Literatura académica sobre el tema "Storia della pittura moderna"

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Artículos de revistas sobre el tema "Storia della pittura moderna"

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Pierguidi, Stefano. "La ‘terza stanza de quadri’ in Palazzo Farnese nel 1644". Journal of the History of Collections 32, n.º 2 (9 de abril de 2019): 265–73. http://dx.doi.org/10.1093/jhc/fhz016.

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Abstract L’articolo punta a stabilire il criterio museografico nell’allestimento della ‘terza stanza de quadri’ in Palazzo Farnese nel 1644, a partire dalla sorprendente presenza in quell’ambiente di molti disegni incorniciati accanto a dipinti su tavola a fondo oro di primo Quattrocento e a poche, importanti tele. Nella stanza era sinteticamente narrata la storia della pittura a Roma dal Quattro al Cinquecento, attraverso soli capolavori, di maestri quasi unicamente appartenenti alla scuola romana. This article aims to establish the museographic criteria involved in the display of pictures in the ‘third room of paintings’ in the Palazzo Farnese in 1644, beginning with the surprising presence there of many framed drawings next to paintings on panel with gold background of the early fifteenth century and with few modern paintings of great importance. Here the story of painting in Rome in the Quattrocento and Cinquecento was synthetically narrated through masterpieces belonging almost exclusively to the Roman School.
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Bignamini, Ilaria y Amanda Claridge. "The tomb of Claudia Semne and excavations in eighteenth-century Rome". Papers of the British School at Rome 66 (noviembre de 1998): 215–44. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200004293.

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Resumen
LA TOMBA DI CLAUDIA SEMNE E GLI SCAVI A ROMA NEL SETTECENTOQuesto articolo offre la ricostruzione dettagliata di uno scavo settecentesco sulla Via Appia e restituisce dati fin'ora ignoti relativi alla tomba di Claudia Semne (età traianea) che è stata finalmente localizzata in una proprietà privata all'angolo tra la Via Appia Antica e l'Appia Pignatelli. Scoperta nel 1792–3 da pittore, mercante d'arte e scavatore Robert Fagan, la tomba viene qui ‘riscoperta’ grazie al rinvenimento di nuovi documenti scritti e visivi del tempo. Si propone anche un'ipotesi restituitiva del monumento che si awale, tra l'altro della seguenza in cui i rinvenimenti vennero in luce. Storia degli scavi, della cultura antiquaria e del collezionismo nell'epoca del Grand Tour si congiungono qui con la moderna analise archeologica e ci restituiscono un importante monumento funerario che era stato dato per perso.
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Loh (review author), Maria. "Pellegrino Tibaldi pittore e architetto dell'età borromaica. Special issue of Studia Borromaica. Saggi e documenti di storia religiosa e civile della prima età moderna". Confraternitas 9, n.º 2 (1 de julio de 1998): 47–48. http://dx.doi.org/10.33137/confrat.v9i2.13363.

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Touber, Jetze. "Storia moderna o genesi della modernità?" European Review of History: Revue européenne d'histoire 21, n.º 6 (14 de abril de 2014): 915–17. http://dx.doi.org/10.1080/13507486.2014.892717.

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Forni, Giorgio. "Cesare Rinaldi, Guido Reni e l’ecfrasi del moderno". Quaderns d’Italià 26 (3 de diciembre de 2021): 145–70. http://dx.doi.org/10.5565/rev/qdi.511.

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Resumen
Affinché la descrizione di opere d’arte potesse trovare spazio nell’ambito della lirica moderna era necessario andare oltre il primato classicistico della poesia sulla pittura e riconoscere un’affinità e un’intesa paritaria fra arti sorelle. Con le Rime nuove del 1603 il poeta Cesare Rinaldi, amico dei Carracci e di Guido Reni, inaugura una nuova possibilità di dialogo tra pittura e poesia su base lirica e soggettiva, ponendo al centro di quel canzoniere il mito luminoso di Barbara come immagine del sentimento polemicamente al di là del “vero” e del “falso”.
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Redavid, María Gaia. "La Compagnia della Morte". Revista Eviterna, n.º 8 (23 de septiembre de 2020): 203–17. http://dx.doi.org/10.24310/eviternare.vi8.9778.

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Resumen
L’articolo si propone di ricostruire la storia della Compagnia della Morte, sfatando miti e leggende dietro la sua storia. La Compagnia della Morte per molto tempo è stata ritenuta un’accolita di pittori napoletani decisi a partecipare alle giornate della rivolta di Masaniello. Secondo il biografo napoletano Bernardo De Dominici la Compagnia della Morte sarebbe stata organizzata dal pittore Aniello Falcone e avrebbe contato tra le sue fila non pochi artisti napoletani desiderosi di partecipare alle giornate della rivolta. La banda nottetempo organizzava spedizioni punitive per la città di Napoli, a danno degli spagnoli che avevano abusato delle giovani donne napoletane. Fu davvero così? Si può parlare della nascita di una vera e propria pittura del dissenso? Per la prima volta viene indagato questo fenomeno dal punto di vista delle fonti storiche e delle memorie degli artisti.
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Cosma, Iulia. "The translation of Italian opera librettos in the nineteenth century: historical and cultural milestones". Translationes 6, n.º 1 (1 de enero de 2014): 78–92. http://dx.doi.org/10.1515/tran-2015-0006.

