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Tesis sobre el tema "Responsabilità amministrativa degli amministratori"

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Speciale, Andrea <1995&gt. "La crescita degli investimenti responsabili in Giappone: analisi dei motori amministrativi e finanziari". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16727.

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Resumen
L’elaborato si pone l’obiettivo di analizzare le cause che hanno portato ad una significativa crescita degli investimenti responsabili (socially responsible investments, SRI) negli ultimi anni in Giappone. Lo studio pone il proprio focus sul mercato giapponese e rientra nel corpus della letteratura scientifica che lo riguarda. Esso è collocabile anche nella letteratura che si occupa dell’osservazione delle iniziative amministrative e delle performance a livello globale, identificate come due delle cause della crescita delle quote di SRI, con la peculiarità di fare riferimento al già citato mercato giapponese, poco trattato in questo ambito di studi. Le iniziative amministrative nazionali e internazionali, tra cui si può citare lo Stewardship Code voluto dal governo Abe e i Sustainable Development Goals dell’ONU, hanno non solo regolamentato una pratica nuova e conosciuta a pochi, supportando così gli investitori istituzionali, ma hanno anche intensificato il dialogo sulle tematiche sostenibili, diffondendo nuovi valori etici alla base della scelta degli investitori privati. Per quanto concerne la performance finanziaria dei SRI, gli ultimi studi concordano nell’affermare che gli investimenti sostenibili non hanno performance minori rispetto a quelli ortodossi, confutando la Modern Portfolio Theory, teoria che scredita l’approccio agli SRI. In particolare, nell’ultima parte dell’analisi vengono riportati casi di studi sia di compagnie con alti valori di sostenibilità che di indici SRI giapponesi per dimostrare questa teoria. I SRI, diffusi negli Stati Uniti già dagli anni venti, furono introdotti in Giappone solo alla fine degli anni novanta in seguito a forti cambiamenti economici e sociali. Sebbene nel primo decennio di sviluppo la crescita delle loro quote sia rimasta contenuta, dal 2016 in Giappone sia gli investitori privati che quelli istituzionali hanno iniziato a dedicare una parte sempre maggiore del loro portafogli ad investimenti di tipo sostenibile.
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PUGNOLI, CRISTINA. "Reati ambientali e responsabilità amministrativa degli enti". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/42614.

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Resumen
La tesi di dottorato esamina il provvedimento legislativo che ha dato luogo ad una ulteriore modifica al d. Lgs. 231/01, estendendo la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ai principali reati ambientali (art. 25 undecies). Dopo aver approfondito il concetto di ambiente e della sua progressiva affermazione come bene giuridico meritevole di autonoma protezione, l'opera ripercorre i principi e gli istituti essenziali del diritto ambientale europeo, nonché del diritto penale europeo a tutela dell'ambiente, per poi soffermarsi sul diritto penale ambientale affermatosi nel nostro ordinamento giuridico. Infine l'autrice, dopo aver dato atto dell'introduzione dei reati ambientali nell'elenco dei reati presupposto di cui al D. lgs. 231/2001, dà atto delle novità più significative della disciplina in esame, per valutare le conseguenze dell’applicazione della nuova normativa sull’assetto organizzativo dell’impresa.
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ROSSI, MASSIMO. "La revoca degli amministratori nella società a responsabilità limitata". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/202135.

