Literatura académica sobre el tema "Storia del pensiero giuridico"

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Artículos de revistas sobre el tema "Storia del pensiero giuridico"

1

Costa, Pietro. "La storia del pensiero giuridico, fra "archivio" e "discipline"". Diacronìa, n.º 2 (2020): 9–17. http://dx.doi.org/10.12871/97888333934761.

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Scerbo, Alberto. "L’infinita vanità del tutto. Sul politico e giuridico nel pensiero di Leopardi". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, n.º 2 (mayo de 2019): 389–407. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819836663.

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Resumen
L’approfondimento del rapporto duale tra natura e ragione, da cui origina la relazione tra poesia e filosofia, costituisce il viatico per un’indagine riguardante il pensiero di Leopardi in ordine al problema politico e giuridico. Premesso, così, lo scarto esistente tra stato di natura e stato di società, si analizzano le diverse forme sociali, all’interno di un discorso che propone il confronto critico tra antichità e modernità e senza discostarsi dal disegno della storia. Nella consapevolezza di ricondurre il tema politico ad una dimensione di autenticità, in cui la ragione sia integrata dalla natura, si procede poi ad una riflessione sulle forme di governo, distinguendo tra piano teoretico e piano storico. La scientificità propria della modernità detta l’atteggiamento di fondo leopardiano nei confronti del diritto e motiva la messa in discussione dell’esistenza della legge naturale, ma anche la valutazione mitica dell’idea di giustizia. L’approccio venato da un sostanziale realismo materialistico impedisce di ricercare significati profondi nelle dinamiche giuridiche e finisce per connettere l’efficacia del diritto al mero egoismo individualistico. Si rimarcano i limiti insuperabili nel funzionamento del diritto, sia di tipo funzionale che strutturale, e si rileva la distanza del fenomeno giuridico dal mondo della natura, con quanto ne consegue su ogni eventuale aspirazione all’universalità.
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3

Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna". Prawo Kanoniczne 35, n.º 1-2 (5 de junio de 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Resumen
Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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Roselli, Orlando. "Il progetto culturale e scientifico dei Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno nelle Pagine introduttive dei primi trent'anni". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 3 (marzo de 2010): 39–65. http://dx.doi.org/10.3280/sd2009-003003.

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Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Resumen
Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Stolte, Bernard H. "Justinian's Novels - Giuliana Lanata: Legislazione e natura nelle Novelle giustinianee. (Storia del pensiero giuridico, 7.) Pp. xi + 307. Naples: Edizioni Scientifiche Italiane, 1984. Paper." Classical Review 37, n.º 1 (abril de 1987): 60–61. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x00100356.

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Brown, Alison. "Osvaldo Cavallar. Francesco Guicciardini Giurista. I Ricordi degli Onorari. (Per la storia del pensiero giuridico moderno, 36.) Milan, Giuffrè: 1991. xxi + 396 pp. L 42,000." Renaissance Quarterly 46, n.º 2 (1993): 362–64. http://dx.doi.org/10.2307/3039067.

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De Cristofaro, Ernesto. "La sovranità nei corsi di Foucault al Collège de France". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 313–40. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19256.

