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1

Pantano, Fabio. "Il lavoro a distanza dopo la pandemia: problemi organizzativi e soluzioni giuridiche". QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, n.º 113 (julio de 2022): 167–82. http://dx.doi.org/10.3280/qua2021-113008.

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La diffusione "forzata" del lavoro a distanza durante la crisi pandemica ha consentito di sperimentare le principali problematiche organizzative che questa forma di lavoro solleva in relazione al benessere psico-fisico dei lavoratori, al loro rendimento e al loro senso di soddisfazione rispetto all'attività svolta. Gli studi di-sponibili evidenziano come una risoluzione razionale di questi problemi richiederebbe una modifica radicale dei modelli organizzativi, con un passaggio dai sistemi gestionali fondati sul controllo a una nuova impostazione incentrata sull'esaltazione della fiducia, dell'autonomia e della collaborazione. La cultura giuridica dimostra di trovarsi impreparata rispetto a questa prospettiva. In partico-lare, le scelte poste in essere dal legislatore si rivelano improntate a una visione tradizionale, fondata sull'idea che il lavoro sia quello svolto nell'impresa in senso fisi-co. In Italia, la legge n. 81/2017 rimette la definizione delle modalità di svolgimen-to del «lavoro agile» ad un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, tralasciando il ruolo che potrebbe essere svolto dalla contrattazione collettiva. Al contrario, nell'esperienza europea, proprio negli accordi sindacali dimostrano enormi potenzialità - benché ancora non del tutto esplorate - nell'adattamento dei problemi organizzativi del lavoro a distanza alle specificità dei diversi settori produttivi e delle singole aziende.
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2

Borgna, Eugenio. "Un pensiero che non muore". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 3 (noviembre de 2011): 129–36. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2011-003003.

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L'articolo consente di cogliere i cambiamenti innovativi introdotti dai lavori di Enrico Morselli nella realtŕ psichiatrica italiana della prima metŕ del secolo scorso, allora radicata su una cultura positivistica, estranea sia alle influenze della psichiatria fenomenologica che della psicoanalisi. Viene ripercorso il cammino scientifico del Morselli e viene commentato il suo fondamentale lavoro del 1930, relativo alla paziente Elena, che amplia gli orizzonti di senso delle esperienze psicotiche, affermando la possibilitŕ di una cura fondata sul dialogo e l'ascolto.
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3

Morselli, Giovanni Enrico. "Sulla dissociazione mentale". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 3 (noviembre de 2011): 15–128. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2011-003002.

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L'articolo consente di cogliere i cambiamenti innovativi introdotti dai lavori di Enrico Morselli nella realtŕ psichiatrica italiana della prima metŕ del secolo scorso, allora radicata su una cultura positivistica, estranea sia alle influenze della psichiatria fenomenologica che della psicoanalisi. Viene ripercorso il cammino scientifico del Morselli e viene commentato il suo fondamentale lavoro del 1930, relativo alla paziente Elena, che amplia gli orizzonti di senso delle esperienze psicotiche, affermando la possibilitŕ di una cura fondata sul dialogo e l'ascolto.
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4

Rolando, Piero. "Note sul lavoro con pazienti omosessuali". GROUNDING, n.º 2 (diciembre de 2011): 31–40. http://dx.doi.org/10.3280/gro2011-002004.

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Viene sostenuta la tesi che il lavoro con i pazienti omosessuali non comporta differenze di rilievo rispetto a quello con i pazienti eterosessuali. Vengono presentate tre vignette cliniche, in cui si evidenzia il ruolo cruciale del contatto e del senso di connessione.
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5

Bentivogli, Marco. "Fiducia nel lavoro". QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, n.º 113 (julio de 2022): 145–65. http://dx.doi.org/10.3280/qua2021-113007.

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In "Laudato Sii" Papa Francesco afferma con grande forza che il lavoro digni-toso è quello "libero, creativo, partecipativo e solidale". Il presente saggio mostra quali caratteristiche deve assumere il lavoro e quali modalità organizzative sono più adatte alla sua promozione e valorizzazione nella prospettiva indicata dal Pontefice. In particolare, si individua nello smart working un modello in grado di favorire ed esaltare l'ingaggio cognitivo del lavoratore: fiducia, libertà, responsabi-lità e autonomia sono gli aspetti caratterizzanti del lavoro agile. Tale modello per-mette anche una migliore conciliazione dei tempi di vita e di cura della famiglia, una distribuzione più equilibrata dei carichi familiari e una maggiore partecipazio-ne delle donne al mercato del lavoro e alla vita civile e democratica. Il sindacato può essere un protagonista nel passaggio a forme organizzative in grado di valorizzare la centralità della persona: i capisaldi di una strategia orientata in questo senso sono la contrattazione territoriale e la formazione dei lavoratori.
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6

Algini, Maria Luisa. ""Urtati nel buio"". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2020): 99–113. http://dx.doi.org/10.3280/psp2020-002006.

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Il lavoro sviluppa l'idea che quanto stiamo sperimentando nel tem-po del Covid e ci ha messi in crisi come persone e come analisti, ci co-stringa ad aprire nuovi sguardi sulla clinica e sulla teoria, e ad approfondire il senso della relazione analitica e degli strumenti che usiamo. Le dinamiche imposte dalla pandemia hanno fatto intuire che la qualità del lavoro psicoanalitico si amplia, si rafforza, prende nuovo senso, se siamo capaci di non rimuovere il sentimento di precarietà sperimentato, facendo nostra l'idea che le svolte creative nella storia della psicoanali-si sono nate proprio da tempi drammatici.
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7

De Masi, Franco. "Il delirio: difesa o costruzione psicopatologica?" RICERCA PSICOANALITICA, n.º 2 (agosto de 2010): 73–92. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2010-002008.

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In questo lavoro discuto la natura del delirio per prospettare un approccio terapeutico alla psicosi. Particolare attenzione č data alla natura e alla struttura dell'esperienza delirante e alla sua relazione con la parte sana della personalitŕ. Se delirio rappresenta una costruzione psicopatologica che oblitera la capacitŕ di comprendere l'esperienza emotiva, il lavoro terapeutico consiste nel ridurre il suo potere per recuperare il pensiero intuitivo e ristabilire il contatto con la realtŕ emotiva. Esiste un posto nella mente del paziente, virtualmente inaccessibile, in cui viene continuamente costruito lo stato psicotico. Di qui deriva l'importanza di orientare il lavoro analitico verso la presa di consapevolezza del significato dell'organizzazione psicotica, che tende ad inglobare il sé e a distruggere il senso di realtŕ. In questo senso, come ho cercato di mostrare nei frammenti clinici riportati nel lavoro, i sogni psicotici sono molto utili perché costituiscono la vera comunicazione all'analista che non si realizza fino quando il paziente rimane complice e sottomesso all'organizzazione delirante. Da questo punto di vista mentre il delirio nasconde, il sogno comunica.
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Capone, Vincenza y Giovanna Petrillo. "Senso di appartenenza degli infermieri all'azienda ospedaliera: relazioni con le percezioni di efficacia personale e collettiva e con il burnout". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 1 (marzo de 2012): 15–38. http://dx.doi.org/10.3280/pds2012-001003.

