Literatura académica sobre el tema "Ricezione di Dante"

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Artículos de revistas sobre el tema "Ricezione di Dante"

1

Renker, Andrea. "Eine weiße Kerze für Francesca von Berta Schmidt-Bickelmann – Dantelektüren eines Mitglieds der DDG (1938–1959)". Deutsches Dante-Jahrbuch 96, n.º 1 (24 de septiembre de 2021): 133–44. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2021-0027.

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Resumen
Riassunto Dante un classico della letteratura tedesca? – In occasione del seicentesimo anniversario della morte del poeta questa domanda riconquistò una popolarità ambigua in Germania, la cui portata sorpassava di gran lunga le discussioni meramente accademiche. La questione è anche al centro delle letture dantesche di Berta-Schmidt-Bickelmann (1885–1959), che fu membro della Deutsche Dante-Gesellschaft in questi anni. Il presente contributo esamina per la prima volta gli articoli e le poesie di questa appassionata lettrice di Dante, pubblicati tra il 1938 e il 1959 nel Mitteilungsblatt della Deutsche Dante-Gesellschaft. Se ne ricava un’impressione sulla ricezione non-accademica di Dante in Germania verso la metà del Novecento.
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Ioli, Giovanna. "Il Dante da Nobel: miracolo o pandemia?" Cuadernos de Filología Italiana 27 (15 de julio de 2020): 275–85. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.68651.

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Resumen
La storia della letteratura del Novecento è costellata di echi o puntuali citazioni dantesche, una fortuna che Montale definì miracolosa. Tra gli innumerevoli riferimenti, la scelta si è orientata su autori che confermano i diversi modelli di ricezione nel mondo, seguendo la scia di un contagio che attraversa i continenti qui rappresentati dai Premi Nobel per la letteratura.
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Viehweg, Julia. "Dante und die cantautori". Deutsches Dante-Jahrbuch 94, n.º 1 (23 de septiembre de 2019): 154–68. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2019-0008.

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Riassunto Se Wolf Biermann dice che i cantautori sono quelle persone »[...] che non sanno suonare la chitarra, ma in compenso... non sanno neppure cantare«1, si tratta di una riduzione polemica del concetto del cantautore. I cantautori stessi si vedono non solo come una nuova generazione di cantanti, ma anche di scrittori e storiografi, che attraverso l’impegno politico vogliono essere la voce di una nuova generazione di giovani negli anni ’60. Questo contributo esamina come il fenomeno dei cantautori sia legato alla ricezione di Dante in questi anni. Prima viene presentata una definizione del termine ›cantautore‹, poi si posiziona il movimento dei cantautori nella discussione della intertestualità nella letteratura, che nasce proprio negli stessi anni, e in ultimo si analizza l’esempio Odysseus dall’album Ritratti (2004) di Francesco Guccini.
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Simonis, Annette. "Dantes Divina Commedia und Vita Nuova in Graphic Novels des 21. Jahrhunderts". Deutsches Dante-Jahrbuch 94, n.º 1 (23 de septiembre de 2019): 57–88. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2019-0004.

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Riassunto Tra le adattazioni popolari delle opere dantesche nel XX e XXI secolo sono soprattutto i fumetti e le Graphic Novels a riscuotere il maggior successo. Il presente contributo si concentra su tre esempi scelti della ricezione produttiva della Vita Nuova e della Commedia nel fumetto, tutti pubblicati dopo il 2000. Si mostrerà come le adattazioni recenti non coltivino soltanto il riferimento intertestuale all’opera dantesca, ma si rifacciano anche a una tradizione plurisecolare di ricezione transmediale della Commedia nelle arti figurative, ricavando da questa ricca fonte impulsi fondamentali per la loro propria adattazione artistica. Un aspetto fondamentale per la presente analisi è infine la relazione intermediale, tipica dei fumetti, fra testo e immagine, che possono interagire in quanto componenti complementari o anche illuminarsi vicendevolmente in maniera ironica.
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König-Pralong, Catherine. "Philosophiefeindlichkeit und konservatives Denken: Karl Wittes Dante". Deutsches Dante-Jahrbuch 95, n.º 1 (23 de septiembre de 2020): 117–30. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2020-0010.

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Riassunto Agli antipodi della rappresentazione di Dante come precursore dell’unità nazionale, elaborata dalla filologia erudita italiana, Karl Witte, il più importante dantista di lingua tedesca del XIX secolo, costruì l’immagine di un Dante mistico e antirazionalista, cattolico e conservatore. Il presente articolo analizza, in primo luogo, il progetto intellettuale di Witte a partire dalle reti di relazioni sociali da lui intrattenute, dalle università prussiane sino alla Roma dei pittori ›nazareni‹, per giungere all’università di Halle, dove Witte occupò la cattedra di diritto romano per un periodo di quasi cinquant’anni. In un secondo momento, il contributo si sofferma sulla ricezione delle interpretazioni di Witte, e in particolare della sua lettura riduttiva del Convivio e della filosofia che in esso si esprime. L’articolo mostra come i dibattiti suscitati dai lavori di Witte abbiano infine ecceduto le aspettative del suo stesso autore per dar luogo a una vasta discussione sulla natura e sul valore della scolastica.
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Detering, Heinrich. "Das Lachen im Himmel". Deutsches Dante-Jahrbuch 97, n.º 1 (24 de octubre de 2022): 66–80. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2022-0020.

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Riassunto La sorprendente inclusione dell’imperatore pagano Traiano nel Paradiso di Dante solleva la questione della giustificazione, della preistoria e delle conseguenze di questa elezione miracolosa, del rapporto tra »predestinazione« e »grazia«. Il presente saggio sostiene che un’idea di umorismo, non esplicitamente menzionata, ma scenicamente rappresentata, fa da sfondo alla concezione dantesca della grazia divina. L’argomentazione si serve del romanzo L’eletto di Thomas Mann, testimone della ricezione della Divina Commedia da parte di uno scrittore che vi ricorre più volte anche nel contesto di altri quesiti estetico-religiosi. Basato su una leggenda medievale, il romanzo di Mann condivide infatti con l’episodio di Paradiso XX lo stesso motivo (Traiano viene »riscattato« da papa Gregorio) e costituisce dunque un’aiuto per l’interpretazione della scena.
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Bellone, Luca. "«Diverse lingue, orribili favelle, musica triste senza note». Intertestualità dantesca nel rap italiano". Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento 9, n.º 2 (30 de diciembre de 2021): 269–309. http://dx.doi.org/10.54103/2282-7447/16721.

