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Tesis sobre el tema "STORIA DELLA RAPPRESENTAZIONE"

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Frezza, Ombretta <1974&gt. "La rappresentazione del Sile e della campagna trevigiana nell'opera di Beppe Ciardi". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4277.

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Resumen
Abstract Beppe Ciardi (1875 – 1932) veneziano di nascita, trevigiano d’adozione, si contraddistingue all’interno del panorama artistico italiano del secolo scorso, per essere stato una delle figure più rappresentative della pittura di paesaggio. Figlio di Guglielmo Ciardi e allievo di Ettore Tito all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, Beppe non si lasciò affascinare dai movimenti d’avanguardia che si stavano affermando anche in laguna agli inizi del’900, preferendo volgere lo sguardo alla tradizione pittorica ottocentesca. I soggetti dei suoi dipinti sono i luoghi a lui più cari: Venezia, la sua città natale, e la laguna, la campagna trevigiana e il Sile, l’altopiano di Asiago. Ama coglierne gli angoli più suggestivi e solitari nel susseguirsi delle stagioni, concentrando l’attenzione sul rapporto tra l’uomo e il paesaggio. Questo lavoro, in particolare, racconta l’amore di Beppe per la campagna trevigiana, dove la sua famiglia possedeva una casa nella quale si trasferì, lasciando Venezia e dove morì nel giugno del 1932. Le sue tele sono paragonabili ad istantanee fotografiche che riportano l’osservatore ad un tempo ormai lontano e perduto, rappresentando un paesaggio ancora incontaminato e non ancora stravolto dal progresso industriale del secolo scorso. La campagna trevigiana raccontata dall’artista parla dei suoi abitanti, dediti al lavoro dei campi e del rapporto tra il Sile e il territorio che attraversa, paragonandolo ad un silenzioso e fedele compagno che accompagna l’uomo in ogni stagione della sua vita.
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2

Bordin, Marilena <1985&gt. "La rappresentazione della Primavera nel Cinquecento. Confronto con le altre stagioni, in Italia e all'interno della cultura occidentale". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5111.

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Resumen
La rappresentazione del giardino della Primavera, partendo dalle sue origini per spiegarne l'evoluzione avvenuta nel Cinquecento. Dai primi cicli dei Mesi alle serie delle Stagioni sino a giungere ai veri e propri giardini che sottolineano ed evidenziano i vari aspetti di questa stagione. Raccordi tra l'Italia e gli altri paesi occidentali.
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VALENTINI, MATTEO. "Fare spazio: una strategia di rappresentazione della violenza". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1056407.

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In Tre saggi sull’immagine, Jean-Luc Nancy delinea un’interpretazione della violenza che non si limita a rilevare le sue potenzialità materialmente distruttive, ma ne considera le implicazioni a livello etico ed estetico: secondo il filosofo francese la violenza consiste in un attentato alla capacità rappresentativa della vittima. A seguito dell’atto violento, infatti, quest’ultima diviene incapace di immaginarsi al di là del suo opprimente status di vittima. Dopo aver analizzato l’opera di James Nachtwey, utile a descrivere un approccio vittimario alla violenza, la tesi prosegue prendendo in considerazione artisti che cercano di riattivare un dispositivo di rappresentazione e un meccanismo di immaginazione il più possibile co-autoriali: l’espressione “fare spazio” riassume questa tendenza a costruire uno spazio per le vittime di una violenza e, contemporaneamente, lasciare loro spazio per immaginare e per raggiungere una nuova soggettività. La tesi analizza diverse manifestazioni del “fare spazio”: Teresa Margolles investiga l’autonomia della materia estrapolata dai cadaveri, alcuni artisti contro-monumentali (Jochen e Ester Gerz, Horst Hoheisel e Peter Eisenman) sollecitano la facoltà immaginativa dei loro spettatori in opere pubbliche dedicate alla Shoah, Regina José Galindo basa le proprie performance sulla parziale incorporazione di testimonianze precedentemente raccolte, Milo Rau, nei suoi spettacoli e film, sviluppa un dispositivo di soggettivazione che permetta alle vittime di costruirsi un’identità che vada al di là della propria condizione. Nei lavori di questi artisti la violenza non è contestata sul piano dell’attivismo, della denuncia o della pietà, ma su un piano estetico, che mira a riattivare quella potenza che essa ha soppresso.
In Tre saggi sull'immagine, Jean-Luc Nancy gives an interpretation of violence that is not limited to point out its materially destructive potentiality, but that considers its ethical and esthetical implications: according to the French philosopher, violence consists in an attempt on the victim's representative capability. As a consequence of a violent act, indeed, the victim becomes incapable of imagining themself beyond their oppressing status. After analyzing some photographs of James Nachtwey, useful to describe a victimary approach to violence, the dissertation takes into account artists who try to re-activate, in as much as possible co-authorial way, a representation's dispositive and an imagination's mechanism: the expression "make room" resumes this tendency to construct a space for the violence's victims and, at the same time, to let them imagine and reach a new subjectivity. The Ph.d thesis analyzes different ways to "make room": Teresa Margolles tests the autonomy of materials extrapolated from the corpses; some counter-monumental artists (Jochen and Esther Shalev Gerz, Horst Hoheisel, Peter Eisenman) solicit the spectators' imaginative power in public works devoted to Shoah; Regina José Galindo bases her performance on partial incorporation of previously collected testimonials; Milo Rau, in his movies and theatre plays, develops a subjectification's dispositive that let the victims build an identity beyond their condition. These artists' works don't contest the violence on the level of the activism, of the complaint, or the pity, but on an esthetic one, trying to re-generate that power suppressed by the violence itself.
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4

DI, BELLA CARLO. "Fotografare un mito. La rappresentazione fotografica della Sardegna negli anni Cinquanta e Sessanta". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2019. http://hdl.handle.net/11584/261259.

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The aim of the thesis is to describe from an historical- cultural point of view the ways according to which Sardinia is represented in a large sample of pictures pubblished in the press and touristic books in the Fifties and Sixties of the last century, using as a temporal limit, the 1951 Federico Patellani's reportage and the pictures taken by Franco Pinna in the occasion of the shepherds' struggle in 1967.
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Morini, Emanuela <1961&gt. "Dalle ambivalenze della Storia alla “cosmopolitical fiction”: la rappresentazione dell'alterità nel romanzo di Anita Desai". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5496/1/Morini_Emanuela_Tesi.pdf.

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Varcare le frontiere della Storia attraverso le storie personali dei suoi personaggi ha sempre affascinato la sensibilità creatrice di Anita Desai, i cui romanzi possono essere considerati un interessante esempio di letteratura di confine, che riesce nel difficile compito di misurarsi, con eleganza e sensibilità, nella rappresentazione delle più feroci forme di marginalizzazione. Proponendo un dialogo tra alterità, che apre alle complessità storico-culturali in maniera del tutto a-ideologica e imparziale, la scrittrice indoinglese procede alla “provincializzazione” dell’India attraverso le numerose ambivalenze prodotte nelle zone frontaliere analizzate. Dalla rappresentazione della frontiera identitaria esterna, ovvero dall’ambivalente rapporto intrattenuto con il colonizzatore/ex-colonizzatore inglese, alla rappresentazione della frontiera identitaria interna, ovvero l’analisi delle contraddittorie relazioni tra le componenti etniche del subcontinente, Desai arriva infine a problematizzare storie di ambivalenti processi di marginalizzazione prodotti da mondi culturali così diversi come la Germania nazista, o gli indiani Huichol del lontano Messico, tracciando geografie culturali inedite della grande ragnatela della Storia. Desai riesce così a recuperare voci liminali spesso trascurate dalla postcolonialità stessa, per riconfigurarle in un’esplorazione profonda del comune destino dell’umanità, voci straniate e stranianti che acquisiscono un vero e proprio status di agency discorsiva, proiettando la sua scrittura verso una dimensione cosmopolitica. L’opera di Desai diventa indubbiamente un’opportunità concreta per scorgere nella differenza l’universalità di una comune umanità, vale a dire un’opportunità per vedere nell’alterità un’identità ribaltata.
Crossing the frontiers of history through the personal histories of her characters has always fascinated the creative sensibility of Anita Desai. Her novels can indeed be regarded as an accomplished example of contact zone literature, which successfully portrays, with peculiar elegance and great sensibility, the most ferocious forms of marginalization. The lyrical exploration of the interaction between power and resistance in her narrative work builds through a problematized gaze, which provincializes India and the world not only across borders, but most importantly from within. From the representation of the Other without, that is the ambivalent relationship with the British, to the representation of the problematics with the Other within, that is the uneasy and contradictory question of ethnicity in the subcontinent, Desai finally tells stories of ambivalent historical processes of exclusion produced by different cultural worlds such as Nazi Germany or the Huichol Indians in far-away Mexico. By presenting peripheral individuals at grips with the dynamics of history and its ambivalences, Desai’s novels dig up liminal voices very often neglected by postcoloniality itself, which, in turn, deconstruct monolithic officialdom. This enables the author to celebrate, through literature, the obliteration of cultural and spatial frontiers and in so doing, to express her “well-tempered-humanism”. Desai’s commitment to contrast the cruel processes of history in her novels undoubtedly places her as a major representative of cosmopolitical fiction in the global and transnational panorama of contemporary literary production in English.
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Morini, Emanuela <1961&gt. "Dalle ambivalenze della Storia alla “cosmopolitical fiction”: la rappresentazione dell'alterità nel romanzo di Anita Desai". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5496/.

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Varcare le frontiere della Storia attraverso le storie personali dei suoi personaggi ha sempre affascinato la sensibilità creatrice di Anita Desai, i cui romanzi possono essere considerati un interessante esempio di letteratura di confine, che riesce nel difficile compito di misurarsi, con eleganza e sensibilità, nella rappresentazione delle più feroci forme di marginalizzazione. Proponendo un dialogo tra alterità, che apre alle complessità storico-culturali in maniera del tutto a-ideologica e imparziale, la scrittrice indoinglese procede alla “provincializzazione” dell’India attraverso le numerose ambivalenze prodotte nelle zone frontaliere analizzate. Dalla rappresentazione della frontiera identitaria esterna, ovvero dall’ambivalente rapporto intrattenuto con il colonizzatore/ex-colonizzatore inglese, alla rappresentazione della frontiera identitaria interna, ovvero l’analisi delle contraddittorie relazioni tra le componenti etniche del subcontinente, Desai arriva infine a problematizzare storie di ambivalenti processi di marginalizzazione prodotti da mondi culturali così diversi come la Germania nazista, o gli indiani Huichol del lontano Messico, tracciando geografie culturali inedite della grande ragnatela della Storia. Desai riesce così a recuperare voci liminali spesso trascurate dalla postcolonialità stessa, per riconfigurarle in un’esplorazione profonda del comune destino dell’umanità, voci straniate e stranianti che acquisiscono un vero e proprio status di agency discorsiva, proiettando la sua scrittura verso una dimensione cosmopolitica. L’opera di Desai diventa indubbiamente un’opportunità concreta per scorgere nella differenza l’universalità di una comune umanità, vale a dire un’opportunità per vedere nell’alterità un’identità ribaltata.
Crossing the frontiers of history through the personal histories of her characters has always fascinated the creative sensibility of Anita Desai. Her novels can indeed be regarded as an accomplished example of contact zone literature, which successfully portrays, with peculiar elegance and great sensibility, the most ferocious forms of marginalization. The lyrical exploration of the interaction between power and resistance in her narrative work builds through a problematized gaze, which provincializes India and the world not only across borders, but most importantly from within. From the representation of the Other without, that is the ambivalent relationship with the British, to the representation of the problematics with the Other within, that is the uneasy and contradictory question of ethnicity in the subcontinent, Desai finally tells stories of ambivalent historical processes of exclusion produced by different cultural worlds such as Nazi Germany or the Huichol Indians in far-away Mexico. By presenting peripheral individuals at grips with the dynamics of history and its ambivalences, Desai’s novels dig up liminal voices very often neglected by postcoloniality itself, which, in turn, deconstruct monolithic officialdom. This enables the author to celebrate, through literature, the obliteration of cultural and spatial frontiers and in so doing, to express her “well-tempered-humanism”. Desai’s commitment to contrast the cruel processes of history in her novels undoubtedly places her as a major representative of cosmopolitical fiction in the global and transnational panorama of contemporary literary production in English.
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Rienzo, Lusia <1997&gt. "COSTUMI DI SCENA, MANICHINI E STATUE: ANALISI DELLA RAPPRESENTAZIONE DELLA FIGURA UMANA NELL’OPERA DI OSKAR SCHLEMMER, GIORGIO DE CHIRICO E GRISHA BRUSKIN". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21108.

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Il lavoro di ricerca che ho sviluppato in questa tesi di laurea magistrale ha come obiettivo quello di analizzare e confrontare la rappresentazione del corpo umano nell’opera di tre importanti figure del panorama dell’arte contemporanea: Oskar Schlemmer, Giorgio De Chirico e Grisha Bruskin. I primi due artisti sono coevi (nati entrambi nel 1888) e, seppur operando in due aree geografiche e in due contesti diversi, si inseriscono in una riflessione più ampia, caratteristica delle prime decadi del ‘900, di ripensamento della figura umana, attuata, per Schlemmer, attraverso l’utilizzo del costume per le rappresentazioni teatrali e, per De Chirico, con l’inserimento di statue e manichini, soprattutto se si considerano le opere del periodo metafisico. Grisha Bruskin, invece, nasce nel 1945 a Mosca; sia dal punto di vista temporale, sia da quello culturale, dunque è lontano dai due artisti citati in precedenza, ma la rappresentazione che fa del corpo umano all’interno delle sue opere, soprattutto scultoree, ha dei chiari rimandi alla concezione della figura umana che si ritrova in Schlemmer e De Chirico.
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GALLETTI, ANDREA. "Le parole dei vicari di Pietro: osservazioni su alcuni aspetti della retorica papale nella rappresentazione dei longobardi". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1048185.

