Literatura académica sobre el tema "Romanzo cavalleresco nel Novecento"

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Artículos de revistas sobre el tema "Romanzo cavalleresco nel Novecento"

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Santagata, Elena. "Il poema cavalleresco nel Novecento: Calvino e Giuliani". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 51, n.º 3 (7 de septiembre de 2017): 669–82. http://dx.doi.org/10.1177/0014585817729151.

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Stroppa, Sabrina. "Differire o uccidere: la morte tra i duelli del "Furioso"". AOQU (Achilles Orlando Quixote Ulysses). Rivista di epica 2, n.º II (30 de diciembre de 2021): 93–113. http://dx.doi.org/10.54103/2724-3346/17259.

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Resumen
In un genere, come quello cavalleresco, nel quale l’esercizio d’armi è la manifestazione più insigne del valore del cavaliere, una parte consistente della narrazione si risolve in una serie di duelli. Il Furioso si struttura fin dall’esordio come radicalmente diverso rispetto all’Innamorato: se la sequela di duelli che punteggiano il poema boiardesco culminano, già nel libro primo, nel lungo e mortale duello tra Orlando e Agricane, Ariosto oppone una struttura basata sul differimento e l’elusione. Il saggio mira a evidenziare come nella prima parte del Furioso i duelli siano più giochi d’arme che battaglie sanguinose, e come, procedendo con la narrazione, il romanzo si incupisca e vada verso una fine tragica.
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Garosi, Linda. "Raccontare l’altra Italia tra storia e finzione." Revista de Italianística, n.º 41 (31 de diciembre de 2020): 3–13. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.i41p3-13.

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Resumen
L’incipiente formazione in Italia di una società multietnica, alle soglie del nuovo millenio, ha contribuito a ravvivare l’interesse di studiosi e di artisti per la diaspora italiana del secolo scorso. Il presente lavoro prende in esame il romanzo Vita (2003) di Melania Mazzucco e il film Nuovomondo (2006) di Emanuele Crialese con il proposito di svelare alcune significative convergenze nel recupero della memoria collettiva dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti tra l’Otto e il Novecento. Si metteranno in evidenza gli elementi tematici e le strutture narrative specifiche con cui vengono intessute narrazioni che, sia nel romanzo sia nel film, mescolano Storia e finzione, concretizzando una visione ravvicinata e ‘dal basso’ di un passato cancellato, la quale suscita nel fruitore una risposta etica.
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Risso, Roberto. "Gli ammonitori di Giovanni Cena: un romanzo sociale". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 1 (26 de marzo de 2020): 297–311. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910902.

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Resumen
L’analisi del romanzo Gli ammonitori mette in evidenza come l’opera sia il frutto della rappresentazione della società torinese a cavallo dei due secoli, Ottocento e Novecento, e come l’autore abbia voluto fornire un breve, intenso e potente ritratto dello sviluppo della coscienza e dell’azione di un tipografo autodidatta, fino alle estreme conseguenze. Qui si dà conto del contesto sociale, storico e letterario dell’opera, con riferimenti puntuali a libri e quadri che hanno avuto influenza diretta sulla genesi del romanzo. Allo stesso tempo, si vuole inserire l’opera nel contesto della produzione poetica dell’autore, evidenziandone i temi costanti e le linee di sviluppo del pensiero, attraverso l’analisi di versi, lettere e taccuini. Si dà anche conto di alcune scelte fondamentali operate dall’autore del romanzo, nel passare dalla pubblicazione a puntate in rivista all’edizione in volume.
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Ragni, Eugenio. "Bernari o della non-omologazione". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 2 (29 de marzo de 2018): 332–46. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818763791.

