". Revista do Direito 1, n.º 54 (8 de enero de 2018): 2. http://dx.doi.org/10.17058/rdunisc.v1i54.12148.

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Giochi sottili quelli che si instaurano tra tempo della vita, di “una”, di “ogni” vita, e tempo del mondo, di quel “mondo” che astrae, sovrasta, trascende, comprende dentro di sé la vita. Rimandano a una sorta di complicità rivale tra le biografie e la storia, nella quale si annodano i complessi intrecci del plurale del multiversum e del singolare dell’universum. Si separano e si ricongiungono, si allontanano avvicinandosi, scelgono campi diversi condividendo lo stesso spazio. Così, inaspettatamente, disegnano percorsi sempre diversi e sempre uguali. Potremo leggerli nell’ottica della “giustizia”, così come potremo parlarne attraverso l’ottica della “tradizione” o della rappresentazione del “tempo”. Scopriremo così, sempre, che il “nostro tempo”, come ha scritto Derrida, è il tempo del quale non potremo tanto facilmente parlare del nostro tempo
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ZUCCOLI, MARINA y FABRIZIO BNOLI. "STRUMENTARIA". Nuncius 14, n.º 1 (1999): 201–12. http://dx.doi.org/10.1163/182539199x00814.

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Abstracttitle RIASSUNTO /title Scopo del presente articolo di sottolineare l'importanza dell'astronomo italiano Giovanni Antonio Magini (1555-1617), tramite la descrizione di due quadranti da lui realizzati. Questo tipo di strumenti aveva molteplici usi, in astronomia, topografia, cartografia e matematica. Magini si occup di tutte queste discipline in qualit di docente di Astronomia all'Universit di Bologna e scrisse al riguardo numerose opere, quali l'Italia (una rappresentazione cartografica dell'Italia) e le Ephemerides. Attraverso la storia dei possessori di questi quadranti, che giunge fino a tempi recenti, si riconosce come fossero apprezzati non solo per il loro aspetto artistico, ma anche come testimonianze della qualit della produzione strumentale di Magini.
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Marchiori, Laura. "Medieval wall painting in the church of Santa Maria in Pallara, Rome: the use of objective dating criteria". Papers of the British School at Rome 77 (noviembre de 2009): 225–55. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200000088.

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Le pitture medievali nella chiesa di Santa Maria in Pallara hanno ricevuto poca attenzione da parte degli studiosi, forse per via dell'incertezza della loro datazione; infatti non si possiede nessuna indipendente documentazione letteraria per la loro realizzazione. Tradizionalmente datati al X secolo, le pitture mostrano un'iconografia più comune nei contesti del XII e XIII secolo, una rappresentazione di Apostoli seduti sulle spalle dei Profeti, che senza dubbio contribuiscono alla loro dimenticanza, visto che i monumenti più tardi sono ben documentati. Comunque, l'iconografia deriva dalle tradizioni romane della decorazione ecclesiastica, tradizioni che possono essere utilizzate in un'analisi delle pitture al fine di arrivare ad una datazione indipendente basata solo sulla loro forma e contenuto. Seguendo una metodologia sviluppata da John Osbornc per la datazione di pitture medievali prive di documentazione a Roma, questo articolo analizza i criteri obicttivi di datazione delle pitture di Santa Maria in Pallara; tali criteri sono la messa in opera, la funzione, il soggetto, le iscrizioni e la tecnica pittorica. Simili analisi suggeriscono che per le pitture è possibile una data al X secolo, che sono ben classificate nella storia della tecnica pittorica di Roma tra monumenti sicuramente datati al IX secolo e quelli datati all'XI e XII secolo.
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Spadaro, Carmela Maria. "A Deo Coronato. Sovranità cristiforme e rappresentazioni del potere nel Regno di Napoli tra Normanni, Angioini e Borbone". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 7–38. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19249.