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Resumen
Tra i temi di carattere giuridico e politico quello della sovranità è il più presente nei corsi che Michel Foucault ha tenuto presso il Collège de France dal 1970 al 1984. L’insegnamento presso questa istituzione – intitolato, nel suo caso, Storia dei sistemi di pensiero - obbedisce a regole particolari. Una tra queste è l’obbligo gravante sui docenti a non riproporre, di anno in anno, lo stesso corso di lezioni svolte in precedenza, ma di cambiare argomento. Al netto di questa clausola, negli anni che vanno dal 1973 al 1979, Foucault si occupa ripetutamente e intensamente di questioni che hanno una connessione molto esplicita e diretta con la dimensione del potere. Alcuni dei corsi tenuti costituiscono la base di opere che egli pubblica in questo periodo come Sorvegliare e punire o La volontà di sapere. È, certamente, all’interno dei corsi che si viene profilando l’idea del potere che attraversa la sua ricerca in questa fase temporale ed è grazie a questo laboratorio trasparente del suo lavoro che è possibile seguire l’analisi e la rielaborazione che egli svolge sull’argomento “sovranità”. Sebbene questo termine non sia mai espressamente presente nei titoli delle annualità didattiche, molte delle lezioni che impegnano l’insegnamento affidato a Foucault convergono su questa categoria. Foucault riceve dalla teoria giuridica e dalla politologia una parola alla quale si attribuisce pacificamente un preciso significato. Il titolare del potere sovrano è rappresentato, da una lunghissima e importante tradizione, come colui attorno al quale ruota il funzionamento dello Stato. Il sovrano è posto “in alto” e “al centro” della mappa del potere come il punto a partire dal quale e verso il quale si muovono tutti gli ingranaggi essenziali che fanno funzionare la macchina statuale. Inoltre, il sovrano è colui che esercita il proprio potere attraverso l’uso di una forza eminente, idonea a far rispettare le leggi, mantenere l’ordine e inibire qualunque ipotesi di sedizione. Foucault intende, viceversa, mettere in discussione questa lettura. L’itinerario che egli segue punta verso una fenomenologia dei rapporti di potere colti nella loro multiformità e disseminazione. Si tratta di osservare il potere rinunciando alla prospettiva della verticalità, come se esso fosse collocato presso una sola sede, alla prospettiva della patrimonialità, come se esso fosse posseduto esclusivamente da qualcuno e, infine, alla prospettiva della repressione, come se l’unica lingua che esso sapesse parlare fosse quella dell’intimidazione, della sanzione e delle armi. Per rileggere il potere bisogna, al contrario, studiarne il funzionamento presso apparati parziali della società, distribuiti trasversalmente e in grado di implementare una tecnologia che non si fonda sull’interdizione ma, al contrario, sulla sollecitazione della disciplina. Lungo il suo itinerario Foucault incontra lo sviluppo storico della penalità, nel cui perimetro viene sviluppandosi un potere fortemente individualizzante, capace di perseguire un incasellamento degli individui che si serve di molteplici tecniche di osservazione e descrizione operanti a vari livelli della struttura sociale; la storia della psichiatria, grazie alla quale la distinzione normale/anormale, e le conseguenti misure di monitoraggio e controllo della condotta deviante, hanno potuto avvalersi dell’uso di parametri “scientifici” e, pertanto, più cogenti; infine, la biopolitica, che ha ricollocato il tema della sottoposizione dei corpi a regole e vincoli, in vista della massimizzazione delle loro prestazioni, dalla scala degli individui a quella delle popolazioni, lasciando apparire dietro la figura tralatizia del sovrano che esprime la propria egemonia decidendo chi possa vivere e chi debba morire, l’immagine assai più concreta del potere anonimo delle regole di alimentazione, igiene e profilassi che stabiliscono come un’intera collettività debba essere curata e protetta.
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Sánchez Raygada, C. H. "Carlo Fantappiè, Chiesa romana e modernità giuridica. Vol. I: L’edificazione del sistema canonistico (1563-1903); Vol. II: Il Codex Iuris Canonici (1917), (= Biblioteca per la storia del pensiero giuridico moderno, 76), Giuffré, Milano 2008, XLVI + 1275 pp". Anuario de Historia de la Iglesia 19 (9 de marzo de 2016): 538–39. http://dx.doi.org/10.15581/007.19.4352.

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Pree, Helmuth. "Fantappiè, Carlo, Chiesa romana e modernità giuridica. Mailand: Giuffrè 2008, 2 Bde (= Per la storia deI pensiero giuridico moderno 76). Bd. I: L'edificazione deI sistema canonistico (1563-1903), XLVI u. 519 S., Bd. II: Il Codex Iuris Canonici (1917), 763 S." Archiv für katholisches Kirchenrecht 181, n.º 2 (24 de junio de 2012): 655–57. http://dx.doi.org/10.30965/2589045x-18102028.

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Tesis sobre el tema "Storia del pensiero giuridico"

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Mazzoleni, E. "POTERE COME MODALITA' NORMATIVA NEL PENSIERO GIURIDICO GIAPPONESE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/465137.

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My thesis is a juridical and philosophical inquiry about the name and the concept of legal power as a normative modality in Japanese law, through a comparison with the Western name and concept of legal power as a normative modality in Analytical jurisprudence and in Italian philosophy of law.
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Saravo, Martina <1987&gt. "Diritto italiano e Diritto ebraico: la questione del divorzio nell'ordinamento giuridico del Regno d’Italia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5474.

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Resumen
La tesi tenta di analizzare il dibattito intorno all'introduzione del divorzio nell'ordinamento giuridico italiano, nel periodo immediatamente successivo all'unificazione d'Italia. Come ho avuto modo di analizzare, tale questione ebbe un percorso piuttosto travagliato e controverso iniziato già nel 1878 con la prima proposta di legge sul divorzio di Salvatore Morelli. Il mio studio parte da un’ottica di storia dell’ebraismo e per tanto ho tentato di analizzare come l’introduzione del matrimonio civile obbligatorio e indissolubile, creato sullo schema del matrimonio canonico, previsto dal Codice Pisanelli del 1865, introdusse all'interno del mondo ebraico modelli esterni a quest’ultimo. Mi sono quindi proposta di ricostruire la dinamica che vide l’accettazione del matrimonio civile come parte integrante del processo di emancipazione degli ebrei iniziato alla fine del secolo XVIII e sviluppatasi pienamente nel corso dell’Ottocento. Ho posto poi un’attenzione particolare alla questione dell’estensione dei codici italiani alla Venezia-Giulia, in seguito all'annessione all'Italia di questi territori dopo la prima guerra mondiale. Ho analizzato inoltre la questione dei divorzi in fraudem legis dovuta alla sussistenza in queste ex provincie dell’Impero austro-ungarico dei precedenti codici che riconoscevano la dissolubilità del vincolo matrimoniale per le confessioni che lo prevedevano, come nel caso dell’ebraismo, cercando di contestualizzare tale pratica. Mi sono poi soffermata sulla situazione della comunità ebraica triestina, fortemente integrata all'interno della società cittadina, e di come questa visse in parte negativamente l’introduzione dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale imposta dallo Stato italiano con il R.D n°352 20/3/1924.
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DELLA, MALVA MIRKO PIO. "DIRITTO E MEMORIA STORICA NELL'ESPERIENZA GIURIDICA COMPARATA: IL DIFFICILE BILANCIAMENTO TRA TUTELA DELLA DIGNITÀ DELLE VITTIME, LIBERTÀ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO, PROTEZIONE DELLA DEMOCRAZIA". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/261823.