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Resumen
Per l’opera di Carlo Bernari sono state coniate alcune definizioni che con felici metafore rappresentano l’attività dell’autore di Tre operai. Tra quelle che meglio convengono al suo primo romanzo, “incunabolo del neorealismo” è la più usata; meno comune, ma decisamente più inerente alla realtà dei fatti, è quella che fa riferimento alla costante, mai placata attività correttoria esercitata dall’autore fin dalle sue prime prove narrative. Per Tre operai in particolare, seguirne la genesi vuol dire entrare nella cosiddetta “officina dell’autore”, misurarne la lucidità nel togliere, nel modificare, nell’aggiungere, puntando alla massima chiarezza di una diagnosi storica e alla stretta osmosi fra verità documentale e “finzione” letteraria. Il saggio intende evidenziare le due componenti della scrittura di Bernari: l’elaborazione della realtà come rappresentazione del mondo e lo sperimentalismo stilistico ante litteram che ha portato lo scrittore non solo ad anticipare le tendenze stilistiche del secondo Novecento, a partire ovviamente dal neorealismo fino a toccare sperimentazioni neoavanguardiste, ma soprattutto, analizzando il presente, a presentire e diagnosticare crisi socio-ideologiche ancora aurorali. Nel primo caso, per valutare i meccanismi e la praxis dello scrittore, viene sviluppata l’analisi del passaggio e della trasformazione del proto-romanzo Gli stracci (1928–1930) nella versione finale di Tre operai pubblicata nel 1934, che anticipa di un decennio forme e contenuti neorealisti promossi da istanze ed esperienze del giovane scrittore nell’ambito di certe letture impegnate, in quello delle arti visive, il cinema in particolare, o a contatto, diretto o mediato, con i grandi movimenti culturali del primo Novecento. Ma se il romanzo d’esordio getta le basi di un genere che maturerà dieci anni dopo—il neorealismo—si vuole qui dimostrare il permanere nella copiosa e apparentemente versicolore produzione del sessantennio successivo di una coerenza di metodo, sottesa e perciò non sempre còlta dalla critica, e di una costante sollecitazione a percorrere nuove strade formali e ad affrontare problematiche diverse, sempre rispettando con rigore i diversi aspetti delle realtà in atto.
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Tognarelli, Chiara. "Sopravvivenze eroi(comi)che: l'edizione Vigo dei "Paralipomeni della Batracomiomachia" di Leopardi". AOQU (Achilles Orlando Quixote Ulysses). Rivista di epica 3, n.º 2 (31 de diciembre de 2022): 237–65. http://dx.doi.org/10.54103/2724-3346/19521.

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Nel 1869 Giuseppe Chiarini cura i Paralipomeni della Batracomiomachia per le edizioni di Francesco Vigo. Il libro costituisce un caso editoriale che consente di riflettere sulla ricezione del poemetto leopardiano e, più in generale, sulla perdurante vitalità del genere eroico ed eroicomico nella seconda metà dell’Ottocento: negli anni in cui il romanzo guadagna un ruolo egemonico nel sistema letterario italiano, un sodalizio di stampo classicista e ascendenza giordaniana – quello che lega Francesco Ambrosoli, Antonio Gussalli e Giuseppe Chiarini – difende l’epos, anche nella sua declinazione comico-satirica, quale forma illustre e perennemente attuale. Una battaglia ardua, come avrebbe poi messo in luce la critica di fine Novecento.
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Zucchi, Valentina. "Sibilla Aleramo. Una nuova donna". Revista Internacional de Pensamiento Político 16 (28 de enero de 2022): 315–30. http://dx.doi.org/10.46661/revintpensampolit.6314.

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Nella cornice di una realtà storico-sociale fortemente ostile per le donne italiane del primo Novecento, molte voci femminili si ribellano scrivendo testi di denuncia sociale in cui il nemico è sempre il sistema patriarcale-misogino che riversa la sua violenza sulle donne. Tra queste voci urla con grande potenza quella di Sibilla Aleramo, la cui lotta femminista narrata nel suo romanzo autobiografico Una donna, dà impulso a un percorso esistenziale verso la conquista di una nuova identità. Nasce una nuova donna che ha saputo ascoltare la propria legge rinunciando perfino al figlio: il sacrificio umano per la libertà.
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TILBY, M. J. "Review. Anacronie: Studi sulla nozione di tempo nel romanzo francese del Novecento. Bogliolo, Giovanni (ed.)". French Studies 46, n.º 4 (1 de octubre de 1992): 488. http://dx.doi.org/10.1093/fs/46.4.488.

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Testi, Francesca. "Un labirinto moderno nel Medioevo de "Il nome della rosa"". Annales Universitatis Paedagogicae Cracoviensis | Studia de Cultura 9, n.º 3 (5 de julio de 2018): 247–55. http://dx.doi.org/10.24917/20837275.9.3.23.

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Il nome della rosa (1980) di Umberto Eco rappresenta uno degli esempi più perfetti di romanzo postmoderno italiano e unisce la tradizione storica con il molteplice della modernità. Proprio il labirinto-biblioteca nasce dalla combinazione tra storia, mito e immaginario letterario. Con questo oggetto romanzesco i costruttori del labirinto e i monaci dell’abbazia hanno creato un groviglio di spazi, libri e parole paragonabile ai labirinti di Joyce, Borges e Calvino. Il labirinto è un elemento fondamentale per l’avventura di Adso e Jorge anche perché diventa lo specchio di un secolo, il Novecento, e di una società ‘liquida’ e multiforme.Nowoczesny labirynt w średniowieczu w "Imieniu róży"Imię róży (1980) Umberta Eco, łącząc w sobie elementy tradycji historycznej i złożoność nowoczesności, stanowi jeden z najbardziej reprezentatywnych przykładów postmodernistycznej powieści włoskiej.. Labirynt-biblioteka jest kombinacją historii, mitu i wyobraźni literackiej. Poprzez tę fikcjonalną konstrukcję budowniczowie labiryntu oraz mnisi z opactwa stworzyli plątaninę przestrzeni, tekstów i słów porównywalną do labiryntów Joyce’a, Borgesa i Calvina. Labirynt stanowi również kluczowy element wątku Adsa i Jorgego, ponieważ niczym w lustrze odbija się w nim historia XX wieku i społeczeństwo płynnej nowoczesności.
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Heyer-Caput, Margherita. ""Dopo il divorzio" (1902, 1905, 1920) di Grazia Deledda: 'opus in fieri' sul riso del moderno". altrelettere, 17 de septiembre de 2013. http://dx.doi.org/10.5903/al_uzh-13.

