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Artículos de revistas sobre el tema "Riforma del secolo XI"

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Condorelli, Orazio. "Prima del 1054: centri e periferie, universitalitá e particolaritá nel diritto della chiesa al tempo di San Simeone di Siracusa Treviri (1035)". Revista Española de Derecho Canónico 77, n.º 188 (1 de enero de 2020): 105–51. http://dx.doi.org/10.36576/summa.130955.

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San Simeone fu un monaco bizantino di origine siciliana che concluse la propria vita a Treviri, dove la sua memoria è venerata dall’anno della sua morte (1035). La storia della sua vita mostra l’intensità dei processi di comunicazione tra la Chiesa latina e la Chiesa bizantina agli inizi del secolo XI, ed è presa come il punto di inizio di uno studio sulla configurazione del sistema giuridico della Chiesa latina tra la fine del primo Millennio e i primi decenni del secondo. La ricerca concentra quindi l’attenzione sull’esperienza istituzionale della «Chiesa imperiale», articolata intorno ai due poli dell’impero e del papato. L’ideale ecclesiologico e politico di collaborazione fra potere civile e potere ecclesiastico trovò esplicazione nelle iniziative di riforma ecclesiastica promosse da imperatori come Enrico II ed Enrico III e sostenute da alcuni fra i migliori Pontefici della prima metà del secolo XI. Alcune collezioni canoniche della prima metà del secolo XI si impegnarono nello sforzo di selezionare e coordinare le fonti del diritto canonico al fine di assecondare i propositi di riforma della vita ecclesiale.
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Kay, Richard y Giuseppe Fornasari. "Medioevo riformato del secolo XI: Pier Damiani e Gregorio VII". American Historical Review 103, n.º 2 (abril de 1998): 495. http://dx.doi.org/10.2307/2649796.

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3

Pennington, Kenneth. "Medioevo riformato del secolo XI: Pier Damiani e Gregorio VII.Giuseppe Fornasari". Speculum 74, n.º 1 (enero de 1999): 164–65. http://dx.doi.org/10.2307/2887299.

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Henriet, Patrick. "Giuseppe Fornasari, Medioevo Riformato del Secolo XI. Pier Damiani e Gregorio VII, Naples, Liguori, 1996, 643 p." Annales. Histoire, Sciences Sociales 53, n.º 6 (diciembre de 1998): 1293–94. http://dx.doi.org/10.1017/s0395264900045029.

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Mojzeš, Marcel. "Tre approcci alla riforma liturgica nella Chiesa greco-cattolica ucraina nel XXˆ secolo: C. Korolevskij, A. Šeptytskyj, P. Galadza". E-Theologos. Theological revue of Greek Catholic Theological Faculty 1, n.º 2 (1 de noviembre de 2010): 205–22. http://dx.doi.org/10.2478/v10154-010-0018-2.

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Tre approcci alla riforma liturgica nella Chiesa greco-cattolica ucraina nel XXˆ secolo: C. Korolevskij, A. Šeptytskyj, P. Galadza Questo articolo analizza i tre approcci alla riforma liturgica nella Chiesa greco-cattolica ucraina nel XXˆ secolo: quello di C. Korolevskij, di A. Šeptytskyj e quello di P. Galadza. Il primo ed il secondo approccio, realizzato dalle edizioni romane della recensione rutena dei libri liturgici slavi, si limitava soltanto al rito ruteno. Il motivo principale di questa riforma era rimuovere la latinizzazione per avvicinarsi meglio alle Chiese ortodosse, e per aiutare così l'unione delle Chiese dissidenti alla Chiesa di Roma. Questo approccio si basava sulla visione ecumenica pre-conciliare, prima del Vaticano IIˆ. Invece P. Galadza invita a rivallorizzare il problema della latinizzazione alla luce di un cambiamento del paradigma nell'ecclesiologia. Dall'altra parte il suo approccio alla riforma liturgica si allarga a tutto il rito bizantino. Per Galadza il processo della riforma liturgica è simile a quello del restauro di un'icona. Similmente, come l'icona non si restaura soltanto per ritrovare l'armonia dell'immagine restaurata, ma per poter riconoscere meglio il prototipo di cui l'icona è l'immagine, così anche lo scopo della riforma liturgica è di ritrovare le forme più adatte per rivelare la realtà cristiana che è la salvezza in Gesù Cristo.
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Connell, William J. "I presupposti politici del "secolo dei genovesi": La riforma del 1528. Arturo Pacini". Journal of Modern History 64, n.º 4 (diciembre de 1992): 821–22. http://dx.doi.org/10.1086/244585.

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Merusi, Fabio. "Il coordinamento della pianificazione sul territorio nell’ordinamento italiano". Revista Andaluza de Administración Pública, n.º 63 (30 de septiembre de 2006): 47–53. http://dx.doi.org/10.46735/raap.n63.397.

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SUMARIO: 1. LA PROGRAMMAZIONE GERARCHICA DEL 1942. I PIANI TERRITORIALI DI COORDINAMENTO. NON FURONO MAI REALIZZATI, TRANNE CHE IN QUALCHE ZONA INDUSTRIALE. 2. LE PROGRAMMAZIONI REGIONALI. 3. LA RIFORMA DEGLI ANNI ‘90 DEL SECOLO SCORSO. NUOVE AUTONOMIE AI COMUNI. IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DEI PIANI COMUNALI VIENE AFFIDATO ALLA PROVINCIA. 4. RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE NEL 2001: TUTTI GLI ENTI TERRITORIALI, STATO, REGIONI, CITTÀ METROPOLITANE, PROVINCE E COMUNI SONO SULLO STESSO PIANO, DI CONSEGUENZA TUTTI DEBBONO PARTECIPARE AL PROCEDIMENTO DI ELABORAZIONE DEI PIANI. COORDINAMENTO NEI PROCEDIMENTI DI PIANIFICAZIONE DI TUTTE LE PIANIFICAZIONI SETTORIALI CHE INTERESSANO IL TERRITORIO. LA NUOVA COMPETENZA LEGISLATIVA ATTRIBUITA ALLE REGIONI SUL GOVERNO DEL TERRITORIO DETERMINA LA POSSIBILITÀ DI DISCIPLINE DIVERSE IN OGNI SINGOLA REGIONE ANCHE SULLE PIANIFICAZIONI DI AREA VASTA ATTRIBUITE ALLE PROVINCE. 5. CONCLUSIONI RIASSUNTIVE SULLA DISCIPLINA ATTUALE DELLA PIANIFICAZIONE DI AREA VASTA.
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Saresella, Daniela. "Agli esordi del cattolicesimo politico in Italia: il dibattito su Democrazia cristiana e murrismo". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 2 (febrero de 2022): 125–55. http://dx.doi.org/10.3280/mon2021-002004.

