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Dessì, Ombretta. "La nuova disciplina sulle dimissioni e sulla risoluzione consensuale del contratto di lavoro". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 152 (enero de 2017): 641–69. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2016-152005.

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Ettorre, G. C., P. D'Aprile, N. Medicamento, P. Spagnolo, M. Stefanelli y A. Carella. "Anatomia del labirinto cocleo-vestibolare Tecnica di studio RM con sequenze 3D Turbo Spin Echo". Rivista di Neuroradiologia 11, n.º 4 (agosto de 1998): 507–15. http://dx.doi.org/10.1177/197140099801100410.

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La letteratura più recente ha dimostrato l'alta affidabilità diagnostica delle tecniche RM ad alta risoluzione nello studio dell'osso temporale. Lo sviluppo di sequenze 3D Turbo Spin Echo (TSE) con sezioni fino a 0,4 mm consente un elevato dettaglio anatomico anche tridimensionale del labirinto cocleo-vestibolare. L'utilizzo di idonee bobine di superficie centrate sulla regione dell'osso temporale e l'impiego di adeguati parametri di acquisizione permette di ottenere la migliore risoluzione spaziale e di contrasto, rendendo le sequenze TSE elettive soprattutto nello studio della patologia malformativa dell'orecchio interno. Tali sequenze sono preferibili alle Spin Echo tradizionali o alle sequenze Gradient Echo (CISS, GRASS etc.) per la minore incidenza di artefatti da suscettibilità magnetica dovuti alle innumerevoli interfaccie osso-aria dell'osso temporale e per la più elevata risoluzione spaziale e il più elevato rapporto segnale/rumore che esse offrono. Infine le sequenze TSE con TR e TF (Turbo Factor) molto alti consen-teno di ottenere un elevato contrasto liquor/nervi cranici che decorrono nel meato acustico interno.
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3

Leonardi, M. y T. Penco. "Indicazioni attuali dell'angiografia diagnostica. Considerazioni tecnico-metodologiche: Angiografia tradizionale e digitale". Rivista di Neuroradiologia 1, n.º 3 (diciembre de 1988): 251–55. http://dx.doi.org/10.1177/197140098800100307.

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L'angiografia digitale sottratta (ADS) si è confrontata fin dal suo primo apparire con i due problemi tecnici caratteristici della radiologia: risoluzione di contrasto e risoluzione spaziale, suscitando entusiasmi per la prima e perplessità per la seconda. II problema è stato più volte affrontato in questi anni, certo esaurientemente, ma per il continuo aggiornamento delle apparecchiature è necessario rivedere periodicamente le attuali possibilità e limiti, indispensabili per la corretta formulazione di protocolli di studio e di indicazione. Il confronto può essere fatto utilmente solo tra angiografia tradizionale (AT) e ADS arteriosa, in quanto presentano livelli di risoluzione spaziale vicini tra loro. La ADS venosa, che pure presenta vantaggi notevoli di ordine pratico e metodologico ha limiti di risoluzione spaziale notevoli rispetto alla AT; essa presenta un campo di impiego diverso, in quanto sfrutta al massimo le possibilità di risoluzione di contrasto del sistema ed un confronto con la AT è difficilmente proponibile in tema di pura qualità di immagine. La perdita di risoluzione spaziale (qualificabile intorno al 50% per condizioni operative standard) viene largamente compensata dalla possibilità di visualizzare strutture che presentano basse differenze di assorbimento Rx rispetto all'ambiente circostante. Va inoltre notato che per le condizioni operative ottimizzate la perdita di risoluzione spaziale della ADS è sicuramente piú evidente, ma bisogna tener conto dell'attuale utilizzo dell'indagine angiografica perché se la visualizzazione di vasi da 200/300 micron poteva essere importante nella diagnostica angiografica di neoplasia in epoca pre-TAC, attualmente ha perso gran parte della sua importanza. Una angiografia digitale è in grado di risolvere tutti i quesiti angiografici posti dopo la dimostrazione di massa fatta con TC o RMN.
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D'Aprile, P., G. C. Ettorre, N. Medicamento, P. Spagnolo, M. Stefanelli y A. Carella. "Anatomia del condotto uditivo interno: Tecnica di studio RM con sequenze 3D Turbo Spin Echo". Rivista di Neuroradiologia 11, n.º 4 (agosto de 1998): 517–24. http://dx.doi.org/10.1177/197140099801100411.

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Le sequenze RM veloci possono essere utilizzate per effettuare studi ad alta risoluzione spaziale in tempi di acquisizione comparabili con le sequenze tradizionali. Le tecniche Turbo Spin Echo, rispetto a quelle ad eco di gradiente, risultano particolarmente indicate a questo scopo perché sono caratterizzate da una elevata risoluzione di contrasto delle immagini dipendenti dal vero T2, e non dal T2*. Esse presentano inoltre una minore incidenza di artefatti da suscettibilità magnetica, che può apparire uno svantaggio in determinate situazioni cliniche, ma che risulta invece assai utile nello studio RM dell'osso temporale, ove sono innumerevoli le interfaccie osso-aria. La possibilità di ottenere sequenze Turbo Spin Echo di spessore di strato inferiore al millimetro consente di effettuare uno studio dettagliato del condotto uditivo interno e delle strutture vascolari e nervose che lo percorrono.
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5

Colombo, N. y G. Scialfa. "Studio anatomico RM del sistema nervoso centrale". Rivista di Neuroradiologia 1, n.º 1_suppl (abril de 1988): 13–26. http://dx.doi.org/10.1177/19714009880010s103.

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La Risonanza Magnetica (R.M.) è la metodica diagnostica che attualmente fornisce la migliore rappresentazione dell'anatomia morfologica e funzionale del Sistema Nervoso Centrale (SNC). L'alta risoluzione di contrasto e spaziale della metodica, e la possibilità di acquisire immagini dirette nei tre principali piani anatomici (assiale, sagittale e coronale), sono tra i vantaggi che sanciscono la sua superiorità rispetto ad altre modalità di imaging. Le immagini «pesate in T1» sono le più idonee per uno studio morfologico-macroscopico delle varie strutture del nevrasse, mentre le immagini «pesate in T2» meglio delineano strutture intrinseche al SNC (fasci di sostanza bianca, nuclei grigi centrali).
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Pellicanò, G., N. Centi, L. Capaccioli, E. Brizzi, E. Sgambati, I. Del Seppia y N. Villari. "La RM nell'anatomia del plesso brachiale". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 2 (abril de 2002): 205–22. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500205.

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Nello studio dell'anatomia del plesso brachiale la RM è l'esame di scelta in rapporto alle principali caratteristiche della metodica: possibilità di eseguire le scansioni su tutti i piani dello spazio, elevato contrasto intrinseco e grazie al costante miglioramento della tecnologia, strati sottili con elevata risoluzione spaziale. La sequenza SE T1 dipendente sul piano sagittale è sicuramente quella con il più alto contenuto informativo: le varie diramazioni sono infatti riconoscibili come strutture ad intensità di segnale intermedia tra l'arteria e la vena succlavia con cui mantengono un rapporto anatomico costante e l'elevatà intensità di segnale del tessuto adiposo circostante. Il piano coronale obliquato secondo l'orientamento delle radici nervose fornisce informazioni sul primo tratto del decorso del plesso a partire dalla fuoriuscita delle radici che costituiscono il plesso dai forami di coniugazione. L'uso di bobine di superficie phased array ha permesso di ottenere una buona risoluzione spaziale associata ad un elevato rapporto segnale-rumore. In particolare la bobina tipo sinergy spine ha consentito anche un buon comfort per il paziente anche nel caso di studio di entrambi i plessi brachiali. È da ritenere che la possibilità in un futuro immediato, di impiegare in RM, multiple bobine di superficie dedicate al plesso brachiale, incrementerà ulteriormente le conoscenze anatomiche del plesso base indispensabile, anche in questo campo, per un corretto approccio allo studio della patologia della regione del plesso brachiale.
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7

Cirillo, S., L. Simonetti, F. Di Salle, A. Lopez, R. Elefante y F. Smaltino. "Impiego dei mezzi di contrasto per via subaracnoidea in Tomografia Computerizzata". Rivista di Neuroradiologia 1, n.º 2 (agosto de 1988): 185–90. http://dx.doi.org/10.1177/197140098800100210.

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L'iniezione di mezzo di contrasto per via intratecale in corso di Tomografia Computerizzata, è stata usata per vari anni, a livello dei distretti vertebro-midollare e cranio-encefalico per migliorare la definizione anatomica e per avere informazioni sulla dinamica liquorale. L'avvento degli apparecchi per Tomografia Computerizzata «ad alta risoluzione» e, negli ultimi anni, della Tomografia a Risonanza Magnetica, richiede una revisione delle indicazioni attuali e della validità di questa metodica.
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D'Aprile, P., N. Medicamento, M. Stefanelli, L. Spagnolo y A. Carella. "Studio dei nervi cranici con RM ad alta risoluzione". Rivista di Neuroradiologia 10, n.º 3 (junio de 1997): 279–99. http://dx.doi.org/10.1177/197140099701000303.

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Attualmente la RM rappresenta la sola modalità di studio neuroradiologico dei nervi cranici e la sua introduzione nella pratica clinica ha rappresentato un grande progresso nella diagnostica in questo campo. Abbiamo effettuato una valutazione dell'anatomia RM dei nervi cranici utilizzando tecniche differenti, caratterizzate essenzialmente da alta risoluzione spaziale e di contrasto; esse (sia Turbo Spin Echo sia ad eco di gradiente) consentono di ottenere immagini di ridotto spessore, anche inferiore al mm, e risultano perciò di grande utilità nello studio delle fini strutture anatomiche. Nel nostro lavoro illustriamo le potenzialità diagnostiche di queste tecniche più recenti rispetto alle tradizionali tecniche Spin Echo nello studio dei nervi cranici la cui complessa patologia richiede al radiologo grande esperienza nella scelta delle sequenze e dei piani di studio più idonei per la valutazione del singolo nervo cranico.
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Triulzi, F. y G. Scotti. "La RM nella patologia sellare e parasellare". Rivista di Neuroradiologia 1, n.º 1_suppl (abril de 1988): 75–93. http://dx.doi.org/10.1177/19714009880010s109.

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La Risonanza Magnetica (RM) ad alta intensità di campo (1.5 T), può attualmente ritenersi la tecnica di prima scelta nello studio della maggior parte della patologia ipofisaria e parasellare. L'estrema accuratezza offerta dalla RM nella definizione anatomica delle strutture sellari è di particolare utilità nello studio delle malformazioni dell'ipofisi e del peduncolo ipofisario e in tutte le piccole lesioni occupanti-spazio della regione sovrasellare. La RM ha inoltre recentemente dimostrato una superiore sensibiltà diagnostica rispetto alla Tomografia Computerizzata (TC) anche nello studio di microadenomi ipofisari. Superiore alla TC è pure la stadiazione pre-operatoria dei macroadenomi ipofisari, mentre anche le difficoltà fino ad oggi riscontrate nello studio dei meningiomi parasellari, caratterizzati da una scarsa risoluzione di contrasto all'esame RM di base, possono oggi essere risolte con l'utilizzo di mezzi di contrasto paramagnetici.
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Pantano, Fabio. "Il lavoro a distanza dopo la pandemia: problemi organizzativi e soluzioni giuridiche". QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, n.º 113 (julio de 2022): 167–82. http://dx.doi.org/10.3280/qua2021-113008.

