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Perasso, Giulia, Chiara Allegri y Gloria Camurati. "Child Play Specialist e Child Life Specialist: ruolo, evoluzione storica e benefici per il paziente pediatrico. Una rassegna della letteratura". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 3 (octubre de 2021): 57–81. http://dx.doi.org/10.3280/pds2021-003011.

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Il gioco rappresenta un diritto fondamentale del bambino ed assume un ruolo cruciale du-rante l'esperienza dell'ospedalizzazione. Le figure del Child Play Specialist e del Child Life Specialist (riconosciute rispettivamente nel sistema sanitario del Regno Unito e degli Stati Uni-ti) forniscono programmi di gioco che normalizzino l'esperienza di ricovero del bambino e aiutino la familiarizzazione con il contesto medico. La presente rassegna persegue tre principali obiettivi: i. definire il ruolo dello specialista del gioco, la sua formazione, le tecniche implemen-tate, le aree di similitudine e differenza tra CPS e CLS; ii. esaminare l'evoluzione storica di questa professione; iii. indagare gli effetti dell'intervento dello specialista del gioco sulla salute bio-psico-sociale del paziente pediatrico. Di 613 fonti complessive (n=193 da Scopus, n=403 da Pubmed, n=17 da PsycInfo), 17 pubblicazioni sono state incluse, avendo applicato criteri inerenti lingua, tipologia di pubblicazione e pertinenza dei contenuti. Dalle fonti esaminate ri-sulta che: I. CLS e CPS presentano percorsi di training e tecniche simili. Emergono peculiarità di approccio diverse per CPS e CLS; II. Le esperienze pionieristiche di programmi di gioco in ospedale risalgono agli anni '20 con contributi significativi di Plank, Bergmann e Brooks; III. I principali effetti sulla salute infantile documentati sono il potenziamento del coping e la ridu-zione del ricorso a terapie farmacologiche per la gestione del dolore. Si evidenzia la necessità di un consenso internazionale sulla definizione del ruolo dello specialista del gioco, al fine di accrescere la ricerca empirica rispetto a tali professionisti della salute.
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Miglietta, Donata. "Quando i conflitti sono in gioco. Gruppi, formazione, diversitŕ". GRUPPI, n.º 1 (octubre de 2010): 103–10. http://dx.doi.org/10.3280/gru2010-001009.

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Il passaggio dalla posizione dell'ascolto al coinvolgimento corporeo del terapeuta che avviene nei gruppi di bambini č stato spesso sentito come eretico sia rispetto alla psicoanalisi sia rispetto alle teorie sui gruppi analitici. Nella formazione non si deve perdere di vista il fatto che, anche all'interno della stessa scuola, la pratica unificata č un'illusione (Schaffer). Il lavoro dei formatori č un lavoro di confine che regola il flusso della discordanza e della differenza e siamo noi a dovere vigilare affinché la diversitŕ non si trasformi in guerra. Quando le diversitŕ entrano in campo si tratta di affrontarne gli effetti. Nei gruppi di formazione per psicoterapeuti infantili il conflitto assume spesso figurazioni visibili e invisibili. Nei processi formativi con lo psicodramma si evidenziano percorsi evocatori di immagini che vanno dallo scontro tra bande armate al gioco dei bisticci fino all'integrazione delle differenze. Le psicoterapie sono oggi una galassia dai confini incerti e, come formatori, dobbiamo pensare ad un sistema aperto di conoscenza. Si dovrebbe mantenere la consapevolezza che non č impossibile che il processo vari da analista a analista, forse da paziente a paziente, in modo molto significativo (Meltzer). La questione č in visibile nei processi formativi della scuola COIRAG alla quale affluiscono sottogruppi con matrici teorico cliniche complesse e non certo univoche. La formazione si dovrebbe muovere nello spirito della COIRAG volto a costruire una storia comune in un tempo in cui tutti abbiamo bisogno di pace. Appare dunque significativo percorrere alcuni passaggi di questo percorso attraverso la formazione dei conduttori per gruppi in etŕ evolutiva. Si descrive il percorso tra emersione delle differenze teoriche, scontro e confronto nella formazione dei conduttori di gruppi in etŕ evolutiva. In analogia con il gioco dei bambini anche i conduttori modulano l'intensitŕ del conflitto attraverso la comparsa e la circolazione di immagini ludiche. Il conflitto che si trasforma in gioco puň facilitare il confronto tra diversitŕ teorico-tecniche.
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Ortalli, Gherardo y Gertrud Pfister. "Ludica, annali di storia e civiltà del gioco". German Journal of Exercise and Sport Research 27, n.º 2 (junio de 1997): 201. http://dx.doi.org/10.1007/bf03176294.

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Esposito, Maurizio y Lucio Meglio. "Una prospettiva internazionale sul gioco d'azzardo: teorie superate, questioni emergenti". SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, n.º 1 (abril de 2022): 15–29. http://dx.doi.org/10.3280/siss2022-001003.

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Nel dibattito pubblico contemporaneo il tema del gioco d'azzardo risulta essere uno degli argomenti più dibattuti. Gli sviluppi informatici con le nuove modalità di giochi online hanno permesso infatti di ampliare il fenomeno rendendolo sempre più diffuso all'interno dei tessuti sociali delle nostre città. La riflessione teorica sembra però non stare al passo con le implicazioni sociali aperte da questo fenomeno. È del 1949, grazie agli studi di Edward Devereux, la prima analisi esplicitamente sociologica del gioco d'azzardo. Nell'ambito della sociologia non era ancora emerso un filone di studi sulle implicazioni sociali del gioco d'azzardo. Nel presente contributo si ripercorrerà la storia del contributo che le teorie sociologiche hanno dato allo studio di questo fenomeno, dividendo le prospettive ed i temi di analisi in due grandi scuole di pensiero: gli approcci funzionalisti, da Devereux in poi, e gli approcci disfunzionalisti, che hanno avuto in Herbert Bloch (1951) il loro capostipite.
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Busso, Emanuela. "Il nuovo paradigma della psicoanalisi infantile: l'importanza del "procedurale" in un approccio terapeutico integrato". RICERCA PSICOANALITICA, n.º 3 (octubre de 2011): 77–93. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2011-003007.

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Il testo traccia le linee generali di un nuovo paradigma dalla psicoanalisi infantile, definito "Approccio terapeutico integrato". Il modello nasce all'interno della teoria dei sistemi complessi e tiene conto dei dati dell' e delle scoperte neuro scientifiche sulla memoria procedurale. Si tratta di un intervento ad orientamento psicoanalitico sulle diverse componenti del sistema genitori-bambino, sistema che si estende ad altre persone significative per il bambino e di cui entra a far parte l'analista. L'intervento clinico, articolato su più livelli (interattivo, relazionale e intrapsichico), è caratterizzato dal coinvolgimento dei genitori nel processo terapeutico, dall'elasticità della tecnica e dall'utilizzo del gioco come espressione del sistema bambino-genitori-analista. Nelle vignette cliniche proposte, i bambini in seduta fanno apparentemente lo stesso gioco, ma con significati molto diversi in ogni singolo caso. L'analista non interpreta il contenuto del gioco, ma il lavoro terapeutico si svolge in gran parte su un livello implicito, procedurale del "come si gioca e si sta insieme". Ogni cambiamento nel modo di giocare segnala ed esprime un cambiamento nel sistema bambino-genitori-analista.
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Bydlowski, Sarah. "Inquietante estraneità e diventare genitori". INTERAZIONI, n.º 1 (abril de 2021): 100–111. http://dx.doi.org/10.3280/int2021-001008.

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Alla nascita di un bambino, la solidità delle basi narcisistiche e l'infantile dei genitori sono messi alla prova fin dentro le ramificazioni delle loro appartenenze culturali. L'incontro tra il bambino e i suoi genitori è occasione di fantasie nostalgiche e fonte di stupore e meraviglia, ma inciampa sulla storia singolare di ciascuno, sulla costruzione della coppia con i suoi numerosi effetti in après-coup. Le proiezioni riguardo al bambino ostacolano talvolta la costruzione dei legami precoci e la costruzione del narcisismo primario del bambino. Il gioco delle identificazioni si trova in difficoltà e il bebè viene dolorosamente identificato a un elemento perturbante ed estraneo. Quando è a sua volta contenuta da una presenza attenta la madre può talvolta ritrovare una capacità calmante e sensuale; l'analista propone delle rappresentazioni delle poste in gioco in cui sono presi i partner della diade sotto l'influenza dell'angoscia. Questo lavoro di trasformazione in parole favorisce il posto del terzo e cerca di permettere al bambino come alla madre di ritrovare una capacità di gioco rappresentativo associato al piacere.
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Sasso, Giampaolo. "Il terapeuta gioca a tennis". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 1 (junio de 2021): 93–107. http://dx.doi.org/10.3280/psp2021-001006.

