Literatura académica sobre el tema "Storia del collezionismo"

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Artículos de revistas sobre el tema "Storia del collezionismo"

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Bignamini, Ilaria y Amanda Claridge. "The tomb of Claudia Semne and excavations in eighteenth-century Rome". Papers of the British School at Rome 66 (noviembre de 1998): 215–44. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200004293.

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LA TOMBA DI CLAUDIA SEMNE E GLI SCAVI A ROMA NEL SETTECENTOQuesto articolo offre la ricostruzione dettagliata di uno scavo settecentesco sulla Via Appia e restituisce dati fin'ora ignoti relativi alla tomba di Claudia Semne (età traianea) che è stata finalmente localizzata in una proprietà privata all'angolo tra la Via Appia Antica e l'Appia Pignatelli. Scoperta nel 1792–3 da pittore, mercante d'arte e scavatore Robert Fagan, la tomba viene qui ‘riscoperta’ grazie al rinvenimento di nuovi documenti scritti e visivi del tempo. Si propone anche un'ipotesi restituitiva del monumento che si awale, tra l'altro della seguenza in cui i rinvenimenti vennero in luce. Storia degli scavi, della cultura antiquaria e del collezionismo nell'epoca del Grand Tour si congiungono qui con la moderna analise archeologica e ci restituiscono un importante monumento funerario che era stato dato per perso.
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Harris, Neil. "À la chasse au bonheur. I libri ritrovati di Renzo Bonfiglioli e altri episodi di storia del collezionismo italiano del Novecento. By GIancarlo Petrella". Library 20, n.º 3 (1 de septiembre de 2019): 406–8. http://dx.doi.org/10.1093/library/20.3.406.

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Feola, Vittoria. "Maria Toscano. Gli archivi del mondo: Antiquaria, storia naturale e collezionismo nel secondo Settecento. Florence: Edifir, 2009. Pp. 342. €20.00 (paper)." HOPOS: The Journal of the International Society for the History of Philosophy of Science 1, n.º 1 (mayo de 2011): 178–81. http://dx.doi.org/10.1086/658490.

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Buovolo, Donatella. "Commedia di Alfonso d’Aragona: il codice, la storia, la biblioteca." Dante e l'Arte 8 (7 de marzo de 2022): 17–56. http://dx.doi.org/10.5565/rev/dea.153.

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Il contributo si propone di offrire una dettagliata descrizione codicologica del manoscritto della Commedia Yates Thompson 36 conservato nella British Library di Londra. Viene prestata particolare attenzione alla storia del codice, ripercorrendo i passaggi che dalla biblioteca aragonese di Napoli lo hanno condotto alla sua attuale collocazione. Ci si sofferma, in particolare, sulla figura dell’ultimo possessore, Henry Yates Thompson, collezionista appassionato e studioso attento dei manoscritti della sua raccolta.
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Zaccagnino, Cristiana. "Collezionisti, accademie, musei: storie del mondo etrusco dal XVI al XIX secolo. Atti dei convegni internazionali “La tradizione etrusca e il collezionismo in Europa dal XVI al XIX secolo”, Scuola Normale Superiore di Pisa, 2014-2016". Etruscan Studies 24, n.º 1-2 (18 de agosto de 2021): 151–56. http://dx.doi.org/10.1515/etst-2021-0011.

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Cerino, Badone Giovanni. "La cultura della guerra. Sapere teorico e sapere empirico nel mondo militare del XVII secolo". SOCIETÀ E STORIA, n.º 136 (julio de 2012): 277–98. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-136002.

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Se percorriamo gli scaffali di una ideale biblioteca militare europea della prima metÀ del XVII secolo possiamo trovare numerosi testi legati al periodo classico. I trattati militari, sia quelli di "arte militare" che quelli dedicati alle armi, furono in realtÀ piů strumenti di propaganda che effettivi manuali di addestramento e preparazione per la guerra. Essi compongono una vastissima biblioteca ma in realtÀ sappiamo veramente poco di quanto gli ufficiali leggessero questi testi. I libri di tattica e storia militare potevano essere sia voluminosi messaggi cartacei, destinati a celebrare un esercito, che oggetti destinati al mercato dei collezionisti di libri, agli eruditi, quindi a di persone "non addette ai lavori". L'autore cerca quindi di dimostrare quanto l'esperienza dominasse la formazione del soldato del XVII secolo, divenendo in seguito la base della pianificazione strategica ed operativa delle guerre future. .
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Risi, Elisa. "Collezione di moda: Da Eleonora Duse a Julie Peters-Desteract". UCOARTE. Revista de Teoría e Historia del Arte, 5 de diciembre de 2017, 125–48. http://dx.doi.org/10.21071/ucoarte.v6i.11007.