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La diffusione "forzata" del lavoro a distanza durante la crisi pandemica ha consentito di sperimentare le principali problematiche organizzative che questa forma di lavoro solleva in relazione al benessere psico-fisico dei lavoratori, al loro rendimento e al loro senso di soddisfazione rispetto all'attività svolta. Gli studi di-sponibili evidenziano come una risoluzione razionale di questi problemi richiederebbe una modifica radicale dei modelli organizzativi, con un passaggio dai sistemi gestionali fondati sul controllo a una nuova impostazione incentrata sull'esaltazione della fiducia, dell'autonomia e della collaborazione. La cultura giuridica dimostra di trovarsi impreparata rispetto a questa prospettiva. In partico-lare, le scelte poste in essere dal legislatore si rivelano improntate a una visione tradizionale, fondata sull'idea che il lavoro sia quello svolto nell'impresa in senso fisi-co. In Italia, la legge n. 81/2017 rimette la definizione delle modalità di svolgimen-to del «lavoro agile» ad un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, tralasciando il ruolo che potrebbe essere svolto dalla contrattazione collettiva. Al contrario, nell'esperienza europea, proprio negli accordi sindacali dimostrano enormi potenzialità - benché ancora non del tutto esplorate - nell'adattamento dei problemi organizzativi del lavoro a distanza alle specificità dei diversi settori produttivi e delle singole aziende.
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Pieralli, S., G. Scotti, E. Bianchini, F. Simionato y A. Mazza. "Utilità clinica della RM nello studio della regione sellare". Rivista di Neuroradiologia 4, n.º 3_suppl (diciembre de 1991): 89–99. http://dx.doi.org/10.1177/19714009910040s318.

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Lo studio RM della regione sellare si avvale di una tecnica ormai standardizzata; le sequenze abitualmente realizzate sono Spin-Echo ponderate in T1 (SE T1W) (TR = 550, TE = 20, 4 acquisizioni), Field of view (FOV) <20 cm, matrice 256, secondo piani coronali e sagittali, con sezioni di 3 mm di spessore. Sezioni di spessore sottile, con alta matrice e FOV ridotto, dotate di buon rapporto segnale rumore potevano essere prodotte fino a poco tempo fa solo da apparecchi ad alto campo magnetico, ma attualmente anche dai più recenti apparecchi 0,5 T. Le sequenze Densità Protonica e T2W sono generalmente limitate allo studio di lesioni ad estensione extrasellare. I mezzi di contrasto paramagnetici vengono utilizzati sempre più frequentemente come completamento della indagine allo scopo di aumentare la sensibilità nei confronti di patologie di piccole dimensioni, introdurre ulteriori elementi di specificità e permettere una miglior delimitazione delle lesioni rispetto alle strutture viciniori. Sequenze Gradient Echo 3D, con acquisizione volumetrica, appaiono secondo i primi risultati molto promettenti 18in quanto permettono di ottenere sezioni di spessore fino ad 1 mm, ralmente contigue e senza effetti di interferenza o di volume parziale tra fette adiacenti, con possibilità di ricostruire successivamente immagini secondo piani diversi dalla orientazione originaria. In sintesi è stato possibile ottenere una buona risoluzione spaziale, necessaria per lo studio della sella e del suo contenuto, in una metodica caratterizzata da alta risoluzione di contrasto, dalla multiplanarità e dalla assenza di artefatti da osso e da amalgami dentari oltre che di radiazioni ionizzanti. Per queste ragioni la RM è attualmente l'esame di prima scelta nello studio delle patologie della regione sellare.
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Pellicanò, G., M. Cellerini y G. Dal Pozzo. "Il ruolo della TC e dell'Angio-TC". Rivista di Neuroradiologia 9, n.º 2_suppl (noviembre de 1996): 35–43. http://dx.doi.org/10.1177/19714009960090s205.

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La Tomografia Computerizzata, grazie alle continue innovazioni tecnologiche, consente oggi di poter studiare accuratamente le biforcazioni carotidee, in tempi rapidi, con elevata risoluzione spaziale dopo somministrazione a bolo di dosi non elevate di mezzo di contrasto. Le apparecchiature ad acqusizione spirale permettono un ulteriore incremento qualitativo delle immagini e delle successive ricostruzioni. L'esame viene effettuato con strati sottili di 1–3 mm di spessore, con tempi di scansione rapidi ed una quantità totale di contrasto d 100–150 ml. Nel caso di acquisizione con apparecchio spirale l'inizio dell'esame avviene 20 sec dopo il termine della somminitrazione del contrasto a bolo con iniettore. Molteplici sono gli algoritmi ricostruttivi sia multiplanari che tridimensionali; quelli più comunemente usati sono il Multiplanar Reformatting per le ricostruzioni sui vari piani dello spazio, il Maximum Intensity Projection per la ricostruzione esclusivamente delle strutture vascolari, e lo Shaded Surface Display per ottenere immagini tridimensionali. Nel caso di steno-occlusioni aterosclerotiche la TC identifica con precisione la sede della lesione e fornisce importanti informazioni sulla natura della placca:ciò permettere di distinguere le placche calciche, «dure», ad elevata densità da quelle fibrolipidiche, «molli» che risultano ipodense rispetto al lume opacizzato dal contrasto. Nelle placche «miste» entrambe le componenti vengono ben rilevate, cosi come la loro disposizione lungo la parete del vaso. È inoltre agevole l'analisi della superficie endoluminale della placca con la possibilità, in alcuni casi, di evidenziare piccole ulcerazioni superficiali punto di partenza di microemboli. Con TC viene anche misurata la percentuale di stenosi sia applicando i criteri del NASCET, sia come rapporto tra area totale del vaso e area del lume residuo come rapporto tra diametro massimo del vaso e diametro del lume residuo. Le ricostruzioni multiplanari e tridimensionale forniscono la visione longitudinale del vaso ed ulteriori dati sulla disposizione e dimensione dell'ateroma. Anche nel caso di dissecazione carotidea la TC consente il rilievo della lesione e la sua evoluzione nel tempo: nella fase acuta all'esame diretto, l'ematoma sottointimale è leggermente iperdenso; diventa poi isodenso rispetto al lume e per tale motivo il reperto più significativo e quello di riduzione del calibro vasale. La TC è in grado agevolmente di rilevare la presenza di aneurismi e pseudo-aneurismi carotidei nonchè le compressioni ab estrinseco di questi vasi fornendo importanti informazioni sia morfologiche che di natura.
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Timio, Mario. "Nefrologia clinica: dalla stretta di mano all'EBM attraverso la bioetica". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, n.º 3 (30 de septiembre de 2014): 278–80. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.920.

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La stretta di mano è un gesto essenziale nell'approccio al binomio medico-malato. Sociologi, psicologi medici e bioeticisti ne sottolineano l'importanza nella gestione iniziale della malattia: piccolo gesto per il medico, grande per il malato. Apparentemente controcorrente in un mondo in cui tutto è fast, la stretta di mano viene considerata la chiave giusta per aprire la porta della bioetica in medicina coniugata alla comunicazione medico-malato. Come testimonianza viene riportata la storia clinica di tre pazienti con problemi nefrologici, che fanno emergere la valenza della bioetica nella loro risoluzione ed il significato umano della sua assenza. Viene sottolineato il valore della comunicazione, come il disvalore del silenzio e del non-ascolto nel rapporto medico-paziente. Il non-ascolto mina dalle fondamenta la comunicazione tra uomini sani e malati. Al contrario l'ascolto del dializzato è il presupposto di un vero dialogo, di ogni piena comunicazione. Sono presentate le categorie della medicina narrativa ed il loro utilizzo nella bioetica nefrologica. (Bioethics)
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Ettorre, G. C., A. P. Garribba, A. Tirelli, P. Lavezzi, M. P. Bondioni y A. Chiesa. "L'impiego delle sequenze 3DFT-CISS nello studio RM dell'orecchio interno". Rivista di Neuroradiologia 8, n.º 4 (agosto de 1995): 497–512. http://dx.doi.org/10.1177/197140099500800404.

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L'impiego in risonanza magnetica delle sequenze 3DFT-CISS consente una rappresentazione anatomica dettagliata delle strutture dell'orecchio interno grazie alle possibilità di ottenere strati sottili ad alta risoluzione spaziale e di contrasto. Gli autori riportano la loro esperienza nello studio dell'anatomia dell'orecchio interno mediante imaging RM con sequenze 3DFT-CISS ed analizzano, nei casi patologici, i risultati ottenuti comparativamente con sequenze Spin-Echo (SE) convenzionali. 126 pazienti con deficit uditivo neurosensoriale sono stati sottoposti a RM delle rocche petrose secondo un protocollo che ha previsto l'impiego di sequenze SE convenzionali e sequenze 3DFT-CISS. In tutte le rocche petrose giudicate normali le sequenze 3DFT-CISS hanno consentito una rappresentazione anatomica definita e dettagliata della coclea, del canale semicircolare laterale e del vestibolo nel 100% dei casi, del canale semicircolare posteriore e superiore rispettivamente nel 92% e nell'89% dei casi. Il VII nervo cranico e le branche cocleare, vestibolare superiore e vestibolare inferiore dell'VIII sono state identificate rispettivamente nell'89%, 95%, 80% ed 87% dei casi. Nei casi patologici l'apporto delle sequenze 3DFT-CISS è stato giudicato decisivo nelle malformazioni, nei conflitti neuro-vascolari e nell'otosclerosi cocleare obliterativa. La loro utilizzazione ha escluso nei casi di labirintite la presenza di un processo espansivo intralabirintico. Nella patologia espansiva del nervo acustico le sequenze 3DFT-CISS hanno consentito sempre l'identificazione del processo espansivo e sono risultate superiori alle sequenze SE T2 nella definizione spaziale del tumore, anche se non hanno fornito ulteriori informazioni rispetto alle sequenze SE T1 senza Gadolinio. Gli autori, in conclusione, ritengono che l'impiego delle sequenze 3DFT-CISS in associazione con sequenze SE T1 senza e con mezzo di contrasto possono rappresentare una ottima combinazione per un approccio RM di prima istanza in tutti i deficit uditivi neurosensoriali.
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Santino, P. y R. Petsch. "Le Sequenze Turbo Spin Echo". Rivista di Neuroradiologia 7, n.º 1 (febrero de 1994): 71–80. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700111.

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Le sequenze spin echo sono fino al giorno d'oggi le più utilizzate nella tomografia con Risonanza Magnetica. Il loro principale vantaggio è l'alta sensibilita alle patologie delle immagine pesate in T2. Recentemente sono state introdotte nuove sequenze, denominate Fast Spin Echo o Turbo Spin Echo, a seconda dell'industria che le produce, le quali grazie ad un diverso modo di acquisire i dati permettono di ridurre i tempi di esame, mantenendo un contrasto simile alle immagini ottenute con le spin echo convenzionali. Lo schema di acquisizione diverso comporta delle piccole differenze con le immagini a cui sono abituati i neuroradiologi: segnale iperintenso del grasso anche nelle immagini pesate in T2; minore sensibilita agli artefatti da suscettibilità; presenza di altri artefatti, quali quello da troncamento o l'effetto bordo, visibili soprattutto se non si scelgono opportunamente i parametri. Tali sequenze si sono rivelate molto interessanti non solo per il risparmio di tempo, ma anche per gli studi in alta risoluzione o per applicazioni cliniche particolari.
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Bernardi, L. "La risonanza magnetica nella patologia maxillo-facciale". Rivista di Neuroradiologia 4, n.º 3_suppl (diciembre de 1991): 141–46. http://dx.doi.org/10.1177/19714009910040s325.

