Literatura académica sobre el tema "Riforme istituzionali"

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Artículos de revistas sobre el tema "Riforme istituzionali"

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Ferrajoli, Luigi. "Sulle riforme istituzionali". DEMOCRAZIA E DIRITTO, n.º 1 (agosto de 2014): 53–58. http://dx.doi.org/10.3280/ded2014-001010.

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Passigli, Stefano. "RIFORME ISTITUZIONALI E GOVERNO: UN COMMENTO". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, n.º 3 (diciembre de 1991): 419–40. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017846.

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Resumen
IntroduzioneIl dibattito sulle riforme istituzionali, dopo molti anni di andamento “carsico” con improvvise emersioni ed altrettanto rapide scomparse, sembra avere trovato con le campagne referendarie del Comitato promosso dall'on. Segni la via maestra per giungere ad un qualche sbocco. I promotori del referendum si propongono di modificare i sistemi elettorali in senso maggioritario con il triplice obiettivo di aumentare la governabilità, sottraendo la scelta dei governi al gioco dei partiti e rimettendone la formazione a forme più dirette di investitura popolare; favorire un più diretto rapporto tra eletti ed elettori; e migliorare la qualità della classe politica. Un evidente filo rosso lega questi obiettivi: la convinzione che ilparty governmentabbia fatto il suo tempo e che la nostra società richieda una democrazia meno mediata. Le concrete alternative sollevate nel dibattito e dai quesiti referendari sottendono dunque questioni più ampie, cui non possiamo dedicarci nel breve spazio di questorejoinder, e cui accenniamo solo per sottolineare che esse non potevano non destare l'attenzione di uno studioso che, come Sartori, ha fatto nella democrazia, e dei partiti e sistemi di partito, il focus principale dei suoi interessi. Nell'esaminare il saggio di Sartori va dunque innanzitutto detto che il suo è un contributo non solo estremamente topico, ma anche che discende direttamente da molte sue affermazioni teoriche.
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Panebianco, Angelo. "RIFORME CONTRO I PARTITI? UN COMMENTO". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, n.º 3 (diciembre de 1991): 409–18. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017834.

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Resumen
IntroduzioneIl testo di Sartori serve bene, mi sembra, agli scopi che l'autore si è prefìsso. Offre sia agli studiosi che ai “pratici”, coloro che si affannano intorno al problema delle riforme istituzionali in Italia, una guida orientativa solidamente costruita e, inoltre, contrasta efficacemente il fiume di parole in libertà, le tante affermazioni infondate su questi temi, che affiggono tradizionalmente il dibattito italiano. Non potendo toccare, in questo breve commento a margine, tutti gli argomenti trattati da Sartori mi concentrerò su pochi aspetti: affronterò, in primo luogo, il problema degli obiettivi della eventuale riforma (che cosa ci si propone?); tratterò, in secondo luogo, il tema della riforma elettorale che, come dice Sartori, è comunque prioritario rispetto al resto; da ultimo, illustrerò il mio punto di dissenso — unico, in realtà, ma forse piuttosto importante per le conseguenze pratiche che porta con sé — dall'impostazione di Sartori.
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Sartori, Giovanni. "LE RIFORME ISTITUZIONALI TRA BUONE E CATTIVE". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 21, n.º 3 (diciembre de 1991): 375–407. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017822.

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Resumen
Introduzioneè difficile che un sistema politico si autoriformi. Ma oramai quasi tutti si sono impegnati nel “fare qualcosa”. Tutti o quasi tutti ammettono che il sistema Italia non funziona, o che dovrebbe funzionare meglio. Infine, tutti sottoscrivono un obiettivo comune: uscire dalla democrazia paralizzata aumentando la governabilità, il rendimento e l'efficacia del governare. Se non c'è obiettivo comune non c'è speranza. Ma se c'è, si può sperare. Do per scontato, allora, che esista un fine primario, o prioritario, condiviso un po’ da tutti. Le difficoltà restano, e sono di due tipi. Il primo ostacolo è posto dal calcolo dei vantaggi: le parti in causa vogliono riforme che le avvantaggiano (o comunque rifiutano quelle che le penalizzano). Il secondo ostacolo risiede nel calcolo dei mezzi: le parti in causa non sanno calcolare o calcolano male la strumentazione: quali sono i mezzi idonei e sufficienti al fine proposto. Nel primo caso il conflitto è di interessi. Nel secondo caso il problema è di sapere. Discettare di riforme ignorando gli interessi è inutile. Ma è utile mostrare che il calcolo degli interessi, dei vantaggi o svantaggi, può essere sbagliato.
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Bottaro, Giuseppe. "IL MOVIMENTO PROGRESSISTA IN AMERICA TRA RIFORME SOCIALI E MUTAMENTI COSTITUZIONALI". Il Politico 254, n.º 1 (7 de junio de 2021): 47–61. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2021.560.

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Resumen
All’inizio del ventesimo secolo, il movimento progressista ebbe il merito di riuscire ad ampliare la base sociale della democrazia americana, consolidando i meccanismi istituzionali di partecipazione e accrescendo il ruolo dell’opinione pubblica nel sostegno alle riforme economiche e sociali.
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Siclari, Domenico. "I servizi sociali alla luce delle recenti riforme istituzionali". RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, n.º 1 (abril de 2015): 97–114. http://dx.doi.org/10.3280/sa2015-001008.

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Gemelli, Giuliana. "Riforme istituzionali, sviluppo economico e scienze sociali : un confronto Francia-Italia". Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée 115, n.º 2 (2003): 429–41. http://dx.doi.org/10.3406/mefr.2003.10048.

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Gambino, Silvio y Walter Nocito. "Governance europea dell'economia, crisi degli. Stati e diritti fondamentali: notazioni costituzionali". CITTADINANZA EUROPEA (LA), n.º 2 (noviembre de 2012): 5–33. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2012-002001.