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Facendo leva sull’opportunità, oggi largamente condivisa, dello studio di Dante «al di là delle fissità e degli stereotipi»,[1] e senza al contempo trascurare «i rischi del dantismo “di massa”»,[2] ll'indagine intende fornire – giunti ormai quasi al termine delle celebrazioni per i settecento anni dalla morte del poeta – un nuovo contributo allo studio della ricezione dantesca nella canzone italiana, focalizzando l'attenzione sui principali meccanismi che regolano la citazione della Commedia nel rap. [1] Frosini–Polimeni 2021b: 7. [2] Pegorari 2018.
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Bender, Niklas. "Zum Verhältnis von Staat und Religion bei Dante: Das heikle Beispiel König Sauls". Deutsches Dante-Jahrbuch 97, n.º 1 (24 de octubre de 2022): 83–108. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2022-0002.

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Riassunto L’opera dantesca è attraversata da un rapporto conflittuale tra pensiero politico e religioso, tra monarchia universale (concetto chiave nella Monarchia) e visione religiosa del mondo (essenziale alla Commedia). La vicenda di Saul occupa una posizione di rilievo in questo rapporto: simbolo del potere terreno, scelto da Dio e dal suo profeta Samuele come primo re d’Israele, Saul cade in disgrazia, per venire poi sostituito da Davide. L’articolo presenta la storia biblica e la sua ricezione presso quattro autori fondamentali del pensiero teologico e politico medievale per analizzare in seguito la rappresentazione dantesca dell’esempio di Saul, nel Purgatorio (canti X e XII) e nei trattati. Da una parte Saul, contrapposto a Davide, funge da figurazione della superbia, dall’altra costituisce un’eccezione, un intervento diretto di Dio nel campo politico.
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Ott, Christine. "»Die Hölle ist das Unbewusste des Menschen von heute«". Deutsches Dante-Jahrbuch 96, n.º 1 (24 de septiembre de 2021): 145–60. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2021-0028.

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Riassunto Viaggio terapeutico negli abissi del proprio inconscio e indagine tormentata sulla ›tragedia umana‹ del ventesimo secolo: Giorgio (György) Pressburger (1937 Budapest–2017 Trieste) pubblicò Nel regno oscuro (Bompiani 2008) come prima parte di una trilogia romanzesca che esibisce evidenti correspondenze strutturali e contenutistiche con la Commedia di Alighieri. La seconda e terza parte, Nella regione profonda e Nei boschi felici uscirono nel 2013 in un unico volume, intitolato Storia umana e inumana. Il contributo presente si propone di situare la modalità specifica con cui Pressburger recepisce Dante sullo sfondo dei concetti della ricezione creativa (»kreative Rezeption«, Peter Kuon), della rielaborazione (»Neubearbeitung«, Tabea Kretschmann) e della »Systemaktualisierung« (attualizzazione di un ›sistema‹ dantesco). Inoltre si propone di analizzare la strategia di autocommento messa in atto dall’autore nonché la riflessione, implicita nel testo, sul rapporto fra memoria individuale e culturale.
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Holler, Theresa. "Infernale Landschaften: Wie Dantes Commedia das Bild des Weltgerichts in Italien verändert". Deutsches Dante-Jahrbuch 93, n.º 1 (28 de septiembre de 2018): 74–103. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2018-0005.

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RiassuntoQuesto contributo discute due cicli pittorici del Trecento raffiguranti il Giudizio universale: quello attribuito a Buonamico Buffalmacco nel Camposanto di Pisa, e quello di Nardo di Cione nella Cappella Strozzi di Mantova a Santa Maria Novella di Firenze, nei quali il testo della Commedia di Dante è adottato per mettere a punto una rappresentazione visiva efficace dell’inferno. Il fatto che l’opera dantesca modifichi l’immagine dell’aldilà nella penisola italiana è sempre stato spiegato invocando la popolarità stessa del testo, senza tenere in debito conto il fatto che la sua apparizione e circolazione non furono accolte senza problemi e reticenze. Vennero infatti espresse anche posizioni critiche nei confronti di Dante e dei suoi scritti, su questi ultimi soprattutto da parte dei domenicani, eppure entrambi i cicli in esame vennero realizzati in contesti legati, direttamente o indirettamente, ai frati predicatori. Il presente contributo vuole mettere in dubbio la teoria, generalmente accettata senza discussione, che vede nella precoce adozione della Commedia nell’immaginario del Giudizio universale un segno della sua ricezione senz’altro positiva. Fu così, oppure le immagini in cui si tradusse il testo dantesco ci parlano in un linguaggio ambiguo?
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Tesis sobre el tema "Ricezione di Dante"

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Caretto, Mara <1988&gt. "Fortuna e ricezione di Dante nel Trecento". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4133.

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MERLA, VALENTINA. ""Quella Roma onde Cristo è romano": la ricezione di Dante nel magistero pontificio contemporaneo". Doctoral thesis, Università di Foggia, 2014. http://hdl.handle.net/11369/331728.