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Questo lavoro ha indagato il senso di appartenenza degli infermieri all'azienda ospedaliera, tenendo conto del genere, del reparto di afferenza e degli anni di permanenza nella struttura. Ulteriore obiettivo č stato quello di indagare la relazione tra il senso di appartenenza di questi operatori sanitari e altre variabili psicosociali, quali le percezioni di efficacia collettiva nella comunicazione in ambito ospedaliero, l'autoefficacia percepita nella comunicazione con il paziente, l'autoefficacia sociale e il burnout. Č stato somministrato un questionario self-report a 840 infermieri (47% maschi e 53% femmine) che lavorano in aziende ospedaliere del Centro e del Sud Italia. I risultati hanno evidenziato livelli piuttosto elevati di senso di appartenenza alla struttura da parte degli infermieri (con differenze per anzianitŕ di servizio e reparto di afferenza) e bassi livelli di burnout. Č stato testato un modello di equazioni strutturali che ha evidenziato come il senso di appartenenza, insieme alle percezioni di autoefficacia comunicativa, risulti un predittore negativo di tutte le dimensioni del burnout. Sono risultati predittori del senso di appartenenza all'azienda ospedaliera le percezioni di efficacia collettiva e l'anzianitŕ di servizio nello stesso ospedale.
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Mattei, Alberto. "Il ruolo del diritto internazionale privato nella mobilitŕ transnazionale del lavoro". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 3 (febrero de 2012): 100–104. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-003008.

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Nel mercato transnazionale del lavoro, con il distacco della manodopera previsto dalla direttiva 96/71/CE, il diritto internazionale privato, a partire dalla Convenzione di Roma ora trasfusa nel Regolamento Roma I, puň incidere seriamente sulla disciplina del rapporto di lavoro con elementi di transnazionalitŕ. In tal senso, nella prospettiva del conflitto di leggi, č possibile dare rilievo agli strumenti internazional-privatistici per garantire i diritti sociali dei lavoratori "mobili". Si puň cosě rendere piů uniforme la disciplina dei rapporti di lavoro nell'ambito delle imprese "senza confine", che per loro natura sfuggono alla sottoposizione ad un unico ordinamento giuridico, al fine di dare preminenza al principio di concretezza degli effetti del lavoro transnazionale.
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Berlincioni, Vanna, Francesca Acerbi y Cristina Catania. "Dalla passività dell'attesa alle trasformazioni identitarie. Un'esperienza di gruppo con giovani migranti". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 3 (diciembre de 2021): 47–68. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2021-003004.

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Il lavoro riguarda un'esperienza di psicoterapia di gruppo svoltasi in ambito istituzionale presso il dipartimento di Psichiatria dell'Università di Pavia. Il gruppo è stato condotto da una psicoanalista con la partecipazione di due mediatori cul-turali e due osservatori partecipanti, e ha coinvolto soggetti immigrati dall'Africa subsahariana. Oltre a descrivere lo svolgimento degli incontri di gruppo e i contenuti in esso discussi, l'articolo sottolinea l'importanza della mediazione culturale, analizza i vissuti connessi all'attesa della regolarizzazione, affronta il tema dei fraintendi-menti culturali, e valuta l'efficacia terapeutica di gruppi di migranti condotti utilizzando un metodo basato sull'approccio psicoanalitico. La realizzazione di un buon sistema di accoglienza ha permesso ai migranti coinvolti nel lavoro di gruppo di recuperare un senso di appartenenza e di ricostruire e trasformare, per quanto parzialmente, il proprio senso di sé.
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Colapietro, Carlo. "Diritto al lavoro dei disabili e Costituzione". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 124 (marzo de 2010): 607–32. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2009-124002.

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Resumen
La posizione delle persone disabili, pur non essendo espressamente contemplata in Costituzione, trova comunque una protezione costituzionale adeguata nell'ambito del programma di giustizia sociale delineato dalla nostra Carta costituzionale in favore dei soggetti deboli e rivolto a perseguire l'effettiva inclusione sociale del disabile ed, in particolare, un suo proficuo inserimento nel mondo del lavoro. In tal senso, l'evoluzione normativa della disciplina sul diritto al lavoro dei disabili si inserisce nell'ambito di una logica di multilevel governance piů generale delle politiche pubbliche in materia di disabilitŕ, ed č contrassegnata: da un lato da politiche antidiscriminatorie volte a contrastare con apposite tutele qualsiasi forma di discriminazione diretta in ambito lavorativo fondata sulla disabilitŕ; e, dall'altro, da misure di politica attiva del lavoro dirette ad assicurare alle persone disabili, attraverso forme di collocamento mirato ed incentivato, non un semplice mantenimento caritativo, ma la conclusione di un regolare contratto di lavoro, in presenza non di persone inabili al lavoro, bensě di persone disabili, che hanno pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro.
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Lodigiani, Rosangela. "I nuovi termini della socializzazione (alla cittadinanza) lavorativa". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 117 (mayo de 2010): 59–73. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-117005.

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La transizione al lavoro dei giovani si realizza attraverso percorsi lunghi, flessibili, individualizzati. Ciň influisce sulla socializzazione lavorativa nonché sulla cultura e sull'etica del lavoro dei giovani, rendendo piů difficile la costruzione di una carriera occupazionale stabile e di una solida identitŕ professionale. I processi di socializzazione lavorativa divengono ricorsivi, discontinui, frammentati; non riescono piů a trasmettere il senso di una appartenenza, ma - inquadrati nel paradigma europeo dell'attivazione e dell'occupabilitŕ - richiamano a una cittadinanza occupazionale nei fatti difficile da conquistare e mantenere e spesso incapace di rispondere ai bisogni di realizzazione di sé e riconoscimento sociale. Ne derivano nuove disuguaglianze tra i giovani e una ridefinizione del significato del lavoro nel corso di vita. Emerge dunque la necessitŕ di politiche tese a supportare le transizioni lavorative affinché conservino un profilo professionalizzante, consentano la capitalizzazione di competenze, siano sostenibili dentro la biografia individuale. Occorre perň ridare valore al lavoro dei giovani, integrando l'obiettivo dell'occupabilitŕ con quello della capability di scegliere un lavoro che abbia valore per sé.
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Di Felice, Vincenzo. "Agricoltura al lavoro: brevi considerazioni sull'occupazione agricola". QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, n.º 91 (septiembre de 2010): 65–88. http://dx.doi.org/10.3280/qua2010-091005.