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Resumen
La disciplina italiana della società a responsabilità limitata (s.r.l.), recata nel libro V, titolo V, capo VII, artt. 2462-2483, del Codice civile, come novellata per effetto della riforma organica delle società di capitali e delle società cooperative di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, e successive integrazioni e modificazioni, regola un tipo sociale complessivamente “nuovo” rispetto al modello previgente, caratterizzato dell’equilibrio fra la perdurante natura capitalistica della s.r.l. e una significativa rilevanza delle persone dei soci e dei rapporti contrattuali fra gli stessi, che si esprime, per un verso, in un significativo ampliamento dell’autonomia statutaria e, per altro verso, nel particolare rilievo che ciascun socio assume nell’organizzazione sociale. Nonostante il legislatore delegante avesse iscritto fra i principi e i criteri direttivi della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 l’esigenza che la nuova disciplina recasse un «autonomo ed organico complesso di norme, anche suppletive, modellato sul principio della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra i soci» (art. 2, comma 1, lett. e) e f), legge delega), si rileva sovente, in dottrina, che le disposizioni novellate del codice civile, in materia di s.r.l., abbiano sostanzialmente mancato tale obiettivo, risultando lacunose sotto molteplici profili. In particolare, l’elaborato – che si articola in tre capitoli preceduti da un’introduzione e seguiti da un paragrafo conclusivo – si concentra sullo studio della disciplina concernente la revoca degli amministratori della società a responsabilità limitata, muovendo dal ricorrente rilievo che soltanto la disposizione dell’art. 2476, comma 3, c.c., dettata in tema di responsabilità degli amministratori e controllo dei soci, rechi un’espressa previsione relativa alla cessazione dell’incarico gestorio, là dove dispone che «l’azione di responsabilità è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi». Dapprima, si segnala come, a fronte del silenzio del legislatore, si sia posto il duplice problema concernente la possibilità stessa della revoca degli amministratori e l’individuazione della relativa disciplina, rilevando come risulti difficilmente sostenibile escludere il potere della società di revocare l’incarico gestorio a suo tempo affidato, essendo ciò connaturale ai principi che presiedono alla gestione di patrimoni nell’altrui interesse, anche se il dubbio residua sull’individuazione del regolamento normativo concretamente applicabile. Pertanto, vengono passate in rassegna le diverse soluzioni proposte in dottrina, osservando come l’orientamento prevalente sia nel senso di ritenere applicabile in via analogica, per lo meno nel silenzio dello statuto, il regime previsto per le società azionarie, consistente nella revocabilità ad libitum degli amministratori, fermo restando il diritto di costoro al risarcimento del danno nel caso in cui la decisione dei soci non sia assunta in presenza di una giusta causa. Tale soluzione, tuttavia, lascia insoddisfatti sotto numerosi profili e non sembra coerente con l’impianto generale della nuova società a responsabilità limitata, i cui principi ispiratori alimentano l’interrogativo sulla possibilità di applicare in via analogica, per i casi non espressamente contemplati, le regole previste per le società di persone, a partire dal riconoscimento, in capo a ciascun socio, del diritto di agire giudizialmente per ottenere la revoca per giusta causa dell’amministratore infedele. Così, muovendo dall’analisi dei principi direttivi in materia di società a responsabilità limitata iscritti nella citata legge delega, l’elaborato suggerisce di individuare la soluzione al problema summenzionato in termini coerenti con i tratti tipologici della “nuova” s.r.l. e, in particolare, con quelli della certezza del diritto e della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali fra i soci, quali traspaiono in numerosi istituti e disposizioni concernenti la nuova società a responsabilità limitata, a partire dal peculiare atteggiarsi dei sistemi di amministrazione e di controllo, che appaiono senz’altro ispirati a modelli largamente coincidenti con quelli vigenti per le società di persone e, dunque, ascrivibili, al fondo, all’archetipo del contratto di mandato. Giunti a tale conclusione, si avvia l’analisi della disciplina prevista per la nomina degli amministratori nella s.r.l., segnalando come le diverse fattispecie astrattamente configurabili richiamino tutte, significativamente, proprio lo schema normativo dell’art. 2259 c.c., dettato per le società personali, del quale, allora, si propone l’applicazione in via analogica per le ipotesi di revoca non espressamente disciplinate. Ciò nondimeno, un particolare approfondimento è dedicato al problema dell’applicazione dell’art. 2259, comma 3, c.c., a mente del quale ciascun socio può agire giudizialmente per ottenere la revoca dell’amministratore in presenza di una giusta causa. Infatti, la soluzione favorevole sembra essere suggerita, oltre che dalle predette considerazioni, anche in virtù del richiamato art. 2476, comma 3; ma, al riguardo, resistono in dottrina e nella giurisprudenza significative obiezioni alla tesi proposta: in contrario, si è notato che la possibilità di argomentare in via analogica in capo ai soci di s.r.l. il potere di promuovere l’azione individuale per la revoca degli amministratori sia destinata a incontrare un ostacolo difficilmente superabile nel dettato dell’art. 2908 c.c., a mente del quale l’autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici nei soli «casi previsti dalla legge». In particolare, secondo questo orientamento, il ricorso alla tutela costitutiva deve ritenersi ammissibile nei soli casi espressamente previsti dal legislatore. L’argomento, però, non sembra insuperabile; si segnalano, infatti, autorevoli contributi favorevoli all’interpretazione estensiva e all’applicazione analogica delle norme che prevedono l’accertamento costitutivo; e, in effetti, specie all’indomani delle aperture, in tal senso, della Corte Costituzionale nella sentenza n. 481/2005, sono numerose le pronunce di merito che neppure toccano il problema dell’art. 2908 c.c. e propendono decisamente per la configurabilità dell’azione giudiziale di revoca degli amministratori in capo a ciascun socio di s.r.l. Ciò nondimeno, l’azione cautelare introdotta con l’art. 2476, comma 3, c.c., reca numerosi profili problematici che sono oggetto di indagine nell’ambito del terzo capitolo dell’elaborato e che concernono, in sintesi, i requisiti dell’azione, la proponibilità ante causam, l’ascrivibilità al novero degli strumenti c.d. anticipatori, et cetera, dei quali si prospettano specifiche soluzioni, tutte coerenti con la conclusione che propone l’applicazione analogica alla s.r.l. dell’art. 2259, comma 3, c.c. L’elaborato si conclude con alcuni rilievi sistematici che, muovendo dalla constatazione che il legislatore, nel perseguimento di particolari finalità, mostra talora di superare la distinta soggettività della società, ora verso l’interno, ossia nel rapporto fra soci e società (come per il caso dell’azione individuale di revoca degli amministratori), ora verso l’esterno, propongono di riformulare su nuove basi la distinzione fra società di capitali e società di persone, abbandonando il risalente criterio della personalità giuridica e della conseguente organizzazione corporativa dell’ente. In particolare, si suggerisce di individuare il discrimine sul piano della partecipazione sociale; essa, mentre nelle società di persone rappresenta una posizione che, pur dotata di valore economico, esprime l’appartenenza a una organizzazione che si modifica al modificarsi del suo titolare, nelle società di capitali subisce un processo di reificazione, isolandosi come bene dotato di un valore economico proprio, autonomo sia rispetto all’organizzazione sociale, sia con riguardo al patrimonio del suo titolare, e come tale suscettibile di vicende giuridiche anch’esse autonome tanto dalla prima quanto dai secondi. Società da contratto le prime, nelle quali si sottolinea il coinvolgimento di persone, società da investimento le seconde, nelle quali viene in luce la raccolta del capitale destinato a finanziare l’impresa comune; anzi, e più precisamente: partecipazione ad un contratto nel primo caso, partecipazione ad un investimento nel secondo, se non anche, all’esito della adozione della tecnica azionaria, investimento in una partecipazione. E se, indubbiamente, la nuova società a responsabilità limitata si caratterizza per la centrale rilevanza del socio, resta connaturato al contenuto della partecipazione sociale in s.r.l. il tratto della libera circolazione della quota (art. 2469 c.c.), parimenti a quanto disposto per le società azionarie e diversamente, invece, da quanto previsto per le società di persone. Libera circolazione che segnala nell’investimento (e, specularmente, nel disinvestimento) il significato della partecipazione sociale nella società a responsabilità limitata; valore, quest’ultimo, a tal punto caratterizzante tale modello societario da essere sottratto alla disponibilità dei soci, atteso che l’eventuale previsione di limiti statutari alla circolazione delle quote che impedisca, di diritto o di fatto, il trasferimento della partecipazione sociale, implica in ogni caso il riconoscimento al socio del diritto di recesso (e agli eredi, del diritto alla liquidazione), che altro non significa che garanzia di disinvestimento.