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La RM ha avuto un forte impatto nella diagnosi, nel trattamento e nel follow-up (post-chirurgico, post-radioterapico) delle neoplasie del massiccio facciale. Infatti mentre l'aspetto delle strutture anatomiche alla TC, anche con mdc, dipende da un solo parametro fisico, la densità, l'intensità di segnale dei tessuti alla RM dipende da almeno quattro caratteristiche fisiche: i tempi di rilassamento T1 e T2, la densità protonica ed il flusso. La superiore risoluzione di contrasto della RM rispetto alla TC deriva dalla sua capacità di individuare ed evidenziare queste varie proprietà fisiche. La capacità multiplanare della RM è particolarmente vantaggiosa nel massiccio facciale. La RM permette inoltre la diretta visualizzazione, senza l'uso di mdc, di strutture vasali ed è quindi in grado di dimostrare l'aumentata vascolarizzazione tumorale. La maggiore deficienza diagnostica della RM nel massiccio facciale è la sua insufficienza nell'evidenziare le calcificazioni e le sottili alterazioni ossee (erosione, iperostosi). Per quanto concerne la tecnica, le sequenze T1 pesate, a causa del loro alto rapporto segnale-rumore, sono le migliori per lo studio dell'anatomia ed evidenziano in modo ottimale l'interfaccia tumore-grasso. Le sequenze T2 pesate invece sono le più adatte per evidenziare l'interfaccia tumore-muscolo. Le sequenze DP rappresentano una combinazione di informazioni T1 e T2 pesate.
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Cirillo, S., F. Caranci, A. D'Amico, F. Briganti, F. Tortora, M. Greco y R. Elefante. "Giunzione occipito-cervicale". Rivista di Neuroradiologia 13, n.º 3 (junio de 2000): 289–306. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300302.

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La giunzione occipito-cervicale, regione di transizione tra cranio e colonna vertebrale, possiede caratteristiche uniche per la struttura osteo-ligamentosa di cui è costituita e per le importanti formazioni neuro-vascolari con cui contrae rapporti di contiguità. Questa particolare regione può essere interessata da una serie di differenti entità patologiche: essa è infatti sede di particolari anomalie congenite, di patologie infiammatorie o degenerative, di gravi lesioni traumatiche e di lesioni espansive di differente natura. L'instabilità della giunzione conseguente a tali patologie o le diverse lesioni espansive determinano come conseguenza fondamentale la compressione del midollo cervicale superiore; altri effetti secondari sono rappresentati dalla compressione delle strutture vascolari e dall'ostacolo alla circolazione liquorale. La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica rappresentano le metodiche neuroradiologiche di elezione per lo studio della giunzione occipito-cervicale. La TC è in grado di definire con maggiore accuratezza le alterazioni osteo-strutturali e le fini calcificazioni. Malgrado tali prerogative, la RM è la metodica di scelta grazie alla possibilità di uno studio multiplanare, dell'elevata risoluzione di contrasto e dell'assenza di artefatti legati alla vicinanza di strutture ossee; un ulteriore vantaggio è costituito dalla possibilità di studio delle strutture vascolari del basicranio mediante angio-RM. La radiologia tradizionale conserva un ruolo complementare, utile soprattutto in fase di screening nello studio della patologia ossea malformativa o traumatica. Un'accurata conoscenza delle caratteristiche anatomiche e della semeiotica neuroradiologica è essenziale per affrontare uno studio corretto delle patologie della cerniera occipito-cervicale.
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Fonda, C. y M. Antonello. "Base cranica: Anatomia neuroradiologica della patologia". Rivista di Neuroradiologia 13, n.º 3 (junio de 2000): 307–26. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300303.

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La base cranica si suddivide in tre fosse, l'anteriore (FCA), la media (FCM) e la posteriore (FCP). Numerosi sono i forami che consentono il passaggio di componenti vasculonervose in comunicazione fra strutture endo ed extracraniche. La base cranica deriva da un'ossificazione encondrale a partire dal 40° giorno di gestazione. Dalla notocorda prende origine la cartilagine paracordale che dalla linea mediana si estende alla regione sellare ed ai primi somiti occipitali, derivati da tre rispettivi sclerotomi. Rostralmente e lateralmente alla placca paracordale si sviluppano le cartilagini polari, ipofisarie, dalla cui fusione deriva parte del corpo sfenoidale e la porzione posteriore dell'etmoide. Accanto alla placca cartilaginea mediana cosi formata si sviluppano, in sede paramediana, altre isole cartilaginee che completano la formazione della base cranica. Le metodiche di studio della base cranica sono diverse, dalla radiografia convenzionale, alla TC ad alta risoluzione ed a strato sottile, sia in acquisizione a strato singolo che volumetrica, con visualizzazione per tessuti molli e per osso, sul piano assiale o coronale diretto o attraverso l'impiego di ricostruzioni basate su algoritmi di riformattazione multiplanare o 3D-rendering. La risonanza magnetica, attraverso acuisizioni convenzionali od ad alta risoluzione in proiezioni multiplanari consente un'ottima definizione delle strutture molli ad estensione intra ed extracranica. L'impiego di preimpulsi di saturazione per l'eliminazione del segnale del tessuto adiposo (STIR, SPIR, FAT-SAT) consente di migliorare la visualizzazione delle alterazioni patologiche. La somministrazione di mezzo di contrasto appare necessaria qualora si sospetti un coinvolgimento neoplastico, primitivo o secondario o infettivo. L'angiografia in RM, diretta o contrast enhanced, appare necessaria sia per la valutazione dell'eventuale interessamento estrinseco dei vasi arteriosi e venosi, sia per la valutazione di situazioni malformative vascolari. La patologia della base cranica viene valutata, in primis, secondo criteri topografici. Vengono suddivise lesioni che interessano prevalentemente la fossa cranica anteriore, la fossa cranica media, la fossa cranica posteriore, le strutture delle linea mediana, della loggia sellare e delle logge cavernose. Vengono inoltre suddivise le lesioni ad origine intracranica ed estensione extracranica, le lesioni intrinseche della base e le lesioni extracraniche ad interessamento secondario della base. Tra le prime è compresa la patologia congenita con i cefaloceli della base, le cisti aracnoidee e le cisti dermoidi, la patologia neoplastica primitiva (craniofaringiomi, macroadenomi ipofisari, gliomi ottici, meningiomi e schwannomi). Frequente è la comparsa di lesioni secondarie, in particolare in sede sfenoorbitaria. Più rare le lesioni malformative vascolari (aneurismi, fistole durali, MAV). Tra le lesioni intrinseche della base cranica vengono comprese inoltre i cordomi, i condromi, i sarcomi, gli osteomi e le cisti colesteriniche, le malattie emolinfoproliferative, il rabdomiosarcoma. Sede elettiva trova nella base cranica la displasia fibrosa, la malattia di Paget e l'istiocitosi X. Tra le lesioni extracraniche ad interessamento della base cranica vengono incluse le forme infettive (sinusiti, micosi e l'otite esterna maligna), tra le neoplastiche l'angiofibroma masofaringeo, l'estesioneuroblastoma i carcinomi rinofaringei, e le lesioni secondarie. In tale capitolo vengono incluse altre forme quali la poliposi aggressiva ed il mucocele. L'affidabilità e la sensibilità delle medodiche suddescritte oltrepassa il 98%, laddove la specificità in funzione delle varie sedi ed aspetti morfologici può variare dal 72 al 100%.
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Dal Pozzo, G., I. Fusi, M. Santoni, F. Dal Pozzo, G. Fabris y M. Leonardi. "Patologia degenerativa disco-vertebrale ed ernia discale". Rivista di Neuroradiologia 8, n.º 2 (abril de 1995): 259–308. http://dx.doi.org/10.1177/197140099500800218.

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I processi di invecchiamento e degenerazione discale sono caratterizzati da progressiva disidratazione del nucleo polposo e dell'anello fibroso e dalla loro trasformazione fibrosa. Tali alterazioni rappresentano ilmomento prelimnare più importante nella patogenesi dell'ernia del disco. La degenerazione discale si associa spesso ad alterazioni dei corpi vertebrali adiacenti caratterizzate da modificazioni strutturali in seno al midollo osseo della spongiosa vertebrale, sclerosi delle limitanti somatiche, osteofitosi, ernie di Schmorl. Ancora oggi si ritiene che, in presenza di una sintomatologia mieloradicolare, non si possa prescindere da un esame radiologico convenzionale della colonna vertebrale, nonostante la bassa sensibilità per la patologia degenerativa del disco ed in particolare per l'ernia. L'indagine consente in tempi rapidi una valutazione panoramica del rachide, valutando l'allineamento dei metameri vertebrali ed evidenziando eventuali alterazioni vertebrali di natura malformativa, degenerativa, infiammatoria o neoplastica. La saccoradicolografia e la mielografia consentono un'accurata diagnostica dell'ernia discale, mostrando i classici segni di compressione extradurale e permettendo di valutare gli effetti del carico e della postura sulle compresioni mieloradicolari. La discografia, metodica invasiva e non esente da rischi al pari delle precedenti, evidenzia le alterazioni degenerative iniziali ed avanzate del disco ed anche la fuoriuscita di materiale nucleare (ernia). Attualmente trova indicazione solo come momento preparatorio ai trattamenti percutanei dell'ernia discale lombare (nucleoaspirazione e nucleolisi). Un fondamentale e innovativo apporto per il progresso delle conoscenze sulla patologia degenerativa del rachide è stato offerto dalle nuove tecnologie diagnostiche, in particolare dalla tomografia computerizzata e dalla risonanza magnetica che, in maniera non invasiva, hanno fornito dati più precisi sull'invecchiamento e sulla degenerazione del disco intervertebrale, sull'ernia discale e sulle alterazioni osteovertebrali associate. La TC consente una precisa definizione delle alterazioni discali ed ossee più avanzate, mentre non è in grado di apprezzare iniziali fenomeni degenerativi. Permette inoltre di riconoscere direttamente l'ernia discale e di valutarne l'esatta topografia, le dimensioni, lo sviluppo, le caratteristiche strutturali e di stimare il grado di occupazione dello speco vertebrale. La TC è molto più affidabile a livello lombosacrale, rispetto ai tratti cervicale e dorsale, per la presenza di condizioni anatomiche particolarmente favorevoli. La RM, in considerazione della assoluta non invasività, dell'elevata risoluzione di contrasto e della possibilità di uno studio multiplanare diretto (proiezioni sagittali!) rappresenta senza alcun dubbio una grande innovazione nella diagnostica per immagini della patologia degenerativa disco-vertebrale. La RM è particolarmente sensibile ai fenomeni di degenerazione del disco intervertebrale, evidenziando alterazioni sia morfologiche che strutturali (bulging, riduzione di spessore, disidratazione, vacuum phenomenon, calcificazioni del nucleo polposo). Le sequenze Spin-Echo sono più utili nel valutazione della disidratazione del disco, le Gradient Echo nel rilievo delle calcificazioni e del vacuum phenomenon.
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Cellerini, M., E. Chiti, G. Caracchini, G. Pellicanò, F. Dal Pozzo y G. Dal Pozzo. "RM ed Angio-RM nello studio della patologia steno-occlusiva (aterosclerotica) delle arterie carotidi nel tratto cervicale". Rivista di Neuroradiologia 9, n.º 2_suppl (noviembre de 1996): 45–54. http://dx.doi.org/10.1177/19714009960090s206.