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Grazia Deledda, insignita del Premio Nobel per la letteratura nel 1926, è stata generalmente considerata una delle voci maggiori della scrittura al femminile di primo Novecento, sospesa tra Verismo e Decadentismo e spesso tacciata di regionalismo. Tuttavia la critica italiana e nordamericana più recente ha cominciato a sottolineare la rilevanza della narrativa deleddiana nel discorso sul moderno. Il romanzo "Dopo il divorzio", generalmente trascurato dalla critica, rappresenta un caso esemplare della riflessione deleddiana sulla crisi del moderno 'sub specie Sardiniae' per la sua tormentata vicenda editoriale. Pubblicato dapprima nel 1902, all’apice di una rovente polemica pluridecennale sull’introduzione del divorzio in Italia, "Dopo il divorzio" appare poi in una traduzione inglese corredata di alcune significative modifiche nel 1905, e infine in una seconda versione italiana nel 1920 con il titolo di "Naufraghi in porto". L’analisi delle varianti di carattere strutturale e semantico alla luce della critique génétique dimostrerà che il percorso seguito dall’autrice nella geografia culturale dell’Italia post-unitaria si snoda lungo la dialettica tra margine e centro che definisce la poliedrica identità del modernismo italiano. Inoltre "Dopo il divorzio", profondamente radicato nel paesaggio sardo dei più noti romanzi deleddiani, emerge come opus in fieri del moderno attraverso un dialogo intertestuale con le maggiori espressioni contemporanee della riflessione sull’umorismo, da "Le rire" (1900) di Bergson, a "Der Witz" di Freud (1905) al "Saggio sull’umorismo" di Pirandello (1908). La lettura di "Dopo il divorzio" quale work in progress a colloquio con le teorie sull’umorismo di primo Novecento sottolinea l’appartenenza di Grazia Deledda al modernismo europeo non a dispetto, bensì grazie al punto d’osservazione privilegiato offertole dalla insularità sarda. L’analisi di "Dopo il divorzio" nel suo percorso testuale e nella sua rilevanza extratestuale rivela dunque come Grazia Deledda, una scrittrice spesso stigmatizzata per le sue radici regionali «minori», abbia aperto la letteratura italiana alla riflessione sui più inquietanti elementi del modernismo europeo.
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Tesis sobre el tema "Romanzo cavalleresco nel Novecento"

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Pinto, Vincenzo. "La terre retrouvée ? : ebreo e nazione nel romanzo italiano del Novecento". Phd thesis, Université de Grenoble, 2012. http://tel.archives-ouvertes.fr/tel-00923190.