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«QUELLA ROMA ONDE CRISTO È ROMANO»: LA RICEZIONE DI DANTE NEL MAGISTERO PONTIFICIO CONTEMPORANEO In un clima di polemica tra cattolici e non cattolici, negli anni dell’Unità d’Italia, in cui i patrioti italiani avevano studiato la concezione politica dell’Alighieri incasellandola sotto l’egida del ghibellinismo anticlericale, Leone XIII sceglie la strada del dialogo con la società, progettando una riforma della cultura cattolica sulla base del tomismo. La sua ricezione di Dante è possibile proprio alla luce del tomismo: Leone XIII è, in effetti, secondo una definizione di padre Semeria, un’«anima dantesca», soprattutto per la significativa consonanza tra il suo pensiero sociale e la Monarchia (era stato proprio il suo intervento ad assolvere il trattato dantesco dall’accusa di eterodossia, escludendolo dall’indice dei Libri Proibiti). Infatti, come Dante, anche papa Pecci partecipa al dibattito sui rapporti tra Stato e Chiesa, riflettendo “laicamente” sul potere politico e sostenendo la reciproca indipendenza delle due istituzioni. Alla morte dell’anziano pontefice sale al soglio pontificio Pio X, attento riorganizzatore del Catechismo della Chiesa Cattolica e sostenitore di una nuova concezione pastorale, che considera ogni strumento culturale, anche il testo dantesco, funzionale all’esigenza catechetica. Il pontefice incentiva, dunque, le iniziative in preparazione alla commemorazione del VI centenario dantesco, tra le quali una è particolarmente vicina ai suoi orientamenti pastorali. Si tratta di un lavoro di sinossi e comparazione tra il testo del catechismo del pontefice e la scrittura dantesca, che, in questo modo, viene frammentata al duplice scopo di supportare le affermazioni del catechismo e di dimostrare la perfetta aderenza del poeta al cattolicesimo. L’opera, firmata con lo pseudonimo d Minimo Sacerdote in Cristo, si intitola Il più bel ricordo del VI centenario di Dante, ossia Catechismo della Dottrina Cristiana pubblicato per ordine di sua Santità Pio X, meditato e studiato con Dante. Una linea spartiacque nella rivalutazione dell’Alighieri da parte del magistero pontificio si ha con l’enciclica In praeclara summorum (1921), scritta da Benedetto XV per commemorare il VI centenario della morte del sommo poeta, che viene per la prima volta apostrofato come figlio prediletto della fede cattolica. Sulla scia del predecessore, sebbene in modi differenti, si colloca il riuso che dell’opera dantesca fa Pio XI, riportando nei suoi documenti ufficiali un ricco corredo di citazioni. Ciò emerge maggiormente quando riflette sulla romanità della Chiesa, poiché papa Ratti risolve definitivamente la “questione romana”, affermando la necessità della reciproca collaborazione tra potere spirituale e potere politico. Di questa collaborazione si fa simbolo la città di Roma (residenza del Papato e antica capitale dell’Impero di Roma), che assurge a figura della città di Dio, secondo la più canonica esegesi di Pg XXXII 102, verso prediletto dal pontefice e più volte citato. Con Pio XI Dante si presta per la prima volta, in modo significativo, ad essere rispolverato e letto criticamente. In effetti papa Ratti consacra la Commedia come un’opera di fede e se ne avvale come auctoritas a supporto delle argomentazioni dei suoi discorsi. Ad imitare il suo esempio è Pio XII, in cui si nota una fitta trama di allusioni desunte dall’Alighieri soprattutto nei discorsi rivolti alla Pontificia Accademia delle Scienze (di cui era membro onorario). Queste prolusioni finiscono inevitabilmente per riflettere sulla vastità dell’universo, sede e immagine di Dio attraverso l’utilizzo della fonte dantesca. Diversa è la fruizione di Dante da parte di Angelo Roncalli, il cui nome si lega inequivocabilmente al Concilio Vaticano II e all’esigenza di un rinnovato dialogo con il mondo intero, sicché anche la sua ricezione del poeta di Firenze si può ascrivere a questo desiderio di un più agevole confronto con la contemporaneità. Anche se in realtà, nel corpus degli scritti del pontefice, sia in quelli ufficiali che in quelli destinati alla scrittura privata, non se ne conserva una memoria significativa. Vero e proprio punto di svolta nella lunga vicenda della ricezione dantesca è la lettera apostolica Altissimi cantus, che Paolo VI divulga il 7 dicembre 1965 in occasione del VII centenario della nascita di Dante. In essa il pontefice non esita ad appellare il sommo poeta con l’epiteto di teologo perché ha saputo comunicare le verità di fede servendosi della bellezza del verso. È, quella di papa Montini, una forte presa di posizione che innalza l’Alighieri al ruolo di maestro delle cose di Dio. Non a caso le citazioni del poema abbondano quando affronta temi particolarmente rilevanti, come l’amore di Dio; oppure quando parla del giubileo; numerosi sono poi i documenti che riflettono sul significato simbolico della città di Roma (in cui, a sostegno delle argomentazioni, viene citato If II 22-24 e Pg XXXII 102, evidenziando il significato provvidenziale che il poeta attribuisce all’Urbe). Albino Luciani è ricordato dalla storia per il suo brevissimo pontificato, ma pur nella esiguità dei documenti del suo magistero, la fonte dantesca non passa sotto silenzio: l’Alighieri, infatti, è uno degli autori più citati dal papa bellunese. La prima interessante presenza si nota nella raccolta, pubblicata nel 1976, sotto il titolo di Illustrissimi. Lettere del Patriarca, in cui non mancano riferimenti danteschi espliciti, tra i quali i più interessanti si ravvisano nella lettera indirizzata a Casella, amico di Dante e personaggio della Commedia. Tra i documenti che precedono l’elezione al soglio di Pietro, il più interessante è il messaggio quaresimale del 31 gennaio 1978, che risulta essere un vero e proprio microsaggio sul Purgatorio, perché il suo esordio trae spunto proprio da questa cantica. Durante il periodo del pontificato, Giovanni Paolo I, sceglie di citare Dante nell’udienza generale del 20 settembre 1978, richiamando alla memoria l’esame teologico sulla speranza che il poeta affronta nel paradiso (Pd XXV). Se per Paolo VI e per i suoi predecessori la scrittura dantesca assume una notevole rilevanza come auctoritas, nei discorsi di Giovanni Paolo II la vastissima gamma di citazioni, oltre che emergere nelle più svariate occasioni, predomina nelle riflessioni che hanno per argomento l’arte e il ruolo dell’artista. Nel caso del pontefice polacco tale preponderanza assume un particolare rilievo perché, prima dell’elezione papale, Wojtyla è stato drammaturgo e poeta. Il riuso di Dante si intravede non solo nei documenti ufficiali del magistero wojtyliano, ma anche nella sua produzione letteraria, in cui, al di là delle tracce intertestuali (irrisorie a mio parere), è possibile un accostamento a Dante, considerando non solo la concezione del ruolo del poeta e della poesia, ma anche lo sviluppo di alcuni nuclei tematici, ad esempio: il legame con le terra natia; la ricerca problematica di Dio; l’attenzione alla storia contemporanea considerata nella prospettiva escatologica; l’incontro con l’uomo, la concezione dell’io autoriale come “poeta visionario”. Si possono notare anche confluenze dal punto di vista stilistico come, ad esempio, l’insistenza sulle sfere semantiche dell’acqua, del fuoco, della luce, del viaggio, e ciò soprattutto nell’ultimo lavoro poetico, risalente al 2003: il Trittico romano. Interessanti sono anche i documenti ad argomento prettamente dantesco. Tra questi, molto significativa è la lettera indirizzata a Mieczyslaw Kotlarczyk, datata 27 maggio 1964 e risalente al periodo in cui Karol Wojtyla era vescovo di Cracovia. Come già nel magistero dei suoi predecessori, anche nei documenti di Giovanni Paolo II le presenze dantesche non sono sporadiche e casuali: numerosissime sono quelle mariane, (desunte essenzialmente da Pd XXIII 73-74, Pd XXIII 88-89 e Pd XXXII 85-87, da Pd XXXIII 1-18). Tra le citazioni ricorrenti si annovera quella riferita all’Ulisse dantesco (If XXVI 118-120) e quella che descrive la scelta ascetica di san Pier Damiani (Pd XXI 117). La Commedia non è ignorata neanche da papa Ratzinger. È esemplare in tal senso il messaggio per l’incontro promosso dal Pontificio Consiglio Cor Unum, il 23 gennaio 2003 in cui il pontefice, sin dall’esordio, afferma di aver attinto da Dante lo stimolo per elaborare l’intera prolusione. La fonte dantesca è, inoltre, ridondante nei discorsi mariani: è come se i luoghi topici della mariologia dantesca avessero delineato in modo talmente ineguagliabile il profilo di santità della Madre divina, da pretendere di essere richiamati alla memoria, proprio per la loro ineguagliabile bellezza. «THAT ROME WHERE CHRIST IS ROMAN» THE RECEPTION OF DANTE BY THE CONTEMPORARY PONTIFICAL MAGISTERIUM In a climax of polemics between Catholics and non Catholics, in the last years of the Union of Italy, when the Italian patriots were inclined to define the political conception of Dante Alighieri as a sort of anticlerical Ghibellinism, Leo XIII chose to dialogue with society, planning a reform of Catholic culture based on Thomistic philosophy. Just a philosophy constitutes the inescapable assumption of his reception of Dante. In fact Leo XIII is «a Dante soul», according to a definition of Father Semeria, most of all for the relevant consonance between his social thought and Monarchy (thanks to his intervention, Dante’s treatise was absolved from the heterodoxy accuse, excluding it from the Prohibited Books). As Dante, even pope Pecci takes part in the debate about the relationship between Church and State, through a “secular” thought on political power and a support of the reciprocal independence of the two Institutions. When the old pope died, Pius X becomes pope, as an attentive reorganizer of the Roman Catholic Catechism and a supporter of a new pastoral conception, that considers any cultural instrument, even Dante’s work, functional to the Catechetic exigency. Therefore the pope forwards the preparatory initiatives to the commemoration of the sixth centenary of Dante, among which one of these is really close to his pastoral guidelines. It is a work of synopsis and comparison between the text of the pope’s Catechism and Dante’s work, which in such a way is fragmented to support both the Catechesis statements and the perfect coherence of the poet to Catholicism. The work, which is signed under the name of Minimum Priest in Christ, is entitled The Most Beautiful Memory of the 6th Centenary of Dante, or Catechism of the Christian Doctrine Published under the Order of His Holiness Pius X, well thought- out and studied with Dante. The encyclical of Benedict XV In praeclara summorum, in which for the first time the poet is called “beloved son of the Catholic faith” represents a watershed in the revaluation of Alighieri by the pontifical Magisterium. In the wake of his predecessor, even though in different ways, it is based the “re-use “ of Dante’s work, which is made by Pius XI, who reports a great quantity of quotations in his official documents. It is particularly evident when the pope thinks about the Roman essence of the Church, solving “the Roman question” as the necessary collaboration between the spiritual power and the political power. Rome (the residence of the Pope and the old capital of Roman Empire) is, in fact, a symbol of such a collaboration and it represents the City of God, according to the exegesis of Pg XXXII 102 («of that Rome where Christ is Roman»); it is the most favourite and many times quoted statement by pope Ratti. Thanks to Pius XI Dante is, for the first time and in a significant way, re-used and read critically. In fact, the pope considers the Comedy as a work of faith and an auctoritas supporting the quotations of his speeches. Pius XII imitates his predecessor, through a lot of references to Dante most of all in his speeches to the Pontifical Academy of Sciences (he was its honorary member). His speeches inevitably consider the greatness of Universe, adobe and image of God, by the use of Dante source. It is different the fruition of Dante by Angelo Roncalli, whose name is linked to the Second Vatican Council and to the necessity of a new dialogue with the entire world. Therefore his reception of the Florence poet is based on the desire of a higher comparison with the contemporary society, even if actually, there is not a significant memory of it in the corpus of the papal works, both the official and the private ones. A further novelty in the long matter of the reception of Dante is represented by the encyclical Altissimi cantus that Paul VI published on 7th December 1965, during the sixth centenary of Dante’s birth. In it the Pope does not hesitate to call the poet with the epithet of “theologian”, which can be rightfully attributed to him, as Dante has been able to communicate the truth of the faith through the greatness of his verses. A clear resolution is that of pope Montini, who elevates Dante to the role of Master of God’s things. In fact there many quotations of the poem when he deals with relevant topics. There are also many documents, which contain the symbolical meaning of the city of Rome (for whose support If II 22-24 and Pg XXXII 102 are quoted to underline the providential meaning that the poet attributes to the Urbe). Albino Luciani is remembered for his short Pontificate, but even in the few documents of his magisterium Dante source is relevant: in fact Alighieri is one of the most quoted authors by the Pope form Belluno. The first most interesting quotations are in the collection, which was published in 1976 with the title of Illustrissimi. Letters of the Pope Jhon Paul I, in which there are Dante’s references, especially in the letter to Casella, one of Dante’s friends and one of the characters of the Comedy. The Lenten Message on 31st January 1978, which is a concrete micro-essay on Purgatory, is the most significant document and previous to his coming to the papal throne. During the pontificate John Paul I chooses to quote Dante in the general audience on 20th September 1978, calling back to memory the theological analysis on hope, which the poet deals with in the cantus XXV of Paradise. If according to Paul VI and his predecessors, Dante’s works represent an auctoritas, in the speeches of John Paul II the great quantity of statements in different situations, is particularly relevant in his comments about art and the role of artist. With reference to the Polish Pope such a greatness of quotations has a particular importance as Wojtyla was a dramatist and a poet before his election. Such a “re-use” is present not only in the official documents of his magisterium but also in his literary production. Apart form Dante explicit references (in my opinion they are few), the “re-use” permits an approach to Dante not only on the conception of the poet and poetry, bur also on the development of some nuclear themes such as: his linking to the homeland; the problematic research of God; the attention to contemporary history in an eschatological way; his meeting with human world; the conception of authorial ego as “visionary poet”. It is also possible to notice comparisons from a stylistic point of view, for example the lack of semantic spheres of water, fire, light and journey in the last poem the Roman Triptich in 2003. The documents containing a purely Dante subject are very interesting; among which the letter to Mieczyslaw Kotlarczyk, on 27th May 1964, when Karol Wojtyla was Bishop of Krakow, is really significant As in the magisterium of his predecessors, even in the documents of John Paul II, Dante references are not isolated and casual: Marian quotations are numerous (particularly from Pd XXIII 73-74, Pd XXIII 88-89, Pd XXXII 85-87, Pd XXXIII 1-18). Other recurring quotations are those which refer to Dante’s Ulysses ( If XXVI 118-120) together with the one which describes the ascetic choice of san Pier Damiani (Pd XXI 117). Moreover Pope Ratzinger does not ignore The Comedy, as we can notice from the message for the meeting promoted by the Pontifical Council Cor Unum on 23rd January 2003. In it the Pope admits that he has taken from Dante the inspiration to write the message itself. Dante source is abundantly present in Marian speeches: it is as the topoi of Dante Mariology have described the sanctity of the divine Mother in such perfect ways pretending to be called back to memory and to be lived in their inimitable beauty.
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Banella, Laura. "Fortuna e tradizione di un'edizione d'autore: Boccaccio e la "Vita nuova" di Dante". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3424042.