The Italian regulation of società a responsabilità limitata (“s.r.l.”), contained in Sections 2462-2483 of the Civil Code (as modified by the organic reform of corporations and cooperative companies, pursuant to Legislative Decree No. 6 of January 17th 2003 and subsequent modifications and integrations) regulates a wholly “new” company type with respect to the former model, characterized by the balance between (a) the enduring capitalistic nature of the s.r.l. and (b) a noteworthy relevance of the shareholders’ individuality and of the contractual relationships between them; this balance is expressed, on one hand, by a significant enhancement of the autonomy of the by-laws and, on the other hand, by the particular importance that each shareholder has in the corporate organization. Even though the delegating legislature had inserted, among the principles and leading criteria of the legge delega, No. 366, of October 3, 2001, the requirement that the new regulation bring an “autonomous and organic set of rules, also supplementary, shaped on the principle of the central relevance of the shareholder and of the contractual relationships between shareholders” (Section 2, paragraph 1, letters e) and f) of the legge delega), it is often pointed out that the new provisions of the Civil Code have missed such target, resulting defective in many aspects. In particular, our thesis – composed by three chapters, preceded by an introduction and followed by a conclusive paragraph – is focused on the study of the regulation of the removal of s.r.l. directors, and starts with the consideration that only the provision of Section 2476, paragraph 3, on “responsabilità degli amministratori e controllo dei soci” (directors’ liability and shareholders’ control), contains an explicit regulation of the termination of the management office, providing that “l’azione di responsabilità è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi” (the lawsuit aimed at ascertaining the directors’ liability may be brought by each shareholder, who can also claim, in case of grave irregularities, an interim removal of the directors). Being the legislature silent on the matter, we point out the way the twofold problem of the very possibility of a removal of the directors and of the individuation of its regulation has arisen; we note that it would be difficult to argue that the company cannot revoke the management office, being such possibility implicit in the principles that govern every asset management in the interest of a third party. We then raise the question of what is the applicable regulation and we analyze the different solutions that scholars have suggested: we observe that the prevailing doctrine considers analogically applicable – at least when the certificate of incorporation and the by-laws are silent – the regulation of the società per azioni (which allows an ad libitum removal of directors by the shareholders, provided that the directors remain entitled to compensation for damages in absence of cause). However, the abovementioned solution is unsatisfactory and seems incoherent with the general regulation of the new società a responsabilità limitata. Instead, the rules of società di persone (partnerships) – starting from the power of each partner to obtain a judicial removal of the director for cause – might seem analogically applicable. Thus, moving from the analysis of the regulation, the thesis suggests solving the problem of the removal of directors in a way that is coherent with the principles of the “new” s.r.l. and, in particular, with the principles of (a) certainty of law and (b) of the relevance of the shareholders’ individuality and of the contractual relationships between them. Those principles are evident in numerous rules related to the new società a responsabilità limitata, starting from the rules on management and controls, which clearly seem inspired by the società di persone model. Moving from that conclusion, the analysis of the regulation of the nomination of the s.r.l. directors begins in the second chapter, where we point out how all the possible cases can be ascribed to the normative scheme of Section 2259 of the Civil Code (on società di persone). Therefore, we suggest the analogical application of Section 2259. In the third chapter we specifically face the problem of the applicability of Section 2259, paragraph 3, of the Civil Code (pursuant to which each partner can obtain a judicial removal of the director for cause). Indeed, the analogical applicability of that rule seems suggested not only by the previous arguments but also by the provisions of Section 2476, paragraph 3; nevertheless, scholars and courts have raised serious objections to this solution: it has been pointed out that an analogical extension to s.r.l. shareholders of the power to individually ask for a judicial removal of directors encounters an insurmountable obstacle in the provision of Section 2908 of the Civil Code, pursuant to which the judiciary power can create, modify or extinguish juridical relationships only in the “casi previsti dalla legge”. Though, the above argument does not seem crucial. Indeed, there are preeminent opinions favorable to the extensive interpretation and analogical application of the rules on accertamento costitutivo; in fact, since the decision No. 481/2005 of the Corte Costituzionale, several trial court decisions have not even raised the problem of Section 2908 of the Civil Code, while clearly allowing a lawsuit brought by a single shareholder aimed at judicially removing s.r.l. directors. Nevertheless, the interim measure regulated by Section 2476, paragraph 3, of the Civil Code, rises several problems that we analyze in the third chapter of the thesis and that (in brief) are related to: the requirements of the lawsuit, the possibility of bringing it ante causam, the possibility of considering such lawsuit an “anticipatory” instrument, et cetera. For each of these problems, we suggest specific solutions, all coherent with the conclusion of the analogical applicability to s.r.l. of Section 2259, paragraph 3, of the Civil Code. In the conclusive part of the thesis we propose some systematic highlights that, in consideration of the preceding arguments (and, in particular, of the fact that in some cases the legislature seems to abandon the idea of the distinct subjectivity of the corporation with respect to the relationship between shareholders), suggest to reinstate on new basis the distinction between società di capitali (corporations) and società di persone (partnerships). In particular, we suggest to abandon the ancient criterion of the legal entity and to set the difference on the level of share: while, in the società di persone, such participation represents a position that, although characterized by an economic value, expresses the membership in an organization that changes as its owner changes, in the società di capitali such participation has its own economic value, both with respect to the corporation and with respect to its owner. In fact, notwithstanding the new società a responsabilità limitata be characterized by the central relevance of the shareholder, the element of the transferability is still immanent in the content of the share (Section 2469 of the Civil Code); and it is such an important element that, in case the by-laws provide for limits to the circulation of the shares, the legislature gives the shareholders a right of withdrawal.
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Forte, Federico <1982&gt. "La responsabilità degli amministratori di s.p.a. verso la società". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1542.