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Dopo lo scioglimento della Democrazia cristiana negli anni Novanta del secolo scorso, il tema del «partito cattolico» è stato poco affrontato, anche perché non più di attualità politica. Il saggio si pone l'obiettivo di ripercorrere gli studi sulle origini del cattolicesimo politico in Italia e intende sottolineare l'importanza dell'esperienza della prima democrazia cristiana, e in particolar modo delle figure di Romolo Murri e di Luigi Sturzo. Attraverso l'interpretazione degli storici che per un secolo hanno riflettuto sul tema, si dipana un percorso che mette in evidenza i differenti profili culturali e politici nella DC, i rapporti tra questa e il Partito popolare, e temi quale la libertà di coscienza, la laicità della politica, la convergenza programmatica tra culture differenti (cattolici e socialisti) e l'unità politica dei cattolici. Sempre presente è la questione della riforma della Chiesa, proprio negli anni in cui la "crisi modernista" scuoteva le coscienze di molti fedeli.
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Corazza, Luisa. "Il "nuovo" caporalato e il mercato del lavoro degli immigrati". AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, n.º 2 (octubre de 2011): 71–81. http://dx.doi.org/10.3280/aim2011-002005.

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Il caporalato è un fenomeno da tempo noto al mercato del lavoro italiano, che conosce queste forme di utilizzazione indiretta dell'attività lavorativa da più di mezzo secolo. Dati recenti segnalano, tuttavia, nuove manifestazioni di questo fenomeno in connessione con l'aumento dell'offerta di lavoro della manodopera immigrata. L'articolo analizza questa "nuova" forma di caporalato e si struttura in tre parti. Nella prima, vengono analizzate le caratteristiche principali del nuovo caporalato, in connessione con le caratteristiche del mercato del lavoro degli immigrati. Nella seconda si procede all'analisi delle tecniche di tutela volte alla repressione e prevenzione del fenomeno. Nella terza, si procede all'analisi delle proposte in campo finalizzate ad una riforma e ad una efficace prevenzione del fenomeno.
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Arslan, Ermanno A. "Problemi ponderali di V secolo : verso la riforma del Nummus. Il deposito di Cafarnao". Revue numismatique 6, n.º 159 (2003): 27–39. http://dx.doi.org/10.3406/numi.2003.2502.

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Antonini, Erica. "Percorsi di riforma nella Pubblica Amministrazione: un'analisi comparata". RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, n.º 3 (noviembre de 2010): 73–99. http://dx.doi.org/10.3280/sa2010-003010.

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A partire dagli anni '80 del XX secolo le burocrazie delle democrazie occidentali sono state oggetto di profondi mutamenti, con la sostituzione, in primo luogo, dei principi della gerarchia e dell'accentramento con quelli della delega e del trasferimento di competenze, anche se in misura variabile nei diversi contesti. Tra le innovazioni piů rilevanti figurano: l'istituzione delle agenzie esecutive, come unitŕ funzionalmente autonome e separate rispetto ai Ministeri, che ha permesso di ridisegnare gli organismi ministeriali secondo criteri di tipo reticolare; il considerevole incremento dell'autonomia organizzativa e finanziaria dei dirigenti; l'estensione, in materia di gestione del personale, dei margini di applicazione della contrattazione collettiva e l'introduzione di numerose deroghe al principio della stabilitŕ del posto di lavoro; il potenziamento degli strumenti per il controllo dell'efficacia e dell'economicitŕ della prestazione amministrativa, per la valutazione dei risultati e per il miglioramento della qualitŕ dei servizi erogati. Dall'analisi di queste ed altre innovazioni emerge il tentativo di ridurre le distanze fra settore pubblico e settore privato, sulla base della convinzione secondo cui da quest'ultimo si possano trarre insegnamenti validi per incrementare l'efficienza del primo. In ogni caso, seppur in presenza di obiettivi e finalitŕ convergenti, il processo di modernizzazione č stato declinato nei vari paesi in forme differenziate, che dipendono in larga misura dai contesti politico-istituzionali nazionali e dalle caratteristiche organizzative consolidatesi nel corso del tempo. In queste note verranno messe a confronto le esperienze di riforma di quattro paesi dell'Europa Occidentale (Francia, Spagna, Germania e Regno Unito) e degli Stati Uniti, avviatesi a partire dalla prima metŕ degli anni '80. Per ciascuno dei paesi considerati si analizzeranno modelli di organizzazione, politiche del personale, processi di riforma, avviati e tuttora in corso. Alcune osservazioni conclusive tenteranno di evidenziare linee di continuitŕ e di differenziazione tra le diverse esperienze.
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Sodi, Manlio. "DODICI LUSTRI DI VITALITÀ LITURGICA IN ITALIA". PARALELLUS Revista de Estudos de Religião - UNICAP 13, n.º 33 (30 de diciembre de 2022): 259–82. http://dx.doi.org/10.25247/paralellus.2022.v13n33.p259-282.

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Il secolo XX è passato alla storia e sarà ricordato per tanti motivi. Dal punto di vista ecclesiale rimarrà come il tempo in cui le forme della lex orandi hanno realizzato un progressivo cambiamento rispetto ad una prassi liturgico-celebrativa che, per alcuni aspetti, ha attraversato l’intero secondo millennio. Il Novecento si era aperto con i timidi inizi del “movimento liturgico” per opera di Dom Lambert Beauduin, in Belgio; un movimento di pensiero e di eventi che, con alterne vicende, attraverserà diversi decenni per sfociare nel Concilio Vaticano II. Qui l’intento è quello di offrire una lettura della riforma liturgica e del conseguente rinnovamento, attuati in Italia, unitamente ad alcune sfide che “oggi” si presentano.
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Fabi, Federico. "Sovranità e dislivelli di potere. Paradigmi per una rilettura della riforma estense della giustizia feudale (1763)". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 39–77. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19251.

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Proposito del presente lavoro è indagare la novità introdotta dal Regolamento estense del 1763 sull’amministrazione della giustizia feudale. Si tratta di una novità di non immediata percezione, posto che la riforma segnalava una tensione duplice e ambivalente. Da un lato, sembra che essa mirasse a razionalizzare i poteri esercitati da centri politici diversi; dall’altro, invece, che non intendesse pregiudicare quel medesimo sostrato di pluralità che ne costituiva il presupposto. Con l’obiettivo di risalire all’effettiva portata della nuova e contestata normativa, il contributo cercherà di tracciare un quadro delle intersezioni tra competenze feudali e ducali. Il reale spessore della feudalità del XVIII secolo, ricostruibile grazie al recupero dei diversi paradigmi nei quali la ‘sovranità’ del Duca si declinava, conduce a rappresentare la stessa più come riflesso, che come causa, di un più ampio ordine giuridico.
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Segagni Malacart, Anna. "Incidenze Transalpine nell'architettura Padana della prima metà del secolo XI". Hortus Artium Medievalium 3 (enero de 1997): 141–47. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.2.305106.

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Natale, Maria. "Il progetto borbonico di una Napoli giudaica tra ansia di rinnovamento e ritorno al passato". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 131–71. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16887.

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La condizione giuridica degli ebrei, sin dai primi anni del XVI secolo, fu disciplinata a Napoli da un susseguirsi di provvedimenti dal contenuto variamente afflittivo. Rispetto a tali precedenti, la riforma varata da Carlo di Borbone segnò una svolta epocale.Adottato dopo una lunga e problematica gestazione, l’editto costituì parte di un più ampio quadro di riforme finalizzato a «coltivare l’umana società». In tale prospettiva, più fonti documentano il collegamento esistente tra quell’iniziativa e la coeva istituzione delSupremo Magistrato del Commercio. L’orizzonte comune ad entrambe le riforme risiedeva nella volontà di dare vita ad una nuova Napoli “giudaica”, produttiva e commerciante: un’ambizione di rinnovamento che si infranse allorquando s’indebolì, e poi venne meno, la base di consenso e di sostegno politico che aveva trainato le riforme.
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Paniga, Massimiliano. "Ezio Vigorelli, gli Eca e la battaglia per una riforma dell'assistenza nell'Italia repubblicana". SOCIETÀ E STORIA, n.º 132 (julio de 2011): 331–58. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-132005.