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L'attivitŕ agricola riveste un ruolo sostanziale nella definizione di scenari di sviluppo sostenibile in quanto le sue esternalitŕ interessano simultaneamente sfere ambientali, economiche e sociali. L'agricoltura del terzo millennio, evoluta in termini di scienza e tecnologia, deve inspirarsi ai nuovi paradigmi integrando sostenibilitŕ bio-fisica e socio-economica; in tal senso il binomio agricoltura-lavoro possiede un significato strategico. Per tali ragioni, all'interno delle dinamiche riflessioni sui sistemi agricoli e alimentari europei post 2013, diviene essenziale realizzare alcune considerazioni sugli aspetti quali-quantitativi dell'occupazione e della formazione al fine di identificare e realizzare percorsi di sviluppo competitivi e sostenibili.
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Capone, Vincenza. "Percezioni di efficacia comunicativa e burnout dei medici ospedalieri". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 2 (julio de 2011): 29–47. http://dx.doi.org/10.3280/pds2011-002003.

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Questo lavoro si propone di indagare le convinzioni di efficacia personale e collettiva nella comunicazione e ilin medici ospedalieri. Lo studio vuole inoltre approfondire le relazioni tra l'efficacia comunicativa personale e collettiva, ile altre variabili psicosociali, quali l'autoefficacia sociale e il senso di appartenenza all'azienda ospedaliera. Un ulteriore obiettivo č quello di verificare se le variabili considerate sono predittori delle dimensioni del. Sono stati contattati 286 medici che lavorano in aziende ospedaliere del Sud Italia, a cui č stato somministrato un questionario. I risultati mostrano il ruolo protettivo, per il benessere dei professionisti della salute, delle percezioni di efficacia comunicativa personale e collettiva. L'autoefficacia percepita nella comunicazione medica risulta infatti negativamente e significativamente correlata con il; le percezioni di efficacia collettiva risultano negativamente correlate con la mancanza di realizzazione professionale degli operatori. Infine tra i predittori negativi delritroviamo l'efficacia comunicativa personale e collettiva e il senso di appartenenza all'ospedale.
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Capitano, Olimpia. "Pensare la storia del lavoro. A che punto siamo?" SOCIETÀ E STORIA, n.º 175 (abril de 2022): 105–25. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-175004.

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L'autrice cerca di affrontare la questione del declino degli studi in materia di storia del lavoro a partire dagli anni settanta, fornendo una panoramica di alcuni passaggi fondamentali interni al dibattito intellettuale e adottando una prospettiva teorizzante. Emerge nel testo il carattere nodale del rapporto tra condizioni materiali e culturali, tra modo di praticare, pensare e parlare di lavoro. Per quanto riguarda l'evoluzione del dibattito contemporaneo è volutamente sottolineato il contributo fornito dall'area di interessi che definisce la global labour history che, attraverso un significativo ampliamento geografico, tematico e temporale dell'analisi, pone interessanti stimoli per allargare i parametri della ricerca senza assumere categorie analitiche tradizionali in chiave aprioristica. In questo senso è rilevata la nuova attenzione rivolta alla precarietà come oggetto-simbolo di una storiografia emancipata dalla centralità del lavoro salariato. Viene altresì sottolineata la centralità del binomio controllo/autonomia come chiave di lettura delle dinamiche di coercizione che attraversano molteplici relazioni lavoro libero e non libero.
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Barbieri, Irene, Gabriele Prati, Cinzia Albanesi, Christian Compare y Elvira Cicognani. "Il ruolo delle partnership nella promozione della salute delle comunità". PSICOLOGIA DI COMUNITA', n.º 2 (septiembre de 2020): 63–82. http://dx.doi.org/10.3280/psc2020-002005.

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L'attivazione di partnership è da tempo riconosciuta come una componente centrale degli interventi di promozione della salute. Una questione ancora aperta riguarda come valutare la qualità del lavoro di partnership e i processi che lo rendono efficace. L'obiettivo di questo con-tributo consiste nell'esplorare se il tipo di ruolo e di contributo dato dai/alle partecipanti all'interno del programma "Guadagnare salute nei contesti di comunità" della regione Emilia Romagna (2014-2016) influisca sull'efficacia del lavoro di partnership. È stato somministrato un questionario a un campione di 238 persone (65,4% donne, età media = 51,13 anni). I risultati evidenziano che i ruoli assunti e le tipologie di contributo offerto dai/alle partecipanti influi-scono sull'efficacia della collaborazione; in particolare, sulla qualità percepita del lavoro di partnership, il senso di comunità e l'empowerment.
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Torlone, Francesca. "Lo specialista del trattamento per l'apprendimento trasformativo nei contesti penitenziari: la costruzione di identità del funzionario giuridico-pedagogico". QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, n.º 112 (marzo de 2021): 103–27. http://dx.doi.org/10.3280/qua2020-112008.

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Le trasformazioni occorse nel tempo nella cultura del sistema penale e peni-tenziario hanno inciso sulla identità professionale dei professionisti della funziona-lità giuridico-pedagogica. Il passaggio ad una cultura "rieducante" del sistema-carcere nel secondo dopo-guerra ha messo in luce una nuova identità, un nuovo ruolo cui non sempre si accompagnano nuove consapevolezze e pratiche educative. Il contributo intende ricostruire l'identità di ruolo del funzionario giuridico-pedagogico all'interno delle professioni educative e formative. A tal fine sono utilizzati elementi di rappresentazioni degli attori organizzativi e prospettive identita-rie legate al modo in cui ogni istituto costruisce il senso della professionalità giuridi-copedagogica con i dispositivi in uso e alimenta la cultura del lavoro educativo in carcere. Il contributo si conclude con alcune riflessioni sulla configurazione del funzionario giuridico-pedagogico come "specialista del trattamento" in relazione alla sua capacità di gestire ogni elemento del proprio lavoro in chiave educativa e di co-struire in autonomia il senso del suo ruolo professionale.
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Testa, Ferdinando. "Quando Perseo incontra Medusa: psicosi e relazione". STUDI JUNGHIANI, n.º 51 (julio de 2020): 113–20. http://dx.doi.org/10.3280/jun51-2020oa10106.

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L'autore evidenzia il rapporto tra il modello analitico junghiano e la cura delle psicosi, utilizzando la dimensione del mito e dell'inconscio collettivo. Lo scritto parte dall'esperienza effettuata all'interno di un contesto istituzionale, una struttura residenziale intermedia per la cura dei pazienti psichiatrici con gravi patologie, in cui il lavoro analitico si è confrontato sia con la dinamica relazionale paziente- terapeuta, ma anche con il sistema gruppo-istituzione. Il lavoro analitico, in tal senso, si è avvalso del patrimoniomitologico per acquisire immagini, simboli ed emozioni che hanno permesso una migliore comprensione del vissuto e del linguaggio della dimensione psicotica.
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Testa, Ferdinando. "Quando Perseo incontra Medusa: psicosi e relazione". STUDI JUNGHIANI, n.º 51 (julio de 2020): 113–20. http://dx.doi.org/10.3280/jun1-2020oa10106.