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L'objectif de la thèse est d'étudier le rapport entre "Juif" et "nation" dans le roman italien du XXe siècle à partir d'un événement historique précis: la déclaration Balfour de 1917. Celle-ci donnait aux Juifs le droit de créer un "foyer national Juif" en Palestine et d'y devenir progressivement l'ethnie majoritaire. La création d'un État ne se fera que trente ans plus tard. Une sorte de renoncement au principe de la déclaration Balfour ne se produira que dans les années 90, avec les accords d'Oslo. L'État d'Israël acceptera alors l'idée que dans le territoire de la Palestine mandataire puisse naître un État arabe-palestinien après la tentative avortée de 1948-49. Le chapitre d'ouverture introduit le thème de la relation entre le Juif et la nation italienne dans une perspective historique. La chapitre deux raconte les écrivains et les ouvrages consacrés à "l'intégration nationale" entre les années vingt et trente du XXe siècle. L'oeuvre centrale c'est "Jom Hakippurim" par Giuseppe Morpurgo (1924). Le chapitre trois se concentre sur la littérature populaire anti-juive et anti-sémite des années trente et quarante (l'ère fasciste). Les racines des romans anti-juifs sont les feuilletons du XIXe siècle, où le Juif est le caractère négatif par excellence. Le chapitre quatre analyse l'avant-garde littéraire juive italienne du XXe siècle, c'est-à-dire les écrivains Juifs consacrés à la crise de la subjectivité contemporaine: Adriano Grego, Giorgio Bassani, Giorgio Voghera, Antonio Debenedetti et Roberto Vigevani. Le chapitre cinq met l'accent sur la persécution des Juifs et sur les diverses formes romanesques entre les années quarante et quatre-vingt du XXe siècle. Le valeur littéraire des ces oeuvres c'est ne pas élevé, sauf que les cases de "La Storia" par Elsa Morante (1974) et "Se non ora, quando?" par Primo Levi (1982). Le chapitre six analyse la figure du Juif fasciste à travers quatre romans publiés dans les années soixante et quatre-vingt. Tous les personnages ne sont pas destinés a survivre à la "mort de la patrie" du Risorgimento italien. Le chapitre sept examine la figure du Juif errant à travers ses formes diverses (exotique, levantin, cosmopolite). Cette ligne est proche à le "Juif anomique", perce qu'elle joue sur le stéréotype par excellence: l'errance historique et ontologique du Juif pour des motifs religieux. Le chapitre huit se concentre sur la représentation d'Israël comme lieu de culte et espace politique. Cette ligne "chrétienne" n'a été pas visitée par des écrivains Juifs, qui n'ont montré pas des intérêt particulier pour l'histoire ancienne d'Israël, ni pour les événements biographiques de Jésus de Nazareth, ni, enfin, pour le nouvel État d'Israël. Le chapitre neuf analyse les romans de sujet Juif par Alberto Lecco et son réalisme tragique. Lecco s'interroge sur le problème de la conscience juive à travers les grands écrivains russes du XIXe siècle et la diaspora juive nord-américaine contemporaine. Les conclusions cherchent à fournir des réponses exhaustives aux différentes relations entre le Juif et la nation dans les romans italiens du XXe siècle. En l'absence d'une "nation italienne", l'imaginaire romanesque n'a pas proposé une "nationalisation parallèle" ou un "désir sioniste": le Juif italien est toujours un Juif diasporique, "condamné" à son état de minorité nationale. Les "différences" historiques, religieuses, économiques et culturelles ont connu une difficile coexistence aux côtés du mythomoteur national. Cette condition explique pourquoi les historiens ont insisté sur le problème de l'intégration-assimilation-acculturation nationale des Juifs italiens, tandis que l'imaginaire romanesque l'a considéré comme un problème après tout d'une importance secondaire.
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Carretta, Simona. "Il principio compositivo della variazione su tema nel romanzo del Novecento". Thesis, Paris 4, 2012. http://www.theses.fr/2012PA040281.

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Le modèle formel de la variation sur thème, qui est célèbre surtout à cause de son emploi en tant que principe de composition musical – notamment pour les développements que y ont apporté des artistes comme Bach, Beethoven ou Schönberg -, toutefois n’épuise pas ses potentialités expressives exclusivement dans le cadre de cet art.Dans le roman, notamment, l’adoption du principe de composition nommé variation sur thème, qui implique la présentation du même thème (ou motif) par de perspectives différentes (que peuvent correspondre au point de vue des diverses personnages ou à la distance temporelle différente prise en rapport à la narration du même événement), semble se présenter comme un expédient idéalement fonctionnel à l’obtention de l’objectif cognitif le principal de cet art, qui concerne le dévoilement de la substantielle relativité de toutes les vérités apparentes. Alors que de romanciers tel que Milan Kundera ou Danilo Kiš, dans leurs œuvres, semblent avoir interprété le modèle des variations comme un principe fonctionnel à la réalisation d’une structure organique et unitaire, parfaitement concentrée autour du thème, dans d’autres romans contemporains, par exemple dans Si une nuit d’hiver un voyageur (1979) de Italo Calvino o dans Les variations Goldberg (1981) di Nancy Huston, les variations assument une disposition de type sériel.Dans ces derniers cas, la forme de la variation sur thème est utilisée, plutôt que comme un modèle de composition, comme un principe de désagrégation de la matière romanesque
Theme and variation, a formal technique that is popular mainly through its applications within music, in particular thanks to contributions by artists such as Bach, Beethoven or Schönberg, nevertheless has expressive potentials that go beyond the boundaries of this art. In particular, it is in the novel that the use of variation as a composing principle, implying the presentation of a single central theme or motif by different perspectives (that may correspond to the point of view of different characters, or to different amounts of time elapsed from the actual happening of an event to its narration), seems to lend itself as the ideal device to achieve the main cognitive objective of this art, that is the unveiling of the substantial relativity of all things.While novelists such has Milan Kundera or Danilo Kiš seem to have developed, in their work, the theme and variation technique as a principle that is functional to an organic and uniform form of composition, ideally focused on a single theme, in other novels, such as If on a winter's night a traveler (1979) by Italo Calvino or Variations Goldberg (1981) by Nancy Huston, the variations are disposed so as to acquire a serial connotation. In those latter cases, the theme and variation technique is used as a functional principle for the disaggregation of the matter of the novel, rather than as a composition technique
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Branchini, Rachele <1986&gt. "Negativi di memoria. La rappresentazione del trauma nel romanzo del Novecento. Samuel Beckett, Georges Perec, Agota Kristof". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6894/1/branchini_rachele_tesi.pdf.

