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Tesis sobre el tema "Risposta ambientale"

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1

Candotto, Carniel Fabio. "Meccanismi di risposta di simbionti lichenici allo stress foto-ossidativo". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10139.

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Resumen
2012/2013
I licheni, una simbiosi mutualistica tra un fungo (il micobionte), generalmente un ascomicete, e una o più popolazioni di alghe e/o cianobatteri (il fotobionte) sono considerati forme di vita estremofile in quanto da disidratati possono resistere a condizioni ambientali molto difficili come elevati irraggiamenti solari, scarsa disponibilità d'acqua e di nutrienti e dosi elevate di inquinanti aerodiffusi. Tali fattori di stress tuttavia inducono una sovrapproduzione a livello cellulare di specie reattive dell'ossigeno (ROS), che se eccede le difese antiossidanti genera stress ossidativo. L'accumulo delle ROS è un fenomeno molto pericoloso perché porta al danneggiamento di importanti macromolecole come lipidi, proteine e DNA ed in casi estremi può condurre anche alla morte cellulare. Sebbene gli effetti dello stress foto-ossidativo nei licheni siano già stati studiati, in questo dottorato di ricerca si è voluto approfondire alcuni aspetti ancora poco chiari relativi alla resistenza dei fotobionti a questo stress e alla resistenza dei licheni allo stress ossidativo indotto dalla presenza di elevate concentrazioni di inquinanti fotochimici come l'ozono (O3). Sul primo filone di ricerca sono stati condotti due studi. Nel primo ci si è focalizzati sugli effetti dello stress foto-ossidativo su parametri fisiologici di vitalità (ChlaF) e di produzione di ROS in un fotobionte lichenico e nella sua controparte lichenizzata. Ciò è stato ottenuto sottoponendo colture axeniche del fotobionte Trebouxia sp. e lobi del lichene Parmotrema perlatum da cui è stato isolato il fotobionte, a diverse combinazioni di umidità relativa e intensità luminose per periodi di tempo crescenti. L'obiettivo di questo studio è stato quello di approfondire le conoscenze sui benefici indotti dalla lichenizzazione nella resistenza al disseccamento e al concomitante stress foto-ossidativo. Il secondo studio invece, strettamente connesso al primo, è focalizzato sulla variazione di espressione genica dell'intero trascrittoma del fotobionte Trebouxia gelatinosa, isolato dal lichene Flavoparmelia caperata (L.) Hale, indotta da eventi di disidratazione e reidratazione. Con questo studio si è voluto individuare ed analizzare i meccanismi molecolari alla base della tolleranza di questo organismo al disseccamento e al concomitante stress fotoossidativo. Sul secondo filone di ricerca invece è stato condotto uno studio sulle risposte fisiologiche, citologiche e biochimiche del lichene Flavoparmelia caperata (L.) Hale sottoposto a fumigazioni con O3 e mantenuto a diversi regimi di idratazione e di umidità relativa ambientale. L'obiettivo di questo studio è stato quello di verificare se la tolleranza di questo lichene allo stress ossidativo derivante dall'esposizione all'O3 dipende da una strategia O3-avoidant, imputabile alla sua inattività metabolica durante le ore della giornata in cui si verifica il picco dell'O3, oppure da una O3-tolerant, dovuta invece alla presenza di un cospicuo ed efficace corredo di difese antiossidanti. Il primo studio ha dimostrato che il fotobionte algale al di fuori della simbiosi è in grado di resistere a livelli elevati di stress foto-ossidativo anche per periodi molto lunghi. Tuttavia è stato confermato che la simbiosi adduce benefici importanti come l'aumento della capacità di estinzione dell'energia accumulata dalle clorofille attraverso meccanismi non fotochimici e un ridotto effetto ossidativo indotto dal disseccamento. Questi risultati ci hanno permesso di sfatare l'ormai consolidata idea che i fotobionti algali, in particolare quelli del genere Trebouxia, siano particolarmente delicati e incapaci di tollerare autonomamente (al di fuori della simbiosi) fattori di stress abiotici come quelli che intervengono durante il disseccamento. Dai risultati del secondo studio è emerso che il fotobionte T. gelatinosa per far fronte alle importanti alterazioni dovute alla perdita d'acqua, si affida soprattutto a meccanismi che intervengono durante la fase di reidratazione. I più importanti coinvolgono molecole di riparazione “chaperone”, e. g. “Heath Shock Proteins”, e proteine della famiglia “Desiccation Related Proteins”, la cui funzione è ancora sconosciuta, ma visto l'elevato numero, la loro diversità intraspecifica e la sensibilità ai cambi di contenuto idrico, sembrano giocare un ruolo molto importante. Paradossalmente invece non sono state osservate alterazioni nell'espressione di geni collegati alle difese antiossidanti, che è sempre rimasta a livelli costitutivi. Ciò è stato interpretato come una strategia che permette all'organismo di avere sempre a disposizione mRNA per la neo-sintesi di nuovi enzimi coinvolti nelle difese antiossidanti. Infine nell'ultimo studio è stata riconfermata l'elevata resistenza del lichene F. caperata allo stress ossidativo derivato dall'esposizione all'O3 in quanto alla concentrazione utilizzata, ovvero il massimo registrato nell'ambiente alle nostre latitudini, non è stato osservato alcun effetto sulla vitalità nonostante sia stata osservata una notevole produzione di ROS. L'effetto ossidativo dell'O3 infatti è stato controbilanciato dalle difese antiossidanti le quali si sono mostrate altamente sensibili all'esposizione ed efficaci anche a bassi contenuti idrici. Lo stress ossidativo derivante da fattori abiotici di origine naturali e antropica dunque sembra essere gestito efficacemente sia dai licheni che dai loro fotobionti isolati, grazie ad efficienti difese antiossidanti e all'intervento di meccanismi di riparazione del danno.
XXVI Ciclo
1983
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2

GASPARRI, ROBERTA. "Studio della risposta germinativa e della morfologia seminale di alcune specie annuali utilizzabili nei progetti di recupero ambientale degli ambienti ipersalini". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2017. http://hdl.handle.net/11566/245316.

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Resumen
Oggetto principale della tesi di dottorato è la caratterizzazione del comportamento germinativo dei semi di alcune popolazioni, raccolte in diverse località italiane ed europee, di S. patula, S. emerici e S. veneta appartenenti all' habitat 1310: "Vegetazione annua pioniera a Salicornia e altre specie delle zone fangose e sabbiose" fortemente rarefatto in Europa e soprattutto nel bacino del Mediterraneo. Lo studio ha previsto: (i) l'analisi della risposta germinativa a differenti condizioni di temperatura e concentrazioni saline; (ii) la determinazione delle condizioni ottimali di temperatura e salinità; (iii) la valutazione della capacità di adattamento delle diverse specie in relazione alle differenti località di raccolta; (iv) la caratterizzazione vegetazionale delle differenti località di raccolta attraverso il metodo fitosociologico; (v) l'identificazione dei fattori chiave che controllano la germinazione di queste specie. Le specie studiate mostrano elevate percentuali medie di germinazione in un ampio intervallo di temperature e di concentrazioni saline, in tempi relativamente brevi. Presentano una temperatura ottimale di germinazione a 25 °C. Sono specie molto tolleranti ed arrivano a germinare fino alla concentrazione salina di 1000 mM di NaCl. Il modello germinativo di S. patula si caratterizza in relazione alle caratteristiche bioclimatiche delle tre località di raccolta e al peso dei semi. S. emerici si è dimostrata un'ottima specie da impiegare nei progetti di recupero degli ambienti ipersalini. Lo studio del comportamento germinativo dei semi di S. veneta provenienti da quattro differenti località adriatiche ha permesso di ottenere un protocollo di facile applicazione per la germinazione di questa specie rara e protetta, per la quale i fattori che ne determinano il successo germinativo sono il volume e il peso del seme. I risultati ottenuti rappresentano un contributo alla redazione di protocolli di germinazione utili per la moltiplicazione di queste specie e per applicazioni in campo ambientali e agronomico.
The main subject of the PhD thesis is the characterization of the seed germination behavior of some populations collected in different Italian and European localities, S. patula, S. emerici and S. veneta belonging to Habitats 1310: "Salicornia and other annuals colonizing mud and sand" strongly rarefied in Europe and particularly, in the Mediterranean basin. The study included: (i) the analysis of germination response at different conditions of temperature and salt concentrations; (ii) the determination of the optimal conditions of temperature and salinity for the species studied; (iii) the assessment of adaptability of the different species related to the different sites of collection; (iv) the vegetational characterization of the different harvesting sites using the phytosociological method; (v) the identification of the key factors that control germination of these species. The studied species showed high percentages of final averages germination in a broad range of temperatures and salt concentrations in relatively short times. They have a 25 °C optimum temperature for germination. All species are very tolerant to salinity up to 1000 mM NaCl. The germination model of S. patula is distinguished by bioclimatic characteristics of the three sites of seed collection and seed weight. S. emerici was an excellent species to be used in restoration projects of hyper saline environments. The study of the seed germination behavior of the S. veneta from four different Adriatic localities allowed us to obtain an easy application protocol for germination of this rare and protected species for which the factors of a successful germination are the seed volume and weight. The results obtained represent a contribution to the drafting of useful protocols for germination and multiplication of Salicornia, especially in environmental and agronomic applications.
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3