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Abstract Nella storia moderna della traduzione in romeno, il periodo 1840-1900, come sottolinea la studiosa Georgiana Lungu Badea in Un capitol de traductologie românească. Studii de istorie a traducerii (III) [Un capitolo di traduttologia romena. Studi di storia della traduzione (III)], è contrassegnato dalle ricerche identitarie della lingua di arrivo. In quest'ottica, la traduzione integrale o parziale di un numero significativo di libretti d'opera dall'italiano al romeno si rivela un fenomeno la cui analisi possa offrire dei validi temi di riflessione sia dal punto di vista della storia della traduzione, sia di quello della storia della lingua e della storia culturale.
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Piaia, Gregorio. "Fra tradizione e innovazione: la "storia dei filosofi" in età antica, medievale e moderna". Trans/Form/Ação 34, n.º 3 (2011): 3–15. http://dx.doi.org/10.1590/s0101-31732011000500002.

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Resumen
Il graduale passaggio dall'antica "storia dei filosofi" alla moderna "storia della filosofia" viene qui ricostruito nelle sue fasi essenziali, alla luce della dialettica fra tradizione e innovazione, che caratterizza il dialogo filosofico inteso in senso diacronico. Ma in che senso è ancora possibile, oggi, parlare di una "storia della filosofia" distinta sia dall'attività filosofico-ermeneutica sia dalla ricerca strettamente storica, qual è quella condotta dalla Intellectual history?
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Shea, William R. "Storia della scienza moderna e contemporanea. Paolo Rossi". Isis 81, n.º 2 (junio de 1990): 309. http://dx.doi.org/10.1086/355361.

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Prampolini, Antonio. "Internet e l'uso pubblico della storia. Dalle riflessioni di Nicola Gallerano alle indagini di Antonino Criscione sui siti web". SOCIETÀ E STORIA, n.º 134 (febrero de 2012): 797–813. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-134008.

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Resumen
Chi volesse oggi affrontare il tema dell'uso pubblico della storia, quale paradigma storiografico di successo nell'Italia degli ultimi vent'anni, dovrebbe assumere come punto di riferimento le fondamentali riflessioni di Nicola Gallerano sui rapporti tra storia, memoria e societÀ. L'avvento di Internet, nuovo medium dove convergono tutti gli altri media della moderna societÀ di massa, ha avuto un'influenza significativa sull'uso pubblico della storia. Antonino Criscione ne ha fatto oggetto di una particolare attenzione nei suoi studi sulla Rete. L'articolo inizia prendendo in esame la definizione di uso pubblico della storia proposta da Gallerano, che precede l'affermazione di Internet-Web, per poi analizzare le indagini di Criscione sulla presenza della storia nel nuovo medium. L'esigenza di adottare un approccio critico, ma positivo, nei confronti dell'uso pubblico della storia, inteso come fenomeno culturale e sociale complesso e articolato (che non deve essere identificato a priori con un revisionismo mistificatorio o apologetico) accomuna i due storici. E questo approccio č necessario soprattutto in Internet, dove non pochi siti di storia contemporanea si propongono come "luoghi della memoria" e "comunitÀ di rete".
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Tesis sobre el tema "Storia della pittura moderna"

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Bianchi, E. "RICERCHE SULLE ILLUSTRAZIONI DELLA STORIA DELLA PITTURA ITALIANA DI GIOVANNI ROSINI". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/155758.

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Resumen
The topic of my research is an important illustrated book by Giovanni Rosini, the History of Italian Painting, published in Pisa between 1839 and 1847. Giovanni Rosini was a successful poet and novelist, professor at the University of Pisa and collector of paintings. He starts the history of Italian Painting from the art works he considered Greek and finishes it with the paintings of the beginning of the XIX century. The History of Italian Painting is completed by 248 big format prints representing the paintings Rosini deals with, executed by a group of draughtsmen and engravers chosen by Rosini himself. I have prepared a record card for every print, composed by the data about the painting represented, about an eventual draught and about the draughtsman and the carver employed in it. I have also tried to understand the way used by Rosini to create such a complex editorial business; he was able for example to establish a rich net of advisors who wrote to him about regional paintings and painters.
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Culatti, Marcella <1972&gt. "La raffigurazione delle arti in Italia: le allegorie della pittura e della scultura in epoca moderna". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/612/1/culatti_tesi.pdf.

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Culatti, Marcella <1972&gt. "La raffigurazione delle arti in Italia: le allegorie della pittura e della scultura in epoca moderna". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/612/.