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L'autore evidenzia il rapporto tra il modello analitico junghiano e la cura delle psicosi, utilizzando la dimensione del mito e dell'inconscio collettivo. Lo scritto parte dall'esperienza effettuata all'interno di un contesto istituzionale, una struttura residenziale intermedia per la cura dei pazienti psichiatrici con gravi patologie, in cui il lavoro analitico si è confrontato sia con la dinamica relazionale paziente- terapeuta, ma anche con il sistema gruppo-istituzione. Il lavoro analitico, in tal senso, si è avvalso del patrimoniomitologico per acquisire immagini, simboli ed emozioni che hanno permesso una migliore comprensione del vissuto e del linguaggio della dimensione psicotica.
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Sangiorgi, Giorgio. "Mi paghi? Quanto mi paghi?" COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, n.º 21 (abril de 2011): 69–79. http://dx.doi.org/10.3280/cost2011-021004.

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Per una sorta di pudore, del rapporto denaro/lavoro si parla poco e quel poco solo in termini retributivi, dimenticando i significati psicologici che assume per tutti: lavoratori o no. Il nostro esame parte innanzitutto da una riflessione sui soggetti privi di occupazione: sono un numero impressionante e per loro non ha neppure senso parlare del significato del denaro. Per i lavoratori, al di lŕ del valore della retribuzione, il denaro acquista numerosi significati psicologici, contribuendo a definire l'identitŕ, il contratto psicologico con l'organizzazione, la misura del successo, la risposta al sentimento di giustizia, ... Peraltro, in una fase in cui il mercato del lavoro accentua le sue tendenze duali, suddividendo i lavoratori tra aristocratici e servi, occorre che i decisori riprendano a studiare il lavoro, anche nelle sue componenti conflittuali, per farne un oggetto plausibile di investimento psicologico.
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Petrosino, Silvano. "Su ciň che non si riesce quasi piů a intendere parlando di lavoro". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 117 (mayo de 2010): 15–28. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-117002.

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A partire da un'analisi dei primi capitoli del Genesi, il saggio arriva ad individuare nel "coltivare e custodire" il senso piů profondo del lavoro che il testo biblico, prima ancora della caduta e dell'espulsione dell'Eden, assegna all'uomo. All'interno di questa analisi la creazione viene fatta emergere come un evento perfetto ma incompiuto, perfetto proprio perché incompiuto, e incompiuto perché in attesa del lavoro, unico e insostituibile, di ogni singolo uomo. Delineata questa logica di fondo, il contributo prende in esame i principali equivoci che affliggono l'attivitŕ umana quando essa smarrisce la sua complessa articolazione antropologica: si tratta della separazione del "coltivare" dal "custodire", e soprattutto di quella "estrema specializzazione" del concetto stesso di lavoro che non a caso finisce per essere semantizzato solo in riferimento alla lotta per la sopravvivenza e alla fatica ad essa connessa.
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Anastasia, Bruno. "Le retribuzioni in veneto e in italia: note di metodo e qualche considerazione di merito". ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, n.º 2 (noviembre de 2022): 121–38. http://dx.doi.org/10.3280/es2022-002009.

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In questo lavoro si esplorano gli Osservatori Inps per confrontare le retribuzioni in Veneto con quelle corrispondenti nazionali. Analizzando le retribuzioni effettivamente erogate dai datori di lavoro si pone molta attenzione a distinguere l'aspetto salariale in senso proprio da quello connesso a impieghi discontinui nel corso dell'anno o parziali in termini di orario di lavoro (part time): in questi casi è soprattutto la bassa partecipazione a generare redditi annuali insufficienti. Considerando il dato salariale al netto dei casi di bassa partecipazione, con riferimento quindi ai soli dipendenti impiegati a full time e a full year, il dato medio veneto per i dipendenti privati risulta, per il 2019 (ultimo anno "normale"), inferiore al corrispondente nazionale, ma ciò si articola con notevole eterogeneità considerando le qualifiche (riguarda le figure impiegatizie e dirigenziali, non le figure operaie) e i settori.
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Ballardini, Mariolina. "I disturbi del Sé. L'analisi bioenergetica dialoga con l'infant research e le neuroscienze". GROUNDING, n.º 2 (agosto de 2010): 61–74. http://dx.doi.org/10.3280/gro2009-002006.

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Le patologie del Sé hanno costretto a cercare nuove modalitŕ e costrutti in grado di raggiungere pazienti altrimenti irraggiungibili, la cui sofferenza ruota intorno al significato della vita, al senso di continuitŕ di esistere, al senso di sé, all'autostima. L'analisi bioenergetica, che si č sviluppata a partire dal lavoro di Reich, č stata da sempre ricca delle intuizioni di Reich e di Lowen e possiamo definirla, a pieno titolo, una psicoterapia del profondo a mediazione corporea. Le recenti scoperte dell'infant research e delle neuroscienze confermano le loro intuizioni cliniche.
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Orsenigo, Achille. "Obiettivo 2: I nodi della formazione: questioni di metodo e scelte politiche". QUESTIONE GIUSTIZIA, n.º 2 (mayo de 2009): 96–104. http://dx.doi.org/10.3280/qg2009-002008.

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- La scelta della metodologia da adottare nella formazione non č solo un fatto tecnico, ma ha anche inevitabilmente un valore, un senso "politico". La formazione mette in scena, configura uno specifico sistema di relazioni, di rapporti con le autoritŕ, di esercizio del potere, quindi un'idea di ambiente lavorativo e di societŕ. Essa, piů o meno consapevolmente, pratica, nel senso che li mette in atto, dei valori. L'optare per un approccio formativo o per un altro č un tassello nella costruzione dei nostri luoghi di lavoro, quindi, in una qualche misura, delle nostre polis.
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Priviero, Tommaso Alessandro. "Jung Legge Dante". Phanês Journal For Jung History, n.º 2 (25 de noviembre de 2019): 28–58. http://dx.doi.org/10.32724/phanes.2019.priviero.

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L’articolo presenta in modo del tutto inedito il confronto di Jung con l’opera dantesca, attraverso uno studio diacronico che procede dagli anni giovanili fino agli scritti dei tardi anni ’50. Si è inteso seguire passo per passo la cronologia di tale incontro, in cui si intrecciano elementi storici, ermeneutici, e psicologici. Con questo, si è scelto di chiarire il senso generale della lettura dantesca di Jung, obbligati a rimandare la discussione dettagliata dei singoli passaggi menzionati a lavori futuri. Ai fini di proporre un lavoro veramente esaustivo, abbiamo considerato lo spettro completo del materiale disponibile, dalle opere pubblicate a quelle in via di pubblicazione. Per i riferimenti al materiale inedito, e per ulteriore preziose indicazioni, ringraziamo qui Ernst Falzeder, Martin Liebscher, e Sonu Shamdasani, senza cui il completamento di questo articolo non sarebbe stato possibile.
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Ales, Edoardo y Sabina Brevaglieri. "Il lavoro in età moderna: un percorso di lettura". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 168 (enero de 2021): 767–97. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2020-168006.