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A partire dall'interrogativo sul perché il paziente gli sembri improvvisamente estraneo, e dalla lunga rêverie in cui si immagina impegnato con lui in una partita a tennis in cui il paziente impugna la racchetta con uno stile diverso dal consueto, l'autore riflette su alcune regole implicite del lavoro terapeutico che il gioco del tennis man mano gli suggerisce. Vale in questo caso il conteggiare i punti vinti e persi, o il gioco sfuma in una dinamica più problematica, in cui l'alleanza di lavoro sottintende che un punto sia realmente vinto quando si vince in due? E può questa strana regola permettere di riconsiderare i sottili ma necessari mutamenti avvenuti nella storia clinica e teorica della psicoanalisi proprio affinché il gioco terapeutico divenisse gradualmente meno sterotipato, meno legato a schemi volti a dimostrare assunti teorici, e invece più una fonte consonante dello stare insieme in un impegno condiviso, interessato a una reciproca aspirazione vitale? Attorno al campo in cui paziente e terapeuta si confrontano in questa immaginaria partita a tennis, intuiamo uno scenario di figure passate su cui ci interroghiamo per capire se davvero il gioco è mutato e come, e se abbiamo davvero appreso da loro e dalle loro disillusioni che un punto è realmente vinto solo se si vince in due.
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Alfonso, Maurizio Iacono. "Una storia tra i mondi intermedi". EDUCAZIONE SENTIMENTALE, n.º 17 (diciembre de 2011): 78–88. http://dx.doi.org/10.3280/eds2012-017007.

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Questo articolo prende avvio da una storia personale fatta di crisi della politica, di una guarigione dal mal di schiena e da una ricerca sul concetto di feticismo come storia della sostituzione, e arriva alla conclusione che il gioco, il rito, il teatro possono svelare il significato dei "mondi intermedi". Essi infatti sono tutti degli atti consapevoli del fare finta, cioč dello sdoppiamento mimetico, dove l'imitazione di un mondo dato spinge verso la costruzione di un mondo nuovo, che imita appunto il primo, ma se ne differenzia, rendendosi via via autonomo. Č questa l'autonomia nella relazione che caratterizza e determina i mondi intermedi. In questo far finta, in tale abbandono consapevole alla finzione, la relazione nell'autonomia puň essere richiamata dalla "coda dell'occhio".
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Meschini, Michela. "Tra storia e finzione: il gioco del tempo nella narrativa di Antonio Tabucchi". Quaderni d'italianistica 19, n.º 1 (1 de abril de 1998): 71–91. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v19i1.9612.

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Celsan, Lavinia. "Il cibo e lo sguardo". PSICOBIETTIVO, n.º 3 (diciembre de 2021): 128–31. http://dx.doi.org/10.3280/psob2021-003008.

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Nel commento al caso clinico, la storia di G. viene riletta sottolineando l'importanza del corpo come dimensione relazionale e lo sguardo altrui come veicolo attraverso il quale la paziente costruisce la propria immagine corporea. All'interno della relazione terapeutica, G. può fare esperienza di un nuovo modo di entrare in contatto con l'altro, il cui sguardo fatto anche di gioco ed errori permette alla paziente di iniziare un proprio percorso di integrazione della rappresentazione di sé.
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Pedrocco Biancardi, Maria Teresa. "Famiglie per l'accoglienza: storia e prospettive di una "buona pratica"". MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, n.º 3 (diciembre de 2010): 15–37. http://dx.doi.org/10.3280/mal2010-003002.

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Il presente articolo riferisce sul percorso svolto da un numero esiguo di persone e coppie (N = 14) che hanno ragionato tra loro per tre anni, con il supporto di un conduttore, sull'esperienza di accoglienza che stanno vivendo. Una parte di loro aveva giŕ concluso un ciclo di genitorialitŕ attiva, aveva giŕ condotto i propri figli all'autonomia piena, alcuni erano nonni o lo sono diventati nel corso dei tre anni di frequenza al gruppo. Ma hanno scelto di rimettersi in gioco con un impegno genitoriale piů complesso e problematico del precedente, accogliendo bambini o ragazzi in difficoltŕ. L'ingresso nella loro famiglia di queste difficoltŕ e le complicazioni che ne conseguono, sfuggono spesso nella considerazione del servizio che gli affidatari prestano in appoggio ai centri istituzionalmente deputati a svolgere gli interventi di tutela. L'articolo cerca di evidenziarle.
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Pepe, Dunia y Paola Terzaroli. "Le dimensioni dell'apprendimento nella societŕ della conoscenza: il gioco degli specchi". EDUCAZIONE SENTIMENTALE, n.º 15 (diciembre de 2010): 26–50. http://dx.doi.org/10.3280/eds2011-015004.

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La tristezza viene spesso considerata dimensione negativa, elemento di ostacolo alla quotidiana esperienza di vita, tanto da guardare con sospetto, se non disagio, a chi la manifesta. Essa, perň, rimanda anche ad una vibrazione esistenziale inquieta che si rivela necessaria per dare senso alla propria esistenza: č presenza interiore, certo conflittuale, ma quanto mai feconda. In questo articolo, Duccio Demetrio, a partire da una riflessione sull'origine etimologica del termine, indaga il sentimento della tristezza riscoprendone le potenzialitŕ nell'accrescere una vitalitŕ evolutiva necessaria all'autoformazione del soggetto. Č la scrittura di sé che, in questa prospettiva, diviene strumento efficace per riconnettere tale sentimento alla complessitŕ della propria storia di vita, individuando nel disagio che l'accompagna quella pausa di "gestazione del nuovo" che diviene spinta alla creazione ulteriore e che, pertanto, dovrebbe poter contare su di una piů consapevole legittimazione sociale.
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Farina, Tommaso. "La crisi dei valori simbolici, rituali e mimetici del gioco infantile durante la pandemia di COVID-19". EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, n.º 1 (junio de 2020): 41–53. http://dx.doi.org/10.3280/ess1-2020oa9680.

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Le misure di sicurezza imposte dai governi per limitare la diffusione del contagio da SARS-CoV-2 e la conseguente condizione di isolamento in cui sono coinvolti individui e famiglie stanno inevitabilmente indebolendo quella dimensione sociale e relazionale che rende unica la nostra specie. Le fasce di popolazione che stanno pagando il prezzo più alto, in termini di impoverimento delle relazioni, sono quelle deboli: anziani e bambini. Se, infatti, gli anziani sono stati costretti a ridurre drasticamente i contatti con i propri familiari, vivendo una condizione, seppur cautelativa, di solitudine forzata, i bambini stanno sperimentando un ulteriore, grave depauperamento: quello dei momenti di gioco tra pari, fondamentali per la costruzione della loro futura personalità. Il difficile periodo che stiamo attraversando sottopone i bambini a una disorientante dilatazione della dimensione temporale che, abitualmente, nella scuola dell'infanzia, è scandita da attività ludiche e momenti di con-divisione. L'isolamento, invece, impone uno spazio fisico - quello abitativo -ò in cui, giocoforza, non viene più esperita la relazionalità ludica tra pari, privando i bambini di un tempo imprescindibile: quello che consentirebbe loro, attraverso il gioco, di decodificare la realtà sociale, con le sue regole, i suoi ordini, le sue gerarchie.
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Milner, Joel, Cynthia Thomsen, Julie Crouch, Mandy Rabenhorst, Patricia Martens, Christopher Dyslin, Jennifer Guimond, Valerie Stander y Lex Merrill. "I sintomi traumatici mediano la relazione fra maltrattamento fisico infantile e il rischio in etŕ adulta di maltrattamento?" MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, n.º 1 (abril de 2011): 11–45. http://dx.doi.org/10.3280/mal2011-001002.

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: anche se la trasmissione intergenerazionale della violenza familiare č stata ben documentata, il meccanismo responsabile di questo effetto non č stato ancora completamente accertato. Il presente studio valuta se i sintomi traumatici mediano la relazione fra una storia di maltrattamento fisico infantile (CPA, Child Physical Abuse) e il rischio in etŕ adulta di perpetrare il maltrattamento fisico (rischio di CPA in etŕ adulta), e se tale mediazione sia uguale per le donne e per gli uomini.: reclute femminili e maschili della Marina Statunitense (USN, US Navy) (N = 5.394) e studenti universitari (N = 716) hanno completato un questionario self-report riguardante la loro storia di maltrattamento infantile (nello specifico, maltrattamento fisico infantile e abuso sessuale infantile [CSA, Child Sexual Abuse]), l'esposizione alla violenza intima tra i partner (IPV, Intimate Partner Violence), attuali sintomi traumatici, e il rischio in etŕ adulta di perpetrare il maltrattamento fisico infantile.: come atteso, č stata riscontrata una forte associazione fra una storia di maltrattamento fisico infantile e il rischio di CPA in etŕ adulta. Questa associazione č risultata significativa anche dopo aver controllato le variabili demografiche e l'esposizione infantile ad altre forme di violenza (CSA e IPV), e la forza della relazione non č risultata variare in base alle variabili demografiche o all'esposizione ad altre forme di violenza. Tuttavia, l'associazione fra una storia di CPA e il rischio di CPA in etŕ adulta č risultata piů forte fra i soggetti con alti punteggi di evitamento difensivo rispetto ai soggetti con bassi punteggi. L'associazione fra una storia di CPA e il rischio di CPA in etŕ adulta č risultata largamente, ma non interamente, mediata dai sintomi psicologici traumatici. La mediazione č stata osservata per gli uomini e per le donne sia del campione della Marina Statunitense sia degli studenti universitari.: i sintomi traumatici associati ad una storia di CPA rendono conto di una sostanziale parte della relazione fra una storia di CPA e il rischio in etŕ adulta di perpetrare il maltrattamento fisico infantile sia negli uomini sia nelle donne.: nella misura in cui i sintomi traumatici sono un meccanismo a partire dal quale si verifica la trasmissione intergenerazionale dell'abuso infantile, intervenire per ridurre i sintomi traumatici nelle vittime di CPA ha il potenziale di ridurre il rischio di perpetuare il ciclo della violenza.
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Albergoni, Gianluca y Gian Luca Fruci. "Rivoluzioni del 1848 a Venezia". SOCIETÀ E STORIA, n.º 174 (enero de 2022): 747. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-174004.