Gerdol, Marco. "Un approccio trascrittomico per delineare i meccanismi molecolari alla base della risposta del mitilo Mytilus galloprovincialis a patogeni e alla contaminazione da biotossine algali". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7383.

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Resumen
2010/2011
L’avvento delle tecniche di sequenziamento di nuova generazione ha reso recentemente disponibile l’opportunità di analizzare su scala genomica e trascrittomica organismi non modello, anche nel caso in cui virtualmente non sia disponibile alcuna informazione pregressa. Il mitilo mediterraneo Mytilus galloprovincialis è un organismo di grande importanza economica ed è considerato un utile bioindicatore, ma nonostante ciò fino a questo momento gli studi molecolari sono stati fortemente limitati proprio dalla limitata conoscenza genomica di questo importante bivalve. In questa tesi sono state utilizzate tecniche di sequenziamento di nuova generazione per analizzare la risposta del mitilo a biotossine algali paralitiche (PSP) su scala trascrittomica a livello della ghiandola digestiva. L’enorme mole di dati di sequenza ottenuti ha permesso di studiare in modo approfondito alcune famiglie di geni di grande importanza nella risposta immune del mitilo. In particolare sono state individuate e descritte l’ampia famiglia di lectine C1q-like, coinvolte nel riconoscimento dei patogeni, e due nuove famiglie di peptidi antimicrobici, le big defensine e le mitimacine.
XXIV Ciclo
1984
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4

Poh'siè, Guillaume Hervè. "ANALISI DELLA DUTTILITÀ DI EDIFICI MULTIPIANO IN LEGNO E MITIGAZIONE DELLA RISPOSTA SISMICA MEDIANTE L'USO DI MASSE ACCORDATE". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11110.

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Resumen
2013/2014
Le tecniche di analisi numeriche in campo non lineare delle strutture in legno sulla base delle prove sperimentali su singoli componenti, elementi strutturali e interi edifici si sono molto evolute nell'ultimo decennio. Numerosi ricercatori si sono dedicati a sviluppare modelli per simulare il comportamento ciclico in campo non lineare (chiodi, hold down, viti e squadrette a taglio) e i risultati di numerosi modelli numerici sono stati confrontati con i risultati sperimentali in termini di forza massima, degrado di rigidezza ,resistenza, spostamento massimo e ultimo, energia dissipata. Questo lavoro di tesi segue la linea della progettazione basata sul Performance Based Design. Nella prima parte della stessa viene approfondita l’analisi statica non lineare per determinare la curva di capacità degli elementi e dei sistemi strutturali a telaio leggero e X-Lam. Nella seconda parte si analizza il problema del miglioramento delle performance delle strutture in X-Lam mediante l'uso delle masse accordate (Tuned Mass Dampers). Queste vengono progettate con tecniche di ottimizzazione, allo scopo di ridurre al meglio le accelerazioni massime che in genere accompagnano questa tipologia strutturale.
XXVII Ciclo
1979
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5

Ferraccioli, Annalisa. "Contributo alla definizione di un modello sismo-stratigrafico in un tratto delle pieghe ferraresi". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Resumen
L’area delle pieghe ferraresi genera un alto strutturale del substrato Miocenico con riduzione o assenza dei sovrastanti sedimenti terziari, erosi nel Pleistocene medio durante l’emersione di quest’area. Questa particolarità è presente a Casaglia dove il substrato si trova a profondità di circa 130 m, generando un picco nelle curve H/V a frequenza di 0.80 Hz. Nel presente lavoro abbiamo sperimentato se i metodi di prospezione sismica tradizionalmente impiegati per gli studi di risposta sismica locale (metodi che studiano le amplificazioni per risonanza e le rigidezze dei terreni) possono essere usati anche per le ricostruzioni dell’assetto stratigrafico di bacini sedimentari profondi, studiando le variazioni delle frequenze di risonanza e delle rigidezze dei terreni con la profondità. Questi metodi sono stati usati con profitto in altri contesti (valli alpine) dove i contrasti di impedenza sono molto marcati, mentre sono meno usati per ricostruire gli assetti stratigrafici in ambienti di bassa pianura, aventi contrasti di impedenza meno marcati. Nello specifico si sono condotte 33 acquisizioni HVSR, integrate a 7 acquisizioni ReMi e 13 acquisizioni ESAC tratte dal lavoro di Mantovani et al. (2019) durante uno studio di risposta sismica locale. Le indagini sono state effettuate lungo due linee quasi parallele, lunghe rispettivamente 28 e 27 km, con inizio ad Occhiobello (Rovigo) e termine a Cento (Ferrara), aventi andamento circa perpendicolare a quello delle pieghe ferraresi. Ci siamo concentrati sulla definizione delle rigidezze dei terreni (attraverso la misura della Vs) e sulla mappatura dei principali riflettori sismici fino a grande profondità. Riconoscere i riflettori sismici a grande profondità è importante negli studi di risposta sismica locale, perché possono generare fenomeni di intrappolamento delle onde sismiche per riflessione, che determinano un allungamento della durata del moto sismico, rendendolo potenzialmente più dannoso a parità di magnitudo.
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6

Bandiera, Patrizia <1978&gt. "Organismi acquatici e ambiente: meccanismi biochimici di interazione, risposta e adattamento". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/48/1/Tesi_completa.pdf.

