Tesis sobre el tema "Storia della pittura moderna"
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Bianchi, E. "RICERCHE SULLE ILLUSTRAZIONI DELLA STORIA DELLA PITTURA ITALIANA DI GIOVANNI ROSINI". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/155758.
Texto completoCulatti, Marcella <1972>. "La raffigurazione delle arti in Italia: le allegorie della pittura e della scultura in epoca moderna". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/612/1/culatti_tesi.pdf.
Texto completoCulatti, Marcella <1972>. "La raffigurazione delle arti in Italia: le allegorie della pittura e della scultura in epoca moderna". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/612/.
Texto completoVinco, Mattia. "Catalogo della "pittura di cassone" a Verona dal Tardogotico al Rinascimento". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422135.
Texto completoIl lavoro si sviluppa entro binari storiografici ben precisi, già delineati all’inizio del Novecento da studiosi quali Tancred Borenius e Paul Schubring in numerosi contributi su riviste, ma soprattutto nella monumentale catalogazione dei mobili dipinti, intitolata Cassoni. Truhen und Truhenbilder der italienischen Frührenaissance. Ein Beitrag zur Profanmalerei im Quattrocento, data alle stampe dallo studioso tedesco nel 1915, e in edizione ampliata nel 1923. Su tale esempio non è stata isolata un’unica tipologia di manufatti all’interno di questo genere di pittura – i cofani, le spalliere, le testiere da letto o i pannelli da studiolo –, come talvolta accaduto in questo ambito di studi, ma si è ricostruito per intero quel periodo della storia dell’arte veronese che per cronologia si colloca tra gli incanti tardogotici, le novità mantegnesche e le prospettive carpaccesche. Il punto di partenza dell’indagine va ricercato proprio in un suggerimento di Schubring: “Verona ist ein ausserordentlich wichtiger Platz für die Truhenmalerei; es ist geradezu das Zentrum in Oberitalien. Unsere Liste zählt etwa siebzig Bilder, mehr als die für ganz Umbrien”, rimasto per molto tempo inascoltato, forse a causa della scarsa importanza attribuita a questo tipo di produzione pittorica veronese. Ed invece, tra Quattrocento e Cinquecento, entro le mura cittadine, si assistette all’inaspettato fiorire di una fantasiosa “pittura di cassone”, animata da temi legati alla mitologia classica e alla storia romana, un capitolo della storia dell’arte imprescindibile per comprendere anche i momenti più alti della coeva pittura di destinazione sacra. Questo repertorio “geografico” è strutturato comunque in ordine rigorosamente cronologico, con schede che illustrano la storia di ogni dipinto. Le voci bibliografiche e le provenienze delle opere sono state controllate ex novo, basandosi soprattutto sulla consultazione delle maggiori fototeche di storia dell’arte rinascimentale. In questo modo è stato possibile segnalare anche inediti passaggi collezionistici novecenteschi, che in futuro potrebbero consentire di recuperare molti dei dipinti attualmente di ubicazione sconosciuta. Per quanto riguarda le provenienze antiche, non è stato possibile trovare il riscontro archivistico di nessuna delle opere catalogate. Grazie però all’esame dei 129 inventari post-mortem datati 1451-1509, conservati nel fondo Antico Ufficio del Registro dell’Archivio di Stato di Verona, si è riusciti a fissare con maggiore precisione la terminologia tecnica da utilizzare per definire le cassapanche dipinte, per solito citate genericamente come “cassoni”. Si è scoperto così che con il termine coffinum pictum (cofano dipinto) e con il collettivo “coffanerie”, erano in genere denominati mobili dipinti a forma di cassa, generalmente fabbricati in semplice picium, ovvero legno di pino o abete; che con scrineus nogarie (scrigno in noce) si faceva invece riferimento a un manufatto, spesso pregiato e di piccole dimensioni, privo di decorazione pittorica, e che con cassa o capsa, si descriveva in genere un oggetto di fattura e destinazione più comune. La presente catalogazione ha previsto anche innumerevoli sopralluoghi presso musei italiani e stranieri grazie ai quali è stato possibile trovare conferma dell’impiego del legno di conifera quale supporto utilizzato più frequentemente per questo genere di pittura. Avendo potuto studiare anche i retri delle tavole, si è inoltre avuto modo di verificare come nel nord Italia fosse maggiormente diffusa questa essenza rispetto a quella del pioppo, utilizzata per lo più in Italia centrale, e di interpretare un dettaglio tecnico relativo alla carpenteria, finora sfuggito all’attenzione degli studiosi. Si tratta di incisioni a forma di “L”, poste simmetricamente in prossimità del bordo superiore dei pannelli frontali e tergali, che è possibile trovare indifferentemente in modo alternativo sul lato sinistro o sul destro. Costituiscono la traccia della sede in cui era collocato uno scompartimento o “riposto” – che il più delle volte non è arrivato integro fino ai nostri giorni – entro cui erano conservati gli oggetti di più piccole dimensioni. Un cofano ancora dotato di questo dettaglio costruttivo si conserva presso il museo Poldi Pezzoli di Milano, ma se ne ritrova testimonianza anche in alcuni affreschi coevi. La messa a fuoco di questo aspetto tecnico, tipico delle cassepanche veronesi come di quelle lombarde, è risultata importante non soltanto al fine di una corretta comprensione delle modalità costruttive del mobile, ma anche per verificare la correttezza di alcune letture iconografiche e di correggere le proposte meno convincenti. L’asse portante del presente lavoro è costituito però dal riordino in nuovi gruppi stilistici di un gran numero di dipinti che spesso portavano attribuzioni “di comodo” ai più noti pittori veronesi, ovvero si perdevano semplicemente nell’anonimato. Il caso più significativo in questo senso è costituito dalla complessa galassia della bottega di Domenico Morone, che in seguito alla partenza del suo probabile allievo, Liberale da Verona, ricoprì il ruolo di maggiore pittore attivo sulla scena cittadina. Si è fatto il tentativo di distinguere alcuni gruppi sia sulla base delle peculiari qualità stilistiche dei singoli dipinti, sia operando confronti con le opere sacre più note. Data l’importanza di Liberale come mediatore tra Siena e Verona, è stata presa in esame integralmente la sua produzione di cofani dipinti. Al di là delle considerazioni generali su questo lavoro, il cuore della ricerca non è rappresentato comunque dalle questioni metodologiche sopra elencate, quanto piuttosto dalle singole scoperte che sono venute alla luce in questa ricognizione. Ad esempio: l’acquisizione alla pittura veronese di un cofano di ambito pisanelliano, generalmente considerato come opera lombarda, grazie alla corretta interpretazione dello stemma della famiglia veronese Fanzago-Cartolari; l’individuazione dei committenti della fronte di cofano con le Storie di Tobiolo, ora in collezione privata inglese, nelle famiglie senesi Luti e Palmieri. Il risultato puntuale più significativo di questo cantiere resta la scoperta di un cofano di Liberale da Verona, conservato nella collezione del grande storico dell’arte americano Bernard Berenson, e commissionato al pittore subito dopo il ritorno in patria. A fianco di questi recuperi di singole opere, il catalogo presenta però anche il riordino di molti dipinti che fino ad ora non erano mai stati collegati. Da ultimo, per concludere, spostandosi più strettamente nel campo della pittura, con questa catalogazione si sono stati creati i nomi critici del Maestro di Clelia Bath, autore di alcuni dipinti veronesi improntati alla tarda attività di Andrea Mantegna, e quello del Maestro dell’Orfeo Lanckoronski, che dipinse un cospicuo numero di opere databili tra Quattrocento e Cinquecento, probabilmente veronesi, ma di cultura carpaccesca, identificabile forse con Giovan Antonio Falconetto.