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Il saggio si propone di offrire un percorso di lettura del volume della Storia del lavoro in Italia dedicato all'Età moderna e curato da Renata Ago. L'obiettivo è di sollecitare l'attenzione del giurista positivo verso una storia lontana e distante come quella dell'antico regime, al di là della pura curiosità e dell'interesse occasionale. La conclusione del percorso è aperta e ha l'ambizione di provare a promuovere una ripartenza, evidenziando chiavi di lettura interdisci-plinari per ripensare gli interrogativi del diritto del lavoro e della sicurezza sociale e per contra-stare efficacemente quelle teorie che leggono nella fine del lavoro novecentesco (dipendente, locale, accentrato, stabile, continuo) il venir meno del senso stesso della protezione sociale. L'auspicio è che per lo storico l'incontro con il giurista positivo possa stimolare la possibilità di elaborare nuovi terreni condivisi di ricerca applicata, arricchendo così il bagaglio di strumen-ti interpretativi dell'attività posta in essere dai regolatori del passato, senza che essi diventino lenti deformanti e performative di realtà e contesti completamente diversi.
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Galati, Maria, Annalisa Pasqualini y Corinna Albolino. "Scritturachecura. Esperienze di scrittura in psichiatria". GRUPPI, n.º 1 (marzo de 2013): 107–28. http://dx.doi.org/10.3280/gru2012-001009.

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Le autrici, in un precedente lavoro (Gruppi, 2011, XIII, 1), avevano presentato l'esperienza personale della "scrittura di sé", come sviluppata presso la LUA (Libera Universitŕ dell'Autobiografia di Anghiari), considerando in senso lato la possibile funzione di cura del sé. Nel presente lavoro riportano l'esperienza che ognuna ha tratto dall'aver introdotto liberamente nella pratica clinica e terapeutica quotidiane l'uso della scrittura stessa. Sono nate cosě le narrazioni di esperienze terapeutiche ove la scrittura, nei casi seguiti individualmente, ha rappresentato la possibilitŕ di continuitŕ, di estensione e completamento della terapia in corso, o ove ancora č diventata mediatore in gruppi terapeutici con pazienti borderline. La scrittura ha rappresentato poi il nucleo di una proposta formativa per infermieri di un SPDC: il coinvolgimento attraverso un percorso personale di scrittura autobiografica ha permesso di affrontare le tematiche che si dispiegano nel lavoro psichiatrico ai suoi vari livelli evitando la passivizzazione della lezione in aula e aumentando il livello di partecipazione e soddisfazione.
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Gallina, Vittoria. "Bisogni formativi e politiche di welfare". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 120 (febrero de 2011): 139–52. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-120007.

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Il lifelong learning č la risposta che le politiche educative hanno saputo costruire alla fine del secolo scorso di fronte ai processi di mondializzazione del lavoro ed ai fenomeni migratori. La durezza e la complessitŕ dei processi sociali indotti dal cambiamento produttivo nel mondo globale chiedono uno sforzo di conoscenza ed un impegno di risorse inedito, per contrastare processi di disgregazione sociale e per sostenere gli individui che "rischiano" nel mondo del lavoro flessibile. Le prospettive educative sono chiamate a inventare percorsi che aiutino gli individui a vedere lontano e a progettarsi al di lŕ della occupazioneche il mercato del lavoro presenta oggi come unica, quasi, opportunitŕ di inserimento sociale. Sistemi formativi/ istruttivi efficaci dovranno progressivamente abbandonare la illusoria valenza dei percorsi interdisciplinari, valorizzando invece la trasversalitŕ di saperi e competenze e esplicitando le finalitŕ di ogni fase del processo di apprendimento, al fine di attribuire a questo senso e valore per il soggetto che apprende.
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BACCARANI, CLAUDIO y GOLINELLI, GAETANO M. "Sul lavoro, il suo senso e il ruolo degli studiosi di management". Sinergie Italian Journal of Management, n.º 92 (2018): VII—XVI. http://dx.doi.org/10.7433/s92.2013.01.

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Valentino, Virginia y Giancarlo Dimaggio. "Inquadramento e trattamento del senso di colpa nel Disturbo Narcisistico di Personalità con la Terapia Metacognitiva Interpe". QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, n.º 51 (enero de 2023): 129–42. http://dx.doi.org/10.3280/qpc51-2022oa15185.

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I pazienti con Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP) possono provare senso di colpa e attuare specifiche strategie di fronteggiamento nel tentativo di gestire l'emozione. Le strategie più comunemente riscontrate nel funzionamento nel disturbo narcisistico di personalità sono l'espiazione, l'esternalizzazione della rabbia sugli altri e la rinuncia a perseguire i propri desideri, sostenuta dal blocco dell'azione. In questo lavoro descriviamo i sensi di colpa presenti in letteratura, in particolare la colpa altruistica e deontologica e, nella prospettiva della Terapia Metacognitiva Interpersonale, descriviamo la relazione tra colpa, funzionamento narcisistico e schemi maladattivi interpersonali. Questi ultimi guidano il paziente a partire da rappresentazioni negative, rigide e incarnate di sé e degli altri. Attraverso un caso clinico mostriamo come la concettualizzazione del caso possa permettere un inquadramento del funzionamento del paziente più preciso e, di conseguenza, un trattamento capace di ridurre il senso di colpa e di come questo abbia un effetto benefico sul disturbo narcisistico di personalità.
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Gallozzi, Marina, Anna Bruno, Assunta Maglione y Greta Neri. "Il gruppo al lavoro: narrazioni, sguardi divergenti, altri setting". STUDI JUNGHIANI, n.º 50 (enero de 2020): 101–14. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2019oa8882.

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L'articolo riporta l'elaborazione di un gruppo di lavoro svoltosi durante la giornata di studio dedicata al setting nella clinica junghiana contemporanea, tenutosi a Napoli nell'aprile del 2018. Vengono presentati due casi clinici attraverso una lettura delle peculiari caratteristiche assunte dal setting durante il trattamento e del senso che queste hanno avuto nella relazione analitica. Nel primo caso, l'e­la­bo­razione di contenuti legati al controtransfert vengono correlati alla possibilità di introdurre elementi della teoria della Psicoanalisi Multifamiliare in un lavoro individuale orientato analiticamente. Nel secondo caso, viene messa al centro della riflessione la problematica del denaro e del significato che può avere all'interno della relazione analitica in una continua dinamica di transfert e controtransfert. Infine, è riportato parte del fertile contributo dato dal gruppo al confronto, alla condivisione e alla riflessione clinica
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Gatti, Patrizia. "Work Discussion, interdisciplinarità e formazione professionale". MINORIGIUSTIZIA, n.º 1 (julio de 2021): 151–62. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-001016.

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partendo dai presupposti teorici e passando per la narrazione di un caso emblematico, vengono mostrate alcune funzioni del gruppo interdisciplinare. Il gruppo si ispira alla Work Discussion mantenendo inalterato il senso profondo dell'esperienza, ma al tempo stesso integrando nel suo assetto alcune differenze importanti. Nel confronto con i partecipanti non si trova la risposta immediata, né tanto meno l'esperto che offre la "ricetta" magica e risolutiva. Tollerare di non sapere e sostare nell'incertezza è alla base dell'"apprendere dall'esperienza", che consente a chi discute una situazione di lavoro di riattivare un pensiero creativo ed evolutivo, nutrito dal lavoro mentale del gruppo nel suo insieme. Il gruppo diventa così momento di formazione professionale continua nei termini di crescita di sensibilità, incremento di abilità e allargamento della conoscenza.
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Bianchini, Barbara. "La teoria del campo analitico e la psicoterapia psicoanalitica con la coppia". INTERAZIONI, n.º 2 (noviembre de 2021): 102–19. http://dx.doi.org/10.3280/int2021-002007.

