Artículos de revistas sobre el tema "Scrittura giornalistica"

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Martelli, Sebastiano. "Domenico Rea in Brasile: viaggio picaresco di un emigrante scrittore". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 2 (30 de marzo de 2018): 414–29. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818765454.

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Resumen
Nel 1948, pochi mesi dopo la pubblicazione di Spaccanapoli, il suo primo libro di racconti che aveva avuto una buona accoglienza da parte della critica, Rea decide improvvisamente di partire per il Brasile. Un viaggio motivato da insoddisfazione esistenziale, desiderio di avventura e necessità economiche che confluiscono in un’esperienza picaresca di emigrante scrittore, raccontata in diversi articoli pubblicati su quotidiani italiani e brasiliani. Il recupero di questi materiali consente di analizzare il peculiare sguardo con cui lo scrittore racconta la realtà brasiliana delle città (San Paolo, Rio, Campinas) a fronte di quella napoletana dell’ interregno rappresentata nei suoi racconti. L’avventura brasiliana di Rea durerà pochi mesi, ma è possibile trovarne tracce in racconti successivi, in particolare in Quel che vide Cummeo; soprattutto segnerà il primo tempo della scrittura giornalistica, che occuperà uno spazio determinante in tutta la sua carriera.
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Fornari Čuković, Maria. "“LA NAZIONE GIOVINETTA RESISTEVA AL COLOSSO”: FRACCAROLI E L’IMMAGINE DELLA SERBIA NEL LIBRO LA SERBIA NELLA SUA TERZA GUERRA: LETTERE DAL CAMPO SERBO (1915)". Филолог – часопис за језик књижевност и културу 13, n.º 25 (30 de junio de 2022): 389–405. http://dx.doi.org/10.21618/fil2225389f.

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Resumen
Questo contributo ha come intento quello di presentare il rapporto tra uno dei giornalisti italiani più importanti di inizio Novecento, Arnaldo Fraccaroli, e la Serbia nei primi mesi della Grande Guerra. Fraccaroli viene annoverato dagli studiosi tra quei giornalisti quali Barzini, Civinini, Ojetti e altri che, con il loro lavoro e il loro stile di scrittura, hanno rappresentato un punto di svolta nella storia della carta stampata italiana. Piuttosto noto al grande pubblico durante la lunga carriera, il giornalista veronese, in parte fnito nel dimenticatoio dopo la sua morte, è stato riportato di recente all’attenzione dei lettori da un’accurata biografa scritta nel 2019 da Gian Pietro Olivetto. “La dolce vita di Fraka, cronista del Corriere della Sera” è il titolo dell’opera, da cui questo lavoro attinge parte delle informazioni sull’autore. La riscoperta di Fraccaroli, però, non si limita soltanto al libro di Olivetto, poiché nel 2017 la casa editrice Prometej di Novi Sad ha pubblicato la traduzione del libro “La Serbia nella sua terza guerra: lettere dal campo serbo”, scritto dal cronista italiano nel 1915. Questo testo, una raccolta di osservazioni e impressioni di viaggio annotate dal giornalista durante un viaggio da Salonicco a Belgrado nell’inverno del 1915, offre la possibilità, fnora poco approfondita, di considerare il lavoro di Fraccaroli nella prospettiva di un tramite tra i lettori italiani e la difcile realtà serba in quei primi mesi di guerra.
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Stupazzoni, Marco. "Clotilde Bertoni, Scrittori giornalisti, giornalisti scrittori". Studi Francesi, n.º 162 (LIV | III) (1 de noviembre de 2010): 565–66. http://dx.doi.org/10.4000/studifrancesi.6342.

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Gallotta, Gianmarco. "L’engagement in Italia tra passato e presente: Il caso Tabucchi". Quaderni d'italianistica 39, n.º 1 (9 de mayo de 2019): 35–50. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v39i1.32631.