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This research aims at examininig the representation of the Lombards constructed in the papal letters strarting from the arrival of the Lombards in 568 to the end of their regnum in 774. The attention in focused in particular on the occurrences of two latin words, nefas and perfidia and their adjectivizations which are frequently adopted to depict the Lombards in the papal rhetoric. In order to understand better the origins and the application of these terms the first part of the research is devoted to the analysis of the late-antique background in which they were extensively adopted both in their religious and political nuances. A large part of the research is committed to study the representation of the Lombards in the letters and in the works of pope Gregory the Great, trying to soften the traditional interpretation which depicts him as a strong opposer to the Lombards. Later the attention is devoted to the last years of the regnum langobardorum and in particular to the analysis of the rhetorical bases of the political propanganda contained in the letters of pope Stephen II. The last part of the research concentrates on the re-employment of hretorical images adtopted by the papacy between 568 and 774 in other contexts and way after the end of the regnum langobardorum.
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Manera, Leonardo <1995&gt. "“Il mondo sarà la scena e la controscena di una rappresentazione continua”. Pinot Gallizio: storia delle mostre postume e della sua fortuna critica". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19069.

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Obiettivo di questo studio è indagare un determinato aspetto della multiforme figura del pittore albese Pinot Gallizio: ovvero ripercorrere la storia delle mostre postume dedicate all’artista e approfondire la fortuna critica che si costruisce in seguito alla sua morte. Dopo un’introduzione generale dedicata a mostrare la necessità di studiare la storia delle mostre, e una presentazione epidermica della vita, delle opere e delle principali esposizioni in vita di Gallizio, si procederà nella prima parte con la storia delle mostre postume personali, a partire dalla Biennale del 1964 che segnerà l’inizio di questo percorso. Nella seconda parte invece si ricostruiranno le esposizioni, sempre postume, ma collettive: Gallizio si era sempre circondato da numerose personalità, aveva portato ad Alba, la sua città, numerose figure della cultura europea, e dunque considerare il suo lavoro all’interno di questo complesso di relazioni restituisce un’idea della sua pittura più profonda e criticamente accurata. I due principali strumenti per questa analisi saranno i cataloghi editi in occasione delle mostre ma anche le numerose recensioni, spesso di importanti firme del mondo culturale, che tratteggiano il pensiero critico che si è di volta in volta manifestato. L’ultima sezione, infine, rifletterà su quei numerosi contributi in cui, a partire dagli anni Sessanta, appare il nome di Gallizio come un riferimento; questi, che riguardano architettura, ceramiche, correnti artistiche, e l’influenza sugli artisti della nuova generazione, anche se collaterali alla pittura, restituiscono un quadro sempre più completo dell’attività, a tratti frenetica, dell’uomo Gallizio e della sua eredità. Come la sua pittura industriale, anche lo studio di questo artista deve procedere continuando a srotolare informazioni, dettagli e nuove suggestioni.
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De, Toni Alice <1978&gt. "Le figure femminili all'ombra di Cosa Nostra: la rappresentazione della donna mafiosa siciliana sulla stampa italiana del secondo dopoguerra". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1743/1/detoni_alice_tesi.pdf.

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This thesis investigates the representation of Sicilian mafia women on the Italian press after the second postwar, in particular by examining three Italian newspapers, Il Corriere della Sera, L’Ora and Il Giornale di Sicilia. The focus is on the 1963 – 1983 twenty-year period, after which there has been a big change in the world of Sicilian crime organization with the phenomenon of pentitismo that changes a lot of thing in the whole universe of mafia. In this research there are two aspects very different but very central at the same time. On one hand the careful counting of quoted newspapers and the filing of the articles about general mafia and mafia women, which rendered a whole database about the interest for these woman figures founded in print, in a historical period never analyzed from this point of view; on the other hand the interpretation of these articles and the different representation forms. The founded material was compared with the cultural Italian history of that period to understand if there was a difference between general woman perception and that of mafia woman and if there was also an iconographic prototype of southern woman which it is possible to apply on photographs and descriptions. In fact the most important result of the thesis is to underline that, in front of a woman who belongs to mafia context, the Italia press represented the female gender as first and the mafia gender as the second one.
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De, Toni Alice <1978&gt. "Le figure femminili all'ombra di Cosa Nostra: la rappresentazione della donna mafiosa siciliana sulla stampa italiana del secondo dopoguerra". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1743/.

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This thesis investigates the representation of Sicilian mafia women on the Italian press after the second postwar, in particular by examining three Italian newspapers, Il Corriere della Sera, L’Ora and Il Giornale di Sicilia. The focus is on the 1963 – 1983 twenty-year period, after which there has been a big change in the world of Sicilian crime organization with the phenomenon of pentitismo that changes a lot of thing in the whole universe of mafia. In this research there are two aspects very different but very central at the same time. On one hand the careful counting of quoted newspapers and the filing of the articles about general mafia and mafia women, which rendered a whole database about the interest for these woman figures founded in print, in a historical period never analyzed from this point of view; on the other hand the interpretation of these articles and the different representation forms. The founded material was compared with the cultural Italian history of that period to understand if there was a difference between general woman perception and that of mafia woman and if there was also an iconographic prototype of southern woman which it is possible to apply on photographs and descriptions. In fact the most important result of the thesis is to underline that, in front of a woman who belongs to mafia context, the Italia press represented the female gender as first and the mafia gender as the second one.
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Mosleh, Lina Hasan Mahmoud <1978&gt. "La rappresentazione della cultura arabo-islamica nei libri di storia per la scuola secondaria di primo grado. Uno sguardo particolare sull'immagine della donna musulmana". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6917/1/Mosleh_LinaHasanMahmoud_Tesi.pdf.

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Il presente lavoro di ricerca si focalizza sulla rappresentazione della cultura arabo-islamica, così come viene restituita nei libri di storia per la scuola secondaria di primo grado. Il fatto che il mondo di oggi è caratterizzato, ora più che mai, da continui e inevitabili incontri tra persone con multiple appartenenze esige un forte impegno volto a favorire pacifici rapporti interculturali. A tale scopo si ritiene che i contenuti dei libri di testo abbiano un ruolo molto rilevante. Di qui, uno degli obiettivi consiste nel verificare se i libri di testo veicolano un’efficace educazione alla conoscenza e al rispetto delle altre culture e religioni, all’ascolto e al dialogo interculturale; nonché al superamento dell'etnocentrismo, degli stereotipi e dei pregiudizi. Si è cercato così di verificare – nel campione dei libri di testo presi in esame – quali eventuali pregiudizi ricorrenti, stereotipi o prospettive etnocentriche vengono costruite, consolidate, reiterate e trasmesse, consapevolmente o inconsapevolmente, attraverso le affermazioni o le immagini che illustrano la cultura arabo-islamica. La prima parte della tesi, quella teorica, è dedicata all'approfondimento di due temi: il primo riguarda il rapporto Oriente-Occidente e la rappresentazione dell'altro e il secondo riguarda invece la condizione della donna musulmana tra stereotipi e realtà. La seconda parte invece, quella empirica, è dedicata principalmente all'analisi del contenuto dei testi di storia. Dall'analisi effettuata è evidente l'interesse, da parte degli autori e degli editori dei libri di testo, per il tema della cultura arabo-islamica. Nonostante ciò, si è potuto riscontrare nei libri presi in esame, sebbene in misura differente, la presenza (o compresenza) di stereotipi, generalizzazioni e informazioni parziali, imprecise o errate attorno alla cultura arabo-islamica e a chi vi appartiene.
This research focuses on the representation of the Arabic-Islamic culture in the history textbooks of the first grade secondary school. The fact that the world today is characterized, more than ever, by continuous and inevitable encounters among people from different backgrounds requires a strong commitment to promote peaceful intercultural relations. For this purpose, it is believed that the contents of textbooks have an important role. Hence, the goal is to verify if the textbooks convey an effective education to know and to respect other cultures and religions, to promote intercultural dialogue; and to overcome ethnocentrism, stereotypes and prejudices. So, it was necessary to verify – in the sample of textbooks examined – the presence o any recurring prejudices, stereotypes and ethnocentric perspectives that can be constructed, consolidated, repeated and transmitted, consciously or unconsciously, through statements or images that illustrate the Arabic-Islamic culture. The first part of the thesis, the theoretical one, is dedicated to two themes: the first theme concerns the relationship between East and West and the representation of the others and the second theme concerns the status of Muslim women between stereotypes and reality. The second part, the empirical one, is dedicated to the qualitative content analysis of history textbooks. The analysis results show clear interest, by the authors and editors of the textbooks, for the theme of Arabic-Islamic culture. In spite of that, the texts may contain, although to different extents, stereotypes, generalizations and partial, inaccurate or incorrect information about the Arabic-Islamic culture and about Arabs or Muslims.
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Mosleh, Lina Hasan Mahmoud <1978&gt. "La rappresentazione della cultura arabo-islamica nei libri di storia per la scuola secondaria di primo grado. Uno sguardo particolare sull'immagine della donna musulmana". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6917/.

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Il presente lavoro di ricerca si focalizza sulla rappresentazione della cultura arabo-islamica, così come viene restituita nei libri di storia per la scuola secondaria di primo grado. Il fatto che il mondo di oggi è caratterizzato, ora più che mai, da continui e inevitabili incontri tra persone con multiple appartenenze esige un forte impegno volto a favorire pacifici rapporti interculturali. A tale scopo si ritiene che i contenuti dei libri di testo abbiano un ruolo molto rilevante. Di qui, uno degli obiettivi consiste nel verificare se i libri di testo veicolano un’efficace educazione alla conoscenza e al rispetto delle altre culture e religioni, all’ascolto e al dialogo interculturale; nonché al superamento dell'etnocentrismo, degli stereotipi e dei pregiudizi. Si è cercato così di verificare – nel campione dei libri di testo presi in esame – quali eventuali pregiudizi ricorrenti, stereotipi o prospettive etnocentriche vengono costruite, consolidate, reiterate e trasmesse, consapevolmente o inconsapevolmente, attraverso le affermazioni o le immagini che illustrano la cultura arabo-islamica. La prima parte della tesi, quella teorica, è dedicata all'approfondimento di due temi: il primo riguarda il rapporto Oriente-Occidente e la rappresentazione dell'altro e il secondo riguarda invece la condizione della donna musulmana tra stereotipi e realtà. La seconda parte invece, quella empirica, è dedicata principalmente all'analisi del contenuto dei testi di storia. Dall'analisi effettuata è evidente l'interesse, da parte degli autori e degli editori dei libri di testo, per il tema della cultura arabo-islamica. Nonostante ciò, si è potuto riscontrare nei libri presi in esame, sebbene in misura differente, la presenza (o compresenza) di stereotipi, generalizzazioni e informazioni parziali, imprecise o errate attorno alla cultura arabo-islamica e a chi vi appartiene.
This research focuses on the representation of the Arabic-Islamic culture in the history textbooks of the first grade secondary school. The fact that the world today is characterized, more than ever, by continuous and inevitable encounters among people from different backgrounds requires a strong commitment to promote peaceful intercultural relations. For this purpose, it is believed that the contents of textbooks have an important role. Hence, the goal is to verify if the textbooks convey an effective education to know and to respect other cultures and religions, to promote intercultural dialogue; and to overcome ethnocentrism, stereotypes and prejudices. So, it was necessary to verify – in the sample of textbooks examined – the presence o any recurring prejudices, stereotypes and ethnocentric perspectives that can be constructed, consolidated, repeated and transmitted, consciously or unconsciously, through statements or images that illustrate the Arabic-Islamic culture. The first part of the thesis, the theoretical one, is dedicated to two themes: the first theme concerns the relationship between East and West and the representation of the others and the second theme concerns the status of Muslim women between stereotypes and reality. The second part, the empirical one, is dedicated to the qualitative content analysis of history textbooks. The analysis results show clear interest, by the authors and editors of the textbooks, for the theme of Arabic-Islamic culture. In spite of that, the texts may contain, although to different extents, stereotypes, generalizations and partial, inaccurate or incorrect information about the Arabic-Islamic culture and about Arabs or Muslims.
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Finocchi, Valeria <1982&gt. "Venezia tra esperienza e rappresentazione : criteri e strategie per la fruizione della città". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3054.

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Il progetto di ricerca si pone come obiettivo l’elaborazione di proposte di fruizione dello spazio urbano della città di Venezia, realizzate sfruttando le possibilità offerte dalle tecnologie multimediali e interattive e finalizzate a una piena e corretta interpretazione della città. Le proposte si basano su specifiche forme di rappresentazione e percezione dello spazio urbano veneziano elaborate tra la fine del XVII e i primi decenni del XIX secolo, che vengono messe a fuoco attraverso l’analisi di diverse tipologie di fonti iconografiche e testuali (diari di viaggio, guide della città, vedute) e confrontate successivamente con gli studi critici e le esperienze espositive dedicate a Venezia dal secondo dopoguerra. Viene altresì condotta una disamina di attuali esperienze in musei e mostre dedicati alla città, che fungono da termine di confronto con le proposte elaborate.
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Rossi, Giulia <1990&gt. "Storia delle storie sull’Asia. Un’ analisi delle implicazioni socio-politiche sulla rappresentazione dell’Asia nei manuali di storia in Italia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10396.