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Resumen
This PhD dissertation deals with the study of the legislative measures that concerns story and memory. Since the beginning of the nineties, in fact, the idea of “historical memory” has become a recurrent theme of public debate in a different EU countries and many Parliaments have adopted measures direct to redress the crimes committed in the past, specially in 20th century by repressive regimes. This phenomenon is particularly noticeable in France Spain and Italy. In the first two cases, Parliaments have introduce a duty of remembrance for the tragedies of the past, while in Spain the issue is approached from the perspective of a subjective right to the recognition of the memories of victims and their families. Near these type of interventions (generally called memorial laws) several EU countries have also adopted acts direct to the criminalize the Holocaust denial. In all cases these acts have known a lot of critics because they contrast with important constitutional principles: pluralism, freedom of speech, freedom of teach. But these acts regards events that have had a profound influence on the development of human dignity and on the birth of the constitutional system after the II° WW. In this point of view, the aim of this thesis is weigh the possibility for these type of interventions to received admission in democratic and pluralistic societies.
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4

Ravano, Lorenzo <1987&gt. "Genealogia del radicalismo nero: il pensiero politico dell'abolizionismo nero". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/7821/1/Tesi%20Ravano%20Genealogia%20del%20radicalismo%20nero.pdf.

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Resumen
La ricerca ricostruisce in chiave genealogica i fondamenti teorici e concettuali della cosiddetta tradizione radicale nera del XX secolo, qui interpretata come una critica della modernità, attraverso l’analisi del pensiero politico dell’abolizionismo nero. Più precisamente, è ricostruito dal punto di vista della storia dei concetti politici moderni il pensiero politico prodotto dai principali esponenti delle lotte contro la schiavitù condotte nello spazio transnazionale dell’Atlantico tra la seconda metà del XVIII e la prima metà del XIX secolo. L’abolizionismo nero è letto come un pensiero politico articolato secondo una costante appropriazione sovversiva del lessico e dei concetti politici moderni. Si mostra che la critica nera agisce secondo due linee costanti: lo ‘sdoppiamento’ dei concetti politici (cioè un movimento di appropriazione e trasformazione) e la sovversione degli assetti spaziali della modernità (cioè la rottura della distinzione tra Stato e colonia). Gli elementi di maggiore originalità del lavoro sono individuabili tanto sul piano contenutistico quanto su quello metodologico. Anzitutto, si tratta del primo studio dell’abolizionismo nero visto da una prospettiva atlantica e di storia concettuale. Il lavoro analizza inoltre diverse tipologie di fonti (petizioni, autobiografie, proclami militari, regolamenti amministrativi, discorsi, romanzi e slave songs) solitamente marginali nella Storia delle dottrine politiche. La tesi è strutturata il quattro capitoli. Nel primo capitolo è presentata un’analisi per temi e concetti del radicalismo nero novecentesco. I tre capitoli successivi sono invece dedicati all’abolizionismo nero e sono strutturati secondo una scansione cronologica volta a individuare tre momenti di discontinuità. Il secondo capitolo discute l’emergere della critica nera durante la rivoluzione americana e all’interno del movimento antischiavista britannico. Il terzo capitolo è invece dedicato alla Rivoluzione di Haiti, interpretata come cesura fondamentale nella storia dell’abolizionismo nero. Il quarto capitolo analizza infine il movimento abolizionista afroamericano.
The dissertation provides a genealogy of the theoretical and conceptual foundations of the black radical tradition through a reconstruction of the political discourse and practices of the main black abolitionists of the Atlantic World from the so-called Age of Revolutions to the end of the American Civil War. In particular, the black radical tradition is conceived as a peculiar critique of modernity. Indeed, black critique highlights the constitutive duplicity of modernity (i.e. European and colonial) and produces both a ‘provincialization’ and a transformation of the basic concepts of modern political thought (such as freedom, equality, democracy, nation). In this way, the research shows that black abolitionism is a political thought characterized by two elements: the subversion of modern spatiality and the “doubling” of political concepts. On the one hand, black abolitionism overturns the conceptual distinction between the State, as the space of order, and the colony, as an irrational and uncivilized place. In other words, it shows that slavery, colonialism, and racism are not peripheral moments of modernity but instead one of its foundations. On the other hand, black abolitionists used different political lexicons to communicate a struggle for self-liberation which had its own conceptual originality. The dissertation is structured in four chapters. The first provides a definition of the theoretical foundations of black radicalism in the XX Century, and is focused on some of its main figures. The other chapters provide a reconstruction of the political thought of black abolitionism, defined by three moments of discontinuity. The second chapter is dedicated to the black abolitionists within the American Revolution and the British abolitionist movement. The third chapter is on the Haitian Revolution, conceived as the fundamental turning point in the history of black abolitionism and its critique of modernity. The last chapter is on the African American abolitionist movement.
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Gili, Eleonora <1994&gt. "La sottrazione internazionale di minori. Analisi critica del sistema giuridico giapponese". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13832.