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Nella seguente trattazione viene effettuata una revisione del ruolo della risonanza magnetica e dell'angiografia con RM (angio-RM) nella diagnostica della patologia steno-occlusiva delle arterie carotidi nel tratto cervicale con particolare attenzione alle problematiche tecniche e cliniche. Nello studio dei vasi carotidei nel collo le tecniche angio-RM 2D e 3D Time-of-Flight (TOF) sono più diffusamente impiegate rispetto alle tecniche a contrasto di fase (2D e 3D PC angio-RM). Questo è in parte dovuto al fatto che la tecnica TOF, essendo stata commercializzata prima di quella a contrasto di fase, ha avuto una più ampia sperimentazione clinica. Inoltre, grazie alla recente introduzione di particolari accorgimenti tecnici (e.g. “Tilted Optimized Nonsaturating Excitation” o -TONE- e “Multiple Overlapping Thin Slab Acquisition” o -MOTSA-) l'angio-RM 2D e 3D TOF consentono in genere un'ottimale e selettiva visualizzazione dei vasi a livello cervicale. La recente pubblicazione dei risultati di ampi studi clinici (eg NASCET) ha sottolineato l'importanza della terapia chirurgica in pazienti sintomatici con stenosi serrata (79%–99%) dell'arteria carotide interna (ACI) evidenziando inoltre la necessità di un efficace «screening» preoperatorio. Da questi studi si evince che elementi importanti nella decisione operatoria sono principalmente rappresentati dal grado di stenosi, dalla presenza di ulcerazioni a livello della placca aterosclerotica e di lesioni «tandem» sullo stesso asse vascolare. Per quanto riguarda la valutazione del grado di stenosi dell'ACI, in corrispondenza della biforcazione, l'angio-RM si è dimostrata affidabile nell'identificare arterie di calibro normale o con stenosi lievi, senza falsi negativi. Tuttavia è stato segnalato che l'angio-RM, soprattutto con tecnica 2D TOF, tende a sovrastimare il grado di stenosi vasale. Studi recenti sembrano indicare una migliore affidabilità dell'angio-RM rispetto alla metodica eco-color-doppler nella differenziazione tra occlusione e subocclusione specialmente se si utilizzano entrambe le tecniche 2D e 3D TOF. Un limite importante dell'angio-RM è a tutt'oggi rappresentato dalla difficoltà di «caratterizzare» la placca aterosclerotica ed in particolare di identificare le ulcerazioni. È tuttavia auspicabile che lo sviluppo tecnologico (e.g. bobine di superficie «phased-array» dedicate) sia in grado di risolvere in un prossimo futuro i problemi di risoluzione spaziale, rapporto segnale/rumore ed artefatti da turbolenze di flusso che ostacolano attualmente con RM ed angio-RM il riconoscimento delle ulcerazioni della placca. L'angio-RM è un esame panoramico in grado di visualizzare nella stessa seduta non solo la biforcazione carotidea ma anche i vasi del poligono di Willis consentendo il rilievo delle lesioni «tandem» che costituiscono secondo alcuni Autori una controindicazione importante alla terapia chirurgica. Un po' più problematica risulta la valutazione dell'origine dei vasi epiaortici anche se sono già in commercio delle bobine in quadratura (e.g. «head and neck coils») che permettono l'esame dell'origine dei vasi epiaortici, della biforcazione carotidea e dei sifoni carotidei in un'unica acquisizione. Pertanto l'elevato valore predittivo negativo e l'elevata sensibilità nel rilievo delle stenosi, unitamente alla non invasività ed alla capacità di un'accurato studio delle strutture encefaliche, fanno della RM e dell'angio-RM una metodica particolarmente idonea nella valutazione preoperatoria dei pazienti sintomatici con stenosi carotidea. L'utilizzo della RM ed angio-RM come metodica di «screening» offre, a fronte di costi più elevati rispetto all'eco-color-doppler, il vantaggio di una minore dipendenza dall'operatore e di una maggiore panoramicità consentendo inoltre un impiego più mirato dell'angiografia con cateterismo arterioso (pazienti selezionati).
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Dal Pozzo, G., M. Cellerini, M. Mascalchi, P. Innocenti, N. Villari y M. C. Boschi. "Utilità clinica della risonanza magnetica nella patologia orbitaria". Rivista di Neuroradiologia 4, n.º 3_suppl (diciembre de 1991): 121–33. http://dx.doi.org/10.1177/19714009910040s322.

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Viene esaminata l'utilità clinica della risonanza magnetica nella patologia orbitaria con particolare riguardo ai vantaggi, alle limitazioni, alle indicazioni e controindicazioni della metodica. Come è noto, la RM consente uno studio multiplanare e non invasivo delle orbite (non fa uso di radiazioni ionizzanti); inoltre, recenti progressi tecnologici hanno introdotto bobine di superficie sempre più efficienti e sequenze d'impulsi più sofisticate a tutto vantaggio della durata dei tempi di scansione, della risoluzione spaziale e di contrasto. Nella patologia del globo oculare, la RM è impiegata soprattutto nella diagnostica differenziale tra melanomi melanocitici della coroide e lesioni simulanti specialmente nei casi dubbi qualora non vi sia una concordanza tra reperti clinici, oftalmoscopici, ecografici oppure non sia conservata la trasparenza dei mezzi diottrici. La presenza di una sostanza paramagnetica come la melanina, conferisce infatti al melanoma un caratteristico comportamento di segnale: elevata intensità nella sequenza T1-dipendente e bassa intensità in quella T2-dipendente. Per quanto riguarda la patologia extrabulbare intraconica, la RM ha assunto un ruolo di primaria importanza nella diagnostica delle lesioni del nervo ottico e delle guaine meningee che lo avvolgono (plac-che di demielinizzazione, glioma, meningioma periottico). Nella patologia del cono muscolare (oftalmopatia di Graves) la RM ha dimostrato un'affidabilità equivalente a quella della TC; tuttavia, poiché la RM non fa uso di radiazioni ionizzanti, è metodica più idonea soprattutto nel caso di controlli seriati nel tempo in considerazione del fatto che il cristallino è un organo critico. Nell'ambito della patologia intra-extraconica, la RM può consentire, sulla base dell'analisi del segnale, una diagnosi differenziale tra pseudotumor infiammatorio (bassa intensità di segnale nella sequenza Spin-Echo T2-dipendente) e linfoma o metastasi orbitarie (elevato segnale nella sequenza Spin-Echo T2-dipendente) anche se è possibile che alcuni tipi di linfoma, il mieloma e certe metastasi (neuroblastoma) presentino un comportamento di segnale uguale a quello dello pseudotumor infiammatorio. Inoltre, grazie alla intrinseca sensibiltà ai fenomeni di flusso, la RM permette di dimostrare, in caso di patologia vascolare, le anomalie di decorso e di calibro dei principali vasi sanguigni orbitari (varici orbitarie, fistole carotido- cavernose ecc.) nonchè l'eventuale presenza di trombosi endoluminali. Infine, nonostante le limitazioni della RM nella valutazione delle alterazioni della compatta ossea, la metodica ha dimostrato una buona affidabilità anche nello studio delle più frequenti patologie che interessano primitivamente o secondariamente le pareti orbitarie (mucocele, tumori dei seni paraorbitari, metastasi, meningioma della grande ala sfenoidale). In questi casi la RM dimostra direttamente non solo la formazione espansiva ed i suoi rapporti con le strutture endoorbitarie, ma anche le alterazioni ossee associate. In conclusione si può affermare che, nonostante il ruolo preciso della RM nello studio della patologia orbitaria non sia ancora pienamente stabilito, questa metodica è oggi in grado di fornire, in certe situazioni patologiche, delle informazioni che non sono altrimenti disponibili.
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Oliveira, Regis Fernandes de. "RETROCESSÃO NO DIREITO BRASILEIRO". Revista de Direito Administrativo e Infraestrutura - RDAI 3, n.º 11 (1 de diciembre de 2019): 413–32. http://dx.doi.org/10.48143/rdai.11.rfo.