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Questo articolo analizza un particolare ramo del rapporto che unisce il mondo dell'arte e quello della moda con un focus sul tema delle collezioni tessili, gestito da personaggi femminili. L'area del collezionismo tessile collega e unisce il mondo dell'arte e quello della moda. Lo studio si basa sulla triplice suddivisione proposta dalla storica francese Julie Verlaine, che divide le pratiche di raccolta d'arte femminile in tre tipi principali: "collectionneuse", "commanditaire" e "donatrice". Utilizzando questa suddivisione, cerco di analizzare le collezioni tessili, fenomeno fortemente sviluppato dalle protagoniste femminili, sapendo che l'analisi di ogni corso denota la difficoltà di una categorizzazione rigida e di limiti netti: queste pratiche mostrano tipologie di collezionisti indicative, fluide e permeabili.
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Tesis sobre el tema "Storia del collezionismo"

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Bologna, Francesca <1985&gt. "Collezionismo e carte geografiche nella Venezia del diciassettesimo secolo". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2421.

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La presenza delle carte geografiche nelle collezioni d'arte veneziane del Seicento attraverso l'esame di alcuni documenti d'archivio esemplificativi (gli inventari di G. Chechel, della famiglia Grimani Calergi, di M. Crivelli). Le funzioni e il ruolo delle mappe all'interno della società e della cultura. La loro realizzazione e il loro commercio, i rapporti tra Venezia e il Nord Europa. I maggiori fondi cartografici veneziani.
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Schiavon, Chiara <1986&gt. "Padova in soaza - Piccola storia del collezionismo privato nella città del Santo tra Sei e Settecento-". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6199.

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All’ombra del Santo riposa un collezionismo privato sconosciuto; sono immagini che appartengono alla sfera umile del quotidiano nella Padova borgese tra il Sei e il Settecento. Attraverso un lavoro di ricerca archivistica, entriamo nelle abitazioni della gente; le mura casalinghe, allora come oggi, rivelano la quotidianità più intima di chi le abita: disposte negli ambienti domestici, si trovano le “robbe” più dissimili, tra un mobile ed un altro appaiono, poi, le immagini. Sono figure religiose e profane che alternativamente arredano e proteggono la casa ed i suoi abitanti. Allineandosi agli studi simili in altre città italiane, questa ricerca vuole inserire Padova nel contesto di riscoperta di un collezionismo privato tacito ma allo stesso tempo rivelatore della cultura borghese del tempo.
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3

Sacchetto, Federica <1986&gt. "Gusto e collezionismo dei merletti a Venezia nella prima metà del Novecento. Una ricognizione nel fondo Correr". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3521.

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Attraverso un'indagine di tipo documentario si analizza la formazione della collezione storica di merletti Correr appartenente alla Fondazione Musei Civici di Venezia. Acquisti, donazioni e legati permettono di ricostruire un quadro del gusto e del collezionismo nella Venezia della prima metà del Novecento.
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Prescendo, Claudia <1987&gt. "Contributi per la storia del collezionismo della famiglia Gradenigo di Rio Marin: Bartolomeo Gradenigo, vescovo di Brescia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/2006.

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Questo lavoro di tesi si è concentrato sulla famiglia Gradenigo del ramo Rio Marin, una famiglia nobile veneziana. L'obbiettivo è stato di portare nuovi contributi per la storia del collezionismo dei Gradenigo tra Sei e Settecento, con particolare attenzione ad un membro del casato: Bartolomeo Gradenigo, nominato vescovo di Brescia nel 1682. Alla sua morte venne stilato un inventario di dipinti ed oggetti che gli appartenevano, presenti nel palazzo veneziano; sulla base delle fonti documentarie, consultate presso il fondo Gradenigo Rio Marin all'Archivio di Stato di Venezia, sono emersi dati interessanti per valutare gli artisti scelti nella collezione e come le opere d'arte abbiano subito passaggi d'eredità tra i membri del casato.
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5

Guarneri, Cristiano <1979&gt. "Architettura del sapere: la Kunstkamera di Pietro il Grande". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/1029.