Ceccato, Barbara. "L'apporto della pittura tedesca alla Rinascenza veneta 1490-1510. Il ruolo delle stampe". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424279.
Texto completoIl lavoro consiste in un'analisi interdisciplinare e in un originale riepilogo critico sul fenomeno dell'apporto dell'arte tedesca alla Rinascenza veneta nel delicato momento di trapasso di secolo tra Quattro e Cinquecento. Particolare attenzione é stata data ad alcune istanze che si ritiene possano aver svolto un ruolo significativo in relazione al serrato dialogo artistico tra Nord e Sud: i plurisecolari rapporti tra Venezia e la Germania, il ruolo della "Nazione Alemannaâ" raccolta attorno al Fondaco e alla chiesa di san Bartolomeo, il precoce collezionismo di stampe e i due soggiorni di Albrecht Dürer in laguna. La tesi intende dunque restituire i diversi modi attraverso i quali i conseguimenti più originali e innovativi del dipingere moderno hanno dialogato con l'arte tedesca e con l'opera di Dürer in particolare, ponendo l'accento in prevalenza sulle stampe e individuando in paesaggio, ritratto e colore le tre aree capaci di offrire in maniera più significante la risposta del coté veneziano alle sollecitazioni nordiche.
Guidolin, Francesca <1985>. "Il colore della lontananza : Matteo Zaccolini, pittore e teorico di prospettiva". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5621.
Texto completoUlisse, Alessia. "Girolamo Siciolante da Sermoneta nella cultura artistica della Maniera modera: opere, committenza, cronologia". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426824.
Texto completoTOSI, LUCA. "LE PITTURE MURALI DELLA SALA DELLE ASSE NEL CASTELLO SFORZESCO DI MILANO: L'ICONOGRAFIA DEL MOTIVO AD ALBERI PRIMA E DOPO LEONARDO". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/576528.
Texto completoCAVALLINI, GABRIELE. "CREMA AL CROCEVIA DELLA MANIERA: EPISODI ARTISTICI FRA TRADIZIONE LOMBARDA, VIA ROMANA E VIA GENOVESE". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1065.
Texto completoThis study is focused on the artistic expressions in Crema along the XVI century, considering artists, happenings, public and private commissions. Starting from the work of Benedetto Diana in Santa Maria della Croce, through the workshop of Vincenzo Civerchio, we arrive studying Aurelio Buso and Carlo Urbino, at the end of the century. This study presents come new documents, as one that certificate the journey of Aurelio Buso to Genua and others that show the origin of Carlo Urbino.
CAVALLINI, GABRIELE. "CREMA AL CROCEVIA DELLA MANIERA: EPISODI ARTISTICI FRA TRADIZIONE LOMBARDA, VIA ROMANA E VIA GENOVESE". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1065.
Texto completoThis study is focused on the artistic expressions in Crema along the XVI century, considering artists, happenings, public and private commissions. Starting from the work of Benedetto Diana in Santa Maria della Croce, through the workshop of Vincenzo Civerchio, we arrive studying Aurelio Buso and Carlo Urbino, at the end of the century. This study presents come new documents, as one that certificate the journey of Aurelio Buso to Genua and others that show the origin of Carlo Urbino.
Bracci, Luca <1997>. "Influssi dell'arte nordica su Altobello Melone (1508-1518). Un esercizio di rilettura della fortuna critica e alcune considerazioni sulla giovinezza del pittore". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21312.
Texto completoCOSTANZO, Cristina. "L’Europeismo di Ettore De Maria Bergler. Ettore De Maria Bergler maestro delle Arti Decorative in Sicilia e ‘grande pittore dell’Italia meridionale’ all’Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia". Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91225.
Texto completoFazio, Giuseppe. ""lo travo di lo crucifixo". L'esposizione e l'uso della croce negli edifici di culto siciliani fra il Regnum Normanno e il Concilio di Trento (1149-1555)". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423918.