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La discussione, promossa dalla Rivista, si compone di tre letture parallele, ciascuna autonoma rispetto alle altre, su un volume di grande rilevanza storiografica qual è quello di Piero Brunello. Il contributo di Maurizio Bertolotti mette in evidenza il carattere «problematico e aperto di una narrazione» che pone in maniera originale alcuni aspetti della storia del Quarantotto veneziano, dal ruolo delle classi popolari (con la posta in gioco della memoria) all'ambiguità della parola "repubblica" e del sentimento nazionale (tra identità veneziana e identità italiana). Giovanni Levi sottolinea il tentativo di Brunello di indagare storicamente come delle persone individualmente «coinvolte in avvenimenti collettivi» abbiano agito in un contesto come quello rivoluzionario, valutando il farsi della rivoluzione ma anche il dopo, tenendo conto della profondità e della complessità del fatto storico. Gian Luca Fruci si sofferma sulla mirabile composizione polifonica della sceneggiatura di Colpi di scena, una «ricostruzione multifocale» che si avvale di un abbondante insieme di fonti iconografiche, ma anche sonore e materiali, sapientemente analizzato dall'autore e capace di far emergere aspetti inediti di una rivoluzione declinata al plurale.
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Villa, Angelo. "La clinica e il suo oltre. La questione del maltrattamento infantile". COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, n.º 21 (abril de 2011): 93–106. http://dx.doi.org/10.3280/cost2011-021006.

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La questione del maltrattamento infantile non puň e non deve essere ridotta ad una procedura di ricostituzione di una supposta innocenza infantile. Questo in effetti serve a rassicurare la societŕ sulle proprie buone intenzioni, ma ferma il bambino nella sua condizione di inferioritŕ senza riuscire ad introdurlo nella dinamica del divenire un adulto, la quale non puň essere un tragitto privo di ogni turbamento. I concetti di trauma, di cura, e la stessa idea di infanzia vanno considerati nella loro storia e complessitŕ e non in un'ottica che riduce tutto ad un fatto acclarato.
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Lanza, Anna Maria, Virginia Giannotti, Grazia Ciardulli y Teresa Iole Carratelli. "Rimembrare, rammentare e ricordare in psicoanalisi. Il "prendere forma del ricordo" nei bambini con disturbi psicosomatici nel pensiero di Adriano Giannotti". PSICOANALISI, n.º 2 (enero de 2011): 53–67. http://dx.doi.org/10.3280/psi2010-002006.

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Le Autrici riflettono sul ruolo che hanno i vari tipi di memoria, implicita, sensoriale, esplicita ed episodica nella formazione dell'Inconscio e nello sviluppo della mente infantile. In particolare evidenziano i principali contributi scientifici di Adriano Giannotti sugli stadi iniziali dello sviluppo infantile normale e patologico e sul ruolo che hanno la madre e la relazione della coppia genitoriale in senso lato come processo trasformativo anche delle memorie corporee indicibili nelle memorie verbali. Le Autrici condividono con Adriano Giannotti l'idea che una visione piů complessa della memoria e dell'inconscio richieda un approccio integrato tra il punto di vista delle neuroscienze e quello psicoanalitico. Il trattamento psicoanalitico del bambino, dell'adolescente e dell'adulto ha permesso ad Adriano Giannotti, come alle Autrici, di studiare il come prendono forma i ricordi nei piccoli pazienti con disturbi psicosomatici, il gioco dialettico tra percezione, rappresentazione e memoria, tra comunicazione inconscia e comunicazione dell'inconscio rimosso e di come la cornice analitica facilita l'acquisizione di uno spazio mentale, dove la creazione di un linguaggio comune č tesa a una co-costruzione del ricordo.
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Guerra, Giovanni. "La relazione medico paziente: dialogo tra psicologia e medicina sull'adattamento". RICERCHE DI PSICOLOGIA, n.º 1 (mayo de 2021): 137–51. http://dx.doi.org/10.3280/rip1-2021oa11606.

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Il rapporto medico-paziente, tema ampiamente dibattuto in letteratura, viene qui proposto indicando l'adattamento come terreno di incontro nel quale medicina e psicologia possano dialogare, condividendo lo stesso punto di osservazione, pur mantenendo le loro specificità di lettura dei fenomeni e di intervento.La vita è un continuo processo adattativo la cui storia è il risultato deterministico e imprevedibile del gioco delle risorse, delle possibilità, dei vincoli, dei limiti, delle occasioni propri sia del soggetto sia della realtà.Questa formulazione dell'adattamento si applica tanto allo sviluppo biologico quanto allo sviluppo psicologico e, pur nella differenza dei "materiali" osservabili, offre un comune vertice di osservazione.La malattia è un evento quasi inevitabile della vita e coinvolge il soggetto in tutta la sua complessità bio-psico-sociale. Da qui, la sollecitazione a includere il malato con la sua soggettività (valori, storia, emozioni, fantasie …) all'interno del campo clinico. Tale inclusione, peraltro, pone due domande: da una parte, sulle ragioni dell'eclissi dell'interesse per la soggettività e, da un'altra parte, sul potenziale valore aggiunto apportato dalla presenza della soggettività del paziente nel campo clinico.La logica dello sviluppo del sapere e delle tecniche in medicina spiega le ragioni del progressivo disinteresse per la soggettività, ma lo stesso sviluppo implica la valorizzazione dell'individualità biologica. L'individualità non è, di per sé, la soggettività ma costituisce indubbiamente la via per prendere in considerazione la singolarità dei processi adattativi alla malattia.L'inclusione della soggettività se appare evidentemente vantaggiosa per il paziente, offre anche al clinico il vantaggio di una partecipazione attiva e di adesione ai percorsi diagnostici e terapeutici. Nella narrazione che il paziente fa della storia della malattia, infatti, si può rintracciare e comprendere anche la sua strategia adattativa. In particolare, si avanza la proposta di lettura della narrazione ipotizzando il vissuto della malattia e le aspettative nei confronti del curante come organizzatori della narrazione.
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Colombetti, Elena. "Tecnologia, medicina e società: un gioco di alleanze e di tensioni". Medicina e Morale 50, n.º 3 (30 de junio de 2001): 491–508. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.727.

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All’interno dell’orizzonte delineato dal rapido progresso medico accompagnato dalla massiccia presenza della tecnologia nasce la necessità di ripensare la collocazione della medicina in relazione al più ampio contesto della società in cui essa è inserita. Esistono tensioni tra il bisogno di una copertura universale della medicina di base e il crescente costo delle prestazioni, tra i risultati teoricamente raggiungibili e la limitazione delle risorse, tra l’aspettativa individuale e l’impossibilità di sconfiggere definitivamente ogni malattia. Callahan, uno dei padri della bioetica nordamericana, pone l’accento sulla necessità di promuovere una medicina socialmente ed economicamente sostenibile e per far questo indica come categoria principale il concetto di limite. Si tratta di ripensare le priorità della società nel suo complesso, tenendo presente che in un contesto di risorse limitate la maggior spesa nel settore medico va comunque a scapito degli investimenti in un altro, e che il divario tra le fasce ricche e quelle povere della popolazione (rinvenibile sia all’interno dei singoli Paesi che tra nord e sud del mondo) richiedono una concreta attenzione che si traduce anche in una maggior sforzo per ampliare la copertura di base più che ad ulteriori sforzi nella linea di costosi interventi specialistici per patologie acute. La proposta è quella di elaborare un diverso modello di progresso medico che valuti i passi non esclusivamente in termini di benefici individuali, ma anche di effetti sulla salute della popolazione, che riconosca in questo campo l’importanza delle condizioni sociali, economiche e culturali, che sappia anche accontentarsi dei livelli raggiunti nello sforzo di migliorare la salute di persone che hanno già la più alta aspettativa di vita mai raggiunta nella storia. Tutto questo deve poi fare i conti con una duplice dimensione: da una parte non può dimenticare l’intreccio esistente con le strategie e la logica di mercato che si presenta come il naturale alleato del progresso tecnologico e della sempre più esigente domanda di prestazioni, ma che non può essere assunto come unica guida delle scelte di ambito pubblico, dall’altra deve tener presente che la visione liberale o comunitaria da cui si parte per la pianificazione dell’organizzazione sociale e politica porta ad esiti molto diversi. In ultima analisi l’accettazione della finitezza, che la proposta di Callahan richiede, porta a strutturare una gerarchia di valori, ma questo comporta a sua volta una solida fondazione ontologica capace di sollevarsi al di sopra di una visione biologico-meccanicistica del problema in oggetto.
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Gottken, Tanja. "Terapia Psicoanalitica Infantile breve (PaCT) per bambini che mostrano sintomi emotivi e disturbi dell'affettivitŕ". INTERAZIONI, n.º 1 (julio de 2012): 53–78. http://dx.doi.org/10.3280/int2012-001005.