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La sottrazione internazionale di minori è un fenomeno globale in ascesa. Con l’aumentare dei matrimoni misti, si ha assistito ad un aumento dei casi di sottrazione e dispute coniugali. In questo lavoro si è cercato di analizzare i sistemi giuridici giapponese e italiano con particolare attenzione al fenomeno sopracitato, cercando di capire quali lacune legislative siano riscontrabili in essi. Allo stato attuale, entrambi i Paesi presentano delle carenze legislative che impediscono di contrastare efficientemente la sottrazione di minori all’estero. La moltitudine di casi, alcunii dei quali diventati di dominio pubblico negli ultimi anni, ha contribuito ad accendere l’interesse nei cittadini dei due Paesi. Per la stesura del lavoro si è fatto riferimento alle diverse fonti del diritto dei Paesi in questione, come i Codici Civili e Penali, e le legislazioni europee. Inoltre, si è fatto riferimento a diversi testi e saggi accademici di avvocati che si occupano di diritto privato internazionale, nonché ad alcuni lavori di antropologia. La tesi presenta anche una traduzione originale della Legge Tanase, una proposta di legge a favore della custodia condivisa presentata alla Dieta giapponese dall’avvocato e professore Tanase Takao. Per trattare la posizione del governo giapponese riguardo la Convenzione dell’Aja, si è portata ad esempio il pamphlet redatto dal Ministero degli Affari Esteri; mentre per trattare la produzione mediatica giapponese si è analizzato un servizio del programma televisivo di Japanese Culture Channel Sakura. É stato analizzato brevemente anche il comportamento degli utenti giapponesi sui siti internet riguardanti l’argomento, al fine di comprendere quale sia la posizione che il cittadino medio ricopre all’interno del dibattito per le riforme legislative. Grazie ai lavori accademici ed all’indagine delle piattaforme internet, è possibile evincere che un gran numero di cittadini giapponesi è a favore della introduzione della custodia condivisa in Giappone. Si auspica pertanto che entrambi i governi, in accordo con la volontà dei cittadini, mettano a punto delle riforme legislative in grado di rispondere ai sempre più rapidi cambiamenti della società.
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6

Rispoli, Rosario <1987&gt. "Oggettività del pensiero e astrattezza dell'empirico : una lettura critica di Hegel". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/10330.

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Il risultato a cui il presente lavoro cerca di giungere riguarda l’affermazione di una logica dell’auto-determinazione del pensiero che sia capace di sottrarsi sia alle difficoltà del fondazionalismo epistemologico sia dell’anti-fondazionalismo in tutte le sue declinazioni postmoderne. In questo senso pensiamo che alcuni aspetti essenziali della filosofia hegeliana siano utili proprio al raggiungimento di tale obiettivo. Il nostro lavoro parte dalla convinzione che l’alternativa non può giocarsi solo fra queste due posizioni, infatti siamo convinti che non sia affatto vero che una volta abbandonato il progetto fondazionalistico, che tradizionalmente ha affermato la metafisica, l’unica alternativa sia il proclamarsi relativisti e scettici, così come fanno le posizioni anti-fondazionaliste. Il lavoro ha la sua origine nell’analisi del terzo capitolo della Fenomenologia dello spirito in cui Hegel assume una posizione critica nei confronti della metafisica. Anzitutto Hegel equipara la metafisica classica alla scienza moderna, riconducendole entrambi al medesimo presupposto ontologico. Tale presupposto induce la coscienza ad un autoinganno: essa genera un mondo sovrasensibile come un vero in-sé contrapposto alla falsità del sensibile. L’intento di Hegel è quello di dimostrare l’autocontraddittorietà di tale mondo, utilizzando la figura del mondo invertito: un secondo mondo sovrasensibile caratterizzato da una inversione rispetto al primo. Questo nuovo mondo, pur nella sua apparente assurdità, rende visibile l’occulta inversione e perversione del primo mondo metafisico. Il crollo dei due mondi lascia trasparire l’unica realtà, quella dell’incessante togliersi di ogni ente, a cui Hegel dà il nome di l’infinità. Si è tentato, infine, di cogliere le conseguenze antimetafisiche di questa posizione, che rende possibile un’alternativa fra il fondazionalismo e il post-fondazionalismo. Insomma, la possibilità di un sapere, che pur non abbandonando l’ambito logico e razionale, sia comunque capace di condurre una critica radicale a qualsiasi tentativo di affermare un principio assoluto e definitivo, diventando in questo modo garanzia della pluralità e della differenza. In questo senso Hegel riesce a connettere e a mantenere due aspetti che apparentemente sono inconciliabili: l’auto-fondazione del sapere e la critica a qualsiasi fondazionalismo.
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7