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Vinco, Mattia. "Catalogo della "pittura di cassone" a Verona dal Tardogotico al Rinascimento". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422135.

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Resumen
The present paper develops within precise historical tracks outlined at the beginning of the twentieth century by scholars such as Tancred Borenius and Paul Schubring through several articles in journals and especially in their titanic painted furniture catalogue “Cassoni. Truhen und Truhenbilder der italienischen Fruhreinassance. Ein Beitrag zur Profanmalerei im Quattrocento” published in 1915 and updated in 1923. Using a similar approach, the paper does not focus on a single type of handicraft – coffers, headboards, study room panels – as is often the case, but rather reviews the entire period of the Veronese art between the late Gothic, Mantegna’s innovations and Carpaccio’s perspective. Schubring’s suggestion is the starting point of the present study: “Verona ist ein ausserordentlich wichtiger Platz fur die Tuhenmalerei; es ist geradedazu da Zentrum in Oberitalien. Unsere Liste zahlt etwa seibzib Bilder, mehr als die fur ganz Umbrien”. This suggestion was long unheeded as little importance was attached to this type of painting in Verona. Actually between the fifteenth and sixteenth century fanciful “chest painting” flourished unexpectedly within the city walls, inspired by classic mythology and roman history themes, a chapter in art history of essential importance to understand the highest examples of local Veronese sacred art. This geographical classification has been organized in strict chronological order with cards illustrating the history of each painting. The bibliographic entries and the origin of each work of art has been checked ex-novo, mainly consulting the major photo libraries of Renaissance art. As a consequence, previously unreported transfers between 20th century collectors have been discovered, which in the future may lead to the recovery of paintings whose location is currently unknown. Finding the confirmation of the origin of the most ancient pieces in archives has proved impossible. However, the technical terms to be used to define painted chests, generally simply called “cassone”, have been identified examining 129 post-mortem inventories, dated between 1451 and 1509 and kept in the Old Registry Office at the Verona Archives. The term “coffinum pictum” (painted coffer) and the collective noun “coffanerie” were used to define chest-shaped pieces of furniture usually manufactured in simple “picium”, that is to say pine or fir wood, whereas “scrineus nogarie” (walnut coffer) referred to a small and often precious handicraft without painted decorations and “cassa” or “capsa” (chest), usually described a coarser object for common use. The present catalogue has required countless visits to both Italian and foreign museums to find the confirmation that coniferous wood was used for this type of painting. Having had the opportunity to examine the back of the panels, it was possible to verify that pine wood was widely used in the North, while poplar was more common in central Italy and to identify a carpentry technical detail that had so far gone unnoticed. Two “L” shaped grooves are found close to the top of the chest either on the right or left side of the front and back panel. These mark the location of a compartment for smaller objects that has largely not survived to the present date. A coffer still provided with this compartment can be seen at the Poldi Pezzoli Museum in Milan and other examples can be found in frescos of that age. Identifying this technical detail, typical of Veronese but also Lombard coffers, has been of great importance in understanding carpentry methods and has also made it possible to confirm that some iconographic texts were correct and to rectify less convincing theories. The centerpiece of the present work is the classification in new style groups of a large number of paintings that were often conveniently ascribed to the better known Veronese painters, or were completely anonymous. One of the most significant examples is Domenico Morone and his workshop as he became the most important painter in town, after the departure of his former pupil, Liberale da Verona. An attempt has been made to differentiate a few groups both according to the specific stylistic qualities of the single paintings and by making comparisons with the most famous works of sacred art. Liberale was extremely important in that he served as a mediator between Siena and Verona and therefore his whole production of painted coffers has been examined. Besides the general considerations about the present work, the methodological aspects illustrated above are not the core of the research, which consists in the single findings that emerged during the study. Here are just two examples of these findings: the attribution to Veronese painting of a coffer in Pisanello’s style, previously regarded as a Lombard work, thanks to the correct interpretation of the coat of arms of the Veronese family Fanzago-Cartolari; the discovery of the Siena families Luti and Palmieri as the buyers of a chest front decorated with the “Tobiolo’s Stories”, now part of a British private collection. The single most important result of the present research was the discovery of a chest by Liberale da Verona, belonging to the collection of the great American art historian Bernard Berenson and commissioned to the artist shortly after he returned to Siena. Besides the findings about these single important works of art, the present catalogue classifies rationally many paintings that had not been previously connected. Finally and focusing on painting, in the present catalogue has made herself the name of the Clelia Bath’s Master, author of some Veronese paintings inspired by Andrea Mantegna’s late activity and the name of Orfeo Lanckoronski’s Master, who painted a remarkable number of works, dated between the fifteenth and sixteenth centuries and very likely of Veronese origin but of Carpaccio’s culture, perhaps the painter Giovan Antonio Falconetto.