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La Terapia Psicoanalitica infantile breve (PaCT) prevede 20-25 sedute psicoterapeutiche condotte in diversi setting (genitori e bambino insieme; bambino e genitori separatamente). Nel corso di tali sedute, terapeuta, genitori e bambino cercano di individuare e modificare il tema conflittuale centrale, mettendo in evidenza la relazione che definiamo "Triangolo di costellazioni Psicodinamiche" (ToP, Triangle of Psychodynamic constellations). Conformemente alle nozioni di terapia psicoanalitica, proponiamo due fattori di cambiamento. Innanzitutto, il trattamento intende modificare le rappresentazioni mentali ancora in essere nel bambino, come pure i conseguenti stili cognitivi-emotivi. In secondo luogo, si impegna a promuovere la mentalizzazione genitoriale (Fonagy et al., 2002) intorno al bambino tramite sedute con i genitori, con cadenza regolare (ogni 4 sedute). Nel gioco libero, intendiamo agire sul conflitto principale del bambino per integrarlo con tecniche basate sulla mentalizzazione, adattandole al livello di strutturalizzazione del bambino. Riteniamo che l'efficacia della PaCT dipenda in modo critico dal lavoro con i genitori, in particolare dal padre e dalla sua capacitŕ di "triangolare", ovvero di accettare in modo attendibile e fedele il ruolo di "terzo oggetto" al fine di consentire il distacco del bambino dall'oggetto primario che č la madre (Mahler, Abelin). Nonostante le difficoltŕ riscontrabili nell'applicazione concreta dei trattamenti psicodinamici senza epurarli della loro complessitŕ, abbiamo cercato di creare la PaCT in forma concreta. Auspichiamo pertanto di accrescere l'applicazione e l'accessibilitŕ dei trattamenti psicoanalitici, per una piů vasta gamma di setting (ad esempio, vantaggi per i tirocinanti), nonché per aiutare a valutare sistematicamente il risultato del trattamento attraverso sperimentazioni controllate, la prima delle quali č attualmente in corso presso la nostra clinica. Questo articolo illustrerŕ la PaCT attraverso del materiale clinico.
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Manna, Raffaele, Marietta Cascio y Antonio G. Spagnolo. "Bioetica clinica. Intervento cardiochirurgico in tossicodipendente con endocardite". Medicina e Morale 39, n.º 6 (31 de diciembre de 1990): 1207–22. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1990.1156.

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Gli autori presentano il caso clinico di un uomo di 37 anni con una storia di tossicodipendenza intravenosa che viene ricoverato in un ospedale con diagnosi di endocardite batterica, e per il quale si profila la necessità di un intervento cardiochirurgico di sostituzione valvolare. L'équipe cardiochirurgica chiamata per la consulenza si mostra perplessa ad intervenire in quanto l'intervento si presenta effettivamente rischioso, le possibilità di recidiva sono elevate, ma soprattutto il paziente è indigente e non ha possibilità di sostenere le spese elevate che l'intervento e le cure postoperatorie comportano. L'esame dci dati clinici e dei valori etici in gioco fanno concludere agli autori che esiste qui una ben precisa indicazione terapeutica all'intervento cardiochirurgico, unica possibilità di salvezza per il paziente, e che il processo decisionale medico non può essere influenzato dalle condizioni economiche del paziente. Gli autori esaminano, infine, le differenti posizioni che emergono nella letteratura sul tema dell'etica ed economia sanitaria.
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Redazione, RGI. "Informazione bibliografica". RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, n.º 3 (septiembre de 2022): 121–54. http://dx.doi.org/10.3280/rgioa3-2022oa14594.

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Augustin Berque, Essere umani sulla terra. Principi di etica dell'ecumene (Cristiana Zorzi) João Pedro Stedile, a cura di, Experiências historicas de reforma agrária no mundo (Teresa Isenburg) Reza Negarestani, Cyclonopedia. Complicità con materiali anonimi (Andrea Pase) Johny Pitts, Afropean – Mari D'Agostino, Noi che siamo passati dalla Libia. Giovani in viaggio fra alfabeti e multilinguismo (Angelo Turco)  Marco Aime, Andrea de Georgio, Il grande gioco del Sahel. Dalle carovane di sale ai Boeing di cocaina (Mariasole Pepa)  Stefano Malatesta, Marcella Schmidt di Friedberg, Shahida Zubair, David Bowen, Mizna Mohamed, Atolls of the Maldives. Nissology and Geography (Federica Letizia Cavallo)  Valerio Calzolaio, Isole Carcere – Geografia e Storia (Marco Nocente)  Emanuela Casti, Fulvio Adobati, Ilia Negri, a cura di, Mapping the epidemic. A systemic Geography of Covid-19 in Italy (Federica Burini) Alessandro Coppola, Matteo Del Fabbro, Arturo Lanzani, Gloria Pessina, Federico Zanfi, a cura di, Ricomporre i divari. Politiche e progetti territoriali contro le disuguaglianze e per la transizione ecologica (Carlo Salone) Filippo Barbera, Antonio De Rossi (a cura di), Metromontagna. Un progetto per riabitare l'Italia (Silvy Boccaletti)
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Ruggieri, Alessandro. "Riflessioni su una consultazione in neuropsichiatria infantile. Condotte violente e fantasie familiari". PSICOANALISI, n.º 2 (enero de 2021): 89–108. http://dx.doi.org/10.3280/psi2020-002006.

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Vengono descritte alcune riflessioni riguardanti una consultazione, effettuata con un orien-tamento psicodinamico, con una ragazza adolescente ricoverata in neuropsichiatria infantile. All'interno di una società, di un gruppo, di una coppia o di una famiglia, vi è talvolta la fanta-sia di poter curare i propri mali punendo questo o quell'individuo, esiliando l'uno o l'altro, cercando un capro espiatorio che solo dovrà modificarsi, senza spesso ripensare alla modalità di base del funzionamento del sistema più allargato. Quasi sempre il sintomo di un singolo è espressione di un insieme di fattori disfunzionali, sociali, familiari, relazionali, per esempio. Nel lavoro clinico in neuropsichiatria infantile siamo partiti dal cercare nelle storie dei genitori e dei pazienti l'origine dei sintomi, di fatto cogliendo parte di una realtà, per poi progredire nel tempo cercando di immaginare insieme il dissociato, il non rappresentabile e il non rappresen-tato. Ci siamo così evoluti nel pensiero dalla storia concreta per progredire dirigendo la nostra attenzione verso la capacità di formazione del pensiero, nel paziente come nei genitori, appro-fondendo il tema dell'interazione tra i pensieri e le fantasie dei genitori e le fantasie e i pensieri dei figli.
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Mocci, Maria Lucia. "Cinema, PTSD e trauma in etŕ evolutiva". IPNOSI, n.º 1 (agosto de 2011): 69–74. http://dx.doi.org/10.3280/ipn-2011-001009.

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Si propongono due film che offrono al clinico la possibilitŕ di confrontarsi col concetto di trauma in etŕ evolutiva, poiché affrontano da angolature di differente complessitŕ il PTSD (Post Traumatic Stress Disorder)., film del 2008 di Michael Winterbottom, ci presenta, attraverso la storia di una famiglia, il manifestarsi e l'evolversi nella figlia minore del PTSD come da manuale diagnostico., film del 2004 di Gregg Araki, tratto dall'omonimo romanzo di Scott Heim, ci porta in modo molto intenso, a tratti crudo, attraverso le vicende parallele e contemporaneamente perpendicolari di due adolescenti, a riflettere sui limiti dei manuali nel considerare l'essenza della parola trauma, dal greco,indicante una, unae sui possibili esiti che il trauma vissuto in etŕ infantile puň avere nel tempo.
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Camilletti, Fabio. "“Dietro le porte”: “Lo spavento notturno” di Giacomo Leopardi, i terrori della notte e la morte in culla tra “errori popolari” e nosologia medica". Quaderni d'italianistica 43, n.º 1 (26 de enero de 2023): 101–15. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v43i1.40181.

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Testo peculiarmente instabile, nella lunga storia editoriale della poesia leopardiana, l’idillio che per convenzione denominiamo “Odi, Melisso” porta anche, negli anni 1819–26, il titolo “Lo spavento notturno.” L’accostamento del sostantivo “spavento” e dell’aggettivo “notturno” non è privo di echi per un’analisi storico-culturale del pensiero leopardiano e dei modi in cui questo affronta temi che sono al cuore della riflessione post-illuminista: da un lato, la natura e l’origine della paura; e, dall’altro, la metamorfosi nel rapporto tra l’essere umano e la notte. In particolare, in questa sede, suggerirò la possibilità che il lessema possa obliquamente rimandare alla definizione clinica del disturbo infantile noto – ancora oggi – come pavor nocturnus; nella conclusione, indicherò come tale congettura possa ulteriormente confermare l’idea dell’idillio come trascrizione verbale e dialogica di un’esperienza quintessenzialmente pre-verbale.
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Ragazzone, Pasqualina. "L'approccio ericksoniano nel trattamento del DDAI". IPNOSI, n.º 2 (mayo de 2012): 39–54. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2011-002003.