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Resumen
La crisi economico-finanziaria ha importanti ricadute sul diritto interno e su quello europeo in termini di riforme accompagnate da previsioni di rango costituzionale sul vincolo del pareggio di bilancio, insieme con l'approvazione di nuovi trattati e la creazione di nuove strutture istituzionali in ambito europeo per assicurare il rispetto degli standard macroeconomici da parte degli stati membri dell'eurozona. Gli effetti di queste riforme si ripercuotono in particolare sulla tenuta del modello statale ed europeo di Welfare e sulla effettivitŕ dei diritti, con particolare riguardo a quelli sociali. Il saggio riflette su tali complesse tematiche evolutive (e di trasformazione) degli ordinamenti europei, interrogandosi problematicamente sulla stessa esigibilitŕ dei diritti sociali al livello di ordinamenti interni e di ordinamento dell'Unione, le cui costituzioni si ispirano al riconoscimento e alla garanzia di tali diritti.
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Morlino, Leonardo. "PROBLEMI E SCELTE NELLA COMPARAZIONE. INTRODUZIONE". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 20, n.º 3 (diciembre de 1990): 381–95. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200009552.

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IntroduzionePrimo esempio: negli ultimi quindici anni la democrazia sembra essersi affermata in diverse aree del mondo, dal Sud Europa all'America Latina, all'Est Europa; ma quali democrazie si sono realmente affermate e come spiegare complessivamente questo fenomeno?Secondo esempio: durante il 1989 e gran parte dell'anno successivo vi sono state le trasformazioni dei regimi non democratici in Europa Orientale; quali profondi cambiamenti politici vi sono effettivamente stati in quei paesi, oltretutto a un ritmo così rapido?Terzo esempio: in Italia, durante gli ultimi quaranta anni il partito comunista è stato piò forte di quello socialista; come spiegarlo?Quarto esempio: di fronte ai problemi di rappresentatività e democrazia che l'Italia ha, molti politici e intellettuali propongono certe riforme istituzionali; ma quali riforme sono le piò adatte rispetto a determinati obiettivi, quali accrescere la responsabilità dei governanti e la capacità di punizione dei governati oppure raggiungere maggiore efficacia decisionale o ancora riuscire ad innescare l'alternanza al governo tra partiti o coalizioni partitiche?
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Serafina, Pastore. "Valutazione e formazione alla ricerca: la via della riflessivitŕ". RIV Rassegna Italiana di Valutazione, n.º 48 (enero de 2012): 79–86. http://dx.doi.org/10.3280/riv2010-048006.

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Resumen
La diffusione di nuove pratiche di valutazione, strettamente correlate alle recenti riforme istituzionali, sembra caratterizzare l'attuale sistema universitario italiano. L'effetto di privatizzazione dell'istruzione e della ricerca, indotto da una distorta interpretazione del principio della libertŕ accademica, ha incentivato la produzione di modelli e di approcci valutativi che non sempre paiono pertinenti. A partire da tale presupposto l'articolo si sofferma sulle forme di valutazione previste per la valutazione del dottorato di ricerca. Dall'analisi emerge come in questo caso la valutazione finisca, e spesso, con l'apparire una mera pratica burocratica; una valutazione apparente, incapace di produrre alcun effetto di apprendimento e di cambiamento.
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Tesis sobre el tema "Riforme istituzionali"

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GARA, MARTA. ""CHANGE THE SYSTEM FROM WITHIN". PARTICIPATORY DEMOCRACY E RIFORME ISTITUZIONALI NEGLI STATI UNITI DEGLI ANNI SETTANTA". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/100610.