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Il Cristo Pantocratore assunto come modello iconografico per rappresentare la sovranità nel Regnum Siciliae in età normanno-sveva, lasciava il posto in età angioina alla paupertas che, per effetto della predicazione francescana accolta dai sovrani napoletani, diventava elemento ineludibile di legittimità del potere regio. In una lettera scritta dal frate francescano Angelo Clareno a Filippo di Majorca, fratello della regina Sancha di Napoli, sono delineati i caratteri del sovrano cristiforme, che esercita il potere in qualità di amministratore del Regno, il cui unico titolare è Cristo: a Deo coronato è solo il sovrano che si fa povero, spogliandosi di ogni brama di potere e volontà di dominio ed usando le ricchezze pubbliche al solo scopo di provvedere alle necessità dei sudditi. La novitas francescana incentrata sul precetto del sine proprio codificato nella Regola di Francesco di Assisi, mutava la rappresentazione e le prospettive della sovranità, introducendo nel diritto pubblico del Regno concetti giuridici destinati ad ampliare la gamma dei significati di proprietas e di dominium. Con sguardo retrospettivo ed in continuità con la tradizione del Regno, l’ultimo re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone faceva appello agli antichi diritti del trono di Ruggero e di Carlo III per difendere la legittima sovranità delle Due Sicilie, richiamando così l’immagine del sovrano a Deo coronato la cui condotta politica non poteva che ispirarsi al modello della christiformitas: una prospettiva della sovranità che di lì a poco sarebbe stata travolta dagli eventi rivoluzionari in corso in tutta Europa, dei quali tuttavia potrebbe fornire un’inedita chiave di lettura, proponendosi come momento di riflessione sulla storia italiana ed europea degli ultimi due secoli.
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Ciotti, Fabio y Alberto Baldi. "Macchine per leggere: promuovere la lettura con il distant reading". ENTHYMEMA, n.º 30 (2 de enero de 2023): 173–92. http://dx.doi.org/10.54103/2037-2426/19557.

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Questo articolo presenta il progetto Macchine per leggere, nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Studi letterari, filosofici e di storia dell’arte dell’Università di Roma “Tor Vergata” e il Centro per il Libro e la Lettura del MiC. Scopo del progetto è la realizzazione di un ambiente digitale (desktop e mobile) che introduca gli studenti della scuola secondaria di secondo grado alla conoscenza e all’utilizzo delle tecniche di analisi computazionale dei testi, qui proposte come spunto per accostarsi alla lettura dei classici della letteratura italiana (tra gli altri che saranno resi disponibili sul sito, Il piacere, I Malavoglia, Il fu Mattia Pascal…). L’approccio del distant reading e gli strumenti informatici per l’analisi e la rappresentazione dei corpora e per il text mining (word cloud, indici di frequenza di termini e sintagmi, topic modeling, sentiment e network analysis), uniti ad altre risorse come la geolocalizzazione su mappe digitali dei luoghi letterari, saranno presentati sia come metodo per simulare in ambiente virtuale reading strategies, che come modelli per integrare le prassi ermeneutiche tradizionali – close reading. In una sezione del sito dedicata, gli algoritmi di cui si darà dimostrazione saranno a disposizione degli studenti in forma di web app, così che possano sperimentare in autonomia e su altri testi in loro possesso l’approccio distant proposto nell’ambito del progetto.
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Bender, Niklas. "Zum Verhältnis von Staat und Religion bei Dante: Das heikle Beispiel König Sauls". Deutsches Dante-Jahrbuch 97, n.º 1 (24 de octubre de 2022): 83–108. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2022-0002.

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Riassunto L’opera dantesca è attraversata da un rapporto conflittuale tra pensiero politico e religioso, tra monarchia universale (concetto chiave nella Monarchia) e visione religiosa del mondo (essenziale alla Commedia). La vicenda di Saul occupa una posizione di rilievo in questo rapporto: simbolo del potere terreno, scelto da Dio e dal suo profeta Samuele come primo re d’Israele, Saul cade in disgrazia, per venire poi sostituito da Davide. L’articolo presenta la storia biblica e la sua ricezione presso quattro autori fondamentali del pensiero teologico e politico medievale per analizzare in seguito la rappresentazione dantesca dell’esempio di Saul, nel Purgatorio (canti X e XII) e nei trattati. Da una parte Saul, contrapposto a Davide, funge da figurazione della superbia, dall’altra costituisce un’eccezione, un intervento diretto di Dio nel campo politico.
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Tagliagambe, Silvano. "Il Metaverso come ambiente e risorsa". EDUCAZIONE SENTIMENTALE, n.º 37 (septiembre de 2022): 28–42. http://dx.doi.org/10.3280/eds2022-037003.

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Il concetto di Metaverso è introdotto come antidoto a un pensare per modelli. Una definizione accettabile di Metaverso è la seguente: "una rete massicciamente scalata e interoperabile di mondi virtuali 3D renderizzati in tempo reale, che possono essere sperimentati in modo sincrono e persistente da un numero effettivamente illimitato di utenti, e con continuità di dati, come identità, storia, diritti, oggetti, comunicazioni e pagamenti". La definizione proposta sottolinea il Metaverso come uno spazio di interazione, capace di far convergere e la dimensione fisica e quella virtuale: parlare nel caso del Metaverso di "gemelli" ha il significato non di una semplice rappresentazione/simulazione, come nel caso dei modelli, ma di un flusso bidirezionale di dati, capace di generare una relazione non trascurabile tra le due dimensioni. Nel Metaverso, differentemente da ciò che avviene in qualunque modello, non solo si vive, ma si è posti di fronte a un "gemello digitale", capace di condensare tutti gli aspetti e tutte le pieghe della personalità. Se è vero che la vita non ha bisogno di perfezione, secondo l'insegnamento di Jung, ma di completezza, completezza significa sapersi osservare e vedere anche il proprio lato oscuro, la propria ombra. Nel Metaverso l'Io è nudo: questa circostanza può indurre più facilmente a riflettere sulla realtà della propria ombra e del rapporto con essa.
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Di Pasquale, Caterina. "Le verità dei testimoni: per una antropologia del ricordare". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 1 (abril de 2021): 87–103. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2021-001005.

