Literatura académica sobre el tema "Seicento fiorentino"

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Artículos de revistas sobre el tema "Seicento fiorentino"

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Pavesio, Monica. "Francesco Fiorentino, Il teatro francese del Seicento". Studi Francesi, n.º 158 (LIII | II) (1 de julio de 2009): 388. http://dx.doi.org/10.4000/studifrancesi.7899.

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Pavesio, Monica. "Francesco Fiorentino, Il teatro francese del Seicento". Studi Francesi, n.º 157 (LIII | I) (1 de mayo de 2009): 163. http://dx.doi.org/10.4000/studifrancesi.8233.

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Russo, Saverio. "I Rinuccini nel Regno di Napoli. Prime linee di ricerca". SOCIETÀ E STORIA, n.º 176 (agosto de 2022): 240–79. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-0176003.

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Resumen
Il saggio si occupa di un'importante famiglia del patriziato fiorentino, estinta a fine Ottocento, i Rinuccini. Di essa si ricostruiscono le attività economiche nel Regno di Napoli e la gestione del piccolo feudo appenninico di Baselice, ora in provincia di Benevento, dalla prima metà del Seicento fino all'eversione della feudalità e alla dismissione del patrimonio immobiliare da parte di Pier Francesco Rinuccini. Attraverso una prima analisi della ricca documentazione presente nel fondo della famiglia, conservato nell'archivio Corsini, si ricostruisce, in particolare, l'attività imprenditoriale del marchese Alessandro Rinuccini, che anima a lungo un sodalizio intellettuale di cui è protagonista Bartolomeo Intieri, amministratore dei patrimoni di molte famiglie fiorentine nel Regno di Napoli nella prima metà del Settecento. Il contributo si sofferma, inoltre, sulle tensioni che, lungo tutto il XVIII secolo, caratterizzano la gestione del feudo.
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Grassi (book editor), Alessandro, Michel Scipioni (book editor), Giovanni Serafini (book editor) y Konrad Eisenbichler (review author). "Il rigore e la grazia. La Compagnia di San Benedetto Bianco nel Seicento fiorentino". Confraternitas 27, n.º 1-2 (19 de mayo de 2017): 87–88. http://dx.doi.org/10.33137/confrat.v27i1-2.28229.

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5

Farneti, Fauzia. "Il quadraturismo in Pallazzo Pitti da Cosimo II a Cosimo III de' Medici". Varia Historia 24, n.º 40 (diciembre de 2008): 369–86. http://dx.doi.org/10.1590/s0104-87752008000200002.

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Resumen
Nei primi decenni del Seicento la pittura decorativa a Firenze risulta ancora legata all'ornamentazione tradizionale tardomanierista attuata nei modi di Alessandro Allori o di Bernardino Barbatelli detto il Poccetti. L'interesse per le novità e per l'aggiornamento dell'ambiente artistico fiorentino portarono il granduca Ferdinando II a chiamare a Firenze tra il 1636 ed il 1637 Pietro da Cortona, Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli. I due bolognesi completarono il ciclo pittorico celebrativo del governo di Ferdinando cui aveva dato inizio Giovanni da San Giovanni, con la decorazione delle tre sale di rappresentanza del quartiere estivo di palazzo Pitti realizzata tra il 1637 ed il 1641. L'intervento, condotto secondo il più moderno linguaggio barocco che vede la perfetta integrazione dell'illusionismo architettonico, che supera i limiti dello spazio reale, con le scene figurative, verrà a costituire nell'ambiente fiorentino un ineludibile modello di riferimento nella decorazione d'interni, soluzioni di grande modernità su cui si formerà Jacopo Chiavistelli e i giovani della sua scuola. Anche Giovan Carlo, fratello del granduca, nel 1637 diede inizio ad una serie di trasformazioni che si protrassero per oltre un ventennio, trasformando gli ambienti a lui assegnati in Pitti in veri e propri luoghi di delizie, decorati dagli artisti più significativi del momento quali ad esempio Angelo Michele Colonna, Agostino Mitelli, Pietro da Cortona, Jacopo Chiavistelli. Fu quest'ultimo frescante che con i suoi 'scolari', fin dagli anni Cinquanta fu attivo in palazzo Pitti, decorando a quadratura gli ambienti dei quartieri dei membri della famiglia granducale, ambienti che in gran parte sono andati perduti in quanto interessati dalle ristrutturazioni lorenesi e sabaude. Con i lavori commissionati dal gran principe Ferdinando si chiude in palazzo Pitti la grande stagione del quadraturismo barocco fiorentino.
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Reis, Adriana Aparecida De Jesus y Mirian Salvestrin Bonetto. "As Molduras do Decamerone e do Pentamerone". Revista Italiano UERJ 12, n.º 2 (13 de julio de 2022): 19. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2021.67595.