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Resumen
Oggetto di questa tesi è l’analisi delle modalità di rappresentazione del trauma nel romanzo del Novecento e, in particolare, nelle opere di Samuel Beckett, Georges Perec e Agota Kristof. Fondamento dello studio sarà una disamina dei procedimenti linguistici e narrativi di rappresentazione del trauma nelle prose degli autori citati, al fine tracciare le linee di un’estetica in grado di descrivere le caratteristiche peculiari delle narrazioni in cui la dimensione antinarrativa della memoria traumatica assume il ruolo di principio estetico guida. L’analisi si soffermerà sulla cruciale relazione esistente, in tutti e tre gli autori, tra rappresentazione del trauma e sviluppo di strategie narrativi definibili come “denegative”. L’analisi dei testi letterari è condotta sulla base del corpus critico dei Trauma Studies, dell’ermeneutica della narrazione di stampo ricœuriano e della teoria del linguaggio psicoanalitica e affiancata, ove possibile, da uno studio filologico-genetico dei materiali d’autore. Alla luce di tali premesse, intendo rivalutare il carattere rappresentativo e testimoniale della letteratura del secolo scorso, in contrasto con la consuetudine a vedere nel romanzo novecentesco il trionfo dell’antimimesi e il declino del racconto. Dal momento che le narrazioni traumatiche si costruiscono intorno e attraverso i vuoti di linguaggio, la tesi è che siano proprio questi vuoti linguistici e narrativi (amnesie, acronie, afasie, lapsus, omissioni e mancanze ancora più sofisticate come nel caso di Perec) a rappresentare, in modo mimetico, la realtà apparentemente inaccessibile del trauma. Si tenterà di dimostrare come questi nuovi canoni di rappresentazione non denuncino l’impossibilità del racconto, bensì una sfida al silenzio, celata in più sottili e complesse convenzioni narrative, le quali mantengono un rapporto di filiazione indiretto − per una via che potremmo definire denegativa − con quelle del romanzo tradizionale.
The aim of this research is the analysis of the forms of representation of trauma in 20th century novel, in particular in the work of Samuel Beckett, Georges Perec and Agota Kristof. The core of the analysis is the examination of the linguistic and narrative processes of representation of trauma in the proses of the aforementioned authors, in order to define aesthetical categories able to describe the particular features of narratives whose leading aesthetic principle is the anti-narrative dimension of the traumatic memory. The analysis will dwell on the crucial relationship – vital in all three authors – between representation of trauma and development of narrative strategies that can be defined as ‘denegative’. The theoretical bases for the analysis of the literary texts are the anti-narrative theories of the traumatic memory, along with Ricœur’s hermeneutics of narrative and the Psychoanalytical theory of language. Where possible, this is paralleled by a philological and genetic study of authorial manuscripts. In contrast with the prevailing view that, in 20th century novel, sees the triumph of anti-mimesis and the decline of the story, I seek to reassess the representative and testimonial character of 20th century literature. Since traumatic narratives are built by and hinge on gaps of language, my contention is that these gaps of language (amnesia, achrony, aphasia, Freudian slips, omissions and more articulated losses, as in Perec’s case) do in fact represent, mimetically, the apparently inaccessible reality of trauma. These new canons of representation do not state the impossibility of narrative; on the contrary they represent a challenge to silence, an attempt hidden in sharper and more complicated narrative conventions that keep a relationship of indirect origin with the conventions of the traditional novel – in a way that one could call ‘denegative’.
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Branchini, Rachele <1986&gt. "Negativi di memoria. La rappresentazione del trauma nel romanzo del Novecento. Samuel Beckett, Georges Perec, Agota Kristof". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6894/.