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Il soggetto di questo studio è un edificio: la Kunstkamera di San Pietroburgo, i cui lavori di costruzione iniziarono nel 1718 su commissione dello zar Pietro il Grande. Al suo interno furono creati oltre alle sale espositive, come suggerisce il nome stesso, anche un teatro anatomico, un planetario, un osservatorio astronomico e la biblioteca dello zar, nell’idea di farne la sede dell’Accademia delle Scienze, un’altra istituzione di Pietro il Grande. Quindi non solo una kunstkammer ma anche un centro di ricerca scientifica, non troppo dissimile negli intenti ad un moderno museo. Lo studio ha affrontato l’argomento in tre stadi, approccianti il tema con tre differenti lenti d’ingrandimento: il contesto – la città; il contenuto – le collezioni; il contenitore – l’edificio. Nel primo capitolo è stata analizzata la posizione strategica della Kunstkamera nella pianificazione urbana della nuova capitale, San Pietroburgo, e quindi il ruolo, altrettanto strategico, dell’Accademia delle scienze nell’ampio piano di riforme promosse da Pietro il Grande. Il secondo capitolo, dedicato alle collezioni, è stato incentrato sulla figura di Pietro il Grande come collezionista. Attraverso lo studio delle molteplici sistemazioni delle collezioni, prima a Mosca e successivamente a San Pietroburgo, si è potuto delineare il ruolo assegnato alla Kunstkamera nel programma collezionistico organizzato negli anni 1718-19. Infatti mentre le statue antiche e moderne acquistate in Italia venivano sistemate nel Giardino d’Estate ed i quadri comprati sul mercato olandese e fiammingo trovavano posto nei padiglioni della residenza estiva di Peterhof, i reperti della kunstkammer furono spostati dalle residenze dello zar alla loro prima sistemazione pubblica, il palazzo di Kikin. Quella del palazzo di Kikin non era però che una collocazione temporanea, poiché sempre nel 1718 – e siamo al terzo capitolo della tesi – fu posta la prima pietra della Kunstkamera. Il cantiere fu estremamente travagliato e le sue vicende sono analizzate nel dettaglio, tramite documenti d’archivio e disegni inediti. Ebbero un ruolo non trascurabile nella progettazione e nella costruzione della Kunstkamera ben tre architetti, il tedesco Georg Johann Mattarnovy, lo svizzero Nicolaus Friedrich Härbel e l’italiano Gaetano Chiaveri, un astronomo, il francese Joseph-Nicolas Delisle, e ancora molti altri operai, come muratori, carpentieri, intagliatori, pittori e decoratori. Non furono tuttavia solo queste le personalità che presero parte nell’attuazione di questo progetto architettonico e scientifico. Da un lato Gottfried Wilhelm Leibniz fornì il progetto dell’Accademia delle scienze, in cui kunstkammer, laboratori e biblioteche avevano un ruolo centrale; dall’altro l’alsaziano Johann Daniel Schumacher, bibliotecario di Pietro il Grande, organizzò dapprima l’acquisto delle collezioni e l’ingaggio degli studiosi, quindi guidò il completamento dell’edificio e l’allestimento dell’esposizione dopo la morte dello zar. La parabola di questo singolare esperimento di edificio si concluse nel 1747, quando un incendio ne bruciò la porzione sommitale e, con esso, anche parte delle sue preziose collezioni.
This study’s main topic is a building: the Kunstkamera in St. Petersburg, built starting from 1718 by the Tzar Peter the Great. Inside it, besides the exhibition rooms, as the name suggests, also an anatomic theatre, a planetary, an astronomical observatory and the Tzar’s library were arranged, with in mind the idea making it the seat of the Academy of sciences, another Peter the Great’s creation. So not only a kunstkammer but also a scientific research center, not far in intents to a modern museum. This topic is developped into three steps, approaching it with different magnifing lenses: the context, or the city; the content, or the collections; the container, or the building. In the first chapter is analysed the Kunstkamera strategic position in the urban planning of the new capital, St. Petersburg, and the role, equally strategic, played by the Academy of sciences in the reforms plan promoted by Peter the Great. The second chapter, devoted to collections, focus on the figure of Peter the Great as collector. Through the study of the collections different arrangements, before in Moscow and then in St. Petersburg, it was possible to point out the role assigned to Kunstkamera in the Peter the Great’s collecting program, especially drawn in the years 1718-19. Infact, while the ancient and modern statues purchased in Italy were arranged in the Summer Garden and the pictures bought on the Netherlandish and Flamish market found a place in the Peterhof’s pavillions, the kunstkammer’s objects were moved from the Tzar’s residences to their first pubblic settlement, the Kikin Palace. That of the Kikin Palace was only a temporary arrangement, because again in 1718 – and this is the dissertation’s third chapter – the Kunstkamera’s first stone was laid down. The construction was very long and complex and the events are sharply shown through unissued archival documents and drawings. Three architects, the German Georg Johann Mattarnovy, the Swiss Nicolaus Friedrich Härbel, and the Italian Gaetano Chiaveri, one astronomer, the French Joseph-Nicolas Delisle, and many other workers, like masons, carpenters, carvers, painters and decorators, had a part in the project and construction of the Kunstkamera. But not only these were the personalities involved in this architectural and scientific project. Gottfried Wilhelm Leibniz gave the ideas for the Academy of sciences’ project, where kunstkammer, laboratories and libraries played a central role; and again the Peter the Great’s librarian, Johann Daniel Schumacher, was important: before he organised the collections purchase and the scientists enrolment, than he drove the building accomplishment and the exhibition display after the Tsar’s death. The parabola of this singular building experiment ended in 1747, when a fire burned out the Kunstkamera’s upper part and, with it, a part of its precious collections.
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Ferraro, Antonella. "Per una storia della falsificazione epigrafica. Problemi generali e il caso del Veneto". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3424080.