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Resumen
The research is focused on the relationship between some Mg2+-dependent ATPase activities of plasma- and mitochondrial membranes from tissues of cultured marine bivalve molluscs and potentially stressful environmental conditions, such as the exposure to contaminants both of natural origin (ammonia nitrogen, the main contaminant of aquaculture plants) and of anthropic source (alkyltins). The two filter-feeding bivalve species selected colonize different habitats: the common mussel Mytilus galloprovincialis binds to hard substrates and the Philippine clam Tapes philippinarum burrows into sea bottom sandy beds. The choice of typical species of coastal waters, extremely suitable for environmental studies due to their features of poor motility, resistance to transport and great filtering efficiency, may constitute a model to evaluate responses to contaminants of membrane-bound enzyme activities involved in key biochemical mechanisms, namely cell ionic regulation and mitochondrial energy production. In vitro and in vitro approaches have been pursued. In vitro assays were carried out by adding the contaminants (NH4Cl and alkyltins) directly to the ATPase reaction media. In vivo experiments were carried out by exposing mussels to various tributyl tin (TBT) concentrations under controlled conditions in aquaria. ATPase activities were determined spectrophotometrically according to the principles of the method of Fiske and Subbarow (1925). The main results obtained are detailed below. In Tapes philippinarum the interaction of NH4 +, the main form of ammonia nitrogen at physiological and seawater pHs, with the Na,K-ATPase and the ouabaininsensitive Na-ATPase was investigated in vitro on gill and mantle microsomal membranes. The proven replacement by NH4 +of K+ in the activation of the Na,KATPase and of Na+ in the activation of the ouabain-insensitive ATPase displayed similar enzyme affinity for the substituted cation. on the one hand this finding may represent one of the possible mechanisms of ammonia toxicity and, on the other, it supports the hypothesis that NH4 + can be transported across the plasma membrane through the two ATPases. In this case both microsomal ATPases may be involved and co-operate, at least under peculiar circumstances, to nitrogen excretion and ammonia detoxification mechanisms in bivalve molluscs. The two ATPase activities stimulated by NH4 + maintained their typical response to the glycoside ouabain, specific inhibitor of the Na,K-ATPase, being the Na++ NH4 +-activated ATPase even more susceptive to the inhibitor and the ouabain-insensitive ATPase activity activated indifferently by Na+ or NH4 + unaffected by up to 10-2 M ouabain. In vitro assays were carried out to evaluate the response of the two Na-dependent ATPases to organotins in clams and mussels and to investigate the interaction of TBT with mussel mitochondrial oligomycin-sensitive Mg-ATPase. Since no literature data were available, the optimal assay conditions and oligomycin sensitivity of mussel mitochondrial MgATPase were determined. In T. philippinarum the ouabain-insensitive Na-ATPase was found to be refractory to TBT both in the gills and in the mantle, whereas the Na,K-ATPase was progressively inhibited by increasing TBT doses; the enzyme inhibition was more pronounced in the gills than in the mantle. In both tissues of M. galloprovincialis the Na,K-ATPase inhibition by alkyltins decreased in the order TBT>DBT(dibutyltin)>>MBT(monobutyltin)=TeET(tetraethyltin) (no effect). Mussel Na-ATPase confirmed its refractorimess to TBT and derivatives both in the gills and in the mantle. These results indicate that the Na,K-ATPase inhibition decreases as the number of alkyl chains bound to tin decreases; however a certain polarity of the organotin molecule is required to yield Na,K-ATPase inhibition, since no enzyme inhibition occurred in the presence of tetraalkyl-substituted derivatives such as TeET . Assays carried out in the presence of the dithioerythritol (DTE) pointed out that the sulphhydrylic agent is capable to prevent the Na,K-ATPase inhibition by TBT, thus suggesting that the inhibitor may link to -SH groups of the enzyme complex.. Finally, the different effect of alkyltins on the two Na-dependent ATPases may constitute a further tool to differentiate between the two enzyme activities. These results add to the wealth of literature data describing different responses of the two enzyme activities to endogenous and exogenous modulators . Mussel mitochondrial Mg-ATPase was also found to be in vitro inhibited by TBT both in the gills and in the mantle: the enzyme inhibition followed non competitive kinetics. The failed effect of DTE pointed out that in this case the interaction of TBT with the enzyme complex is probably different from that with the Na,K-ATPase. The results are consistent with literature data showing that alkyltin may interact with enzyme structures with different mechanisms. Mussel exposure to different TBT sublethal doses in aquaria was carried out for 120 hours. Two samplings (after 24 and 120 hrs) were performed in order to evaluate a short-term response of gill and mantle Na,K-ATPase, ouabain-insensitive Na-ATPase and Mg-ATPase activities. The in vivo response to the contaminants of the enzyme activities under study was shown to be partially different from that pointed out in the in vitro assays. Mitochondrial Mg-ATPase activity appeared to be activated in TBTexposed mussels with respect to control ones, thus confirming the complexity of evaluating in vivo responses of the enzyme activities to contaminants, due to possible interactions of toxicants with molluscan metabolism. Concluding, the whole of data point out that microsomal and mitochondrial ATPase activities of bivalve molluscs are generally responsive to environmental contaminants and suggest that in some cases membrane-bound enzyme activities may represent the molecular target of their toxicity. Since the Na,K-ATPase, the Na-ATPase and the Mg-ATPase activities are poorly studied in marine bivalves, this research may contribute to enlarge knowledge in this quite unexplored field.
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7

Bandiera, Patrizia <1978&gt. "Organismi acquatici e ambiente: meccanismi biochimici di interazione, risposta e adattamento". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/48/.

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Resumen
The research is focused on the relationship between some Mg2+-dependent ATPase activities of plasma- and mitochondrial membranes from tissues of cultured marine bivalve molluscs and potentially stressful environmental conditions, such as the exposure to contaminants both of natural origin (ammonia nitrogen, the main contaminant of aquaculture plants) and of anthropic source (alkyltins). The two filter-feeding bivalve species selected colonize different habitats: the common mussel Mytilus galloprovincialis binds to hard substrates and the Philippine clam Tapes philippinarum burrows into sea bottom sandy beds. The choice of typical species of coastal waters, extremely suitable for environmental studies due to their features of poor motility, resistance to transport and great filtering efficiency, may constitute a model to evaluate responses to contaminants of membrane-bound enzyme activities involved in key biochemical mechanisms, namely cell ionic regulation and mitochondrial energy production. In vitro and in vitro approaches have been pursued. In vitro assays were carried out by adding the contaminants (NH4Cl and alkyltins) directly to the ATPase reaction media. In vivo experiments were carried out by exposing mussels to various tributyl tin (TBT) concentrations under controlled conditions in aquaria. ATPase activities were determined spectrophotometrically according to the principles of the method of Fiske and Subbarow (1925). The main results obtained are detailed below. In Tapes philippinarum the interaction of NH4 +, the main form of ammonia nitrogen at physiological and seawater pHs, with the Na,K-ATPase and the ouabaininsensitive Na-ATPase was investigated in vitro on gill and mantle microsomal membranes. The proven replacement by NH4 +of K+ in the activation of the Na,KATPase and of Na+ in the activation of the ouabain-insensitive ATPase displayed similar enzyme affinity for the substituted cation. on the one hand this finding may represent one of the possible mechanisms of ammonia toxicity and, on the other, it supports the hypothesis that NH4 + can be transported across the plasma membrane through the two ATPases. In this case both microsomal ATPases may be involved and co-operate, at least under peculiar circumstances, to nitrogen excretion and ammonia detoxification mechanisms in bivalve molluscs. The two ATPase activities stimulated by NH4 + maintained their typical response to the glycoside ouabain, specific inhibitor of the Na,K-ATPase, being the Na++ NH4 +-activated ATPase even more susceptive to the inhibitor and the ouabain-insensitive ATPase activity activated indifferently by Na+ or NH4 + unaffected by up to 10-2 M ouabain. In vitro assays were carried out to evaluate the response of the two Na-dependent ATPases to organotins in clams and mussels and to investigate the interaction of TBT with mussel mitochondrial oligomycin-sensitive Mg-ATPase. Since no literature data were available, the optimal assay conditions and oligomycin sensitivity of mussel mitochondrial MgATPase were determined. In T. philippinarum the ouabain-insensitive Na-ATPase was found to be refractory to TBT both in the gills and in the mantle, whereas the Na,K-ATPase was progressively inhibited by increasing TBT doses; the enzyme inhibition was more pronounced in the gills than in the mantle. In both tissues of M. galloprovincialis the Na,K-ATPase inhibition by alkyltins decreased in the order TBT>DBT(dibutyltin)>>MBT(monobutyltin)=TeET(tetraethyltin) (no effect). Mussel Na-ATPase confirmed its refractorimess to TBT and derivatives both in the gills and in the mantle. These results indicate that the Na,K-ATPase inhibition decreases as the number of alkyl chains bound to tin decreases; however a certain polarity of the organotin molecule is required to yield Na,K-ATPase inhibition, since no enzyme inhibition occurred in the presence of tetraalkyl-substituted derivatives such as TeET . Assays carried out in the presence of the dithioerythritol (DTE) pointed out that the sulphhydrylic agent is capable to prevent the Na,K-ATPase inhibition by TBT, thus suggesting that the inhibitor may link to -SH groups of the enzyme complex.. Finally, the different effect of alkyltins on the two Na-dependent ATPases may constitute a further tool to differentiate between the two enzyme activities. These results add to the wealth of literature data describing different responses of the two enzyme activities to endogenous and exogenous modulators . Mussel mitochondrial Mg-ATPase was also found to be in vitro inhibited by TBT both in the gills and in the mantle: the enzyme inhibition followed non competitive kinetics. The failed effect of DTE pointed out that in this case the interaction of TBT with the enzyme complex is probably different from that with the Na,K-ATPase. The results are consistent with literature data showing that alkyltin may interact with enzyme structures with different mechanisms. Mussel exposure to different TBT sublethal doses in aquaria was carried out for 120 hours. Two samplings (after 24 and 120 hrs) were performed in order to evaluate a short-term response of gill and mantle Na,K-ATPase, ouabain-insensitive Na-ATPase and Mg-ATPase activities. The in vivo response to the contaminants of the enzyme activities under study was shown to be partially different from that pointed out in the in vitro assays. Mitochondrial Mg-ATPase activity appeared to be activated in TBTexposed mussels with respect to control ones, thus confirming the complexity of evaluating in vivo responses of the enzyme activities to contaminants, due to possible interactions of toxicants with molluscan metabolism. Concluding, the whole of data point out that microsomal and mitochondrial ATPase activities of bivalve molluscs are generally responsive to environmental contaminants and suggest that in some cases membrane-bound enzyme activities may represent the molecular target of their toxicity. Since the Na,K-ATPase, the Na-ATPase and the Mg-ATPase activities are poorly studied in marine bivalves, this research may contribute to enlarge knowledge in this quite unexplored field.
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8