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Resumen
The dissertation is an interdisciplinary study of the reception of Giovanni Boccaccio's edition of Dante's Vita nuova, which Boccaccio transcribed in two manuscripts (Toledo, Biblioteca Capitolare, ms. 104.6, cc. 29r-46v; BAV, ms. Chigiano L V 176, cc. 13r-28v). The goal has been to accomplish a study in material philology that not only tells the story of a manuscript tradition, but also analyzes the visual poetics of every extant copy. I have also explored more general questions regarding the relationship between history of literature, history of tradition and textual criticism, while also offering critical insights on Dante's Vita nuova itself. My study began with the detailed analysis of the two transcripts by Boccaccio in order to determine how he interpreted Dante's work and to understand the relation between text, genre and mise en page. I then examined the large group of the Vita nuova's codices descripti arising from the two transcripts by Boccaccio, to determine how such a complex edition was later received and acknowledged by readers and scribes. The other great goal has been trying to define how Boccaccio's influence related to Dante's reception from XIVth to XVIth century, and its impact on the dissemination of Dante's work in Italian culture. I also studied the textual relationships between Boccaccio's copies, challenging Guglielmo Gorni's claims that Boccaccio's two witnesses could be collateral.
La tesi è uno studio interdisciplinare della ricezione dell'edizione di Giovanni Boccaccio della Vita nuova di Dante, che il Certaldese copiò almeno due volte (Toledo, Biblioteca Capitolare, ms. 104.6, cc. 29r-46v; BAV, ms. Chigiano L V 176, cc. 13r-28v). Si tratta di uno studio di filologia materiale che, analizzando la poetica visuale insita in ogni copia, ha l'obiettivo di trovare una risposta ad alcuni interrogativi più generali riguardanti le relazioni tra storia della letteratura, storia della tradizione e critica del testo, dando anche qualche conoscenza critica in più sul prosimetro stesso. La tesi si compone di cinque capitoli. Vi è uno studio preliminare della tradizione testuale del prosimetro dantesco, in cui si discute l'ipotesi di Guglielmo Gorni per cui, a differenza di quanto sostenuto dal Barbi, i due codici boccacciani sarebbero collaterali, arrivando alla conclusione che non si può parlare di collateralità, ma che è possibile avanzare l'ipotesi che vi sia stata contaminazione tra le molteplici copie della Vita nuova presenti sullo scrittoio del Boccaccio. Anche in conseguenza di ciò, si propone inoltre una modifica dello stemma che vede lo spostamento del ms. K2 a un livello stemmatico più alto. Vi sono poi quattro sezioni dedicate allo studio puntuale della tradizione derivata dai mss. del Certaldese: il cap. II propone un'analisi dettagliata delle due trascrizioni della Vita nuova di mano del Boccaccio; nel cap. III è stato comparato l'operato editoriale del Certaldese con i testimoni antichi del prosimetro posti sullo stesso livello stemmatico; infine, nel cap. IV sono stati esaminati tutti i codices descripti derivanti dalle due copie boccacciane del "libello". Il cap. V è poi dedicato a un'analisi critica delle questioni e dei problemi emersi nello studio della tradizione, tra cui: la figura dell'editore in epoca medievale, il raggio d'influenza della testa di serie e la possibilità o meno di imporre alla tradizione un determinato allestimento del testo, la diffusione dell'edizione del Boccaccio e in particolare il rapporto dei letterati con essa dal Trecento al Cinquecento. Nell'Appendice si fornisce una sintetica scheda descrittiva di ogni manoscritto e la trascrizione diplomatica del testo della Vita nuova nei due mss. del Boccaccio.
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FABBI, ANDREA. "La ricezione di Ezra Pound in Italia". Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11573/875949.