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Resumen
La tesi è stata intitolata “Change the System From Within”. La participatory democracy e le riforme istituzionali negli Stati Uniti degli anni Sessanta e si compone di cinque capitoli. Nel primo capitolo si riprende l’idea di participatory democracy emersa in seno alla New Left e ai movimenti sociali dei lunghi anni Sessanta. In questo contesto il concetto di participatory democracy assunse due principali accezioni: da una parte rappresentava la rivendicazione politica di un maggior coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle politiche - locali, statali e federali - frutto della crisi di legittimità che la democrazia americana stava attraversando in quegli anni; dall’altra, il concetto venne adottato come principio organizzativo all’interno dei gruppi stessi di attivisti, con la funzione di prefigurare quelle riforme politico-istituzionali cui gli stessi militanti aspiravano. Dalla stessa temperie di contestazione sorse del resto anche la critica che alcuni studiosi mossero alla teoria liberale pluralista e alla sua esemplificazione nella coeva democrazia americana. Nel primo capitolo si mostra proprio come da quelle rielaborazioni critiche degli anni Sessanta emerse anche il primo modello di participatory democracy in seno alla teoria politica, sviluppato pienamente negli anni Settanta e Ottanta da Carole Pateman, Crawford B. Macpherson e Benjamin Barber. Questa parte del lavoro di tesi si propone quindi di accostare alle pratiche partecipative introdotte dai movimenti anche la ricostruzione dello sviluppo graduale di una teoria politica della participatory democracy. Tale riflessione è completata da un’analisi storica di ampio raggio, necessaria a meglio contestualizzare il fenomeno e ad includere le nuove richieste democratiche nell’ambito di una tradizione democratico-rappresentativa già dotata di istituti partecipativi di democrazia diretta. Chiarito il quadro storico-politico degli anni Sessanta, il secondo capitolo analizza la ricezione dell’idea di participatory democracy nelle politiche federali. A questo proposito si illustra come il principio di citizen participation fosse stato recepito già con la War on Poverty promossa da Lindon B. Johnson alla metà degli anni Sessanta e fu mantenuto, con esiti istituzionali differenti, almeno fino alla fine della presidenza Carter. Si dimostra inoltre che, malgrado il dettato legislativo federale fosse spesso approssimativo sulle modalità operative, quel principio ebbe in realtà un notevole impatto sulle relazioni intergovernative. Tale principio favorì ad esempio l’intraprendenza di molti amministratori locali nel promuovere il decentramento amministrativo e politico su base di quartiere. Nel terzo capitolo l’analisi affronta le principali trasformazioni in senso partecipativo avvenute nei sistemi di governo statali e locali negli anni Settanta, mettendole in relazione anche alle dinamiche intergovernative di più lungo periodo. Il capitolo è strutturato in modo tale da evidenziare il tendenziale recupero e rafforzamento di istituti già esistenti, come l’initiative, i public hearing e gli school district come strumenti di rivendicazione del community control in alcune città di grandi dimensioni. Mentre il secondo e terzo capitolo tendono a osservare le riforme istituzionali degli anni Settanta in senso partecipativo in seno al governo federale, statale e locale, i due successivi capitoli mirano ad osservare l’impatto della participatory democracy nel confronto tra attivismo militante e pratiche amministrative tradizionali degli anni Settanta. Il quarto capitolo è infatti dedicato all’ingresso della nuova generazione di politici progressisti nelle amministrazioni locali e statali fra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta. Per analizzarlo si è deciso di analizzare come principale caso di studio la Conference on Alternative State and Local Policy (CASLP), una organizzazione e forum nazionale che mirava proprio ad unire alle istanze dei progressisti una expertise di governo. Nell’ambito della CASLP, la cosiddetta Coalizione progressista di Berkeley, CA, fornì un caso esemplare di strategia di confronto con le istituzioni locali e per questo il capitolo le dedica una attenta disanima. La pluriennale esperienza di azione collettiva dei progressisti di Berkeley nell’arena istituzionale è infatti rilevante sia per l’innovazione nella strategia istituzionale, sia per attestare una evoluzione dell’idea di participatory democracy nel tempo. Il quinto capitolo ricostruisce ed analizza la carriera politica di Tom Hayden negli anni in cui passò dall’attivismo alla politica istituzionale, con la campagna elettorale per diventare Senatore della California in Congresso (1975-1976) e la successiva Campaign for Economic Democracy (1976-1982), confermando la spiccata propensione del leader all’innovazione istituzionale in senso partecipativo. In particolare, nella campagna elettorale per il Senato del Congresso del 1976 Hayden riuscì a implementare forme di decision-making partecipato in seno allo staff. Nella gestione del personale cercò inoltre di favorire l’empowerment di volontari e cittadini senza perdere di vista i requisiti essenziali per la sopravvivenza della campagna: fundraising e propaganda. In linea con la sua battaglia contro le distorsioni economiche del big business, scelse di non accettare fondi da corporation e banche e riuscì nell’intento di essere sostenuto per gran parte da small donors. Hayden dunque introdusse pratiche di participatory democracy in seno alla campagna elettorale e continuò a rivendicare la sua fiducia nella forza dei movimenti grass-roots. L’analisi storica, ad ogni modo, evidenzia anche le criticità che derivavano dall’uso di pratiche partecipative nella governance della campagna elettorale. Atttraverso l’analisi teorica e politico-istituzionale della democrazia partecipativa americana fra gli anni Sessanta e Settanta su vari livelli istituzionali (federale, statale e locale), questo progetto di ricerca tenta quindi di colmare un vuoto storiografico e, al tempo stesso intende contribuire alla definizione storico-istituzionale della participatory democracy in seno alla democrazia rappresentativa degli Stati Uniti. Infine, la presente ricerca mira a inserirsi nel dibattito pubblico contemporaneo sulla participatory democracy, offrendo una visione storico-istituzionale importante per meglio comprendere il fenomeno e che, finora, non ha ricevuto l’attenzione che meriterebbe.