Liuzzo, Scorpo Alberto. "Heat transfer in borehole heat exchangers and the contribution of groundwater flow". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10123.

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Resumen
2012/2013
The exploitation of geothermal heat by ground source heat pumps is presently growing throughout Europe and the world. In Italy, at the end of 2010, borehole heat exchangers covered most of the 30% of the total energy used for space conditioning, showing an increase of 50%compared to 2005. The forecasts for 2015 suggest a further increase in the direct uses of the geothermal heat exceeding 50% compared to 2010 and a corresponding increase in the geothermal energy consumption. The possibility to design plants with higher efficiency and lower costs of installation and operation is required, to support the growth of the ground source heat pump systems and the consequent diffusion of the exploitation of the geothermal resources. Research and better knowledge of the processes involved in the heat transfer between the borehole heat exchanger and the surrounding ground is crucial to predict the behavior of the plant-geothermal source interaction in any possible operational condition. The knowledge of the hydrogeological characteristics of the specific site where the plant has to be installed is also essential to prevent over- or under-sizing of the heat exchanger(s) due to a rough design. Over the years, several analytical solutions have been proposed to calculate the temperature distribution around a borehole heat exchanger during operation. The infinite line source analytical model considers an infinite linear heat source which exchanges heat with the surrounding ground by conduction only. Other models, based on the infinite linear heat source, have been later developed, considering also the contribution to the conductive heat transfer due to groundwater flow. The presence of flowing water around a borehole heat exchanger implies forced convection, resulting in an increased efficiency of the heat transfer between the ground and the borehole heat exchanger. Studying this process may suggest new ways to improve the efficiency and to reduce the cost of ground source heat pump systems. In this thesis, the contribution of groundwater flow in the heat transfer process between borehole heat exchangers and surrounding ground has been investigated, in order to increase the theoretical knowledge as well as to improve the existing design tools. Two-dimensional models have been considered, taking into account the actual cylindrical geometry of the borehole. The groundwater flow has been modeled as steady, horizontal and with variable flow rates, in order to encompass most of the real ground source heat pump applications. Gravitational effects, i.e. the effects of a possible natural convection, have been neglected. The results suggest that in the considered range of Darcy number, the calculation of the heat transfer efficiency is not affected if Darcynian model is used to describe the velocity field, although the viscous effects, and consequently the formation of the hydraulic boundary layer, are neglected. Calculations made using numerical simulations are compared with an analytical solution which takes into account forced convection due to groundwater flow and based on the linear heat source model. The regions of space and time where this analytical solution is affected by the effects of the line source assumption, in both cases of single- and multiple-borehole(s) systems, have been defined. The potential of the thermal response test analysis as a tool to predict the spacing between boreholes when groundwater flow occurs has been investigated, defining and studying the Influence Length as function of groundwater flow rate. The results suggest that even relatively low flow rates allow to reduce significantly the spacing between boreholes in the perpendicular direction with respect to groundwater flow. The distance from the borehole where the temperature disturbance becomes not-significant (Influence Length) is roughly predictable by thermal response test analysis. The study of the Influence Length may be a useful tool in the design of dissipative multiple-boreholes systems, as well as in areas with a high density of single-borehole plants, to reduce the spacing avoiding thermal interferences. Moreover, an expeditious, graphical method to estimate the hydraulic conductivity of the ground by thermal response test analysis has been proposed. An example of application of the methodology is presented, taking into account experimental data as well as plausible hydrological and petrological assumptions when the data are unavailable. The obtained result is in agreement with the hydraulic conductivity range reported in literature for the type of substrate considered in the example. In order to verify this method, further inv1estigations and developments are required. In fact, the graphs used in the procedure presented in this work are referred to specific borehole conditions (borehole filled by groundwater) and are based on two-dimensional models (i.e. end-effects and natural convection are neglected). Besides, the assumptions required to compensate the unavailable data imply that the method cannot be considered verified. Finally, further studies are suggested in order to improve and develop the proposed methods.
Negli ultimi anni, l’utilizzo del calore geotermico tramite pompe di calore accoppiate al terreno sta aumentando significativamente in tutta Europa e in generale nel mondo. In Italia, alla fine del 2010, le sonde geotermiche coprivano più del 30% dell’energia totale utilizzata per riscaldamento e raffrescamento degli edifici, mostrando un aumento del 50% rispetto al 2005. Le previsioni per il 2015 suggeriscono un ulteriore aumento degli utilizzi diretti del calore geotermico maggiore del 50% rispetto al 2010 e un analogo incremento del consumo di energia geotermica in generale. Con l’aumento della diffusione di questa tecnologia, e quindi un maggior sfruttamento di tale risorsa, aumenta anche la necessità di progettare impianti con la massima efficienza possibile e con bassi costi di installazione ed esercizio. La comprensione dei processi coinvolti nel trasferimento di calore tra sonda geotermica e terreno circostante è fondamentale per prevedere il comportamento degli impianti. Anche la conoscenza delle caratteristiche idrogeologiche del sito specifico nel quale l’impianto deve essere installato è essenziale al fine di evitare un’errata progettazione che può causare sovra- o sotto-dimensionamento della sonda. Nel corso degli anni, diverse soluzioni analitiche sono state proposte per calcolare la distribuzione di temperatura attorno alla sonda geotermica durante il suo utilizzo. Il modello analitico della sorgente di calore lineare e infinita considera lo scambio di calore che avviene per sola conduzione attorno ad una sorgente di raggio infinitesimo e di lunghezza infinita. Altri modelli successivi a questo e anch’essi basati sulla sorgente di calore lineare ed infinita, tengono conto anche del contributo convettivo dovuto al flusso dell’acqua di falda. La presenza di un flusso di acqua attorno ad una sonda geotermica, infatti, comporta convezione forzata e, di conseguenza, un aumento dello scambio di calore tra sonda e terreno. Per questo motivo, lo studio degli effetti di tale processo è un fattore chiave per riuscire a migliorare l’efficienza degli scambiatori di calore accoppiati al terreno. Questa tesi presenta lo studio del contributo del flusso delle acque di falda sul processodi scambio termico tra sonde geotermiche e terreno circostante, al fine di incrementare la conoscenza teorica e migliorare gli strumenti di progettazione già esistenti. Per raggiungere questo scopo ci si è serviti di modelli numerici bi-dimensionali che tengono conto della reale geometria cilindrica della sonda. Il fusso delle acque di falda è stato assunto come stazionale e orizzontale. Al fine di includere la maggior parte delle applicazioni geotermiche reali, un vasto range di portate è stato preso in considerazione. Gli effetti gravitativi, e quindi i possibili effetti di convezione naturale, sono stati invece trascurati. Sono stati confrontati i risultati del calcolo del trasferimento di calore ottenuti utilizzando rispettivamente l’equazione di Darcy e l’equazione di Darcy-Brinkman per descrivere il campo di velocità dell’acqua di falda attorno alla sonda. Le conclusioni raggiunte suggeriscono che utilizzando il modello di Darcy, il risultato risulta comunque sufficientemente accurato per i numeri di Darcy considerati, nonostante gli effetti viscosi, e quindi la formazione dello strato-limite fluidodinamico, vengano trascurati. I risultati delle simulazioni numeriche sono stati comparati con un modello analitico che prevede convezione forzata, dovuta al flusso di falda, attorno ad una sorgente di calore lineare ed infinita. Sono quindi state definite le regioni dello spazio e del tempo dove tale soluzione analitica è soggetta agli effetti della linearit`a della sorgente, sia nel caso di sonda singola, sia nel caso di campo-sonde. Sono inoltre state studiate le potenzialità dell’analisi del test di risposta termica come strumento per prevedere la spaziatura tra le sonde in funzione della portata del flusso dell’acqua di falda. I risultati suggeriscono che portate relativamente modeste, permettono una riduzione significativa della spazitura tra le sonde in direzione perpendicolare rispetto a quella di scorrimento dell’acqua di falda. Sfruttando l’analisi del test di risposta termica, è possibile stimare approssimativamente la distanza dalla sonda alla quale il disturbo di temperatura diventa trascurabile (distanza di influenza). Lo studio di questa distanza di influenza pu`o essere un utile strumento per la progettazione di sistemi dissipativi composti da sonde multiple, così come nelle aree con un’alta densità di impianti a sonda singola, al fine di ridurre la spaziatura tra le sonde, evitando allo stesso tempo l’insorgere di interferenze termiche tra sonde adiacenti. Inoltre è stato proposto un metodo grafico e speditivo per la stima della conducibilità idraulica del substrato tramite l’analisi del test di risposta termica. È stato presentato un esempio dell’applicazione di questa metodologia utilizzando sia dati sperimentali sia assunzioni plausibili di carattere idrologico e petrologico, quando non è stato possibile avvalersi di dati sperimentali. I risultati ottenuti sono in accordo con i valori di conducibilità idraulica proposti in letteratura per il tipo di substrato dell’esempio. Per poter verificare l’affidabilità di questo metodo, ulteriori studi e sviluppi sono sono necessari. Infatti, i grafici utilizzati nella procedura presentata in questa tesi, si riferiscono a specifiche condizioni della sonda (acqua di falda come materiale di riempimento) e sono inoltre basati su modelli bi-dimensionali (trascurando quindi gli effetti di fine-pozzo e il contributo della convezione naturale). Infine vengono forniti suggerimenti riguardo ulteriori studi che consentirebbero di migliorare e sviluppare ulteriormente le metodologie proposte.
XXVI Ciclo
1985
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9