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Mansoldo, Sofia <1991&gt. "La responsabilità degli amministratori nella gestione della crisi d'impresa". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/17825.

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Resumen
La tesi indaga la responsabilità degli amministratori nella gestione della crisi d’impresa. In particolare, il primo capitolo introduce il tema dei doveri e delle responsabilità degli amministratori nella fase di declino dell’attività d’impresa. Il secondo capitolo si concentra sull’analisi dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società, in relazione ai processi di prevenzione e di regolazione della patologia aziendale. Il terzo capitolo analizza gli obblighi e le responsabilità degli amministratori al profilarsi della crisi. Il quarto capitolo esamina la responsabilità degli amministratori in relazione alle procedure di allerta introdotte dal CCII. Il quinto capitolo si sofferma sui doveri e sulle responsabilità degli amministratori in presenza di una situazione di crisi già conclamata. Infine, il sesto capitolo esamina i profili di responsabilità degli amministratori connessi all’intervento volto a porre rimedio alla crisi.
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DOLZA, COGNI GIUSEPPE. "La responsabilità penale degli amministratori "non operativi" per i reati fallimentari". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/20253.

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Cadamuro, Giorgia <1988&gt. "Il D.Lgs. 231/2001: la responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4374.

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Rosin, Andrea <1983&gt. "Responsabilità amministrativa dell'ente: il legame tra attività bancaria, reati e segnalazioni". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14562.

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Resumen
Il presente lavoro analizza quanto stabilito dal decreto legislativo 8 giugno2001, n. 231/01. Nello specifico si affronta il tema con il quale il legislatore adegua la normativa interna alle convenzioni internazionali in merito alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, attuando quanto richiesto dall'articolo 11, legge 29 settembre 2000, n. 300. Il primo capitolo, suddiviso in tre parti, analizza nel dettaglio il D.Lgs. 231/01. Nella prima parte si procede con la definizione dei principi generali, si determina l'ambito di applicazione del decreto e successivamente si individuano i soggetti ai quali tale provvedimento si rivolge. Nella seconda parte, invece, vengono prese in considerazione le sanzioni previste per chi commette un reato che rientra nelle fattispecie disciplinate da tale decreto. Infine, la terza parte individua le diverse tipologie di reato che si possono commettere e che sono regolamentate dal D.Lgs. 231/01. Il secondo capitolo analizza come un ente, e in questo caso un istituto di credito, attua e predispone misure con l'obiettivo di sensibilizzare tutti coloro che operano per conto della banca affinché tengano comportamenti lineari e corretti durante lo svolgimento delle proprie mansioni. Infine, il terzo capitolo identifica i reati contemplati dal D.Lgs. 231/01 ed individua le diverse attività, svolte nel settore bancario, ad essi potenzialmente associabili.
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Iucci, Alessandro. "La gestione delegata: la prestazione gestoria e la responsabilità degli amministratori non esecutivi". Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2015. http://hdl.handle.net/11385/200969.