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In questo contributo cerco di evidenziare come il modello del campo analitico, svilup¬pato da Ferro e dalla scuola di Pavia, possa essere significativo e fecondo anche per la psi¬coterapia psicoanalitica con le coppie, proprio perché può promuovere lo sviluppo degli strumenti per pensare insieme, con lo scopo di trasformare stati protoemotivi e protosenso¬riali in qualcosa di più comprensibile, e può sviluppare la creazione di nuove narrazioni cocostruite tra i partner e l'analista. Diventa così necessario un lavoro sul "luogo" dove pensare i pensieri, sul contenitore pri-ma che sul contenuto, lavoro che assume una valenza intrinsecamente estetica. L'analista, anch'egli luogo del campo, garantisce e salvaguarda il setting e partecipa all'attività creativa riorientando la percezione e il senso della relazione.
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D'Andrea, Rita. "Sulla traccia di "Che cosa significa pensare?"". RIVISTA ITALIANA DI GRUPPOANALISI, n.º 1 (julio de 2010): 191–217. http://dx.doi.org/10.3280/rig2010-001010.

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Il richiamo al lavoro di Heidegger, fin dal titolo, č l'inevitabile punto di partenza per una riflessione sulla ricorsivitŕ tra la capacitŕ di ciascun individuo di andare oltre la rituale "autoriorganizzazione" del proprio rapporto con il mondo esterno attraverso lo sviluppo del "pensare" e quel "benessere" della societŕ che si fonda e si nutre del superamento mai scontato né continuo di quella forma di alienazione che impedisce una visione creativa e strettamente personale del senso delle proprie esperienze di vita, private, sociali e politiche, come Hannah Arendt ci insegna. Il rapporto che deve necessariamente svilupparsi tra la Gruppoanalisi e la Societŕ ai vari livelli č la sfida di questo nuovo secolo, e il presente lavoro vuole essere solo uno spunto, un cenno di premessa a questa "ricerca".
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Galli, Pier Francesco y Alberto Merini. "Dieci anni di gruppi in Italia (1970)". PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, n.º 4 (noviembre de 2022): 613–24. http://dx.doi.org/10.3280/pu2022-004006.

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Viene pubblicata, dopo una nota introduttiva di Pier Francesco Galli, la relazione te-nuta a un convegno dal titolo "Dieci anni di gruppi in Italia", organizzato da Enzo Spaltro (1929-2021) a Milano nel maggio 1970. Tra i temi discussi vi sono i seguenti: il ruolo dell'intellettuale e in particolare dello psicoanalista in una società in trasformazione e che sta ammodernandosi, la funzione delle tecniche psicologiche e psicoterapeutiche di gruppo e il loro possibile utilizzo in senso manipolatorio, la importazione di teorie e tecniche e il problema della possibile "colonizzazione" culturale da parte di altri Paesi, la psicologia del lavoro e il ruolo dello psicologo nelle aziende, e così via. [Parole chiave: Psicoterapia di gruppo; Psicologia del lavoro; Tecniche psicologiche di gruppo; Psicoanalisi di gruppo; Ruolo dell'intellettuale]
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Carvalho, Richard. "L'ultima sfida: invecchiare, morire e individuarsi". STUDI JUNGHIANI, n.º 31 (julio de 2010): 7–26. http://dx.doi.org/10.3280/jun2010-031002.

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Questo lavoro tratta della psicoterapia di una donna che passava da ciň che Waddel (1998) avrebbe chiamato "l'etŕ piů avanzata" a un'"etŕ successiva", con quest'ultima intendo l'inevitabile declino verso il morire e la morte. Per quanto sgraditi possano essere tali sviluppi per l'individuo, essi sono nondimeno l'attivitŕ del soma, e quindi attivitŕ del sé, deintegrate. Gran parte del lavoro psicoterapeutico fu centrato sul compito di rendere la paziente capace di entrare in relazione e accettare i correlati emotivi di tale processo, che lei tendeva a non riconoscere come proprio e a negare attraverso una scissione tra corpo e mente che comportava una relazione interna depressiva che durava da lungo tempo. L'aiutare il contatto con se stessa le permise un piů forte senso di compagnia interna e di pace, e forse facilitň un piů semplice processo del morire, che comportň un sé riconciliato con se stesso piuttosto che estraneo. Da un punto di vista tecnico, l'approccio implicň una grande concentrazione sulla relazione intrapsichica piuttosto che sulla relazione paziente-analista, e ciň viene brevemente discusso nei termini del lavoro di Armando Ferrari, morto anche lui poco prima che questo lavoro venisse presentato per la prima volta, e al quale viene in parte dedicato.
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Pulignano, Valeria. "E-democrazia al lavoro: effetti e problematicità dell'era digitale". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 160 (agosto de 2021): 7–23. http://dx.doi.org/10.3280/sl2021-160001.

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Questo contributo mette in evidenza le problematicità derivanti dagli effetti della tecnologia digitale sulla democrazia. Tre sono i temi principali che vengo affrontati. Il primo è legato al controllo di sistemi tecnologici avanzati nelle mani di una élite che rischia di aumentare il suo potere e la sua influenza sulle masse di utenti e consumatori che utilizzano le nuove tecnologie. Il secondo tema, direttamente connesso al primo, riguarda la fiducia del pubblico verso le istituzioni democratiche a seguito dell'entrata in campo di sistemi di comunicazione digitale di massa, che spesso sono portatori di disinformazione e notizie false (‘fake news'). Il terzo tema, è quello del ‘capitalismo della sorveglianza', che si lega alle relazioni industriali e di lavoro, nel senso che esamina le implicazioni che questo comporta per la democrazia, intesa come partecipazione diretta e indiretta dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
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Lunghi, Carla. "Il riuso fra produzione e consumo". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 116 (abril de 2010): 147–59. http://dx.doi.org/10.3280/sl2009-116013.

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Questo saggio analizza alcune prassi e alcune aspetti della cultura del riuso, che aprono nuovi orizzonti nel circuito produzione-consumo. In primo luogo mettono in crisi il presupposto basilare secondo cui si producono e si comprano solo cose nuove. Inoltre la vendita e/o lo scambio di oggetti usati rivelano un lavoro del consumo sconosciuto agli oggetti nuovi. In sintesi le merci usate sono il risultato di una produzione, che solo in senso lato puň dirsi tale (poiché č mediata fortemente dalle modalitŕ del consumo del nuovo) e di un consumo che a sua volta si manifesta attraverso nuove modalitŕ di produzione per i lavori aggiuntivi che spesso l'usato implica. Il saggio analizza poi un caso particolare di pratiche di riuso: la moda e l'abbigliamento del second hand, in cui si intrecciano motivazioni molto variegate, dalla necessitŕ economica all'attenzione all'ambiente, dalla sobrietŕ alla ricerca stilistica sofisticata.
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Bove, Maria. "Corpi di frontiera. La costruzione di una abitabilità psichica". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 1 (junio de 2022): 128–35. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-001009.