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The present dissertation aims to investigate the socio-political implications of the representation of the Asian continent inside Italian history textbooks. The work is divided in three parts. The first part consists of the analysis of some history textbooks used in Italian schools during the thirties, the fifties and the seventies of the twentieth century. Special attention is given to the remands on Asian history and to the socio-political context in which these texts were produced and used. The second part focuses on the MIUR, i.e. the Italian institutional authority in matter of education. In particular, the reforms and guidelines of last governments will be examined, as these are the vehicle thorough which the political will on learning is spread to citizens. Following, some history textbook currently in use will be analyzed, taking into account different point of views as of editors, teachers and students. The third and final part concentrates on the reasons and ways in which the history of Asia is currently handled more attentively. This change spreads in the light of “new ways” to look at history (plural histories, global history). The research tries to examine the socio-political logic and purpose of the developing of these “new histories”. Especially, it shall focus on the “civic” role they are meant to serve, considering in particular their gradual introduction into schools, the institutional symbol par excellence of the formation of future citizens.
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MAGISTRELLI, GIACOMO. "LA FOTOGRAFIA E I CANTIERI DELLA MILANO POSTUNITARIA 1861-1911". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/4174.

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Resumen
La tesi considera la varietà di formule espressive e di destinazioni funzionali della fotografia in rapporto alla costruzione di spazi e architetture nella Milano del primo cinquantennio dell’unità d’Italia. Strumento di lavoro per architetti e ingegneri, la fotografia delle principali operazioni edilizie eseguite nella città lombarda a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento rappresenta per la nuova classe dirigente un fondamentale strumento di legittimazione del proprio operato amministrativo e di illustrazione dei progressi compiuti dalla città sulla via della modernizzazione. Attraverso un itinerario storico della ‘fotografia di cantiere’, costruito anche grazie al confronto con casi italiani e internazionali, lo studio presenta una puntuale analisi del fenomeno in ambito milanese. Tra i progetti affrontati, il piano di riforma del centro cittadino (1865-1878) di Giuseppe Mengoni e i restauri del Castello Sforzesco (1893-1907) di Luca Beltrami, oltre a una serie di interventi minori, documentati da alcuni dei principali fotografi attivi in città e dai redattori della pubblicistica illustrata, tipologia editoriale che tra Otto e Novecento si serve con sempre maggiore consapevolezza del mezzo fotografico. L’evoluzione del linguaggio fotografico viene dunque indagata nel suo contributo alla costruzione di un’iconografia nazionale della modernità, fenomeno che vede la città di Milano porsi in prima fila nel contesto italiano.
The study investigates the variety of expressive formulas and functional destinations of the photography production concerning the architectural renovation occurred in the city of Milan between 1861 and 1911. Design tool for architects and engineers, construction photography reveals itself as a fundamental tool of political legitimation for the new ruling class and illustrates the progress made by the city in terms of modernization. Through a historical reconstruction of the genre of construction photography, which also considers Italian and international cases, the study presents a detailed analysis of the Milanese phenomenon. Among the projects, the reform plan of the city center (1865-1878) developed by Giuseppe Mengoni and the restoration of the Sforza Castle (1893-1907) led by Luca Beltrami , as well as a number of minor operations. The inquiry considers the production by some of the main photographers working in the city and the iconographic apparatus of the most important illustrated press of the period, which during the late nineteenth century uses with increasing awareness the narrative qualities of the photographic medium. The evolution of the photographic language is therefore inquired with regard to his contribution to the construction of a national iconography of modernity , a phenomenon that sees the city of Milan in the front line.
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MAGISTRELLI, GIACOMO. "LA FOTOGRAFIA E I CANTIERI DELLA MILANO POSTUNITARIA 1861-1911". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/4174.

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La tesi considera la varietà di formule espressive e di destinazioni funzionali della fotografia in rapporto alla costruzione di spazi e architetture nella Milano del primo cinquantennio dell’unità d’Italia. Strumento di lavoro per architetti e ingegneri, la fotografia delle principali operazioni edilizie eseguite nella città lombarda a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento rappresenta per la nuova classe dirigente un fondamentale strumento di legittimazione del proprio operato amministrativo e di illustrazione dei progressi compiuti dalla città sulla via della modernizzazione. Attraverso un itinerario storico della ‘fotografia di cantiere’, costruito anche grazie al confronto con casi italiani e internazionali, lo studio presenta una puntuale analisi del fenomeno in ambito milanese. Tra i progetti affrontati, il piano di riforma del centro cittadino (1865-1878) di Giuseppe Mengoni e i restauri del Castello Sforzesco (1893-1907) di Luca Beltrami, oltre a una serie di interventi minori, documentati da alcuni dei principali fotografi attivi in città e dai redattori della pubblicistica illustrata, tipologia editoriale che tra Otto e Novecento si serve con sempre maggiore consapevolezza del mezzo fotografico. L’evoluzione del linguaggio fotografico viene dunque indagata nel suo contributo alla costruzione di un’iconografia nazionale della modernità, fenomeno che vede la città di Milano porsi in prima fila nel contesto italiano.
The study investigates the variety of expressive formulas and functional destinations of the photography production concerning the architectural renovation occurred in the city of Milan between 1861 and 1911. Design tool for architects and engineers, construction photography reveals itself as a fundamental tool of political legitimation for the new ruling class and illustrates the progress made by the city in terms of modernization. Through a historical reconstruction of the genre of construction photography, which also considers Italian and international cases, the study presents a detailed analysis of the Milanese phenomenon. Among the projects, the reform plan of the city center (1865-1878) developed by Giuseppe Mengoni and the restoration of the Sforza Castle (1893-1907) led by Luca Beltrami , as well as a number of minor operations. The inquiry considers the production by some of the main photographers working in the city and the iconographic apparatus of the most important illustrated press of the period, which during the late nineteenth century uses with increasing awareness the narrative qualities of the photographic medium. The evolution of the photographic language is therefore inquired with regard to his contribution to the construction of a national iconography of modernity , a phenomenon that sees the city of Milan in the front line.
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Piga, Emanuela <1971&gt. "Memoria e rappresentazione della violenza storica nella letteratura del secondo Novecento". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2121/1/Piga_Emanuela_tesi.pdf.

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Partendo dal problema del rapporto fra la ricostruzione di un evento storico e lo statuto del testo che lo ricostruisce, la tesi si concentra nella lettura di opere riguardanti la Seconda guerra mondiale. Sono in questo senso cruciali due opere autobiografiche trattate nella prima parte del lavoro, Rue Labat Rue Ordener di Sarah Kofman (1993) e Kindheitsmuster di Christa Wolf (1976). In questi due testi la dottoranda prova a recuperare da una parte la rimemorazione letteraria di due esperienze infantili della guerra insieme opposte e complementari dal punto di vista del posizionamento della testimonianza. Il testo della Wolf ibrida la narrazione finzionale e la memoria dell’evento storico vissuto nel ricordo di una bambina tedesca, il testo della Kofman recupera in una maniera quasi psicanalitica la memoria di una bambina ebrea vittima inconsapevole e quesi incosciente della Shoah. Di fronte a due topoi apparentemente già piu volte ripercorsi nella letteratura critica del trauma postconflitto, la tesi in questione cerca di individuare il costituirsi quasi inevitabile di un soggetto identitario che osserva, vive e successivamente recupera e racconta il trauma. Se alcune posizioni della moderna storiografia e della contemporanea riflessione sulla scrittura storiografica, sottolineano la forza e l’importanza dell’elemento narrativo all’interno della ricostruzione storica e dell’analisi dei documenti, questa tesi sembra indicare una via possibile di studio per la letteratura comparata. Una via, cioè, che non si soffermi sui fattori e sui criteri veridizionali del testo, criteri e fattori che devono restare oggetto di studio per gli storici , ma che piuttosto indaghi sul nesso ineludibile e fondativo che la scrittura stessa svela e pone in essere: il trauma, l’irrompere dell’evento storico nell’individuo diventa elemento costitutivo della propria identità, elemento al quale è difficile dare una posizione stabile ma che allo stesso tempo non si può evitare di raccontare, di mettere in discorso. Nella narrazione letteraria di eventi storici esiste dunque un surplus di senso che sta tutto nella costituzione di una posizione dalla quale raccontare, di un punto di vista. Il punto di vista (come ci ricorda De Certeau ne Les lieux des autres in quel saggio dedicato ai cannibali di Montaigne,che viene poi ripreso senza essere mai citato da Ginzburg ne Il filo e le tracce) non è mai dato a priori nel discorso, è il risultato di un conflitto e di una lotta. Il testo che rende conto e recupera la memoria di un passato storico, in particolare di un passato storico conflittuale, di una guerra, di una violenza, per quanto presenti un punto di vista preciso e posizionato, per quanto possa apparire un frutto di determinate strategie testuali e di determinati obiettivi pragmatici, è pur sempre una narrazione il cui soggetto porta in sé, identitariamente, le ferite e i traumi dell’evento storico. Nei casi di Wolf e Kofman abbiamo quindi un rispecchiamento reciproco che fra il tentativo di una ricostruzione della memoria infantile e il recupero dell’elemento intersoggettivo e storico si apre alla scrittura e alla narrazione. La posizione del soggetto che ha vissuto l’irrompere del dramma storico nel discorso lo costituisce e lo delega a essere colui che parla e colui che vede. In un qualche modo la Storia per quanto possa essere creatrice di eventi e per quanto possa trasformare l’esistenza del soggetto non è essa stessa percepibile finché non si posiziona attraverso il soggetto trasformato e modificato all’interno del discorso. In questa continua ricerca di un equilibrio possibile fra realtà e discorso si pone il problema dell’essere soggetto in mezzo ad altri soggetti. E questo in un duplice aspetto: nell’aspetto della rappresentazione dell’altro, cioè nel problema di come la memoria riorganizzi e ricrei i soggetti in gioco nell’evento storico; e poi nella rappresentazione di se stesso per gli altri, nella rappresentazione cioe del punto di vista. Se nel romanzo autobiografico di Kofman tutta la storia veniva a ricondursi alla narrazione privata del soggetto che, come in una seduta psicanalitica recupera e insieme si libera del proprio conflitto interiore, della propria memoria offesa; se nel romanzo di Wolf si cercava un equilibrio fra una soggettivita infantile ormai distante in terza persona e una soggettività rammemorante che prendeva posizione nel romanzo nella seconda persona; la cerniera sia epistemologica sia narratologica fra la prima e la seconda parte della tesi pare essere Elsa Morante e il suo romanzo La Storia. L’opera della Morante sembra infatti farsi pieno carico della responsabilità di non poter piu ridurre la narrazione del trauma alla semplice presa in carico del soggetto autobiografico. Il soggetto che, per dirla ancora con De Certeau, può esprimere il proprio punto di vista perche in qualche modo si è salvato dalla temperie della storia, non si pone nel discorso come punto di inizio e di fine di qualsiasi percezione del trauma, ma si incarna in uno o più personaggi che in un qualche modo rappresentino l’irrapresentabile e l’irrapresentato. La storia diventa quindi elemento non costitutivo di un'identità capace di ri-raccontarsi o almeno non solo, diventa fattore costitutivo di un’identità capace di raccontare l’altro, anzi gli altri, tutti coloro che il conflitto, la violenza ha in un qualche modo cancellato. Così accade all’infanzia tradita e offesa del piccolo Useppe, che viene soffocato non solo nella sua possibilita di svilupparsi, di essere punto di vista del discorso, ma anche nella possibilita di essere osservatore vivo dell’evento; cosi accade a Ida, donna e madre, che la Storia lentamente e inesorabilmente spersonalizza riducendola a essere soggetto passivo e vittima degli eventi. Ecco quindi che la strada aperta dalla Morante permette alla memoria di proiettarsi in una narrazione comune e di condividere e suddividere la posizione centrale del soggetto in una costellazione differente di soggetti. A questo punto si apre, attraverso le tecniche della storia orale e la loro narrativizzazione, una strategia di recupero della memoria evidenziata nell’ultima parte della tesi. La strada intrapresa da autori come i Wu Ming e come Andrea Levy ne è un esempio. Sganciati per evidenti ragioni biografiche e anagrafiche (sono tutti nati ben dopo la fine del secondo conflitto mondiale) da qualsiasi tentazione autobiografica, i primi intraprendono una vera e propria ridistribuzione dei punti di vista sulla storia. In romanzi come Manituana si viene a perdere, almeno a un primo e forse piu superficiale livello, qualsiasi imposizione fissa del punto di vista. Una molteplicità di soggetti si prende carico di raccontare la storia da differenti posizioni, ma la apparente molteplicità degli sguardi non si riduce a una frammentazione dell’etica del racconto quanto piuttosto alla volontà di fare emergere tra gli altri anche il punto di vista dello sconfitto e dell’inerme. Al passato oscuro della violenza storica si contrappone in un qualche modo la messa in discorso del soggetto che cerca attraverso la costituzione non solo di un soggetto ma di una pluralitàdi voci , di ritrovare un’ armonia, di riassimilare la propria memoria condividendola nel testo letterario.
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Piga, Emanuela <1971&gt. "Memoria e rappresentazione della violenza storica nella letteratura del secondo Novecento". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2121/.