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L'articolo è una riflessione sulla testimonianza autobiografica e sullo statuto conoscitivo che la testimonianza ha progressivamente acquisito nel discorso scientifico euroamericano. Lo scopo della riflessione è descrivere e analizzare le verità della testimonianza e dei testimoni facendo dialogare la prospettiva etnografica e antropologica con la letteratura psicologica, storica e filosofica. Usando come fonti alcune storie di vita rilevate durante una ricerca etnografica sulle memorie delle stragi nazi-fasciste perpetrate contro la popolazione civile in Italia, specificatamente a Sant'Anna di Stazzema (12 agosto 1944), verranno analizzate le istanze narrative e culturali delle testimonianze, il ruolo performativo del testimone, l'efficacia simbolica e comunicativa nel contesto pubblico e il rapporto tra verità testimoniale, esperienza soggettiva e vissuto biografico. Questi aspetti del testimoniare saranno confrontati con la verità storica e giuridica sul caso etnografico descritto e verranno poi connessi con i quadri argomentativi ed esplicativi usati nella letteratura scientifica sull'argomento. In particolar modo verranno analizzate le conflittualità che dividono alcune testimonianze allontanandole dalle verità storiche e giuridiche sancite con le ricerche storiche e con le sentenze giudiziarie. Infine, per uscire dalla dimensione micro-etnografica, il confronto tra le diverse rappresentazioni della testimonianza nella ricerca antropologica sarà veicolato dalla dimensione particolare, relativa a Sant'Anna di Stazzema, alla dimensione nazionale e internazionale. Le conclusioni che l'articolo vuole condividere riguardano il superamento delle dicotomie memoria versus storia, finzione versus verità, soggettività versus oggettività, che caratterizzano da almeno un ventennio il dibattito pubblico, scientifico e non, e che hanno finito per connotare moralmente e ideologicamente ogni riflessione sul valore sociale e culturale del ricordo e del ricordare
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Turco, Federica. "Le femmine restano e i maschi partono. Dinamiche spaziali e diritti nelle moderne storie per l'infanzia". MINORIGIUSTIZIA, n.º 3 (enero de 2021): 13–22. http://dx.doi.org/10.3280/mg2020-003002.

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In che modo le narrazioni e la realtà sociale interagiscono tra loro nella costruzione di significati condivisi? Questa sembra essere la domanda di partenza per cercare di inquadrare il problema della rappresentazione in generale, e della rappresentazione femminile in particolare, in tutti quei testi che forniscono, a livello simbolico e quindi semiotico, dei modelli d'identificazione per i loro fruitori (dai film ai cartoni animati, passando attraverso romanzi, fiabe, spot pubblicitari e così via). Si tenterà, nel breve saggio che segue, d'inquadrare la relazione tra rappresentazioni e modelli culturali, considerando principalmente alcune storie per bambine e bambini e il modo in cui queste forniscono dei percorsi d'interpretazione e stratificazione dei diritti dell'infanzia (e della loro violazione).
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Themelly, Alessandra. "Immagini di Maria nella pittura e nei mosaici romani dalla crisi monotelita agli inizi della seconda iconoclastia (640-819)". Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia 21 (21 de septiembre de 2017): 107–38. http://dx.doi.org/10.5617/acta.5533.

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L’articolo analizza le immagini della Vergine, pittoriche e musive, presenti a Roma dalla metà del VII secolo ai primi decenni del IX. Il taglio prescelto cerca di usare in parallelo le diverse chiavi interpretative proposte dalla storiografia: l’analisi storica, le ricerche iconografico-iconologiche, le letture stilistico-formali. Nelle rappresentazioni di Maria si riflettono le dinamiche religiose dello sviluppo dottrinale e della pratica devozionale, legate prima alla eresia monotelita poi alla crisi iconoclasta; in seguito in esse convergono nuovi significati politici connessi alla nascente ideologia dello Stato della Chiesa. Lo sviluppo delle immagini mariane mostra nel corso dei quasi duecento anni esaminati il progressivo distacco dalla cultura bizantina ed il profilarsi di una nuova identità culturale.
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Di Cosmo, Antonio Pio. "La cultura materiale del trapasso. Il funerale del basileus e la teologia del potere nella Costantinopoli della corte macedone". Anuario de Estudios Medievales 52, n.º 2 (30 de diciembre de 2022): 559–94. http://dx.doi.org/10.3989/aem.2022.52.2.05.