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Resumen
Lo scopo di questo contributo è una presentazione del quadro intellettuale italiano attraverso l’espressione di uno degli scrittori più rappresentativi del secolo scorso: Antonio Tabucchi (1943–2012). Analizzando la componente “impegnata” nei romanzi più rappresentativi, la cui tematica è stata largamente trattata dalla critica, l’articolo intende soffermarsi particolarmente sul suo ruolo di intellettuale, rintracciando tale influenza in articoli giornalistici, e spesso in veri e propri dibattiti iniziati dallo scrittore toscano. Si è preferito tralasciare l’insieme degli articoli redatti per Micromega e per Le Monde, per soffermarsi maggiormente sull’analisi degli articoli in difesa dell’ex-direttore di Lotta continua Adriano Sofri (1942), che sembrano immediatamente rimandare alla difesa zoliana del comandante Alfred Dreyfus.
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ELGHARBI, Hamza. "L’impresa coloniale libica tra letteratura coloniale e stampa (The Libyan colonial enterprise between colonial literature and the press)". ALTRALANG Journal 2, n.º 02 (31 de diciembre de 2020): 133–47. http://dx.doi.org/10.52919/altralang.v2i02.80.

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ABSTRACT: This article aims to analyze the war in Libya, also called the Italian-Turkish war from a historical, literary and journalistic point of view. To find out how colonial literature and the press of the 11th and 12th century presented the historical event, we decided to focus our work on two authors and two journalists. The colonial writers who have dedicated their works to the Libyan war are Enrico Corradini and Giovanni Pascoli, while the journalists are Renato Serra and Giuseppe Bevione. Colonial literature and the press contributed to the Libyan war with the task of spreading colonial consciousness and nationalism in Italian society RIASSUNTO: Il presente articolo mira ad analizzare la guerra di Libia, detta anche la guerra italo-turca da punto di vista storico letterario e giornalistico. Per saper come la letteratura coloniale e la stampa degli anni 11 e 12 del Novecento hanno presentato l’evento storico, abbiamo deciso di concentrare il nostro lavoro su due autori e su due giornalisti. Gli scrittori coloniali che hanno dedicato le loro opere alla guerra di Libia sono Enrico Corradini e Giovanni Pascoli, invece i giornalisti sono Renato Serra e Giuseppe Bevione. La letteratura coloniale e la stampa hanno contribuito alla guerra di Libia con il compito di diffondere la coscienza coloniale e il nazionalismo nella società italiana.
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Vignati, Rinaldo. "Pasquino avvocato. Vincenzo Talarico e il cinema". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 2 (12 de diciembre de 2019): 658–83. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819887728.

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Resumen
L’attività degli sceneggiatori è raramente sottoposta a un’analisi mirante a individuarne un profilo “autoriale” che, come viene abitualmente fatto per i registi, ne metta in luce stilemi ricorrenti e interessi tematici. L’articolo si propone di esaminare l'attività di sceneggiatore di Vincenzo Talarico. II tratto caratteristico di questo giornalista e scrittore è identificato nel contrasto fra l’attrazione per la retorica e l’atteggiamento sarcastico nei confronti della retorica, e quindi nella volontà di demolire con l'ironia le maschere pubbliche che coprono i vizi privati degli individui. Tale contrasto può essere sintetizzato da un lato dalle sue comparse, in qualità di interprete, in vari film nei quali si è calato nella parte di un avvocato dall’eloquio ampolloso e dai gesti enfatici, e dall’altro nella frequente presenza, nei film da lui sceneggiati, di scene in cui un discorso celebrativo e retorico viene continuamente interrotto, oppure contrappuntato da commenti sarcastici. Talarico, che Indro Montanelli definisce “specializzato nell’arte di mormorare”, ha spesso collaborato alla scrittura di film in cui venivano prese di mira le pose monumentali del fascismo. Anche nelle opere “di genere” (film comici, melodrammi) a cui ha collaborato si ravvisa la presenza di simili contrappunti. I film a cui ha partecipato prevedono spesso lo smascheramento di personaggio dotati di una doppia faccia. L'articolo esamina dettagliatamente le collaborazioni cinematografiche di Talarico, mettendole a confronto con alcuni testi letterari dello stesso autore (in particolare, le pagine su Tersite nel testo Pasquino insanguinato forniscono una guida per la lettura del suo percorso). L’articolo – che prende in esame anche alcuni testi inediti – intende quindi contribuire a far emergere legami tra film che gli approcci tradizionali, incentrati sul regista o sui generi, tendono a lasciare in ombra.
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Polcini, Valentina. "Franco Zangrilli.La penna diabolica: Buzzati scrittore-giornalista. Pesaro: Metauro, 2004. 255 pp." Symposium: A Quarterly Journal in Modern Literatures 61, n.º 3 (septiembre de 2007): 225–32. http://dx.doi.org/10.3200/symp.61.3.225-232.