Texto completoNel 1992 la pubblicazione di un libro sulle croci dipinte in Sicilia (M. C. Di Natale, Le croci dipinte in Sicilia. L'area Occidentale dal XIV al XVI secolo, Flaccovio editore, Palermo 1992) metteva in evidenza un aspetto della produzione artistica isolana che dal Duecento fino alla metà del Cinquecento aveva tenuto impegnate le botteghe artistiche nell'incessante lavoro di soddisfare le esigenze cultuali e liturgiche di cattedrali, monasteri e parrocchiali, non potendo esistere infatti una chiesa cristiana senza la sua icone della croce (Concilio Niceno II). Dal testo, che prende le mosse comunque dagli studi precedenti soprattutto di Maria Grazia Paolini, che già nel 1959 aveva individuato le peculiarità della produzione siciliana di croci dipinte, si evince chiaramente che mentre nel resto d'Italia questo particolare genere pittorico si era estinto già sul finire del Trecento, in Sicilia esso si perpetua fin ben oltre la metà del XVI secolo, con un continuo rinnovamento del linguaggio figurativo da parte degli artisti ma restando legati alla tradizione medievale della tavola sagomata a croce, ornata da una ricca cornice intagliata che solo in rari casi si è conservata, dove spesso le figure sono costrette a forza entro i contorni serrati. "L'originalità delle croci siciliane a partire dal XV secolo è per altro anche quella di essere dipinte su entrambe le facce invece che soltanto nel recto, come erano gli esemplari romanici e gotici, ad eccezione delle croci astili e processionali, per altro più maneggevoli e di formato ridotto (dalla introduzione di Maurizio Calvesi). Nelle grandi croci stazionali della Sicilia, a differenza delle croci di piccolo formato spesso realizzate a fini devozionali e che prevedono una grande varietà di immagini diverse, l'iconografia si è inoltre consolidata su uno schema rispondente alla sua funzione liturgica e che, tranne in rari casi, rimane a lungo invariato. Esso prevede, nel recto, la figura del Crocifisso al centro, la Vergine e San Giovanni dolenti nei due capicroce ai lati, il Pantokrator ovvero l'Arbor vitae con il nido del Pellicano, emblema cristologico, in alto e la Maddalena ovvero la grotta con il teschio di Adamo in basso; nel verso troviamo invece la figura del Risorto al centro e gli emblemi dei quattro evangelisti nei capi-croce. Tuttavia in quella occasione venivano lasciate irrisolte numerose questioni inerenti soprattutto alcuni degli esemplari presentati che costituiscono ancora capitoli aperti della storia dell'arte medievale e moderna in Sicilia; basta citare per tutti la straordinaria croce della cattedrale di Piazza Armerina, name-piece per l'ancora anonimo maestro che l'ha dipinta. A quasi vent'anni da quella pionieristica pubblicazione è sembrato opportuno allora ritornare sull'argomento per cercare di chiarire i punti rimasti ancora in ombra e allargare il campo di indagine agli altri aspetti inerenti l'esposizione della croce all'interno degli edifici ecclesiastici siciliani e la sua fruizione da parte del clero e dell'assemblea dei fedeli. Si è pensato allora di estendere la ricerca sia ai modelli liturgici precedenti, ossia a partire da quando in Sicilia abbiamo contezza di un uso della croce sistematicamente inquadrabile con certezza, attraverso fonti scritte e iconografiche, e che corrisponde alle attestazioni di epoca normanna e protrarla fino alla metà del XVI secolo, quando le norme, ovvero le consuetudini e le interpretazioni, scaturite dal Concilio di Trento interromperanno la millenaria centralità della croce all'interno dell'aula ecclesiale; sia di includere le altre forme di esposizione della croce, focalizzando l'attenzione di volta in volta sulla diversità del medium, in termini di supporto e di materia utilizzati ma anche del cambiamento che esso provoca nella recezione del messaggio che si vuole trasmettere. I confini cronologici sono segnati da due date precise: nel 1149 viene redatto l'inventario dei beni mobili della Cattedrale Cefalù in cui si evince chiaramente, ed è una delle prime volte, l'uso normanno della croce processionale, che poi veniva staccata dalla sua asta e posta sull'altare, ovvero fissata nei pressi di esso; il 1555 è invece l'anno segnato sul verso dipinto della complessa macchina lignea al centro della navata della chiesa madre di Collesano, che rappresenta l'apogeo per le croci siciliane oltre che un caso unico in Italia di mantenimento di una simile struttura che focalizza tutto lo spazio liturgico. Nella rilettura delle fonti, dei documenti e della storiografia sull'argomento, fra cui si segnala la recente e corposa pubblicazione Manufacere et scolpire in lignamine, curata da Teresa Pugliatti, Salvatore Rizzo e Paolo Russo, dedicata alla scultura in legno siciliana, sono emerse non poche discordanze nell'interpretazione dei dati a nostra disposizione, che dal 1992 ad oggi, grazie a numerosi rinvenimenti documentari, hanno accresciuto la possibilità di avere un quadro più completo, anche se ancora parecchi rimangono i buchi da colmare con dati certi, ma a cui si tentato di dare comunque una risposta, seppure ipotetica. La ricerca si è avviata cercando di mettere a fuoco alcuni punti cardine che costituiscono lo scheletro su cui si è sviluppata tutta l'architettura delle argomentazioni: Le croci dipinte vanno inserite nel più ampio contesto dei Calvari stazionali, di cui esse rappresentano una particolarissima visione sintetica compiuta. I documenti e le fonti iconografiche suggeriscono infatti l'esistenza di una variegata possibilità di soluzioni per l'esposizione della croce: la sola croce dipinta, la croce dipinta e i dolenti rilevati a tutto tondo, la croce dipinta soltanto nel verso e con il Crocifisso scolpito nel recto, il solo Crocifisso scolpito, il gruppo del Calvario composto da tre statue a tutto tondo. La collocazione della croce all'interno dell'edificio ecclesiale. Gli studi precedenti si sono soffermati soltanto sull'aspetto verticale, disputando se in origine croci e crocifissi erano appesi sotto l'arco del presbiterio, piantate a terra o, più verosimilmente, poste al di sopra del tramezzo e più frequentemente della trabeazione chiamata nei documenti per l'appunto 'lo trabo' o 'la trabe' del crocifisso. Gli equivoci in questo senso nascono principalmente da una errata interpretazione sulla sistemazione della croce nella Cattedrale normanna di Cefalù. Nel tempio ruggeriano è infatti ancora presente una monumentale croce opistografa, la più grande della Sicilia con i suoi oltre cinque metri di altezza, attribuita da Genevieve Bresc Bautier, prima, e da Maria Andaloro, poi, a Guglielmo da Pesaro, che la dovette eseguire prima del 1468, anno in cui gli viene commissionata un'altra croce dipinta per il duomo di Monreale che il pittore doveva realizzare in conformità a quella già compiuta per Cefalù. Il vescovo