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Il saggio analizza la figura di Ezio Vigorelli e i suoi sforzi per l'instaurazione in Italia di un autentico e moderno sistema di sicurezza sociale, in analogia alle esperienze maturate in altre realtÀ europee nella seconda metÀ del XX secolo. Al centro dell'opera intrapresa dall'esponente socialdemocratico si trovavano gli Enti comunali di assistenza, i quali, opportunamente rivisti, avrebbero dovuto costituire l'ideale struttura su cui poggiare l'attivitÀ dell'intero comparto assistenziale. Dopo aver esposto i principi- guida dell'azione politico-sociale di Vigorelli, l'autore concentra la propria riflessione su due momenti particolarmente significativi di questa: i lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla miseria e l'elaborazione di una proposta di legge per una riforma dell'assistenza. Entrambe le iniziative, malgrado gli esiti poco felici, mettono in risalto tutti limiti e le contraddizioni del nostro sistema di Welfare, nonché la necessitÀ di un profondo rinnovamento della legislazione e degli organismi assistenziali, di un aumento degli stanziamenti finanziari e quant'altro potesse arrecare dei benefici a un settore in perenne sofferenza.
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Burigana, Riccardo. "COSA LEGGERE? NOTE PER UNA BIBLIOGRAFIA SULLA RIFORMA DEL XVI SECOLO E SULLE SUE EREDITÀ (2016)". Revista de Teologia e Ciências da Religião da UNICAP 6, n.º 2 (2016): 265–302. http://dx.doi.org/10.20400/p.2237-907x.2016v6n2p265.

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Osborne, John. "The Atrium of S. Maria Antiqua, Rome: A History in Art". Papers of the British School at Rome 55 (noviembre de 1987): 186–223. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009004.

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L'ATRIO DI S. MARIA ANTIQUA, ROMA: UNA STORIA NELL'ARTEI tentativi di stabilire la cronologia relativa all'uso medievale del sito di S. Maria Antiqua nel Foro Romano sono stati resi difficili dalla scarsezza della documentazione scritta. Il presente studio si propone di superare questa difficoltà usando come documenti che forniscano testimonianza sulla storia del sito i dipinti murali dell'atrio, finora poco studiati. Nonostante si creda generalmente che la chiesa sia stata abbandonata alia metà del IX secolo, una gran parte della decorazione dell'atrio può essere attribuita al X o XI secolo. Questi dipinti più tardi dimostrano che la struttura era usata da una comunità di monaci, e ne permettono l'identificazione con la ‘ecclesia sancti Antonii’ menzionata nel XII secolo nelle Mirabilia Urbis Romae. Tutti i dipinti murali dell'atrio sono descritti in dettaglio.
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Fornasari, Giuseppe. "Il secolo XI, centro del Medioevo ? Riflessioni su tre opere recenti". Revue d'Histoire Ecclésiastique 113, n.º 1-2 (enero de 2018): 354–63. http://dx.doi.org/10.1484/j.rhe.5.115562.

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Cavallotto, Stefano. "La santità “negata”. Critiche al tradizionale culto dei santi nell’umanesimo erasmiano e nella Riforma del XVI secolo". Annali di Scienze Religiose 15 (enero de 2022): 145–81. http://dx.doi.org/10.1484/j.asr.5.131828.

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Bottazzi, Marialuisa. "Alienazioni a titolo gratuito in documenti dei secoli XI-XII". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 595–643. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16899.

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Solo un numero esiguo di chartae rogate sin dall’alto medioevo si può dire abbia avuto una vita parallela alla consueta e preminente destinazione giuridica o amministrativa notarile grazie alla scelta d’incidere su pietra, il più delle volte da parte dei legatari, anche una sola parte del contenuto testuale pergamenaceo al fine di notificare, di pubblicizzare e di perpetuare, generalmente pro redemptione animae, la memoria di quanto veniva disposto da agiati benefattori a favore, in un primo tempo delle istituzioni monastiche ed ecclesiastiche e più tardi anche gli enti assistenziali, sia religiosi sia laici. La maggior parte di queste non numerose iscrizioni, che classifichiamo come chartae lapidariae, per lo stretto rapporto con le chartae notarili da cui derivano, sono state per la maggior parte prodotte in Italia sin dalla fine del secolo X per essere esposte con una certa frequenza nei luoghi sacri o molto attigui degli stessi. Nella maggior parte dei casi si parla di iscrizioni contenenti atti testamentari o di donazione inter vivos o mortis causa; meno frequentemente il loro tenore dispositivo e probatorio riconduce a bolle papali, decreti o a diplomi regi o imperiali. In ogni caso, siamo sempre di fronte a documenti incisi indiscutibili secondo qualsiasi piano giuridico ma che, per la consuetudinaria perdita del documento notarile da cui derivano e per la facile mancanza anche di uno degli elementi essenziali della charta, per esempio, della datatio, probabilmente per la funzione generalmente assunta, sin dall’impiego romano, di “regesto” dell’atto originale, per la mancanza, si diceva di alcuni elementi essenziale del documento notarile difficilmente possono essere considerati “documenti in senso proprio”, ma solo dei “monumenti” epigrafici a sé stanti, quindi particolarmente interessanti da analizzare solo per il loro “peso” storico. Malgrado ciò, per tutti gli elementi fin qui considerati e riassumibili nella difficoltà di dimostrare l’attendibilità dei contenuti incisi su pietra data l’impossibilità di ricostruire l’intimo impiego epigrafico/documentario intrinseco delle carte lapidarie con il loro originale notarile perduto, qualche importante attenzione verso questo tipo di documentazione è comunque giunta nel secolo scorso grazie ai lavori di Pietro Sella, di Cinzio Violante e di Ottavio Banti. Ciò nonostante, ancora oggi, le chartae lapidariae risultano poco considerate sebbene dinanzi a una rarefazione documentaria, per esempio nel caso di Milano, risultino efficaci per definire il ruolo dei laici sia entro lo spazio ecclesiale sia nella società; sia nello studio degli enti assistenziali, sia religiosi sia laici, come dei ceti dominanti dell’Italia e in special modo di Milano, del secolo XI. Se, dunque sull’interesse storico, seppur analitico dei contenuti della chartae lapidariae, sembra aver spesso prevalso il “peso” diplomatistico, che pone dei limiti all’attendibilità giuridica delle carte lapidarie,con questo lavoro si vuol richiamare l’attenzione su tre casi importanti e eccezionali prodotti nell’ultimo ventennio del secolo XI a Viterbo, a Milano e a Collescipoli.
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Ditchfield, Simon. "How not to be a Counter-Reformation saint: the attempted canonization of Pope Gregory X, 1622–45". Papers of the British School at Rome 60 (noviembre de 1992): 379–422. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009879.