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Malavasi, Massimiliano. "Un salutare "Risaotto al pomidauro" per l'avvelenata Italietta dannunziana". AOQU (Achilles Orlando Quixote Ulysses). Rivista di epica 3, n.º 2 (31 de diciembre de 2022): 265–307. http://dx.doi.org/10.54103/2724-3346/19522.

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Il saggio fornisce l’edizione del Risaotto al pomidauro, un’anonima raccolta di testi lirici pubblicati sul «Giornale di Roma illustrato» nell’ottobre del 1886. La breve introduzione ricorda ai lettori il contesto di questa pubblicazione satirica che si rivela come una parodia dell’Isaotta Guttadauro, il poema preraffaellita di Gabriele D’Annunzio di imminente pubblicazione e del quale l’autore aveva anticipato alcune parti sui giornali. Scrittori coevi testimoniano che gli autori del Risaotto furono due giornalisti e critici letterari, Edoardo Scarfoglio e Giovanni Alfredo Cesareo: il breve commento che segue il testo del Risaotto, oltre a suggerire la probabile collaborazione di Matilde Serao all’opera, illustra i nessi che legano i contenuti della satira alle opinioni critiche espresse da Scarfoglio e da Cesareo sulla personalità e sui risultati letterari di D’Annunzio.
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Božič, Dana. "Massimo Bontempelli giornalista e ammiratore dei Quattrocentisti: per un rinnovamento letterario della Terza epoca". e-Scripta Romanica 9 (20 de diciembre de 2021): 135–47. http://dx.doi.org/10.18778/2392-0718.09.11.

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L'articolo presenta alcuni testi di Massimo Bontempelli finora relativamente poco esplorati dalla critica bontempelliana o perfino sconosciuti, provenienti dall'ambito del giornalismo e da collaborazioni editoriali. L’analisi della prefazione alle Prose di fede e di vita del primo tempo dell’umanesimo, scritta da Bontempelli nel 1913, mostra (anche al confronto con altri articoli bontempelliani sia del periodo degli esordi, sia dei primi anni Venti) che numerose tesi della tendenza culturale e letteraria del ‘novecentismo’ teorizzata tra il 1926 e il 1927, erano presenti già nelle prime collaborazioni editoriali di questo intellettuale. Fra queste tesi: il ruolo di una lingua trasparente, l’importanza dell’immaginazione, la necessità di prestare attenzione al pubblico e di liberarsi da una troppo stretta adesione al canone, per nominarne alcune.
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Carton, Jessy. "Goffredo Parise, ‘figlio del peccato’ senza Chiesa". Mnemosyne, n.º 8 (15 de octubre de 2018): 12. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i8.13903.

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Il contributo mira a chiarire le trasposizioni metaforiche dell’identità di figlio illegittimo nelle opere dello scrittore-giornalista Goffredo Parise (1929-1986). Questa condizione, considerata imbarazzante nel Veneto cattolico degli anni ’30, viene anche trasformata in una metafora con cui l’autore evidenzia la sua diversità nel campo letterario e intellettuale del secondo dopoguerra. Parise insinua per esempio che la sua identità di “figlio del peccato” gli impedisce di appartenere a una “Chiesa”, termine con cui si riferisce tanto alla religione cattolica quanto all’ideologia comunista, o asserisce di essere senza genealogia nella grande “famiglia” letteraria italiana. L’autoritratto parisiano come figlio di n.n. viene preso in esame nel bestseller Il prete bello, nel racconto incompiuto Arsenico e nel materiale raccolto negli Archivi Parise a Ponte di Piave e a Roma, che include articoli pubblicati sul “Corriere della Sera” e il romanzo inedito La Politica.
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Brezzi, Camillo. "Le voci dei «senza storia»". REVISTA DE HISTORIOGRAFÍA (RevHisto), n.º 37 (21 de julio de 2022): 95–110. http://dx.doi.org/10.20318/revhisto.2022.7057.