Silvia, Ferrazzoni. "Risposta delle vie aeree indotta da inquinanti ambientali valutata con metodiche prevalentemente non invasive". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3426390.

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Resumen
Inflammation is the main responsible for bronchial hyperresponsiveness, airflow limitation and mucus hypersecretion in chronic obstructive pulmonary diseases as for example in asthma. This has brought us to extensively investigate into the cells types and mediators responsible for the cascade of events which lead from the initial stimulus to an altered airway function. In the past the main function of the respiratory epithelium was thought to be an inert barrier. It is, in fact, the interface between the internal milieu and the external environment. The bronchial epithelium actually answers external environment changes by freeing a large number of molecules and mediators which modify the lining fluid pH, transmit signals to the immunitary system cells and draws inflammatory cells into the airway lumen. The expression of inducible form of nitric oxide synthase (iNOS) in the airway epithelium, responsible for the concentration of nitric oxide exhaled (eNO) detectable in the exhaled air, is greatly upregulated after exposure to pro-inflammatory cytokines and oxidants agents. For this reason iNOS has been implicated in the pathogenesis of airway inflammatory response. Patients with asthma have a marked increase in NO in exhaled air. The loss of integrity of the bronchial epithelium can be associated with alterations of the secretory properties and of an increase of permeability. The Clara cell protein (CC16) is a small anti-inflammatory and immunosuppressive protein which can take part in the protection of the airway and has been measured out in the liquid for the bronchoalveolar lavage (BAL). Increased levels of CC16 in the serum or in the urine may indicate altered permeability of the epithelium barrier due to lung damage. Occupational asthma is one of the most common respiratory diseases linked to work, in industrialized countries. Isocyanates are important aetiological agents of occupational asthma: because of their chemical and physical characteristics they have an irritating and sensitizing power. Polymeric resins, which are widely used as paints, foams and elastomers derive from isocyanates polymerization . The present research has hypothesised that the acute response of the respiratory tract induced by isocyanates in sensitised patients, is characterised by the attraction of inflammatory cells into the airway which can be measured by induced sputum, by a particular profile of mediators freed by the epithelium in the exhaled breath, by lining fluid alterations quantifiable in the exhaled breath condensate (pH) and by a bronchiolar damage on measuring mediators peculiar of the airway, in plasma and urine. In the first phase of the study the measuring methods for exhaled nitric oxide, exhaled breath pH condensate and CC16 in serum and urine were standardized. Then we selected 15 patients with occupational asthma caused by isocyanates, 24 non sensitised control patients and 3 with occupational rhinitis from isocyanates. Monitoring of the airway acute response was carried out by comparing patients with occupational asthma with the control ones. Each patient was experimentally exposed to isocyanates concentrations (TDI,MDI or HDI) below TLV Stel (20ppb) and to placebo on different days, in single blind. The Respiratory function and exhaled NO concentrations were monitored for seven hours after placebo and isocyanates exposure. In order to determine the pH, the exhaled breath condensate was collected seven hours before and after placebo and isocyanates exposure. Later on, subsequent measurements and collections were carried out at the 24th, 48th hours, 7th and 30th days after exposure to ysocianates. Sputum was induced by hipertonic salty solution aerosol (3-4%) before and 24 hours after exposure. At the same times and 48 hours after exposure venous blood samples and urine were taken in order to determine the clara cell protein (CC16). The patients with positive specific challenge test (SIC+), in basic situation, presented an eNO concentration of 67.12 ppb[16](geometric mean [SE]). 30 minutes after the specific challenge test, this figure underwent a significant reduction (45 ppb[13.7]) which kept the same values until the second hour after exposure 53.7ppb [14]. Then the eNo concentration increased and reached the highest figure at the 48th hour (118ppb[25]) after exposure. ON the 7th day after exposure eNo had gone back to the basic value. In the control patients, with a negative specific challenge test (SIC-) no variation in the eNO concentration before and after exposure to isocyanates. As for subjects with rhinitis deriving from isocyanates the eNo concentration had a similar course as the control patients'one. The SIC+ ones showed a meaningful increase in the eosinophils in the induced sputum 24 hours from exposure to ysocianates compared to the basic values (p=0.01). In control patients instead, a meaningful diminution of the percentage of the eosinophils in the sputum 24 hours after exposure to isocyanates (p=0.041) was observed. Moreover a meaningful difference was also observed between the percentage of eosinphilis in the sputum of 24 hours after exposure to isocyanates in test positive patients compared to the control ones (p= 0.0002). No meaningful difference was observed in the neutrophils percentage after exposure to isocyanates in both groups. Grouping all the patients, the variation in the eNo concentration at the 48th hour compared to the basic value (expressed in logarithm) positively correlated with the eosinophils variation (expressed in logarithm) at the 24th hour compared to the basis (p<0.05, rho=0.496). The pH measurement in the EBC have highlighted a significant increase of the pH at the 7th hour after exposure to placebo (in the afternoon) compared to the basic figures pre-exposure (in the morning) both in the SIC+ and in the SIC- patients, respectively with a significance of p=0.005 and p=0.0013. The same pattern was observed, in both groups of patients, on the exposure to isocyanates day, although the differences did not statistical significant. The basal figures of CC16 in the serum and urine in SIC+ patients were considerably higher than in the SIC- ones: p=0.0282 and p=0.0169 respectively. After 7 and 24 hours from exposure to isocyanates no significant variation was observed both in the SIC+ and SIC- patients. In this research it has been demonstrated that the asthmatic reaction induced by isocyanates is linked to a significant increase in the eNo concentration which reaches the highest figure at the 48th hour after exposure. This increase is belated as it reveals when the bronchoconstriction has been resolved; it is also 24 hours post poned with respect to the increase of the eosinophils in the sputum, which in previous studies showed increase between the 8th and the 24th hours shifted and a return to basal values after 48 hours. Moreover,the eosinophils increase seems to prevent the increase of Nitric oxide thus confirming that in bronchial asthma eNo is a sign of airway eosiniphilia. The increase in eosinophils in sputum and the belated one in exhaled eNo are typical of patients developing an asthmatic reaction as these changes have not been osbserved either in control patients or in those with rhinitis from ysocianates. The pH of the condensate in the exhaled breath does not associate with variations linked to the asthmatic reaction induced by isocyanates. Consequently isocyanates somehow seem to alter the ph circadian rhythm. To conclude, patients with bronchial asthma from isocyanates showed a CC16 basic value higher both in the serum and urine pre-exposure with respect to control subjects, which suggests that in asthma there is an alteration of the bronchiolar epithelium in basic situations. A severe exposition to ysocianates does not imply meaningful variations of CC16 in serum and urine.
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10