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COME NON ESSERE UN SANTO CONTRORIFORMATORE: LA TENTATA CANONIZZAZIONE DI PAPA GREGORIO XIl secolo dopo la chiusura del Concilio di Trento (1545–63) è stato a lungo associato con iniziative papali ad ampio raggio finalizzate allo standardizzare della liturgia e il rito. A partire dalla revisione del Breviario Romano (1568), questo processo di profonde riforme, che toccò ogni aspetto del rituale e del credo Cattolico Romano, venne affidato nel 1588 alla Sacra Congregazione dei Riti e delle Cerimonie appena fondata. A tale istituto venne affidata la sorveglianza dei processi essenziali al funzionamento di un liturgia vivente — canonizzazione —, nuovi culti furono quindi approvati nell'ambito del rito Cattolico, mentre culti che già esistevano vennero riconosciuti o riformati. Nel cinquantennio successivo alla Riforma (1523–88), il Papato sembra perdere vigore, ma dal 1588 inizia un periodo diverso, che vede il conferimento con di almeno tredici canonizzazioni nel giro dei successivi 41 anni. Queste furono, tuttavia, canonizzazioni di ‘nuovo tipo’ nelle quali la prova di santità fu esaminata con un rigore moralistico di un livello sconosciuto precedentemente, in tal modo la canonizzazione divenne un istituto più frequente anche se più difficile da ottenere. L'articolo si propone quindi di esaminare il modo in cui la procedura riformata di canonizzazione si fece strumento della politica papale in vista della standardizzazione del rito avviata a partire dalla riforma del Breviario Romano. Si tenta ciò ricostruendo il tentativo non riuscito di una canonizzazione durante questo periodo cruciale per la storia della procedura; un esercizio che rivela forse in maniera più evidente rispetto ad altri casi maggiormente riusciti, le politiche e i desiderata di santità della chiesa Tridentina.
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Licciardello, Pierluigi. "La Translatio sancti Donati (BHL 2295-2296), agiografia aretina del secolo XI". Analecta Bollandiana 126, n.º 2 (diciembre de 2008): 252–76. http://dx.doi.org/10.1484/j.abol.5.102081.

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Cagnolati, Antonella y Sergio Marín Conejo. "ACCENTI CRITICI E PROGETTUALITÀ FORMATIVE PER LE DONNE IN A SERIOUS PROPOSAL TO THE LADIES DI MARY ASTELL (1694)". RAUDEM. Revista de Estudios de las Mujeres 4 (18 de diciembre de 2017): 212. http://dx.doi.org/10.25115/raudem.v4i0.1756.

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Riassunto:Nell”Inghilterra del secolo XVII si andavano argomentando con sempre maggior frequenza nuove proposte per l”educazione femminile, in parte sostenute dalle istanze religiose della Riforma protestante che vedeva nella donna il pilastro morale della famiglia e la prima educatrice dei figli, in parte su esplicita richiesta delle nuove classi borghesi, intenzionate a dare alle figlie una solida istruzione. Le teorie tradizionali elaborate da intellettuali, filosofi e predicatori furono fortemente messe in crisi allorquando le donne si impadronirono della cultura e cominciarono a scrivere trattati in cui rivendicavano per loro i medesimi percorsi educativi previsti per gli uomini, sostenendo che la fonte principale della disuguaglianza risiede nella diversa istruzione che viene impartita, non nel mero aspetto biologico o fisiologico. Il primo trattato pedagogico femminista fu opera di Mary Astell.
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Bianchi, Giovanna. "Tecniche costruttive e forme di potere nella Toscana sud-occidentale (secc. VIII-XIV)". Arqueología de la Arquitectura, n.º 4 (30 de diciembre de 2005): 47. http://dx.doi.org/10.3989/arq.arqt.2005.75.

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Nell’articolo si tratta l’analisi delle tecniche murarie desunta da dati provenienti da ampi progetti di indagine archeologica svolti in ambito rurale nella Toscana occidentale dalla metà degli anni Novanta dello scorso secolo ad oggi. Nel testo si esaminano i cambiamenti dei modi di edificare a partire dall’edilizia in legno dei primi abitati di altura di VII-VIII secolo, sino agli insediamenti più strutturati di seconda metà VIII e IX secolo, caratterizzati da un primo uso della pietra e dalla presenza di maestranze specializzate. In seguito si analizza la più complessa organizzazione del cantiere propria della costruzione dei castelli di XI e XII secolo in rapporto ai poteri politici ed economici delle nascenti signorie territoriali. Un differente uso delle tecniche costruttive caratterizza la successiva formazione di nuovi borghi tra XIII e XIV secolo, spesso impiantati sui preesistenti castelli, legati ai locali organismi comunali, soggetti all’influenza politica ed economica di Pisa in questo territorio.
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Ángel Sánchez-García, Jesús. "Reformas en las "Ciudades de Arte" de España a comienzos del siglo XX. Antonio Palacios y la conservación de una integridad estética en las propuestas para Ourense y Santiago de Compostela". STORIA URBANA, n.º 168 (noviembre de 2021): 77–113. http://dx.doi.org/10.3280/su2021-168004.

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Accanto alla pianificazione di nuove città, nei primi decenni del XX secolo il movimento dell'Arte civica trovò nella conservazione delle città storiche uno dei terreni preferenziali per preservare la qualità artistica invocata da Camillo Sitte. All'interno di questo contesto culturale Antonio Palacios formulò le sue proposte di intervento per i centri di due città storiche spagnole: Ourense (1928) e Santiago de Compostela (1932). L'obiettivo funzionale di fornire nuovi accessi alle rispettive cattedrali fu risolto attraverso una piazza fornita di una scalinata nel caso di Ourense e da un viale con un tracciato irregolare e con un effetto scenografico nel caso di Santiago. Prendendo ispirazione dall'architettura storica e tradizionale della Galizia, la personale interpretazione dell'eredità vernacolare fu presentata come uno strumento per operare interventi di riforma e espansione nelle città antiche; tuttavia entrambe le proposte non andarono oltre la fase progettuale.
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Zanini, Andrea. "Formazione professionale e sviluppo: gli esordi dell'istruzione alberghiera in Italia". SOCIETÀ E STORIA, n.º 136 (julio de 2012): 355–86. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-136005.

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Questo articolo traccia l'evoluzione dell'offerta formativa alberghiera in Italia dalle origini alla vigilia della seconda guerra mondiale. Agli inizi del Novecento il settore ricettivo italiano č caratterizzato da una scarsitÀ di forza lavoro che ne limita lo sviluppo. Secondo l'opinione degli albergatori questa situazione č causata dall'assenza di un adeguato sistema formativo. In conseguenza di ciň, dal volgere del secolo in avanti, la SocietÀ italiana degli albergatori (l'associazione degli imprenditori) porta avanti numerosi tentativi per avviare una specifica scuola. Sfortunatamente nessuno di questi riuscirÀ, cosicché la prima scuola per lavoratori d'albergo sarÀ aperta solo nel 1914 dal Touring club italiano. Dopo la prima guerra mondiale le opportunitÀ formative per il personale d'hotel aumentano considerevolmente, grazie anche all'intervento statale mediante specifici enti, come l'Enit o l'Enfala, e per effetto della riforma delle scuole di avviamento professionale. In ogni caso, nonostante le diverse proposte avanzate in questo periodo, l'autore sostiene che lo sforzo di realizzare un moderno sistema formativo per gli addetti al settore ricettivo, come quello svizzero e tedesco, non puň dirsi pienamente riuscito.
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Chiaromonte, William. "Welfare locale e immigrazione. Il contenzioso sulla legislazione regionale in materia di integrazione degli stranieri". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 132 (noviembre de 2011): 657–96. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-132005.