Preconio, probabilmente, trasferisce la monumentale croce dipinta sotto la chiave di volta del grande arco che separa la navata dell'assemblea dal transetto riservato al clero, qui infatti la trova appesa un cronista del 1592, Bartolomeo Carandino, e questo come detto ha creato numerosi equivoci circa la collocazione in origine della croce cefaludese e delle altre in Sicilia; infatti le croci siciliane si distinguono anche per non avere una base d'appoggio propria, in molte però sono ancora riconoscibili il perno che permetteva di fissarle al tramezzo o alla trave e gli anelli per l'aggancio dei tiranti che permettevano di stabilizzarla. Ma sarà soltanto con le trasformazioni interne alle aree celebrative operate nel clima tridentino, durante il quale si è accentuata la centralità della custodia eucaristica rispetto alla croce, che essa viene spostata o all'apice dell'arco del presbiterio, per non "infastidire" la visione dei riti liturgici, oppure viene collocata su un altare laterale, equiparata alle altre immagini che si moltiplicano sulle pareti delle chiese. Gli stessi documenti ci dicono però della collocazione della croce 'in mezo di la ecclesia' accentuando di più l'aspetto orizzontale, rispetto a quello verticale. La funzione principale della croce era infatti quella di dividere la chiesa in due zone, una riservata al clero e alla celebrazione dei riti e una atta ad accogliere l'assemblea dei fedeli, rispecchiando così quanto Venanzio Fortunato, innografo del VI secolo, aveva espresso nel suo Vexilla Regis, il più famoso testo liturgico dedicato alla croce, che ad un certo punto, le si rivolge con queste parole: «del corpo suo sei fatta bilancia». La funzione liturgica del verso dipinto con l'immagine del Cristo Risorto. E' stato ipotizzato che la bi-frontalità delle croci siciliane servisse per esporre nel tempo di Pasqua l'effigie della resurrezione, rigirando la tavola su se stessa. Di questo rituale non si trova però nessuna traccia nelle fonti e comunque, se vero, esso appare più un'usanza devozionale post-tridentina che una prassi della spiritualità medievale. A questo si aggiunge che per alcuni esemplari di croce, di notevoli dimensioni e con predisposizioni logistiche che non permettevano la mobilità anche parziale dell'opera, una simile operazione risulta molto improbabile. Problemi legati a questioni stilistiche e attributive. Molte attribuzioni, sia delle croci dipinte che dei gruppi scultorei, non sono condivise unanimemente dalla critica come pure in alcuni casi, fra i quali il più interessante rimane quello del convenzionalmente detto Maestro della croce di Piazza Armerina, si è dibattuto sulla formazione culturale degli artisti e circa la loro provenienza estera o l'origine locale. Una parte della ricerca ha cercato di chiarire gli aspetti prettamente liturgico ' cultuali, innanzitutto con l'analisi delle fonti liturgiche e patristiche dei testi fondativi e prescrittivi sull'uso della croce nella liturgia romana e sulla sua presenza stazionale e monumentale all'interno degli edifici di culto. Le fonti latine sono riportate nella lingua originale, mentre quelle greche o in altra lingua antica in traduzione; inoltre alcune volte, quando si sono rilevati problemi di interpretazione, si è optato per la traduzione in nota in lingua corrente. Si sono prese in esame sia le fonti generali della Patrologia Latina sia le fonti liturgiche locali, quali il cosiddetto Messale Gallicano (fine XII-inizi XIII sec.) conservato nell'Archivio Storico Diocesano di Palermo, i testi liturgici della Biblioteca del Seminario di Messina (XII sec.) e quelli più recenti della Biblioteca Centrale della Regione Sicilia e dell'Abbazia benedettina di San Martino delle Scale, costatando che dal punto di vista normativo non esistevano in Sicilia prescrizioni peculiari rispetto al resto dell'Occidente cristiano. L'ordine dei capitoli non deve essere inteso allora soltanto come successione cronologica dei fatti e delle opere presentate, ma a questa si associano la diversificazione tipologica e funzionale di tutta la consistenza delle opere rimaste e le digressioni diacroniche di carattere generale sui diversi usi della croce nel tempo. Grande spazio è stato dato anche ai temi inerenti all'iconografia e all'iconologia delle immagini, poiché ritengo che la sola lettura formale e stilistica restituisca soltanto in senso parziale la contestualizzazione di questa particolare categoria di arredo liturgico. La lettura dei diversi sistemi di immagini e la ricerca del loro linguaggio semantico non si sono fermati alla semplicistica lectio faciliori, ma si è cercato di risalire alle fonti primigenie che sottendono a ciascuno di essi, le quali probabilmente con l'andare del tempo non furono percepite più come tali, ma rimangono pur sempre testimonianze di una tradizione figurativa ininterrotta. Una parte rilevante della ricerca è stata dedicata all'indagine documentaria, mettendo insieme e rileggendo univocamente la grande mole di documenti che da Gioacchino Di Marzo (seconda metà del XIX secolo) in poi sono venuti alla luce, non avendo tralasciato quando possibile l'integrazione con nuovi dati ricavati da documenti inediti o poco conosciuti. Il capitolo I è incentrato sull'uso della croce in Sicilia in epoca normanno-sveva, quando non è documentata nessuna presenza di croci monumentali ma soltanto di quelle piccole e preziose che venivano impiegate al contempo nelle processioni e quindi collocate presso l'altare; si è analizzata l'origine della croce posta nel contesto dell'altare e il suo legame con il sacrificio eucaristico e lo sviluppo della funzione fino alla cosiddetta croce stazionale, quella cioè che precedeva nei rituali liturgici e paraliturgici il papa e anche i vescovi che erano stati autorizzati; si sono passate in rassegna le superstiti opere prodotte dalle officine del Palazzo Reale di Palermo, delle quali nessuna è oggi conservata in Sicilia, e quindi le altre tipologie che vanno dalle croci in lamine metalliche a quelle a smalto di produzione limosina. Il capitolo II affronta il tema della croce monumentale posta al centro della chiesa, ne analizza l'origine e la diffusione e quindi si sofferma sui pochi esemplari due e trecenteschi che sono scampati al degrado del tempo, da quelle di importazione centro italiana a quelle riconosciute come produzione autoctona. Inoltre è presentato l'unico esemplare di crocifisso ligneo duecentesco a essere giunto fino a noi, quello del monastero di Rifesi, oggi nella chiesa madre di Burgio (Agrigento). Nel capitolo III si sviluppa il tema del crocifisso gotico a rilievo, diffusosi nel corso del XIV secolo e che viene considerato come la nascita del crocifisso devozionale, davanti al quale riversare propositi e speranze del fedele pentito dei propri peccati. Gli esemplari più famosi in Sicilia, due del tipo 'doloroso', a Palermo e a