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Questo articolo intende evidenziare il complesso meccanismo di strutturazione del disturbo da deficit di attenzione/iperattivitŕ, noto con l'acronimo italiano DDAI, e come fronteggiarlo. Durante la sua esperienza ad un Centro di Neuropsichiatria Infantile l'autrice conosce S., un bambino di nove anni con diagnosi di DDAI. S. sembra non trovare un modo per trattenersi dal reagire in modo impulsivo e aggressivo, č un bambino che tutti allontanano perché scappa, corre, non riesce a stare seduto, č assediato dagli sguardi di dissenso degli insegnanti e dei genitori e dai commenti dei compagni di classe. Non riesce a controllare la rabbia, fino al punto di sentirsi come una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro. Come aiutare un bambino con queste problematiche? La risposta che l'autrice ha trovato a questo interrogativo viene dalla sua formazione, da ciň che la teoria di Milton Erickson ha insegnato: guardare le risorse del paziente, e non i suoi limiti, utilizzare tutto ciň che il paziente porta, stabilire con lui una buona alleanza terapeutica. In questo articolo vengo- no dapprima analizzate le caratteristiche primarie e secondarie del disturbo, l'eziologia e l'epidemiologia e successivamente vengono presentati i diversi tipi di approccio terapeutico al DDAI. Infine sono riportati la storia clinica del piccolo S. e i colloqui effettuati con lui.
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Lettieri, Gaetano. "Maquiavelo en Venecia. Un agente secreto del papa, la alianza antiimperial y la conspiración “Morone”". De Medio Aevo 10, n.º 2 (10 de abril de 2021): 443–75. http://dx.doi.org/10.5209/dmae.75187.

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En este artículo se aportan pruebas documentales que permiten reconocer a un Maquiavelo que, en calidad de embajador secreto del papa, fue enviado a Venecia para llevar a cabo solo formalmente, siguiendo las órdenes de los Consoli dell´Arte della Lana, una misión, que no sería, por tanto, más que una mera fachada: recuperar una siempre indeterminada cantidad de ducados de oro que tres comerciantes florentinos se habían visto obligados a pagar al ser víctimas de una extorsión. La verdadera misión de Maquiavelo, en realidad, consistía en ponerse en contacto directo y personal con el dogo Gritti, con el objetivo de terminar de definir las condiciones relativas a la creación de una Liga militar anti-imperial y, por otra parte, observar en el mismo terreno como iba evolucionando la conspiración de Ávalos, orquestada, precisamente, por el mismo papa y Giberti, y organizada por Morone y Domenico Sauli. Siguiendo, por tanto, los documentos aquí presentados es posible interpretar de un modo absolutamente diferente la carta de Filippo de´Nerli en la que se menciona, hecho por todos conocido y que despertara más de una suspicacia, que Maquiavelo había ganado la lotería en Venecia; lotería que, casualmente, era gestionada por Giovanni Manenti, quien sería el mismo inminente productor de la segunda representación de la Mandragola en la Serenissima, además de actuar de intermediario secreto entre Maquiavelo y el propio dogo. [1] Traducción castellana, realizada por Mar Barbuto Fraga y controlada por el autor, del texto publicado originalmente como: Gaetano Lettieri, “Machiavelli in gioco. Un agente segreto papale a Venezia (1525)”, Studi e materiali di storia delle religioni, 84 (2), (2018), pp. 688-729.
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Andreoli, A., L. Simonetti, C. Sturiale, R. Agati y M. Leonardi. "Malformazioni artero-venose del sistema nervoso centrale". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 55–67. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500106.

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Il trattamento delle malformazioni artero-venose (MAV) cerebrali dispone oggi di 3 opzioni terapeutiche: la microchirurgia, l'embolizzazione, la radiochirurgia. Esiste inoltre la possibilità di combinare fra di loro questi vari trattamenti. La scelta della strategia di trattamento preferibile non è sempre semplice, deve essere personalizzata caso per caso e si basa sull'integrazione di dati clinici, epidemiologici e neuroradiologici. Gli esami diagnostici, neuroradiologici e non, che possono entrare in gioco nello studio delle MAV sono numerosi: TC e/o angio-TC, RM, angio-RMN ed RM “funzionale” (RM-f) di attivazione, studio angiografico, ed altri eventuali esami funzionali quali la PET, i potenziali evocati (pazienti pediatrici in anestesia generale o MAV rolandiche); il transcranial doppler. La scelta delle tecniche varia in funzione delle informazioni che si desidera ottenere. Se l'impostazione terapeutica è essenzialmente chirurgica tradizionale e si basa sull'identificazione del “grading” di una MAV secondo la classificazione di Spetzler e Martin, sono sufficienti i dati deducibili da TC/angioTC o da RM/angio-RM. Sono noti, tuttavia i limiti di questo approccio, che tra l'altro è scarsamente utile per la valutazione del rischio del trattamento endovascolare o radiochirurgico Per tali motivi è più opportuno approfondire lo studio angioarchitettonico e fisiopatologico della MAV con l'esame angiografico selettivo e superselettivo. Nel valutare lo studio angiografico è importante sempre analizzare tutte le sue componenti: afferenti arteriosi, nidus, drenaggi venosi. Al termine di tale iter diagnostico avremo tutti gli elementi fisiopatologici che ci consentono di decidere il trattamento più adeguato: chirurgia; radiochirurgia, trattamenti endovascolari; varie associazioni, trattamento conservativo. In conclusione, esistono pazienti in cui ciascuna delle tre metodiche sarebbe di per sé efficace: in questi casi è da preferire la chirurgia in quanto anatomicamente risolutiva. Esistono pazienti in cui le caratteristiche cliniche e le indagini strumentali orientano verso l'utilizzazione di una sola metodica, chirurgia o radiochirurgia oppure embolizzazione. In altri pazienti il trattamento combinato di due o più metodiche in successione appare il più razionale per ottenere il miglior risultato possibile. Esistono infine alcuni pazienti in cui il rischio di qualsiasi tipo di trattamento è maggiore rispetto al rischio legato alla storia naturale, in cui ancora oggi il trattamento conservativo appare la scelta più ragionevole.
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Di Petta, Gilberto, Danilo Tittarelli y Raffaele Vanacore. "Il medico psichiatra: chi era costui? Riflessioni sulla crepa dello specchio". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 1 (abril de 2022): 113–33. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2022-001007.

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Le forme del conoscere, dell'essere e dell'agire psichiatrico sono state tutt'altro che stabilite una volta per tutte. Gli attuali strumenti accademici di formazione si sono appiattiti da tempo su di una linea semplicistica e riduzionistica. Nel Secondo Novecento una serie di condizioni aveva conferito alla figura dello psichiatra una centralità mai avuta prima nella storia: la chiusura/ridimensionamento dei manicomi, l'introduzione e la diffusione degli psicofarmaci, l'avvento del concetto di "salute mentale" territoriale. Il suddetto riduzionismo, però, ha scelleratamente decomplessizzato la figura dello psichiatra, il cui problema identitario è, così, divenuto ancor più pressante, fino ad implodere, come l'immagine alla rottura di uno specchio. La psichiatria, infatti, a differenza di altre branche mediche, mette in gioco un fattore antropologico, quello della "follia" e delle sue modalità di manifestazione e di costituzione. Se questo fattore, storicamente, era considerato decisivo nello strutturarsi e nel rivelarsi della cosiddetta "malattia mentale", in epoca più recente la bonifica della psichiatria dalle paludi della follia ha prodotto, a nostro avviso, e in maniera speculare, una rottura nella costituzione identitaria dello psichiatra. Chi è lo psichiatra se non è più in grado di tenere acceso il dialogo tra la società e la follia? La questione della follia mette in moto, come legna che alimenta il fuoco dell'umano, la ricerca del senso e della cura. Lo sradicamento della follia dal territorio dell'umano ha prodotto una classe di psichiatri in cerca d'autore, partecipi di una quotidiana messinscena clinica, senza alcuna pretesa di comprensione, di cura e di libertà. Le sole, queste ultime, a poter consentire uno specchiarsi non deforme - attraverso il prisma umano dello psichiatra - della "follia" e della "norma", in quanto entrambe espressioni della vita.
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Pasqualin, A. "Epidemiologia e storia naturale delle MAV cerebrali". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 29–40. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500104.