Ruggiero, Paola. "Analisi funzionale del gene UVR8 e suo ruolo nella risposta delle piante a stress ambientali". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2015. http://hdl.handle.net/10556/2040.

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Resumen
2010 - 2011
Plants are sessile organisms and, therefore, are continuously subjected to environmental sub-optimal or stressful conditions. In an arid environment plants are challenging multiple stresses, such, as water shortage, excessive soil salinity, osmotic stress conditions and high light intensity, including an excess of ultraviolet light mainly (UV-B). To overcome these unfavorable conditions, plants have evolved different strategies to adapt to common osmotic stress and high UV-B light. Recently, the UV-B photoreceptor, UVR8 (UV RESISTANCE LOCUS 8), has been identified and its role in the plant response to UV-B largely clarified. Besides its role in UV-B signaling, we have demonstrated that the expression of UVR8 gene is strongly induced by osmotic and salt stress in wild type A. thaliana seedling (Fasano et al., 2014). Moreover, by using a "gain and loss of function" approach we have evidenced a role of the UVR8 gene in plant growth, development and differentiation: UVR8 overexpressing plants have a reduced vegetative growth (minor diameter of the rosette, smaller leaves, height less), while silenced plants are characterized by a higher growth and produce a large number of siliques and seeds (Fasano et al., 2009; 2010), reminiscent of the response SIMR (Stress Induced Morphogenic Response). The UVR8 protein is predominantly localized in the cytoplasm and in response to low UV-B doses only a small fraction monomerizes and translocates to the nucleus, where it acts as a transcriptional activator. Most of the UVR8 protein remains in the cytoplasmic proteins and it might exert additional cellular functions by interacting with other proteins involved in the complex plant response to environmental stresses. This project was aimed at the identification of putative proteins that interact with UVR8 protein, and to establish a functional role of these interactions in plant responses to osmotic stress. The main results are summarized below: 1. by using complementary approaches of proteomics and immunoprecipitation, several potential proteins that interact with the UVR8 protein were identified; in particular, our attention was focused on the proteins APX1 (Ascorbate peroxidase) and GGT1 (glutamate-glyoxylate-aminotransferase), known for their role in the mechanisms of detoxification of H2O2, a reactive oxygen species that accumulates in the plant cell in response to different environmental conditions that generate an oxidative stress; 2. the interaction between APX1-UVR8 and UVR8-GGT1 were confirmed in vivo, by using two different assays: the BiFC and the co-immunoprecipitation; 3. through a functional analysis, it was shown that different levels of the UVR8 protein are associated with a different level of ROS, in response to conditions of osmotic stress, suggesting a possible function associated to the interaction of these between UVR8 e APX1 4. a gene expression analysis of the stress marker gene RD29 and the gene GGT1 in UVR8- knock-out or overexpressing plants was performed, in response to salt stress. These experiments provided an early indication of the effect of different levels of the UVR8 protein on the transcriptional level of these two genes and, more generally, in the global response to salt stress in Arabidopsis plants. Further analyses are required to establish whether the interaction of UVR8 with APX1 or GGT1 might somehow influence their enzymatic activity. In addition, previous studies have shown that UVR8 binds to COP1 (an E3-ubiquitin ligase) and targets negative regulators of the UV-B dependent pathway to proteasome degradation (Huang X et al., 2013). The use of inhibitors of this proteoliytic pathway may contribute to determine whether UVR8 protein can recruit APX or GGT1 proteins in order to stabilize them or target them to the proteolytic degradation in response to direct or osmotic stress derived oxidative stress.
X n.s.
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11

Sai, Laura <1997&gt. "Le risorse idriche nei Territori Palestinesi Occupati: dalle politiche ambientali alle risposte della comunità locale". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20978.

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Resumen
Questo elaborato ha come oggetto di studio la gestione delle risorse idriche nei Territori Palestinesi Occupati. La tesi è strutturata in tre capitoli nei quali si riflette su come la relazione tra ambiente, potere, territorio e popolazione guidi le attività politiche ed economiche governative. Quest’ultime, viceversa, hanno a loro volta un impatto diretto sulle considerazioni legate all’ambiente. La metodologia che è stata utilizzata è principalmente di tipo qualitativo; la ricerca bibliografica è stata condotta consultando diverse fonti - in lingua inglese ed araba - di tipo primario e secondario: riviste ed articoli accademici, documenti governativi, dati statistici ufficiali forniti dalle autorità, report di agenzie internazionali ed organizzazioni non governative. Nel primo capitolo si è analizzato il punto di vista della narrativa dominante; si è valutato in quale misura essa affronti l’argomento inerente la gestione delle risorse idriche in modo critico. Si sostiene che essa operi un’analisi scorretta o, perlomeno, incompleta dei problemi e dei fattori che causano scarsità nella regione, senza tenere in considerazione il contesto politico e dimostrandosi, di fatto, non sufficientemente completa per analizzare il fenomeno. La seconda sezione decostruisce la narrativa dominante e la rilegge alla luce delle politiche attuate dal governo israeliano e dall’Autorità Nazionale Palestinese. Si sostiene che tali politiche siano state inefficaci principalmente a causa del non coinvolgimento della comunità locale e che gli effetti di esse sulla popolazione siano stati diseguali. La politica ambientale israeliana ambigua, da un lato promuove un progresso a livello ambientale e uno sviluppo tecnologico, ma dall’altro priva sistematicamente la popolazione palestinese della propria terra, acqua e altre risorse naturali. Infine, si afferma la necessità di contemplare una visione più ampia, che prenda in considerazione varie forme di resistenza, e si descrive un progetto reale di risposta dal basso cercando di comprendere quanto esso si configuri effettivamente come resitance economy. Si mostra che il problema principale legato al fallimento delle politiche è il mancato coinvolgimento dei vari settori della società nei processi decisionali; le politiche, infatti, portano o ad impatto negativo o a nessun impatto sulle comunità locali.
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12

Mantese, Nicola. "Deflusso sottosuperficiale di versante in ambiente alpino: ruolo nella risposta idrologica di piena e variabilità spazio-temporale". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422983.