Trapani, e uno del tipo 'cortese', a Monreale, saranno oggetto di numerosissime repliche, che addirittura nel caso del devotissimo crocifisso palermitano arriveranno fino agli inizi del XX secolo. Il Capitolo IV tratta della ripresa nel Quattrocento della produzione di croci dipinte e della sua caratterizzazione distintiva più originale nelle croci opistografe, che presentano il Crocifisso da un lato e il Risorto dall'altro. Qui si è cercato di dare delle risposte, che ovviamente rispecchiano il punto di vista dello scrivente, sui molti aspetti ancora irrisolti circa le attribuzioni di alcune opere o la loro connotazione culturale, cercando di argomentarle sulla base di dati certi. Infine il V e ultimo capitolo è dedicato alle diverse alternative alla croce dipinta, che vanno da soluzioni semplici, come il crocifisso scolpito o la croce ibrida, con alcune parti dipinte e altre a rilievo, a quelle più complesse che prevedono l'uso di croci o crocifissi affiancati dalle immagini dei due dolenti, che hanno il loro apice nella grande macchina lignea di Collesano, datata 1555. La seconda parte del testo è dedicata alla classificazione delle opere esistenti, partendo dal buon repertorio di croci dipinte e crocifissi pubblicato nel 1992, integrandole con le opere allora non inserite, soprattutto della Sicilia Orientale, e aggiungendo le opere appartenenti alle altre tipologie analizzate. I risultati di tale investigazione sono confluiti in un catalogo ragionato dove di ogni opera si è registrato collocazione, materiali e supporto, misure, provenienza, iconografia, eventuali iscrizioni, datazione, autore. Per quanto riguarda la sezione V. del catalogo, ossia quella che riguarda i crocifissi e i gruppi scultorei del XV e XVI secolo, la classificazione si deve intendere come puramente esemplificativa e assolutamente non esaustiva, perchè, in mancanza di una catalogazione preliminare, troppo numerose sono le opere e troppo vasto il territorio per poter ipotizzare una ricognizione a tappeto.
SALIS, MAURO. "Tra Sardegna e Catalogna. Artisti e committenti nella prima età moderna alla luce delle fonti documentali". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2014. http://hdl.handle.net/11584/266524.
Texto completoCollavin, Alice. "Johann Carl Loth (1632-1698) : le rotte della geografia artistica di un pittore veneziano fra l'Italia e l'Europa germanofona". Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2019. http://hdl.handle.net/11384/85785.
Texto completoChecchin, Alessandra <1964>. "Bibliografia della pittura veneta dell'800". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2415.
Texto completoRATTO, LORENZO. "La notte moderna : pittura dell'oscurità nel Cinquecento". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1008276.
Texto completoThis study aspires to understand and constextualize the pictorial development of the representation of the Night between Fifteenth and Seventeenth Century, both investigating the stylistic peculiarities which have defined its aesthetic character in the Modern age, and deepening the eidetic horizons against which the apogee of its historical fortune stood out in the Counter-reformation Italy. In the light of an interdisciplinary critical approach, prevalently tended towards iconological paradigms, the image of the night has been studied through a stereoscopic observation aimed at considering its artistic phenomenology according to sinchronic and diachronic axis of work, with particular attention to the theoric and poetic causes that have accompanied its development and the symbolic and spiritual implications rising from the prevalent sacred nature of the late Renaissance tenebrism. In the first part of the work artistic literature of Fifteenth and Sixteenth Century has been investigated with the purpose of problematizing the moments and the categories which have structured the historical genesis of the painted night. Works such as De Pictura by Leon Battista Alberti, the writings by Leonardo da Vinci, Pintura antigua by Francisco de Hollanda and Vite by Giorgio Vasari, among others, have been the center of an integral analysis focused on the themes of light, of colour, of shadow and of darkness, through which specific aesthetic coordinates have been delineated in order to subsume the nocturne in them, among the medieval heritage of optique and perspective speculations, the modern ideal of the virtuoso painter and the rediscovery of key-concepts of classical rhetoric, from the “wonder”, to the “illogical”, to the “sublime”. The second part of the study is oriented to an horizontal analysis of some contexts emblematic for the observation of the expressive and religious qualities of an original and programmatic interest in these elaborate representations of shadows, between the nocturnal precedents of Early Renaissance art and of Roman tenebrism of the Baroque Age. The Lombardy of Antonio Campi and of bishop Carlo Borromeo, the Genoa of Luca Cambiaso and of the Jesuits and the Verona of Felice Brusasorci and of bishop Agostino Valier, constitute three related focal points useful not only for deepening the intuitive permeability between luministic experimentalism and peculiar forms of the rhetoric and poetic ideals of the Counter-reformation culture, but also for exploring, in virtue of the symbolic and participative function of sacred art, the modalities in which the nocturne painting mobilizes an emotional catarsis closed to the transfigurative and tropological vocation of the religious image, as well as the symbolic reason of devotion and cult.
RICCARDI, SIMONE. "Bernardino Lanino e la pittura del Cinquecento a Vercelli". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/603.
Texto completoThis thesis deals with Bernardino Lanino, the most important vercellese painter of the Sixteenth Century, from his first period, probably in Gaudenzio Ferrari workshop, to the leonardesque and mannerist experiences. At the end of his career, He returns to Vercelli, where he has an important rule in the history of thepainting of this city. There is a catalogue of the paintings and a catalogue if the drawings.
RICCARDI, SIMONE. "Bernardino Lanino e la pittura del Cinquecento a Vercelli". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/603.
Texto completoThis thesis deals with Bernardino Lanino, the most important vercellese painter of the Sixteenth Century, from his first period, probably in Gaudenzio Ferrari workshop, to the leonardesque and mannerist experiences. At the end of his career, He returns to Vercelli, where he has an important rule in the history of thepainting of this city. There is a catalogue of the paintings and a catalogue if the drawings.
Arana, Cobos Itziar. "La soppressione degli ordini monastici e il patrimonio artistico dei conventi madrileni". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423635.