Sanson, Helena Louise. "Donne, precettistica e lingua nell'Italia del Cinquecento : per un contributo alla storia del pensiero linguistico". Thesis, University of Reading, 2001. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.270923.

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8

Leonesi, Elisa <1981&gt. "Scienza, Tecnica, Politica: Il Problema del Metodo nel Pensiero di Jacopo Aconcio". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1993/1/leonesi_elisa_tesi.pdf.

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Resumen
The aim of this PhD thesis is to study accurately and in depth the figure and the literary production of the intellectual Jacopo Aconcio. This minor author of the 16th century has long been considered a sort of “enigmatic character”, a profile which results from the work of those who, for many centuries, have left his writing to its fate: a story of constant re-readings and equally incessant oversights. This is why it is necessary to re-read Aconcio’s production in its entirety and to devote to it a monographic study. Previous scholars’ interpretations will obviously be considered, but at the same time an effort will be made to go beyond them through the analysis of both published and manuscript sources, in the attempt to attain a deeper understanding of the figure of this man, who was a Christian, a military and hydraulic engineer and a political philosopher,. The title of the thesis was chosen to emphasise how, throughout the three years of the doctorate, my research concentrated in equal measure and with the same degree of importance on all the reflections and activities of Jacopo Aconcio. My object, in fact, was to establish how and to what extent the methodological thinking of the intellectual found application in, and at the same time guided, his theoretical and practical production. I did not mention in the title the author’s religious thinking, which has always been considered by everyone the most original and interesting element of his production, because religion, from the Reformation onwards, was primarily a political question and thus it was treated by almost all the authors involved in the Protestant movement - Aconcio in the first place. Even the remarks concerning the private, intimate sphere of faith have therefore been analysed in this light: only by acknowledging the centrality of the “problem of politics” in Aconcio’s theories, in fact, is it possible to interpret them correctly. This approach proves the truth of the theoretical premise to my research, that is to say the unity and orderliness of the author’s thought: in every field of knowledge, Aconcio applies the rules of the methodus resolutiva, as a means to achieve knowledge and elaborate models of pacific cohabitation in society. Aconcio’s continuous references to method can make his writing pedant and rather complex, but at the same time they allow for a consistent and valid analysis of different disciplines. I have not considered the fact that most of his reflections appear to our eyes as strongly conditioned by the time in which he lived as a limit. To see in him, as some have done, the forerunner of Descartes’ methodological discourse or, conversely, to judge his religious theories as not very modern, is to force the thought of an author who was first and foremost a Christian man of his own time. Aconcio repeats this himself several times in his writings: he wants to provide individuals with the necessary tools to reach a full-fledged scientific knowledge in the various fields, and also to enable them to seek truth incessantly in the religious domain, which is the duty of every human being. The will to find rules, instruments, effective solutions characterizes the whole of the author’s corpus: Aconcio feels he must look for truth in all the arts, aware as he is that anything can become science as long as it is analysed with method. Nevertheless, he remains a man of his own time, a Christian convinced of the existence of God, creator and governor of the world, to whom people must account for their own actions. To neglect this fact in order to construct a “character”, a generic forerunner, but not participant, of whatever philosophical current, is a dangerous and sidetracking operation. In this study, I have highlighted how Aconcio’s arguments only reveal their full meaning when read in the context in which they were born, without depriving them of their originality but also without charging them with meanings they do not possess. Through a historical-doctrinal approach, I have tried to analyse the complex web of theories and events which constitute the substratum of Aconcio’s reflection, in order to trace the correct relations between texts and contexts. The thesis is therefore organised in six chapters, dedicated respectively to Aconcio’s biography, to the methodological question, to the author’s engineering activity, to his historical knowledge and to his religious thinking, followed by a last section concerning his fortune throughout the centuries. The above-mentioned complexity is determined by the special historical moment in which the author lived. On the one hand, thanks to the new union between science and technique, the 16th century produces discoveries and inventions which make available a previously unthinkable number of notions and lead to a “revolution” in the way of studying and teaching the different subjects, which, by producing a new form of intellectual, involved in politics but also aware of scientific-technological issues, will contribute to the subsequent birth of modern science. On the other, the 16th century is ravaged by religious conflicts, which shatter the unity of the Christian world and generate theological-political disputes which will inform the history of European states for many decades. My aim is to show how Aconcio’s multifarious activity is the conscious fruit of this historical and religious situation, as well as the attempt of an answer to the request of a new kind of engagement on the intellectual’s behalf. Plunged in the discussions around methodus, employed in the most important European courts, involved in the abrupt acceleration of technical-scientific activities, and especially concerned by the radical religious reformation brought on by the Protestant movement, Jacopo Aconcio reflects this complex conjunction in his writings, without lacking in order and consistency, differently from what many scholars assume. The object of this work, therefore, is to highlight the unity of the author’s thought, in which science, technique, faith and politics are woven into a combination which, although it may appear illogical and confused, is actually tidy and methodical, and therefore in agreement with Aconcio’s own intentions and with the specific characters of European culture in the Renaissance. This theory is confirmed by the reading of the Ars muniendorum oppidorum, Aconcio’s only work which had been up till now unavailable. I am persuaded that only a methodical reading of Aconcio’s works, without forgetting nor glorifying any single one, respects the author’s will. From De methodo (1558) onwards, all his writings are summae, guides for the reader who wishes to approach the study of the various disciplines. Undoubtedly, Satan’s Stratagems (1565) is something more, not only because of its length, but because it deals with the author’s main interest: the celebration of doubt and debate as bases on which to build religious tolerance, which is the best method for pacific cohabitation in society. This, however, does not justify the total centrality which the Stratagems have enjoyed for centuries, at the expense of a proper understanding of the author’s will to offer examples of methodological rigour in all sciences. Maybe it is precisely because of the reforming power of Aconcio’s thought that, albeit often forgotten throughout the centuries, he has never ceased to reappear and continues to draw attention, both as a man and as an author. His ideas never stop stimulating the reader’s curiosity and this may ultimately be the best demonstration of their worth, independently from the historical moment in which they come back to the surface.
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9