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Il saggio, dopo una ricostruzione in chiave storico-evolutiva della disciplina nazionale in materia di immigrazione, illustra le tre stagioni della legislazione regionale che si sono succedute, a partire dagli anni '90 dello scorso secolo, a disciplinare l'integrazione degli stranieri. Viene, quindi, preso in esame il contenzioso insorto fra Stato e Regioni dopo la riforma costituzionale del 2001 ed avente ad oggetto principalmente il riparto di competenze in materia di immigrazione, la progressiva estensione del campo di applicazione soggettivo delle legislazioni regionali - fino a riconoscere alcuni diritti sociali fondamentali anche agli stranieri irregolari ed ai «neocomunitari» - ed il ruolo ritagliatosi dalle Regioni in alcuni ambiti di presunta competenza nazionale. L'Autore conclude constatando da un lato un significativo rafforzamento, sospinto dalla giurisprudenzadella Corte costituzionale, delle competenze regionali in materia di inclusione sociale degli stranieri, persino irregolari, nonostante il tentativo governativo di limitarne il raggio di azione, e paventando dall'altro, quale conseguenza di tale consolidamento di attribuzioni, il rischio concreto di una notevole differenziazione della qualitŕ dell'integrazione a livello territoriale (regionale ma anche infra-regionale), anche a causa della latitanza dello Stato quale soggetto riequilibratore.
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Viva Sacco. "Le raffigurazioni zoomorfe e antropomorfe sulle produzioni invetriate palermitane di età islamica". Arqueología y Territorio Medieval 27 (22 de diciembre de 2020): 113–36. http://dx.doi.org/10.17561/aytm.v27.5269.

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In questo contributo proporremo una classificazione completa dei motivi zoomorfi e antropomorfi che decorano le produzioni ceramiche invetriate palermitane. Da un punto di vista cronologico ci focalizzeremo sulla fine del IX – XI secolo, quando Palermo era dominata dagli arabo-musulmani ed era la capitale della Sicilia. In questo periodo la città inizia a produrre ceramica da mensa invetriata riccamente decorata. Il repertorio dei motivi decorativi rimanda a temi diffusi nelle produzioni del mondo islamico, anche se propone reinterpretazioni locali.
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Witt, Ronald. "Metrum Leonis: Poesia e potere all'inizio del secolo XI. Leone di Vercelli , Roberto Gamberini". Speculum 79, n.º 2 (abril de 2004): 514–15. http://dx.doi.org/10.1017/s0038713400088345.

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Bertini, Ferruccio. "Il corpo della volpe e del lupo nelle miniature del codice Leidense di Ademaro di Chabannes". Reinardus / Yearbook of the International Reynard Society 25 (31 de diciembre de 2013): 28–35. http://dx.doi.org/10.1075/rein.25.03ber.

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Il monaco Ademaro di Chabannes, vissuto, tra la fine del X e la prima metà dell’XI secolo tra il monastero di Saint-Cybard ad Angoulême e quello di Saint-Martial a Limoges, è autore delle 67 favole esopiche di origine prevalentemente fedriana contenute nei ff. 195-203v del ms. Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. Lat. 8° 15 (sec. XI). Di mano dello stesso Ademaro sono anche le illustrazioni che su questo codice accompagnano il testo dei singoli apologhi, intersecandosi disordinatamente a esso. L’A. si concentra in particolare sulle raffigurazioni delle favole 28 e 40, che hanno entrambe come protagonisti un lupo e una volpe. Particolarmente interessante è soprattutto la seconda, che, con una tecnica fumettistica ante litteram, fonde insieme tre distinti momenti del racconto.
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Galetti, Paola. "Paesaggi agrari della bassa pianura emiliana tra XI-XIII secolo: il caso del territorio reggiano". Edad Media. Revista de Historia, n.º 20 (28 de junio de 2019): 113–56. http://dx.doi.org/10.24197/em.20.2019.113-156.

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La contribución centra su interés en las llanuras bajas del territorio de Reggio Emilia entre los siglos XI y XIII. En particular, la atención se centra en la difícil relación entre el hombre, el agua y el desarrollo antropogénico con respecto a la red de asentamientos y la explotación agrícola, mediante el uso cruzado de diferentes fuentes (geomorfológicas, escritas, arqueológicas).
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Moretti, Simona. "La morte del monaco nelle più antiche fonti figurative bizantine: dalle origini al secolo XI". Hortus Artium Medievalium 23, n.º 2 (julio de 2017): 556–68. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.5.113746.

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Curcuruto, Claudia. "„… la buona corrispondenza de gl’animi è quella che facilità tutti i negozii“". Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 98, n.º 1 (1 de marzo de 2019): 303–25. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2018-0014.

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Riassunto Sullo sfondo della complessa trama politica europea del Seicento, il presente contributo si propone di analizzare la Nunziatura Apostolica come risorsa amministrativa e politica nei processi di produzione e circolazione del sapere nel complesso rapporto tra la Curia romana e, in particolare, la Sacra Congregatio Concilii, e le chiese locali. Allargando la prospettiva e consultando fonti che finora non state prese in considerazione, si possono rilevare alcuni elementi costitutivi. L’attenzione è focalizzata soprattutto sulla Nunziatura di Vienna nella seconda metà del XVII secolo, e lo studio si concentrerà in particolare su uno dei grandi diplomatici pontifici di questo periodo, Francesco Buonvisi (1626–1700) che, tra 1675–1689, ricoprì la carica di nunzio apostolico presso la corte dell’imperatore Leopoldo I. In questo contesto è possibile esplorare le rappresentazioni del papa come strumento indispensabile per ottenere e gestire le informazioni. Trattare il nunzio apostolico come attore offre la possibilità di comprendere meglio i diversi processi della „diplomazia“, i suoi doveri e le sue attività nella nunziatura apostolica dell’età moderna. Il ruolo del nunzio papale presso la corte imperiale si presenta come „connettore“ tra due realtà (divergenti), come partner indispensabile per la Congregazione del Concilio, la Curia romana e il papa nell’amministrare la giustizia, nonché come importante mediatore per la promozione e l’esecuzione dei decreti di riforma del Concilio di Trento a livello locale. I nunzi apostolici non sono solo „oggetti“ di comunicazione della Curia romana o del papa, ma partecipano attivamente e con grande efficacia al governo della Chiesa e alla comunicazione tra Roma, le rispettive corti, e le diocesi dell’orbis catholicus.
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NEVILLE, PAMELA. "THE PRINTER'S COPY OF COMMANDINO'S TRANSLATION OF ARCHIMEDES, 1558". Nuncius 1, n.º 2 (1986): 7–12. http://dx.doi.org/10.1163/182539186x00494.