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[it] Il contributo analizza il ruolo giocato dalla cultura materiale nel funerale imperiale. Questa ricerca applica le conoscenze in materia archeologica, antropologica e storica, per raccontare l’azione della corte imperiale, che risolve le questioni circa i problemi di rappresentazione del funerale del basileus. In questo senso si vagliano le modalità di spettacolarizzazione delle strategie di comunicazione che modellano i protocolli della Basileia.
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Smeriglio, Erika. "L'occhio di Polifemo: sublimazioni in corto". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2022): 186–96. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-002013.

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L'articolo pone al centro della sua tesi l'analogia tra il linguaggio filmico e il processo onirico, trattando dell'uso e della semantica delle immagini in quanto rappresentazioni di significati altri, creando un parallelismo tra il contesto cinematografico e il setting analitico. Da questo primo livello di analisi, l'autrice si interroga sul significato dello sguardo, inteso sia come osservazione epistemofilica di un oggetto altro da sé, sia come atto dell'essere guardati. In particolare, attraverso la metafora dell'obiettivo filmico guidato dal regista e dello sguardo dell'analista, si focalizza l'attenzione su quegli elementi apparentemen-te secondari e di poco conto che spesso sfuggono ad un livello di consapevolezza, il cosiddetto non visto. Queste zone adombrate della mente, possono essere rese potenzialmente fruibili nella stanza di analisi grazie al lavoro analitico, così come l'occhio della macchina da presa può metterle a fuoco e catturarle nel reale. Tale processo viene descritto facendo riferimento ad un cortometraggio, Polifemo (1998 - regista Alfredo Santucci), nel quale si mette in scena la storia di un fotografo particolarmente attratto dai dettagli minuziosi, che letteralmente ruba attraverso i suoi scatti al fine di ricostruirne la storia, una narrazione interna. In questo duplice movimento, insieme sottrattivo e di conoscenza, si apre infine il tema della sublimazione inteso come processo caratteriz-zato da un'energia vitale che favorisce l'integrazione e permette di produrre e creare a livello artistico e nella propria dimensione quotidiana, aiutando l'individuo a superare e rendere sopportabili sentimenti dolorosi, investendo affettivamente in piccoli o grandi piaceri come quello della passione nel proprio lavoro.
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Pio di Cosmo, Antonio. "Il funus imperatorum ed il “Teatro del potere”. Le esequie di Costantino e la reinvenzione dei riti funerari imperiali in un cosmo che progressivamente si fa cristiano". Gerión. Revista de Historia Antigua 38, n.º 1 (1 de abril de 2020): 157–92. http://dx.doi.org/10.5209/geri.68589.

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Il contributo analizza il ruolo giocato dalla cultura materiale della regalità nel funus imperatorum. Questa ricerca applica le conoscenze in materia archeologica, antropologica e storica, per raccontare l’azione della corte imperiale, che risolve le questioni circa i problemi di rappresentazione del funerale imperiale. In questo senso si vagliano le modalità di spettacolarizzazione delle strategie di comunicazione che modellano i protocolli degli imperatori romani del Tardoantico.
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De Giorgio, Teodoro. "LE STORIE DELLA PASSIONE DI CRISTO DELLA CAPPELLA «DEGLI ILLUSTRISSIMI» NEL DUOMO DI NAPOLI. RIFLESSIONI SUL TRIANGOLO NAPOLI, SIENA E AVIGNONE". Papers of the British School at Rome 87 (15 de marzo de 2019): 207–44. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246218000417.

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Il saggio analizza in dettaglio, con immagini inedite e di alta qualità (frutto di apposita campagna fotografica), le trecentesche Storie della Passione di Cristo della cappella «degli Illustrissimi», posta all'estremità del braccio settentrionale del transetto del duomo di Napoli. L'opera, realizzata a monocromo, si compone di quattro scene maggiori, leggibili da sinistra a destra, Cristo schernito e spogliato delle vesti, Flagellazione, Andata al Calvario e Deposizione, e di una scena minore, un'Annunciazione con probabile offerente. A dispetto dell'alta qualità esecutiva e del raffinato livello d'invenzione, l'opera è scarsamente conosciuta, e spesso ignorata, da parte della critica moderna. Scopo del contributo è di presentare in dettaglio le Storie della Passione per fornire una corretta e approfondita lettura iconografica dei singoli episodi e per individuare le fonti visive alla base della rappresentazione.
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Iannotta, Daniella. "Dalla fenomenologia della memoria alla poetica del perdono: leggendo Paul Ricoeur". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 2 (julio de 2012): 63–73. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2012-002004.