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1 Modo de enfoque do problemaTodo e qualquer estudo de direito há de partir não de análises pré-jurídicas ou sociológicas, mas é imperioso que seja ele perquirido à luz do Direito positivo. Despiciendo, daí, todo envolvimento com posições e estudos realizados em outros países, salvo para aprimoramento cultural. Evidente que a análise do Direito comparado passa a interessar se o direito alienígena possuir norma igual ou assemelhada à existente no Direito brasileiro. A menção retrospectiva do direito comparado resultaria inútil, da perspectiva de utilidade prática deste trabalho. Mesmo porque, como assinala Marcelo Caetano “há países onde o expropriado pode requerer a reversão ou retrocessão dos bens, restituindo a indenização recebida, ou o expropriante tem o dever de oferecer os bens ao expropriado mediante a devolução do valor pago" (Princípios fundamentais do Direito Administrativo, 1977, p. 468) enquanto que "noutros países entende-se que, em qualquer caso, a conversão dos bens desapropriados no montante da indenização paga é definitiva. Portanto, nunca haverá lugar a reversão ou retrocessão dos bens” (idem, ibidem). Afigura-se-nos dispensável e sem qualquer utilidade prática a apresentação de uma resenha da doutrina estrangeira a propósito do tema. Apenas será feita menção a alguns autores, na medida em que suas afirmações interessarem à análise. Observe-se, tão-somente que o direito de retrocessão em espécie é reconhecido em diversas legislações. Na Itália há previsão legal (art. 60 da Lei 2.359, de 25.6.1865) o mesmo ocorrendo na França (art. 54 do Dec. 58.997, de 23. 10. 58, que fixa o prazo de 10 anos a contar do decreto de desapropriação para que se requeira a retrocessão). Em Portugal há dispositivo semelhante (art. 8 º da Lei 2 .030, de 22.6.48); o que acontece também na Espanha (art. 54 da Lei de 15. 12. 54) e na Alemanha (Lei de 23. 2.57, em seu § 102) Demais de tal inicial observação, perigoso é o estudo de qualquer instituto jurídico atrelado à lei. Impõe-se a análise de determinado instituto a partir da Constituição. Daí inicia-se o estudo da retrocessão. 2 Desapropriação. Desvio de poderDispõe o § 22 do art. 153 da Lei Maior "que é assegurado o direito de propriedade, salvo o caso de desapropriação por necessidade ou utilidade pública ou por interesse social, mediante previa e justa indenização em dinheiro...”. Assegura-se o direito de propriedade que cede apenas, ante o interesse coletivo, representado pelo Estado. Ao mesmo tempo em que garante a propriedade, a Constituição assegura ao Estado o poder de retirá-la mediante desapropriação. Esta pode ser entendida como "o procedimento administrativo através do qual o Poder Público compulsoriamente despoja alguém de uma propriedade e a adquire para si, mediante indenização, fundada em um interesse público" (Elementos de Direito Administrativo, Celso Antônio Bandeira de Mello, 1980, p. 188). Caracteriza-se a desapropriação pela retirada compulsória do bem do domínio particular, com sua transferência ao domínio público, sob fundamento de interesse público mediante indenização. O fulcro da permissão legal para a transferência do domínio é o interesse público, ou seja, finalidade prevista no próprio ordenamento jurídico a ser perseguido pelo Estado. Sob a rubrica interesse público albergam-se todos os conteúdos possíveis de utilidade coletiva desde que alcançados pelo sistema de normas (sob o rótulo interesse público acolhe-se a necessidade ou utilidade pública e o interesse social). O poder de desapropriação deflui do domínio eminente que possui o Poder Público sobre todas as coisas materiais e imateriais sujeitas ao âmbito espacial de validade do sistema jurídico. O poder de desapropriação pode ser decomposto em três aspectos: a) transferência compulsória de alguma coisa; b) mediante indenização e c) sob o fundamento de interesse público. A desapropriação, como forma originária de aquisição de domínio, implica na compulsoriedade da transferência do bem do domínio particular para o público. Sempre haverá indenização, devidamente apurada através do processo próprio ou mediante acordo de vontades. E, o que mais nos interessa, há que vir fundamentada em interesse público, sob pena de invalidade. A competência, no Direito, não é dada a qualquer título. Sempre é outorgada a determinado agente para que persiga interesses coletivos ou mais propriamente denominados públicos, sendo estes apurados pela análise de todo o sistema de normas. A visão completa da competência apenas pode ser entrevista, pois, em contraste com a finalidade descrita na norma legal. Desviando-se o agente administrativo dos fins que lhe foram traçados pelo sistema de normas, incide no desvio de poder (ou de finalidade, como dizem alguns). 3 Conceito de retrocessãoA retrocessão implica no direito do expropriado de retomar a propriedade do imóvel que lhe fora retirada compulsoriamente pelo Poder Público. Os léxicos consignam que "retrocessão é o ato pelo qual o adquirente de um bem transfere de volta a propriedade desse bem àquele de quem o adquiriu" (Novo Dicionário Aurélio, lª ed., p. 1.231). Assinala Oliveira Cruz que "a retrocessão é um instituto de Direito Público, destinado a fazer voltar ao domínio do desapropriado os bens que saíram do seu patrimônio, por efeito de uma desapropriação por utilidade pública" (Da desapropriação, p. 119). E, acrescenta que "a retrocessão tem, indiscutivelmente, uma feição real porque significa um direito que só se desliga do imóvel quando preenchidos os fins determinantes da desapropriação" (ob. cit., p. 121). Assim entendida a retrocessão, como defluente do próprio preceito constitucional que assegura a propriedade e resguarda sua retirada apenas e exclusivamente pela desapropriação por necessidade, utilidade pública ou interesse social, não há como confundi-la com a preempção ou prelação, ou assimilá-la a qualquer tipo de direito pessoal. A fixação de tal premissa é fundamental para todo o desenvolvimento do trabalho e para alicerçar as conclusões que serão apontadas ao final. Daí porque não se pode concordar com a assertiva feita por alguns autores de que se cuida de simples obrigação imposta ao Poder Público de oferecer ao ex-proprietário o bem que lhe desapropriou, se este não tiver o destino para o qual fora expropriado (Múcio de Campos Maia, "Ensaio sobre a retrocessão", in RDA, 34/1-11). Pela própria dúvida no conteúdo do conceito, já os autores manifestaram-se surpresos e a jurisprudência claudicou sobre a análise do tema. Muitos julgados, inclusive, chegaram a admitir a inexistência da retrocessão no Direito brasileiro. Mas, pela análise que será feita e pelas conclusões a que se chegará, ver-se-á não só da existência do instituto no Direito brasileiro, sendo despicienda a indagação do Direito Civil a respeito, defluindo o instituto da só análise do texto constitucional brasileiro. A retrocessão é mero corolário do direito de propriedade, constitucionalmente consagrado e decorre do direito emergente da não utilização do bem desapropriado para o fim de interesse público. Sob tal conteúdo é que o conceito será analisado. 4 Desenvolvimento histórico, no BrasilEm estudo sobre o aspecto histórico do desenvolvimento da retrocessão no Direito brasileiro Ebert Chamoun escreveu que o inc. XXII do art. 179 da Constituição do Império, de 25. 3. 1824 dispôs sobre a possibilidade da desapropriação. E a Lei provincial 57, de 18.3.1836 pela vez primeira cuidou da retrocessão, assegurando que, na hipótese de desapropriação caberia "recurso à Assembleia Legislativa provincial para a restituição da propriedade ... " A admissibilidade da retrocessão foi aceita pelo STF que assim deixou decidido: “que abrindo a mesma Constituição à plenitude o direito de propriedade no art. 72, § 17, a exceção singular da desapropriação por utilidade pública presumida, desde a certeza de não existir tal necessidade, o ato de desapropriação se equipara a violência (V) e deve se rescindir mediante ação do espoliado" (O Direito, vol. 67, 1895, p. 47). A referência é à Constituição republicana de 24.2.1891. Em sua Nova Consolidação das Leis Civis vigentes em 11 de agosto de 1899, Carlos de Carvalho escrevia o art. 855 "se verificada a desapropriação, cessar a causa que a determinou ou a propriedade não for aplicada ao fim para o qual foi desapropriada, considera-se resolvida a desapropriação, e o proprietário desapropriado poderá reivindicá-la". Diversas leis cuidaram do assunto, culminando com a edição do art. 1.150 do CC (LGL\2002\400) que dispôs: ''A União, o Estado, ou o Município, oferecerá ao ex-proprietário o imóvel desapropriado, pelo preço por que o foi, caso não tenha o destino para que se desapropriou". Criou-se, assim, o direito de preempção ou preferência, como cláusula especial à compra e venda. As Constituições que se seguiram igualmente asseguraram o direito de propriedade (a de 1934, no art. 113, 17; a de 1937, no art. 122, 14; a de 1946, no § 16 do art. 141). A Constituição de 1967 igualmente protegeu, juridicamente, a propriedade, permanecendo a garantia com a EC 1/69. 5 Hipóteses de retrocessãoO instituto da retrocessão foi bem analisado por Landi e Potenza quando escrevem que "fatta l'espropriazione, se l'opera non siasi eseguita, e siano trascorsi i termini a tal uopo concessi o prorogati, gli espropriati potranno domandare che sia dall'autorità giudiziaria competente pronunciata la decadenza dell'ottenuta dichiarazione di pubblica utilità, e siano loro restituiti i beni espropriati. In altri termini, la mancata esecuzione dall'opera dimostra l'insussistenza dell’interesse pubblico, che aveva determinato l'affievolimento del diritto di proprietà" (Manuale di Diritto Amministrativo, 1960, p. 501). Mas não é só a falta de destinação do bem a interesse público ou a não construção da obra para que teria sido o imóvel desapropriado que implica na possibilidade de retrocessão, afirmam os autores citados. Também no caso em que ''l'opera pubblica sia stata eseguita: ma qualche fondo, a tal fine espropriato, non abbia ricevuto in tutto o in parte la prevista destinazione" (ob. cit., p. 501). A retrocessão, pois, deflui, do que se lê da lição dos autores transcritos, na faculdade de o expropriado reaver o próprio bem declarado de utilidade pública, - quando lhe tenha sido dado destinação diversa da declarada no ato expropriatório ou não lhe tenha sido dada destinação alguma. De outro lado, esclarece André de Laubadere que "si l'immeuble exproprié ne reçoit pas la destination prévue dans la déclaration d'utilité publique, il est juste que le propriétaire exproprié puisse le récupérer. C'est l'institution de la rétrocession" (Traité deDroit Administratif, 6." ed., 2. 0 vol., p. 250). No direito brasileiro, os conceitos são praticamente uniformes. Eurico Sodré entende que "retrocessão é o direito do ex-proprietário de reaver o imóvel desapropriado, quando este não tenha tido utilização a que era destinado" (A desapropriação por necessidade ou utilidade pública, 1928, pp. 85-86). Firmino Whitaker afirma que "é direito que tem o ex-proprietário de readquirir o imóvel desapropriado mediante a restituição do valor recebido, quando não tenha sido o mesmo imóvel aplicado em serviço de ordem pública" (Desapropriação, 3ª ed., p. 23, 1946). Cretella Junior leciona que "é o direito do proprietário do imóvel desapropriado de reavê-lo ou de receber perdas e danos, pelos prejuízos sofridos, sempre que ocorrer inaproveitamento, cogitação de venda ou desvio de poder do bem expropriado" (Comentários às leis de desapropriação, 2.ª ed., 2.ª tiragem, 1976, p. 409). Fazendo a distinção prevista por Landi e Potenza, escreve Marienhoff que "la retrocesión, en cambio, sólo puede tener lugar en las dos siguientes hipótesis: a) cuando, después de la cesión amistosa o avenimiento, o después de terminado el juicio de expropiación, el expropiante afecta el bien o cosa a un destino diferente del tenido en cuenta por el legislador ai disponer la expropiación y hacer la respectiva calificación de utilidad publica; b) cuando efectuada la cesión amistosa o avenimiento, o terminado el juicio de expropiación, y transcurrido cierto plazo el expropiante no le dá al bien o cosa destino alguno" (Tratado de Derecho Administrativo, T. IV, 2ª ed., p. 369). Embora os autores costumem distinguir as hipóteses de cabimento da retrocessão, parece-nos que no caso de o Poder Público alterar a finalidade para que houvera decretado a desapropriação não existe o direito à retrocessão. Isto porque a Constituição Federal como já se viu, alberga no conceito "interesse público" a mais polimorfa gama de interesses. Assim, se desapropriado imóvel para a construção de uma escola, mas constrói-se um hospital, não nos parece ter havido "desvio de poder" ou de "finalidade". Simplesmente houve desvio do fim imediato, mas perdura o fim remoto. O interesse público maior, presente no ordenamento jurídico ficou atendido. Simplesmente, por interesses imediatos do Poder Público, mas sempre dentro da competência outorgada pela legislação, o agente entendeu de dar outra destinação à coisa expropriada. Em tal hipótese, não parece ter havido desvio de poder, hábil a legitimar a retrocessão. De tal sentir é Celso Antônio Bandeira de Mello quando afirma "convém ressaltar enfaticamente, contudo, que a jurisprudência brasileira pacificou-se no entendimento de que se o bem desapropriado para uma específica finalidade for utilizado em outra finalidade pública, não há vício algum que enseje ao particular ação de retrocessão (tal como é concebida hoje), considerando que, no caso, inexistiu violação do direito de preferência" (ob. cit., p. 210). Cita o autor a jurisprudência mencionada (RDP, 2/213, 3/242 e em RDA, 88/158 e 102/188). A doutrina é remançosa em afirmar a possibilidade de ser o bem empregado em outra finalidade diversa da alegada no decreto expropriatório ou na lei, desde que também de utilidade pública (Adroaldo Mesquita da Costa, in RDA, 93 /377; Alcino Falcão, Constituição Anotada, vol. II, pp. 149/SO; Carlos Maximiliano, Comentários à Constituição Brasileira, 1954, vol. III, p. 115; Diogo Figueiredo Moreira Neto, Curso de Direito Administrativo, vol. 2, p. 116; Ebert Chamoun, Da retrocessão nas desapropriações, pp. 74 e ss.; Hely Lopes Meirelles, Direito Administrativo Brasileiro, 2.ª ed., p. 505; Pontes de Miranda, Comentários à Constituição de 1967, com a Emenda Constituição n.