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Resumen
Among the studies dedicated to the "Rediscovery of the Ancient World" from the thirteenth century to the present days, forgery has attracted much attention. The fake is now recognized as a ‘document of its time’ and a primary source of the History, for the informations it provides about the knowledge of Classical Antiquity, the ideas and tastes of that period and the reasons of the forgery. Among the various types of forgery, little space has been devoted to false inscriptions, on stone or only known from manuscript sources: previous studies on this subject have been partial and unsystematic and in most cases there has not been a review of epigraphic documents. This research has aimed to trace a history of epigraphic forgery, through the review of the Venetian corpus of false latin inscriptions, published in the Corpus Inscriptionum Latinarum. The global corpus has been investigated from both chronological and typological point of view, in order to identify the nature, meaning and function of such documents in each town of Veneto: false inscriptions have been distinguished from copies and creations just inspired to Classical Antiquity. This study shows the main trends followed in the creation of fakes over the centuries, the scholars who created them as part of their researches on 'Classical Antiquity’ or those who worked for purely commercial purposes. It has been possible for the first time to carry out a comprehensive and diachronic study of the phenomenon in a specific area of Italy, investigating the changes of opinion about forgery in different periods and cultures and its geographical peculiarities
Nell’ambito degli studi che sotto vari aspetti si sono occupati dell’atteggiamento assunto dal Duecento fino ai giorni nostri nei confronti dell’antichità classica, una sempre crescente attenzione è stata riservata alla falsificazione. Questa è oggetto di studio da parte di molteplici discipline, che riconoscono ormai nel falso un “documento della propria epoca” e, in quanto tale, una fonte primaria della storia, per le informazioni che fornisce sulla conoscenza dell’antichità classica che si stava imitando, sulle idee e sul gusto dell’epoca, oltre che sulle motivazioni della falsificazione. Nell’ambito di questi studi, relativamente poco spazio è stato dedicato ai falsi epigrafici, sia lapidei sia cartacei: gli studi effettuati sull’argomento sono stati parziali e non sistematici, e nella maggior parte dei casi è mancato un riesame dei documenti epigrafici. Il presente studio ha lo scopo di tracciare una storia della falsificazione epigrafica, attraverso il riesame delle iscrizioni false in lingua latina del Veneto pubblicate nel volume V del Corpus Inscriptionum Latinarum. Dopo una preliminare riflessione sul concetto di falso epigrafico e sulla sua distinzione dalla copia e dalla creazione all’antica, l’intero corpus è stato indagato dal punto di vista cronologico e tipologico, al fine di individuare la natura, il significato e la funzione di queste iscrizioni nei singoli centri veneti. La revisione di questi documenti ha permesso di individuare le principali linee di tendenza seguite nella creazione dei falsi nel corso dei secoli, dagli studiosi che li crearono nell’ambito delle loro indagini sull’antichità classica a coloro che operarono per puri fini commerciali. E’ stato possibile per la prima volta avviare uno studio complessivo e diacronico della falsificazione epigrafica in una determinata zona d’Italia, indagando i cambiamenti che si ebbero nei confronti di questo fenomeno nelle varie fasi della storia e della cultura e le sue peculiarità geografiche
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PORTINARI, Stefania. "Istituzioni e movimenti artistici, collezionismo e gallerie nel Veneto negli anni Settanta del Novecento. Dottorato di ricerca in Storia dell'arte, 18° ciclo". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari. Facoltà di Lettere e Filosofia, 2007. http://hdl.handle.net/10278/35098.