Il lavoro si sviluppa entro binari storiografici ben precisi, già delineati all’inizio del Novecento da studiosi quali Tancred Borenius e Paul Schubring in numerosi contributi su riviste, ma soprattutto nella monumentale catalogazione dei mobili dipinti, intitolata Cassoni. Truhen und Truhenbilder der italienischen Frührenaissance. Ein Beitrag zur Profanmalerei im Quattrocento, data alle stampe dallo studioso tedesco nel 1915, e in edizione ampliata nel 1923. Su tale esempio non è stata isolata un’unica tipologia di manufatti all’interno di questo genere di pittura – i cofani, le spalliere, le testiere da letto o i pannelli da studiolo –, come talvolta accaduto in questo ambito di studi, ma si è ricostruito per intero quel periodo della storia dell’arte veronese che per cronologia si colloca tra gli incanti tardogotici, le novità mantegnesche e le prospettive carpaccesche. Il punto di partenza dell’indagine va ricercato proprio in un suggerimento di Schubring: “Verona ist ein ausserordentlich wichtiger Platz für die Truhenmalerei; es ist geradezu das Zentrum in Oberitalien. Unsere Liste zählt etwa siebzig Bilder, mehr als die für ganz Umbrien”, rimasto per molto tempo inascoltato, forse a causa della scarsa importanza attribuita a questo tipo di produzione pittorica veronese. Ed invece, tra Quattrocento e Cinquecento, entro le mura cittadine, si assistette all’inaspettato fiorire di una fantasiosa “pittura di cassone”, animata da temi legati alla mitologia classica e alla storia romana, un capitolo della storia dell’arte imprescindibile per comprendere anche i momenti più alti della coeva pittura di destinazione sacra. Questo repertorio “geografico” è strutturato comunque in ordine rigorosamente cronologico, con schede che illustrano la storia di ogni dipinto. Le voci bibliografiche e le provenienze delle opere sono state controllate ex novo, basandosi soprattutto sulla consultazione delle maggiori fototeche di storia dell’arte rinascimentale. In questo modo è stato possibile segnalare anche inediti passaggi collezionistici novecenteschi, che in futuro potrebbero consentire di recuperare molti dei dipinti attualmente di ubicazione sconosciuta. Per quanto riguarda le provenienze antiche, non è stato possibile trovare il riscontro archivistico di nessuna delle opere catalogate. Grazie però all’esame dei 129 inventari post-mortem datati 1451-1509, conservati nel fondo Antico Ufficio del Registro dell’Archivio di Stato di Verona, si è riusciti a fissare con maggiore precisione la terminologia tecnica da utilizzare per definire le cassapanche dipinte, per solito citate genericamente come “cassoni”. Si è scoperto così che con il termine coffinum pictum (cofano dipinto) e con il collettivo “coffanerie”, erano in genere denominati mobili dipinti a forma di cassa, generalmente fabbricati in semplice picium, ovvero legno di pino o abete; che con scrineus nogarie (scrigno in noce) si faceva invece riferimento a un manufatto, spesso pregiato e di piccole dimensioni, privo di decorazione pittorica, e che con cassa o capsa, si descriveva in genere un oggetto di fattura e destinazione più comune. La presente catalogazione ha previsto anche innumerevoli sopralluoghi presso musei italiani e stranieri grazie ai quali è stato possibile trovare conferma dell’impiego del legno di conifera quale supporto utilizzato più frequentemente per questo genere di pittura. Avendo potuto studiare anche i retri delle tavole, si è inoltre avuto modo di verificare come nel nord Italia fosse maggiormente diffusa questa essenza rispetto a quella del pioppo, utilizzata per lo più in Italia centrale, e di interpretare un dettaglio tecnico relativo alla carpenteria, finora sfuggito all’attenzione degli studiosi. Si tratta di incisioni a forma di “L”, poste simmetricamente in prossimità del bordo superiore dei pannelli frontali e tergali, che è possibile trovare indifferentemente in modo alternativo sul lato sinistro o sul destro. Costituiscono la traccia della sede in cui era collocato uno scompartimento o “riposto” – che il più delle volte non è arrivato integro fino ai nostri giorni – entro cui erano conservati gli oggetti di più piccole dimensioni. Un cofano ancora dotato di questo dettaglio costruttivo si conserva presso il museo Poldi Pezzoli di Milano, ma se ne ritrova testimonianza anche in alcuni affreschi coevi. La messa a fuoco di questo aspetto tecnico, tipico delle cassepanche veronesi come di quelle lombarde, è risultata importante non soltanto al fine di una corretta comprensione delle modalità costruttive del mobile, ma anche per verificare la correttezza di alcune letture iconografiche e di correggere le proposte meno convincenti. L’asse portante del presente lavoro è costituito però dal riordino in nuovi gruppi stilistici di un gran numero di dipinti che spesso portavano attribuzioni “di comodo” ai più noti pittori veronesi, ovvero si perdevano semplicemente nell’anonimato. Il caso più significativo in questo senso è costituito dalla complessa galassia della bottega di Domenico Morone, che in seguito alla partenza del suo probabile allievo, Liberale da Verona, ricoprì il ruolo di maggiore pittore attivo sulla scena cittadina. Si è fatto il tentativo di distinguere alcuni gruppi sia sulla base delle peculiari qualità stilistiche dei singoli dipinti, sia operando confronti con le opere sacre più note. Data l’importanza di Liberale come mediatore tra Siena e Verona, è stata presa in esame integralmente la sua produzione di cofani dipinti. Al di là delle considerazioni generali su questo lavoro, il cuore della ricerca non è rappresentato comunque dalle questioni metodologiche sopra elencate, quanto piuttosto dalle singole scoperte che sono venute alla luce in questa ricognizione. Ad esempio: l’acquisizione alla pittura veronese di un cofano di ambito pisanelliano, generalmente considerato come opera lombarda, grazie alla corretta interpretazione dello stemma della famiglia veronese Fanzago-Cartolari; l’individuazione dei committenti della fronte di cofano con le Storie di Tobiolo, ora in collezione privata inglese, nelle famiglie senesi Luti e Palmieri. Il risultato puntuale più significativo di questo cantiere resta la scoperta di un cofano di Liberale da Verona, conservato nella collezione del grande storico dell’arte americano Bernard Berenson, e commissionato al pittore subito dopo il ritorno in patria. A fianco di questi recuperi di singole opere, il catalogo presenta però anche il riordino di molti dipinti che fino ad ora non erano mai stati collegati. Da ultimo, per concludere, spostandosi più strettamente nel campo della pittura, con questa catalogazione si sono stati creati i nomi critici del Maestro di Clelia Bath, autore di alcuni dipinti veronesi improntati alla tarda attività di Andrea Mantegna, e quello del Maestro dell’Orfeo Lanckoronski, che dipinse un cospicuo numero di opere databili tra Quattrocento e Cinquecento, probabilmente veronesi, ma di cultura carpaccesca, identificabile forse con Giovan Antonio Falconetto.
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Ceccato, Barbara. "L'€™apporto della pittura tedesca alla Rinascenza veneta 1490-1510. Il ruolo delle stampe". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424279.