Texto completoQuesto lavoro è incentrato sull’analisi di un importante fondo documentale inedito che contiene gli inventari di pittura e scultura realizzati in una trentina di conventi madrileni nel 1835-1836, date inmediatamente successive ai decreti di secolarizzazione ecclesiastica in Spagna. Gli inventari furono realizzati allo scopo di raccogliere il patrimonio secolarizzato e destinato ad un Museo Nazionale di nuova creazione, noto come il Museo Nazionale della Trinità, i fondi del quale si unirono a quelli del Museo del Prado nel 1872. Durante il lungo processo di creazione del Museo Nazionale, le notizie circa la provenienza originale delle opere che lo componevano finirono per perdersi e ristabilirne l’origine costituisce lo scopo principale di questa ricerca, che prosegue un filone iniziato da Juan Antonio Gaya Nuño nel 1847 e che a partire dal 1980 riceve un notevole impulso dal Museo del Prado mediante l’identificazione ed il controllo sistematico dei fondi dell’antico Museo Nazionale. La pubblicazione dello studio di Álvarez Lopera nel 2009 è l’apportazione definitiva alla storia del Museo Nazionale ed un importante contributo per la definizione della provenienza dei suoi fondi. Nell’analisi della documentazione che viene presentata ho seguito in gran parte la metodologia stabilita da questo studioso. La ricerca è suddivisa in due sezioni. Nella prima si studia lo sviluppo storico della gestione del patrimonio dopo i decreti di secolarizzazione. Un primo capitolo viene dedicato alla definizione del quadro legale ed istituzionale dal quale partì l’iniziativa di inventariare il patrimonio dei conventi. Nel secondo si presenta la casistica concreta di ciascuno degli edifici inventariati per passare quindi, nel terzo capitolo, a descrivere le modalità di raccolta ed installazione delle opere nel deposito provvisorio che poi si convertirà nel Museo Nazionale, alla cui storia ed alle cui vicissitudini fino alla sua definitiva fusione con il Prado viene dedicato l’ultimo capitolo di questa prima parte del lavoro. La seconda parte si occupa della presentazione dei risultati mediante la realizzazione di un catalogo nel quale si rende nota la provenienza originale di 186 opere, per la maggior parte custodite oggi al Museo del Prado, al Bowes Museum di Barnard Castle ed all’Accademia di San Fernando di Madrid. Grazie all’individuazione delle provenienze originali è stato possibile procedere alla ricostruzione di alcuni progetti decorativi smantellati. Segnaleremo solamente ed a mo’ di esempio la ricostruzione di due serie attualmente disperse in diverse istituzioni, con l’indicazione esatta delle scene che componevano la decorazione muraria del convento di Recoletos, localizzata parte al Bowes Museum ed attraverso la quale si formula l’ipotesi di un’inedita collaborazione tra Herrera el Mozo e Francisco Solís o l’attribuzione di due opere fino ad oggi considerate anonime ad altrettanti retabli di Claudio Coello e Francisco Rizi. Per altro verso, si è potuto ampliare il catalogo delle opere realizzate per i conventi madrileni da alcuni artisti attivi soprattutto a Toledo, come nel caso di García Salmerón, Luis Tristán o Blas Muñoz e si è dimostrata inoltre la stretta collaborazione di Antonio de Pereda con i dominicani di Atocha, ordine che si profila, per la quantità e la qualità delle opere lì inventariate, come di speciale rilevanza per il mecenatismo artistico a Madrid durante il XVII secolo.
Gamberi, Giovanni <1997>. "L'influsso della calligrafia giapponese e cinese sulla pittura informale". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21990.
Texto completoPasquali, Tommaso <1986>. "Agostino Carracci tra incisione e pittura. Le vie dell'immagine alla fine del Cinquecento". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8670/1/tom%20tesi.pdf.
Texto completoThe dissertation explores Agostino Carracci’s early oeuvre as an engraver, draughtsman and painter from the mid-eighth decade of the sixteenth century to the mid-ninth. The analysis of his peculiar training from the first steps in Bolognese Mannerist workshops to the first success in Venice, and then to the common debut of the Fava frescoes, together with cousin Ludovico and brother Annibale, can better define his profile as a contributor to a new visual language.
Tacchetto, Eleonora <1988>. "Il mito d'Arcadia in villa e nella pittura di paesaggio nel Settecento veneto". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4867.
Texto completoDella, Sala Pietro <1992>. "Giulio Aristide Sartorio critico d'arte. Un'anti-storia della pittura secondo un artista letterato". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16406.
Texto completoMarengo, Lorenzo <1988>. "Studio della pittura moderna a Torino attraverso lo sguardo del fotografo Gian Carlo Dall'Armi". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10835.
Texto completoPEZZUTO, LUCA. "Rinascimento eccentrico: gli esordi di Cola dell’Amatrice e la pittura dell’Italia centrale nel primo Cinquecento". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2013. http://hdl.handle.net/2108/201867.
Texto completoFornasiero, Alice <1989>. "Influenze venete nella pittura boema. Dipinti di Jacopo Tintoretto nel castello di Praga, artisti boemi a Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3109.
Texto completoBruzzese, S. "PER L'EDIZIONE DELLE 'MEMORIE PER SERVIRE ALLA STORIA DE' PITTORI, SCULTORI E ARCHITETTI MILANESI': DA GIUSEPPE ALLEGRANZA AD ANTON FRANCESCO ALBUZZI". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/157458.
Texto completoBrotto, Giacomo <1990>. "Lo spettacolo della morte". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13489.
Texto completoPaci, Giacomo <1996>. "L'arte della mediazione. Marcel Broodthaers e Harald Szeemann alle origini della curatela moderna". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17681.
Texto completoMallamace, Gabriela <1999>. "Et le scale di sopra lavorate di pittura e di stucchi. Rinnovate riflessioni sullo scalone monumentale di Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21811.
Texto completoFilocamo, Gioia <1967>. ""Orationi al cepo overo a la scala": le laude della Confraternita bolognese di S. Maria della morte". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6904/1/Filocamo_XXVI_ciclo_Tesi_Dottorato.pdf.