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Oggetto di questa tesi è l’analisi delle modalità di rappresentazione del trauma nel romanzo del Novecento e, in particolare, nelle opere di Samuel Beckett, Georges Perec e Agota Kristof. Fondamento dello studio sarà una disamina dei procedimenti linguistici e narrativi di rappresentazione del trauma nelle prose degli autori citati, al fine tracciare le linee di un’estetica in grado di descrivere le caratteristiche peculiari delle narrazioni in cui la dimensione antinarrativa della memoria traumatica assume il ruolo di principio estetico guida. L’analisi si soffermerà sulla cruciale relazione esistente, in tutti e tre gli autori, tra rappresentazione del trauma e sviluppo di strategie narrativi definibili come “denegative”. L’analisi dei testi letterari è condotta sulla base del corpus critico dei Trauma Studies, dell’ermeneutica della narrazione di stampo ricœuriano e della teoria del linguaggio psicoanalitica e affiancata, ove possibile, da uno studio filologico-genetico dei materiali d’autore. Alla luce di tali premesse, intendo rivalutare il carattere rappresentativo e testimoniale della letteratura del secolo scorso, in contrasto con la consuetudine a vedere nel romanzo novecentesco il trionfo dell’antimimesi e il declino del racconto. Dal momento che le narrazioni traumatiche si costruiscono intorno e attraverso i vuoti di linguaggio, la tesi è che siano proprio questi vuoti linguistici e narrativi (amnesie, acronie, afasie, lapsus, omissioni e mancanze ancora più sofisticate come nel caso di Perec) a rappresentare, in modo mimetico, la realtà apparentemente inaccessibile del trauma. Si tenterà di dimostrare come questi nuovi canoni di rappresentazione non denuncino l’impossibilità del racconto, bensì una sfida al silenzio, celata in più sottili e complesse convenzioni narrative, le quali mantengono un rapporto di filiazione indiretto − per una via che potremmo definire denegativa − con quelle del romanzo tradizionale.
The aim of this research is the analysis of the forms of representation of trauma in 20th century novel, in particular in the work of Samuel Beckett, Georges Perec and Agota Kristof. The core of the analysis is the examination of the linguistic and narrative processes of representation of trauma in the proses of the aforementioned authors, in order to define aesthetical categories able to describe the particular features of narratives whose leading aesthetic principle is the anti-narrative dimension of the traumatic memory. The analysis will dwell on the crucial relationship – vital in all three authors – between representation of trauma and development of narrative strategies that can be defined as ‘denegative’. The theoretical bases for the analysis of the literary texts are the anti-narrative theories of the traumatic memory, along with Ricœur’s hermeneutics of narrative and the Psychoanalytical theory of language. Where possible, this is paralleled by a philological and genetic study of authorial manuscripts. In contrast with the prevailing view that, in 20th century novel, sees the triumph of anti-mimesis and the decline of the story, I seek to reassess the representative and testimonial character of 20th century literature. Since traumatic narratives are built by and hinge on gaps of language, my contention is that these gaps of language (amnesia, achrony, aphasia, Freudian slips, omissions and more articulated losses, as in Perec’s case) do in fact represent, mimetically, the apparently inaccessible reality of trauma. These new canons of representation do not state the impossibility of narrative; on the contrary they represent a challenge to silence, an attempt hidden in sharper and more complicated narrative conventions that keep a relationship of indirect origin with the conventions of the traditional novel – in a way that one could call ‘denegative’.
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Calisti, Ilaria <1978&gt. "Per il romanzo storico di mano femminile nel Novecento: lo sguardo sul Rinascimento di Anna Banti e Maria Bellonci". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/876/1/Tesi_Calisti_Ilaria.pdf.

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Calisti, Ilaria <1978&gt. "Per il romanzo storico di mano femminile nel Novecento: lo sguardo sul Rinascimento di Anna Banti e Maria Bellonci". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/876/.

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Abignente, Elisabetta. "L’attesa d’amore nel romanzo del Novecento : Marcel Proust, A la Recherche du temps perdu, Thomas Mann, Joseph und seine Brüder, Gabriel García Márquez, El amor en los tiempos del cólera". Thesis, Paris 10, 2012. http://www.theses.fr/2012PA100026.