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Nel 1984, Saverio Tutino, famoso giornalista, decide di fondare a Pieve Santo Stefano, un piccolo paese della Toscana, un archivio finalizzato alla raccolta, conservazione catalogazione delle scritture della «gente comune» per evitare la dispersione di un patrimonio documentario unico. Il progetto, ha un riscontro decisamente positivo: il patrimonio vede un continuo incremento tanto da contare attualmente più di 9.000 testimonianze, inviate in prima persona dagli autori o dai loro familiari e amici. Pagine e pagine di diari, memorie, carteggi costituiscono un vero monumento nazionale della memoria e toccano diverse fasi storiche e tematiche. Negli ultimi anni, l’Archivio ha avviato una serie di iniziative che ne caratterizzano sempre più la specificità e ha stabilito un proficuo rapporto con il mondo universitario, dando vita a programmi di ricerca e a significative iniziative, nell’intento di porre i diari nel quadro del rinnovato dibattito scientifico prodotto dalle diverse discipline. L’Archivio è anche promotore di attività editoriali volte a coinvolgere non solo gli studiosi ma a un pubblico più ampio. Oltre alla conservazione e alla schedatura informatizzata, l’Archivio ha realizzato la digitalizzazione dei manoscritti, ha aperto portali e siti e ha dato vita al Piccolo museo del diario.
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Tebbini, Nadia. "Le storie degli animali nel Corano di Ahmad Bahgat: Quando gli animali prendono la parola". Altre Modernità, n.º 26 (29 de noviembre de 2021): 127–44. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/16801.

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Resumen
Nella letteratura di ispirazione islamica, i racconti delle vite dei profeti hanno sempre messo in rilievo il contributo degli animali, seppur relegato a una posizione secondaria e ausiliare a quella dell’uomo. A ciò fa eccezione la raccolta Qiṣaṣ al ḥayawān fil Qur’ān (Le storie degli animali nel Corano) dello scrittore e giornalista egiziano Ahmad Bahgat. Nei suoi 16 racconti, ispirati agli episodi coranici che hanno visto animali al centro di miracoli e prodigi, i protagonisti sono gli animali che raccontano come in un diario, in prima persona e dal loro punto di vista, la vicenda riportata nel Corano. Per la prima volta si fa luce sulle loro esistenze, senza che queste vengano eclissate da quelle degli esseri umani con cui sono stati in contatto. È quindi interessante analizzare la rappresentazione degli animali nell’opera e coglierne l’originalità. La prima parte sarà dedicata alle fonti dell’opera e alle implicazioni che queste hanno sul tessuto narrativo. La seconda parte sarà invece focalizzata sulla scelta dell’animale come mezzo per aggirare il tabù islamico (religione iconoclasta) della rappresentazione dei Profeti, operando una sovrapposizione (parziale o totale, nel corpo e nello spirito) tra il profeta e l’animale. La terza parte tratterà dell’animale/virtù in quanto doppio invertito dell’uomo/vizio e sul conseguente smantellamento dei pregiudizi su alcuni animali nella cultura arabo-musulmana.
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Marossi, Walter. "Paolo Valera, il cantore dei bassifondi". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 1 (19 de marzo de 2020): 256–76. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910086.