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Partendo dal problema del rapporto fra la ricostruzione di un evento storico e lo statuto del testo che lo ricostruisce, la tesi si concentra nella lettura di opere riguardanti la Seconda guerra mondiale. Sono in questo senso cruciali due opere autobiografiche trattate nella prima parte del lavoro, Rue Labat Rue Ordener di Sarah Kofman (1993) e Kindheitsmuster di Christa Wolf (1976). In questi due testi la dottoranda prova a recuperare da una parte la rimemorazione letteraria di due esperienze infantili della guerra insieme opposte e complementari dal punto di vista del posizionamento della testimonianza. Il testo della Wolf ibrida la narrazione finzionale e la memoria dell’evento storico vissuto nel ricordo di una bambina tedesca, il testo della Kofman recupera in una maniera quasi psicanalitica la memoria di una bambina ebrea vittima inconsapevole e quesi incosciente della Shoah. Di fronte a due topoi apparentemente già piu volte ripercorsi nella letteratura critica del trauma postconflitto, la tesi in questione cerca di individuare il costituirsi quasi inevitabile di un soggetto identitario che osserva, vive e successivamente recupera e racconta il trauma. Se alcune posizioni della moderna storiografia e della contemporanea riflessione sulla scrittura storiografica, sottolineano la forza e l’importanza dell’elemento narrativo all’interno della ricostruzione storica e dell’analisi dei documenti, questa tesi sembra indicare una via possibile di studio per la letteratura comparata. Una via, cioè, che non si soffermi sui fattori e sui criteri veridizionali del testo, criteri e fattori che devono restare oggetto di studio per gli storici , ma che piuttosto indaghi sul nesso ineludibile e fondativo che la scrittura stessa svela e pone in essere: il trauma, l’irrompere dell’evento storico nell’individuo diventa elemento costitutivo della propria identità, elemento al quale è difficile dare una posizione stabile ma che allo stesso tempo non si può evitare di raccontare, di mettere in discorso. Nella narrazione letteraria di eventi storici esiste dunque un surplus di senso che sta tutto nella costituzione di una posizione dalla quale raccontare, di un punto di vista. Il punto di vista (come ci ricorda De Certeau ne Les lieux des autres in quel saggio dedicato ai cannibali di Montaigne,che viene poi ripreso senza essere mai citato da Ginzburg ne Il filo e le tracce) non è mai dato a priori nel discorso, è il risultato di un conflitto e di una lotta. Il testo che rende conto e recupera la memoria di un passato storico, in particolare di un passato storico conflittuale, di una guerra, di una violenza, per quanto presenti un punto di vista preciso e posizionato, per quanto possa apparire un frutto di determinate strategie testuali e di determinati obiettivi pragmatici, è pur sempre una narrazione il cui soggetto porta in sé, identitariamente, le ferite e i traumi dell’evento storico. Nei casi di Wolf e Kofman abbiamo quindi un rispecchiamento reciproco che fra il tentativo di una ricostruzione della memoria infantile e il recupero dell’elemento intersoggettivo e storico si apre alla scrittura e alla narrazione. La posizione del soggetto che ha vissuto l’irrompere del dramma storico nel discorso lo costituisce e lo delega a essere colui che parla e colui che vede. In un qualche modo la Storia per quanto possa essere creatrice di eventi e per quanto possa trasformare l’esistenza del soggetto non è essa stessa percepibile finché non si posiziona attraverso il soggetto trasformato e modificato all’interno del discorso. In questa continua ricerca di un equilibrio possibile fra realtà e discorso si pone il problema dell’essere soggetto in mezzo ad altri soggetti. E questo in un duplice aspetto: nell’aspetto della rappresentazione dell’altro, cioè nel problema di come la memoria riorganizzi e ricrei i soggetti in gioco nell’evento storico; e poi nella rappresentazione di se stesso per gli altri, nella rappresentazione cioe del punto di vista. Se nel romanzo autobiografico di Kofman tutta la storia veniva a ricondursi alla narrazione privata del soggetto che, come in una seduta psicanalitica recupera e insieme si libera del proprio conflitto interiore, della propria memoria offesa; se nel romanzo di Wolf si cercava un equilibrio fra una soggettivita infantile ormai distante in terza persona e una soggettività rammemorante che prendeva posizione nel romanzo nella seconda persona; la cerniera sia epistemologica sia narratologica fra la prima e la seconda parte della tesi pare essere Elsa Morante e il suo romanzo La Storia. L’opera della Morante sembra infatti farsi pieno carico della responsabilità di non poter piu ridurre la narrazione del trauma alla semplice presa in carico del soggetto autobiografico. Il soggetto che, per dirla ancora con De Certeau, può esprimere il proprio punto di vista perche in qualche modo si è salvato dalla temperie della storia, non si pone nel discorso come punto di inizio e di fine di qualsiasi percezione del trauma, ma si incarna in uno o più personaggi che in un qualche modo rappresentino l’irrapresentabile e l’irrapresentato. La storia diventa quindi elemento non costitutivo di un'identità capace di ri-raccontarsi o almeno non solo, diventa fattore costitutivo di un’identità capace di raccontare l’altro, anzi gli altri, tutti coloro che il conflitto, la violenza ha in un qualche modo cancellato. Così accade all’infanzia tradita e offesa del piccolo Useppe, che viene soffocato non solo nella sua possibilita di svilupparsi, di essere punto di vista del discorso, ma anche nella possibilita di essere osservatore vivo dell’evento; cosi accade a Ida, donna e madre, che la Storia lentamente e inesorabilmente spersonalizza riducendola a essere soggetto passivo e vittima degli eventi. Ecco quindi che la strada aperta dalla Morante permette alla memoria di proiettarsi in una narrazione comune e di condividere e suddividere la posizione centrale del soggetto in una costellazione differente di soggetti. A questo punto si apre, attraverso le tecniche della storia orale e la loro narrativizzazione, una strategia di recupero della memoria evidenziata nell’ultima parte della tesi. La strada intrapresa da autori come i Wu Ming e come Andrea Levy ne è un esempio. Sganciati per evidenti ragioni biografiche e anagrafiche (sono tutti nati ben dopo la fine del secondo conflitto mondiale) da qualsiasi tentazione autobiografica, i primi intraprendono una vera e propria ridistribuzione dei punti di vista sulla storia. In romanzi come Manituana si viene a perdere, almeno a un primo e forse piu superficiale livello, qualsiasi imposizione fissa del punto di vista. Una molteplicità di soggetti si prende carico di raccontare la storia da differenti posizioni, ma la apparente molteplicità degli sguardi non si riduce a una frammentazione dell’etica del racconto quanto piuttosto alla volontà di fare emergere tra gli altri anche il punto di vista dello sconfitto e dell’inerme. Al passato oscuro della violenza storica si contrappone in un qualche modo la messa in discorso del soggetto che cerca attraverso la costituzione non solo di un soggetto ma di una pluralitàdi voci , di ritrovare un’ armonia, di riassimilare la propria memoria condividendola nel testo letterario.
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Varano, Stefania <1978&gt. "Visualizzazioni e rappresentazioni sensoriali della scienza non visibile". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7366/1/VARANO_TESI_FINALE.pdf.

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Resumen
La visualizzazione scientifica è la resa in forma visuale di dati, al fine di meglio comprenderli per sé e più facilmente illustrarli ad altri. I dati visualizzati sono informazioni quantitative frutto di osservazione, astrazione o calcolo. Il processo di visualizzazione presuppone una serie di regole per la codifica e decodifica dell’informazione. Normalmente il codice rappresentativo è articolato, per gestire al meglio il compromesso tra la fedeltà di rappresentazione e i limiti del mezzo usato per rappresentarla; non di rado però è sottointeso. Nei casi in cui la rappresentazione visuale è densamente figurativa, cioè imita espressamente la realtà, questo può portare a una confusione tra significante e significato oppure a un’interpretazione errata da parte dell’utente guidata dall’analogia con la memoria e l’esperienza vissuta. Questo fraintendimento può dimostrarsi particolarmente rischioso nei casi in cui la rappresentazione visuale ha come oggetto qualcosa di fisicamente esistente ma, per cause legate alla natura fisica dell’oggetto, inaccessibile alla vista e agli strumenti ottici. Abbiamo argomentato come nel caso di rappresentazioni della realtà più arbitrarie e scarsamente figurative, la corrispondenza con il contenuto informativo è più cosciente nell’utilizzatore, permettendo di superare alcuni dei limiti cognitivi delle rappresentazioni visuali. Ci siamo quindi chiesti se non fosse possibile, e magari anche conveniente, realizzare rappresentazioni sensoriali che non fanno uso della vista e ne abbiamo studiato le potenzialità. Lo studio ha guidato la realizzazione di una resa in forma tattile e uditiva dell’emissione di onde radio da parte di oggetti celesti in una regione di cielo, attraverso parametri tattili e uditivi arbitrari e non necessariamente corrispondenti ad analoghi visuali. La sperimentazione, effettuata anche con l’aiuto di utenti non vedenti, ha evidenziato una notevole efficacia in termini di trasferimento di informazione e di coinvolgimento di un pubblico diversamente abile, mostrando interessanti spunti di ricerca futuri in ambito didattico, museale e sociale.
Scientific visualization is the visual representation of data, in order to better understand and illustrate them. The displayed data is any quantitative information, resulting from observation, abstraction or calculation. The display process implies a set of rules for encoding information in a visual form. Normally the code is complex, in order to better compromise between the fidelity of representation and the limits of the medium used to represent it; not infrequently, however, it is tacit. In cases where the visual representation is densely figurative (i.e. a clear imitation of reality), this can lead to mistake signifier for signified, or to misinterpret the represented data, due to the analogy of the representation with real experience. This misunderstanding may be particularly risky in cases where the object of the visual representation is something physical, but inaccessible to the eye and to optical instruments. We argue that in the case of more arbitrary and less figurative representations, the fruition is more conscious, also allowing to overcome some of the cognitive limits of visual representations. We investigate whether it is possible, and maybe even more suitable, to create sensorial representations that do not use the view, therefore we studied the potential of such representations. This study led to the realization of a tactile and acoustic map of radio waves emitted from celestial objects in a region of the sky, using tactile and auditory parameters not necessarily corresponding to visual analogues. The experiment, carried out also with visually impaired users, showed a significant effect in terms of transfer of information and involvement of a disabled audience, presenting interesting cues for future research in education, implementations for science centers and creation of integrations projects about sensory impairment.
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Varano, Stefania <1978&gt. "Visualizzazioni e rappresentazioni sensoriali della scienza non visibile". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7366/.

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La visualizzazione scientifica è la resa in forma visuale di dati, al fine di meglio comprenderli per sé e più facilmente illustrarli ad altri. I dati visualizzati sono informazioni quantitative frutto di osservazione, astrazione o calcolo. Il processo di visualizzazione presuppone una serie di regole per la codifica e decodifica dell’informazione. Normalmente il codice rappresentativo è articolato, per gestire al meglio il compromesso tra la fedeltà di rappresentazione e i limiti del mezzo usato per rappresentarla; non di rado però è sottointeso. Nei casi in cui la rappresentazione visuale è densamente figurativa, cioè imita espressamente la realtà, questo può portare a una confusione tra significante e significato oppure a un’interpretazione errata da parte dell’utente guidata dall’analogia con la memoria e l’esperienza vissuta. Questo fraintendimento può dimostrarsi particolarmente rischioso nei casi in cui la rappresentazione visuale ha come oggetto qualcosa di fisicamente esistente ma, per cause legate alla natura fisica dell’oggetto, inaccessibile alla vista e agli strumenti ottici. Abbiamo argomentato come nel caso di rappresentazioni della realtà più arbitrarie e scarsamente figurative, la corrispondenza con il contenuto informativo è più cosciente nell’utilizzatore, permettendo di superare alcuni dei limiti cognitivi delle rappresentazioni visuali. Ci siamo quindi chiesti se non fosse possibile, e magari anche conveniente, realizzare rappresentazioni sensoriali che non fanno uso della vista e ne abbiamo studiato le potenzialità. Lo studio ha guidato la realizzazione di una resa in forma tattile e uditiva dell’emissione di onde radio da parte di oggetti celesti in una regione di cielo, attraverso parametri tattili e uditivi arbitrari e non necessariamente corrispondenti ad analoghi visuali. La sperimentazione, effettuata anche con l’aiuto di utenti non vedenti, ha evidenziato una notevole efficacia in termini di trasferimento di informazione e di coinvolgimento di un pubblico diversamente abile, mostrando interessanti spunti di ricerca futuri in ambito didattico, museale e sociale.
Scientific visualization is the visual representation of data, in order to better understand and illustrate them. The displayed data is any quantitative information, resulting from observation, abstraction or calculation. The display process implies a set of rules for encoding information in a visual form. Normally the code is complex, in order to better compromise between the fidelity of representation and the limits of the medium used to represent it; not infrequently, however, it is tacit. In cases where the visual representation is densely figurative (i.e. a clear imitation of reality), this can lead to mistake signifier for signified, or to misinterpret the represented data, due to the analogy of the representation with real experience. This misunderstanding may be particularly risky in cases where the object of the visual representation is something physical, but inaccessible to the eye and to optical instruments. We argue that in the case of more arbitrary and less figurative representations, the fruition is more conscious, also allowing to overcome some of the cognitive limits of visual representations. We investigate whether it is possible, and maybe even more suitable, to create sensorial representations that do not use the view, therefore we studied the potential of such representations. This study led to the realization of a tactile and acoustic map of radio waves emitted from celestial objects in a region of the sky, using tactile and auditory parameters not necessarily corresponding to visual analogues. The experiment, carried out also with visually impaired users, showed a significant effect in terms of transfer of information and involvement of a disabled audience, presenting interesting cues for future research in education, implementations for science centers and creation of integrations projects about sensory impairment.
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Trisciuzzi, Maria Teresa <1983&gt. "Families Stories. Rappresentazioni di famiglie nella letteratura per l'infanzia in Europa e negli Stati Uniti". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7044/1/TRISCIUZZI_MARIATERESA_TESI.pdf.