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il paradosso della presenza attuale nella memoria del passato assente costituisce il filo conduttore della ricerca ricoeuriana sulla memoria e sul suo rapporto con l'oblio. Ora, se il passato torna alla mente come immagine una indagine sulla memoria dovrŕ incontrare lo statuto della rappresentazione, della sua veritŕ, della sua fedeltŕ al passato. Il presente saggio, partendo dall'analisi della fenomenologia della memoria, costruita attorno al paradosso della realtŕ e dell'immagine, vuole mettere in evidenza come in Ricoeur gli enigmi del pensiero ricevano una soluzione non giŕ in quella che egli chiama la hybris della riflessione totale, bensě nel lavoro delle nozioni concernenti la problematica indagata. Cosě, attorno alla rete semantica dei concetti di eikon e phantasma, memoria e immagine, impronta, traccia, presentificazione, percezione, oblio, ri-presentificazione, rappresentazione/ rappresentanza, egli costruirŕ il progetto di un lavoro della memoria e di un lavoro del lutto, freudianamente facendo del lavoro del ricordo una attivitŕ di recupero in vista di un progetto futuro. Dividendo l'orizzonte della memoria in personale, storica e dei piů vicini, Ricoeur farŕ del progetto di recupero del passato un vettore mirante non soltanto alla conoscenza fedele del passato stesso, bensě alla sua confluenza in una esplorazione di sensi "altri" degli avvenimenti passati, in vista dell'esperienza, difficile ma possibile, del perdono.
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Balestreri, Iasbella. "Milano in etŕ post-unitaria: rappresentazione e strategie per la cittŕ". TERRITORIO, n.º 59 (noviembre de 2011): 147–56. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-059019.

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Nell'ambito delle celebrazioni del 150° dell'Unitŕ d'Italia assume una notevole importanza un documento steso alla fi ne del 1864, firmato dall'ing. Domenico Cesa Bianchi, capo dell'Ufficio Tecnico milanese. Nel collage ad acquarello possono essere evidenziati almeno tre tipi di progetti: quelli che paiono essere legati a un Bando di concorso del 1860 , destinato a dar forma a programmi, intenzioni, desideri sui destini della cittŕ post-unitaria; quelli che, estranei alle richieste degli amministratori comunali, presentano forti caratteri di autonomia e pongono in anticipo problemi e soluzioni per lo sviluppo urbano che saranno affrontati solo vent'anni piů tardi; quelli che sembrano appartenere a un tempo ormai trascorso, che sono stati forse rifiutati, interrotti o che non sono mai usciti dal cassetto. Con l'opportuna distanza storica, la lettura analitica della loro stratificazione puň contribuire a ritrarre le radici della Milano contemporanea.
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Cavagna, Davide. "Al di là della rappresentazione? Alcune osservazioni metapsicologiche: commento all'articolo di Howard Levine". PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, n.º 4 (diciembre de 2021): 594–604. http://dx.doi.org/10.3280/pu2021-004003.

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A partire da una riflessione epistemologica sulla necessità di una metapsicologia per la psicoanalisi, viene evidenziato come l'ipotesi rappresentazionale avanzata da Levine (2021) circa la questione del trauma richieda di ripensare soprattutto alla sua dimensione economica alla luce degli ultimi sviluppi teorici freudiani di tale concetto e delle difficoltà tecniche insite nel trattamento basato sulla sola ricostruzione storica. Viene evidenziato come il trauma, in quanto connesso a processi di slegamento psichico, richieda soprattutto di sviluppare una tecnica atta a riparare e ricostruire le capacità simboliche dell'Io del paziente in ragione della gravità della sua compromissione strutturale. Tale riflessione porta con sé interrogativi essenziali circa la validità degli approcci che, enfatizzando ora la componente rappresentazionale ora quella affettiva, si limitano a perseguire solamente finalità ermeneutiche o catartiche.
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Bydlowski, Sarah. "Inquietante estraneità e diventare genitori". INTERAZIONI, n.º 1 (abril de 2021): 100–111. http://dx.doi.org/10.3280/int2021-001008.