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Crosera, Claudia. "Passione numismatica: editoria, arti e collezionismo a Venezia nel Sei e Settecento". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3631.

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2008/2009
Il presente lavoro si prefissa lo scopo di indagare i rapporti tra arti ed editoria in Veneto, dal Barocco al Neoclassicismo e di tracciare una storia dell’evoluzione della letteratura illustrata di argomento numismatico, prendendo in esame gli aspetti artistici della produzione, analizzando il contribuito degli artisti (inventori, disegnatori e incisori), dei committenti e degli autori, nei territori della Serenissima. Grazie all’analisi diretta delle opere a stampa, alla lettura delle fonti e allo studio dei carteggi sei e settecenteschi si è riusciti a delineare le forme dell’interesse del collezionismo antiquario veneto per le raccolte di monete e medaglie. Sono stati schedati più di novanta volumi, tra cui si ricordano trattati di numismatica, repertori di ritratti, storie medaglistiche di sovrani, pontefici e dogi e soprattutto cataloghi delle collezioni numismatiche venete. Tra questi ultimi si ricordano i cataloghi di Charles Patin e di Lodovico Moscardo nel Seicento, e nel secolo successivo di Lorenzo Patarol, Antonio Capello, dei Tiepolo, di Scipione Maffei, di Jacopo Muselli, Onorio Arrigoni, Anton Maria Zanetti e Giammaria Mazzuchelli solo per ricordare i più famosi. L’attenzione si è poi soffermata su due casi interessanti: quello della raccolta di medaglie encomiastiche della famiglia Barbarigo, pubblicate nei Numismata virorum illustrium ex Barbadica gente del 1732, opera in folio riccamente illustrata finalizzata a eternare le memorie della nobile stirpe; quello di un progetto incompiuto e rimasto inedito, che risale alla metà del Settecento, e cioè il manoscritto di Giovanni Andrea Giovanelli intitolato Medaglie degli uomini illustri spettanti per lo più allo stato viniziano, che si proponeva di redigere una “storia metallica” di Venezia, riletta attraverso le medaglie dei suoi più illustri protagonisti.
XXII Ciclo
1972
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9

Gallanti, Chiara. "Le collezioni del Museo di Geografia dell'Università di Padova: radici storiche e processi costitutivi tra ricerca e didattica (1855-1948)". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2020. http://hdl.handle.net/11577/3425923.