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Resumen
La figura di Ezra Pound rappresenta ancora oggi un caso letterario, ed umano, di carattere internazionale, che in Italia assume dei risvolti ancora più complessi ed intricati. Questo per determinati motivi, come ad esempio il fatto che il poeta americano elesse come seconda patria, tanto da desiderare di venirvi sepolto, l'Italia; oppure, ed è questo forse l'elemento più importante, per quello che si può definire come l'asse portante della sua produzione poetica e saggistica dagli anni '20 in poi, rappresentato proprio dalla cultura italiana, dal suo paesaggio, dalla sua storia, dalle sue vicende politiche. Non è un mistero il fascino che su di lui esercitò il regime fascista, tanto da condurlo a condividere le posizioni del ventennio e lo spirito della Repubblica Sociale Italiana; meno note, e degne di un'analisi più approfondita, le motivazioni attraverso le quali condivise l'ideologia fascista, ed i suoi punti di disaccordo con quest'ultima. Questa forse è una carenza, da parte della critica italiana: il non riuscire ad osservare con uno sguardo il più puro possibile, con uno sguardo libero da connotazioni di ogni sorta, lo stentare ad arrivare al nucleo delle questioni che, nel caso di un poeta, è la sua produzione poetica. Potrebbero costruirsi decine di paralleli per spiegare tale giudizio e motivarlo, ma non essendo questo il luogo deputato a farlo, basti solo qualche esempio. Il primo, attualissimo, è legato alla figura di Martin Heidegger. Cedendo alla tentazione dell'interpretazione secondo l'unica categoria dello Storico, diviene automatica la condanna che, però, dallo Storico fuoriesce, divenendo etica: se eticamente si considera errata un'idea, il facile sillogismo conduce alla condanna di ciò che produce chi quell'idea condivide, chi la vive. Il sillogismo, formalmente corretto, si presenta però come un paralogismo, nel momento in cui si riconosce la necessità di sospendere ogni forma di giudizio storico ed etico, e si tenta l'ingresso nel merito della produzione filosofica, nel caso di Heidegger, o nella categoria dell'estetico, nel caso di Pound. La posizione di partenza di ogni tipo di riflessione legata alle produzioni materiali ed immateriali degli esseri umani dovrebbe essere sempre animata dallo spirito dell'epoché, che permette il distacco necessario per un'analisi completa e più corretta possibile. Il danno che si può arrecare alla critica, alla storia della letteratura, alla storia dell'arte in generale, si rintraccia nella popolare locuzione del “gettare il bambino con l'acqua sporca”1: si è analizzato tutta una produzione ed il suo contesto con il necessario distacco, con il necessario approfondimento, sospendendo quei pre – giudizi che sì, animano le modalità di conoscenza dell'uomo, ma che nel momento in cui passano ad un livello di inibizione rispetto alla conoscenza stessa, impediscono di estrapolare un giudizio sincero ed onesto? Come detto, di casi simili ne esistono a decine; si pensi a Louis Ferdinand Céline, a Gottfried Benn, a Yukio Mishima, a Mircea Eliade, a Ernst Jünger, a Carl Schmitt, a Werner Sombart, ed in Italia Giovanni Gentile, Curzio Malaparte, Ardengo Soffici, Ugo Ojetti, e moltissimi altri. Tale problematica, che in Italia ha assunto delle caratteristiche marcatissime2, necessita di una nuova lettura, di una revisione corretta, completa, distaccata: non può esistere condanna etica nel tentativo di recupero degli elementi estetici (nel caso di Pound e degli altri artisti), o filosofici, in soggetti che eticamente sono stati condannati, e verso i quali si può condividere la condanna. Ovvio appare quanto il giudizio della critica italiana sia stato condizionato, in maniera più pesante rispetto al resto del mondo, dal fatto che Pound condivise l'ideologia fascista e visse il Ventennio da sostenitore; condizionato ancora nell'attualità, però, dal momento in cui un'organizzazione di smaccata ispirazione fascista, CasaPound Italia, assume il suo nome per connotarsi politicamente in direzione di un fascismo del terzo millennio. Lo sforzo critico risiede proprio in una presa d'atto del fascismo poundiano, e successivamente nell'analisi distaccata rispetto alla sua produzione, ed alla sua ricezione da parte della critica. In merito a questo aspetto, si è ritenuto utile prendere come punto di riferimento metodologico la Fenomenologia, che pone alla base di ogni riflessione lo strumento dell'epoché, ovvero la sospensione del giudizio, l'attenzione alla cosa in quanto tale, l'apertura ad ogni stimolo esterno, ad ogni aspetto che possa integrare un sistema per farlo funzionare in modo più accurato, in un'ottica di totale laicità nei confronti dell'oggetto analizzato. Parlando di ricezione, il rimando sarà anche alla Scuola di Costanza, che tenta lo spostamento del focus dell'analisi del fatto letterario verso il ricettore ed il pubblico, piuttosto che verso l'opera in sé. Guardando all'Italia, la figura di Luciano Anceschi possiede un doppio legame con la figura di Ezra Pound e con i presupposti teorici del seguente lavoro. Il suo modello critico, legato all'apertura del sistema metodologico ed alla fenomenologia (in particolare alla lezione del suo maestro Antonio Banfi e, per altri versi, alle riflessioni di Luigi Pareyson), rappresenta un fondamento per una critica del fenomeno letterario che risulti aperta, distaccata, non animata da pregiudizi politici ed etici; dall'altro lato, Anceschi fu uno dei grandi introduttori della poesia poundiana nella cultura italiana, fornendo una lezione che sarà fondamentale per la stagione poetica della Neoavanguardia. Si osserverà, infatti, quanto Pound sia presente nei decenni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, in particolare in due poeti fra i principali esponenti del Gruppo '63, come Edoardo Sanguineti ed Elio Pagliarani; in un versante diverso, si avrà modo di analizzare anche il turbolento rapporto fra Pound e Pier Paolo Pasolini che, partendo da un giudizio sostanzialmente negativo, giungerà ad una riabilitazione del poeta e ad un giudizio positivo. Non si voglia vedere nel presente lavoro un tentativo di negazione di ciò che Pound ha scelto, di quello che ha rappresentato, delle sue posizioni ideologiche e politiche. Il tentativo sarà esclusivamente quello di analizzare, nella maniera più completa possibile, il suo rapporto con l'Italia, in ogni suo aspetto, con la giusta profondità, rispondendo ad una necessità di chiarezza intorno alla figura del poeta americano. Lontano dall'essere agiografico, e dal non sottolineare le sue posizioni ideologiche, dall'altro lato vi è il bisogno di ricercare e comunicare alcuni aspetti che raramente sono stati sottolineati, e quasi mai assunti come elementi fondamentali dell'esperienza poetica, politica ed esistenziale di Ezra Pound. Non potendo raggiungere la massima obiettività, in quanto metodo critico ed onestà intellettuale impongono la negazione della pretesa di questa, si cercherà quanto meno di avvicinarcisi, tentando la strada della raccolta complessiva dei giudizi (anche quelli che, a volte, possono apparire come più fragili e meno fondati) e della loro analisi, in quanto è presupposto fondamentale, in quest'idea di critica letteraria, il fuggire la tentazione della riduzione semplicistica, dell'adeguamento al giudizio consolidato, credendo che la revisione continua dei giudizi e delle categorie sia esercizio vitale per la disciplina stessa.
The figure of Ezra Pound represents, in Italy, a difficult critical case, especially beacuse of his involvement with the Fascist regime. This work, that has for theoric bases and methodology on a side the premises of Husserl's phenomenology and its consequences, like Gadamer's hermeneutics and the figure of H.R. Jauss and his aestethic of reception, and on the other side the social aspect of the reception of the readers, focuses on basically three perspectives: the political reception of the figure of Ezra Pound in Italy, starting with the Fascism, passing through the Neofascism of the 70's and arriving to the contemporary neofascists positions of CasaPound Italia; the central part of the work is a review and analysis of the critical reception from the 30's til the contemporary studies; the last part is about the influences of Ezra Pound poetry on italian poetry, especially in the 50's and 60's, with the selection of three case studies: Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Pier Paolo Pasolini.
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Simone, Andrea. "Dante in scena. Percorsi di una ricezione: dalla fine dell'Ancien Régime al Grande Attore". Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1152148.