Chapter 1 retrieves the idea of participatory democracy stemmed from the Long 1960s New Left and the following social movements. Indeed, the concept of participatory democracy mainly acquired two slightly different shapes in that historical framework. From one hand, it meant the broad political call for common citizens’ greater involvement in the policy-making - at the local, state and federal level. That request was in fact a reply to the ongoing crisis of the American democracy, in terms of political legitimacy and social representation of minorities and poor people. In the other hand, participatory democracy represented the organizing principle adopted by most of the grass-roots groups of that period, with a clear prefigurative function. Indeed, making the activist groups’ inner decision-making participatory was a way for the collectives to anticipate the institutional changes they aspired to. In the meantime, because of the same disaffection against the raising social and political inequalities, some political science scholars elaborated a critique to the pluralist version of the liberal democracy - then the most praised one, as well as credited as it was embodied in the American democracy. Those 1960s critiques were eventually used to conceive the first political theory of participatory democracy in the 1970s and 1980s, as Chapter 1 shows. The participatory democracy’s canon was in fact mostly developed by Carole Pateman, Crawford B. Macpherson and Benjamin Barber. Beside the intellectual history of participatory democracy from 1960s to 1980s, Chapter 1 allows to contextualize ideas and practices of common citizens’ participation into the wider history of the American Political Development. According to that, chapter 1 also provides a detailed analysis of the participatory political institutions that were traditionally part of the United States representative democracy. Chapter 2 verifies whether the 1960s idea of participatory democracy actually affected the federal public policies of the late 1960s and 1970s. Indeed the principle of “citizen participation” was introduced in some of the War on Poverty legislations, promoted by Lyndon B. Johnson since the mid-1960s. Although the heterogeneous institutional effects, that principle was maintained in some grant-in-aid projects until the end of the Carter administration, through the Nixon and Ford administrations. Therefore, the political meanings assumed by the idea of “citizen participation” and its institutional consequences from 1964 to 1980 are carefully analyzed in chapter 2. Moreover, chapter 2 shows that the principle of citizen participation had such a strong impact on the intergovernmental relations. It thus brought forward, for instance, the local public officers’ entrepreneurship towards the local devolution, shifting the administrative and political power base from the center to the neighborhood. Chapter 3 deals with the 1970s main institutional reforms aimed at introducing the common citizens’ participation in the government decision-making at the state and local levels. Those reforms are deeply related to some long-lasting intergovernmental dynamics and this relationship is also argued. The same chapter’s lay-out is vowed to underline the 1970s general trend of retrieval and enhancing of traditional institutions, such as the initiative (direct democracy), the public hearings and the school districts. The school board was indeed reevaluated and reshaped as a means of community control in the biggest cities. As chapters 2 and 3 aim at exploring the implementation of participatory reforms in the federal, state and local level of government, chapters 4 and 5 aim at inquiring the participatory democracy’s impact on the 1970s boundary of polity - the space where activism meets political institutions. Chapter 4 inquires the new generations of progressive politicians entering the local and state administrations from the late 1960s to the mid-1970s. To frame that national phenomenon, the historical analysis use the Conference of Alternative States and Local Policies (CASLP) as a case study. CASLP was indeed a national organization born in 1975 to give voice to the progressive public officers around the country and allowed them sharing their government experiences for a more effective institutional impact. Inside CASLP, the progressive coalition of Berkeley, CA (called Berkeley Citizens’ Action, BCA) was especially spotted for its exemplary strategy to confront local political institutions. The 1970s BCA’s political actions are thus specifically analyzed. In fact, the institutional approach of the Berkeley progressive coalition resulted to be innovative in terms of strategy as well as successful in introducing new forms of participatory democracy into the local government, assessing the 1970s evolution of the participatory democracy political theory and practices. Chapter 5 retraces the political career of the former New Left leader Tom Hayden during the years of turning from activism to institutional politics. Especially, the analysis focuses on the 1975-1976 U.S. Senate Campaign and the following Campaign for Economic Democracy (CED), a coalition project and organization led by Hayden with the goal of mobilizing activists and public officers around the issues of economic justice, environmental and economic public policies (1976-1982). That period - just before Hayden was elected representative at the California Legislature in 1982 - is thus analyzed as a testing ground to verify his long-lasting commitment towards participatory democracy. The historical and political analysis, based on original archival findings, confirms Hayden’s inclination for institutional innovation in the participatory realm. In particular, during the 1975-1976 electoral campaign for the U.S. Senate in California Hayden introduced participatory forms of decision-making involving staff people, volunteers and supporting grass-roots groups. Moreover, that campaign’s staff and people management was conceived in order to directly empower citizens and volunteers, without losing track of the campaigning basic requirements (e. g. fundraising and propaganda). As he stood against big business and economic inequalities, he chose to reject fundings from corporations and banks. Therefore his electoral campaign was mostly sustained by small donors. Hayden successfully made the campaigning more open, accountable and participatory and kept on sponsoring his trust in community organizing and grass-roots social movements even in his following political endeavour, CED. Eventually, the investigation casts lights on the strengths, as well as the critical issues, produced by the Hayden’s participatory governance of campaigning. By the means of analysing the intellectual history and the institutional implementation of participatory democracy during late 1960s-1970s United States, this research project firstly aims at making up the lack of historiography about the topic. In the second stance, grounding the institutional and political history of participatory democracy in the United States representative democracy - where the concept was born - this research project intends to provide a first genealogy of the participatory democracy’s institutional implementation. In this sense, the research projects wants also to contribute to the contemporary debate on the participatory democracy. It is indeed a compelling and popular issue in many worldwide political arenas, but it is still rarely defined by its historical and institutional terms.
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GARA, MARTA. ""CHANGE THE SYSTEM FROM WITHIN". PARTICIPATORY DEMOCRACY E RIFORME ISTITUZIONALI NEGLI STATI UNITI DEGLI ANNI SETTANTA". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/100610.