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In questo scritto l'autrice tenta di mostrare come il corpo si esprima come fron-tiera della pensabilità ma anche come veicolo importante di emozioni che non trovano nella parola alcuna possibilità espressiva. Il corpo può essere sentito come un intralcio, un ostacolo al lavoro analitico. L'autrice propone di vedere come il corpo da limite possa diventare una risorsa importante se la coppia analitica si consente di tollerare le attese, il vuoto, la sospensione di senso. Pensare al corpo richiede l'attivazione di nuovi modi di abitare la stanza d'analisi e forme di lavoro basate sul sostare su un limite/frontiera. I due casi clinici esposti, mostrano le esplosioni e le implosioni delle emozioni attraverso il corpo, un possibile lavoro sui silenzi o sulle difese dal pensiero in seduta. Si riflette, infatti, sulla necessità del la-voro sul presente, sul modo di danzare della coppia analitica, sull'umanizzazione dei vissuti del paziente, come elementi ineludibili per creazione di uno spazio abi-tabile per lo psichismo, che trova il suo fondamento nel corpo inteso come centro vitale del Sé.
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Varva, Simone. "Sindacato giudiziale e motivo oggettivo di licenziamento". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 131 (agosto de 2011): 447–87. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-131007.

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Il saggio affronta il tema dei limiti del sindacato giudiziale in ambito di licenziamento per motivo oggettivo. Nella parte introduttiva si definisce la nozione di licenziamento per ragioni economiche in senso stretto e se ne chiariscono i confini. Successivamente viene analizzato l'orientamento giurisprudenziale prevalente. Si fa poi menzione di alcune proposte teoriche alternative. Infine, si approfondiscono le novitŕ introdotte dall'art. 30 del c.d. "collegato lavoro" (l. 183/2010).
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Cervai, Sara, Claudio Cortese, Michela Cortini, Giuseppe Scaratti y Luca Vecchio. "Senso e prospettive dell'applicare. Nuove declinazioni della psicologia del lavoro e delle organizzazioni". RISORSA UOMO, n.º 1 (marzo de 2014): 7–9. http://dx.doi.org/10.3280/ru2012-001002.

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Nozifora, Enzo. "Precarietà del lavoro e crisi delle moderne forme di cittadinanza sociale". Revista Latina de Sociología 1, n.º 1 (26 de diciembre de 2011): 126–55. http://dx.doi.org/10.17979/relaso.2011.1.1.1198.

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In tutte le economie avanzate del pianeta, stiamo parlando di un unico tema: come fermare la crisi finanziaria distruttiva e riavviare il ciclo di crescita economica. La nostra proposta è di riconsiderare la cultura di lavoro significativa per spiegare la struttura della società. Questo perché il lavoro è l'unica attività umana che dà senso all'esistenza. Negli ultimi due secoli i lavoratori per rafforzare i loro diritti di cittadinanza sono stati discussi con lo Stato-nazione forma storica che si è consolidata durante le rivoluzioni liberali del XIX secolo. Oggi questo è il legame che è entrato in una crisi irreversibile ed è incapace di fornire risultati che sono adatti per le emergenze. Sono nati organismi sovranazionali che certamente non sono uguali i loro compiti, e le forze sociali non possono trovare un modo per contribuire al loro potere politico. Ma non è nato un movimento europeo dei lavoratori, che lotta per nascere allo stesso modo di un'Europa politica capace di fermare il crescente potere della speculazione finanziaria. I mercati finanziari sono integrati a livello globale, mentre i dipendenti, come in passato, presentano domanda a livello nazionale. Questa è la domanda che ora è diventata urgente. Se vogliamo uscire dalla crisi economica, dobbiamo pensare in termini sovranazionali ed europei. È importante che il movimento dei lavoratori imponga le proprie esigenze a livello europeo, a favore del rafforzamento politico dell'Unione, e vi ponga la questione dei diritti sociali europei. Solo un movimento operaio che lavora per rafforzare la costruzione dell'Europa, invece di indebolire, apre i diritti di cittadinanza dei lavoratori.
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Bologna, Maria. "Il senso del passato. L'esperienza del sosia in psicopatologia". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 3 (diciembre de 2012): 135–40. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2012-003009.

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Scopo del lavoro č descrivere l'esperienza del DH di Psichiatria dell'AUSL di Modena che tratta prevalentemente pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA); il paradigma teorico-clinico č quello dell'integrazione funzionale. Viene descritto il setting in cui č stato possibile attuare, per un piccolo numero di pazienti, un intervento psicoterapeutico focale; questa modalitŕ di presa in carico integrata ha permesso ai pazienti di attivarsi per trattamenti evolutivi rispetto a quelli attuati precedentemente. Viene presentata una vignetta clinica come esemplificazione di trattamento integrato in cui č stato effettuato un intervento psicoterapeutico focale. Nella nostra esperienza, l'intervento focale diviene uno degli elementi di cura proposto, al pari degli altri, in un clima culturale-operativo condiviso con tutta l'équipe, integrato nell'intero programma di trattamento.
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Ricci, Maria Teresa. "L'ideale dell’otium e la modernità:". EXILIUM Revista de Estudos da Contemporaneidade 2, n.º 2 (22 de junio de 2021): 125–40. http://dx.doi.org/10.34024/exilium.v1i2.12221.

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L’articolo propone una breve storia della nozione di “otium” dall’antichità ai nostri giorni. Mostra come nella Greciaantica la vita oziosa viene considerata onorevole e come invece vengono condannati il “lavoro”, inteso nel senso di assenza dilibertà, e la ricerca della ricchezza come fine a se stessa. Queste idee riappaiono nel corso della storia, ad esempio, nella trattatistica del comportamento che fiorisce nel Rinascimento, negli ideali cortigiani, cosi’ come tra le classi marginali della società.
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Gramantier, Riccardo. "Carl Gustav Jung e la Veggente di Prevorst". STUDI JUNGHIANI, n.º 50 (enero de 2020): 37–53. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2019oa8232.