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Resumen
In questa tesi dottorale viene preso in analisi il tema della famiglia, uno degli elementi fondanti della riflessione pedagogica, crocevia di una molteplicità di nuclei interpretativi con diramazioni e contaminazioni, con mutamenti attraverso le epoche storiche, rappresentati in pagine contenute nei Classici della letteratura per l’infanzia e nei migliori libri di narrativa contemporanea. Si tratta di un tema di grande ampiezza che ha comportato una scelta mirata di Autori che, nei loro romanzi hanno trattato questioni riguardanti la famiglia nelle sue pluralità delle sue tante accezioni, dalla vita familiare agli abbandoni, dalle infanzie senza famiglia alle famiglie altre. Nelle diverse epoche storiche, le loro narrazioni hanno lasciato un segno per l'originalità interpretativa che ancora oggi ci raccontano storie di vie familiale Dai romanzi ottocenteschi alle saghe fantasy degli ultimi cinquant’anni, fino ai picturebook, destinati ai più piccoli, le families stories possono costituire un materiale pedagogico privilegiato, sia offrendo occasioni di scoperta e conoscenza di sé e del mondo, attraverso le quali i lettori bambini, enigmatici frontalieri, varcano soglie verso altrovi misteriosi, sia fornendo spunti agli studiosi per approfondire tematiche multiple e complesse. Le families stories riflettono spesso in maniera critica le divergenze che possono manifestarsi tra le prassi individuate e studiate dalle scienze umane e sociali e le metafore narrative proposte dai numerosi Autori della letteratura per l’infanzia. Proponendo una prospettiva spesso spiazzante, esse interpretano la realtà a fondo, cogliendo i più piccoli ed inosservati particolari che, invece, hanno la capacità di rompere gli schemi socio-educativi dell’epoca storica in cui le storie prendono vita.
This doctoral dissertation analyzes the theme of the Family, one of the founding elements of pedagogical reflection, crossroads of a multiplicity of interpretive nucleuses with branching and contaminations, with Changes across historical periods represented in the pages of Classics of Children's literature and in the best contemporary's fiction books. It is a subject of great amplitude that entailed a choice of Authors who, in their novels have dealt with issues relating to the family in its plurality of its many meanings, from family life to the abandoned child, from childhoods without family to others families. In different historical epochs, their narratives have left an originality of interpretation that still tell stories of 'vie familiale'. From 19th-century's novels to sagas of fantasy's novels of the past fifty years, until the picturebook, the families’ stories may constitute a privileged educational and pedagogical material, that offers opportunities for discovery and knowledge of oneself and of the world, through which children's readers, cross the threshold to the mysterious everywhere, and also provides insights to scholars to study multiple and complex issues. The families’ stories often reflect critically the variations that can occur between the practices identified and studied by the humanities and social sciences and the metaphors offered by numerous narrative's Authors of children's literature. Offering a perspective often unsettling, they interpret reality thoroughly, taking the smaller and unnoticed details that have the ability to break the mold of socio-educational historical epoch in which the stories come to life.
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Trisciuzzi, Maria Teresa <1983&gt. "Families Stories. Rappresentazioni di famiglie nella letteratura per l'infanzia in Europa e negli Stati Uniti". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7044/.

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In questa tesi dottorale viene preso in analisi il tema della famiglia, uno degli elementi fondanti della riflessione pedagogica, crocevia di una molteplicità di nuclei interpretativi con diramazioni e contaminazioni, con mutamenti attraverso le epoche storiche, rappresentati in pagine contenute nei Classici della letteratura per l’infanzia e nei migliori libri di narrativa contemporanea. Si tratta di un tema di grande ampiezza che ha comportato una scelta mirata di Autori che, nei loro romanzi hanno trattato questioni riguardanti la famiglia nelle sue pluralità delle sue tante accezioni, dalla vita familiare agli abbandoni, dalle infanzie senza famiglia alle famiglie altre. Nelle diverse epoche storiche, le loro narrazioni hanno lasciato un segno per l'originalità interpretativa che ancora oggi ci raccontano storie di vie familiale Dai romanzi ottocenteschi alle saghe fantasy degli ultimi cinquant’anni, fino ai picturebook, destinati ai più piccoli, le families stories possono costituire un materiale pedagogico privilegiato, sia offrendo occasioni di scoperta e conoscenza di sé e del mondo, attraverso le quali i lettori bambini, enigmatici frontalieri, varcano soglie verso altrovi misteriosi, sia fornendo spunti agli studiosi per approfondire tematiche multiple e complesse. Le families stories riflettono spesso in maniera critica le divergenze che possono manifestarsi tra le prassi individuate e studiate dalle scienze umane e sociali e le metafore narrative proposte dai numerosi Autori della letteratura per l’infanzia. Proponendo una prospettiva spesso spiazzante, esse interpretano la realtà a fondo, cogliendo i più piccoli ed inosservati particolari che, invece, hanno la capacità di rompere gli schemi socio-educativi dell’epoca storica in cui le storie prendono vita.
This doctoral dissertation analyzes the theme of the Family, one of the founding elements of pedagogical reflection, crossroads of a multiplicity of interpretive nucleuses with branching and contaminations, with Changes across historical periods represented in the pages of Classics of Children's literature and in the best contemporary's fiction books. It is a subject of great amplitude that entailed a choice of Authors who, in their novels have dealt with issues relating to the family in its plurality of its many meanings, from family life to the abandoned child, from childhoods without family to others families. In different historical epochs, their narratives have left an originality of interpretation that still tell stories of 'vie familiale'. From 19th-century's novels to sagas of fantasy's novels of the past fifty years, until the picturebook, the families’ stories may constitute a privileged educational and pedagogical material, that offers opportunities for discovery and knowledge of oneself and of the world, through which children's readers, cross the threshold to the mysterious everywhere, and also provides insights to scholars to study multiple and complex issues. The families’ stories often reflect critically the variations that can occur between the practices identified and studied by the humanities and social sciences and the metaphors offered by numerous narrative's Authors of children's literature. Offering a perspective often unsettling, they interpret reality thoroughly, taking the smaller and unnoticed details that have the ability to break the mold of socio-educational historical epoch in which the stories come to life.
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Florio, Giovanni <1985&gt. "Rappresentanti e rappresentazioni delle comunità di Terraferma nella Venezia dell'Interdetto (1606-1607)". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4647.

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La crisi dell’Interdetto del 1606-1607, momento deflagrazione di secolari tensioni tra Venezia e il papato, ha riscosso un pressoché ininterrotto interesse storiografico. A partire da questa tradizione di studi e dai più recenti contributi sull’argomento, la presente ricerca intende interrogarsi sul ruolo giocato nei frangenti della crisi dalle terre sottoposte alla Serenissima, città e comunità rurali, oggetto particolarmente caro all’analisi storiografica sulle strutture sociali e politico-istituzionali dello stato marciano. La scelta di papa Paolo V di scomunicare la Repubblica e vietare la celebrazione dei sacramenti su tutti i suoi dominii in risposta a una legislazione ritenuta lesiva della libertà ecclesiastica, si riproponeva di sollevare i governati contro i governanti, il Dominio contro la Dominante, ponendo la Serenissima di fronte al concreto rischio di un collasso interno. La sanzione spirituale scelta dal pontefice, la dimensione di «guerra delle scritture» assunta dal conflitto nella sua fase matura, fecero dei sudditi della Serenissima degli interlocutori privilegiati per i principi in contesa, da obbligare ma anche da persuadere all’obbedienza. Il presente contributo intende analizzare le forme e le retoriche di quel dialogo a partire da documentazione inedita prodotta da quegli individui e istituzioni che ne furono i principali protagonisti. Particolare attenzione è stata rivolta ai rappresentanti delle comunità suddite operanti a Venezia negli anni a cavallo dell’Interdetto – nunzi e ambasciatori –, gli uomini incaricati di dar voce alle istanze delle comunità suddite e di presentarle al Principe.
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Guillemot, Marc <1981&gt. "Le Politiche Pubbliche Brasiliane nello Scenario Internazionale: Nuove Rappresentazioni". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2512.

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L’oggetto della ricerca è studiare il Brasile, “creato” secondo gli interessi di settori sociali dominanti, arretrati (oligarchia latifondista e i suoi alleati). Si analizzerà la mutazione degli interessi delle classi egemoni, dalla colonizzazione in poi, e relative conseguenze. Si esaminerà il processo di Nation Building del Brasile, cogliendo il cambiamento d’immagine internazionale del Paese prodotta dalla Presidenza del Governo Lula. Si osserverà come la qualità di vita di un ampio spettro di persone sia migliorata attraverso le politiche sociali e queste ultime siano un investimento a lungo termine per garantire un benessere maggiore per la Nazione. L’obiettivo della tesi è di dimostrare, con l’esempio del Brasile, che il cosiddetto Terzo Mondo può uscire dalla miseria che lo attanaglia. Il Brasile, ricco in materie prime, risorse naturali e umane, riveste importanza per l’Europa per un duplice motivo: fa parte delle economie emergenti del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), ed è fra i Paesi leader del Sudamerica. La tesi si sviluppa in tre capitoli: 1) Una ricerca per conoscere il processo di Nation Building del Paese: ripercorrere il percorso storico brasiliano, dalla cosiddetta “scoperta dell’America” fino al processo di democratizzazione iniziatosi alla fine della dittatura militare del ’64-’85, consentirà di capire la problematica della dipendenza strutturale del Brasile e conseguentemente ricostruire come il Paese apparisse agli occhi di tutto il Mondo. 2) Un’analisi delle politiche pubbliche adottate in epoca contemporanea. Senza rovesciare gli equilibri del sistema, il Presidente Lula raggiunge i suoi obiettivi primari: la “lotta alla fame” e un “Brasile, paese di tutti”. Si può costatare che con gli ultimi due governi c’è un forte tentativo di tutela verso le fasce più deboli della società (indigeni, afro-brasiliani, donne, indigenti) con particolare riguardo alla salute ed alla educazione dei minori. 3) Una ricerca su articoli della stampa europea, specialmente di Italia, Francia, Spagna e Gran Bretagna. Questa analisi consentirà di capire com’è cambiata l’ottica europea nei confronti del Brasile e quale sia l’immagine di cui gode questo “nuovo Paese”. Durante il primo decennio del XXI sec. i notiziari europei hanno parlato sempre più frequentemente del Brasile: l’Europa temeva, che con l’elezione a Presidente dell’ex-sindacalista Lula il Brasile potesse assumere posizioni estremiste. Al contrario, Lula si è dimostrato non solo democratico e moderato nei rapporti internazionali, ma ha anche guidato il Paese cercando di appianare le differenze economiche. Sommato tutto questo al boom economico, i media di tutto il mondo hanno rispolverato vecchi titoli e slogan come “Il gigante si è svegliato” “Il paese del futuro” “Il miracolo Brasiliano”. Il fenomeno del Brasile ci permette di capire la relazione esistente tra la massa ed i suoi leader. In un passato anche recente il Brasile era famoso per estesissime favelas e ricchezza esclusiva di pochissimi fortunati (calciatori e modelle); adesso è un interlocutore internazionale nel campo tecnologico, scientifico, economico e dei Diritti Umani. In effetti, soltanto con la partecipazione del popolo, investito di responsabilità verso il proprio Paese, è possibile fare tutti quei progressi che permettono lo sviluppo nazionale. Perciò si dimostrerà che è possibile uscire da vecchi stereotipi se esiste la volontà politica per un progetto di cambiamento sociale sostenibile. A conclusione, si proverà come le nuove politiche pubbliche del Brasile si possano considerare come l’esempio di una visione innovativa in cui crescita economica e redistribuzione della ricchezza sono fra loro complementari.
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Rizzoli, Valentina. "Rappresentazioni della storia della psicologia sociale in Europa e Nord America attraverso l'analisi della produzione scientifica: European Journal of Social Psychology e Journal of Personality and Social Psychology". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426707.

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If we consider a discipline as a historical product of the dynamics that exist between institutions, scientific communities and their practices (Danziger, 1995), scientific production, as a product of these dynamics, can be considered crucial to outline its history. Studying the history of a discipline starting from its scientific production means understanding how it is built around a specific community, since it contains its theories, methods and fields of application (Trevisani & Tuzzi, 2015, 2018). The aim of the present dissertation is to offer a representation of the history of social psychology in two communities or centres (cf. Danziger, 1996), European and North American, which are historically linked and at the core of debated issues in the field. Thus, we started from the study of the temporal evolution of contents in two central journals in their respective contexts: European Journal of Social Psychology and Journal of Personality and Social Psychology. In particular, we intend: 1) to offer a reflection on the contribution of the methods used to portray a history of a discipline, 2) to identify the direction of publications by highlighting hegemonic or marginal perspectives and methods and 3) to contribute to a reflection on the discipline itself. Since these journals convey the contents of the articles through keywords, all the titles and the abstracts of the two journals have been collected from their foundation (1971 and 1965 respectively) until the last issue of 2016. By means of a (lexical) correspondence analysis (SPAD software), the existence of a latent temporal pattern in keywords' occurrences has been explored. An overview of the words that characterised each year in each corpus is presented to observe and compare debated themes, processes, and methods covered by the two journals throughout the years. Furthermore, the main debated topics (that are clusters of words with a common meaning) by the journals and their temporal trajectories have been identified and compared by means of Reinert's method (1986) (IRaMuTeQ and R software) and Latent Dirichlet Allocation (Blei, Ng, & Jordan, 2003) (implemented in the R environment). The individual trajectories of the keywords were then tracked and grouped together based on their temporal pattern (Functional Data Analysis and Curve Clustering) in order to identify their "life cycle" (Trevisani & Tuzzi, 2015; 2018). Finally, some interviews with social psychologists were carried out to discuss some of the outcomes of the analyses, they were also invited to highlight methods and perspectives that might remain marginal to the field and to discuss on the overall history and development of the discipline. The results from all the moments of data collection and analysis were discussed a) by making a comparison between the journals and the literature, b) with respect to the methods used and c) reflecting on some questions posed in the beginning of this project - or that have emerged during the course of the work -considered relevant to fully explore the influence the history of the discipline to the field of Social Psychology.
Se si considera una disciplina come un prodotto storico delle dinamiche che intercorrono tra istituzioni, comunità  scientifiche e le loro pratiche (Danziger, 1995), la produzione scientifica, quale prodotto di queste dinamiche, può essere considerata cruciale per delinearne la storia. Studiare la storia di una disciplina a partire dalla sua produzione scientifica significa cogliere come questa viene costruita attorno a una determinata comunità , dal momento che ne contiene teorie, metodi e ambiti applicativi (Trevisani & Tuzzi, 2015; 2018). L'obiettivo della presente dissertazione è offrire una rappresentazione della storia della psicologia sociale in due comunità  o centri (cfr. Danziger, 1996), europeo e nord-americano, storicamente legati e fulcro di questioni dibattute. Per farlo si è partiti dallo studio dell'evoluzione temporale dei contenuti di due riviste centrali nei rispettivi contesti: European Journal of Social Psychology e Journal of Personality and Social Psychology. In particolare si intende: 1) offrire una riflessione sul contributo dei metodi usati nel tracciare la storia di una disciplina, 2) individuare la direzione delle pubblicazioni tra prospettive e metodi egemoni e marginali e 3) contribuire a una riflessione sulla disciplina stessa. Dal momento che veicolano attraverso parole chiave i contenuti degli articoli, sono stati raccolti tutti i titoli e gli abstract delle due riviste dalla loro fondazione (rispettivamente 1971 e 1965) fino all'ultimo numero del 2016. Per mezzo dell'analisi delle corrispondenze lessicali (software SPAD), è stata esplorata la presenza di un andamento temporale latente nelle occorrenze delle parole chiave. È stata così proposta una panoramica dei contenuti principali che hanno caratterizzato ogni anno in ciascun corpus al fine di osservare e confrontare temi, processi e metodi discussi e trattati dalle due riviste. Inoltre, sono stati individuati e confrontati i principali argomenti (intesi come gruppi di parole a cui sottostà  un significato comune) trattati dalle riviste e le loro traiettorie temporali per mezzo del metodo Reinert (1986) (software IRaMuTeQ e R) e Latent Dirichlet Allocation (Blei, Ng, & Jordan, 2003) (implementata in ambiente R). In seguito sono state tracciate le singole traiettorie delle parole chiave e sono state accomunate in cluster in base al loro andamento temporale (Functional Data Analysis e Curve Clustering) al fine di individuarne il "ciclo di vita" (Trevisani & Tuzzi, 2015; 2018). Infine sono state svolte alcune interviste a psicologi sociali per discutere con loro alcuni dei risultati delle analisi delle riviste e mettere in luce metodi e prospettive che potrebbero rimanere marginali nel campo e discutere sulla storia e lo sviluppo della disciplina. I risultati, nel complesso, sono stati discussi a) ponendo in essere un confronto tra le riviste e con la letteratura, b) riflettendo sui metodi utilizzati e c) a partire da alcuni questioni poste in principio - o emerse in corso d'opera - come salienti.
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Braca, Lorenzo. "Visioni paradisiache e terrori infernali. Crisi istituzionale e trasmissione d'identità nelle collezioni di miracoli cistercensi (seconda metà sec. XII -€“ primo quarto sec. XIII)". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3425814.