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Abstract<title> RIASSUNTO </title>Un manoscritto venuto recentemente alla luce a Londra rappresenta un legame importante tra gli studi rinascimentali della matematica greca e la nascita dell'algebra moderna. Il manoscritto è composto da 3 parti. La prima è la copia del tipografo per la prima edizione della traduzione dell'Archimede eseguita da Federico Commandino e pubblicata da Paolo Manuzio a Venezia nel 1558. Il documento porta le correzioni e le istruzioni manoscritte del Commandino per il tipografo. Nei margini sono incollate 41 figure geometriche incise, prove per l'edizione a stampa. La seconda parte contiene una raccolta di note e lettere, tutte riguardanti problemi di geometria e di matematica. Otto dei fogli potrebbero essere stati scritti dall'allievo del Commandino, Guidobaldo dal Monte. L'ultima parte, con ogni probabilità scritta nella Francia del nord durante la prima parte del diciassettesimo secolo, è strettamente collegata alle ricerche matematiche di François Viète. Il testo, apparentemente il lavoro di un allievo, tratta i vari argomenti della « nuova algebra» e <?CTRLerr type="1" mess="Doute Cars isoles avec recollage" ?>cita l'opera di Viète. Questo volume appartenne per un certo periodo alla Biblioteca Albani. Infatti, il primo foglio del testo di Archimede porta lo stemma di Giovanni Francesco Albani (papa Clemente XI). Nel diciannovesimo secolo, invece, entrò a far parte della collezione di Baldassarre Boncompagni Ludovisi.
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Dameron, George. "Aristocrazia e chiese nella Marca del centro-nord tra IX e XI secolo. Elisabetta Archetti Giampaolini". Speculum 64, n.º 4 (octubre de 1989): 949–51. http://dx.doi.org/10.2307/2852889.

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Borzacconi, Angela. "La riorganizzazione territoriale del patriarcato di Aquileia. Insediamenti rurali e centri urbani tra IX e XI secolo". Hortus Artium Medievalium 20, n.º 1 (mayo de 2014): 272–90. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.5.102649.

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Cellauro, Louis. "The Casino of Pius IV in the Vatican". Papers of the British School at Rome 63 (noviembre de 1995): 183–214. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200010230.

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IL CASINO DI PIO IV AL VATICANOIl Casino di Pio IV nei Giardini Vaticani fu progettata dall'antiquario Pirro Ligorio (c. 1531–83), uno degli archeologici classici più competenti del sedicesimo secolo. In considerazione dell'attività di Ligorio sia come antiquario che come archeologo, sono spesso stati sottolineati paralleli tra il Casino di Pio IV e l'architettura classica, fin dal diciottesimo secolo. Comunque, tentativi di associare il Casino con antiche architetture si sono basati sul presupposto che il Casino (che è poi il nome più recente) fosse stato progettato da Ligorio come una villa. Ciò, ad ogni modo, non è supportato da alcuna evidenza documentaria, e sia l'architettura che il carattere del Casino sembrano escluderlo. Il Casino è infatti menzionato nei documenti dell'epoca come sede di una fonte, e le iscrizioni commemorative contengono le parole FONTIBUS e LYMPHAEUM. Allo stesso modo, l'intero edificio è chiamato da Ligorio un Lymphaeo. Si discute in questo articolo che il ‘Casino’ possa essere meglio compreso come una ricostruzione antiquaria di un musaeum classico. Non è inoltre da escludere che Ligorio, nel progettare il Casino, avesse in mente il Museo dell'Accademia di Atene come modello per un'accademia moderna. Questa è una nuova interpretazione del complesso, e nuovo materiale documentario legato alla sua cronologia ed ai cambiamenti che ebbero luogo durante il pontificato di Clemente XI, vengono inoltre presentati.
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Dąbek, Tomasz Maria. "Refleksje na temat współczesnych kierunków interpretacji chorału gregoriańskiego". Ruch Biblijny i Liturgiczny 57, n.º 3 (30 de septiembre de 2004): 185. http://dx.doi.org/10.21906/rbl.514.

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Nei nostri tempi si sviluppa un nuovo metodo di eseguire il canto gregoriano, ispirato al lavoro di E. Cardine, Semiologie Grégorienne (Extrait des Etudes Grégoriennes, Tome XI), Solesmes 1970, ma anche alla pratica di canto da parte dei monaci orientali e dei cantori dalle isole del Mar Mediterraneo. Le spiegazioni della ricca tradizione di Solesmes vengono messe in discussione. Nel pressus i cantori fanno la ripercussione delle note colla stessa altezza, spesso in modo nervoso. Si cerca di badare tutti i dati degli antichi manoscritti e di eseguire esattamente i più piccoli segmenti, a scapito di frasi più grandi e d’insieme di un canto. Interessanti sono gli studi sul trattato di Girolamo di Moravia, ma bisogna sapere che questo è una fonte del canto del XIII secolo, autentico solo per l’Ordine dei Predicatori. Dal IX secolo molti musicisti s’interessavano più alla primitiva musica polifonica che al monodico canto gregoriano. Sarebbe bene studiare gl’influssi orientali sul canto della Chiesa latina e i costumi dei monaci e dei cantori diocesani dei duomi e delle collegiate nel medioevo per conoscere meglio le autentiche tradizioni, ma è una cosa per gli specialisti; gli elementi orientali interessano solo i giovani musicisti e quelli più maturi. Invece nella pratica quotidiana del canto gregoriano importante è che ciascuno brano venga eseguito con i suoi dati specifici senza mescolanza e sincretismo e poi le cose concrete come: la conoscenza del senso dei testi liturgici latini, l’altezza commoda per i cantori, il tempo moderato, non troppo lento e non troppo veloce, il modo normale di cantare dei solisti e dei gruppi.
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Jasper, Kathryn. "Maria Galante, Giovanni Vitolo, and Giuseppa Z. Zanichelli, eds., Riforma della Chiesa, esperienze monastiche e poteri locali: La Badia di Cava nei secoli XI–XII. (Millennio Medievale 99.) Florence: SISMEL Edizioni del Galluzzo, 2014. Pp. vi, 410; 96 black-and-white and color plates. €82. ISBN: 978-88-8450-545-3.Table of contents available online at http://www.sismel.it/tidetails.asp?hdntiid=1378 (accessed 28 March 2016)". Speculum 92, n.º 1 (enero de 2017): 247–49. http://dx.doi.org/10.1086/689999.

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Brogiolo, Gian Pietro. "M.A. Causarano, La cattedrale e la città. Il cantiere del duomo di Siena tra XI e XIV secolo",. Hortus Artium Medievalium 24 (mayo de 2018): 492–93. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.4.2018050.

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Köbler, Gerhard. "Le carte bolognesi del secolo XI, a cura di Feo, Giovanni. Note topograficostoriche sui documenti bolognesi del secolo XI, a cura di Fanti, Mario, 2 Bände, Appendice a cura di Modesti, Maddalena, Indici a cura di Siciliano, Luigi/ Parmeggiani, Ricardo". Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte: Germanistische Abteilung 127, n.º 1 (1 de agosto de 2010): 554. http://dx.doi.org/10.7767/zrgga.2010.127.1.554.

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Mariani, Andrea. "Un contributo sullo studio dei castelli cabeça de terra(XI-XIII secolo). Il caso del castello della terra de Refojos". História: Revista da Faculdade de Letras da Universidade do Porto 11, n.º 1 (2021): 7–28. http://dx.doi.org/10.21747/0871164x/hist11_1a2.