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La tesi è stata intitolata “Change the System From Within”. La participatory democracy e le riforme istituzionali negli Stati Uniti degli anni Sessanta e si compone di cinque capitoli. Nel primo capitolo si riprende l’idea di participatory democracy emersa in seno alla New Left e ai movimenti sociali dei lunghi anni Sessanta. In questo contesto il concetto di participatory democracy assunse due principali accezioni: da una parte rappresentava la rivendicazione politica di un maggior coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle politiche - locali, statali e federali - frutto della crisi di legittimità che la democrazia americana stava attraversando in quegli anni; dall’altra, il concetto venne adottato come principio organizzativo all’interno dei gruppi stessi di attivisti, con la funzione di prefigurare quelle riforme politico-istituzionali cui gli stessi militanti aspiravano. Dalla stessa temperie di contestazione sorse del resto anche la critica che alcuni studiosi mossero alla teoria liberale pluralista e alla sua esemplificazione nella coeva democrazia americana. Nel primo capitolo si mostra proprio come da quelle rielaborazioni critiche degli anni Sessanta emerse anche il primo modello di participatory democracy in seno alla teoria politica, sviluppato pienamente negli anni Settanta e Ottanta da Carole Pateman, Crawford B. Macpherson e Benjamin Barber. Questa parte del lavoro di tesi si propone quindi di accostare alle pratiche partecipative introdotte dai movimenti anche la ricostruzione dello sviluppo graduale di una teoria politica della participatory democracy. Tale riflessione è completata da un’analisi storica di ampio raggio, necessaria a meglio contestualizzare il fenomeno e ad includere le nuove richieste democratiche nell’ambito di una tradizione democratico-rappresentativa già dotata di istituti partecipativi di democrazia diretta. Chiarito il quadro storico-politico degli anni Sessanta, il secondo capitolo analizza la ricezione dell’idea di participatory democracy nelle politiche federali. A questo proposito si illustra come il principio di citizen participation fosse stato recepito già con la War on Poverty promossa da Lindon B. Johnson alla metà degli anni Sessanta e fu mantenuto, con esiti istituzionali differenti, almeno fino alla fine della presidenza Carter. Si dimostra inoltre che, malgrado il dettato legislativo federale fosse spesso approssimativo sulle modalità operative, quel principio ebbe in realtà un notevole impatto sulle relazioni intergovernative. Tale principio favorì ad esempio l’intraprendenza di molti amministratori locali nel promuovere il decentramento amministrativo e politico su base di quartiere. Nel terzo capitolo l’analisi affronta le principali trasformazioni in senso partecipativo avvenute nei sistemi di governo statali e locali negli anni Settanta, mettendole in relazione anche alle dinamiche intergovernative di più lungo periodo. Il capitolo è strutturato in modo tale da evidenziare il tendenziale recupero e rafforzamento di istituti già esistenti, come l’initiative, i public hearing e gli school district come strumenti di rivendicazione del community control in alcune città di grandi dimensioni. Mentre il secondo e terzo capitolo tendono a osservare le riforme istituzionali degli anni Settanta in senso partecipativo in seno al governo federale, statale e locale, i due successivi capitoli mirano ad osservare l’impatto della participatory democracy nel confronto tra attivismo militante e pratiche amministrative tradizionali degli anni Settanta. Il quarto capitolo è infatti dedicato all’ingresso della nuova generazione di politici progressisti nelle amministrazioni locali e statali fra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta. Per analizzarlo si è deciso di analizzare come principale caso di studio la Conference on Alternative State and Local Policy (CASLP), una organizzazione e forum nazionale che mirava proprio ad unire alle istanze dei progressisti una expertise di governo. Nell’ambito della CASLP, la cosiddetta Coalizione progressista di Berkeley, CA, fornì un caso esemplare di strategia di confronto con le istituzioni locali e per questo il capitolo le dedica una attenta disanima. La pluriennale esperienza di azione collettiva dei progressisti di Berkeley nell’arena istituzionale è infatti rilevante sia per l’innovazione nella strategia istituzionale, sia per attestare una evoluzione dell’idea di participatory democracy nel tempo. Il quinto capitolo ricostruisce ed analizza la carriera politica di Tom Hayden negli anni in cui passò dall’attivismo alla politica istituzionale, con la campagna elettorale per diventare Senatore della California in Congresso (1975-1976) e la successiva Campaign for Economic Democracy (1976-1982), confermando la spiccata propensione del leader all’innovazione istituzionale in senso partecipativo. In particolare, nella campagna elettorale per il Senato del Congresso del 1976 Hayden riuscì a implementare forme di decision-making partecipato in seno allo staff. Nella gestione del personale cercò inoltre di favorire l’empowerment di volontari e cittadini senza perdere di vista i requisiti essenziali per la sopravvivenza della campagna: fundraising e propaganda. In linea con la sua battaglia contro le distorsioni economiche del big business, scelse di non accettare fondi da corporation e banche e riuscì nell’intento di essere sostenuto per gran parte da small donors. Hayden dunque introdusse pratiche di participatory democracy in seno alla campagna elettorale e continuò a rivendicare la sua fiducia nella forza dei movimenti grass-roots. L’analisi storica, ad ogni modo, evidenzia anche le criticità che derivavano dall’uso di pratiche partecipative nella governance della campagna elettorale. Atttraverso l’analisi teorica e politico-istituzionale della democrazia partecipativa americana fra gli anni Sessanta e Settanta su vari livelli istituzionali (federale, statale e locale), questo progetto di ricerca tenta quindi di colmare un vuoto storiografico e, al tempo stesso intende contribuire alla definizione storico-istituzionale della participatory democracy in seno alla democrazia rappresentativa degli Stati Uniti. Infine, la presente ricerca mira a inserirsi nel dibattito pubblico contemporaneo sulla participatory democracy, offrendo una visione storico-istituzionale importante per meglio comprendere il fenomeno e che, finora, non ha ricevuto l’attenzione che meriterebbe.
Chapter 1 retrieves the idea of participatory democracy stemmed from the Long 1960s New Left and the following social movements. Indeed, the concept of participatory democracy mainly acquired two slightly different shapes in that historical framework. From one hand, it meant the broad political call for common citizens’ greater involvement in the policy-making - at the local, state and federal level. That request was in fact a reply to the ongoing crisis of the American democracy, in terms of political legitimacy and social representation of minorities and poor people. In the other hand, participatory democracy represented the organizing principle adopted by most of the grass-roots groups of that period, with a clear prefigurative function. Indeed, making the activist groups’ inner decision-making participatory was a way for the collectives to anticipate the institutional changes they aspired to. In the meantime, because of the same disaffection against the raising social and political inequalities, some political science scholars elaborated a critique to the pluralist version of the liberal democracy - then the most praised one, as well as credited as it was embodied in the American democracy. Those 1960s critiques were eventually used to conceive the first political theory of participatory democracy in the 1970s and 1980s, as Chapter 1 shows. The participatory democracy’s canon was in fact mostly developed by Carole Pateman, Crawford B. Macpherson and Benjamin Barber. Beside the intellectual history of participatory democracy from 1960s to 1980s, Chapter 1 allows to contextualize ideas and practices of common citizens’ participation into the wider history of the American Political Development. According to that, chapter 1 also provides a detailed analysis of the participatory political institutions that were traditionally part of the United States representative democracy. Chapter 2 verifies whether the 1960s idea of participatory democracy actually affected the federal public policies of the late 1960s and 1970s. Indeed the principle of “citizen participation” was introduced in some of the War on Poverty legislations, promoted by Lyndon B. Johnson since the mid-1960s. Although the heterogeneous institutional effects, that principle was maintained in some grant-in-aid projects until the end of the Carter administration, through the Nixon and Ford administrations. Therefore, the political meanings assumed by the idea of “citizen participation” and its institutional consequences from 1964 to 1980 are carefully analyzed in chapter 2. Moreover, chapter 2 shows that the principle of citizen participation had such a strong impact on the intergovernmental relations. It thus brought forward, for instance, the local public officers’ entrepreneurship towards the local devolution, shifting the administrative and political power base from the center to the neighborhood. Chapter 3 deals with the 1970s main institutional reforms aimed at introducing the common citizens’ participation in the government decision-making at the state and local levels. Those reforms are deeply related to some long-lasting intergovernmental dynamics and this relationship is also argued. The same chapter’s lay-out is vowed to underline the 1970s general trend of retrieval and enhancing of traditional institutions, such as the initiative (direct democracy), the public hearings and the school districts. The school board was indeed reevaluated and reshaped as a means of community control in the biggest cities. As chapters 2 and 3 aim at exploring the implementation of participatory reforms in the federal, state and local level of government, chapters 4 and 5 aim at inquiring the participatory democracy’s impact on the 1970s boundary of polity - the space where activism meets political institutions. Chapter 4 inquires the new generations of progressive politicians entering the local and state administrations from the late 1960s to the mid-1970s. To frame that national phenomenon, the historical analysis use the Conference of Alternative States and Local Policies (CASLP) as a case study. CASLP was indeed a national organization born in 1975 to give voice to the progressive public officers around the country and allowed them sharing their government experiences for a more effective institutional impact. Inside CASLP, the progressive coalition of Berkeley, CA (called Berkeley Citizens’ Action, BCA) was especially spotted for its exemplary strategy to confront local political institutions. The 1970s BCA’s political actions are thus specifically analyzed. In fact, the institutional approach of the Berkeley progressive coalition resulted to be innovative in terms of strategy as well as successful in introducing new forms of participatory democracy into the local government, assessing the 1970s evolution of the participatory democracy political theory and practices. Chapter 5 retraces the political career of the former New Left leader Tom Hayden during the years of turning from activism to institutional politics. Especially, the analysis focuses on the 1975-1976 U.S. Senate Campaign and the following Campaign for Economic Democracy (CED), a coalition project and organization led by Hayden with the goal of mobilizing activists and public officers around the issues of economic justice, environmental and economic public policies (1976-1982). That period - just before Hayden was elected representative at the California Legislature in 1982 - is thus analyzed as a testing ground to verify his long-lasting commitment towards participatory democracy. The historical and political analysis, based on original archival findings, confirms Hayden’s inclination for institutional innovation in the participatory realm. In particular, during the 1975-1976 electoral campaign for the U.S. Senate in California Hayden introduced participatory forms of decision-making involving staff people, volunteers and supporting grass-roots groups. Moreover, that campaign’s staff and people management was conceived in order to directly empower citizens and volunteers, without losing track of the campaigning basic requirements (e. g. fundraising and propaganda). As he stood against big business and economic inequalities, he chose to reject fundings from corporations and banks. Therefore his electoral campaign was mostly sustained by small donors. Hayden successfully made the campaigning more open, accountable and participatory and kept on sponsoring his trust in community organizing and grass-roots social movements even in his following political endeavour, CED. Eventually, the investigation casts lights on the strengths, as well as the critical issues, produced by the Hayden’s participatory governance of campaigning. By the means of analysing the intellectual history and the institutional implementation of participatory democracy during late 1960s-1970s United States, this research project firstly aims at making up the lack of historiography about the topic. In the second stance, grounding the institutional and political history of participatory democracy in the United States representative democracy - where the concept was born - this research project intends to provide a first genealogy of the participatory democracy’s institutional implementation. In this sense, the research projects wants also to contribute to the contemporary debate on the participatory democracy. It is indeed a compelling and popular issue in many worldwide political arenas, but it is still rarely defined by its historical and institutional terms.
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SANNA, ROBERTO. "Siti istituzionali e trasparenza: dalla legge 241/90 alla legge 69/2009 e alle riforme del Codice dell’amministrazione digitale". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2012. http://hdl.handle.net/11584/266180.