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At the turn of the XII century Cistercian monks faced various challenges that compromised the overall solidity of their institution. Cultural disaggregation within an Order that was scattered over a wide geographical area, combined with a constant struggle with papacy, especially with Alexander III, Lucius III and Innocent III who tried to subdue the libertas Ordinis to the libertates Ecclesiae, contributed to a sense of instability that made the centre of the organization fear a dissolutio ordinis. My doctoral research is concerned with the evolution of the self-representations in the first Cistercian miracle collections in relation to the institutional, economical and cultural developments of the Order. The main sources I have examined are the Collectaneum Exemplorum Clarevallense (compiled under prior John of Clairvaux 1171-1179), the Liber Miraculorum by Herbert of Torres, the Exordium Magnum Cisterciense attributed to Conrad of Eberbach, the Dialogus Miraculorum and the Libri VIII Miraculorum by Caesarius of Heisterbach. Also included in my study are various other collections such as the Liber Revelationum by Richalm of Schöntal and the fragments related to Stratford- Langthorne monastery in Peter of Cornwall's Liber Revelationum. From a methodological point of view the research focuses on the comparative analysis of formal and thematic elements of the sources to highlight the mutations between them. Particular interest is put on the doctrinal and theological issues in connection with the pedagogical and edifying functions. Through vision literature it is possible to see how Cistercians attempted to affirm their religio as the best interpreter of the doctrines developed in the theological-canonistic field since the XI century. Textual and narrative strategies were the means employed in this literature to affirm Cistercian superiority in the ecclesiastical world. Consequentially, the continuation of my analysis is developed on two parallel lines; an inspection of the doctrinal aspects in the narrative of the sources, alongside a study of the textual strategies within the literature and the transmission of these texts.
A cavallo del XII secolo i monaci cistercensi dovettero affrontare una crisi che compromise la stabilità  del loro istituto: disgregazione culturale interna all'Ordine, le cui fondazioni erano sparpagliate su un territorio vastissimo e disomogeneo, combinata a una competizione costante con il papato, specialmente con Alessandro III, Lucio III e Innocenzo III che cercarono di sottomettere la "libertas Ordinis" alla "libertates Ecclesiae", contribuirono a diffondere un senso di instabilità  che portò il centro dell'Ordine a temere una "dissolutio ordinins". Oggetto di questa tesi dottorale è l'evoluzione dell'autorappresentazione dell'Ordine nelle prime collezioni cistercensi di miracoli, in relazione agli sviluppi istituzionali, economici e culturali che ne caratterizzarono la storia. Le principali fonti che ho esaminato sono il Collectaneum Exemplorum Clarevallense (scritto sotto il priorato di Giovanni di Clairvaux 1171-1179), il Liber Miraculorum di Erberto di Torres, l'Exordium Magnum Cisterciense attribuito a Corrado di Eberbach, il Dialogus Miraculorum e i Libri VIII Miraculorum di Cesario di Heisterbach. Sono state anche esaminate varie altre raccolte, tra le quali il Liber Revelationum di Richalm di Schöntal e alcuni frammenti di un probabile Liber redatto nel monastero londinese di Stratford-Langthorne e contenuti nel parzialmente inedito Liber Revelationum di Pietro di Cornovaglia. Dal punto di vista metodologico, la ricerca si concentra nell'analisi comparata degli elementi formali e tematici che caratterizzano le fonti, per mettere in risalto punti di contatto e divergenze negli stili e nelle tecniche compositive. Particolare interesse viene posto sulle istanze dottrinali e teologiche in connessione alle funzioni pedagogiche e edificanti. Attraverso la letteratura delle visioni è possibile vedere come i Cistercensi tentarono di affermare la loro "religio" come la migliore interprete delle dottrine sviluppate in ambito teologico-canonistico. Strategie narrative e testuali furono i mezzi adottati da questa produzione letteraria per affermare la superiorità cistercense nel mondo ecclesiastico. Conseguentemente, l'analisi si sviluppa su due fronti paralleli: un'ispezione degli aspetti dottrinali codificati nelle narrazioni e uno studio delle funzioni e delle trasmissioni dei testi.
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Landi, Veronica. "Storia e colonizzazione dell' "uomo africano": la rappresentazione dell'Africa nel discorso di un presidente francese. Analisi e proposta di traduzione del discorso di Nicolas Sarkozy a Dakar il 26 luglio 2007". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9871/.

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La tesi considera il discorso di Dakar sotto vari aspetti: tenendo conto delle analisi già pubblicate sull'argomento, pone particolare enfasi sul contesto enunciativo, sulle implicazioni del ruolo socio-politico dell'oratore, sull'utilizzo di determinate scelte linguistiche per trasmettere un messaggio non sempre in linea con quello apertamente dichiarato (e spesso contraddittorio). La tesi analizza inoltre in particolare il concetto di Africa nel discorso, nonché la visione della storia e della colonizzazione nel discorso (e le implicazioni colonialiste).
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MATERIA, SIMONA. "CARCERE E CITTADINANZA: L¿ISTITUZIONE PENITENZIARIA NEL PROCESSO DI INCLUSIONE/ESCLUSIONE SOCIALE DEI MIGRANTI". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/232490.

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Gli ultimi decenni sono stati contraddistinti da un notevole aumento della percentuale di migranti detenuti all’interno delle carceri europee, sproporzionato rispetto all’incidenza degli stranieri all’interno dei territori considerati. In Italia questo fenomeno di sovra-rappresentazione dei migranti all’intero dei penitenziari ha una dimensione particolarmente importante, che ha suscitato l’interesse della letteratura sociologica e criminologica, interesse orientato alla ricerca delle sue cause. Il presente lavoro si propone di indagare quali siano non già le cause, quanto gli effetti dell’esperienza detentiva sui migranti, con particolare riferimento alla sua influenza nei percorsi di vita successivi dei migranti, alla luce di due principali orientamenti interpretativi, entrambi inseriti all’interno della corrente di pensiero di stampo marxista, e quindi attenti alle correlazioni tra il mercato del lavoro e il sistema penitenziario. Secondo parte della letteratura il carcere costituisce un portone di ingresso al contratto sociale per la nuova classe lavoratrice, oggi costituita dai migranti. Infatti al suo interno essi hanno modo di beneficiare di alcune forme di welfare, accedendo a servizi ed opportunità (assistenza sanitaria, istruzione e alfabetizzazione, lavoro regolare e formazione al lavoro) dalle quali - specialmente se irregolari - essi generalmente sono esclusi in condizione di libertà nel territorio italiano. Un diverso orientamento ha sostenuto invece che la prigionizzazione dei migranti svolga una funzione meramente neutralizzante, finalizzata alla loro esclusione definitiva dal contesto sociale. Alla luce dell’analisi di quanto “offre” il penitenziario ai migranti e delle storie di vita raccolte tra migranti recidivi nel Carcere di Capanne (PG), questo lavoro ha lo scopo di capire quale funzione svolga oggi il carcere nei confronti dei migranti, ed in particolare se esso rappresenti anche oggi una prima tappa nel processo di inclusione della nuova classe lavoratrice, ovvero sia diventato un luogo di mera neutralizzazione.
The past few decades have been marked by a significant increase in the percentage of immigrants detained in prisons in Europe, disproportionate incidence of foreigners in the concerned territory. In Italy the phenomenon of over- representation of immigrants in prisons has a vey important dimension , that has attracted the interest of the sociological and criminological literature , research-oriented interest of its causes. The present work aims to investigate not the causes, but the effects of the experience of imprisonment on immigrants’s lives. Specifically, we’ll examine two main lines of interpretation, both included inside the internal current of Marxism, and we’ll pay attention to the correlation between the labor market and the prison system . According to the literature, the prison is a main entrance to the Social Contract for the new working class , made up of immigrants now a days. In fact, inside the jail, they have the opportunity to benefit from certain forms of welfare , accessing services and opportunities (health care , education and literacy , regular employment and job training ) from them - especially if irregular - they generally are excluded in condition of freedom in Italy. A different approach has argued instead that the detention of immigrants performs a function merely neutralizing aimed at their definitive exclusion from the social context . Inquire to what " offers " the penitentiary to immigrants and migrant life stories collected from offenders in the Prison of Capanne ( PG ), this work aims to understand what function the prison plays today against immigrants , and especially if it represents today a first step in the process of inclusion of the new working class , which has become a place of neutralization , with the advent of post-Fordist production system, a place of storage of excess workers.
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Zornetta, Giulia. "Langobardia minor (secoli VIII-IX). Competizione, conflittualità e potere politico". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3423278.

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This thesis focuses on Lombard Southern Italy during the early middle ages and it analyses the history of political and social conflicts between the eighth and ninth century, taking into account the transformation of Lombard political power and social practices in this area. Starting from the eight-century judicial sources, this work explores political and social competition in the Beneventan region by taking into account its geographical position at the center of the Mediterranean see. Southern Italy was considered as a periphery, and sometimes as a frontier, by both the Carolingian and Byzantine empires, and endured almost a century of Muslims’ attempts to conquer the peninsula.
La presente tesi si occupa dell’Italia meridionale longobarda durante l’alto medioevo e analizza la storia dei conflitti politici e sociali tra l’VIII e il IX secolo tenendo in considerazione le trasformazioni del potere politico longobardo e delle pratiche sociali in quest’area. Partendo dalle fonti giudiziarie di secolo VIII, questa tesi esplora dunque la competizione politica e sociale nella regione beneventana senza prescindere dalla sua posizione al centro del Mediterraneo. L’Italia meridionale fu considerata una periferia, talvolta una vera e propria frontiera, sia dall’impero carolingio sia da quello bizantino, e resistette per oltre un secolo ai tentativi musulmani di conquistare la penisola.
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CARACCIOLO, IRENE. "All'origine della rappresentazione agiografica: le storie di san Nicola da Bisanzio all'Italia (XI-XIII secolo)". Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/11573/1639198.

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La tesi indaga le rappresentazioni narrative della vita e dei miracoli di san Nicola di Myra (poi di Bari) nell'arte del Mediterraneo dall'XI al XIII secolo. Il punto di partenza dello studio è stata l'integrazione del censimento di Nancy Patterson Sevcenko dei monumenti bizantini con le storie di san Nicola (1983). Nel Mediterraneo Orientale alcuni casi di studio emersi successivamente meritavano di essere integrati, in particolare il ciclo pittorico conservato nella basilica del santo a Myra, emerso a seguito dei restauri tra il 1990 e il 2004. Parallelamente mancava del tutto un'indagine comparativa delle rappresentazioni narrative della vita del santo sparse su tutto il territorio italiano nella pittura murale e su tavola, nella scultura e nella scultura in funzione architettonica. I casi di studio presi in esame corrispondo a diversi modi del racconto cicli narrativi veri e propri, icone agiografiche su tavola e murali e scene narrative singole.
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MARCONI, Stefano. "Problemi di prospettiva e linguaggio artistico in epoca rinascimentale". Doctoral thesis, 1990. http://hdl.handle.net/11573/474276.

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L'approfondimento delle corrispondenze fra le vicende rinascimentali della geometria proiettiva e la storia della rappresentazione grafico-pittorica ha portato a verificarne la dinamica connessione anche al fine di riconoscere e applicare strumenti di analisi idonei all'interpretazione concreta di originali schemi compositivi.
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ATERINI, BARBARA. "La stereotomia ed i metodi di rappresentazione prima di Monge". Doctoral thesis, 1996. http://hdl.handle.net/2158/235550.