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Resumen
This research work analized the subsurface flow at the Rio Vauz basin, a small dolomitic basin located in the Northern Italian Alps. In particular, this study investigated the dominant factors controlling the water table response to precipitation at the hillslope and at the basin scale. The hillslope scale analysis was based on the data collected in three study periods of the years 2008, 2009, and 2010, in the Rio Ponte and in the Rio Larici sub-basins. In the Rio Ponte catchment, two steep hillslopes of similar size, soil properties and vegetation cover but contrasting topography (convex-divergent and relatively planar, respectively), were selected for the field measurements. The two sites were instrumented with 15 soil moisture sensors and 24 piezometric wells installed in different topographic positions. The selected hillslope of the Rio Larici basin was instrumented with 13 piezometers. Over the three years in the snow-free months, 63 rainfall-runoff events were selected in order to analyze the influence of rainfall properties, antecedent conditions and hillslope characteristics (topography and soil depth) on shallow water table dynamics. The catchment scale analysis was performed with the data collected during the year 2011 in a wider area of the Rio Ponte catchment, instrumented with 16 piezometers installed, along three transects, in different topographic positions. In the study period, 32 rainfall-runoff events were selected in order to analyze the influence of rainfall properties, antecedent conditions and the main topographic unit of the basin on subsurface flow. Piezometric response, expressed as percentage of well activation and water peak magnitude, was strongly correlated with the soil moisture status, as described by an index combining antecedent soil moisture and rainfall amount. Hillslope topography was found to be a dominant control only for the convex-divergent hillslope and during wet conditions. Timing of the water table response depended on the topographic position, with piezometric peaks occurring later and showing a greater temporal variability at the hillslope bottom. This behaviour was linked to the soil depth spatial distribution, strongly correlated with two topographic indices. The relation between subsurface flow and discharge showed a hysteretical pattern. The magnitude of the hysteretical loop is influenced by the different temporal dynamics between the water table level and streamflow. In this work we suggest to use the hysteresis extent as an index to determine the basin areas that are the dominant contributors to stormflow. This new index was also correlated to the event characteristics and to the main topographic indexes. This new approach showed that piezometers located in the riparian area, with low distance to stream and low slope, had temporal dynamics more similar to stream discharge respect to piezometers located in the hillslope area, with higher distance to stream and higher slope.
Questo lavoro di ricerca ha analizzato la dinamica del deflusso sottosuperficiale di versante di un piccolo bacino dolomitico, denominato Rio Vauz (1.9 km2) e localizzato nella Alpi orientali. In particolare, lo studio ha osservato i principali fattori che determinano la variazione del livello di falda in risposta agli eventi di precipitazione, sia a scala di versante che a scala di bacino. Due sottobacini sono esaminati in particolare: Rio Ponte (0.14 km2) e Rio Larici (0.033 km2). L’analisi a scala di versante è stata condotta utilizzando i dati raccolti tra gli anni 2008 e 2010, su due versanti del sottobacino del Rio Ponte e su un versante del sottobacino del Rio Larici. I due versanti del Rio Ponte sono simili per estensione, proprietà del suolo e copertura vegetale, ma presentano una diversa topografia (convesso-divergente per uno e relativamente planare per l’altro). Su questi versanti sono state installate 15 sonde di umidità del suolo e 24 pozzi piezometrici in diverse posizioni topografiche. Sul versante del Rio Larici sono stati installati 13 piezometri. Nei tre periodi di studio sono stati selezionati 63 eventi afflusso-deflusso per analizzare l’influenza delle caratteristiche della precipitazione, delle condizioni iniziali e delle caratteristiche del versante (topografia e profondità del suolo) sulle dinamiche del deflusso sottosuperficiale. L’analisi a scala di bacino è stata effettuata con l’impiego dei dati raccolti nel corso del 2011 su un’area più estesa del bacino del Rio Ponte, dove sono stati installati 16 piezometri, disposti su tre transetti. In questo periodo di studio sono stati selezionati 32 eventi afflusso-deflusso per studiare il ruolo delle caratteristiche dell’evento piovoso, delle condizioni iniziali e degli elementi topografici principali del bacino. L’attivazione del deflusso sottosuperficiale, espresso come percentuale di pozzi piezometrici attivati e valore di picco del livello di falda, è risultato essere ben correlato con lo stato di umidità del suolo, indicato da un indice che combina l’umidità del suolo antecedente e la precipitazione cumulata di evento. La topografia di versante è risultata essere un fattore dominante solo per il versante convesso-divergente ed in condizioni umide. La struttura temporale del livello di falda era collegata alla posizione topografica, dove i picchi del livello di falda alla base del versante venivano raggiunti più tardi, e mostravano una maggior variabilità temporale. Tale comportamento è stato messo in relazione con la distribuzione spaziale della profondità del suolo, fortemente correlata con due indici topografici. La relazione tra il livello di falda ed il livello di portata, a scala di evento, ha mostrato un andamento isteretico. L’ampiezza del ciclo isteretico, dovuta allo scostamento della dinamica temporale del livello di falda rispetto alla dinamica del livello di portata, è stata proposta come un indicatore delle aree che maggiormente contribuiscono al deflusso di bacino. Questa nuova metodologia proposta con questo lavoro di ricerca prevede la normalizzazione dell’isteresi a scala di evento ed il calcolo dell’area del ciclo isteretico. La quantificazione dell’isteresi è stata poi correlata con le caratteristiche dell’evento e con alcuni indici topografici. Questo approccio ha evidenziato che i piezometri situati in area riparia, con minor distanza dal torrente e minori pendenze, avevano dinamiche temporali più simili al torrente, rispetto agli strumenti posizionati in area di versante, con maggiori distanze dal torrente e pendenze più elevate.
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Martinis, Marzia. "Effetti degli stress ambientali su tre specie di crostacei decapodi costieri". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3169.

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Resumen
2007/2008
In questo lavoro è stato valutato come le modificazioni di salinità, temperatura e l’esposizione all’aria influiscano sulla fisiologia di tre specie di Crostacei (Carcinus aestuarii, Palaemon elegans e Upogebia pusilla). In seguito a simulazioni effettuate in laboratorio, che hanno previsto il trasferimento diretto o il passaggio graduale di C. aestuarii e P. elegans a differenti salinità (6, 16, 26 e 46 PSU) partendo dalla condizione di stabulazione (36 PSU) e a differenti temperatura (6, 12, 24 e 30° C) partendo da 18° C, si sono effettuati prelievi di emolinfa a tempi successivi, sulla quale si sono misurati alcuni biomarkers fisiologici. In particolare si è determinata la concentrazione di glucosio e acido lattico, coinvolti direttamente nel mantenimento del flusso energetico utilizzato nel mantenimento dell’omeostasi, delle proteine totali dell’emolinfa, correlate alla sua densità, generali indicatori di stress fisiologico ed infine si è misurato il valore del pH dell’emolinfa, indicatore dell’equilibrio acido-base. Nel caso di variazioni della salinità e di esposizione all’aria, si è aggiunta la valutazione della concentrazione di alcuni elettroliti, quali indicatori dei processi di ionoregolazione. Per U. pusilla si sono effettuate delle prove, per ottenere le condizioni ideali di mantenimento. Si sono quindi valutate diverse dimensioni delle vasche e dello spessore del substrato sul fondo, le condizioni di filtraggio e dell’aerazione dell’acqua, il ciclo di illuminazione e della densità di animali per vasca.
XXI Ciclo
1976
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14

Inzolia, Federica. "Alterazione di risposte fisiologiche nei mitili Mytilus galloprovincialis esposti a residui ambientali di farmaci che interferiscono con i meccanismi serotoninergici". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2837/.

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15

Gottardini, Elena. "Risposte morfologiche, fisiologiche e geniche all’ozono della specie arbustiva Viburnum lantana L". Doctoral thesis, country:IT, 2012. http://hdl.handle.net/10449/22868.