Leonesi, Elisa <1981&gt. "Scienza, Tecnica, Politica: Il Problema del Metodo nel Pensiero di Jacopo Aconcio". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1993/.

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The aim of this PhD thesis is to study accurately and in depth the figure and the literary production of the intellectual Jacopo Aconcio. This minor author of the 16th century has long been considered a sort of “enigmatic character”, a profile which results from the work of those who, for many centuries, have left his writing to its fate: a story of constant re-readings and equally incessant oversights. This is why it is necessary to re-read Aconcio’s production in its entirety and to devote to it a monographic study. Previous scholars’ interpretations will obviously be considered, but at the same time an effort will be made to go beyond them through the analysis of both published and manuscript sources, in the attempt to attain a deeper understanding of the figure of this man, who was a Christian, a military and hydraulic engineer and a political philosopher,. The title of the thesis was chosen to emphasise how, throughout the three years of the doctorate, my research concentrated in equal measure and with the same degree of importance on all the reflections and activities of Jacopo Aconcio. My object, in fact, was to establish how and to what extent the methodological thinking of the intellectual found application in, and at the same time guided, his theoretical and practical production. I did not mention in the title the author’s religious thinking, which has always been considered by everyone the most original and interesting element of his production, because religion, from the Reformation onwards, was primarily a political question and thus it was treated by almost all the authors involved in the Protestant movement - Aconcio in the first place. Even the remarks concerning the private, intimate sphere of faith have therefore been analysed in this light: only by acknowledging the centrality of the “problem of politics” in Aconcio’s theories, in fact, is it possible to interpret them correctly. This approach proves the truth of the theoretical premise to my research, that is to say the unity and orderliness of the author’s thought: in every field of knowledge, Aconcio applies the rules of the methodus resolutiva, as a means to achieve knowledge and elaborate models of pacific cohabitation in society. Aconcio’s continuous references to method can make his writing pedant and rather complex, but at the same time they allow for a consistent and valid analysis of different disciplines. I have not considered the fact that most of his reflections appear to our eyes as strongly conditioned by the time in which he lived as a limit. To see in him, as some have done, the forerunner of Descartes’ methodological discourse or, conversely, to judge his religious theories as not very modern, is to force the thought of an author who was first and foremost a Christian man of his own time. Aconcio repeats this himself several times in his writings: he wants to provide individuals with the necessary tools to reach a full-fledged scientific knowledge in the various fields, and also to enable them to seek truth incessantly in the religious domain, which is the duty of every human being. The will to find rules, instruments, effective solutions characterizes the whole of the author’s corpus: Aconcio feels he must look for truth in all the arts, aware as he is that anything can become science as long as it is analysed with method. Nevertheless, he remains a man of his own time, a Christian convinced of the existence of God, creator and governor of the world, to whom people must account for their own actions. To neglect this fact in order to construct a “character”, a generic forerunner, but not participant, of whatever philosophical current, is a dangerous and sidetracking operation. In this study, I have highlighted how Aconcio’s arguments only reveal their full meaning when read in the context in which they were born, without depriving them of their originality but also without charging them with meanings they do not possess. Through a historical-doctrinal approach, I have tried to analyse the complex web of theories and events which constitute the substratum of Aconcio’s reflection, in order to trace the correct relations between texts and contexts. The thesis is therefore organised in six chapters, dedicated respectively to Aconcio’s biography, to the methodological question, to the author’s engineering activity, to his historical knowledge and to his religious thinking, followed by a last section concerning his fortune throughout the centuries. The above-mentioned complexity is determined by the special historical moment in which the author lived. On the one hand, thanks to the new union between science and technique, the 16th century produces discoveries and inventions which make available a previously unthinkable number of notions and lead to a “revolution” in the way of studying and teaching the different subjects, which, by producing a new form of intellectual, involved in politics but also aware of scientific-technological issues, will contribute to the subsequent birth of modern science. On the other, the 16th century is ravaged by religious conflicts, which shatter the unity of the Christian world and generate theological-political disputes which will inform the history of European states for many decades. My aim is to show how Aconcio’s multifarious activity is the conscious fruit of this historical and religious situation, as well as the attempt of an answer to the request of a new kind of engagement on the intellectual’s behalf. Plunged in the discussions around methodus, employed in the most important European courts, involved in the abrupt acceleration of technical-scientific activities, and especially concerned by the radical religious reformation brought on by the Protestant movement, Jacopo Aconcio reflects this complex conjunction in his writings, without lacking in order and consistency, differently from what many scholars assume. The object of this work, therefore, is to highlight the unity of the author’s thought, in which science, technique, faith and politics are woven into a combination which, although it may appear illogical and confused, is actually tidy and methodical, and therefore in agreement with Aconcio’s own intentions and with the specific characters of European culture in the Renaissance. This theory is confirmed by the reading of the Ars muniendorum oppidorum, Aconcio’s only work which had been up till now unavailable. I am persuaded that only a methodical reading of Aconcio’s works, without forgetting nor glorifying any single one, respects the author’s will. From De methodo (1558) onwards, all his writings are summae, guides for the reader who wishes to approach the study of the various disciplines. Undoubtedly, Satan’s Stratagems (1565) is something more, not only because of its length, but because it deals with the author’s main interest: the celebration of doubt and debate as bases on which to build religious tolerance, which is the best method for pacific cohabitation in society. This, however, does not justify the total centrality which the Stratagems have enjoyed for centuries, at the expense of a proper understanding of the author’s will to offer examples of methodological rigour in all sciences. Maybe it is precisely because of the reforming power of Aconcio’s thought that, albeit often forgotten throughout the centuries, he has never ceased to reappear and continues to draw attention, both as a man and as an author. His ideas never stop stimulating the reader’s curiosity and this may ultimately be the best demonstration of their worth, independently from the historical moment in which they come back to the surface.
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10