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Resumen
RESUMO: Giovanni Boccaccio, ao escrever sua obra-prima Decamerone no Trecento italiano (século XIV), emprega a narrativa-moldura para unir, em um encadeamento sucessivo, suas cem novelle. Procedente da retórica medieval e das narrativas orientais, a narrativa-moldura recebe de Boccaccio uma nova função: passa a integrar efetivamente a obra, tornando-se indispensável para a compreensão do todo. Giambattista Basile, escritor napolitano do Seicento (século XVII), retoma essa estrutura narrativa em sua coletânea de cinquenta contos maravilhosos intitulada Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille, publicada postumamente entre 1634-36 em língua napolitana pela irmã do escritor. A obra-prima de Basile é também conhecida como Pentamerone ossia la fiaba delle fiabe, título atribuído pelo estudioso e crítico italiano Benedetto Croce em 1925, ao traduzi-la da língua napolitana para o italiano standard, em alusão à organização inaugurada por Boccaccio na Literatura Italiana a fim de tornar o livro napolitano mais conhecido na literatura nacional. Desse modo, em nosso estudo, temos o objetivo de investigar em que medida Giambattista Basile retoma o seu ilustre antecessor florentino, isto é, quais são os diálogos que a moldura do Pentamerone estabelece com a moldura do Decamerone, tendo em vista a diferença de contextos de produção entre ambos os livros.Palavras-chave: Boccaccio. Decamerone. Basile. Pentamerone. Narrativa-moldura. ABSTRACT: Quando scrive il suo capolavoro Decamerone nel Trecento, Giovanni Boccaccio usa il racconto-cornice per unire, in concatenamento, le sue cento novelle. Procedente dalla retorica medioevale e dalle narrazioni orientali, il racconto-cornice ottiene da Boccaccio una nuova funzione: comincia a integrare efficacemente l’opera, diventando indispensabile per la comprensione del tutto. Giambattista Basile, lo scritore napoletano del Seicento, riprende questa struttura narrativa nella raccolta sua costituita da cinquanta racconti fiabeschi ed intitolata Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille. Quest’opera fu pubblicata dopo la morte di Basile, tra 1634-1636, in lingua napoletana da sorella dello scritore. Il capolavoro di Basile è anche conosciuto come Pentamerone ossia la fiaba delle fiabe, titolo assegnato dallo studioso e critico italiano Benedetto Croce nel 1925, quando lui ha fatto la traduzione dalla lingua napoletana all’italiano, facendo riferimento all'organizzazione inaugurata da Boccaccio nella Letteratura Italiana, affinché potesse diventare il libro napoletano più famoso nella letteratura nazionale. In questo modo, nel nostro studio, abbiamo l’obbiettivo di analisare a che punto Giambattista Basile riprende il suo illustre predecessore fiorentino, cioè, quali sono i dialoghi che la cornice del Pentamerone stabilisce con la cornice del Decamerone, in vista alla diferenza dei contesti di produzione tra entrambi i libri.Parole-chiave: Boccaccio. Decamerone. Basile. Pentamerone. Racconto-cornice. ABSTRACT: When Giovanni Boccaccio wrote his masterpiece Decamerone during the Italian Trecento (14th century), he used the frame story to unite, in a successive chain, his one hundred short stories. A precedent of medieval rhetorics and eastern tales, the frame story received a new role from Boccaccio: it started to effectively integrate the book and became indispensable for the understanding of the whole. Giambattista Basile, Neapolitan writer from the Seicento (17th century), reintroduces this narrative structure in his collection of fifty fairy tales named Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille, posthumously published in Neapolitan language by his sister between 1634-1936. Basile’s masterpiece is also known as Pentamerone, title given to the book by the Italian scholar and critic Benedetto Croce in 1925, when he translated it to the standard Italian, as a reference to the narrative organization inaugurated by Boccaccio in Italian Literature in order to expand the Neapolitan book’s reach at a national level. Thus, we intend to investigate to what extent Giambattista Basile refers to his illustrious predecessor or, in other words, what kind of dialogue the Pentamerone’s frame story keeps with Decamerone’s, considering the different contexts of production of both pieces.Keywords: Boccaccio. Decamerone. Basile. Pentamerone. Frame story.
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Tesis sobre el tema "Seicento fiorentino"

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PIAZZESI, SANDRO. "Didascalia cioè dottrina comica di Girolamo Bartolommei (1658-1661). Saggio e edizione". Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/2158/828890.