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This thesis is concerned with normative and regulatory developments with regards to the evaluation and information duties of non executive directors. This study is conducted with reference to a medium size public company, which has adopted a traditional governance model and delegated its administrative functions either to single individuals or to an executive committee. The aim of this study is to establish what levels of performance a company can expect from it non-executive directors. As such it identifies the theoretical frameworks and analytical tools to establish the foundations and the limits of their liabilities. In particular, this thesis will highlight the importance of supervisory and monitoring function of the executive board and of the company's organizational, administrative and accounting structure in delivering an efficient and effective governance.
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Bordin, Andrea <1992&gt. "La responsabilità amministrativa degli enti ed il modello ex D. Lgs. 231/2001". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/9142.

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Resumen
La presente opera si propone di analizzare le tematiche di maggiore interesse relative al Decreto Legislativo 8 giugno 2001, numero 231, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 giugno 2001, n. 140, in relazione anche agli ultimi aggiornamenti normativi in materia di autoriciclaggio. Con il suddetto decreto, in attuazione della delega assegnata al Governo dall’art. 11, Legge 29 settembre 2000, n. 300, viene regolamentata per la prima volta la responsabilità degli enti collettivi per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, nell’universo delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica. Il D. Lgs. 8 giugno 2001, numero 231, trae origine da convenzioni comunitarie ed internazionali ratificate dal legislatore nazionale ed il suo scopo è responsabilizzare l’ente in funzione di prevenire gli illeciti penali (tassativamente elencati) compiuti nel suo interesse o a suo vantaggio da individui appartenenti alla società, o legati alla stessa da un rapporto funzionale. Ciò è dovuto al fatto che, nei recenti decenni, si sono diffuse sempre più quelle tipologie di reato, commesse da persone fisiche, il cui profitto costituisce un beneficio dell'entità collettiva. Si è venuta a creare la necessità di una repressione criminale che fosse più efficiente e che, quindi, non tenesse in considerazione solo il caso della pena per il soggetto che realizzava la condotta criminale, ma che andasse oltre e che disciplinasse anche una pena del tutto autonoma per l’ente, a cui effettivamente questa persona era connessa. A tale scopo, è stato introdotto un rivoluzionario apparato sanzionatorio per le società, costituito da un sistema di pene pecuniarie ed interdittive ed un elenco di reati presupposto. Il fulcro del sopracitato decreto risiede nel principio per cui una società non potrà essere mai chiamata a rispondere se ha, prima della commissione degli illeciti, adottato ed attuato in maniera efficace un modello di organizzazione aziendale atto a prevenire i reati della specie di quello verificatosi. Il compito di vigilare sul funzionamento e sull'osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento deve essere affidato dall'ente ad un organismo di vigilanza interno, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo. Il modello, infine, non ha solo una funzione esimente delle conseguenze negative, a seguito della commissione di un reato presupposto, in quanto consente all’ente anche di ottenere vantaggi competitivi ed organizzativi.
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De, Franchis Umberto <1989&gt. "Il modello di organizzazione, gestione e controllo nella disciplina della responsabilità amministrativa degli enti". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3153.

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L'elaborato definisce i caratteri della responsabilità amministrativa degli enti e in particolare si sofferma sul modello organizzativo esimente di tale responsabilità. Il modello viene costruito sulla base di una serie di principi cardine e richiede una profonda conoscenza dell'ente e dei suoi processi. Partendo da tale aspetto vengono identificati i rischi e poste in essere le procedure adeguate a ridurre il rischio che possa essere commesso un reato. Sul buon funzionamento dello stesso è infine previsto un Organismo di Vigilanza.
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Conte, Alessandra <1997&gt. "La responsabilità amministrativa degli Enti, Modello organizzativo 231/2001 e sua applicazione nell'ambito bancario". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20315.

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Resumen
Il presente lavoro affronta la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica definita dal decreto legislativo numero 231 emanato in data 8 giugno 2001. La prima parte, si propone di introdurre l’argomento mediante alcuni cenni di quello che è stato il percorso storico nonché le ragioni che hanno condotto e giustificano la creazione di tale disciplina. Si analizza, quindi, il decreto, individuando l’ambito di applicazione ossia i destinatari a cui è rivolto e le tipologie di reato rientranti nelle fattispecie, si definiscono gli autori del reato presupposto da cui derivi la responsabilità amministrativa dell’ente e le sanzioni previste dal Decreto 231 a cui l’ente, ritenuto responsabile, è assoggettato. La seconda parte, esamina il modello organizzativo da adottare ed i requisiti da rispettare al fine di ottenere l’esonero da responsabilità. Si concretizza, infine, quanto in precedenza mediante l’applicazione del decreto all’istituto bancario quale ente autorizzato all’esercizio dell’attività bancaria, individuando le aree operative a cui è associato un rischio rilevante e predisponendo specifici strumenti e procedure al fine di sensibilizzare i soggetti che operano all’interno di essa e tutelare, conseguentemente, la clientela quindi risparmiatori ed investitori.
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BEVILACQUA, FRANCESCA CHIARA. "La responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001 e i gruppi di società". Doctoral thesis, Università Bocconi, 2008. https://hdl.handle.net/11565/4051207.