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Resumen
This work addresses a theme back in the limelight both in the lexicon and in the community feeling: administrative transparency. “Glass House”, as he said Filippo Turati in 1908 about manner how all public bodies should be; or “House with tinted windows”, as Aldo Sandulli denounced in an article in 2007, a bitter commentary on the reforms introduced by legislator regarding the right of access? I have tried to figure out what was the legislative policy that has been lead in relation to these two extremes. Moreover, if it is true, as taught by the doctrine, by Arena on, that the absolute transparency is a myth unattainable as well as not advisable - because there may be interest that, in fact, may require confidentiality to protect their best, even temporarily – however, the relationship between transparency and secret can not be identified just by finding in the first one the rule and in the second one a limited exception. From this study it was found that the administrative transparency, as category broader than advertising, which relates to a relationship between “genus” and “species”, is mainly an aspect of the administration, an aspiration of public authorities, which is incompatible with the attempt to compress into a single legal institution. The administrative transparency has its murky origins in the insights of two giants lived in the eighteenth century: Rousseau who was convinced of the absolute need for visibility of the acts of public bodies, and especially Kant who, in a strong opposition to the absolute rulers and their dominant “arcana imperii”, go beyond the mere political value in order to assign it a moral significance, by using the famous maxim “All actions relating to the right of other men, whose maximum penalty is not susceptible to advertising, are unjust”. From philosophy through history, and reaching out the right, this work came across the “arcana burocratici”. In fact, investigating since the pre-Unification of Italy, I took both the persistent immanence of the secret and its mutation: born first as synonymous with professional secret, as a consequence of the fiduciary relationship that develops between administrators and administered; however, with the emergence of modern States and of bureaucratic administration, it assumes the guise of a specialized knowledge of the public employee, and this marks the landing to “arcana burocratici”. However, this indomitable strength of the administrative secret must be reckoned, especially since 1948, with the new values introduced by the Constitutional Charter which, even if it never explicitly mentions the transparency, contemplates it again and again as a result of the elasticity of its principles: from the democratic one to the manifestation of thought one, or to the political rights or the association and assembly rights, and to advertising right, not to mention the crucial relationship with the principle of impartiality, which all require to resize the strength of administrative secret. This work then gave importance to transparency in ordinary legislation, especially in the Law 241 of 1990, with particular attention to the comparative perspective of the influences arising from the American FOIA, with its model of free access of public documents without subjective filters, in order to detect the distance, since the first hour, between the law project designed by the Subcommittee Nigro and the legislator, regarding the right of access to administrative documents, long time considered as the teaching tool that can perform two functions: to protect individual situations and check public action in a democratic sense. Do not think so the legislator who, since the beginning, relegates it to the mere operation of self-interest and diminish its democratic value, introducing a filter to its use by all citizens that, not only will never fail, but indeed, in subsequent reforming steps, especially in the law n. 15 of 2005, will be accentuated. But these legislative policies, going in the direction opposite to the constitutional requirements, forcing me to investigate other sources, in particular the Digital Administration Code of 2005 and the operation “Trasparenza” launched by the Minister Brunetta in 2009, in order to assess how the system recovers constitutional consistency. And so, on the basis of the emergence since the early 90's of the new standard of communication and maximizing the standard of publicity, this work has noticed that the Italian system was marked by an inexorable passing of the torch of transparency instruments, from the right of access to documents, never too loved by the legislator in terms of transparency, to the on-line publication of information on institutional websites of public bodies. It emerged, based on the new possibilities offered by ICT, a model of transparency as a synonym of potential total accessibility. We move from access to documents to any information accessibility, both the one concerning the activities carried out by institutions, both the one relating to employees. Information that is potentially infinite in number, favoured by the slow passage of the Italian administration to digitization. It is “the triumph of transparency?” Not really: the identified risks are many. From the possible information overload, to the risk of its quality: the accumulation does not guarantee the reliability or fact, nor its significance and hence no guarantee on increasing transparency. Legal issues, such as the adversarial relationship with privacy, that are carried by the counterparties, and technological issues; think of the digital divide still suffered from many Italian citizens who have no access to broadband internet. Finally, in the background, the great fundamental question: why the legislator has staked everything on transparency, as a synonym for release of information on the entities in the network, and cut out of the game the right of access? In the opinion of the writer, when you think in terms of high aspirations, who aspire to ethics and, ultimately, to virtuous behaviours, it would be better to proceed by accumulation and never by exclusion.
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Giacalone, Dario <1995&gt. "Taiwan tra ieri e oggi: riforme, cambiamenti e democratizzazione". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18634.