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Tesi di DOTTORATO DI RICERCA in Rilievo e Rappresentazione del Costruito (VIII ciclo) Università degli Studi di Firenze. Studio sui problemi della rappresentazione dello spazio tridimensionale nelle varie fasi della storia umana, con particolare riferimento alla stereotomia, cioè a quell’insieme di procedimenti e regole per il disegno ed il taglio dei conci in pietra di una struttura. Dunque la stereotomia come avanguardia della Geometria Descrittiva. 272 illustrazioni di cui 10 tavole del rilievo originale di una delle tribune poste sotto il tamburo della cupola del Duomo di Firenze.
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Calisi, Daniele y Daniele Calisi. "Luce ed ombra nella rappresentazione. Rilettura storica e sperimentazioni eidomatiche". Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/11573/917909.

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Il processo di sviluppo della teoria delle ombre e del chiaroscuro non può prescindere da secoli di disquisizioni sull’argomento della visione. In effetti, lo sviluppo delle teorie della visione affonda le proprie radici all’età ellenistica e il suo processo si protrae fino alla fine del XIX secolo. La relazione che sussiste tra le due teorie è evidente: entrambe sono collegate al problema della propagazione della luce e a quali effetti produce sulle cose. La luce che raggiunge gli oggetti viene riflessa o rifratta dando inizio ad una serie di azioni differenti: la luce che arriva (riflessa o rifratta ma anche quella diretta) all’occhio permette la visione; i raggi luminosi bloccati dai corpi generano i raggi d’ombra, prolungamento dei primi, che all’intersezione con altre superfici formano le ombre portate; i raggi luminosi riflessi o rifratti dalle cose innescano una serie di interazioni tra gli oggetti stessi, tali che ognuno di essi partecipa del colore e della luminosità di quelli intorno proporzionalmente alla distanza che li separa. Il problema della visione è stato il primo ad essere studiato assiduamente dagli studiosi a partire dai filosofi del mondo antico e la propagazione della luce è il fondamento di queste teorie. Accanto all’ottica esisteva naturalmente anche l’interesse per gli aspetti più propriamente anatomici connessi alla visione, ossia lo studio dell’occhio, della sua fisiologia e del suo funzionamento: i primi studi non potevano prescindere dai secondi. Anzi bisogna dire che proprio a causa della necessità, o curiosità, di capire alcuni fenomeni visivi e determinate deficienze ottiche, nonché le malattie dell’occhio, i filosofi, gli scienziati e i medici iniziarono i loro studi in questi settori disciplinari. I teorici della visione, pertanto, inseriscono quasi sempre il proprio particolare schema anatomico dell’occhio, a volte fondato su studi diretti, a volte rielaborato da altri schemi, a volte adattandolo forzatamente per poter dimostrare le proprie personali teorie sulla propagazione della luce all’interno dell’occhio. Tuttavia un problema che accomuna tutte le teorie della visione è costituito dal modo in cui si propaga la luce. Per cui: quale direzione hanno i raggi luminosi? Quale ruolo hanno nella visione umana? La natura rettilinea dei raggi luminosi non era stata mai messa in discussione, almeno fino alla teoria ondulatoria e a quella elettromagnetica in epoca contemporanea. Tuttavia, possiamo distinguere due grandi filoni di pensiero: da una parte la teoria estromissiva la quale credeva che fosse l’occhio a lanciare nello spazio i propri raggi visivi, dall’altra la teoria intromissiva la quale, al contrario, confidava nel fatto che erano le cose a “inviare” le proprie informazioni all’occhio riflettendo in sostanza i raggi luminosi. Le critiche mosse reciprocamente dai teorici di una o l’altra teoria si susseguono nel corso dei secoli, fino a quando Alhazen (Abu ibn al- Hasan ibn al-Haitham), a cavallo tra i due millenni, dimostra, attraverso alcune semplici constatazioni dedotte da effetti reali, che l’unica teoria possibile è quella intromissiva: la visione è causata dai raggi luminosi che giungono all’occhio (per Alhazen quelli ortogonali solamente) dopo la riflessione o rifrazione sugli oggetti nello spazio reale. Se così non fosse l’occhio non proverebbe dolore se colpito da un bagliore o una forte luce. Nel processo di visione è l’occhio a ricevere qualcosa dall’esterno. La teoria estromissiva non poteva essere valida anche perché se l’occhio guarda per un lungo lasso di tempo una forte luce e poi l’osservatore muove lo sguardo, verso una zona scura e buia, egli continuerà a percepire una zona di chiarore, un disturbo, nel suo campo visivo. Se la teoria estromissiva fosse stata valida, e la vista dipendeva dai raggi visivi fuoriuscenti dall’occhio per colpire gli oggetti, cosa stavano traguardando tali raggi durante il periodo in cui il bagliore rimaneva sulla retina? Era chiaro che questa possibilità non poteva avere ragione di esistere. Alhazen ha un’importanza rilavante nello sviluppo delle teorie della visione per le numerose intuizioni e dimostrazioni, tuttavia il suo contributo di straordinaria fama in occidente avrà una diffusione moltopiù tardi. Il suo testo più conosciuto, il De Aspectibus, risvegliò, alla fine del medioevo, l’interesse per l’ottica, la catottrica e la diottrica. Inoltre Alhazen per primo intuisce la natura proiettiva delle ombre affermando che quando i corpi opachi sono irradiati da una luce e le loro ombre appaiono sul suolo o su corpi opachi opposti ad essi, si troverà che queste ombre si estendono in modo rettilineo e si troverà che le aree in ombra sono quelle le cui distanze rettilinee dal corpo luminoso (la luce del quale è stata bloccata da queste zone) sono state intercettate dall’oggetto proiettante le ombre. Il concetto di proiezione e di sbattimento dell’ombra è evidentemente conosciuto e assimilato da Alhazen, e per questo motivo può essere considerato tra i primi fondatori di questa scienza. Anche se non ci sono pervenuti schizzi di Alhazen sulla questione della proiezione dell’ombra, la diffusione del suo testo potrebbe aver suscitato l’interesse degli studiosi del Rinascimento anche sul tema umbratile. Uno dei fondamenti delle teorie della visione, cioè la natura rettilinea dei raggi luminosi, è anche l’ipotesi per la teoria delle ombre: ai raggi luminosi rettilinei corrispondono i raggi d’ombra nella teoria delle ombre che si propagano lungo linee rette fino alla intersezione con altre superfici. Il metodo del tracciamento delle ombre ha evidentemente delle basi proiettive pertanto tale metodo si sviluppa, necessariamente, dopo la scoperta (o riscoperta) rinascimentale della prospettiva. Non si possono considerare tutti i processi come separati poiché lo sviluppo dell’ottica ha determinato l’interesse per la rappresentazione della realtà che percepiamo attraverso l’organo della vista. La prospettiva nasce dalla consapevolezza che alcuni raggi (in questo caso visivi) del cono ottico, che uniscono l’occhio agli estremi degli oggetti, intersecano un quadro su cui si forma l’immagine prospettica. Ha poca importanza se il quadro è il foglio da disegno o uno degli strati interni dell’occhio. Lo sviluppo delle teorie della visione si arresta nel momento in cui la scienza prospettica diventa il principale interesse di pittori e matematici, causando la distinzione tra perspectiva naturalis e perspectiva artificialis. La prima troverà nuovi teorizzatori tra la fine del XVI sec. e inizio del XVII sec. ed ha come maggiore esponente Kepler con la sua ipotesi dell’immagine retinica della realtà. La seconda avrà sviluppi differenti, diversificati in più discipline tra cui anche quella della teoria delle ombre e del chiaroscuro. Lo sviluppo della teoria delle ombre è posteriore alla perspectiva artificialis: la possibilità che due centri proiettivi potessero coesistere in uno stesso disegno non rispecchiava la visione tutta oculocentrica dei primi teorici del Rinascimento. Tuttavia Leonardo da Vinci nel Codice C raffigura le due rappresentazioni in un unico schizzo, mostrando l’analogia proiettiva della proiezione prospettica e della proiezione umbratile: un cono ottico o un cono ombroso, con vertice rispettivamente nell’occhio o in una candela, investono un oggetto e lo proiettano su una superficie. Nel codice C e nel Trattato di Pittura, edito da Francesco Melzi, Leonardo analizza in maniera approfondita le ombre e il chiaroscuro, non solo considerando problemi di rappresentazione, ma mostrando una certa dimestichezza anche nella genesi umbratile. Pur non fornendo una tecnica sulla genesi proiettiva delle ombre, Leonardo conosce il modo per costruirle, negli schizzi come nei suoi splendidi quadri. I numerosi schemi sul modo di costruire e rendere la penombra palesano la sua ossessione per la tecnica dello sfumato, splendidamente espressa nei dipinti e analizzata a pieno solamente alla fine della sua carriera, quando Leonardo utilizza nei suoi schemi non più una luce artificiale ma l’intera calotta celeste. La prima rappresentazione geometrica dell’ombra si ritrova nel testo di Albrecht Dürer, uno schema semplice di un cubo sotto la luce solare. In realtà la sorgente luminosa è sbagliata, perché nonostante Dürer la rappresenti come il sole, essa è una sorgente posta a distanza finita, piuttosto vicina al solido. L’errore del fiammingo provoca non pochi errori nelle trattazioni successive. Lo sviluppo della teoria delle ombre passa attraverso errori banali ed approssimazioni che ne rallentano il processo. Molti trattatisti confondono il sole, sorgente di luce convenzionalmente considerata all’infinito, che genera raggi luminosi paralleli, con una candela che invece genera un cono luminoso; la rappresentazione prospettica della prima rimane irrisolta fino alla trattazione di Niceron, a parte la parentesi del Cigoli, il cui trattato rimane però inedito. In altri trattati le ombre portate sono appena accennate, celando il metodo usato dagli autori per tracciarle e rappresentarle. A volte la genesi proiettiva dei punti ombra generati dalla sorgente luminosa è del tutto arbitraria: Il risultato finale, la composizione della tavola, e l’impatto nell’osservatore hanno la precedenza sulla costruzione geometrica esatta delle ombre e della prospettiva. Altre volte si riscontrano banali approssimazioni delle sorgenti di luce, in particolar modo quelle estese come possono essere finestre e porte. La trattazione più completa sull’argomento è quella di Jean François Niceron nell’appendice De Lumine et Umbris del Secondo Libro del Thaumaturgus opticus (1646). In essa troviamo tutte le tipologie di proiezioni umbratili come ancora oggi si studiano. Dopo Niceron, in effetti, si riscontrano solo altri due grandi passi evolutivi nel campo di ricerca: il primo è rappresentato dalla formulazione della legge di Lambert dall’omonimo studioso, che lega l’intensità luminosa di una superficie al coseno (funzione trigonometrica) dell’angolo formato tra direzione della luce e normale alla superficie; il secondo è lo studio sistematico di tale legge eseguito da Domenico Tessari (1880) per poter rappresentare la tonalità delle superfici diversamente inclinate rispetto all’andamento della luce. Potremmo aggiungere anche il contributo di Giuseppe Peri per la rappresentazione della prospettiva aerea, cioè della rappresentazione degli oggetti sempre più distanti dal punto di vista, ma in fondo lo stesso tema era stato trattato in modo sistematico anche da Leonardo e lui stesso aveva dato prova della sua capacità di rappresentarlo in molti tra i suoi più famosi dipinti. La vera e grande innovazione, dal Tessari ad oggi, avviene solo in tempi recenti, con la computer grafica che utilizzando appropriati algoritmi di calcolo riesce a rappresentare, seppur con le adeguate approssimazioni che tuttavia ha anche la pratica del disegno, le ombre e i chiaroscuri in maniera realistica, o addirittura fotorealistica. Nella ricerca, la rappresentazione digitale è stata utilizzata come mezzo per studiare, elaborare e re-interpretare i testi storici, verificando se tali testi espongono concetti veritieri e se gli algoritmi di calcolo rappresentano verosimilmente la realtà, in un processo di verifica e confronto. A tale scopo doveva essere anche verificata la corrispondenza riferità alla realtà tra render attraverso e immagini fotografiche. Questo confronto è possibile se si sfruttano le moderne tecniche di computer grafica, che sono state pertanto analizzate ed applicate sui modelli digitali. È interessante notare come i programmi di grafica attuali riescono a rendere chiaramente molte delle indicazioni che Leonardo aveva annotato nei suoi appunti. Ad esempio l’algoritmo Radiosity suddivide le superfici in piccole aree e calcola l’interazione che si crea tra esse (prendendone in considerazione due per volta) commensurata alla visibilità l’una dall’altra e alla distanza che intercorre tra le patch. Questo algoritmo non è molto lontano concettualmente dalle analisi di Leonardo, il quale determinava la tonalità delle zone d’ombra in base a quanta porzione di luce o di superficie riflettente esse riuscivano a traguardare. Lo strumento informatico è stato utilizzato anche per analizzare e capire alcune delle preposizioni di Alhazen del De Aspectibus. L’assenza di schemi geometrici dell’autore è stata colmata con la realizzazione di modelli digitali renderizzati seguendo pedissequamente il testo originale. Il disegno digitale è invece servito per analizzare, di volte in volta, quando necessario, i numerosi schemi e costruzioni proposte dai trattatisti nel corso dei secoli. Lo studio si è proposto quindi di ricucire lo sviluppo del percorso della teorie delle ombre e del chiaroscuro attraverso i secoli, grazie a una rilettura dei trattati in cui l’argomento è analizzato. Lo studio dei singoli trattati ha permesso non solo di determinare il percorso seguito, attraverso le innovazioni e gli errori, ma anche, e contemporaneamente, le relazioni con i moderni algoritmi dei programmi di renderizzazione. Al di là delle possibili similitudini la questione veramente importante è che, soprattutto nel nostro campo, la componente tecnologica deve essere strumento della storia, per capire, studiare e indagare. Soprattutto le moderne tecniche, proprio perché recenti e in evoluzione, hanno bisogno di confutazioni e sperimentazioni continue per essere affinate e avallate proprio attraverso lo studio dei testi antichi avvalendisi dello strumento informatico anche come laboratorio di sperimentazione virtuale. A tal fine una collaborazione interdisciplinare tra studiosi di storia della scienza e informatici, grafici, eidomatici, architetti e ingegneri, ognuno con le proprie e legittime competenze, garantirebbe lo sviluppo nella ricerca in questo settore. Infatti, se la geometria descrittiva diventò, nella storia, scienza matematica dopo esser stata nelle mani dei pittori, oggi essa può essere disciplinata da altre e nuove leggi. A fronte della geometria comunemente insegnata, esiste un’altra geometria, applicata dagli informatici alla base degli algoritmi di calcolo per i programmi di renderizzazione. La conoscenza degli algoritmi è fondamentale per lo sviluppo della rappresentazione eidomatica, studiata e applicata da informatici, architetti ed ingegneri, per una geometria descrittiva attualizzata.
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LOCATELLI, STEFANO. "Edizioni teatrali nella Milano del Settecento. Per un dizionario bio-bibliografico dei librai e degli stampatori milanesi e annali tipografici dei testi drammatici pubblicati a Milano nel XVIII secolo, TESI DI DOTTORATO, Università Cattolica del Sacro Cuore, Dottorato in "Teoria e Storia della rappresentazione drammatica", XVIII ciclo, coordinatore: Paolo Bosisio, tutor: Annamaria Cascetta, a.a. 2005/06, Milano [http://hdl.handle.net/10280/191]". Doctoral thesis, 2006. http://hdl.handle.net/11573/499791.