º 1, de 1969, T. V, pp. 445/6; Cretella Junior, Tratado de Direito Administrativo, vol. IX, pp. 165/6). A jurisprudência a respeito é farta (RTJ, 39/495, 42/195 e 57 /46). Mais recentemente decidiu-se que "não cabe retrocessão quando o imóvel expropriado tem destino diverso, vias de utilidade pública" (RDA, 127 /440). Poucos autores manifestam-se em sentido contrário, ou seja, pela inadmissibilidade de aplicação do destino do bem em outra finalidade que não a invocada no decreto ou lei que estipula a desapropriação (Hélio Moraes de Siqueira, A retrocessão nas desapropriações, p. 61 e Miguel Seabra Fagundes, Da desapropriação no Direito brasileiro, 1949, p. 400). Tais indicações foram colhidas na excelente Desapropriação – Indicações de Doutrina e Jurisprudência de Sérgio Ferraz, pp. 122/124. Já diversa é a consequência quando o imóvel não é utilizado para qualquer fim, ficando ele sem destinação específica, implicando, praticamente, no abandono do imóvel. Daí surge, realmente, o problema da retrocessão. Mas, emergem questões prévias a serem resolvidas. Como se conta o prazo, se é que há, para que se legitime o expropriado, ativamente? Em consequência da solução a ser dada à questão anterior, cuida-se a retrocessão de direito real ou pessoal, isto é, a não utilização do bem expropriado enseja reivindicação ou indenização por perdas e danos? Estas questões são cruciais e têm atormentado os juristas. Passemos a tentar equacioná-las. 6 Momento do surgimento do direito de retrocessãoEntende Cretella Júnior que há dois momentos para que se considere o nascimento do direito de ingressar com a ação de retrocessão. Mediante ato expresso ou por ato tácito. "Mediante ato expresso, que mencione a desistência do uso da coisa expropriada e notifique o ex-proprietário de que pode, por ação própria, exercer o direito de retrocessão" (Comentários às leis de desapropriação, p. 415) ou através de ato tácito, ou seja, pela conduta da Administração que permita prever a desistência de utilização do bem expropriado, possibilitando ao antigo proprietário o exercício do direito de preferência...” (ob. cit., p. 416). De igual teor a lição de Eurico Sodré, A desapropriação por necessidade ou utilidade pública, 2.ª ed., p. 289. A jurisprudência já se manifestou em tal sentido (RTJ, 57 /46). Ebert Chamoun (ob. cit., pp. 80 e ss.) entende que apenas por ato inequívoco da administração tem cabimento a ação de retrocessão. Jamais se poderia julgar pela procedência da ação que visasse a retrocessão, desde que o Poder Público alegue que ainda vá utilizar o bem. Afirma o citado autor que "é assim, necessário frisar que o emprego, pelo expropriante do bem desapropriado para fim de interesse público não precisa ser imediato. Desde que ele consiga demonstrar que o interesse público ainda é presente e que a destinação para esse escopo foi simplesmente adiada, porque não é oportuna, exequível ou aconselhável, deve ser julgado improcedente o pedido de indenização do expropriado, com fundamento no art. 1.150 do CC (LGL\2002\400)" (ob. cit., p. 84). De igual teor a lição de Pontes de Miranda (Comentários. T. V, p. 445). Celso Antonio Bandeira de Mello tem posição intermediária. Afirma que "a obrigação do expropriante de oferecer o bem em preferência nasce no momento em que este desiste de aplicá-lo à finalidade pública. A determinação exata deste momento há que ser verificada em cada caso. Servirá como demonstração da desistência, a venda, cessão ou qualquer ato dispositivo do bem praticado pelo expropriante em favor de terceiro. Poderá indicá-la, também, a anulação do plano de obras em que se calcou o Poder Público para realizar a desapropriação ou outros fatos congêneres" (ob. cit., p. 209). A propósito, já se manifestou o STF que "o fato da não utilização da coisa expropriada não caracteriza, só por si, independentemente das circunstâncias. desvio do fim da desapropriação" (RTJ. 57/46). Do mesmo teor o acórdão constante da RDA, 128/395. 7 Prazo a respeito. AnalogiaOutros autores entendem que há um prazo de cinco anos para que o Poder Público destine o imóvel à finalidade Pública para que efetuou a desapropriação. Assim se manifestam Noé Azevedo (parecer in RT 193/34) e Seabra Fagundes (ob. cit., pp. 397 /8). O prazo de cinco anos é já previsto na doutrina francesa. Afirma Laubadere que "si les immeubles expropriés n'ont pas reçu dans le délai de cinq ans la destination prévue ou ont cessé de recevoir cette destination, les anciens propriétaires ou leurs ayants droit à titre universel peuvent en demander la rétrocession dans un délai de trente ans à compter également de l'ordonance d'expropriation, à moins que l'expropriant ne requère une nouvelle déclaration d'utilité publique" (ob. cit., p. 251). Tal orientação encontra por base o art. 10 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6) que estabelece: "a desapropriação deverá efetivar-se mediante acordo ou intentar-se judicialmente dentro de cinco anos, contados da data da expedição do respectivo decreto e findos os quais este caducará". Claro está que não tendo a lei previsto o direito à retrocessão, o intérprete há de buscar a solução para o problema (interpretação prudencial) dentro do próprio sistema normativo, para suprir ou colmatar a lacuna (a propósito deste tema, especificamente, veja se nosso "Lacuna e sistema normativo", in RJTJSP, 53/13-30). Esta surge no momento da decisão. Como todo problema jurídico gira em torno da decidibilidade, admite-se a interpretação analógica ao se entender que o prazo para que o Poder Público dê ao imóvel destinação específica ou outra permitida pelo direito (finalidade prevista no ordenamento) igualmente será o prazo de cinco anos. Neste, caduca o interesse público. Daí legitimar-se o expropriado a ingressar com a ação de retrocessão. Caso se entenda da inadmissibilidade de fixação de prazo, deixar-se-á à sorte o nascimento do direito ou, então, como pretende Cretella Junior, à manifestação volitiva do Poder Público decidir sobre a oferta do imóvel a alguém, com o que caracterizaria expressamente a vontade de alienar ou dispor do imóvel. Nunca haveria um prazo determinado, com o que padeceria a relação jurídica de segurança e estabilidade. Permaneceria o expropriado eternamente à disposição do Poder Público e perduraria, constantemente, e em suspense, até que a Administração decida como e quando destinará ou desafetará o imóvel. A solução que se nos afigura mais compatível com a realidade brasileira é a de se fixar o prazo de cinco anos, por aplicação analógica com o art. 10, retro citado. Está evidente que a só inércia não caracteriza a presunção do desvio. Se a Administração desapropria sem finalidade pública, o ato pode ser anulado, mesmo sem o decurso do prazo de cinco anos. Mas, aqui, o fundamento da anulação do ato seria outro e não se cuidaria do problema específico da retrocessão. 8 Natureza do direito à retrocessãoDiscute-se, largamente, sobre a natureza do direito à retrocessão. Para uns seria direito pessoal e eventual direito resolver-se-ia em indenização por perdas e danos. Para outros, cuida-se de direito real e, pois, há possibilidade de reivindicação. Magnífica resenha de opiniões é feita por Sérgio Ferraz em seu trabalho Desapropriação, pp. 117/121. Dentre alguns nomes que se manifestam pelo reconhecimento de que se cuida de direito pessoal e, pois, enseja indenização por perdas e danos encontram-se Ebert Chamoun (ob. cit., p. 31), Cretella Junior (Tratado . . ., vol. IX, pp. 159, 333/4), Múcio de Campos Maia ("ensaio sobre a retrocessão ", in RT 258/49). A jurisprudência já se tem manifestado neste sentido (RDA, 98/ 178 e 106/157). A propósito da pesquisa jurisprudencial, veja-se, também, o repertório de Sergio Ferraz. A solução apontada pelos autores encontra fundamento no art. 35 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6) ao estabelecer que "os bens expropriados, uma vez incorporados à Fazenda Pública, não podem ser objeto de reivindicação, ainda que fundada em nulidade do processo de desapropriação. Qualquer ação julgada procedente, resolver-se-á em perdas e danos". Com base em tal artigo afirma Ebert Chamoun que "o direito do expropriado não é, evidentemente, um direito real, porque o direito real não se contrapõe, jamais, um mero dever de oferecer. E, por outro lado, se o expropriante não perde a propriedade, nem o expropriado a adquire, com o simples fato da inadequada destinação, é óbvio que a reivindicação que protege o direito de domínio, e que incumbe apenas ao proprietário, o expropriado não pode ter" (ob. cit., pp. 38/39). Mais adiante afirma que "o direito do ex-proprietário perante o poder desapropriante que não deu à coisa desapropriada o destino de utilidade pública, permanece, portanto, no direito positivo brasileiro, como direito nítido e irretorquivelmente pessoal, direito que não se manifesta em face de terceiros , eventuais adquirentes da coisa, nem ela adere, senão exclusivamente à pessoa do expropriante. Destarte, o poder desapropriante, apesar de desrespeitar as finalidades da desapropriação, desprezando os motivos constantes do decreto desapropriatório, não perde a propriedade da coisa expropriada, que ele conserva em sua Fazenda com as mesmas características que possuía quando da sua. aquisição" (ob. cit., pp. 44/45). Em abono de sua orientação invoca o dispositivo mencionado e afirma "quaisquer dúvidas que ainda houvesse acerca da natureza do direito do expropriado seriam espancadas por esse preceito, límpido e exato, consectário perfeito dos princípios gerais do nosso direito positivo, dispositivo que se ajusta, como luva, ao sistema jurídico brasileiro relativo à aquisição de propriedade, à preempção e à desapropriação" (ob. cit., p. 47). De outro lado, autores há que entendem cuidar-se de direito real. Dentre eles Hely Lopes Meirelles (Direito Administrativo Brasileiro, 2.ª ed., p. 505), Seabra Fagundes (ob. cit., p. 397), Noé Azevedo (parecer citado, in RT, 193/34), Pontes de Miranda (Comentários . . . ", T. V, pp. 443/6 e Vicente Ráo (O direito e a vida dos direitos, 2.ª ed., p. 390, nota 113). Apontam-se, também, diversos julgados (RDA, 48/231 e 130/229). 9 Crítica às posiçõesRealmente não se confundem as disposições do art. 1.149 com o art. 1.150 do CC (LGL\2002\400). O primeiro refere-se a pacto de compra e venda e tem por pressuposto a venda ou a dação em pagamento. Implica manifestação volitiva, através de contrato específico, em que se tem por base a vontade livre dos negócios jurídicos, assim exigida para validade do contrato. Já o art. 1.150 constitui norma de Direito Público, pouco importando sua inserção no Código Civil (LGL\2002\400) (Pontes de Miranda, Tratado de Direito Privado, T. XIV, 2.ª ed., § 1.612, p. 172). Em sendo assim, a norma do art. 1.150 do CC (LGL\2002\400) que determina o oferecimento do imóvel desapropriado ao ex-proprietário para o exercício do direito de preferência não está revogada. Mas, daí não se conclui que há apenas o direito de prelação. Diverso é nosso entendimento. Pelo artigo referido, obriga-se a Administração a oferecer o imóvel (é obrigação imposta à Administração), mas daí não pode advir a consequência de que caso não oferecido o imóvel, não há direito de exigi-lo. A norma não é unilateral em prol do Poder Público. De outro lado, surge a possibilidade de exigência por parte do expropriado. E a tal exigência dá-se o nome de retrocessão. Superiormente ensina Hélio Moraes de Siqueira que "entretanto, não é na lei civil que se encontra o fundamento da retrocessão. Aliás, poder-se-ia, quando muito, vislumbrar os lineamentos do instituto. É na Constituição Federal que a retrocessão deita raízes e recebe a essência jurídica que a sustém. Mesmo se ausente o preceito no Código Civil (LGL\2002\400), a figura da retrocessão teria existência no direito brasileiro, pois é consequência jurídica do mandamento constitucional garantidor da inviolabilidade da propriedade, ressalvada a desapropriação por utilidade e necessidade pública e de interesse social, mediante prévia e justa indenização em dinheiro" (ob. cit., pp. 76/77). Idêntico entendimento deve ser perfilhado. Realmente, despiciendo é que o art. 35 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6) tenha estabelecido que "os bens expropriados, uma vez incorporados à Fazenda Pública, não podem ser objeto de reivindicação, ainda que fundada em nulidade do processo de desapropriação. Qualquer ação, julgada procedente, resolver-se-á em perdas e danos". A lei não pode mudar a norma constitucional que prevê a possibilidade da desapropriação sob fundamento de interesse público. O interesse público previsto na Constituição Federal é concretizado através das manifestações da Administração, em atos administrativos, possuindo, como condição de sua validade e de sua higidez o elemento finalidade ("finalidade-elemento teleológico contido no sistema. Conjunto de atribuições assumidas pelo Estado e encampadas pelo ordenamento jurídico", cf. nosso Ato Administrativo, ed. 1978, p. 48). Destina-se a finalidade a atender aos interesses públicos previstos no sistema normativo. Há por parte do agente administrativo emanador do ato, a aferição valorativa do interesse manifestado no decreto. É pressuposto lógico da emanação de qualquer ato administrativo que a competência do agente seja exercitada em direção a alcançar os objetivos ou os valores traçados no sistema de normas. Tal aferição valorativa é realizada no momento da expedição do ato. No decurso de certo tempo, pode desaparecer o interesse então manifestado. Mas, tal reconhecimento do desinteresse não pertence apenas à Administração Pública, mas também ao expropriado que pode provocá-lo, mediante ação direta. A Administração Pública, pela circunstância de ter adquirido o domínio da coisa expropriada, não fica isenta de demonstrar a utilidade da coisa ou a continuidade elo interesse público em mantê-la. Desaparecendo o interesse público, o que pode acontecer por vontade expressa da Administração, ou tacitamente, pelo decurso do prazo de cinco anos, contados dos cinco anos seguintes à transferência de domínio, que se opera pelo registro do título aquisitivo, que é a carta de adjudicação mediante prévio pagamento do preço fixado, nasce ao expropriado o direito de reaver a própria coisa. Trata-se de direito real, porque a perquirição da natureza do direito não deflui do momento atual do reconhecimento da desnecessidade da coisa, mas remonta ao momento do ato decretatório da utilidade pública. Já disse alhures (Ato Administrativo, pp. 122 e ss.) que a nulidade ou o ato inválido não prescreve. No caso a prescrição alcança o expropriado no prazo de cinco anos, contados do término dos cinco anos anteriores ao termo final do prazo de presunção da desnecessidade do imóvel. Explicando melhor: o Poder Público tem cinco anos, contados da data da aquisição da propriedade, que opera pelo registro da carta de adjudicação no Cartório do Registro de Imóveis competente, ou mediante registro da escritura pública lavrada por acordo das partes, no mesmo Cartório, para dar destinação específica, tal como declarada no decreto expropriatório ou outra destinação, havida como de interesse público. Passado tal prazo, abre-se ao expropriado o direito de haver a própria coisa, também pelo prazo de Cinco anos, nos termos do Dec. 20.910/32 (LGL\1932\1). A propósito já se decidiu que "a prescrição da ação de retrocessão, visando às perdas e danos, começa a correr desde o momento em que o expropriante abandona, inequivocamente, o propósito de dar, ao imóvel, a destinação expressa na declaração de utilidade pública" (PDA, 69/ 200). Ausente a utilidade pública, seja no momento da declaração, seja posteriormente. o ato deixa de ter base legal. Como afirma José Canasi, "la retrocesión tiene raiz constitucional implicita y surge del concepto mismo de utilidade publica. No se concibe una utilidad publica que puede desaparecer o deformarse a posteriori de la expropriación. Seria un engano o una falsidad" (La retrocesión en la Expropiación Publica, p. 47). Rejeita-se o raciocínio de que o expropriado, não sendo mais proprietário, falece-lhe o direito de pleitear reivindicação. Tal argumento serviria, também, para &e rejeitar a existência de direito pessoal. Isto porque, se o ex-proprietário já recebeu, de acordo com a própria Constituição Federal a justa indenização pela tomada compulsória de seu imóvel, nenhum direito teria mais. Não teria