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Resumen
La ricerca ricostruisce, nel mare magnum degli studi danteschi, la storia della fortuna scenica e performativa del poema nel corso del XIX secolo, rintracciandone le origini, le cause e le specifiche modalità di fruizione, fra prassi esecutive e influenze culturali, sondate sia all’interno che fuori dai confini nazionali, in particolar modo oltremanica. Il fenomeno è osservato nella sua ampiezza e nella sua evoluzione storica attraverso indagini bibliografiche e archivistiche che ripercorrono le principali tappe italiane ed europee di questa diffusione, da cui emerge la costante di una peculiare trasmissione orale-aurale che ha conosciuto un ininterrotto successo dal Trecento fino ad oggi. È proprio seguendo la via dell’oralità e del consumo orale-aurale della Commedia che si vuole tracciare una mappa della sua fortuna e della sua ricezione in ambito performativo, in particolare nel cruciale passaggio tra i secoli XVIII e XIX, con uno sguardo volto all’indietro, vale a dire a una possibile storia della trasmissione “a viva voce” a partire dai secoli a torto definiti “senza teatro”, e uno in avanti, cioè alle performances otto e primo novecentesche. La “recitazione pubblica” del poema è dunque al centro dell’indagine la cui fondamentale acquisizione consiste nell’aver mostrato che le pratiche performative extra-drammatiche, alimentate dalle terzine dantesche, reagiscono ai mutamenti storici e alle attese del pubblico, delineando drammaturgie parallele e autonome rispetto a quelle dei generi teatrali.
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Hasmik, Vardanyan. "Dante nella letteratura armena del Novecento". Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/11562/1062971.