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Le malformazioni artero-venose (MAV o angiomi) cerebrali rappresentano una patologia rara: 1.5–2 casi/100.000 / anno. Non vi sono dati certi sulla ereditarietà, sono stati descritti casi di incidenza familiare. Alla diagnosi di angioma cerebrale si giunge precocemente nella vita, dato che la maggioranza dei pazienti con MAV ha età compresa tra 20 e 40 anni. La presentazione clinica più frequente è costituita dall'emorragia intracranica, più spesso intraparenchimale o intraventricolare, e raramente subaracnoidea. Sintomi meno frequenti sono costituiti dall'epilessia, dalla cefalea, da un deficit neurologico progressivo. Tra gli altri sistemi di esordio, lo scompenso cardiaco è una manifestazione comune per angiomi di grosse dimensioni in etè infantile. La presenza di uno o più aneurismi associati ad una MAV intracranica non è infrequente. È stata proposta una classificazione in 4 tipi degli aneurismi associati a MAV: 1) aneurisma displasico (in sede non dipendente dalla MAV); 2) aneurisma prossimale (sul circolo di Willis, prossimale alla MAV); 3) aneurisma peduncolare (su un peduncolo vasale afferente alla MAV); 4) aneurisma intranidale. La scomparsa completa dell'angioma è un evento raro, con un totale di 65 casi documentati nella letteratura di lingua inglese al momento attuale. La teoria meglio documentata (attraverso studi seriati con risonanza) è la progressiva trombosi dell'unico scarico venoso. Ai fini del trattamento, l'aspetto più importante da valutare in un paziente con angioma cerebrale dovrebbe essere la probabilità di sanguinamento dell'angioma stesso; in altre parole, se fosse possibile stabilire un basso rischio di emorragia per un dato angioma, non sarebbe giustificato sottoporre il paziente ad un trattamento che comporti rischi più elevati. I due fattori anatomici più significativi per presentazione emorragica sono lo scarico venoso profondo e la stenosi venosa. Il rischio annuo di emorragia rimane un dato fondamentale per una decisione terapeutica. I dati più attendibili derivano da studi - prospettici o retrospettivi - condotti su larghe serie cliniche e con follow-up prolungato nel tempo. Da questi studi si ricava un rischio annuo di emorragia variabile: a) dal 1.7 al 4% per angiomi intatti al momento della diagnosi, e b) dal 2 al 3.9% per angiomi con pregressa emorragia. In un recente lavoro presentato dal nostro gruppo nel 1995 il rischio annuo di prima emorragia si attesta intorno al 2.8%, il rischio di seconda emorragia intorno al 3.5%, il rischio di terza emorragia intorno al 7.7%, ed il rischio annuo di morte rispettivamente intorno all '1.2%, 1.6% e 3%; si è notata una tendenza ad un maggior rischio di emorragia nelle MAV di volume superiore ai 20 cm3 e nelle MAV con drenaggio venoso estensivo. L'istituzione di uno studio cooperativo internazionale - con una componente retrospettiva e prospettica valutata con criteri omogenei nei differenti centri - porterebbe sicuramente ad una migliore definizione del rischio di emorragia e ad una più adeguata scelta terapeutica nei pazienti con angiomi cerebrali.
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Lannutti, Vittorio. "BeFriend: un'occasione per scoprire il valore della relazione e del contatto con l'altro". WELFARE E ERGONOMIA, n.º 1 (junio de 2020): 91–100. http://dx.doi.org/10.3280/we2020-001009.

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L'esperienza pratica proposta riporta i principali risultati del progetto BeFriend, svolto in due scuole medie di secondo grado della provincia di Ascoli Piceno negli anni scolastici 2017/2018 e 2018/2019. BeFriend ha affrontato il problema della povertà educativa da un punto di vista relazionale e socio-affettivo utilizzando lo strumento del peer mentoring, inteso come modello psicopedagogico e best practice che pone al centro la relazione di sostegno che si instaura tra un giovane, che vive situazioni problematiche durante il suo percorso di cre-scita, il mentee, e un giovane, il mentor, che ha lo scopo di aiutare il mentee a individuare le proprie potenzialità valorizzandole in modo sano e funzionale. Il progetto è stato diviso in due step. Nel primo 120 studenti frequentanti il triennio delle due scuole sono stati formati al mentoring, attraverso gli strumenti del Gestalt counseling e della sociologia delle migrazioni. Nel secondo step i 120 studenti formati, divenuti mentor hanno lavorato con 120 studenti del biennio, i mentee (scelti in base a difficoltà emotive e a rischio di drop-out), sotto la supervisione e con la sollecitazione di educatori e formatori all'interno di attività laboratoriali volte sia ad affrontare e a discutere in gruppo e a coppie le fragilità e le difficoltà relazionali vissute dai mentee, sia per acquisire gli strumenti per un uso consapevole, critico e creativo dei media, sia per affrontare le questioni inerenti i pregiudizi, e le principali motivazioni delle migrazioni. L'obiettivo del progetto è stato raggiunto, come dimostrato sia dagli spot sulla lotta e la pre-venzione al bullismo/cyberbullismo e al razzismo, realizzati durante uno dei laboratori sia dalle risposte fornite nei questionari sottoposti agli studenti alla conclusione del progetto, i cui aspetti più rilevanti sono stati: il superamento della fase infantile dell'egocentrismo, un aumento della fiducia negli altri e dell'autostima, una maggiore tendenza all'ascolto e all'empatia e la disponibilità a mettersi in gioco e a rischiare nella relazione con l'altro sco-nosciuto.
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Trasarti Sponti, Wima y Anna Maria Rapone. "In ricordo di Wilma Trasarti Sponti. Il linguaggio dell'intimità, fra appartenenza e separazione". RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, n.º 53 (junio de 2021): 7–25. http://dx.doi.org/10.3280/pr2021-053002.

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Le autrici, sulla base della loro esperienza di psicoterapeute siste-mico-relazionali, presentano una loro lettura del concetto di intimità utile ed interessante nella psicoterapia delle problematiche di coppia (relazionali, affettive e sessuali). Le autrici, facendo anche riferimento ad autori quali Winnicott, Stern e Whitaker, individuano nella relazione madre-bambino il nucleo primario dell'intimità. Durante lo sviluppo del bambino sarà proprio l'appartenenza, provata attraverso la relazione con le figure primarie, a permettergli la successiva individuazione. La psicoterapia viene ridefinita come contesto nel quale, grazie alla regressione attraverso l'"autentica relazione" paziente/terapeuta, è possibile riconoscere i propri bisogni: il terapeuta "sufficientemente buono", funge semplicemente da "sbloccante", per l'attivazione e la riattivazione delle risorse dei pazienti. Le autrici, nel loro lavoro in psicoterapia di coppia, prendono in considerazione la storia multi generazionale dei pazienti nello sviluppo della trama della relazione dove la nostalgia della primitiva appartenenza e la vergogna che ne deriva, vengono analizzati ed utilizzati. Il concetto di potere, sotteso alle problematiche di coppia, viene ri-letto come insicurezza di appartenenza e vergogna della richiesta stessa, motivo per cui la lotta di potere "infantile" viene rielaborata come una lettura poco utile per esprimere il proprio bisogno all'altro.
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Trasarti, Sponti Wilma y Anna Maria Rapone. "Il linguaggio dell'intimitŕ, fra appartenenza e separazione". RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, n.º 34 (diciembre de 2011): 27–42. http://dx.doi.org/10.3280/pr2011-34003.

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Resumen
Le autrici, sulla base della loro esperienza di psicoterapeute sistemicorelazionali, presentano una loro lettura del concetto di intimitŕ utile ed interessante nella psicoterapia delle problematiche di coppia (relazionali, affettive e sessuali). Le autrici, facendo anche riferimento ad autori quali Winnicott, Stern e Whitaker, individuano nella relazione madre-bambino il nucleo primario dell'intimitŕ. Durante lo sviluppo del bambino sarŕ proprio l'appartenenza, provata attraverso la relazione con le figure primarie, a permettergli la successiva individuazione. La psicoterapia viene ridefinita come contesto nel quale, grazie alla regressione attraverso l'"autentica relazione" paziente/terapeuta, č possibile riconoscere i propri bisogni: il terapeuta "sufficientemente buono", funge semplicemente da "sbloccante", per l'attivazione e la ri-attivazione delle risorse dei pazienti. Le autrici, nel loro lavoro in psicoterapia di coppia, prendono in considerazione la storia multi generazionale dei pazienti nello sviluppo della trama della relazione dove la nostalgia della primitiva appartenenza e la vergogna che ne deriva, vengono analizzati ed utilizzati. Il concetto di potere, sotteso alle problematiche di coppia, viene riletto come insicurezza di appartenenza e vergogna della richiesta stessa, motivo per cui la lotta di potere "infantile" viene rielaborata come una lettura poco utile per esprimere il proprio bisogno all'altro.
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Wood, Kelli. "Giocare tra Medioevo ed età moderna: Modelli etici ed estetici per l'Europa. Francesca Aceto and Francesco Lucioli, eds. Ludica: Collana di storia del gioco 14. Rome: Viella, 2019. 246 pp. €35." Renaissance Quarterly 74, n.º 4 (2021): 1315–17. http://dx.doi.org/10.1017/rqx.2021.235.

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Vanni, Ferdinando. "Nuove concezioni sulle difese inconsce nei gruppi". GRUPPI, n.º 1 (marzo de 2013): 11–25. http://dx.doi.org/10.3280/gru2012-001002.

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L'autore passa in rassegna le concezioni psicoanalitiche di transfert e controtransfert nella psicoterapia analitica "in" gruppo e in quella "di" gruppo, per poi esaminare altre concezioni, risultato di sviluppi teoretici piů specifici della psicologia dei gruppi: il transfert di relazioni senza oggetto, i transfert parziali secondari, il transfert persecutorio anonimo primario di origine culturale. L'autore propone che quegli aspetti della propria identitŕ rappresentati nel gruppo come non-Sé, contengano anche transfert di costruzioni culturali infantili, cioč prodotti etnocentrici ben definiti che riemergono in gruppo in modo relativamente indipendente dalla particolare storia infantile di ciascuno. L'autore afferma quindi che in gruppo la mente lavora in modo peculiare, non necessariamente regressivo, e che l'interazione di gruppo non le permette di conservare le rappresentazioni usuali di sé quando l'interazione stessa č finalizzata al confronto tra le rappresentazioni che ciascuno ha di sé e degli altri con le rappresentazioni altrui. In questo caso la mente elabora alcune difese particolari perché il feedback del gruppo le impedisce di utilizzare rimozione, proiezione e negazione, come invece puň fare quando si limita ad immaginare le relazioni o quando il gruppo č assente o quando esso funziona in modo da confermarle rappresentazioni di sé precostituite.
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Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Abdo, Samah Mohammed Ibrahim. "PROBLEMATICHE DI TRADUZIONE LETTERARIA DALL’ITALIANO IN ARABO IN UN MODELLO DIDATTICO APPLICATO". Italiano LinguaDue 13, n.º 2 (26 de enero de 2022): 54–73. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/17129.