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Resumen
This research project aims to gain an in-depth analysis of the influence of German painting to Venetian Renaissance in the delicate moment of transition between the fifteenth and sixteenth century. Particular attention has been given to some instances that are believed to have played a significant role in relation to the tight artistic dialogue between North and South: the centuries-old relationship between Venice and Germany, the role of the "Natione Alemanna"€ gathered around the Fondaco and church of St. Bartholomew, the early collections of prints and the two stays of Albrecht Dürer in the lagoon. The thesis therefore intends to return the different ways through which the most original and innovative achievements of modern painting dialogued with German art and the work of Dürer in particular. Specific investigation into the art of Giorgione, young Titian and Lorenzo Lotto has been undertaken with particular attention to the representation of landscape, portrait and to color, in order to analyze their response to the German painting'€™s influence.
Il lavoro consiste in un'€™analisi interdisciplinare e in un originale riepilogo critico sul fenomeno dell'apporto dell'€™arte tedesca alla Rinascenza veneta nel delicato momento di trapasso di secolo tra Quattro e Cinquecento. Particolare attenzione é stata data ad alcune istanze che si ritiene possano aver svolto un ruolo significativo in relazione al serrato dialogo artistico tra Nord e Sud: i plurisecolari rapporti tra Venezia e la Germania, il ruolo della "€œNazione Alemannaâ€" raccolta attorno al Fondaco e alla chiesa di san Bartolomeo, il precoce collezionismo di stampe e i due soggiorni di Albrecht Dürer in laguna. La tesi intende dunque restituire i diversi modi attraverso i quali i conseguimenti più originali e innovativi del dipingere moderno hanno dialogato con l'€™arte tedesca e con l'€™opera di Dürer in particolare, ponendo l'€™accento in prevalenza sulle stampe e individuando in paesaggio, ritratto e colore le tre aree capaci di offrire in maniera più significante la risposta del coté veneziano alle sollecitazioni nordiche.
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Guidolin, Francesca <1985&gt. "Il colore della lontananza : Matteo Zaccolini, pittore e teorico di prospettiva". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5621.