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Giacoponi, Liliana. ""Pisa. Solitudine di un impero". La ricezione della cultura medievale nell'opera di Rudolf Borchardt". Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1173435.

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Resumen
Lo studio analizza criticamente l’ambiziosa opera "Pisa. Ein Versuch", composta da Borchardt negli anni dell’esilio italiano e pubblicata nel 1938. La ricerca ha indagato la peculiare ricezione del Medioevo e della sua cultura nell’opera borchardtiana, restituendo importanza al vasto panorama di studi filologici e storici sottesi al testo e, attraverso una solida contestualizzazione, ha evidenziato al contempo l’isolamento intellettuale dell’autore. Colloqui con esperti e docenti delle università di Firenze, Bonn, Parigi e Pisa hanno permesso di definire lo spessore delle competenze linguistiche, filologiche, storiche, letterarie e di storia dell’arte che Borchardt dispiega nel testo e che non erano state debitamente considerate. Grazie alle indagini archivistiche è stato possibile enucleare il peso della lettura filologica delle liriche dei trovatori provenzali che l’autore affianca a una notevole riflessione sull'opera di Giovanni Pisano. La ricerca ha colto così il respiro europeo nel quale si inserisce l’opera borchardtiana. La dissertazione, suddivisa in sei capitoli, esordisce con l’analisi di un testo sulle città italiane in cui l’autore prende posizione a favore di un’immagine dell’Italia la cui intrinseca natura può essere colta soltanto ai margini del processo di modernizzazione. La ricerca ha inoltre sottolineato quanto rilevante sia stata l’ascendenza humboldtiana nella definizione del rapporto fra ambiente naturale e civiltà umana, così cruciale in Borchardt. Lo studio esamina quindi la connessione fra stile architettonico, stile di vita, arte figurativa e poesia mettendo in luce come l’autore comprenda questi aspetti quali diretta emanazione della civiltà imperiale romana. A questo assunto la ricerca collega l’imponente impresa traduttiva affrontata da Borchardt nel trasporre la Commedia dantesca in un tedesco arcaico che dovrebbe restituire l’alterità di Dante rispetto alla cultura moderna. Quindi la dissertazione ricostruisce la genesi di "Pisa, Ein Versuch" a partire dai saggi e dagli interventi pubblicistici della seconda metà degli anni Venti, che convergono nel progetto di fondazione di una nuova “Mittelalterliche Altertumswissenschaft”. Nel circoscrivere i lineamenti di questa nuova disciplina viene opportunamente esaminato il decisivo influsso esercitato da Stefan George sul pensiero e sulla sensibilità poetica di Borchardt. Nella sezione centrale della tesi prende forma la visione borchardtiana di Pisa città imperiale che l’autore oppone al campanilismo comunale inserendola così in una prospettiva sovranazionale tutta proiettata verso il futuro e l'Europa. Al centro di questa analisi troviamo le figure di Arnaut Daniel, Giovanni Pisano e Federico II imperatore del Sacro Romano Impero. Un suggestivo spunto di lettura ha permesso di contrapporre la visione della romanità imperiale, quale ereditata da Pisa, alla coeva visione fascista della romanità, alla quale mai si piegherà il filologo e lo studioso. Nell’ultima sezione viene ricostruita l’immagine del Medioevo proposta da Borchardt che se risente fortemente della lezione di Stefan George e delle sollecitazioni del George- Kreis, si riallaccia tuttavia alla lettura novalisiana dell’Europa medievale. Al contempo lo studio evidenzia in che modo l’analisi che Borchardt propone della Pisa medievale sospinta ai margini del percorso storico, assume tratti fortemente personali: Pisa e la sua “Causa victa” costituiscono di fatto una proiezione autobiografica dell’autore che mette in risalto la vicenda dell’uomo e dell’intellettuale Borchardt nella sua sempre più dolorosa solitudine, fino alla morte che lo coglierà durante la deportazione. This study investigates the ambitious work "Pisa. Ein Versuch" that Rudolf Borchardt composed during the years of the Italian exile and published in 1938. The research aims at returning the significance this writing deserves providing a critical analysis of the peculiar reception of the Middle age and its contemporary culture in Borchardt’s work, focusing on the large philological and historical background underlying the text. The study presents an unavoidable and solid contextualization highlighting the intellectual isolation of the author. Conversations with experts and Professors of the Universities of Florence, Paris Sorbonne, and Bonn enabled establishing the depth of the linguistic, philological, historical and literary knowledge the author deploys in this text, which had not been brought into focus so far. Thanks to a precise archival survey the study has shown the importance of the extraordinary reflection on the Provencal Troubadours that Borchardt carries out by linking their poems to the masterpiece by Giovanni Pisano, hosted in the Duomo of Pisa. The study has thus demonstrated the European profile of Borchardt’s work. The research is divided in six chapters, the first chapter provides both a textual and contextual analysis of a writing Borchardt dedicates to Italian towns, where he strongly identifies the possibility of discovering the true nature of the Italian landscape only at the edge of the incessant modernisation process. The inquiry has highlighted how crucial was for Borchardt the influence of Humboldt’s vision with relation to the definition of natural habitat and human civilization. Furthermore, the research examines all the references Borchardt develops in a network where he associates the Italian architectural style with the Italian life-style, figurative art with poetry and shows to what degree all these aspects of the Italian culture and life are derived from the Imperial Roman society. The connection with the Latin culture conducts the research to examine the impressive work of translating the “Divina Commedia” into a medieval archaic German, language that Borchardt himself created, in order to highlight the alterity of Dante in relation to modern culture. The study reconstructs the genesis of the text “Pisa. Ein Versuch” starting from the essays and the public speeches Borchardt held during the second half of the Twenties, all of which converge on the project of the constitution of a new “Mittelalterliche Altertumswissenschaft”. In specifying the features of this new discipline, the study provides an extensive examination of the influence exercised by Stefan George on the thought and on the poetic sensitivity of Borchardt. The central section of the research outlines and discusses Borchardt vision of Pisa as imperial town, opposing the communal parochialism to a multinational or extranational vision that projects Pisa into the future and towards Europe. At the centre of this idea are the characters of Arnaut Daniel, Giovanni Pisano and the Holy Roman Emperor Frederick II. A suggestive reading made possible a confrontation aimed at opposing the conceptual framework of the imperial Romanitas as inherited by Pisa, to the contemporary fascist vision of the Romanitas whose historical ideal the philologist and cultivated author would never accept. The last section of the study discusses the image of the Middle age that Borchardt proposes in his book, showing that if the influence of George and the George-Kreis is clearly evident, Borchardt’s ideal is much more connected to the notion of medieval Europe as evoked by Novalis. At the same time, however, he marks a break with the external influences, proposing a personal interpretation of the story of Pisa, a town that political events has driven to the margins of history and now takes on personal aspects of the author: Pisa and its “Causa victa” embody the biographical condition of the author, evidencing the human drama of Borchardt both as an intellectual and as a man in his more and more sorrowful loneliness, until death took him during the deportation towards Germany.
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Libros sobre el tema "Ricezione di Dante"

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Domenico, Cofano, ed. Dante nei secoli: Momenti ed esempi di ricezione. Foggia: Edizioni del Rosone, 2006.