Texto completoDuring the fifteenth century a number of laude were destined for the spiritual edification of those condemned to death. The Bolognese confraternity of S. Maria della Morte, founded in 1336 and among the oldest and best-documented Italian Companies of Justice, had a laudario known now in some twelve sources, mostly dating from the second half of the fifteenth century. These laude are often connected to the ‘consolation manuals’ (confortatori) written in some Italian confraternities in order to instruct brethren who in the few hours before death prepared the prisoner to die in a Christian spirit. In the justice laude the poetic identification between the condemned and Christ or martyrs was functional to the main aim of the brethren who assisted prisoners destined to die: by turning the criminal into a saint he could be convinced that his death had a precise function. Indeed, plenary absolution in the afterlife could be obtained through a truly accepted death. The laude in the confortatori clearly had the function of reinforcing these feelings, but there is little evidence on just how this task was realized in practice. During the night preceding the execution of the prisoners, the brethren sought to turn every criminal into a saint: in the end he must have the conviction that his death had a precise function, and thus he would attain complete inner peace and total acceptance of his sentence. This serene attitude was the basis for a plenary absolution in the afterlife, obtained through a death that was fully accepted. This dissertation focuses on the strong motivation of the brethren who decided to enter this kind of confraternity.
Filocamo, Gioia <1967>. ""Orationi al cepo overo a la scala": le laude della Confraternita bolognese di S. Maria della morte". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6904/.
Texto completoDuring the fifteenth century a number of laude were destined for the spiritual edification of those condemned to death. The Bolognese confraternity of S. Maria della Morte, founded in 1336 and among the oldest and best-documented Italian Companies of Justice, had a laudario known now in some twelve sources, mostly dating from the second half of the fifteenth century. These laude are often connected to the ‘consolation manuals’ (confortatori) written in some Italian confraternities in order to instruct brethren who in the few hours before death prepared the prisoner to die in a Christian spirit. In the justice laude the poetic identification between the condemned and Christ or martyrs was functional to the main aim of the brethren who assisted prisoners destined to die: by turning the criminal into a saint he could be convinced that his death had a precise function. Indeed, plenary absolution in the afterlife could be obtained through a truly accepted death. The laude in the confortatori clearly had the function of reinforcing these feelings, but there is little evidence on just how this task was realized in practice. During the night preceding the execution of the prisoners, the brethren sought to turn every criminal into a saint: in the end he must have the conviction that his death had a precise function, and thus he would attain complete inner peace and total acceptance of his sentence. This serene attitude was the basis for a plenary absolution in the afterlife, obtained through a death that was fully accepted. This dissertation focuses on the strong motivation of the brethren who decided to enter this kind of confraternity.
Fausti, Alessandro <1982>. "La riedizione degli statuti della Magnifica Patria della Riviera (1602-1626). Relazioni informali tra Salò e Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17116.
Texto completoMazzocchi, Eleonora. "Territori della Riforma : pittura a Roma nella prima metà del XII secolo". Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2006. http://hdl.handle.net/11384/85761.
Texto completoCarriero, Valentina <1995>. "Ex voto: icone della fede". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18279.
Texto completoTanduo, Silvia <1981>. "Jeanne des Anges - un ritratto nell'epoca della riproducibilità tecnica". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11510.
Texto completoBordin, Marilena <1985>. "La rappresentazione della Primavera nel Cinquecento. Confronto con le altre stagioni, in Italia e all'interno della cultura occidentale". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5111.
Texto completoRaineri, Elena Sofia <1994>. "Il "Trionfo della Morte" di Palazzo Sclafani". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14534.
Texto completoSbarzaglia, Marina <1989>. "L'archetipo della Grande Madre sulla scena teatrale". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15209.
Texto completoButera, Valeria <1984>. "Dalla parola all'immagine. Le prediche figurate di Daniel Hopfer e il ruolo della grafica nella diffusione della dottrina evangelica". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7428/1/Valeria_Butera%2C_Tesi_di_Dottorato.pdf.
Texto completoThe researches have primarily focused on deepening the historical and cultural environment of the Reformation, especially on the positions of the most important exponents and theologians to the question of the images, the representability of God and the various functions of art at the beginning of the Reformation period. The core pieces of research are some broadsheets by the Augsburg artist Daniel Hopfer (1471-1536), which represent paragraphs of the Bible in a narrative form and are strictly connected to the theological issues of the modernity. In the collections of the Bavarian State Library of Munich, the Herzog August Library in Wolfenbüttel and the Forschungsbibliothek Gotha-Erfurt University I have analyzed the graphic work Hopfer’s in conjunction with the Augsburg Reformation and sermons, treatises and catechetical writings of reformers of the first decades of the XVI century. Moreover the etchings of Hopfer were compared with broadsheets od contemporary artists, who deals with similar subjects. The leitmotifs of the pictures are the juxtaposition between the teachings of Christ and the law of the Pharisees, through which Hopfer refer to the hypocrisy and abuses of the catholic clergy. Moreover, Hopfer added to the illustrated scenes the pieces of the Holy Scripture that justify these theological terms. In this way he uses the same rhetorical principle of the Reformers: a paratactic arrangement of the biblical source, often without other explanation. My argumentation consider this particularly work by Hopfer a pictorial sermon. On one hand, it embodies the spiritual needs of a spontaneous and authentic relationship with the Gospel, on the other hand, especially in the printing of the 30s, it expresses a strong message of social controversy.
Das Forschungsprojekt konzentriert sich auf die Einblattdrucke von Daniel Hopfer (1471-1536), die Gebete, Gleichnisse, Salomonische Sprüche und Absätze des Neuen Testaments in szenischer Form darstellen. In seinen graphischen Werken stellt der Augsburger Radierer Hopfer Zusammenhänge zu den theologischen Fragen der Gegenwart her. In meiner Dissertation werden Predigten, Traktate und katechetische Schriften der Reformationszeit, die sich auf das Oeuvre Hopfers auswirken, untersucht. Gleichzeitig werden die Radierungen Hopfers mit anderen ikonographischen Vorbildern der Reformationszeit, wie Titelblättern, Buchillustrationen und Flugblättern, in Verbindung gesetzt. Die textuellen und bildlichen Quellen der Werke Hopfers wurden vor allem in München, bei der Bayerische Staatsbibliothek und dem Zentralinstitut für Kunstgeschichte, in Wolfenbüttel, bei der Herzog August Bibliothek und in Gotha, bei der Forschungsbibliothek, geforscht.
Villoresi, Giulia <1984>. "La funzione etica della tortura giudiziaria nel processo romano-canonico". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/8295.