sentido dar-se nova indenização ao ex-proprietário, de vez que o Poder Público já lhe pagara toda quantia justa e constitucionalmente exigida para a composição do patrimônio desfalcado pela perda do imóvel. Aí cessaria toda relação criada imperativamente, pelo Poder Público. Inobstante, a pretensão remonta à edição do ato. O fundamento do desfazimento do decreto expropriatório reside exatamente na inexistência do elemento finalidade que deve sempre estar presente nas manifestações volitivas da Administração Pública. Demais, cessado o interesse público subsistente no ato expropriatório, a própria Constituição Federal determina a persistência da propriedade. A nosso ver, a discussão sobre tratar-se de direito real ou pessoal é falsa. Emana a ação da própria Constituição, independentemente da qualificação do direito. Ausente o interesse público, deixa de existir o fundamento jurídico da desapropriação. Logo, não podem subsistir efeitos jurídicos de ato desqualificado pelo ordenamento normativo. Trata-se de direito real, no sentido adotado por Marienhoff quando afirma que "desde luego, trátase de una acción real de "derecho público", pues pertenece al complejo jurídico de la expropiación, institución exclusivamente de derecho público, segun quedó dicho en un parágrafo precedente (n. 1.293). No se trata, pues, de una acción de derecho comun, ni regulada por este. El derecho privado nada tiene que hacer al respecto. Finalmente, la acción de retrocesión, no obstante su carácter real, no trasunta técnicamente el ejercicio de una acción reivindicatoria, sino la impugnación a una expropiación donde la afectación del bien o cosa no se hizo al destino correspondiente, por lo que dicha expropiación resulta en contravención con la garantia de inviolabilidad de propiedad asegurada en la Constitución. La acción es "real" por la finalidad que persigue: reintegro de un bien o cosa" (Tratado de Derecho Administrativo, vol. IV, p. 382, n. 1.430). De igual sentido a orientação traçada no Novíssimo Digesto Italiano, onde se afirma que "per tale disciplina deve escludersi che il diritto alla retrocessione passa considerarsi un diritto alla risoluzione del precedente trasferimento coattivo, esso e stato definito un diritto legale di ricompera, ad rem (non in rem) (ob. cit., voce - espropriazione per pubblica utilità", vol. VI, p. 950). Recentemente o Supremo Tribunal Federal decidiu que "o expropriado pode pedir retrocessão, ou readquirir o domínio do bem expropriado, no caso de não lhe ter sido dado o destino que motivou a desapropriação" (RDA 130/229). No mesmo sentido o acórdão constante da "Rev. Trim. de Jur.", vol. 104/468-496, rel. Min. Soares Muñoz. 10 Transmissibilidade do direito. Não se cuida de direito personalíssimoAdmitida a existência da retrocessão no Direito brasileiro in specie, ou seja, havendo a possibilidade de reaquisição do imóvel, e rejeitando-se frontalmente, a solução dada pela jurisprudência de se admitir a indenização por perdas e danos, de vez que, a nosso ver, há errada interpretação do art. 35 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6), surge a questão também discutida se o direito à retrocessão é personalíssimo, ou é transmissível, causa mortis. Pela negativa manifestam-se Ebert Chamoun (ob. cit., p. 68), Eurico Sodré (ob. cit., p. 76), Hely Lopes Meirelles (ob. cit., p. 505) e Pontes de Miranda (ob. cit., p. 446). Em sentido oposto Hélio Moraes de Siqueira (ob. cit., p. 64) e Celso Antônio Bandeira de Mello (oh. cit., p. 210). A jurisprudência tem se manifestado favoravelmente à transmissão do direito de retrocessão (RTJ 23/169, 57 / 46 e 73/155). Inaplicável no Direito Público o art. 1.157 do CC (LGL\2002\400). Disciplina ele relações de particulares, devidamente ajustado ao art. 1.149 que, como se viu anteriormente, cuida, também, de manifestações volitivas. Já, a desapropriação implica na tomada compulsória do domínio dos particulares, em decorrência de ato imperativo (tal como por nós conceituado a fls. 29 do Ato Administrativo). A imperatividade implica em manifestação de poder, ou seja, na possibilidade que goza o Poder Público de interferir na esfera jurídica alheia, por força jurídica própria. Já nas relações particulares, estão estes no mesmo nível; quando intervém o Estado o relacionamento é vertical e não horizontal. Daí porque o referido dispositivo legal não tem aplicação ao tema em estudo. O TJSP já deixou decidido que "os sucessores do proprietário têm direito de ser indenizados, no caso de o expropriante do imóvel expropriado não se utilizar deste, e procurar aliená-lo a terceiros, sem mesmo oferecê-lo àqueles (RT 322/193). Rejeitando, apenas o direito de preferência, de vez que entendendo a retrocessão como espécie de direito real, aceita-se a argumentação da transmissibilidade da ação. No mesmo sentido a orientação do Supremo Tribunal Federal (RTJ 59/631). As ações personalíssimas são de interpretação estrita. Apenas quando a lei dispuser que não se transmite o direito causa mortis é que haverá impossibilidade jurídica da ação dos herdeiros ou sucessores a qualquer título. No caso ora analisado, verificando-se da inaplicabilidade do art. 1.157 do CC (LGL\2002\400), percebe-se que defluindo o direito à retrocessão da própria Constituição Federal, inarredável a conclusão que se cuida de direito transmissível. 11 Montante a ser pago pelo expropriado, pela reaquisição do imóvelResta indagar qual o critério para fixação do montante a ser pago pelo ex-proprietário quando do acolhimento da ação de retrocessão. Inicialmente, pode-se dizer que o expropriado deve devolver o montante apurado quando do recebimento do preço fixado pelo juiz ou havido mediante acordo lavrado em escritura pública. Inobstante, se o bem recebeu melhoras que tenham aumentado seu valor, parece-nos que devam elas ser levadas em conta, para efeito de apuração do montante do preço a ser devolvido ao expropriante. O valor a ser pago, pois, será o recebido à época, por parte do expropriado acrescido de melhoramentos eventualmente introduzidos no imóvel, caso deste se cuide. 12 Correção monetáriaHá autores que afirmam que a correção monetária não fará parte do valor a ser devolvido, "in principio", pois, embora haja previsão legal de seu pagamento quando da desapropriação, há razoável fundamento de que se o Poder Público não destinou o imóvel ou deu margem a que ele não fosse utilizado, por culpa sua, de seu próprio comportamento, deve suportar as consequências de sua atitude. A Corte Suprema de Justiça da Nação Argentina prontificou-se pelo descabimento da atualização monetária, deixando julgado que ''en efecto, obvio parece decir que el fundamento jurídico del instituto de la retrocesión es distinto ai de la expropiación, como que se origina por el hecho de no destinarse el bien expropiado al fin de utilidad publica previsto por la ley. Si esta finalidad no se cumple, el expropiante no puede pretender benefíciarse con el mayor valor adquirido por el inmueble y su derecho, como principio, se limita a recibir lo que pagó por él" (Fallos, t. 271, pp. 42 e ss.). Outro argumento parece-nos ponderável. É que, a se admitir a devolução com correção monetária poderia facilitar a intervenção do Estado no domínio econômico, de vez que poderia pretender investir na aquisição de imóveis, para restituí-los, posteriormente, com acréscimo de correção monetária, com o que desvirtuar-se-ia de suas finalidades precípuas. Parece-nos, entretanto, razoável que se apure o valor real do imóvel devidamente atualizado e se corrija, monetariamente, o valor da indenização paga, para que se mantenha a equivalência econômica e patrimonial das partes. Há decisão admitindo a correção monetária da quantia a ser paga pelo expropriado (RDP 11/274) proferida pelo Min. Jarbas Nobre, do TFR. O valor do imóvel serviria de teto para o índice da correção. 13 Rito processualO tipo de procedimento a ser adotado nas hipóteses de ação de retrocessão previsto na legislação processual. É o procedimento ordinário ou sumaríssimo, dependendo do valor da causa. Não há qualquer especialidade de rito, de vez que independe de depósito prévio. Não se aplica, aqui, o procedimento desapropriação, às avessas. Isto porque, no procedimento de desapropriação há um rito especial e pode o Poder Público imitir-se previamente na posse da coisa, desde que alegue urgência na tomada e efetue o depósito do valor arbitrado. Tal característica do processo de desapropriação não está presente no rito processual da ação de retrocessão. Demais disso, a ação depende de prévio acolhimento, com produção de prova do abandono do imóvel, ou sua não destinação ao fim anunciado no decreto. 14 Retrocessão de bens móveisA desapropriação alcança qualquer tipo de coisa. Não apenas os imóveis podem ser desapropriados. Isto porque o art. 2.0 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6) dispõe "mediante declaração de utilidade pública, todos os bens poderão ser desapropriados pela União, pelos Estados, Municípios, Distrito Federal e Territórios”. Como assinala Celso Antônio Bandeira de Mello "pode ser objeto de desapropriação, tudo aquilo que seja objeto de propriedade. Isto é, todo bem, imóvel ou móvel, corpóreo ou incorpóreo, pode ser desapropriado. Portanto, também se desapropriam direitos em geral. Contudo, não são desapropriáveis direitos personalíssimos, tais os de liberdade, o direito à honra, etc. Efetivamente, estes não se definem por um conteúdo patrimonial, antes se apresentam como verdadeiras projeções da personalidade do indivíduo ou consistem em expressões de um seu status jurídico, como o pátrio poder e a cidadania, por exemplo (ob. cit., p. 194). De igual teor a lição de Ebert Chamoun (ob. cit., 94). A lição do autor merece integral subscrição, por ser da mais absoluta juridicidade. A Constituição Federal assegura o direito de propriedade. A única limitação é a possibilidade de desapropriação, por parte do Poder Público. Mas, como a Constituição não limita a incidência da expropriação apenas sobre imóveis e a lei específica fala em "bens", entende-se que todo e qualquer direito pode ser desapropriado. Por consequência, qualquer bem pode ser passível de retrocessão (verbi gratia, os direitos autorais). 15 Retrocessão parcialCaso tenha havido desapropriação de um imóvel e parte dele não tenha aproveitada para a finalidade precípua declarada no decreto, surge a questão de se saber se o remanescente não utilizado pode ser objeto da retrocessão. Pelas mesmas razões expostas pelas quais se admitiu a existência da retrocessão no Direito brasileiro e cuidar-se de direito real, pelo qual o expropriado pode reaver posse e propriedade do próprio imóvel, admite-se a retrocessão parcial. 16 RenúnciaCaso o expropriado renuncie ao direito de retrocessão, nada terá a reclamar. Tratando-se, como se cuida, de direito patrimonial, é ele renunciável. Nada obriga a manter seu direito. Como salienta Ebert Chamoun, "a renúncia é plenamente eficaz. Uma vez que consta do instrumento de acordo dispositivo que exprima o desinteresse do ex-proprietário pelo destino que venha ulteriormente a ser dado ao bem e no qual se revele, claro e indiscutível, o seu propósito de renunciar ao direito de preferência à aquisição e ao direito de cobrar perdas e danos em face da infração do dever de oferecimento, o não atendimento das finalidades previstas no decreto desapropriatório, não terá quaisquer consequências patrimoniais, tornando-se absolutamente irrelevante sob o ponto de vista do direito privado" (ob. cit., p. 93). Embora não se adote a consequência apontada pelo autor. aceita-se o fundamento da possibilidade da renúncia. 17 Retrocessão na desapropriação por zonaNeste passo, acompanha-se o magistério de Celso Antônio Bandeira de Mello, segundo quem "é impossível cogitar de ação de retrocessão relativa a bens revendidos pelo Poder Público no caso de desapropriação por zona, quanto à área expropriada exatamente para esse fim, uma vez que, em tal caso não há transgressão alguma à finalidade pública em vista da qual foi realizada (ob. cit., p. 210). De igual teor a orientação de Ebert Chamoun (ob. cit., p. 96). E a posição é de fácil compreensão. O "interesse público", na hipótese, foi ditada exatamente para que se reserve a área para ulterior desenvolvimento da obra ou para revenda. Destina-se a absorver a extraordinária valorização que alcançará o local. De qualquer forma, estará o interesse público satisfeito. lnadmite-se, em consequência, a ação de retrocessão, quando a desapropriação se fundar em melhoria de determinada zona (art. 4.0 do Dec.-lei 3.365/41 (LGL\1941\6)). A propósito os pareceres de Vicente Ráo (RDP 7 /79), Castro Nunes (RDP 7 /94) e Brandão Cavalcanti (RDP 7 /102). 18 Referência jurisprudencialAlém da jurisprudência já referida no curso da expos1çao da matéria, convém transcrever alguns acórdãos do STF que cuidam do assunto. Negativa de vigência ao art. 1.150 do CC (LGL\2002\400). "Não vejo na decisão recorrida negativa de vigência do art. 1.150 do CC (LGL\2002\400). De conformidade com a melhor interpretação desse dispositivo, o expropriante não está obrigado a oferecer o imóvel ao expropriado, quando resolve devolvê-lo ao domínio privado, mediante venda ou abandono" (RTJ 83/97. Também o mesmo repertório 56/785 e 66/250. Possibilidade do exercício da ação. "Se se verifica a impossibilidade da utilização do bem, ou da execução da obra, então passa a ser possível o exercício do direito de retrocessão. Não é preciso esperar que o desapropriante aliene o bem desapropriado" (RTJ 80/150). Destinação diversa do bem. "Incabível a retrocessão ou ressarcimento se o bem expropriado tem destino diverso, mas de utilidade pública" (RTJ 74/95; No mesmo sentido o mesmo repertório 48/749 e RDA 127 /440). Pressupostos da retrocessão. "Retrocessão. Seus pressupostos; devolução do imóvel ao domínio privado, · quer pela alienação, quer pelo abandono por longo tempo, sem destinação de utilidade pública. Ausência desses pressupostos. Ação julgada improcedente" (RTJ 83/96). Fundamento do direito à retrocessão. "Constituição, art. 153, § 22CC (LGL\2002\400), art. 1 .150. Desapropriamento por utilidade pública. Reversão do bem desapropriado. O direito à requisição da coisa desapropriada tem o seu fundamento na referida norma constitucional e na citada regra civil, pois uma e outra exprimem um só princípio que se sobrepõe ao do art. 35 do Dec.-Lei 3.365/41 (LGL\1941\6), visto que o direito previsto neste último (reivindicação) não faz desaparecer aqueloutro" (RTJ 80/139). Estes alguns excertos jurisprudenciais de maior repercussão, já que enfrentaram matéria realmente controvertida dando-lhe solução fundamentada. Há inúmeros julgados sobre o tema que, no entanto, dispensam transcrição ou menção expressa, pois outra coisa não fazem que repetir os argumentos já manifestados. Como se cuida de matéria controvertida e a nível de repertório enciclopédico, o importante é a notícia sobre o tema, sem prejuízo de termos feito algumas colocações pessoais a respeito. Nem tivemos o intuito de esgotar o assunto, de vez que incabível num trabalho deste gênero.
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Armentano, Antonio. "JUVENTUS-NAPOLI TRA LE DIVERSE SFUMATURE DELLE DECISIONI FEDERALI, L’ANTINOMIA NON RILEVATA DAL COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT ED ALTRE SPIGOLATURE". Diritto Dello Sport 2, n.º 1 - 2021 (julio de 2021). http://dx.doi.org/10.30682/disp0201f.