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LOY, DIEGO. "Abuso di gestione e conflitto di interessi: la responsabilità penale degli amministratori, sistemi a confronto". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/942211.

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Longo, Giacomo <1995&gt. "CTU nelle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori: analisi della più recente legislazione e caso pratico". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15768.

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Resumen
La seguente tesi ha come obiettivo l’analisi del criterio dei “Netti patrimoniali” quale metodo di determinare il danno causato dalla condotta illecita degli amministratori, in particolare nella situazione in cui questi abbiano illegittimamente proseguito l’attività d’impresa anche dopo il verificarsi di una causa di scioglimento della società. L’elaborato inizia con una disamina della più recente legislazione in materia, in particolare ci si è soffermati sul d.lgs 14/2019 (c.d. “Codice della crisi d’impresa e dell’Insolvenza”) Il corpo centrale della tesi è composto da una Relazione di consulenza che lo scrivente tesista ha avuto modo di realizzare presso uno Studio Commercialista, chiamato a svolgere la funzione di CTP per conto del Curatore fallimentare nell’ambito di un’azione di responsabilità da quest’ultimo proposta nei confronti dell’Organo amministrativo e dell’Organo di Controllo della medesima società.
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VIOLA, Marco. "Modelli di organizzazione, gestione e controllo e salute e sicurezza nelle PMI: responsabilità penale-amministrativa e responsabilità sociale degli enti. Un'analisi comparata". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2014. http://hdl.handle.net/10446/30735.

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Resumen
Small and medium enterprises are quantitatively dominant - because of the number of companies, as well as for the number of employees - both in the Italian and in the European context. This circumstance makes an operation of continuous adaptation of the organizational structure to the evolutions of the labour market necessary. These innovations, as determined by a new structure of employment, in terms of place, time and type of performance, expose both workers and companies to a growing number of risks. For the former, the risks are more directly related to the exposure to new danger factors, not commonly identified, concerning health and safety in the workplace. On the other hand, for enterprises the risks are determined by a growing and ever-expanding area of liability attributed to corporate or legal entities in general. The statistical framework of occupational accidents and occupational diseases suggests that the issue of prevention, especially in relation to health and safety in the workplace, is strongly present in the whole reality of small and medium enterprises. Therefore, a survey has been made not only on the issues relating to corporate criminal and administrative liability, but also on those related to corporate social responsibility. The comparative analysis of the Italian system with that of the U.S. and Switzerland has also allowed in the first case to frame the instrument of compliance programs, discovering its own ratio, thanks to the study of legal systems in which they were born. In the second case it has permitted to investigate a system of corporate liability that offers important insights given by the specific socio-economic context in which it is inscribed. Finally, the extensive analysis of the Italian system covered the most critical aspects of the subject, such as the difficulties of integration between the "231 model" and the model for health and safety in the workplace, the role of the supervisory board in SMEs, the opportunity to establish a system of qualification of the companies and certification of compliance programs and the prediction of simplified procedures for the adoption of compliance programs in SMEs.
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MORGESE, MIRTA. "Il divieto di concorrenza nella società a responsabilità limitata". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/94209.