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Alla nascita di un bambino, la solidità delle basi narcisistiche e l'infantile dei genitori sono messi alla prova fin dentro le ramificazioni delle loro appartenenze culturali. L'incontro tra il bambino e i suoi genitori è occasione di fantasie nostalgiche e fonte di stupore e meraviglia, ma inciampa sulla storia singolare di ciascuno, sulla costruzione della coppia con i suoi numerosi effetti in après-coup. Le proiezioni riguardo al bambino ostacolano talvolta la costruzione dei legami precoci e la costruzione del narcisismo primario del bambino. Il gioco delle identificazioni si trova in difficoltà e il bebè viene dolorosamente identificato a un elemento perturbante ed estraneo. Quando è a sua volta contenuta da una presenza attenta la madre può talvolta ritrovare una capacità calmante e sensuale; l'analista propone delle rappresentazioni delle poste in gioco in cui sono presi i partner della diade sotto l'influenza dell'angoscia. Questo lavoro di trasformazione in parole favorisce il posto del terzo e cerca di permettere al bambino come alla madre di ritrovare una capacità di gioco rappresentativo associato al piacere.
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Schwarz, Guri. "Un antirazzismo commemorativo. La Shoah, i migranti e i demoni dell'analogia". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 297 (marzo de 2022): 145–79. http://dx.doi.org/10.3280/ic2021-297-s1oa-007.

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Oggetto di questo contributo sono i caratteri dell'antirazzismo commemorativo, il suo sviluppo e le sue articolazioni in Italia dagli anni Ottanta ai nostri giorni. L'analisi muove da due assunti: 1. tanto il razzismo quanto l'antirazzismo sono esercizi di memoria; 2. la retorica del ‘mai più' — che ovviamente presuppone l'analogia storica –, è stata il più pervasivo dispositivo retorico antirazzista attivo in Italia negli ultimi quarant'anni. Il saggio propone un esercizio di storia del tempo presente. Dopo aver presentato, tramite alcuni esempi, le principali forme in cui tale dispositivo si manifesta, l'attenzione si orienta alla ricerca del punto di origine di quel sistema di rappresentazioni culturali. Si illustra come sia stato negli anni Ottanta, fase storica in cui l'Italia inizia a confrontarsi con nuovi fenomeni migratori e momento in cui — al contempo — la memoria della Shoah si va imponendo nell'industria culturale, che inizia a cristalizzarsi quel codice retorico antirazzista.
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Tebbini, Nadia. "Le storie degli animali nel Corano di Ahmad Bahgat: Quando gli animali prendono la parola". Altre Modernità, n.º 26 (29 de noviembre de 2021): 127–44. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/16801.

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Nella letteratura di ispirazione islamica, i racconti delle vite dei profeti hanno sempre messo in rilievo il contributo degli animali, seppur relegato a una posizione secondaria e ausiliare a quella dell’uomo. A ciò fa eccezione la raccolta Qiṣaṣ al ḥayawān fil Qur’ān (Le storie degli animali nel Corano) dello scrittore e giornalista egiziano Ahmad Bahgat. Nei suoi 16 racconti, ispirati agli episodi coranici che hanno visto animali al centro di miracoli e prodigi, i protagonisti sono gli animali che raccontano come in un diario, in prima persona e dal loro punto di vista, la vicenda riportata nel Corano. Per la prima volta si fa luce sulle loro esistenze, senza che queste vengano eclissate da quelle degli esseri umani con cui sono stati in contatto. È quindi interessante analizzare la rappresentazione degli animali nell’opera e coglierne l’originalità. La prima parte sarà dedicata alle fonti dell’opera e alle implicazioni che queste hanno sul tessuto narrativo. La seconda parte sarà invece focalizzata sulla scelta dell’animale come mezzo per aggirare il tabù islamico (religione iconoclasta) della rappresentazione dei Profeti, operando una sovrapposizione (parziale o totale, nel corpo e nello spirito) tra il profeta e l’animale. La terza parte tratterà dell’animale/virtù in quanto doppio invertito dell’uomo/vizio e sul conseguente smantellamento dei pregiudizi su alcuni animali nella cultura arabo-musulmana.
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Bhabha, Homi K. "I nostri vicini, noi stessi. Riflessioni contemporanee sulla sopravvivenza". SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), n.º 44 (septiembre de 2012): 99–118. http://dx.doi.org/10.3280/las2012-044008.

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Il saggio evoca lo spirito di Hegel, nel tentativo di comprendere le problematiche contemporanee legate alla testimonianza etica, alla memoria storica, ai diritti e alle rappresentazioni delle minoranze all'interno della sfera culturale. Chi č oggi il nostro vicino? Cosa significa ospitalitÀ di questi tempi? Perché il riconoscimento degli altri diviene spesso un incontro straziante con l'alteritÀ del sé? L'articolo esemplifica come il ‘Terzo Spazio' - uno dei concetti chiave del postcolonialismo - puň aiutarci a costruire una nuova concezione di ospitalitÀ all'interno di un mondo globalizzato e cosmopolita, una concezione che poggia sul diritto alla differenza nell'uguaglianza.
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Nerbano, Mara. "“Et questa è la storia et la festa.” Il festival orvietano del 1508 e la microsocietà del capitolo della cattedrale". Quaderni d'italianistica 32, n.º 2 (9 de abril de 2012): 101–20. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v32i2.16310.