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Questa ricerca si propone di seguire i passi compiuti dal fratello laico teatino Matteo Zaccolini (Cesena 1574-Roma 1630) verso la stesura del De Colori, il manoscritto più vasto che compone il suo Trattato di Prospettiva. Quest’opera, scritta tra il primo e il secondo decennio del Seicento, ma lasciata inedita dallo stesso autore, ci è pervenuta grazie ad una copia puteana conservata manoscritta nella Biblioteca Laurenziana di Firenze. Il presente lavoro intende seguire le tracce del pittore cesenate col desiderio di far conoscere la “p(rim)a parte della generatione de’ colori” , indagine derivata da una faticosa rielaborazione dei fondamenti teorico-filosofici appresi da Scipione Chiaramonti, il dotto precettore a cui Zaccolini dedicherà tutta la sua opera. La ricerca ha privilegiato l’indagine archivistica e lo spoglio delle cronache manoscritte nel tentativo di colmare le lacune che avevano lasciato nell’ombra la formazione artistica e culturale dell’esperto quadraturista. Uno dei risultati più interessanti della ricerca da me condotta riguarda il ritrovamento dell’inedito manoscritto di prospettiva Scipione Chiaramonti, opera che il celebre astronomo compilò nel 1609 ma di cui si erano perse le tracce da molti secoli.Nella prima parte della tesi si cercherà di ricostruire e indagare i contesti entro cui si muove Matte Zaccolini, dal suo debutto come pittore decoratore degli apparati effimeri cesenati ai prestigiosi incarichi come consulente di prospettiva nei cantieri teatini romani e napoletani: i documenti ritrovati nelle biblioteche e negli archivi di Cesena, Roma e Napoli hanno consentito di tracciare le coordinate storico-contestuali necessarie per studiare il manoscritto De Colori, presentato e trascritto integralmente nella seconda parte della tesi. Le pagine che Zaccolini dedica alla storia naturale dei colori sono tratte in gran parte dagli scritti del corpus aristotelicum, in particolare dalle traduzioni del pseudo-aristotelico De Coloribus, il “libretto” citato da Zaccolini e commentato in modo del tutto originale per “il vulgo di questa professione pittorica”: il manoscritto, divulgato nella lingua dei pittori per “sicurezza della pittura”, riveste quindi un ruolo fondamentale nella trasmissione della dottrina aristotelica nel XVII secolo, poiché raccoglie l’eredità culturale e artistica degli “studij della buona filosofia” insegnata nel lyceum del suo maestro di prospettiva, il soprannominato “Aristotele Chiaramonti.
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Ulisse, Alessia. "Girolamo Siciolante da Sermoneta nella cultura artistica della Maniera modera: opere, committenza, cronologia". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426824.

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La tesi è incentrata su Girolamo Siciolante da Sermoneta pittore originario del basso Lazio, gravitante intorno alla bottega di Perino del Vaga. L’idea nasce a seguito della convinzione che dopo le importanti campagne di ricerca sul Buonaccorsi condotte negli ultimi decenni, fosse necessaria una revisione del percorso artistico del pittore che Vasari presenta come suo più fedele allievo. Nonostante si fosse messa in evidenza l’importanza di Girolamo Siciolante nello sviluppo della cultura della Maniera, soprattutto con il fondamentale articolo di Federico Zeri (Intorno a Gerolamo Siciolante, in Siciolante in «Bollettino d’Arte», 36.1951, pp. 139- 149), molti problemi rimanevano insoluti, circa i contesti in cui il pittore fu attivo, la committenza che lo interessò e la cronologia della sua attività. Il lavoro è stato condotto mediante la ricerca d’archivio e il rinvenimento di nuovi documenti, con la rilettura di testimonianze edite, ma trascurate e attraverso l’esame stilistico delle opere. Nel lavoro si prova a fornire una migliore comprensione dei rapporti con Perino e il contesto romano del Cinquecento e una messa a fuoco più chiara della cronologia dei soggiorni in Italia settentrionale. Si tenta inoltre una panoramica sulla bottega e si forniscono nuovi dati su alcune commissioni romane del pittore (la cappella Cesi in Santa Maria della Pace, la cappella della Natività nella stessa chiesa, la cappella Függer in Santa Maria dell’Anima, la pala con Madonna e Santi per Sant’Eligio dei Ferrari). Si tenta, infine, mediante l’esame stilistico di realizzare una cronologia delle opere più coerente e di fornire nuovi spunti riflessioni su temi mai, o poco, affrontati: la partecipazione al cantiere di Palazzo Ferretti o la collaborazione con Raffaellino da Reggio.
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TOSI, LUCA. "LE PITTURE MURALI DELLA SALA DELLE ASSE NEL CASTELLO SFORZESCO DI MILANO: L'ICONOGRAFIA DEL MOTIVO AD ALBERI PRIMA E DOPO LEONARDO". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/576528.