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Dante e Vico: La teologia politica di Dante : capitoli della ricezione dantesca. Roma: Aracne, 2021.

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Lombardo, Luca, Diego Parisi y Anna Pegoretti. Theologus Dantes. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2018. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-298-7.

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I contributi raccolti in questi Atti offrono una rappresentazione varia e articolata dei rapporti tra l’opera di Dante Alighieri e la cultura teologica tardomedievale, osservata in alcuni suoi aspetti fondamentali e con un’attenzione particolare all’esegesi antica della Commedia. I temi trattati coprono uno spettro ampio di problemi: la presenza dell’eresia nel poema; la presunta eterodossia dello stesso Dante; i riferimenti alla Croce e alla Passione, esaminati alla luce delle dottrine teologiche e delle pratiche devozionali del tempo; l’influsso esercitato dalla cosiddetta ‘mistica affettiva’ sulla riflessione poetologica dantesca; il problema della creazione e resurrezione dei corpi; l’apparentamento tra teologia e cielo Empireo proposto nel Convivio; l’arduo tema della visione profetica, indagato a partire dall’Epistola a Cangrande. A episodi ancora poco noti della ricezione del poema dantesco sono dedicati gli ultimi due contributi: le chiose dell’Anonimo Teologo al Paradiso e la presenza di Dante nei sermoni quattrocenteschi di Gabriele Barletta e Paolo Attavanti.
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La danza nelle corti di antico regime: Modelli culturali e processi di ricezione fra natura e arte. Bari: Edizioni di Pagina, 2012.

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Ricezione Di Dante Alighieri : Impulsi e Tensioni: Atti Del Convegno Internazionale All'Universita Di Urbino, 26 e 27 Maggio 2010. Lang GmbH, Internationaler Verlag der Wissenschaften, Peter, 2011.

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Capítulos de libros sobre el tema "Ricezione di Dante"

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Danilchyk, Aksana. "La “ricezione” di Dante nella letteratura bielorussa". En Biblioteca di Studi di Filologia Moderna, 129–51. Florence: Firenze University Press, 2022. http://dx.doi.org/10.36253/979-12-2150-003-5.08.

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For Belarusian literature, the perception of Dante’s work assumes a concrete form only at the beginning of the 20th century and is linked, above all, to the names of Janka Kupala and Maksim Bahdanovič. The literary group “Uzvyšša”, established in Belarus in 1926, and the work of Jasep Pušča ushered in the second wave of interest in Dante. After the war we find Dante’s reception in the work of Uladzimir Karatkevič, Maksim Tank and others. Finally, in 1997 comes the first translation into Belarusian of the Divine Comedy by Uladzimir Skarynkin, who also translated Vita Nova in 2011. The translation from Latin of Dante’s treatise De vulgari eloquentia was completed by the author of this article and published in 2004.
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Špička, Jiří. "La ricezione di Dante in Cechia dopo il 1989". En Biblioteca di Studi di Filologia Moderna, 175–91. Florence: Firenze University Press, 2022. http://dx.doi.org/10.36253/979-12-2150-003-5.11.

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After 1989, the reception of Dante in the Czech Republic was no longer determined by the ideological control of the regime and became part of an open cultural context, competing with other themes and authors. The milestones of this new era were a new complete translation of the Comedy and the first complete translation of the De vulgari eloquentia, accompanied by other occasional initiatives, the production or translation of texts for the study of Dante and partial translations of Dante’s works. The weak point of reception remains the absence of Dante in school curricula.
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Lazarević Di Giacomo, Persida. "La ricezione di Dante presso i serbi (1991-2021)". En Biblioteca di Studi di Filologia Moderna, 205–24. Florence: Firenze University Press, 2022. http://dx.doi.org/10.36253/979-12-2150-003-5.13.

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This paper examines the reception of Dante among Serbs in the period between 1991 to 2021. It focuses on the complex state of Serbian Danteology in the crucial historical period in which Yugoslavia was beginning to crumble and Serbia was subjected to sanctions and isolated from the world, and which also includes the NATO bombings. The examination concludes in 2021, which coincides with the 700th anniversary of Dante’s death. The paper focuses primarily on translations of Dante’s works (mostly the Divine Comedy) by two Serbian translators, Dragan Mraović and later Kolja Mićević, but also on republished translations such as those by Dragiša Stanojević and Mihovil Kombol. The Serbian studies and theatrical performances of Dante’s work are also considered.
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Gambacorti, Irene. "Il Dante degli scapigliati, tra ricerca stilistica e paradigma esistenziale". En L'illustre volgare, 111–29. Firenze: Società Editrice Fiorentina, 2022. http://dx.doi.org/10.35948/dilef/978-88-6032-685-0.07.

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Il saggio esamina la ricezione dell’opera di Dante da parte dagli scrittori dell’area scapigliata, analizzando in particolare testi, in versi e in prosa, di Emilio Praga, Carlo Dossi e Arrigo Boito, per mostrare in che modo la figura del Poeta divenga da un lato esempio e stimolo per la loro inquieta ricerca artistica, dall’altro figura di riferimento di valore etico ed esistenziale.
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Šavelová, Monika. "Dante e la Slovacchia: traduzione, ricezione e studi danteschi dopo il 1989". En Biblioteca di Studi di Filologia Moderna, 193–204. Florence: Firenze University Press, 2022. http://dx.doi.org/10.36253/979-12-2150-003-5.12.

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Resumen
The aim of the paper is to outline the main developments in research, translation and reception of Dante’s work in Slovakia after 1989. The period in question is particularly significant for the overall evaluation of the translation and reception of Dante’s work from the 19th century and for the basis of the comparative translation and literary research of the last decade, including new translations.
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Graziani, Michela. "La prima traduzione portoghese della «Commedia». Note paratestuali". En L'illustre volgare, 67–87. Firenze: Società Editrice Fiorentina, 2022. http://dx.doi.org/10.35948/dilef/978-88-6032-685-0.05.

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Il lavoro intende presentare la prima traduzione portoghese della Commedia, di epoca moderna e contemporanea, focalizzando l’attenzione sulle informazioni paratestuali in essa contenute per comprendere il lavoro traduttologico intrapreso dall’autore e il forte legame da ciò derivato con il cattedratico fiorentino Giambattista Giuliani. La presentazione della traduzione portoghese è preceduta da una breve panoramica sulla ricezione di Dante nel Portogallo di epoca moderna, utile per la comprensione della traduzione stessa, avvenuta nel 1886.
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