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La tesi propone il risultato di un percorso di ricerca dedicato al patrimonio del Museo di Geografia dell’Università di Padova e alle vicende storiche che ne hanno indirizzato i processi costitutivi. La geografia è infatti insegnata all’Università di Padova fin dal XVI secolo, sia pur nell’ambito di corsi più vasti quali Matematiche o Astronomia; dopo la breve esperienza settecentesca di una cattedra di Scienza nautica e Geografia, è tuttavia nel XIX secolo che la geografia approda come disciplina autonoma tra quelle insegnate nella Facoltà filosofica dell’Ateneo di Padova, per un triennio in epoca asburgica (1855-58) e, dal 1872, con continuità. Da allora, ma ufficialmente con l’istituzione del Gabinetto di Geografia nel 1884, ha iniziato a costituirsi un patrimonio formato, oltre che da libri e carte, da sussidi didattici e strumenti funzionali alla produzione cartografica e all'osservazione diretta, che costituisce il nucleo d’origine delle collezioni del Museo di Geografia. Dall'inizio del XX secolo, anche nell'ambito della Facoltà di Scienze vengono creati una cattedra e un Istituto di Geografia fisica, che a propria volta si dota di un importante corredo scientifico e didattico. Alla soppressione dell’Istituto nel 1942, le sue dotazioni materiali passano in buona parte al suo omologo della Facoltà di Lettere. Le collezioni del Museo di Geografia rappresentano dunque l’eredità di queste due esperienze. La prima parte della tesi ricostruisce, principalmente a partire dalle risorse archiviste universitarie, la storia delle due cattedre di geografia, tentando di portare luce in particolare sui momenti fino ad ora trascurati dalla piccola tradizione di studi esistente sul tema, come il triennio asburgico, nel quale l’Ateneo di Padova si trovò coinvolto in una serie di importanti riforme comuni a tutto l’Impero, volte principalmente a migliorare la formazione accademica dei futuri insegnanti. Dei docenti che animarono i due stabilimenti geografici patavini (Francesco Nardi, Giuseppe Dalla Vedova, Giovanni Marinelli, Giuseppe Pennesi, Roberto Almagià, Arrigo Lorenzi, Luigi De Marchi) e dei loro assistenti e collaboratori, oltre alle carriere accademiche si indagano l’impegno e le scelte sia sul piano didattico che sullo quello scientifico. In questo modo, si intende fornire una cornice di senso alle acquisizioni, ripercorse nel dettaglio a partire dagli inventari storici, in questa fase ancora senza il filtro costituito dalla riflessione su ciò che si è o meno conservato. I protagonisti sono seguiti nel dettaglio dal 1855, anno che vide l’incarico di Geografia assegnato a Francesco Nardi, fino al 1948, quando, con la morte di Arrigo Lorenzi, i due insegnamenti di Geografia e Geografia fisica si troveranno emblematicamente riuniti nelle mani di Giuseppe Morandini, che da quel momento avrebbe impugnato le redini della geografia patavina indirizzandola verso una nuova fase. La seconda parte, spostando l’attenzione dai protagonisti agli oggetti, propone innanzitutto una classificazione delle collezioni del Museo sulla base di quella formulata dalla corrente museologia accademica. Ne emerge un duplice filone individuabile nell'ambito delle collezioni geografiche, l’uno collegato alla pratica didattica storica, l’altro alla tradizione scientifica. Successivamente ricostruisce l’evoluzione storica del ruolo degli oggetti che costituiscono ogni tipologia di collezione (carte murali, globi e apparati astronomici, plastici, fotografie ad uso didattico, sul piano didattico, strumenti, fotografie e manoscritti generati dall'attività di ricerca, su quello della ricerca), sullo sfondo del dibattito critico che ci viene restituito dagli Atti dei Congressi Geografici e dei confronti a distanza tramandati dalle pagine delle riviste d’epoca. Di ogni collezione si tirano quindi le fila relativamente al processo costitutivo, facendo sintesi rispetto all'analisi della prima parte, e si esaminano le caratteristiche generali rispetto a quanto si è conservato. Di ogni tipologia di collezione si passa, infine, all'analisi pezzo per pezzo.
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Alai, Beatrice. "Le miniature italiane ritagliate del Kupferstichkabinett di Berlino. Per la genesi della collezione ed un catalogo della raccolta". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422414.