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The Ph.D. thesis research entitled Le pitture murali della Sala delle Asse al Castello Sforzesco: l'iconografia del motivo ad alberi prima e dopo Leonardo was born in the context of a professional collaboration with the City of Milan through the Artistic Collections of the Castello Sforzesco, to which we owe the restoration project of the room - decorated by Leonardo da Vinci at the end of the fifteenth century - called 'Sala delle Asse'. On its walls we can see painted mulberry trees that develop organically on the lunettes and on the vault, completely covered by intertwining branches, leaves, berries and golden ropes that form a pergola, wiping out the real architecture in an illusionistic way and creating a characteristic room with trees. These paintings, really compromised by the centuries-old military destination and by heavy 20th-century restorations, present now a fragmented aspect that does not allow a clear global reading of the Leonardo's composition, despite the numerous studies made over time. A first goal was to try to contextualize and frame this disruptive invention within an existing iconographic tradition, so as to measure what was the real contribution of Leonardo compared to the idea of the composition of the Castello Sforzesco: part of the critics in fact often described the Sala delle Asse as an absolute unicum, while our research has analyzed a series of rooms and environments (from Italy but also from northern Europe) that, starting from the fourteenth century, were characterized by the dominant presence of paintings simulating trees, woods and pergolas, giving to the visitor the feeling of being in an open space. For example, even in Sforza's Milan the existence of a camera de li arbori (unfortunately lost) in that Palazzo Visconti (later Panigarola) famous for the frescoes by Bramante is well known and documented: a sign that this iconography was widespread and requested and that Leonardo, leaning on this tradition, shaped in an extremely original way, giving life to a monumental naturalistic creation made of powerful plants, rocks and roots, twisting branches and endless interweaving of golden strings. The existence of fifteenth-century decorative complexes with arboreal motifs, such as that of the Parisian Tower by Jean Sans Peur, which would support the hypothesis of an essentially heraldic-celebrative significance of the meaning of the Sala delle Asse composition, has also emerged: as in the French example, in which the emblems of the Duke of Burgundy and his parents become agile plants carved on the vault of the building, in Milan the moro mulberry of Ludovico Sforza (known as il Moro) is transformed into the tree-column that forms a pergola that protects and covers visitors of the room. The study of the echoes and of the sixteenth-century replicas of this brilliant composition, which is the fulcrum of the second part of our research, aimed to calculate the impact it had on artists and patrons, and to help us in ideally reconstructing the lost parts of the paintings of the Sala delle Asse. The few testimonies found, only documented or still existing, have further confirmed the strong celebratory connotation that the room had assumed after the Leonardesque arrangement, being mentioned at the beginning of the XVI century as Camera dei moroni: a so obvious and cumbersome characteristic, in a period of continuous reversals on the political front, which had to compromise the iconographic diffusion, limited to an extremely reduced number of pro-Sforza sites. Finally, we wanted to move this recognition to the Twentieth century, in particular to the moment following the reopening of the Sala delle Asse, which took place in 1902 after nearly four centuries of oblivion; in the sixteenth century the entire decoration had been covered with a plaster and the room was destined to a nursing home for the Spanish army that had occupied the Castello Sforzesco. The heavy restoration work of the early Twentieth century had covered the Leonardesque traces, reviving what remained of the fragile composition, literally transformed into a painting close to the Art Nouveau style by the painter-restorer Ernesto Rusca. The image thus produced was a great success, being replicated and reworked by various artists in ornamental painting, applied arts and editorial graphics, but in a short time lost the connection with Leonardo and the Sala delle Asse to become a simple, pleasant decorative motif. Luca Tosi
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CAVALLINI, GABRIELE. "CREMA AL CROCEVIA DELLA MANIERA: EPISODI ARTISTICI FRA TRADIZIONE LOMBARDA, VIA ROMANA E VIA GENOVESE". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1065.

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La ricerca si focalizza sulle espressioni artistiche a Crema durante il Cinquecento, prendendo in considerazione artisti, episodi particolari, commissioni pubbliche e private. Partendo dall’intervento di Benedetto Diana in Santa Maria della Croce, passando per la bottega di Vincenzo Civerchio, si giunge ad analizzare le figure di Aurelio Buso e Carlo Urbino, fino alla fine del secolo. Il lavoro presenta alcuni documenti inediti, quali uno che attesta la presenza di Aurelio Buso a Genova e altri che mostrano l’origine di Carlo Urbino .
This study is focused on the artistic expressions in Crema along the XVI century, considering artists, happenings, public and private commissions. Starting from the work of Benedetto Diana in Santa Maria della Croce, through the workshop of Vincenzo Civerchio, we arrive studying Aurelio Buso and Carlo Urbino, at the end of the century. This study presents come new documents, as one that certificate the journey of Aurelio Buso to Genua and others that show the origin of Carlo Urbino.
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CAVALLINI, GABRIELE. "CREMA AL CROCEVIA DELLA MANIERA: EPISODI ARTISTICI FRA TRADIZIONE LOMBARDA, VIA ROMANA E VIA GENOVESE". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1065.

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La ricerca si focalizza sulle espressioni artistiche a Crema durante il Cinquecento, prendendo in considerazione artisti, episodi particolari, commissioni pubbliche e private. Partendo dall’intervento di Benedetto Diana in Santa Maria della Croce, passando per la bottega di Vincenzo Civerchio, si giunge ad analizzare le figure di Aurelio Buso e Carlo Urbino, fino alla fine del secolo. Il lavoro presenta alcuni documenti inediti, quali uno che attesta la presenza di Aurelio Buso a Genova e altri che mostrano l’origine di Carlo Urbino .
This study is focused on the artistic expressions in Crema along the XVI century, considering artists, happenings, public and private commissions. Starting from the work of Benedetto Diana in Santa Maria della Croce, through the workshop of Vincenzo Civerchio, we arrive studying Aurelio Buso and Carlo Urbino, at the end of the century. This study presents come new documents, as one that certificate the journey of Aurelio Buso to Genua and others that show the origin of Carlo Urbino.
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Libros sobre el tema "Storia della pittura moderna"

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Storia moderna dell'arte in Italia: Dalla pittura di storia alla storia della pittura, 1859-1883 : manifesti, polemiche, documenti. Milano: Electa, 2009.