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Temps de solitude et de patience, de silence et de lenteur : la dimension de l’attente amoureuse pourrait paraître un sentiment désuet, peut-être archaïque, donc vidé de sens à l’époque de la globalisation, de l’abolition des distances et de la vitesse des communications. Ses représentations romanesques au XXe siècle nous démontrent, au contraire, comment l’attente amoureuse peut se révéler un paradigme très intéressant pour comprendre, à travers la littérature, les contradictions de l’homme moderne. Le but de la présente étude comparatiste est de définir une sorte de « modèle » des représentations romanesques de l’attente amoureuse au XXe siècle à travers une comparaison entre trois grandes œuvres narratives du siècle passé : A la Recherche du temps perdu (1913-1927) de Marcel Proust, Joseph und seine Brüder (1933-1943) de Thomas Mann et El amor en los tiempos del cólera (1985) de G. García Márquez. En se fondant sur les réflexions sur l’attente amoureuse offertes par Roland Barthes (Fragments d’un discours amoureux, 1977 et Le discours amoureux, 2007) et en ouvrant la comparaison à d’autres textes romanesques et dramatiques du siècle passé, cette recherche se propose d’étudier le rapport entre le temps impalpable et suspendu de l’attente et les problèmes de la fiction romanesques, tel qu’il se présente dans tout au long du XXe siècle
Love waiting is a time of patience and solitude, silence and slowness: it may seem like an obsolete and archaic sentiment, deprived of all meaning in the age of globalization, shortening of distance and rapidity of communications. Its representations in the 20th century novel, instead, show how the love waiting proves to be an interesting paradigm to understand the contradictions of contemporary humanity through the literature. This comparative research aims to define a sort of “model” of representations of the love waiting in the 20th century novel by the comparison between three important novels of the last century: Marcel Proust’s A la Recherche du temps perdu (1913-1927), Thomas Mann’s Joseph und seine Brüder (1933-1943) and Gabriel García Márquez’s El amor en los tiempos del cólera (1985). Drowing inspiration from Roland Barthes’ ideas about love waiting (Fragments d’un discours amoureux, 1977 and Le discours amoureux, 2007) and also widening the comparison to other narrative texts and pieces of the last century, this work aims to analyse the relation between the suspended and impalpable time of waiting on one side and the complex form of novel on the other side, as it occurs over the 20th century
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TONETTO, MARIA GRAZIA. "Il dono del corpo: la soggettività incarnata nel romanzo del novecento". Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11573/918599.

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Resumen
The dissertation explores the raise of the role of the body in the XX century English novel. Its main contention is that the body becomes paramount within the frame of a non-substantialist reconsideration of subjectivity, due to the parallel wane of an essentialist view of the soul and the self. On the literary side, the dissertation examines the way in which those competing views of subjectivity - embodied and egologic - clash in the novels of David Herbert Lawrence, James Joyce, and Samuel Beckett. Finally, each monographic chapter concentrates on the problems raised by the representation of the body in the literary medium, illustrating its role in the poetics of each writer.
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9

Boemia, Dario. "Recensione, romanzo e racconto. La critica letteraria quotidiana nel secondo Novecento italiano". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/10808/39905.

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Scritti non originali, esistenze riflesse, posizioni compromesse, giudizi viziati, valutazioni scarsamente meditate, commenti faziosi: questi e molti altri sono i tratti che rendono la recensione non solo una forma, si potrebbe dire, umile di critica ma anche uno dei generi minori del sistema letterario. Eppure la sua storia e le sue odierne sopravvivenze non solo dimostrano il ruolo centrale che ha svolto nei fatti letterari degli ultimi tre secoli e un’attrattiva che non si addice a un genere minore, ma parlano di un genere di cui la letteratura non può fare a meno. «Per avere una recensione erano pronti a far visite, umiliarsi, scappellarsi. Mantenevano rapporti col primo venuto, purché letterato o giornalista», scrive Arrigo Cajumi nel 1955, negli ultimi mesi della sua vita, a proposito di Jules e Edmond de Goncourt. Tale attrattiva e tale potere in ambito accademico non hanno però dato luogo a ricerche mirate. Come scrive Laurel Brake, finora la recensione è stata rigettata dai giornalisti, ripudiata dai critici letterari e dagli storici della letteratura e ora ignorata dagli studiosi dei media. Secondo la studiosa britannica la ragione di tale status risiederebbe nel fatto che la recensione, in quanto oggetto culturale, è caratterizzata prima di tutto da un’identità metanarrativa, che ne nega l’originalità. Cos’è una recensione? Quali elementi la definiscono? Come valutarla? È possibile parlare di evoluzione della recensione? Quali valori letterari veicola? Quale funzione svolge questo genere di scrittura nel sistema editoriale e letterario? Sono queste le domande che guidano da un punto di vista teorico la presente indagine, che è rivolta, per quanto riguarda gli estremi cronologici, alla seconda metà del Novecento, più nello specifico da quel secondo dopoguerra in cui la Terza pagina mostra i primi segni di debolezza fino ai primi anni Novanta, quando, da un punto di vista valoriale, si palesa uno scollamento tra una nuova generazione di scrittori e una vecchia generazione di critici e, da un punto di vista della morfologia del testo recensorio, si avvia una crisi non della recensione ma del modello allora egemonico di recensione. Il presente lavoro consta di tre parti. Nella prima verranno fornite alcune premesse storiche, teoriche e metodologiche, che saranno necessarie per sviluppare le successive analisi: verrà studiata la recensione come atto di comunicazione, come atto discorsivo realizzato e verrà ricostruita una breve storia del genere dalle origini al 1945 nel tentativo di indagare il rapporto della recensione con i contesti di pubblicazione. La seconda parte, invece, si concentrerà sullo studio e l’analisi delle recensioni pubblicate tra il 1945 e il 1991 sui maggiori quotidiani nazionali italiani, come il «Corriere della Sera», «La Stampa» e «La Repubblica», ma anche il «Messaggero», «Paese Sera», «Il Resto del Carlino», «Il Mattino», «Il Giorno», «Il Giornale». Nella terza parte, infine, si guarderà sempre ai giornali e alle recensioni nella stampa italiana del secondo Novecento, ma in particolare alla loro declinazione fumettistica. Si investigherà una tradizione di graphic reviews che, sorte sul «Giorno» nel 1962 per opera di Marcello Piccardo, proseguirono con grande vivacità nei decenni a venire, colonizzando nuove testate (quali «La Fiera letteraria», il «Corriere della Sera», «il manifesto», «Linus», «l’Unità») e nuovi oggetti (quali la musica, il cinema e il fumetto stesso).
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10