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Nel periodo compreso tra il 7 maggio e il 20 agosto 1508, a Orvieto, furono messe in scena cinque suggestive sacre rappresentazioni. A darne notizia è il canonico del duomo ser Tommaso di Silvestro, autore di una cronaca degli anni 1482-1514. Il contesto in cui fiorirono tali eventi è quello delle confraternite laiche di disciplinati. Tuttavia, grande rilievo è conferito alla presenza di recitanti di condizione ecclesiastica, appartenenti allo stesso milieu del cronista, spesso reclutati come organisti e organari al servizio della cattedrale e attivi in un’ampia varietà di contesti: dalla performance carnevalesca, all’entrata pontificia, agli spettacoli confraternali. L’ambiente vivace e spesso turbolento del Capitolo della Cattedrale fu, dunque, la fucina in cui maturarono esperienze recitative semi-professionistiche che continuarono, e in parte rinnovarono, la grande tradizione cittadina di teatro religioso.
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Becchis, Giulia. "Dopo il genocidio. Le rappresentazioni della storia in Rwanda". HISTORIA MAGISTRA, n.º 7 (noviembre de 2011): 98–108. http://dx.doi.org/10.3280/hm2011-007010.

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Vanni, Ferdinando. "Nuove concezioni sulle difese inconsce nei gruppi". GRUPPI, n.º 1 (marzo de 2013): 11–25. http://dx.doi.org/10.3280/gru2012-001002.

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L'autore passa in rassegna le concezioni psicoanalitiche di transfert e controtransfert nella psicoterapia analitica "in" gruppo e in quella "di" gruppo, per poi esaminare altre concezioni, risultato di sviluppi teoretici piů specifici della psicologia dei gruppi: il transfert di relazioni senza oggetto, i transfert parziali secondari, il transfert persecutorio anonimo primario di origine culturale. L'autore propone che quegli aspetti della propria identitŕ rappresentati nel gruppo come non-Sé, contengano anche transfert di costruzioni culturali infantili, cioč prodotti etnocentrici ben definiti che riemergono in gruppo in modo relativamente indipendente dalla particolare storia infantile di ciascuno. L'autore afferma quindi che in gruppo la mente lavora in modo peculiare, non necessariamente regressivo, e che l'interazione di gruppo non le permette di conservare le rappresentazioni usuali di sé quando l'interazione stessa č finalizzata al confronto tra le rappresentazioni che ciascuno ha di sé e degli altri con le rappresentazioni altrui. In questo caso la mente elabora alcune difese particolari perché il feedback del gruppo le impedisce di utilizzare rimozione, proiezione e negazione, come invece puň fare quando si limita ad immaginare le relazioni o quando il gruppo č assente o quando esso funziona in modo da confermarle rappresentazioni di sé precostituite.
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RGI, Redazione. "Informazione bibliografica". RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, n.º 1 (marzo de 2022): 125–67. http://dx.doi.org/10.3280/rgioa1-2022oa13371.

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L'Informazione bibliografica del numero 1/2022 della «Rivista Geografica Italiana» presenta le recensioni dei seguenti testi: Giada Peterle, Comics as a Research Practice. Drawing Narrative Geographies Beyond the Frame (Alberto Vanolo) Andrea Pase, Geografly: la mosca e la mappa. Attorno ad una foto di Alberto Schön (Egidio Dansero) Deirdre Mask, Le vie che orientano. Storia, identità e potere dietro ai nomi delle strade (Giuseppe Muti)  Laura Lo Presti, Cartografie (in)esauste. Rappresentazioni, visualità, estetiche nella teoria critica delle cartografie contemporanee (Alessandra Bonazzi) Angelo Turco, Geografie pubbliche. Le ragioni del territorio in dieci itinerari social (Filippo Celata) Angelo Turco, Epimedia. Informazione e comunicazione nello spazio pandemico (Tania Rossetto)  John Mc-Neill, Qualcosa di nuovo sotto il sole. Storia dell'ambiente nel XX secolo (Cecilia Pasini) Emanuele Bompan, Federica Fragapane, Marirosa Iannelli e Riccardo Pravettoni, Atlante geopolitico dell'Acqua. Water grabbing, diritti, sicurezza alimentare ed energia (Margherita Ciervo)  Carlos Alberto Franco da Silva, A modernização distópica do território brasileiro (Teresa Isenburg) Flavio Lucchesi, Australia, gli antipodi vicini. Tasselli geografici (Luisa Carbone) Alberto Di Monte, Sentieri migranti. Tracce che calpestano il confine (Silvia Aru)  Michela Lazzeroni, Geografie dell'università. Esplorazioni teoriche e pratiche generative (Samantha Cenere) Associazione Mecenate 90, L'Italia Policentrica. Il fermento delle città intermedie (Michela Lazzeroni)  
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Fiore, Michela y Vivienne Meli. "Il sole nella nebbia. Un gruppo di psicodramma con donne vittime di violenza". GRUPPI, n.º 2 (octubre de 2021): 77–90. http://dx.doi.org/10.3280/gruoa2-2020oa12582.