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La tesi di dottorato si concentra sull'editoria teatrale milanese del Settecento. Tenuto conto della mancanza di un catalogo delle edizioni teatrali stampate a Milano nel Settecento, il dott. Locatelli ha provveduto ad effettuare uno spoglio complessivo del patrimonio librario delle principali biblioteche milanesi al fine di realizzare uno strumento di ricerca basilare. La mancanza altresì di un lavoro di insieme sugli stampatori e librai milanesi del XVIII secolo ha reso inoltre indispensabile l'effettuazione di ricerche mirate alla realizzazione di un dizionario bio-bibliografico degli stampatori e librai attivi a Milano nel Settecento. I risultati della ricerca vengono dunque anzitutto presentati nella forma degli annali tipografici, così da render conto dell'attività in ambito teatrale di ogni singola azienda tipografica milanese. La prima parte della tesi, oltre a offrire un contributo sul valore documentario del teatro in forma di libro, offre un panorama della produzione del libro di teatro nel Settecento. Per quanto concerne Milano, in particolare, si scavano alcune problematiche (come quelle dell'autore drammatico), si portano alcune esemplificazioni, si giustificano alcune delle attribuzioni fornite negli annali. È il caso, per esempio, della certa attribuzione alla stamperia di Marc'Antonio Pandolfo Malatesta di alcune commedie di Carlo Maria Maggi stampate nel 1700-1701 e 1708 con falsa data Venezia. Viene infine proposto un breve capitolo di approfondimento sulla circolazione e lettura del libro di teatro nella Milano del Settecento, realizzato anche sulla base dello spoglio di inventari di librerie e biblioteche private coeve.
The PhD thesis by Stefano Locatelli is about theatre's book in 18th century. It offers a catalogue of dramatic editions print in Milan from 1701 to 1800 and a bio-bibliographical dictionary of printers and librarians in Milan during 18th century. The thesis offers also a study about the documentary value of theatre book and outlines a survey of theatre book production in Milan during the 18th century. It also analyse lecture and circulation of theatre book in Milan by going through some catalogues and inventories of booksellers and private libraries.
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MORSELLI, CONCETTA ELISA CHIARA. "Sulle sponde del reale, l'immagine dello spazio architettonico tra tecnica e narrazione". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/1207705.

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Il lavoro di tesi indaga l’aspetto percettivo ed emotivo legato alle immagini di architettura. Si è deciso di studiare non tutte ma una categoria ben precisa di immagini: le rappresentazioni figurative del progetto, nel passaggio dagli strumenti tradizionali del disegno alla fotografia e al digitale. Non si tratta dunque ancora di architettura costruita, ma di progetti che vengono anticipati, percettivamente, attraverso un’immagine in assenza dell’oggetto reale. L’interrogativo centrale della tesi emerge da una considerazione su una condizione attuale: negli apparati grafici del progetto di architettura, oggi più che mai l’attenzione è spostata sull’elaborazione di immagini-effetto che puntano ad attribuire allo spazio qualità affettive. In breve, le immagini di oggi, al pari delle opere d’arte mirano a sollecitare, attraverso una crescente pittoricità, un sentire corporeo ed emozionale che agisce sul soggetto percipiente indipendentemente dall’opera presentata.Lo studio della psicologia dell’arte, così come dell’estetica e della neuroestetica d’oggi, può essere un valido strumento per comprendere i fenomeni dell’attualità, considerando la marcata pittoricità di queste immagini. Applicare il metodo di analisi sviluppato in queste discipline allo studio delle immagini di architettura, si può suggerire un nuovo modo di “guardare” il progetto, sviluppando una terminologia adeguata che prenda in considerazione il fatto che le emozioni e le sensazioni prodotte incidono sul nostro modo di rapportarci e interpretare l’opera. L’importanza del coinvolgimento corporeo ed emotivo del soggetto percipiente sottoposto alla visione delle opere d’arte è, infatti, un tema di grande attualità. Le intuizioni formulate da David Freedberg negli anni Ottanta, sul “potere” che hanno le immagini in relazione alla loro capacità di suscitare reazioni emotive e pulsioni corporee, sono state verificate in ambito neuroscientifico: nel 1995 Antonio Damasio, nel saggio L’errore di Cartesio , inizia a suggerire una comprensione del rapporto emozioni-corpo attribuendo ai sentimenti un valore cognitivo; mentre in seguito alla pubblicazione nel 1999 del libro di Semir Zeki Inner vision. An exploration of art and the brain, viene inaugurato un nuovo ambito di ricerca che indaga il rapporto arte-cervello, la neuroestetica. A partire da queste considerazioni sulla situazione contemporanea, lo scopo della tesi consiste nell’elaborare un nuovo strumento di analisi delle immagini figurative di architettura, dal disegno al digitale, al fine di comprendere quale sia stato il processo che ha condotto all’autonomia estetica delle immagini d’oggi, suggerendo contestualmente un diverso modo di “guardare” il progetto di architettura. Questa considerazione si allinea con la posizione teorica espressa da Vesely, il quale afferma e si interroga sul perché tradizionalmente «possiamo comprendere […] e penetrare nelle intenzioni di un’iconografia complessa di una scultura o di una pittura; ma quando arriviamo all’architettura, il compito di solito si riduce alla formulazione di interpretazioni strutturali o formali che nella maggior parte dei casi non vanno oltre la comprensione tettonica o morfologica» . Per superare le letture “tradizionali” dovremo, in linea con il pensiero di Freedberg, interrogarci sui rapporti che intercorrono tra le immagini e le persone al fine di comprendere “che cosa” queste immagini riescono a fare. L’obiettivo posto può essere raggiunto solo a partire da un allargamento del campo di indagine, che deve essere ampio e diversificato; le analisi storiche condotte sulle immagini devono essere affiancate dagli strumenti forniti dalla storia dell’arte, dalla psicologia della forma, dall’estetica e dalla neuroestetica, al fine di comprenderne le reazioni che queste immagini generano sugli osservatori.
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Cioli, Federico. "Identità urbana e patrimonio immateriale. Il rilievo e la rappresentazione delle attività commerciali storiche e tradizionali fiorentine". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1231420.

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La tesi affronta la tematica del rapporto tra la città e le attività commerciali, le quali costituiscono un’importante testimonianza della sua evoluzione storica e culturale, rappresentando tradizioni e abitudini sociali che si riflettono nei fronti urbani e nelle strade. Lo studio, attraverso l’approfondimento del caso studio delle attività storiche di Firenze, pone le basi per comprendere quelle che possono essere le implicazioni legate alla loro tutela. La ricerca ha l’obiettivo di definire un protocollo operativo per la documentazione delle attività commerciali applicabile sia sul piano nazionale che sul panorama internazionale che tenga in considerazione sia gli aspetti materiali della struttura architettonica sia gli aspetti immateriali relativi al prodotto, alle tecniche di lavorazione, alla cultura economica e alla tradizione, ma soprattutto alla storia e all’identità sociale di una città che esiste in quanto sintesi di entrambi questi aspetti. The thesis deals with the issue of the relationship between the city and commercial activities, which constitute an important testimony of its historical and cultural evolution, representing traditions and social habits that are reflected in the urban fronts and in the streets. The study, through an in-depth study of the case study of the historical activities of Florence, sets the stage for understanding what may be the implications related to their protection. The research aims to define an operational protocol for the documentation of commercial activities applicable both nationally and internationally that takes into consideration both the material aspects of the architectural structure and the intangible aspects relating to the product, to the processing techniques, to economic culture and tradition, but above all to the history and social identity of a city that exists as a synthesis of both these aspects.
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ALESSANDRA, Campanari. "“IDENTITY ON THE MOVE” FOOD, SYMBOLISM AND AUTHENTICITY IN THE ITALIAN-AMERICAN MIGRATION PROCESS". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251264.

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Il mio lavoro di ricerca rappresenta un contributo allo studio dell'esperienza umana dello “spazio alimentare” come costruzione sociale che comprende sia i modelli del comportamento umano, e la loro relazione sensoriale con uno specifico luogo, sia l'imprenditoria etnica. Il nucleo di questo progetto di ricerca è rappresentato da un’indagine multi-generazionale del multiforme processo della migrazione italiana in America, laddove la cultura alimentare viene utilizzata come veicolo per esaminare come gli immigrati abbiano prima perso e poi negoziato una nuova identità in terra straniera. Lo scopo generale della tesi è quello di esaminare come il cibo rappresenti un collegamento nostalgico con la patria per la prima generazione, un compromesso culturale per la seconda e un modo per rinegoziare un'etnia ibrida per le generazioni successive. La lente del cibo è anche utilizzata per esplorare lo sviluppo dei ristoranti italiani durante il Proibizionismo e il loro ruolo nel processo di omogeneizzazione culinaria e di invenzione della tradizione nel mondo contemporaneo. Per spiegare come la cucina regionale in America sia diventata un simbolo collettivo di etnia e abbia potuto creare un'identità Italo-Americana nazionale distinta da quella italiana, ho adottato il modello creato da Werner Sollors e Kathleen Neils Cozen e sintetizzato con l'espressione di “invenzione dell'etnia”. Il capitolo di apertura esplora la migrazione su larga scala che ha colpito l'Italia e la storia economica italiana per oltre un secolo e prosegue con un’analisi storica sullo sviluppo dei prodotti alimentari nel tempo. La prima sezione evidenzia il significato culturale dell'alimento e il suo ruolo nella costruzione di un'identità nazionale oltre i confini italiani e prosegue con un’analisi sulla successiva variazione delle abitudini alimentari durante l'immigrazione di massa. Il capitolo conclude illustrando il quadro teorico utilizzato per teorizzare le diverse dimensioni dell'etnia. Partendo dall'ipotesi che l'identità sia un elemento socialmente costruito e in continua evoluzione, il secondo capitolo è dedicato all'analisi della natura mutevole del cibo, esplorata attraverso tre distinti ma spesso sovrapposti tipi di spazio: spazio della "memoria individuale"; spazio della "memoria collettiva"; spazio della "tradizione inventata". Lo spazio della “memoria individuale” esplora come i primi immigrati italiani tendevano a conservare le loro tradizioni regionali. Al contrario lo spazio della memoria collettiva osserva il conflitto ideologico emerso tra la prima e la seconda generazione di immigrati italiani, in risposta alle pressioni sociali del paese ospitante. L'analisi termina con la rappresentazione di generazioni successive impegnate a ricreare una cultura separata di cibo come simbolo dell'identità creolata. Il capitolo tre, il primo capitolo empirico della dissertazione, attraverso l'analisi della letteratura migrante mostra l'importanza del cibo italiano nella formazione dell'identità italo- americana. Questa letteratura ibrida esamina il ruolo degli alimenti nelle opere letterarie italo-americane di seconda, terza e della generazione contemporanea di scrittori. Il quarto capitolo completa la discussione seguendo la saga del cibo italiano dai primi ristoranti etnici a buon mercato, frutto della tradizione casalinga italiana, fino allo sviluppo di un riconoscibile stile di cucina italo-americano. A questo proposito, i ristoranti rappresentano una "narrazione" etnica significativa che riunisce aspetti economici, sociali e culturali della diaspora italiana in America e fa luce sull'invenzione del concetto di tradizione culinaria italiana dietro le cucine americane. La sezione termina con un'esplorazione del problema moderno relativo al fenomeno dell’Italian "Sounding" negli Stati Uniti, basato sulla creazione di immagini, colori e nomi di prodotti molto simili agli equivalenti italiani, ma senza collegamenti diretti con le tradizioni e la cultura italiana. Il capitolo finale fornisce una visione etnografica su ciò che significa essere italo-americani oggi e come i ristoranti italiani negli Stati Uniti soddisfano la tradizione culinaria Italiana nel mondo contemporaneo americano. Per concludere, considerando le teorie dell'invenzione della tradizione, due casi di studio esplorativi a Naples, in Florida, vengono presentati sia per analizzare come gli italo-americani contemporanei manifestano la loro etnia attraverso il cibo etnico sia per esaminare come il cibo italiano viene commercializzato nei ristoranti etnici degli Stati Uniti, alla luce della del processo di globalizzazione.
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