Caporiccio, Elisa. ""Allegorie in prosa. Forme dell’allegorismo narrativo nel secondo Novecento letterario italiano"". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1239411.

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Resumen
Lo studio, come dichiarato nel sintagma d'apertura del titolo, nasce dal proposito d’indagare la presenza di un’istanza allegorica nelle strutture in prosa. A tal fine, la ricerca condotta si svincola da una definizione dell’allegoria come mera figura retorica, per rivendicarne, sulla scia della lezione benjaminiana, lo statuto di ‘forma artistica’ attraverso cui trovano espressione le contraddizioni e le aporie dell’età moderna. Adottando una declinazione storicamente e culturalmente determinata di tale forma espressiva, il raggio d’analisi dello studio è circoscritto a una ben precisa area del secondo Novecento italiano, identificabile attraverso la formula di ‘letteratura di ricerca’. Le opere in prosa afferenti a questa koiné letteraria mostrano, infatti, un frequente e sintomatico ricorso a forme di ‘allegorismo narrativo’, capaci di incidere tanto sul piano contenutistico, quanto su quello della diegesi, delle forme e strutture testuali. Sfruttando l'ampia teorizzazione esistente sull'allegoria moderna (ripercorsa e discussa nella 'Parte Prima' del lavoro) e riflettendo, nello specifico, sulla relazione tra allegoria e narrazione (indagata nella 'Parte seconda'), la ricerca approda (nella 'Parte terza') a un percorso di letture critiche, che pongono l'attenzione su una serie di testi particolarmente esemplificativi delle modalità di allegorismo narrativo illustrate e commentate nel corso dello studio. Viene attraversata, secondo tale prospettiva esegetica, la produzione narrativa di Giorgio Manganelli (Centuria, Encomio del tiranno), Guido Morselli (Dissipatio H. G.), Paolo Volponi (Il pianeta irritabile), Luigi Malerba (Il serpente e Salto mortale), Edoardo Sanguineti (Il Giuoco dell’oca) e Roberto Di Marco (Fughe).
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Libros sobre el tema "Romanzo cavalleresco nel Novecento"

1

Personaggio e romanzo nel Novecento italiano. [Milan; Italy]: B. Mondadori, 2009.

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2

L'eroe alla prova: Architetture meravigliose nel romanzo cavalleresco spagnolo del Cinquecento. Pisa: ETS, 2007.

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3

Carla, Papini Maria, Fioretti Daniele y Spignoli Teresa, eds. Il romanzo di formazione nell'Ottocento e nel Novecento. Pisa: ETS, 2007.

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4

Donna isola: Ritratti femminili nel romanzo del Novecento. Cagliari: CUEC, 2007.

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5

La rappresentazione dell' "altrove" nel romanzo italiano del Novecento. Pisa: ETS, 2008.

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6

Bognolo, Anna. La finzione rinnovata: Meraviglioso, corte e avventura nel romanzo cavalleresco del primo Cinquecento spagnolo. Pisa: ETS, 1997.

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7

I viaggi dei cavalieri: Tempo e spazio nel romanzo cavalleresco castigliano, secoli XIV-XVI. Soveria Mannelli (Catanzaro): Rubbettino, 2009.

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8

Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori., ed. L' egemonia del romanzo: La narrativa italiana nel secondo Novecento. Milano: Il saggiatore, 2007.

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9

Forti, Marco. Narrativa e romanzo nel Novecento italiano: Studi critici, ritratti e ricerche. Milano: Il Saggiatore, 2009.

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10

Narrativa e romanzo nel Novecento italiano: Studi critici, ritratti e ricerche. Milano: Il Saggiatore, 2009.

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Capítulos de libros sobre el tema "Romanzo cavalleresco nel Novecento"

1

Cadioli, Alberto. "Il mare nel romanzo d’avventura tra Ottocento e Novecento". En La mer dans la culture italienne, 287–95. Presses universitaires de Paris Nanterre, 2009. http://dx.doi.org/10.4000/books.pupo.26480.

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