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Resumen
The dissertation deals with the collection of Italian illuminated cuttings preserved at the Kupferstichkabinett in Berlin. The chapters 1-7 shed light on the genesis of the collection, starting from the foundation of the museum in 1831 until the publication of the catalogue by Paul Wescher in 1931. The most relevant acquisitions and the role of some curators and collectors are analised in relationship with the phenomenon of miniatures collecting in Europe between XVIII and XX centuries. The second part is a catalogue of the Italian cuttings preserved at the Cabinet: each of the 94 entry offers some considerations about the liturgy and the style of the work of art.
Abstract La tesi ha per oggetto le miniature italiane ritagliate del Kupferstichkabinett di Berlino. Di tale collezione è stata indagata la genesi ed è stato redatto un catalogo analitico delle opere. La prima parte del lavoro prende in considerazione la storia del Gabinetto delle stampe e dei disegni berlinese, individuando gli ingressi di cuttings dalla fondazione (1831) alla pubblicazione del catalogo delle miniature (1931) da parte del direttore Paul Wescher; la seconda parte è costituita dalla schedatura dei frammenti. Il primo capitolo verte sulla nascita del museo a partire dall’apertura al pubblico della Königliche Bibliothek fino all’inaugurazione del Kupferstichkabinett nel 1831; il secondo capitolo offre una panoramica degli ingressi delle miniature (sia cuttings che manoscritti), non solo italiani ma anche francesi, tedeschi, fiamminghi e inglesi, dal XVII secolo al XXI. Il terzo capitolo ha come oggetto i ritagli provenienti dalla collezione del prussiano Ferdinand Friedrich von Nagler, acquistati dal museo nel 1835, mentre il quarto capitolo è dedicato alle miniature che originariamente appartenevano al collezionista Bernhard Hausmann (1875). Il quinto capitolo analizza la biografia e l’operato del direttore Friedrich Lippmann, il suo progetto di aprire un museo di Arti Grafiche e i frammenti miniati da lui acquisiti tra il 1876 e il 1903. Il sesto capitolo presenta le opere che giunsero nel museo tra il 1904 e il 1930, mentre il settimo capitolo riguarda Paul Wescher ed il suo catalogo delle miniature. Infine, l’ottavo capitolo è composto da 94 schede, una per ciascuna opera o per ciascun gruppo di opere riconducibili allo stesso manoscritto. È presente un’appendice circa gli scambi epistolari tra Wilhelm von Bode, Friedrich Lippmann e Stefano Bardini, che segnala alcuni documenti del Zentral Archiv di Berlino e dell’Archivio Stefano Bardini di Firenze. I primi sette capitoli aiutano perciò a meglio comprendere il gusto sotteso alle acquisizioni dei cuttings a Berlino nel corso del tempo, in rapporto al mercato della miniatura in Europa e alla nascita dei musei di arti applicate; inoltre, i medaglioni sui collezionisti e sui direttori legati al Kupferstichkabinett gettano luce sul complesso panorama del collezionismo e della museologia in Germania tra XVIII e XX secolo. Le schede del catalogo, che presentano numerosi pezzi inediti emersi dai depositi, si soffermano in primo luogo sull’analisi della liturgia e dei testi, analizzando successivamente lo stile delle opere e indicando ove possibile i frammenti “gemelli” in altre collezioni o le serie liturgiche e i testi da cui i cuttings furono asportati.
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Libros sobre el tema "Storia del collezionismo"

1

Benedictis, Cristina De. Per la storia del collezionismo italiano: Fonti e documenti. Firenze: Ponte alle Grazie, 1991.

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2

Benedictis, Cristina De. Per la storia del collezionismo italiano: Fonti e documenti. 2a ed. Milano: Ponte alle Grazie, 1998.

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3

Un contributo alla storia del collezionismo: La raccolta epigrafica Delfini. Roma: Quasar, 1993.

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4

Pedrocchi, Anna Maria. Le stanze del tesoriere: La quadreria Patrizi : cultura senese nella storia del collezionismo romano del Seicento. Milano: Alcon, 2000.

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5

Gli archivi del mondo: Antiquaria, storia naturale e collezionismo nel secondo Settecento. Firenze: Edifir, 2009.

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6

Carlo, Sisi y Galleria civica di Palazzo Te., eds. La collezione Chigi Saracini di Siena: Per una storia del collezionismo italiano. Firenze: S.P.E.S., 2000.

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7

Lucio, Scardino y Mazzei Traina Marinella, eds. Fughe e arrivi: Per una storia del collezionismo d'arte a Ferrara nel Seicento. Ferrara: Liberty house, 2002.

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8

Marinella, Mazzei Traina, Scardino Lucio y Fondo sul collezionismo ferrarese, eds. Fughe e arrivi: Per una storia del collezionismo d'arte a Ferrara nel Seicento. Ferrara: Liberty house, 2002.

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9

Università di Firenze. Dipartimento di storia delle arti e dello spettacolo, ed. Scritti di museologia e di storia del collezionismo in onore di Cristina De Benedictis. Firenze: Edifir, 2012.

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10

Alabiso, Alfredo. La posta fra cronaca storia e collezionismo: Palermo Expofil'97, Fiera del Mediterraneo 25/27.4.97. Palermo: Unione filatelica siciliana, 1997.

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