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Resumen
Taiwan costituisce una realtà unica e interessante all’interno del panorama politico dell’Asia Orientale, il suddetto lavoro di tesi offre nel primo capitolo un quadro generale della situazione storico-politica dal 1945 al 2005, esaminando gli eventi che hanno portato alla nascita del regime autoritario e al successivo processo di democratizzazione attraverso riforme costituzionali e istituzionali, il secondo capitolo del lavoro esamina l’evoluzione dei principali organi amministrativi e il loro funzionamento al giorno d’oggi, concluso il periodo di riforme. Per concludere, l’ultimo capitolo del lavoro tratta i rapporti di Taiwan con la Cina continentale prendendo in esame il caso di due organi statali: il Governo Provinciale di Taiwan e la Commissione per gli Affari Mongoli e Tibetani, affrontando la questione su come Taiwan percepisce il suo rapporto con la Cina continentale e in che modo affronta il suo status ufficiale di Repubblica di Cina.
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Giubilato, Floriano <1980&gt. "FEDERALISMO FISCALE IN ITALIA: VANTAGGI E LIMITI DI UNA RIFORMA DEL QUADRO ISTITUZIONALE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1704.

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De, Luna Cristina. "Pratiche istituzionali di reclutamento di interpreti in ambito giuridico-giudiziario: Il caso del regno unito". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9930/.

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Resumen
Il percorso del riconoscimento legislativo del diritto all’equo processo affonda le sue radici nel 1215, anno di promulgazione della Magna Charta Libertatum, e culmina, in ambito europeo, nel 1950, con la firma della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (CEDU). In questo documento viene sancito che un prerequisito essenziale per garantire a tutti gli individui il diritto al fair trial è il servizio di assistenza linguistica gratuita, le cui specificità vengono descritte nella direttiva 2010/64/EU.Nel Regno Unito, già nei primi anni ’90 furono introdotte le prime misure per garantire la qualità e la competenza degli interpreti e dei traduttori in ambito giuridico-giudiziario: nel 1994 fu istituito il National Register for Public Service Interpreters (NRPSI), il registro nazionale a cui erano iscritti tutti gli interpreti per i servizi pubblici che erano in possesso di determinate qualifiche. Per assicurare che solo gli interpreti del NRPSI fossero impiegati in ambito penale, nel 1997 fu introdotto il National Agreement, un accordo non vincolante che regolava l’uso dei servizi linguisti nel Criminal Justice System. La prima versione fu modificata nel 2002 e nel 2007. In seguito ad alcune revisioni per conto del Ministero della Giustizia, nel 2010 fu avviato il processo di esternalizzazione dei servizi linguistici, che si concluse nel 2011 con la stipula del National Framework Agreement tra il Ministero della Giustizia e l’azienda Applied Language Solutions (ALS), che poco prima dell’avvio fu acquisita da un’azienda più grande, CAPITA TI. La scarsa esperienza del Ministero in questo settore, unita alle promesse poco realistiche e alla mancanza di trasparenza di ALS furono le cause principali dei numerosi problemi all’avvio del nuovo contratto che si ripercossero notevolmente sul funzionamento del sistema di giustizia. Dopo l’avvio di un piano di emergenza e un monitoraggio del Ministero, la situazione ha iniziato a ristabilirsi, senza raggiungere però i livelli pre-riforma. A Novembre 2015 è stata indetta la nuova gara di appalto: le minacce di nuovi tagli ai tariffari degli interpreti da una parte, e la partecipazione del NRPSI alla gara d’appalto come candidato al ruolo di ente supervisore della qualità dei servizi linguistici dall’altra, ci pongono di fronte a due scenari futuri molto diversi. L’elaborato è strutturato in quattro capitoli: il primo tratterà del percorso storico che ha portato al riconoscimento del diritto al processo equo, e degli strumenti comunitari a garanzia dell’assistenza linguistica gratuita. Nel secondo capitolo parleremo della situazione inglese, quindi la nascita del NRPSI e del National Agreement e le varie revisioni. Nel terzo prenderemo in esame la riforma del 2011 del Ministero della Giustizia britannico, analizzando diversi documenti: il rapporto della Commissione giustizia della Camera dei comuni 2013, quello del National Audit Office 2012, il sondaggio Involvis 2013, il rapporto indipendente OPTIMITY-MATRIX 2014.
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GALEOTTI, Laura Rachele. "Il pensiero islamico tra riforma e tradizione: il particolare caso del giadidismo". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2015. http://hdl.handle.net/10446/32649.

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Pietrantonio, Gary Louis <1978&gt. "Consob: aspetti istituzionali, regolamentari, amministrativi e civili. Prospettive e problematiche del nuovo quadro normativo: dalla riforma del risparmio alla direttiva MIFID". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/772/1/Tesi_Pietrantonio_Gary_Louis.pdf.