Texto completoVitucci, Andrea <1992>. "Sistemi di gestione delle Acque della Serenissima (secc. XVI-XVII)". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20639.
Texto completoFERRARA, Michela. "Contributo allo studio della storia della Camera dei conti di Piemonte in età moderna (1660-1700)". Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2019. http://hdl.handle.net/11579/105210.
Texto completoDi, Santo Fabio <1983>. "Pedagogia e immaginario: Fiction e giovani dell'eta' post-moderna". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6367/1/DiSanto_Fabio_tesi.pdf.
Texto completoThe study of young adults became most important in this past decade due to the increasing longevity of the average human life and, consequently, the prolongation of the adolescent period. This project proposal focuses principally on a pedagogic observation of the influence of artistic and mass media production on the new generation of young people. The research studies of pedagogy and education must be sensitive in this situation. Young people are especially subjected to artistic and cultural products. The pedagogy must offer more keys for reading the symbols, signals, and hidden messages within each piece. Pedagogy and education have the responsibility to offer instruments in which to understand the complex mechanism of the world from different points of view and stimulate a strong sense of criticism. The theory, in fact, discusses the possibility of resolutions of the fundamental problems of humans, against the passivity and conformism induct to an existential disorder. We can see narration (from children's literature to crossovers, movies, TV programs, etc.) as first “producers of the imaginaire”, then objects of possibility, promoting the beyond from the well-known, the jump over the limit of the actual to project the subject, the “ego”, towards possible perspectives and finally making experiences. To start real adventures for themselves, and for themselves in the World, aim to evolve over ordinary and conventionality, it was necessary conditions to make free these possibilities to manifest themselves. Possibilities can help to track down proper identity research. We can live lives full of problematicity and complexity, making the “imaginaire” as anticipatory art. Children and young adults especially, but not just them, can live vicariously through the experiences of a character in a story in order to make their own existences more comprehensible.
Di, Santo Fabio <1983>. "Pedagogia e immaginario: Fiction e giovani dell'eta' post-moderna". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6367/.
Texto completoThe study of young adults became most important in this past decade due to the increasing longevity of the average human life and, consequently, the prolongation of the adolescent period. This project proposal focuses principally on a pedagogic observation of the influence of artistic and mass media production on the new generation of young people. The research studies of pedagogy and education must be sensitive in this situation. Young people are especially subjected to artistic and cultural products. The pedagogy must offer more keys for reading the symbols, signals, and hidden messages within each piece. Pedagogy and education have the responsibility to offer instruments in which to understand the complex mechanism of the world from different points of view and stimulate a strong sense of criticism. The theory, in fact, discusses the possibility of resolutions of the fundamental problems of humans, against the passivity and conformism induct to an existential disorder. We can see narration (from children's literature to crossovers, movies, TV programs, etc.) as first “producers of the imaginaire”, then objects of possibility, promoting the beyond from the well-known, the jump over the limit of the actual to project the subject, the “ego”, towards possible perspectives and finally making experiences. To start real adventures for themselves, and for themselves in the World, aim to evolve over ordinary and conventionality, it was necessary conditions to make free these possibilities to manifest themselves. Possibilities can help to track down proper identity research. We can live lives full of problematicity and complexity, making the “imaginaire” as anticipatory art. Children and young adults especially, but not just them, can live vicariously through the experiences of a character in a story in order to make their own existences more comprehensible.
D'ALBO, ODETTE. "GIULIO CESARE PROCACCINI: PER UN CATALOGO DEI DIPINTI". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/13021.
Texto completoThis thesis constitutes the first attempt to catalogue the paintings of Giulio Cesare Procaccini (Bologna 1574 - Milan 1625). Introductory chapters address the artist's critical fortune, his life and his activity as painter, the latter also reconsidered bearing in mind his graphic and sculptural oeuvre, which played a significant role in his multi-structured personality. Constant contextual reference is made to Milanese painting of the early seventeenth century, of which Procaccini was one of the major exponents together with Cerano, Morazzone and their younger contemporary Daniele Crespi. These texts are followed by a catalogue of works, chronologically arranged and accompanied by references to copies and engravings. Entries on what are accepted as autograph works are followed by a section about certain compositions, which - given their widespread success - are in all likelihood copies of lost prototypes by Procaccini, while the section that follows deals with paintings that have been rejected from the catalogue of autograph works. With a view to offering a useful tool for future scholarship on Giulio Cesare Procaccini, the author also provides a list of lost or untraced works recorded in historical sources, and the final part of the thesis, in addition to a bibliography, contains a register of documents listing all that is known thus far about the master's life, year by year.
D'ALBO, ODETTE. "GIULIO CESARE PROCACCINI: PER UN CATALOGO DEI DIPINTI". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/13021.
Texto completoThis thesis constitutes the first attempt to catalogue the paintings of Giulio Cesare Procaccini (Bologna 1574 - Milan 1625). Introductory chapters address the artist's critical fortune, his life and his activity as painter, the latter also reconsidered bearing in mind his graphic and sculptural oeuvre, which played a significant role in his multi-structured personality. Constant contextual reference is made to Milanese painting of the early seventeenth century, of which Procaccini was one of the major exponents together with Cerano, Morazzone and their younger contemporary Daniele Crespi. These texts are followed by a catalogue of works, chronologically arranged and accompanied by references to copies and engravings. Entries on what are accepted as autograph works are followed by a section about certain compositions, which - given their widespread success - are in all likelihood copies of lost prototypes by Procaccini, while the section that follows deals with paintings that have been rejected from the catalogue of autograph works. With a view to offering a useful tool for future scholarship on Giulio Cesare Procaccini, the author also provides a list of lost or untraced works recorded in historical sources, and the final part of the thesis, in addition to a bibliography, contains a register of documents listing all that is known thus far about the master's life, year by year.
Lapenta, Stefania <1973>. "Aspetto, carattere e mitiche imprese di Diana, dela della caccia e della Luna, nella cultura artistica italiana tra XIV e XVI secolo". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1200/1/TESI_Lapenta_Stefania.pdf.
Texto completoLapenta, Stefania <1973>. "Aspetto, carattere e mitiche imprese di Diana, dela della caccia e della Luna, nella cultura artistica italiana tra XIV e XVI secolo". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1200/.
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