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Resumen
Because its oxidative power, tropospheric ozone is considered, at the large scale, the most harmful pollutant to vegetation. The exceedances of critical levels set to protect vegetation are quite high and widespread, so that large parts of crops and forests in Europe are exposed to potentially harmful levels of ozone. The impact of ozone on vegetation is the result of multiple factors such as the concentration in the atmosphere, the stomatal uptake - which depends on environmental and physiological factors -, and the detoxification potential of plants. The complexity of these factors and their interactions can make it difficult to establish a clear relationship between ozone and plant response under field conditions. The use of plants as bioindicators may be a solution because they reflect and summarize all processes that occur between ozone exposure and the response of the plant. The aim of this research is to explore the potential of the shrub species Viburnum lantana L. as a bioindicator in situ to assess the potential effects of ozone on native vegetation. This species is known to be sensitive to ozone, has a specific response (visible foliar injuries, consisting in red stipples on the upper leaf surface ), and a wide spatial distribution. However it is not fully known if V. lantana meets all the requirements to be used as a bioindicator. In particular, the actual responsiveness to ozone of native plants and the relationship between the intensity of responses and the levels of exposure to the pollutant under field conditions remain to be evaluated. For these purposes, two field studies were carried out in the Province of Trento (North Italy) at local (1) and large scale (2). Moreover, a study under controlled conditions (3) was carried out in order to deepen the knowledge about the effects of ozone on V. lantana at biochemical, physiological and genetic level. (1) The first study was carried out in 2009 and aimed at assessing the time course of plant responses to ozone during the growing season. To this, two 1x1 km quadrates were considered. The two quadrates, located 3 km apart, were characterized by different levels of ozone. The adoption of a completely randomized experimental design ensured replication in each area and the selection of plants. Plants were monitored for the development of ozone-specific foliar symptoms, the chlorophyll content (SPAD) and the fluorescence of chlorophyll a during the entire growing season. (2) The second study was carried out in 2010 and aimed at verifying the response of V. lantana to different levels of ozone exposure. To this end, a stratified random sampling design (elevation x ozone) was adopted to select 30 1x1 km quadrates. On all quadrates, the assessment of symptomatic plants was carried out. For this second field study, the spatial domain was the entire surface of the province of Trento (6.200 km2). (3) For the study in controlled environment, 9 potted plants of V. lantana were subjected to fumigation with known concentrations of ozone (60 ppb for 45 days, 5 hours per day) (treated), while other 9 plants were maintained under the same environmental conditions with the exception of ozone (control). Plants were analyzed for the presence and development of foliar symptoms, chlorophyll content (SPAD), fluorescence of chlorophyll a, leaf content of photosynthetic pigments and carbohydrate (HPLC) and gene expression. Overall, the results of the two field studies allowed to verify (1) a temporal development of the responses of V. lantana consistent with the trend of ozone exposure; and (2) an higher frequency of symptomatic plants where ozone levels were also higher. However, the frequency of symptoms was not always proportionate to the level of ozone exposure. At the same time of the onset and spread of foliar symptoms, a decrease in the foliar chlorophyll content and in photosynthetic performance occurred. The analysis of the fluorescence transient of chlorophyll a showed an early response to ozone for the parameter ΔVI-P, that indicates the ability of the final electron acceptor to be reduced. Interestingly, when comparing similar ranges of ozone exposures, symptomatic plants were always more frequent at higher altitudes (above 700 m a.s.l.): this may suggests that they are subjected to an additional oxidative stress (e.g. due to solar radiation), and/or that environmental conditions are more favourable to ozone uptake (high relative humidity and relative lower temperature). The physiological and metabolic analysis carried out on plants treated with ozone, confirmed their reduced photosynthetic capacity and their lower content of chlorophyll, as well as a not completely effective system to protect plants against photo-inhibition. This behavior is probably the cause of the sensitivity of this species in relation to the ozone. V. lantana - whose sensitivity and specificity of response to ozone were verified also in real field conditions - seems suitable as a bioindicator in situ to qualitatively assess the potential impact of ozone, for large-scale surveys and in remote areas. Foliar symptoms on this species are also confirmed as valid response indicators of ozone, although their interpretation in terms of potential damage to vegetation always requires great caution.
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Lamberti, Luca. "TSento: sviluppo di uno strumento per l'analisi del sentiment su risposte aperte nelle indagini di clima aziendale". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Resumen
Nel seguente elaborato viene introdotto il tema del clima aziendale e viene effettuata una analisi dei problemi legati ai metodi utilizzati nella rilevazione attuale del clima. In seguito viene descritto il processo di sviluppo del prodotto il cui scopo è di risolvere i principali problemi, prima evidenziati, e di fornire maggiori informazioni ai responsabili delle leve che influiscono sulla percezione dell'ambiente di lavoro da parte dei collaboratori. Nella definizione del processo si fa riferimento alle prove empiriche effettuate per determinare quale motore di analisi fosse il migliore, e quindi dei provvedimenti necessari a ridurre la percentuale di errore sotto una soglia accettabile. L'elaborato si conclude con la definizione del report finale e degli aspetti necessari per l'immissione del prodotto nel mercato come nome, logo e slogan.
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Giusi, Giusi, Bruno Tota y Rosa Maria Facciolo. "Ruolo neuroprotettivo del sistema istaminergico e delle HSPs nella risposta allo stress ambientale nell’encefalo del Teleosteo Thalassoma pavo". Thesis, 2014. http://hdl.handle.net/10955/467.

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Resumen
Dottorato di Ricerca in Biologia Animale, XIX Ciclo
At date, a plethora of evidence regarding adverse morpho-functional and neurobiological aspects provoked by environmental stressors has been considered. Following exposure to stress factors, the activation of both specific neurosignaling mechanisms and molecular pathways account for the modulation of complex adaptative processes in animal targets. In this context, the aim of the present work is to analyze the neuroprotective role of histaminergic system and heat shock proteins towards environmental neurotoxicants such as heavy metals and pesticides in the Teleost Thalassoma pavo. Such environmental stressors account for significative alterations on motor and feeding behaviors, which are tightly correlated to neurodegenerative processes in key brain regions. In this work, the molecular characterization of H2R and H3R permits to demonstrate a conservation of specific sequences, which appear to be determinant for the function of such subtypes in phylogenetically distant Vertebrates. Moreover, the inactivation of H2R and H3R, via the application of selective antagonists (Cimetidine and Thioperamide, respectively), induces in Thalassoma pavo abnormal behaviors and trascriptional alterations, suggesting a clear physiological role of this neuronal system in our model. The expression pattern of histaminergic system results to be highly modified following exposure to environmental stressors in a region-dependent manner. In particular, the heavy metals induce downregulations of H2R mRNA in some brain regions such as mesencephalon, which is involved in the regulation of motor activities. On the other hand, both heavy metal and pesticides account for an increasement of H3R trascriptional levels in hypothalamic and telencephalic areas. From the concomitant exposure to histaminergic antagonists and environmental stressors, it was possible to demonstrate that H2R blockade is responsible for enhanced stressors-dependent neurotoxic effects. On the contrary, the inhibition of H3R activities accounts for an amelioration of both abnormal motor behaviors and neuronal damage induced by such environmental stressors. Consistent with the effects on histaminergic system, heavy metals and pesticides also promote the activation of cellular defence processes through the stimulation of heat shock proteins trascription, i.e. HSP90 e HSP70. The histaminergic antagonists are able to influence heat shock proteins expression, inducing a heterogeneous pattern of HSP90 trascription levels, while in the case of HSP70 an enhanced expression is typical of all encephalic areas. The results of the present work demonstrate, for the first time in an aquatic Vertebrate, a possible interactions between histaminergic system-dependent neurosignaling activities and HSPs network, which could be represent an important neurophysiological mechanism operating during neuronal stress conditions.
Università della Calabria
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LOPRIORE, GIUSEPPE. "Risposta produttiva dell'olivo (Olea europaea L.) all'irrigazione in ambiente mediterraneo". Doctoral thesis, 2003. http://hdl.handle.net/1234/13881.

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Gualmini, M. y Marcello TOMASELLI. "Studio delle risposte alla modificazione di alcuni parametri ambientali delle brughiere d'altitudine dell'Appennino settentrionale". Doctoral thesis, 2005. http://hdl.handle.net/11381/2384848.

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MANTESE, NICOLA. "Deflusso sottosuperficiale di versante in ambiente alpino: ruolo nella risposta idrologica di piena e variabilità spazio-temporale". Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3042920.

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