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Resumen
Il presente lavoro di tesi si occupa di verificare la possibile applicabilità del divieto di concorrenza, previsto a carico dei soci nelle società di persone, dall’art. 2301 c.c., e degli amministratori nelle s.p.a., dall’art. 2390 c.c., alle s.r.l., nel regime legale. Le citate norme precludono ai rispettivi destinatari, di svolgere, per conto proprio o altrui, un’attività in concorrenza con quella della società, e di partecipare come socio illimitatamente responsabile a società che ugualmente svolgono attività concorrente. L’interrogativo in questione si pone a valle della Riforma del 2003, là dove viene eliminato dalla disciplina delle s.r.l. il richiamo, prima di allora presente, all’art. 2390 c.c., creando, tra l’altro, quelle condizioni per cui l’interdizione all’attività concorrenziale per gli amministratori possa non rivelarsi più appropriata in tale tipo sociale, a causa dei maggiori diritti di voice e di controllo spettanti ai soci. Il nuovo ruolo riconosciuto al socio di s.r.l. rappresenta, per altro verso, la motivazione di una plausibile estensione del divieto di concorrenza nei suoi confronti. Entrambi i quesiti sono stati, però, affrontati tenendo presenti le alterazioni subite dal tipo, all’esito dell’entrata in vigore dell’art. 57 d.l. n. 50/2017, e dell’art. 377 del d.lgs. n. 14/2019. Infatti, sia il possibile accesso al mercato, avutosi nel 2017 per tutte le s.r.l. P.M.I., che l’ipotetica esclusione dei soci della gestione, disposta dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza, sono in grado di influire sulla risposta che il lavoro di tesi si propone di fornire. Dall’analisi svolta è emerso, prima di tutto, come il problema della portata del divieto di concorrenza non riguardi solo le s.r.l., ma entrambe le società lucrative in cui lo stesso è imposto, là dove molteplici sono i dubbi sull’estensione soggettiva ed oggettiva dell’istituto, in conseguenza di una scarsa chiarezza sul fondamento dello stesso. È stata, pertanto, approfondita la questione della ratio della prescrizione normativa, esaminando la dottrina sul punto a partire dalle origini della sua introduzione nel nostro ordinamento, ovvero dal Codice del Commercio del 1865. In tal modo, è stato accertato come il divieto di concorrenza, sia nei confronti dei soci che degli amministratori, svolga una funzione interna, volta a favorire l’imparziale esercizio dei poteri gestori ed una funzione esterna, andando a prevenire il danno prodotto dall’utilizzo delle informazioni privilegiate di cui il destinatario del divieto è in possesso, a causa del potere di controllo di cui dispone, da parte di un’impresa in concorrenza. La trattazione si concentra, poi, sulla specifica questione relativa all’applicazione del divieto di concorrenza all’amministratore di s.r.l., in modo da comprendere se la regola in questione, possa perseguire lo scopo di cui sopra, nei confronti degli amministratori, nel tipo sociale in oggetto. Sul punto sono state, in primo luogo, scardinate le motivazioni di coloro che si oppongono ad un’applicazione analogica nelle s.r.l. dell’art. 2390 c.c., fondate essenzialmente sul diverso tenore della disciplina degli interessi degli amministratori, tra s.p.a. e s.r.l. Viene, difatti, rilevato come siffatte divergenze dipendano dalla maggiore capacità dei soci nel modello legale di s.r.l. del 2003 di influire sulla gestione, e non dalla minore pretesa d’imparzialità, richiesta all’amministratore, come altrove sostenuto. Superate queste obbiezioni si è verificato se l’art. 2390 c.c. sia oggi vincolante per gli amministratori di s.r.l., a causa del nuovo tenore letterale dell’art. 2475, comma 1° c.c. il quale affida ai soli amministratori la gestione dell’impresa, rendendo potenzialmente affine la posizione dei gestori di s.r.l. a quella degli amministratori di s.p.a., rendendo i primi soggetti allo statuto legale dei secondi. Sul punto, si è appurato come la portata della novella debba essere ridimensionata nel senso di conferire in via esclusiva agli amministratori soltanto la gestione organizzativa della società, non escludendo i soci da quella operativa. Allo stesso modo, si è rilevato come l’integrazione della disciplina delle s.r.l. con quella delle s.p.a., comprendendo anche eventualmente l’art. 2390 c.c., per le s.r.l. che abbiano la dimensione delle P.M.I., debba avvenire solo in considerazione dell’assunzione da parte della società di uno specifico assetto statutario volto all’apertura al mercato, non anche in via generale. In questa maniera si è acclarato come non possa fondarsi sull’ibridazione dei tipi l’applicazione del divieto di concorrenza agli amministratori s.r.l. A tale approdo si è, comunque, giunti constatando come nella disciplina legale del tipo non esistono altre norme in grado di perseguire la specifica funzione riconosciuta al divieto di concorrenza a carico degli amministratori, sicché l’applicazione analogica dell’art. 2390 c.c. risulta ampiamente giustificata. Si affronta, infine, la delicata questione dell’applicazione del divieto di concorrenza a carico del socio di s.r.l. Ciò che si è verificato è se il complesso dei diritti e poteri riconosciuti al socio siano di intensità tale da generare quegli stessi presupposti per cui il legislatore ha posto la prescrizione a carico dei membri della compagine sociale di società di persone. Una volta risolto positivamente questo interrogativo, viene verificato se nel tessuto normativo della s.r.l. esistano altre norme volte a tutelare la società da un esercizio conflittuale dei diritti di voice e di controllo spettanti ai soci, come l’art. 2479-ter, comma 3° c.c., assenti, invece, nella disciplina delle società personali. Sul punto il lavoro dimostra come la funzione di prevenire negative interferenze nella gestione e di evitare alla società un danno da concorrenza differenziale, di cui agli artt. 2301 e 290 c.c., non sia assolta da alcuna regola della disciplina legale delle s.r.l. e come, quindi, anche per i soci debba valere una simile limitazione all’autonomia privata. Viene, poi, affrontato il profilo della estensione del divieto di concorrenza a tutti i soci o solo a quelli titolari di un’aliquota di capitale sociale tale da consentire l’esercizio dei poteri di cui all’art. 2479, comma 1° c.c., concludendo sulla necessità, anche in base ad una serie di indici sistematici di imporre il divieto a tutti i soci. Questa conclusione, peraltro, non genera conseguenza negative sul piano dell’appetibilità di questo modello societario, a causa delle limitazioni all’autonomia privata scaturenti dalla partecipazione allo stesso, data l’ampia possibilità per i soci di derogarvi. La tesi si conclude verificando, infine, in che termini lo statuto possa, menomando i diritti di voice e di controllo del socio, influire indirettamente sul suo assoggettamento al divieto di concorrenza.