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2

editor, Lomartire Saverio, ed. Storia della pittura d'Italia. Brescia: Morcelliana, 2020.

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3

Storia della scienza moderna. Roma-Bari: Editori Laterza, 2002.

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4

Mori, Massimo. Storia della filosofia moderna. Roma: Laterza, 2005.

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5

Gioacchino Gargallo di Castel Lentini. Storia della storiografia moderna. Roma: Bulzoni, 1990.

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6

Luisa, Martorelli y Galleria moderna del Pio Monte della Misericordia (Naples, Italy), eds. Storie di donne: Letteratura, società e tradizioni nella pittura napoletana di Otto e Novecento : Napoli, Galleria moderna del Pio Monte della Misericordia, 16 dicembre 2008-30 maggio 2009. [Naples, Italy]: Arte'm, 2008.

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7

Storia della città: L'età moderna. Venezia: Marsilio, 2001.

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8

Silvestrini, Maria Teresa. Le date della storia moderna. Roma: Carocci, 2001.

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9

Storia moderna o genesi della modernità? Bologna: Il mulino, 2012.

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10

Nicolao, Merker, ed. Storia della filosofia moderna e contemporanea. Roma: Editori riuniti, 1997.

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Capítulos de libros sobre el tema "Storia della pittura moderna"

1

"M. STORIA DELLA CULTURA NELL’ETÀ MODERNA". En 1994, 225–60. K. G. Saur, 1999. http://dx.doi.org/10.1515/9783110959352.225.

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2

Donato, Marco. "Verso l’età moderna". En Il testo dell´Erissia: storia della tradizione, 118–24. Academia – ein Verlag in der Nomos Verlagsgesellschaft, 2022. http://dx.doi.org/10.5771/9783896659750-118.

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3

"Hegel e la teoria romantica della pittura". En Attraverso la storia dell’estetica. Vol. 2: da Kant a Hegel, 221–38. Quodlibet, 2019. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctvsf1nwk.13.

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4

"La teoria della pittura nel Romanticismo tedesco". En Attraverso la storia dell’estetica Vol. I: dal Settecento al Romanticismo, 275–306. Quodlibet, 2019. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctvdf0kc7.14.

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5

Coronella, Stefano. "Fabio Besta: il padre della ragioneria moderna". En Le discipline economiche e aziendali nei 150 anni di storia di Ca’ Foscari. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2018. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-255-0/005.

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Fabio Besta, Professor at Ca’ Foscari for almost fifty years, was the best-known and most eminent figure among the Italian accounting scholars. His pivotal contribution to the development of the subject encompassed the upgrading shift of accounting from technique to theory, his equity-based accounting system to be applied to the double-entry bookkeeping as well as the related ‘value-based’ accounting theory, the introduction of a new conception of business firm and combination of inductive (empirical) and historical research method. The school he founded deserves credits. Fabio Besta’s pupils would be the most relevant scholars of the following period, that is Vittorio Alfieri, Alberto Ceccherelli, Carlo Ghidiglia, Pietro D’Alvise, Francesco De Gobbis, Benedetto Lorusso, Pietro Rigobon, Vincenzo Vianello and Gino Zappa.
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6

Pizzo, Marco. "Web et humanités numériques". En Patrimoine et Humanités numériques, 127–38. Editions des archives contemporaines, 2020. http://dx.doi.org/10.17184/eac.3597.

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Le « Fondo Guerra », conservé au Museo Centrale del Risorgimento, a fait l’objet d’un projet ciblé d’informatisation et de numérisation qui a abouti à la constitution du portail www.14-18.it. La numérisation a permis de réunir les documents présents, identifiés et décrits dans les différentes sections. Ce fonds est arrivé au Musée avec pour objectif précis de documenter la Première Guerre mondiale, qui est considérée comme la quatrième Guerre d’Indépendance italienne. L’ensemble des documents recueillis au Musée a été divisé en deux sections: l’« Archivio della guerra » et la « Biblioteca della guerra », qui contient également des notices nécrologiques. Ces deux sections furent divisées en 1935 entre trois institutions différentes : la Biblioteca di storia moderna e contemporanea, le Museo Centrale del Risorgimento et la Biblioteca Universitaria Alessandrina. Aujourd’hui, grâce à ce projet commun de numérisation et d’informatisation, le fonds a été virtuellement réunifié et est accessible en ligne.
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