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The aim of this paper is Ito examine the case of the castle cabeça de terra ofRefojos. On this castlethere are very few written documents, dated between XI and XIII centuries and labile and uncertain material evidence. Due to the scarcity of sources, a comparative analysis will be carried out based on the castles cabeça de terraprovided with more documentation, demonstrating how the multidisciplinary and comparative approach can be an appropriate methodology for the study and understanding of medieval defensive elements
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Skibiński, Tomasz. "Ojcowie Kościoła w katechezach środowych Jana Pawła II". Vox Patrum 50 (15 de junio de 2007): 249–61. http://dx.doi.org/10.31743/vp.6712.

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Giovanni Paolo II durante tutto il pontificato, piu di ogni suo Predecessore, ha incontrato il Popolo di Dio. Ogni mercoledi era dedicato alle udienze generali in cui hanno partecipato 17,6 millioni di pellegrini. Generalmente durante le udienze il Papa pronunciava le catechesi, che possiamo dividere in alcuni cieli: Le quattro virtu cardinali; La redenzione del corpo e la sacramentalita del matrimonio; II Credo; La preparazione del Giubleo 2000; L’Anno Giubilare 2000; La Liturgia delle Ore. Questi cieli differenziano, tra l’altro, anche per quanto riguarda l’uso dei testi patristici. I cieli piu fondati sull’eredita patristica sono i seguenti: I commentarii ai testi della Liturgia delle Ore (pronunicate nel periodo: 28 III 2001 - 26 I 2005) e II commento al "Credo” specialmente nella parte che rigurda la fede trinitaria (catechesi pronunicate nel periodo: 3 VII1985 - 3 VII1991). Sul lato opposto si situano le Catechesi sulle virtu cardinali (pronunciate tra il 25 X e il 22 XI 1978), durante le quali i Padri della Chiesa non sono citati neanche una volta e le Catechesi sulla redenzione del corpo e la sacramentalita del matrimonio (pronunicate nel periodo: 5 IX 1979 - 28 XI 1984), in cui richiami agli autori del periodo patristico sono sporadici. Generalmente si puó constatare, che in tutto il corpo delle catechesi i richiami patristici svolgono molo importante, ed in alcuni casi sono fondamentali per la presentazione del discorso. Vengono citati Padri della Chiesa che rappresentano vari ambienti, diversi periodi e differenti scuole teologiche. I Padri preferiti da Giovanni Paolo II sono: Agostino, Ambrogio di Milano, Ireneo di Lione, Giovanni Crisostomo, Basilio di Cesarea, Cipriano, Cirillo di Gerusalemme, Cirillo di Alessandria, Ignazio di Antiochia e Origene. II Papa Wojtyła da una parte riconosce il molo che i Padri hanno svolto nella storia dell’esegesi e nella formazione del dogma, dall’altra - fa vedere la loro attualita anche nel mondo del XX e XXI secolo.
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Oldfield, Paul. "Citizenship and community in southern Italy c. 1100–c. 1220". Papers of the British School at Rome 74 (noviembre de 2006): 323–38. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200003299.

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CITTADINANZA E COMUNITÀ IN ITALIA MERIDIONALE TRA IL 1100 E 1220 CIRCAQuesto articolo analizza l'uso della parola ‘cittadino’ (civis) nei documenti cartacei dell'Italia meridionale dal tardo XI agli inizi del XIII secolo. Lo studio si focalizza su un campione di otto città, che vengono usate come case-studies per mostrare cosa il concetto di cittadinanza puo aver implicato nel mezzogiorno di epoca medievale. I dati a disposizione suggeriscono che in questa fase si afferma un uso emergente della parola civis, e contestualmente una crescente consapevolezza della nozione di cittadinanza. Questi sviluppi possono essere spiegati attraverso una serie di ragioni, primariamente concernenti più ampi cambiamenti nella vita urbana, nella identità civica e governativa. Comunque è evidente che il concetto di cittadinanza, come appare nel materiale documentario, rimase un concetto altamente flessibile in questo periodo, pieno di ambiguità. Questa conclusione sulla cittadinanza si adatta all'amorfo ordine sociale delle comunità urbane di epoca medievale.
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Vitali, Fabien. "Barba/ro Dante". Deutsches Dante-Jahrbuch 94, n.º 1 (23 de septiembre de 2019): 1–34. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2019-0002.

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Riassunto La storia delle letture della Commedia nel sedicesimo secolo è ben documentata – dalle Prose della volgar lingua di Bembo fino ai commenti che, ridimensionando o avallandone il giudizio limitativo, comunque documentano il »precipitoso inarrestabile declino« (Dionisotti) della fama dantesca. Questa storia è basata soprattutto su giudizi espressi dagli »scrittori di alta classe«. Di contro, poco sappiamo del grado di diffusione e del significato di cui la Commedia godeva in ambito popolare. Partendo da alcune indicazioni presenti nello studio di Carlo Ginzburg, Il formaggio e i vermi, il saggio s’interroga anzitutto sul rapporto tra cultura popolare e Commedia nel Cinquecento. Più che alla dimensione storico-sociologica, l’interesse sarà rivolto a ciò che la ›popolarità‹ di Dante possa dirci della sua stessa opera. Riformulando quindi il problema in funzione dei presupposti teorici della Commedia – »villanus cantus« (Sanguineti), in parte scritto »per la piazza« (Pertile) – si arriverà ad esaminarne alcune qualità che con Mandelstam potremmo definire come »barbare«, quasi i fattori intrinseci dell’›attrattiva popolare‹ della poesia dantesca.Nella seconda parte, l’indagine si estenderà su alcuni esempi di lettori di Dante – Gelli, Doni, Franco. ›Popolari‹ di origine, ma non privi di educazione letteraria, questi autori a partire dagli anni ’30 irrompono nel campo delle forze con proposte originali, irriducibili alle posizioni della cultura egemone. Non solo: il loro discorso s’interseca in più punti con correnti di pensiero eterodosso, sia perché contrario al magistero classicistico-bembesco, sia perché affine alla Riforma. È quanto, in particolare, suggerisce un testo di Niccolò Franco cui si dedicherà un’analisi più approfondita – una lettera-finzione del 1547, rivolta a »Barba Dante«. Qui le parti coinvolte nella questione dantesca sono oggetto di un discorso apparentemente burlesco, ma che a ben vedere s’iscrive piuttosto nel registro ambiguo del paradosso erasmiano. In effetti, se Franco finge di assecondare le posizioni dominanti (Bembo, la Chiesa), in realtà le mina, accentuandone gli argomenti al punto da spingerle ad absurdum. L’esempio fa pensare che Dante ridiventi un punto di riferimento per la nuova generazione degli autori che nella generale contesa delle parti – »Streit der Autoritäten« (Kablitz/Regn) – cercano di affermarsi, militando per un’idea di letteratura alternativa a quella ufficiale.
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Fiorelli, Vittoria. "La rete mediterranea della devozione. Le teresiane della provincia di Napoli". SCRIPTA. Revista Internacional de Literatura i Cultura Medieval i Moderna 6, n.º 6 (29 de diciembre de 2015): 155. http://dx.doi.org/10.7203/scripta.6.7828.