Valenti, Paolo <1977&gt. "Formazione e pratica del pensiero orchestrale di Hector Berlioz. Caratteri poetici e strategie del suono". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6722/4/valenti_paolo_tesi.pdf.

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Lo scopo della dissertazione “Formazione e pratica del pensiero orchestrale di Hector Berlioz. Caratteri poetici e strategie del suono” è quello di indagare i tratti essenziali del pensiero di Berlioz in merito all’orchestra riprendendo in considerazione gli elementi della sua educazione giovanile. In particolare, le nozioni ricavate dai suoi insegnanti di composizione Le Sueur e Reicha e dai corsi di medicina brevemente frequentati a Parigi sono indagate con approccio rinnovato, alla luce di nuovi filoni di studio indagati dalla musicologia negli anni più recenti. Sono analizzate anche le recensioni di Berlioz, alla ricerca di elementi che aiutino a comprendere la sua musica con le argomentazioni destinate a quella altrui. È analizzato anche il percorso della trattatistica che da un iniziale approccio di tipo pratico tipico del XVIII secolo, giunge con il trattato di Berlioz a una forte connotazione poetica delle risorse strumentali e orchestrali. Nella seconda parte della dissertazione sono analizzate invece alcune opere di Berlioz e alcune questioni generali concernenti il suo modo di scrivere per l’orchestra, specialmente in relazione ad altri parametri musicali. Nella dissertazione notevole attenzione è data al rapporto fra questioni tecniche e poetiche, proponendo un approccio leggermente rinnovato.
The purpose of the dissertation “Development and practice of Hector Berlioz’s orchestral thought. Poetical features and sound strategies” is to investigate the main traits of Berlioz’s thinking about orchestra by reconsidering the elements of his early education. In particular, the notions acquired from his composition teachers Le Sueur and Reicha and from the medicine courses he briefly attended are examined with a renovated approach, in the light of new lines of study explored by musicology in recent years. Berlioz’s reviews are also analyzed, in the search of elements useful to understand his music through the arguments addressed to others’ music. The dissertation also examines the itinerary of theoretic music literature which, from an initial approach connoted by practice as it was typical in the 18th century, reaches with Berlioz’s treaty a strong poetical connotation of instrumental and orchestral resources. The second part of the dissertation deals with some of Berlioz’s works and with some general issues related to his way of writing for the orchestra, especially in relation to other musical parameters. In the whole discussion, sensible attention is put on the relation between technical and poetical issues, suggesting a quite renovated approach.
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Libros sobre el tema "Storia del pensiero giuridico"

1

D'Amico, Pietro. Evoluzione del pensiero giuridico nella storia della filosofia. Firenze: Firenze Atheneum, 1996.