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Le autrici propongono una breve dissertazione sull'utilizzo dello psicodramma a sostegno delle donne vittime di violenza. Il gruppo di psicodramma è stato un viaggio avventuroso, di donne con le donne, attraverso ruoli inesplorati, rappresentazioni conflittuali e immagini evocative dense di emozioni. Il lavoro, che ha avuto come punto di partenza l'esplorazione del ruolo genitoriale, ha permesso di percorrere sentieri intrecciati di storie individuali e di futuri possibili anche dopo relazioni traumatiche. Il gioco psicodrammatico ha stimolato movimento e spontaneità e lo spazio scenico ha rappresentato un luogo sicuro in cui le donne hanno potuto intessere nuove trame narrative relative alle esperienze personali.
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Pio Di Cosmo, Antonio. "Il segno e le immagini cristiane inscritte sulla veste. Le strategie di auto-rappresentazione di classe e le tecniche di messa “sotto copertura” del quotidiano". De Medio Aevo 13 (4 de diciembre de 2019): 213–46. http://dx.doi.org/10.5209/dmae.66821.

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Il contributo analizza il ruolo giocato della veste, quale modello che ottimizza le possibilità di interazione, allorché connotato da segni cristiani o da scene della vita del Cristo. Sulle vesti dei plutocrati si ripete così l’antica lotta fra il segno e l’immagine, perché entrambi utili alla messa “sotto copertura” di chi li indossa. Questa ricerca applica le conoscenze in materia archeologica, sociologica e storica, per raccontare l’azione dei plutocrati, che risolve le questioni circa i problemi di auto-rappresentazione di una classe. In questo modo si vagliano le strategie di comunicazione orientate alla distinzione e all'affermazione della classe benestante.
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Ragni, Eugenio. "Bernari o della non-omologazione". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 2 (29 de marzo de 2018): 332–46. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818763791.

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Per l’opera di Carlo Bernari sono state coniate alcune definizioni che con felici metafore rappresentano l’attività dell’autore di Tre operai. Tra quelle che meglio convengono al suo primo romanzo, “incunabolo del neorealismo” è la più usata; meno comune, ma decisamente più inerente alla realtà dei fatti, è quella che fa riferimento alla costante, mai placata attività correttoria esercitata dall’autore fin dalle sue prime prove narrative. Per Tre operai in particolare, seguirne la genesi vuol dire entrare nella cosiddetta “officina dell’autore”, misurarne la lucidità nel togliere, nel modificare, nell’aggiungere, puntando alla massima chiarezza di una diagnosi storica e alla stretta osmosi fra verità documentale e “finzione” letteraria. Il saggio intende evidenziare le due componenti della scrittura di Bernari: l’elaborazione della realtà come rappresentazione del mondo e lo sperimentalismo stilistico ante litteram che ha portato lo scrittore non solo ad anticipare le tendenze stilistiche del secondo Novecento, a partire ovviamente dal neorealismo fino a toccare sperimentazioni neoavanguardiste, ma soprattutto, analizzando il presente, a presentire e diagnosticare crisi socio-ideologiche ancora aurorali. Nel primo caso, per valutare i meccanismi e la praxis dello scrittore, viene sviluppata l’analisi del passaggio e della trasformazione del proto-romanzo Gli stracci (1928–1930) nella versione finale di Tre operai pubblicata nel 1934, che anticipa di un decennio forme e contenuti neorealisti promossi da istanze ed esperienze del giovane scrittore nell’ambito di certe letture impegnate, in quello delle arti visive, il cinema in particolare, o a contatto, diretto o mediato, con i grandi movimenti culturali del primo Novecento. Ma se il romanzo d’esordio getta le basi di un genere che maturerà dieci anni dopo—il neorealismo—si vuole qui dimostrare il permanere nella copiosa e apparentemente versicolore produzione del sessantennio successivo di una coerenza di metodo, sottesa e perciò non sempre còlta dalla critica, e di una costante sollecitazione a percorrere nuove strade formali e ad affrontare problematiche diverse, sempre rispettando con rigore i diversi aspetti delle realtà in atto.
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