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Il presente articolo ha come oggetto di studio l’analisi delle problematiche di natura semantica-lessicale nella traduzione letteraria compiuta da 7 gruppi di studenti egiziani e arabofoni al quarto anno del corso di Lingua e letteratura italiana, a. a. 2019/2020, presso l’ateneo di Ain Shams, al Cairo. Si sono analizzate le traduzioni, intere o in parte, di: Favole al telefono e Le avventure di Cipollino di G. Rodari, Racconti sardi di G. Deledda, Fiabe Italiane di I. Calvino, I racconti di I. Svevo, Novelle per un anno di L. Pirandello, Il grande Belzoni, Romanzo a fumetti di W. Venturi. L’articolo si focalizza sull’analisi delle difficoltà di traduzione delle espressioni idiomatiche, delle polisemie, dei giochi di parole, degli antroponimi e delle onomatopee. Oltre alle lacune che alcuni dizionari monolingue presentano, la maggior parte dei dizionari bilingui italiano-arabo non raccolgono le espressioni idiomatiche. Traducendo le parole/espressioni polisemiche, lo studente deve cercare spunti nel contesto per scegliere il significato adatto. Non basta consultare il dizionario. Optare per una traduzione inappropriata di un termine polisemico, potrebbe essere dovuto ad un equivoco tra la lingua madre e l’italiano come LS. Con i giochi di parole gli studenti riescono a trovare delle soluzioni facendo riferimento ad un pubblico infantile e adeguate alla cultura d’arrivo. A volte si riesce a riprodurre identico il gioco, a volte viene sostituito con un altro; sono delle «supertraduzioni» per cui il traduttore si sovrappone all’autore adattando lo stile e i valori del testo originale alla lingua di arrivo. Con le parole inventate è necessario creare un neologismo soprattutto quando si tratta di un lemma culturalmente marcato che non ha un corrispondente nella lingua d’arrivo. Tuttavia non mancano gli esempi in cui la rinuncia al gioco di parole nella traduzione risulta una scelta obbligata. In Le avventure di Cipollino gli studenti dovevano mantenere le connotazioni dei nomi. Le strategie adottate nella traduzione degli antroponimi hanno l’obiettivo di facilitare, in qualche misura, la lettura del testo tradotto nella cultura di destinazione. In Il grande Belzoni gli studenti affrontano in modo particolare la problematica della traduzione delle onomatopee. Due sono le strategie: optare per le onomatopee derivate equivalenti o ricalcare le onomatopee di origine inglese. Con questo corso, molto vicino ad un laboratorio di traduzione, gli studenti si lanciano in territori mai esplorati e sperimentano strategie nuove per un pubblico giovanile e ricettivo e sviluppano un certo gusto per l’etimologia e la ricerca di somiglianze e differenze lessicali e strutturali tra italiano LS e l’arabo L1. Problems of literary translation from Italian into Arabic in an applied didactic model This article analyzes the semantic-lexical problems in t literary translation by 7 groups of Egyptian and Arabic-speaking students in the fourth year in Italian Language and Literature course, a. a. 2019/2020, at Ain Shams University, in Cairo. The analysis regarded the translation, whole or in part, of: Favole al telefono e Le avventure di Cipollino (G. Rodari), Racconti sardi (G. Deledda), Fiabe Italiane (I. Calvino), I racconti (I. Svevo), Novelle per un anno (L. Pirandello), Il grande Belzoni, Romanzo a fumetti (W. Venturi). The article focuses on the analysis of the translation difficulties regarding idiomatic expressions, polysemy, puns, anthroponym and onomatopoeia. Most bilingual Italian-Arabic dictionaries do not collect idiomatic expressions. When translating polysemic words/expressions, the student must look for clues in the context to choose the appropriate meaning. Consulting the dictionary is not enough. Choosing an inappropriate translation of a polysemic term could be due to misunderstanding between the native language and Italian SL. With puns, students were able to formulate assumptions assimilated by the childish public and adapted to the arrival culture. Sometimes it was possible to reproduce the puns identically, sometimes they were replaced with another Arabic pun. These are “supertranslations”; the translator overlaps the author by adapting the style and values of the original text to the arrival language. With invented words, it was necessary to create a neologism, especially when it came from a lemma of cultural background that did not have a correspondent in the arrival language. However, there was no shortage of examples where it was mandatory to renounce the pun in translation. In Le avventure di Cipollino, the students had to keep the connotations of the names. The strategies adopted in the translation of anthroponym aimed to facilitate the reading of the translated text in the target culture. In Il grande Belzoni, the students faced the problem of the translation of onomatopoeia. There were two strategies: opting for the equivalent derived onomatopoeia or reusing the onomatopoeia of English origin. This course, almost a translation lab, students launched themselves into territories never explored and experimented with new strategies that affect young and receptive readers, and they developed a certain inclination for etymology and the search for lexical and structural similarities and differences between Italian SL and Arabic L1.
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Babini, Glauco y Igor Pizzirusso. "La storia in gioco. Public history e medium ludico a Play - Festival del gioco di Modena". E-Review. Rivista degli istituti storici dell'Emilia-Romagna in rete 8-9 (2022). http://dx.doi.org/10.52056/9788833138756/24.

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The relationship between games and history is complex and offers various food for thought: the narrative that is built within it, the notions that can transmit, the interest in the subject matter that the game inevitably arouses in the players and the idea of ​​the game itself as an interpretation and historical source. Two conferences (2021 and 2022) were held at Play - The Games Festival in Modena to deal precisely with these aspects.
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Casertano, Giovanni. "Ippone l’ateo e la storia dell’umido". Revista Archai, n.º 31 (6 de marzo de 2021). http://dx.doi.org/10.14195/1984-249x_31_02.

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A dispetto della stroncatura di Aristotele, Ippone, nel V secolo a.C., si dimostra un pensatore ben inserito nelle correnti culturali più vive ed interessanti del suo secolo. Accomunato ai Milesi per aver posto l’acqua come principio di tutte le cose, è stato considerato anche un pitagorico per aver affermato l’importanza del gioco dei contrari nel nascere e nell’evolversi delle cose. In realtà, queste caratterizzazioni si dimostrano piuttosto generiche, e l’appartenenza a questa o a quella scuola non dà ragione della specificità della sua posizione nell’ambiente culturale mediterraneo e magno-greco, specificità ben rinvenibile anche nella scarsezza delle testimonianze. Più che l’acqua, per Ippone, ammesso che abbia voluto stabilire un’arché di tutte le cose, è l’umido a giocare un ruolo fondamentale nell’essere e nel divenire delle cose. In questo articolo si tenta anche di tracciare un profilo della storia dell’umido, dai Milesi a Eraclito, ad Alcmeone, a Diogene di Apollonia, fino a Democrito. E si vuole inoltre sottolineare come esso rientri anche nel campo specifico delle sue riflessioni, incentrate soprattutto nel campo biologico ed embriologico, riflessioni sempre obbedienti, più che a teorie generali, all’osservazione dell’esperienza concreta.
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Machel, Dominika. "Il ‘gioco’ interculturale tra lingua e linguaggio ne La Lupa di Verga e in Bodas de sangre di Lorca". Toruńskie Studia Polsko-Włoskie, 17 de diciembre de 2020, 169–90. http://dx.doi.org/10.12775/tsp-w.2020.011.

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In questo saggio tratteremo la visione del mondo rurale, nonché le sfumature della lingua, delle intrusioni dialettali e del linguaggio colloquiale contadino rappresentati in due opere teatrali: La Lupa del drammaturgo siciliano Giovanni Verga e Bodas de sangre del tragediografo andaluso Federico García Lorca, esaminando anche gli aspetti macro e microstrutturali dei testi.L’Italia e la Spagna sono paesi vicini a livello geografico e socio-culturale geograficamente e socio-culturalmente, legati alla storia del Mar Mediterraneo e dalla comune matrice linguistica latina. María de las Nieves Muñiz Muñiz riporta che “all’Italia e alla Spagna, parimenti arretrate e solari, anche se diversamente ‘antiche’, toccò il ruolo di serbatoio di miti, leggende e cultura popolare del Mediterraneo”.
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"L'universo femminile, lo spazio domestico e la famiglia nelle opere di Clara Sereni". Studia Polensia 01, n.º 01 (15 de noviembre de 2012): 45–68. http://dx.doi.org/10.32728/studpol/2012.01.01.03.