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Pietrantonio, Gary Louis <1978&gt. "Consob: aspetti istituzionali, regolamentari, amministrativi e civili. Prospettive e problematiche del nuovo quadro normativo: dalla riforma del risparmio alla direttiva MIFID". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/772/.

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10

Caltabiano, Anna <1988&gt. "Governance della terra e sviluppo rurale: le sfide del processo di riforma fondiaria in Burkina Faso". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7442/1/Tesi_dottorato_Anna_Caltabiano.pdf.

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Resumen
Il mio lavoro di tesi mira ad analizzare il processo di riforma fondiaria in atto dal 2009 in Burkina Faso, alla luce delle politiche di sviluppo rurale adottate a livello regionale (Africa occidentale francofona) e del percorso storico-politico che dalla conquista coloniale francese ci conduce all’ultima fase di democratizzazione del Burkina Faso. Ripercorrendo le principali strategie ed obiettivi di riforma agraria e fondiaria perseguiti dai Governi a livello regionale e nazionale intendo fare luce sui nodi irrisolti delle politiche di sviluppo rurale e sul rapporto politico che il Burkina Faso ha inteso costruire con il mondo rurale a partire dall’indipendenza, con un particolare focus sul periodo della rivoluzione sankarista (1983-1987). L’analisi storica dei sistemi di riconoscimento dei diritti locali di accesso e utilizzo della terra consente di avanzare riflessioni sull’ordine politico interno che i regimi coloniali e post-coloniali hanno inteso costruire con il mondo rurale e sull’effettiva inclusione della popolazione rurale nelle politiche di sviluppo adottate dai Governi a livello regionale e nazionale. Allo stesso tempo, identificando organi e istituzioni a cui è stato affidato a partire dall’indipendenza il potere di gestire le risorse e conferire diritti fondiari agli abitanti delle aree rurali ho intenzione di far emergere alcuni dei rapporti di forza e di potere esistenti tra livello nazionale e locale e il legame che intercorre tra di essi. L’obiettivo è quello di riflettere sulla possibilità che la riforma fondiaria in atto in Burkina Faso possa garantire una maggiore democraticità dei processi di sviluppo rurale e governance della terra. Attraverso l’analisi di tale processo di riforma è possibile contribuire al dibattito relativo alle strategie di sviluppo rurale in Africa occidentale tenendo conto delle problematicità politiche che tali processi di riforma si trovano ad affrontare
The ongoing international debate on rural development focuses on the legalization of land property rights as a mean to guarantee land tenure security, to promote agricultural investment and rural development. As a result in francophone West Africa new land policies have been elaborated with the specific aim of resolving a dual institutional and juridical system of land tenure which causes land conflicts and hinder economic growth. My thesis aims to analyze the ongoing process of land tenure reform in Burkina Faso in light of the rural development policies implemented in francophone West Africa since the colonial period. It also takes into account the rural development paths adopted by the Government of Burkina Faso from the French colonial conquest to the late democratization period. By retracing the main strategies of land and agrarian reform at regional and national level I shed light on the unresolved political relationship that the State has built with the rural population since independence. In particular I identify statutory and customary institutions who have been entrusted over time with the power to manage natural resources and to allocate land rights in order to bring out some of the power relationships existing between national and local levels. Through the historical analysis of land tenure systems I advance considerations on the inclusion of rural people in the rural development policies. The main aim is to reflect on the possibility of the ongoing land tenure reform in Burkina Faso to ensure a democratic governance of the land and a more inclusive process of rural development. With this focus on land tenure reform in Burkina Faso my thesis will lead to a critical analysis of the new wave of land policies in West Africa and contribute to the ongoing debate on rural development from a political point of view.
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Libros sobre el tema "Riforme istituzionali"

1

Furiozzi, Enzo. Quali riforme istituzionali? Lecce: Milella, 1985.

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2

Fusaro, Carlo. Guida alle riforme istituzionali. Soveria Mannelli, CZ: Rubbettino, 1991.

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3

giuridico-politico, Università di Milano Dipartimento. Autonomie locali e riforme istituzionali. Milano: Giuffrè, 1998.

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4

Ghelfi, Luciano. Riforme istituzionali: Una provocazione padana. Reggio Emilia, Italia: Edizioni Diabasis, 1997.

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5

Lanchester, Fulco. Votazioni, sistema politico e riforme istituzionali. Roma: Bulzoni, 1987.

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6

Giraudi, Giorgio. Crisi della politica e riforme istituzionali. Soveria Mannelli (Catanzaro): Rubbettino, 2005.

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7

Galli, Giorgio. L'urna di Pandora delle riforme: Renzi, le riforme istituzionali e l'Italicum. [Milan, Italy]: Biblion edizioni, 2014.

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8

P, Panunzio Sergio y Sciso Elena, eds. Le riforme istituzionali e la partecipazione dell'Italia all'Unione Europea. Milano: Giuffrè, 2002.

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9

Mantini, Pierluigi. La legislatura costituente: Le riforme istituzionali e l'agenda Monti. Soveria Mannelli: Rubbettino, 2013.

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10

Bertolissi, Mario. "Rivolta fiscale," federalismo, riforme istituzionali: Promemoria per un'Italia che cambia. Padova: CEDAM, 1997.

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Capítulos de libros sobre el tema "Riforme istituzionali"

1

Arcangeli, Letizia. "Città punite tra riforme istituzionali e repressione : casi italiani del Cinque e Seicento". En Le châtiment des villes dans les espaces méditerranéens (Antiquité, Moyen Âge, Époque moderne), 315–38. Turnhout: Brepols Publishers, 2012. http://dx.doi.org/10.1484/m.seuh-eb.1.100703.

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2

Pipitone, Daniele. "4. Una grande riforma delle istituzioni". En Il socialismo democratico italiano fra la Liberazione e la legge truffa, 151–80. Ledizioni, 2013. http://dx.doi.org/10.4000/books.ledizioni.2330.

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