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Riassunto: Filo conduttore del saggio è la vita di madre Serafina di Dio, carismatica caprese fondatrice, nel secolo XVII, di sette congregazioni femminili ispirate alla spiritualità teresiana. L’affiliazione alla santa di Avila e l’adesione alla matrice della sua riforma hanno consentito alle nuove comunità devote nate da un’iniziativa periferica di collocarsi nell’alveo della Chiesa nella prospettiva istituzionale della trasformazione in monasteri di clausura.Due i focus della ricerca. Da un lato ci si è soffermati sull’omogeneità organizzativa e spirituale dei conservatori garantita da reti devozionali saldamente dipendenti dal carisma della fondatrice secondo un meccanismo nel quale resta assai difficile determinare i confini tra una vita modellizzata dalla santità e il progetto di santificazione della propria vita. Dall’altro si è evidenziata l’importanza della tradizione religiosa e devozionale nel processo di costante contaminazione dell’identità culturale delle due principali penisole del Mediterraneo mai trasformata in fusione, nonostante gli intensi rapporti e la subalternità politica di Napoli a Madrid. Parole chiave: reti devozionali e religiose, spiritualità femminile, Mediterraneo Abstract: The underlying theme of the essay is the life of Mother Serafina di Dio from Capri, the charismatic founder, in the seventeenth century, of seven women’s congregations inspired by the Teresian spirituality. The affiliation to the saint of Avila and the connection to the matrix of her reform allowed these peripheral and devoted communities to position themselves within the fold of the Church, from the perspective of institutional transformation in cloistered monasteries.The first research focus is about the uniformity of organization and spirituality within the retreats guaranteed by devotional networks firmly dependent on the charisma of the founder. A mechanism in which is very difficult to determine the boundaries between a life modeled on the holiness and a project of sanctification of her own life.The other one, is about the importance of religious and devotional traditions in the process of constant contamination of the cultural identity of the two main peninsulas in Mediterranean, never turned into fusion, despite the penetrating contacts and the political subordination of Naples in Madrid. Keywords: religious and devotional networks, women’s spirituality, Mediterranean
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Catalano, L. "La rete chiesastica della Valle di Amari a Creta: un antefatto e un’espressione poco conosciuta del cosiddetto Rinascimento veneto-cretese (XI-XV secolo)". Hortus Artium Medievalium 16 (mayo de 2010): 187–96. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.3.17.

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Tolić, Željko. "Il Concilio di Trento (1545 - 1563)". Služba Božja 61, n.º 3 (6 de septiembre de 2021): 357–94. http://dx.doi.org/10.34075/sb.61.3.1.

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Secondo la numerazione cattolica è il XIX concilio ecumenico. Richiesto da decenni da più parti, e con sempre maggiore urgenza, il concilio non poté svolgersi per molto tempo. Infine, dopo tre inutili convocazioni, Paolo III con la bolla Laetare Jerusalem (1544) indisse l'assemblea per il 15 marzo 1545 a Trento, indicando compiti principali. Il concilio però si aprì solo 13 dicembre 1545 in presenza 31 vescovi, in maggioranza italiani. Durante il primo periodo, che comprese le sessioni I-X, quando fu deciso di trattare parallelamente le questioni dogmatiche e quelle della riforma ecclesiastica, furono approvati importanti definizioni e decreti, tra gli altri quelli sulla Santa Scrittura, il peccato originale, la giustificazione e altre cose. Nell'VIII sessione (11 marzo 1547) i partecipanti decisero di trasferire il concilio a Bologna. Dopo la morte di Paolo III fu eletto papa con nome di Giulio III il cardinale Del Monte, fino allora presidente del concilio. Sotto il suo pontificato ebbe luogo il secondo periodo del concilio (dal 1551 al 1552), che comprendeva le sessioni XI-XVI. In questo periodo al concilio vennero i delegati protestanti della Germania, ma si tornarono presto in patria, senza essere riusciti a imporre le loro richieste. Circostanze politiche condussero alla sospensione del concilio (1552). Ma ne novembre 1560 il nuovo papa, Pio IV, ordinò il proseguimento dei lavori conciliari: è il terzo periodo del concilio di Trento, dal 1562 al 1563, che comprese le sessioni XVII-XXV. I principi protestanti radunati a Naumburg decisero di non accogliere l'invito. Nelle sessioni si approvarono decreti sull'obbligo della residenza dei vescovi, il carattere sacrificale della santa messa, la consacrazione sacerdotale, il matrimonio, il purgatorio, la venerazione dei santi e delle reliquie, l'indulgenza, i seminari. Con la bolla Benedictus Deus et Pater (il 26 gennaio 1564) Pio IV confermava l'opera del concilio.
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Góralski, Wojciech. "Ewolucja ustawodawstwa Kościoła łacińskiego w przedmiocie małżeństwa katolika z nieochrzczonym". Prawo Kanoniczne 49, n.º 1-2 (15 de junio de 2006): 139–70. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2006.49.1-2.06.

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La Chiesa fin dall’inizio della sua attività ha ritenuto, per salvare la fede dei propri credenti, di proibire il matrimonio di un cattolico con una persona non battezzata. Questa proibizione abbracciava del resto anche il matrimonio di un cattolico con la parte battezzata appartenente pero all’eresia o alla scisma. Solo nel XIII secolo nella dottrina si è cominciato a distinguere fra l’impedimento dirimente esistente fra cattolico e non battezzato (disparitas cultus) e l’impedimento proibente esistente fra cattolico e un battezzato non cattolico (chiamato poi mixta religio). La disciplina giuridica della Chiesa Latina relativa all’impedimento di disparità di culto, come del resto a quella mixta religio, nel medioevo, quindi dopo il Trento e nei secoli seguenti incluso il periodo della vigenza del Codice di Diritto Canonico del 1917 era improntata da un rigore e ad una intransigenza assolutamente incompatibili con quell’atteggiamento di apertura e di comprensione verso le altre forme di credenza che ha iniziato il Concilio Vaticano II. Il nuovo clima ecumenico ha permesso di cambiare assai sostanzialmente la disciplina tradizionale nel campo dei matrimoni misti, tra l”altro per quanto riguarda l’unione di un cattolico con un non battezzato. Una riforma su questa materia apparve pertanto urgente. L’Istruzione „Matrimonii Sacramentum” della S. Congregazione per la Dottrina della Fede del 18 marzo 1966 è stato il primo passo nella strada verso gli ulteriori cambiamenti. Il papa Paolo VI per cui il problema dei matrimoni misti era uno dei più scottanti e urgenti ha proposto ai membri della prima assamblea generale del Sinodo dei Vescovi (nel ottobre 1967) un fascicolo dal titolo „Argmumenta de quibus disceptabitur in primo generali coetu Synodi Episcoporum, pars altera”, nel quale sono state inserite fra l’altro le questioni dei matrimoni misti. Come il frutto di questa consultazione si è mostrato il motu proprio dello stesso pontefice „Matrimonia mixta” del 31 marzo 1970. Il documento paolino ha rivelato un notevolo sforzo di adeguamento ai principi conciliari e ha segnato in tal senso un notevole progresso rispetto al precedente regime giuridico. Con la promulgazione il 25 gennaio 1983 dal papa Giovanni Paolo II del nuovo Codice di Diritto Canonico, in cui si codifica quasi ad litteram la legislazione del motu proprio di Paolo VI, resta invariato l’impedimento di disparità di culto. L’evoluzione della disciplina della Chiesa Latina in materia dei matrimoni fra cattolici e non battezzati, pur rivelando un significativo progresso rispetto al passato, dovrebbe continuare ad essere più adatta ai fattori sociologici caratteristici dalla cultura occidentale moderna.
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