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La figura di Justinus Kerner e la sua opera più famosa, La veggente di Prevorst, vengono spesso citate da Carl Gustav Jung. L'analista svizzero si interessò a questo caso clinico di possessione durante gli anni dei suoi studi universitari e nei primi anni della sua professione, quando si occupava di schizofrenia e praticava la psichiatria. Successivamente, quando aveva già formulato la sua teoria sulle personalità, ritornò a citare La veggente di Prevorst anche in maniera estesa, come fece durante i seminari del 1933-34 al Politecnico di Zurigo. Nel lavoro di Kerner Jung vedeva un antesignano della propria opera. Scopo di questo lavoro è presentare La veggente di Prevorst, spesso ricordata nel solo campo della parapsicologia, come scrittura di un caso clinico in senso moderno e, soprattutto, evidenziare come Jung sia stato influenzato da questo esempio di caso clinico proto-psicoanalitico.
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Di Palma, Tiziana, Luigia Simona Sica, Laura Aleni Sestito y Giancarlo Ragozini. "Le esperienze lavorative precoci nella promozione dell'identità vocazionale e del benessere nei tardo adolescenti: il caso dell'esperienza di alternanza scuola-lavoro". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 1 (enero de 2021): 13–31. http://dx.doi.org/10.3280/pds2021-001003.

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Nonostante il mondo del lavoro abbia subito sostanziali trasformazioni il dominio identita-rio legato alla definizione di sé come lavoratore resta fondamentale (Guichard et al., 2012) e, in tal senso, rimane strettamente legato al benessere personale dell'individuo. Per rispondere in maniera congruente alle nuove sfide del mondo del lavoro, anche la scuola è chiamata a svol-gere un ruolo attivo essendo uno scenario di esperienze primario per gli adolescenti. Tramite un approccio centrato sui soggetti, il presente studio, utilizzando una cluster analysis di tipo non gerarchico (k medie), si propone di individuare gli stati dell'identità vocazionale prevalenti in un gruppo di studenti italiani di scuola superiore, inseriti nei percorsi di alternanza scuola/lavoro e di valutarne la relazione con il benessere eudaimonico. Un booklet di questionari self report volti ad indagare l'identità vocazione ed il benessere eudaimonico è stato sommini-strato a 412 studenti campani di scuola superiore (Età media=18.79 anni, SD=1.19). L'analisi dei cluster ha individuato sei stati dell'identità vocazionale, sovrapponibili a quelli individuati in precedenza in contesto italiano. Gli stati dell'identità vocazionale sono risultati significati-vamente differenziati tra loro in riferimento al livello di benessere eudaimonico percepito.
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Mŕdera, Romano. "Lo spirito dell'analisi nella trascendenza della centralitŕ egoica". STUDI JUNGHIANI, n.º 32 (febrero de 2011): 45–58. http://dx.doi.org/10.3280/jun2010-032003.

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Nel pensiero di Jung lo spirito puň essere avvicinato al senso, come la tensione opposta alla dimensione predeterminata del comportamento istintivo. Da questo punto di vista si puň cogliere l'importanza centrale che la spiritualitŕ ha per la clinica, poiché nel disagio dell'anima č, in ultima analisi, in gioco il senso. Se da un lato l'impianto teorico junghiano č sbilanciato nella direzione di un possibile riduzionismo psicologistico della dimensione spirituale, tendenza che trova la sua estremizzazione nella psicologia di Hillman e di Giegerich, dall'altro proprio Jung apre la via di una necessaria rivisitazione della clinica nella direzione di una trascendenza dell'incentramento egoico. Si propone allora una trasformazione della prassi analitica in direzione di una mancata coltivazione della ricerca del senso a partire da un lavoro mitobiografico che riprenda l'idea di Hadot di una filosofia come stile di vita. Ciň comporta sensibili trasformazioni del tempo del rapporto analitico, della "fine" dell'analisi, della stabilizzazione degli insight. L'apertura all'esercizio spirituale diventa allora continuazione e sviluppo dell'analisi stessa.
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Ballardini, Mariolina. "La carica energetica e i nuovi modelli di vitalitŕ". GROUNDING, n.º 1 (julio de 2012): 17–24. http://dx.doi.org/10.3280/gro2012-001003.

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L'autrice riprende il concetto di carica energetica e vitalitŕ, caro a Lowen e lo confronta sia con le ipotesi di Stern, rappresentante dell'Infant Research, che con le neuroscienze. Infine riprende il tema della vitalitŕ, esamina le variabili che ne influenzano lo sviluppo, per ipotizzare un possibile intervento terapeutico. Oggi gli adolescenti sembrerebbero affetti da mancanza di vitalitŕ, vedi il fenomeno dell'hikikomoro, e una riflessione in tal senso potrebbe essere necessaria per orientare il lavoro degli operatori del settore.
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Polster, Erving. "Incanto: l'alleato segreto della psicoterapia". QUADERNI DI GESTALT, n.º 1 (junio de 2022): 69–80. http://dx.doi.org/10.3280/gest2022-001005.

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In questo articolo, estratto dal suo ultimo libro, Erving Polster sottolinea un aspetto parti-colare, che caratterizza l'interazione tra paziente e terapeuta: l'incanto. Scaturisce dalla sensa-zione che la persona prova nell'esplorare la propria esperienza di vita mentre il terapeuta la ascolta con un interesse che va oltre la semplice attenzione. Dopo averne delineato il significa-to, l'Autore offre due esempi illuminanti - uno tratto dalla propria esperienza formativa, l'altro relativo a un lavoro clinico da lui condotto - per poi approfondire l'incanto che si sperimenta davanti a "testimoni", nelle situazioni di gruppo. Nei Life Focus Community Groups - l'ultimo contributo che Polster ha offerto alla dimensione sociale della psicoterapia -l'esperienza dell'incanto è data proprio dal concentrarsi su un unico tema con un senso di appartenenza re-ciproca.
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Temple, Nicholas. "Quando la speranza è attaccata: la violenza come difesa dalla colpa". PSICOANALISI, n.º 2 (enero de 2021): 41–55. http://dx.doi.org/10.3280/psi2020-002003.

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Il lavoro affronta il tema della distruttività umana come modalità di difesa dai sentimenti di colpa. Come già evidenziato da Freud e dalla Klein, sia a livello individuale che collettivo, la distruttività può essere proiettata negli altri, oppure può essere attribuita a un trauma del passa-to che determina una reazione distruttiva, in modo da evitare l'assunzione della responsabilità. Ogni riconoscimento della responsabilità per la propria distruttività produce un senso di colpa doloroso che, di conseguenza, può essere negato o proiettato. Inoltre, il senso di colpa si inten-sifica quando c'è la consapevolezza che il danno è stato inflitto a qualcosa sentito come buono e prezioso. Attraverso l'analisi di alcuni casi clinici, l'autore ci mostra la difficoltà presente nel lavoro analitico con pazienti suicidi o violenti. L'analista deve confrontare il paziente con il proprio desiderio di utilizzare la violenza per sterminare ciò che è danneggiato e vulnerabile dentro se stesso, o attaccare un'immagine persecutoria per neutralizzarla. Allo stesso tempo, viene mes-so nel transfert nella posizione di essere un oggetto che può essere incolpato, e poi attaccato e ucciso nella fantasia. Il trattamento psicoanalitico, infatti, rappresenta una speranza di cambia-mento e di sviluppo e può facilmente provocare una ritorsione violenta per aver disturbato l'equilibrio psichico e aver offerto una via d'uscita da una relazione interna vincolata. La paura di questo cambiamento psichico può provocare una pericolosa reazione terapeutica negativa.
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