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Personaggio a tutto tondo, giornalista, scrittore e sobillatore sociale, Valera esprime la sua vitalità umana e artistica tra la fine dell’Ottocento e il primo quarto del Novecento. Benché il suo protagonismo si esprima quasi esclusivamente all’interno della realtà milanese, per contenuti e diffusione, la sua opera letteraria può a ragione essere ritenuta di interesse nazionale. Ebbe la capacità di immergersi nelle immondizie e contraddizioni umane del suo tempo, in particolare quelle di alcune città europee, tra le quali Milano, senza restarne contaminato. La sua dirittura morale, nonostante l’inesauribile serie di querele, confini, arresti ai quali fu sottoposto dal potere costituito e dai borghesi del tempo, non fu infatti mai messa in questione da nessuno. Di interesse storico il sodalizio con Mussolini, prima che questi saltasse definitivamente il fosso della reazione e delle politiche contrarie agli interessi del mondo del lavoro. Benedetto Croce non volle considerare la sua vasta opera “letteratura”; ebbe probabilmente ragione se per letteratura si intendono testi codificati sulla base di canoni fissati dalla “norma” del tempo nel quale si scrive. Tuttavia, Valera, come è ampiamente documentato nella parte finale di questo saggio, registra da mezzo secolo nuova vita, fatta di ristampe, riletture, dibattiti, saggi critici. Il suo stile infiammato ed eccessivo, i contenuti dei suoi lavori, tornano probabilmente di attualità nel nostro tempo.
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Toti, Marco. "Religious Morphology, Hermeneutics and Initiation in Andrei Scrima's Il padre spirituale (The Spiritual Father)". Aries 11, n.º 1 (2011): 77–97. http://dx.doi.org/10.1163/156798911x546189.

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AbstractL'articolo in oggetto concerne alcuni temi tratti dalla versione italiana del libro di A. Scrima Timpul Rugului Aprins. Maestrul spiritual în tradiţia răsăriteană ('Il tempo del Roveto Ardente. Il maestro spirituale nella tradizione orientale'), pubblicato a Bucarest nel 1996 e parzialmente tradotto in italiano nel 2000. Scrima (1925–2000), monaco romeno, fu uno dei più raffinati teologi ortodossi del XX secolo. Gli aspetti qui considerati sono, da un lato, l'abbozzo da parte di Scrima stesso di una 'morfologia religiosa' fondata su di una profonda 'ermeneutica' intellettuale e spirituale, anche a mezzo dell'utilizzo della comparazione in specie tra Cristianesimo, Islâm ed Induismo (ciò che dà luogo al tentativo di rinnovare il linguaggio teologico cristiano); dall'altro, la discussione sulla valenza di un particolare rito cui il teologo romeno si riferisce esplicitamente, la 'benedizione di grazia', una 'iniziazione' trasmessa nel Rugul Aprins—un cenacolo esicasta di monaci e laici cui il giovane Scrima prese parte, e che operò dal 1944 al 1958, in particolare nel monastero Antim a Bucarest, sotto la direzione del giornalista e scrittore Sandu Tudor, in religione padre Agathon (1899–1960?)—ad opera del padre Ioan Kulygin (1885-?). Quest'ultimo tema è strettamente connesso alle relazioni intellettuali che Scrima ebbe con i maggiori rappresentanti dell''orientamento tradizionale' (René Guénon [1886–1951], Frithjof Schuon [1907–1998]), anche per quanto concerne la questione dell''universalismo' perennialista; su ciò, come spesso accade, Scrima assume posizioni molto sfumate. È chiaro che, data la complessità e la sottigliezza dei temi qui trattati, il presente contributo costituisce unicamente un saggio iniziale di una discussione più ampia (alla quale stiamo attualmente lavorando).
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Mazzola, Arianna. "Da Milano a Londra. Paolo Valera tra reportage, giornalismo e letteratura". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies, 11 de octubre de 2022, 001458582211300. http://dx.doi.org/10.1177/00145858221130046.

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Resumen
Il presente saggio ridefinisce i rapporti di Paolo Valera con la Scapigliatura democratica e propone la forte influenza del Naturalismo francese sull’autore. Inoltre, l’analisi si concentra sulla forma del reportage narrativo e la scrittura giornalistica rintracciando, per analogie e differenze, uno studio del genere letterario e l’ibridazione tra descrizione, narrazione e invenzione che anticipa tendenze di scrittura successive alla pubblicazione de I miei dieci anni all’estero.
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