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Resumen
Saggio ed edizione critica del trattato di Girolamo Bartolommei, Didascalia cioè dottrina comica libri tre: opera stampata a Firenze la prima volta nel 1658 e successivamente ripubblicata nella stessa città nel 1661 con ampliamenti e correzioni. L’intento dichiarato di Bartolommei (Firenze1584 - ivi 1662) è quello di offrire ai giovani accademici un vademecum di precetti poetici necessari a ridefinire le caratteristiche della ‘ben ordinata commedia’, che viene da lui idealmente identificata con la «commedia di mezzo» dei greci. Di questo modello mediano, lontano dagli eccessi comici e caratterizzato dal valore etico e sociale della fabula allegorica, il letterato fiorentino propone, nel terzo libro, diciannove «abbozzi di commedie di mezzo» (un repertorio di favole nelle quali si colpiscono i vizi e si premiano gli atteggiamenti virtuosi) che traducono sul piano della finzione letteraria i principi poetici enunciati nei primi due libri. Il senso didascalico del trattato trova così il suo compimento, procedendo, secondo il metodo deduttivo, da questioni di ordine generale –definite sulla scorta delle molte auctoritaes antiche e moderne citate- alla particolarità degli esempi. Lo scritto di Bartolommei, che rientra a pieno nel genere dei trattati didascalici, offre una dissertazione sulla commedia colta, quale elogio della virtù e satira dei vizi, una tipologia drammaturgica da contrapporre alle licenziosità amorose delle commedie moderne. La Didascalia si colloca nell’ambito di una speculazione poetica controriformista che interessa il teatro d’accademia e delle confraternite, dal circolo romano degli Umoristi ai consensi fiorentini dei Cruscanti, degli Svogliati, degli Apatisti, degli Immobili, dell’Arcangelo Raffaello. Cenacoli dei quali Bartolommei fece parte attivamente e nei quali il diletto poetico era interpretato in funzione della sua utilità etica e sociale, secondo l’assimilata rilettura cristiana dell’Etica Nicomachea di Aristotele. La tesi propone nella prima parte i risultati della ricerca sul letterato Bartolommei e la sua opera che, a buon diritto, può essere considerata rappresentativa della cultura letteraria del pieno Seicento, fra visioni etico moraleggianti dell’arte e istanze di fruibilità del prodotto artistico nella sua resa drammaturgica. Nella seconda parte si presenta la prima edizione critica moderna della Didascalia corredata da apparati critici, indici delle fonti e dei nomi e da un’introduzione nella quale si avanza una lettura commentata del trattato. A testo si è messa l’ultima versione, ampliata e corretta dall’autore per la stampa del 1661 ed in apparato si registrano le varianti con la precedente edizione del 1658.
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OTA, TOMOKO. "Le commissioni artistiche della granduchessa di Toscana Maria Maddalena d'Austria: il ciclo degli affreschi della Villa di Poggio Imperiale a Firenze". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1080285.