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2

Todescan, Franco. Metodo, diritto, politica: Lezioni di storia del pensiero giuridico. Bologna: Monduzzi, 1998.

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3

Dario, Mantovani, ed. Per la storia del pensiero giuridico romano: Da Augusto agli Antonini : atti del seminario di S. Marino, 12-14 gennaio 1995. Torino: G. Giappichelli, 1996.

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4

Dario, Mantovani, ed. Per la storia del pensiero giuridico romano: Dall'età dei pontefici alla scuola di Servio : atti del seminario di S. Marino, 7-9 gennaio 1993. Torino: Giappichelli, 1996.

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5

Bedeschi, Giuseppe. Storia del pensiero liberale. Roma: GLF editori Laterza, 2004.

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6

Bonazzi, Giuseppe. Storia del pensiero organizzativo. Milano, Italy: F. Angeli, 1989.

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7

Bonazzi, Giuseppe. Storia del pensiero organizzativo. Milano, Italy: FrancoAngeli, 2008.

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8

Iasio, Biagio Di. Storia del pensiero filosofico. Foggia: Bastogi, 1997.

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9

Bedeschi, Giuseppe. Storia del pensiero liberale. Roma: Laterza, 1990.

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10

Bonazzi, Giuseppe. Storia del pensiero organizzativo. Milano, Italy: FrancoAngeli, 2002.

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Capítulos de libros sobre el tema "Storia del pensiero giuridico"

1

Arcuri, Felice Paolo y Francesca Arcuri. "Storia del pensiero sociologico". En Manuale di sociologia, 13–40. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1772-6_2.

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2

Stagno, Anna Maria y Vittorio Tigrino. "Lo sguardo del geografo: Massimo Quaini, l’archeologia, la storia". En Il pensiero critico fra geografia e scienza del territorio, 259–75. Florence: Firenze University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-5518-322-2.18.

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Resumen
In this paper we discuss how Massimo Quaini, since the end of the 1960’s, dialogued (or did not) with the sister disciplines of historical geopgraphy: archaeology and social history. We reflect on the experimental path of Quaini “towards a new geographicity” and on the numerous meetings, separations, parallel and divergent routes which had place along it; focusing on Massimo’s experiences and acquaintances in Genoa, those of the Ligurian Study Centre on Deserted Villages and of the debates around population geography and history of material culture, and later those related to the Permanent Seminar on Local History and the long discussion around micro-history and its different outcomes.
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3

Zanetto, Gabriele. "Primo Lanzoni, ovvero l’economia come antitesi all’ambientalismo nel pensiero geografico ottocentesco". En Eccellenze cafoscarine nella storia del Dipartimento di Economia. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-642-8/003.

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Resumen
The evolution of economic geography in the past century has been very complex. The older conception of commercial geography, as mere description of the distribution of economic factors, was substituted by a scientific interpretation of the natural conditions of economic activities. The later school, called environmental determinism, produced an estrangement of economics and economic geography, which was removed only very recently. The paper examines the thought of an Italian geographer, working in Venice around the turn of the century, whose work now appears as a forerunning example of a modern conception of geography, anti-determinist and related to the logic of economics.
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4

D’Attoma, Sara. "2 • Divorzio e mediazione". En Sinica venetiana. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-602-2/002.

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La libertà di divorzio, più di ogni altro diritto nell’ambito della disciplina giuridica sulla famiglia, è l’espressione di una volontà individuale. Essa può essere interpretata come complementare alla libertà di matrimonio, con la differenza che quest’ultima è stata riconosciuta dallo Stato come elemento primario e fondante della famiglia in largo anticipo rispetto alla libertà di divorzio. Nella storia del diritto di famiglia il nucleo famigliare è sempre stato considerato quale bene giuridico primario, da tutelare anche a scapito dell’esercizio dei diritti dei suoi singoli componenti. Il divorzio è stato relegato per molto tempo fra i fattori sociali destabilizzanti, per la sua espressione spiccatamente individualistica, e perciò non ammesso.
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5

"Storia del linguaggio politico, giuridico e amministrativo nella Romania: italiano Geschichte der Sprache der Politik, des Rechts und der Verwaltung in der Romania: Italienisch". En Romanische Sprachgeschichte / Histoire linguistique de la Romania, Part 2, editado por Gerhard Ernst, Martin-Dietrich Gleßgen, Christian Schmitt y Wolfgang Schweickard. Berlin • New York: Walter de Gruyter, 2006. http://dx.doi.org/10.1515/9783110171501.2.13.2112.

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