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L’incontro di calcio tra la Juventus FC e la SSC Napoli, in programma il 4 ottobre 2020, non si è disputato poiché le autorità sanitarie hanno vietato la trasferta della squadra partenopea a Torino a causa della positività al COVID-19 di due suoi calciatori. L’articolo esamina le decisioni della Giustizia Sportiva evidenziando alcune incongruenze e, soprattutto, il mancato rilievo, da parte del Collegio di Garanzia dello Sport, di un’antinomia ravvisabile nel contrasto dell’art. 30, comma 3, dello Statuto Federale con l’art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI. L’individuazione prima e la risoluzione poi di tale contrasto non è trascurabile perché avrebbe potuto portare ad una dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto dalla SSC Napoli.
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Giannini, Alberto. "Il ruolo della consulenza di etica clinica in ospedale". Medicina e Morale 64, n.º 6 (1 de agosto de 2016). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2015.8.

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Resumen
La complessità della medicina contemporanea e delle relazioni di cura sono tali che molto di frequente medici infermieri incontrano aspetti dilemmatici sul piano etico e dunque di difficile risoluzione. La consulenza di etica clinica è una pratica comune e consolidata nel Nord America, a differenza di quanto accade nei Paesi europei. Essa rappresenta uno strumento utile ed efficace per affrontare gli aspetti più complessi riguardanti le cure in ambito sanitario, per comprendere i valori coinvolti e gli aspetti etici delle diverse scelte. Tuttavia è ampiamente condiviso che la consulenza etica non debba essere direttiva. Dobbiamo inoltre essere consapevoli che, per quanto autorevoli essi siano, il parere del consulente di etica clinica o del Comitato etico non possono però essere considerati ultimativi. In particolare, la responsabilità delle scelte e delle azioni ricade su coloro che le compiono. È dunque oltremodo importante sottolineare che la consulenza etica non rimuove né attenua la responsabilità dei curanti, tanto sul piano clinico quanto su quello etico. Deve pertanto essere fatto ogni sforzo per creare nei medici e negli infermieri la consapevolezza che l’etica clinica è una specifica competenza professionale e come tale da acquisire e aggiornare. L’esperienza in particolare del Nord America ha reso evidente come la consulenza etica possa essere uno strumento efficace nei reparti di Terapia Intensiva, aiutando l’équipe nel processo decisionale, così come i pazienti e le loro famiglie. Ad esempio, per i pazienti che sono destinati a non sopravvivere alla dimissione, la consulenza etica ha dimostrato di avere un effetto statisticamente significativo nel ridurre l’utilizzo dei trattamenti di supporto vitale, così come nella riduzione della durata della degenza in ospedale e in Terapia Intensiva, senza per altro comportare una differenza per quanto riguarda la mortalità In prospettiva, è condivisibile l’idea che il consulente di etica clinica divenga una figura familiare per il clinico e sia presente a sostegno dei pazienti, delle loro famiglie e di tutti i soggetti coinvolti a diverso titolo sui temi della salute (dai medici sino agli amministratori della cosa pubblica). Si rende dunque indispensabile definire un solido percorso formativo perché l’etica clinica (intesa come “a structured approach to ethical questions in clinical medicine”) non è concepibile come un’attività di tipo “ideologico” ma, al contrario, richiede grande competenza e grande equilibrio. ---------- The complexity of medicine today and of the relationships between healthcare professionals and patients (and family members) is such that very often doctors and nurses are faced with ethical dilemmas which are difficult to resolve. Ethics consultation is a common and consolidated practice in North America, unlike in most European countries. It is a valuable and effective tool for dealing with the most complex aspects of healthcare and in understanding the values involved and the ethical aspects of the possible choices. However, it is a widely held view that ethics consultation must not be directive. Moreover, we also have to be aware that, as authoritative as the ethics consultant or the ethics committee is, their opinions on ethical matters cannot be considered definitive. In particular, the responsibility for decisions and actions belongs to those who carry them out. It is important, therefore, to stress that ethics consultation does not remove or attenuate the responsibility of healthcare professionals in decision making, either in clinical or ethical terms. Meanwhile, every possible effort must be made to create awareness among doctors and nurses that clinical ethics is a specific area of professional competency that needs to be improved and updated. In the critical care setting, the experience in North America in particular has highlighted how ethics consultation can be an effective tool in intensive care unit (ICU) by assisting the team in decision making, as well as helping patients and their families. Specifically, ethics consultation has had a statistically significant impact in reducing the use of life support as well as in decreasing the length of hospital stay and the days spent in ICU in those patients who ultimately will not survive to discharge, without, however, affecting death rates. Looking ahead, we can agree that the clinical ethics consultant should become a familiar figure for the clinician and there to support patients, their families and all those variously involved in healthcare (from doctors to administrators of the health system). However, it is essential to define a sound training program for consultants so that clinical ethics (taken to mean “a structured approach to ethical questions in clinical medicine”) is not seen as an “ideological” activity, but instead as one that demands both great competence and great equilibrium.
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