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Resumen
La tesi prende in esame il ciclo degli affreschi interni della Villa di Poggio Imperiale, realizzati da un’équipe di pittori del Seicento Fiorentino su commissione di Maria Maddalena d’Austria (1589-1631), vedova del granduca di Toscana Cosimo II (1590-1621) e reggente del primogenito e successore al trono Ferdinando II. La Granduchessa, al termine dei lavori di rinnovamento della Villa, il 23 maggio 1624 la denominò “Villa di Poggio Imperiale” in memoria del fratello Ferdinando II che salì sul trono come Imperatore del Sacro Romano Impero nel 1619. Le dieci lunette nel Salone delle Udienze illustrano le regine e le imperatrici cristiane dal IV secolo al XVI secolo; le dieci lunette nella Camera da letto della Granduchessa sono dedicate alle Sante martiri; le altre dieci nell’Anticamera della Granduchessa rappresentano le donne illustri veterotestamentarie. Non sono mai emersi finora documenti di pagamento ai pittori, nè quelli relativi alle decorazioni che possano permettere di individuare il consulente iconografico dell’intero programma decorativo. Pertanto è stato fondamentale attribuire ogni decorazione tramite analisi stilistiche, ma finora erano stati poco approfonditi i significati della vasta decorazione nel contesto storico-culturale. Per affrontare questo problema in modo interdisciplinare, la tesi è divisa in tre parti. Nella prima parte viene esaminato il periodo precedente alla reggenza, ricostruendo l’entrata di Maria Maddalena d’Austria nella capitale del Granducato e gli archi trionfali eretti lungo il percorso. Successivamente vengono esaminate le commissioni artistiche da parte della giovane Granduchessa, con riferimento in particolare al collezionismo delle reliquie e alle decorazioni interne della cappella in Palazzo Pitti. La seconda parte è dedicata alla ricostruzione della carriera del pittore Matteo Rosselli, considerato il capo cantiere della Villa di Poggio Imperiale. Attraverso le sue attività svolte durante i primi due decenni del Seicento, sono illustrate anche le vicende artistiche dell’epoca a Firenze. Nella terza parte, dedicata al periodo di reggenza governato dalle tutrici di Ferdinando II, vengono esaminate le venti lunette che adornano il Salone delle Udienze e la Camera da letto della Granduchessa della Villa di Poggio Imperiale. La maggior parte di tali lunette presenta iconografie insolite. Non era mai stato fatto, però, un confronto puntuale fra le singole scene rappresentate ed i brani dei volumi proposti come fonti letterarie. Analizzando la coerenza fra i testi e le rappresentazioni, emerge che alcuni degli episodi dipinti, nella loro peculiarità, dovevano essere ispirati anche dalle altre fonti letterarie qui proposte, individuando le motivazioni che avevano portato a scegliere queste rappresentazioni insolite e, in certi casi, nuove.
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Libros sobre el tema "Seicento fiorentino"

1

Moretti Fine Art Ltd. (New York, N.Y.) y Moretti Fine Art Ltd. (London, England), eds. Seicento fiorentino: Sacred and profane allegories. Firenze: Centro Di, 2012.

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Giovanni Martinelli, pittore di Montevarchi: Maestro del Seicento fiorentino. Firenze: Maschietto, 2011.

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Martinelli, Giovanni. Giovanni Martinelli, pittore di Montevarchi: Maestro del Seicento fiorentino. Firenze: Maschietto, 2011.

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4

Marmi, Diacinto Maria. Arredi principeschi del Seicento fiorentino: Disegni di Diacinto Maria Marmi. Torino: UTET, 1990.

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5

La collezione Piero ed Elena Bigongiari: Il Seicento fiorentino tra favola e dramma. Milano: F. Motta, 2004.

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Basilica di Santa Maria delle Grazie (San Giovanni Valdarno, Italy). Museo, ed. Quiete, invenzione e inquietudine: Il Seicento fiorentino intorno a Giovanni di San Giovanni. Firenze: Centro Di, 2011.

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7

Fabrizio, Iacuzzi Paolo y Pistoia (Italy), eds. Piero Bigongiari: Voci in un labirinto : lettere, saggi, immagini, inediti, con sette quadri del Seicento fiorentino dalla collezione del poeta. Firenze: Pagliai Polistampa, 2000.

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Gabbiani, Anton Domenico. Il gran principe Ferdinando de' Medici e Anton Domenico Gabbiani: Mecenatismo e committenza artistica ad un pittore fiorentino della fine del Seicento. [Prato]: Noèdizioni, 2003.

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Gabbiani, Anton Domenico. Il gran principe Ferdinando de' Medici e Anton Domenico Gabbiani: Mecenatismo e committenza artistica ad un pittore fiorentino della fine del Seicento. [Prato]: Noèdizioni, 2003.

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10

(Italy), Poggio a. Caiano, ed. Il gran principe: Ferdinando de' Medici e Anton Domenico Gabbiani : mecenatismo e committenza artistica ad un pittore fiorentino della fine del Seicento. [Firenze?]: Noèdizioni, 2003.

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