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Nell'intervento si evidenziano alcuni aspetti della narrativa di Clara Sereni, prendendo in esame soprattutto due lavori: Casalinghitudine (1987) e Il gioco dei regni (1993). Il punto d'avvio per delineare il profilo dell'autrice è invece il Taccuino di un'ultimista (1998), nel quale la Sereni, a partire dalla sua molteplice identità, di donna, ebrea, comunista e madre "handicappata", propone una sfi da: non cancellare la diversità, ma accettarla e farne una risorsa utile ai fini della conoscenza degli altri e di se stessi. Inoltre, con l'analisi del romanzo genealogico Il gioco dei regni, il lavoro si propone di dare il giusto rilievo alla "diaspora aff ettiva" della Sereni, che ritorna nei luoghi dei suoi avi per rintracciare tutti quei fi li dispersi che, tessuti insieme, hanno dato vita a uno dei più bei "libri di famiglia" scritti in Italia negli ultimi anni. Il contributo esamina i personaggi e i cronotopi sereniani, evidenzia le caratteristiche della scrittura dell'autrice romana che tra femminilità, ebraismo e politica, è anche la ricerca di un ordine della memoria, un dialogo con fi gure storiche appartenenti a generazioni diverse, una presa in carico della quotidianità e della storia e insieme itinerario intellettuale.
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"Gherardo Ortalli, ed., Gioco e giustizia nell'Italia di comune. (Ludica: Collana di Storia del Gioco, 1.) Treviso: Fondazione Benetton; Rome: Viella, 1993. Paper. Pp. 237. L 40,000." Speculum 70, n.º 02 (abril de 1995): 457–58. http://dx.doi.org/10.1017/s0038713400107171.

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"Franz Anton Mesmer: Mémoire sulla scoperta del magnetismo animale". IPNOSI, n.º 1 (agosto de 2011): 51–57. http://dx.doi.org/10.3280/ipn-2011-001005.

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Si propongono due film che offrono al clinico la possibilitŕ di confrontarsi col concetto di trauma in etŕ evolutiva, poiché affrontano da angolature di differente complessitŕ il PTSD (Post Traumatic Stress Disorder)., film del 2008 di Michael Winterbottom, ci presenta, attraverso la storia di una famiglia, il manifestarsi e l'evolversi nella figlia minore del PTSD come da manuale diagnostico., film del 2004 di Gregg Araki, tratto dall'omonimo romanzo di Scott Heim, ci porta in modo molto intenso, a tratti crudo, attraverso le vicende parallele e contemporaneamente perpendicolari di due adolescenti, a riflettere sui limiti dei manuali nel considerare l'essenza della parola trauma, dal greco,indicante una, unae sui possibili esiti che il trauma vissuto in etŕ infantile puň avere nel tempo.
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Bernardi, Iara y Maria José Rocha Lima. "Prima infanzia: la nuova agenda governativa". Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 18 de septiembre de 2020, 155–72. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/formazione-it/prima-infanzia.

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La cura istituzionale per i bambini piccoli, in tutta la storia del mondo, dell’America Latina e del Brasile, ha presentato diverse concezioni sulla loro funzione. La maggior parte di queste istituzioni erano destinate a servire solo i bambini poveri. Tuttavia, è molto recente l’istituzione di una politica nazionale per la prima infanzia, come investimento pedagogico, sociale, nella salute materna e infantile, economica ed educativa, che considera i bambini come soggetti di diritti e cittadini nel processo di sviluppo. Così, questo articolo intende ricostituire la traiettoria della nuova legislazione sulla prima infanzia, che obbliga i manager e i professionisti dell’istruzione, dell’assistenza sociale, della salute, della psicologia, della psichiatria in tutto il paese ad adattare le loro attività alle norme stabilite dalla legge. Detto questo, questo studio si basava su prove scientifiche; argomenti pedagogici e giuridici diffusi in Brasile negli ultimi tre decenni, soprattutto dopo la Costituzione dei cittadini del 1988, che ha promosso l’evoluzione della legislazione della prima infanzia. In cui è stato possibile osservare che solo nel 2006, con la creazione di FUNDEB, sono stati istituiti finanziamenti per l’istruzione della prima infanzia; nel 2016, il quadro giuridico della prima infanzia è stato sanzionato. E nel 2020, per la prima volta nella storia, l’infanzia è stata menzionata e inclusa negli allegati di tredici leggi dei piani plennali delle entità federate brasiliane, che es hanno effetto dal 2021 al 2023.
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"IL FEUILLETON DI BIANCA PITZORNO". Studia Polensia 01, n.º 01 (15 de noviembre de 2012): 89–100. http://dx.doi.org/10.32728/studpol/2012.01.01.06.

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Resumen
Il saggio off re la visione panoramica del feuilleton nell’opera di Bianca Pitzorno. Il ricordo delle opere lette da bambina, l’interesse per il mondo fugace, mutabile e complesso dell’infanzia, hanno suscitato nella Pitzorno la passione per la creazione letteraria. Pur essendo archeologa per professione, la sua vocazione verso la letteratura è stata più forte della sua passione per la ricerca. Aprendosi al mondo misterioso ed imprevedibile delle verità dei bambini, si è meritata il suo posto nella storia delle letteratura per l’infanzia con opere che spiccano per ironia e anticonformismo. Bianca Pitzorno è una delle poche autrici di letteratura infantile italiana che ha scelto delle bambine come eroine dei suoi romanzi. Essa si ispira proprio al mondo delle bambine che conosce e racconta, e di cui scrive. Le sue opere hanno per eroine le bambine che a loro volta contribuiscono a crearne altre.
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"Giovanni Ceccarelli. Il gioco e il peccato: Economia e richio nel Tardo Medioevo. (Collana di Storia dell'economia e del credito, number 12). Bologna: Società editrice il Mulino. 2003. Pp. 487. €30.00". American Historical Review, febrero de 2005. http://dx.doi.org/10.1086/ahr/110.1.204-a.

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Ferrari, Emanuele. "IL POTERE DEL SOGNO: MUSICA E STRUTTURA NEL FILM EYES WIDE SHUT DI". Pensamiento palabra y obra, n.º 1 (25 de septiembre de 2008). http://dx.doi.org/10.17227/ppo.num1-41.

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Resumen: En la película Eyes Wide Shut (traducida al español como Ojos bien cerrados) la tendencia no narrativa y antisicológica de la cinematografía de Kubrick alcanza su máxima expresión. No obstante la apariencia, la película no cuenta una historia o un proceso en marcha, ni siquiera se ocupa del interior de los personajes. Al contrario, el tema explorado por Kubrick es el enigma de lo visible, la sobreabundancia del sentido que emana de las imágenes. Luces, colores ambientes y fisonomías crean un mundo lleno de sentido, pero indescifrable. La realidad, luminosa y brillante para el ojo, resulta opaca e impenetrable a la razón. En este cuadro la música es un elemento fundamental que aumenta significativamente la complejidad del conjunto. El artículo examina algunas de las sofisticadas estrategias con las cuales Kubrick relaciona sonidos e imágenes según una concepción altamente evolucionada que excluye el puro y simple acompañamiento musical a las imágenes. Si lo visible es de por sí rico en sentido, lo audible no lo es menos y la interacción entre estas dos dimensiones conlleva a la enseñanza de la paradoja. Música e imagenes proceden según un juego de desfases y de contradicciones que multiplican los indicios con los cuales la realidad se vuelve legible, hasta sumergirla en una total ambigüedad. Los personajes -y espectadores- se encuentran tan perdidos en un laberinto de sentido que hipnotiza y fascina sin jamás revelar su propio secreto.Abstract: In Eyes Wide Shut la tendenza non narrativa e antipsicologica del cinema di Kubrick raggiunge un apice. Nonostante l’apparenza, il film non racconta una storia o un processo in divenire, né si occupa dell’interioritá dei personaggi. Al contrario, il tema esplorato da Kubrick è l’enigma del visibile, la sovrabbondanza del senso che promana dalle immagini. Luci, colori, ambienti e fisionomie creano un mondo pieno di senso, ma indecifrabile. La realtá, luminosa e brillante per l’occhio, risulta opaca e impenetrabile alla ragione. In questo quadro la musica è un elemento fondamentale che accresce significativamente la complessitá dell’insieme. L’articolo esamina alcune delle sofisticate strategie con cui Kubrick mette in relazione suoni e immagini secondo una concezione altamente evoluta che esclude il puro e semplice commento musicale alle immagini. Se il visibile è di per sé ricco di senso, l’udibile non lo è meno, e l’interazione fra queste due dimensioni avviene all’insegna del paradosso. Musica e immagini procedono secondo un gioco di sfasamenti e di contraddizioni che moltiplicano gli indizi con cui la realtá si rende leggibile, fino a immergerla in una totale ambiguità. Personaggi - e spettatori - si trovano così smarriti in un laberinto di senso che ipnotizza e affascina senza mai rivelare il proprio segreto.83
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"Ludica: Annali di storia e civiltà del gioco, 1 (1995). Treviso, Italy: Fondazione Benetton Studi Ricerche, in association with Viella Libreria Editrice, 1996. Paper. Pp. 250; color and black-and-white figures. Annual subscription: L 70,000 (L 82,000 outside Italy). Distributed by Viella Libreria Editrice, Via delle Alpi 32, I-00198 Rome." Speculum 72, n.º 01 (enero de 1997): 249. http://dx.doi.org/10.1017/s0038713400143106.

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