This research aims at investigating whether ban on competition set by the Italian legal system with regards to members of partnerships (società di persone: art. 2301 Italian Civil Code) and directors of public companies (società per azioni: art. 2390 Italian Civil Code) can be applied to members and directors of limited liability companies (società a responsabilità limitata). The mentioned legal provisions command to said subjects an absolute preclusion to exercise – both on their or a third party’s behalf – activities that would result in a competitive behaviour vis-à-vis the entity they represent; and to acquire a non-limited participation in competing entities. The research question is grounded on the 2003 Reform that eliminated a referral to art. 2390 from the statutes of limited liability companies – the new statutes provide greater voice and control rights for members of such companies, thus rendering non-compete prohibitions inadequate. The new role that is played by LLCs members, on the contrary, justifies an interpretation that makes non-compete statutes applicable to them. LLCs have undergone a continuous reform process (see art. 57 d.l. n. 50/2017 and art. 377 d.lgs. n. 14/2019) that have opened them up to on-the-market financing, and the new Insolvency Code permits an exclusion of LLCs’ members from the management – these trends obviously have an impact on the answers to the research question. The research shows that the issue at stake concerns both LLCs and PLCs – unclear are both the subjective and objective requisites for the application of non-compete statutes, given that unclear are the rationales behind it. The research investigated such rationales, by means of a literature review since the Codice di Commercio dated 1865. The outcome showed how non-compete statutes play both an internal and external role – the former favours an unbiased exercise of directors’ powers while the latter prevents damages that might arise from the abuse of privileged information obtained through the exercise of control powers within a competing entity. The discussion then moves on to the application of non-compete statutes to LLCs’ directors, so to understand whether the aims of the provision can be achieved with respect to said companies. First of all, the research shows how the arguments brought forward by those who oppose an analogical interpretation of PLC’s statutes to LLCs are weak because limited to the consideration that highlights the differences in legal regimes on directors’ conflicts of interests in the two legal models. Indeed, such differences are not grounded on a lesser request of impartiality in their mandate but, rather, on a stronger set of control rights that LLCs’ members enjoy vis-à-vis PLCs’ ones. Having overcome such arguments, the research investigated whether art. 2390 is still applicable to LLCs’ directors, given the new wording of art. 2475 that assigns the management of the corporation to directors only, thus assimilating PLCs’ directors to LLCs’ ones, thus subjecting the latter to the statutes of the former. A distinction was made between organizational and operational direction, arguing that only the former is reserved to directors, while the latter can be exercised by members as well. Likewise, the research showed how such an analogical integration of the legal provisions set for LLCs can be operated only when companies adopt bylaws that allow them to resort to on-the-market financing, even if just sporadically. This outcome helped in showing that the adoption of a legal regime that resembles the one in which non-compete statutes are present cannot alone ground the analogical application of such provisions to the other legal regime. Such an outcome was actually grounded on the observation that no other provisions that protects non-competition interests are present in the statutes of Italian LLCs – this would result in a normative void that legal operators must fill resorting to analogy. Lastly, the research concludes by investigating the application of non-compete statutes to LLCs’ members. The analysis examined the rights and powers enjoyed by LLCs’ members so to understand whether their scope is so broad to (i) assimilate them to partnerships’ members and thus (ii) justify the application of non-compete provisions to them. Given that the scope of such rights and powers does in fact justify a reaction of the legal system, the research continued in the analysis of the current legal system so to verify whether other legal provisions protect LLCs from a conflicting exercise of voice and control rights members enjoy; something absent in the statutes regulating partnerships. The outcome of this prong of research concluded by stating that no other provision shields LLCs from negative interferences in the management of the company, therefore having no rule in place that prevents damages from anticompetitive behaviour to occur. Concluding, the research continued in understanding whether such non-compete statutes are applicable to every member of an LLC or rather only to those who have a take that habilitates them to the exercise of the rights provided for by art. 2479 co. 1 c.c.: The point made is that the statutes should apply to every member. Such a conclusion has no impact on the preferability of LLCs vis-à-vis PLCs given that private autonomy can decide to opt out from the default system. A brief investigation on how bylaws can interfere on the application of non-compete statutes to LLCs members by altering their voice and control rights.
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MORGESE, MIRTA. "Il divieto di concorrenza nella società a responsabilità limitata". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/94209.

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Il presente lavoro di tesi si occupa di verificare la possibile applicabilità del divieto di concorrenza, previsto a carico dei soci nelle società di persone, dall’art. 2301 c.c., e degli amministratori nelle s.p.a., dall’art. 2390 c.c., alle s.r.l., nel regime legale. Le citate norme precludono ai rispettivi destinatari, di svolgere, per conto proprio o altrui, un’attività in concorrenza con quella della società, e di partecipare come socio illimitatamente responsabile a società che ugualmente svolgono attività concorrente. L’interrogativo in questione si pone a valle della Riforma del 2003, là dove viene eliminato dalla disciplina delle s.r.l. il richiamo, prima di allora presente, all’art. 2390 c.c., creando, tra l’altro, quelle condizioni per cui l’interdizione all’attività concorrenziale per gli amministratori possa non rivelarsi più appropriata in tale tipo sociale, a causa dei maggiori diritti di voice e di controllo spettanti ai soci. Il nuovo ruolo riconosciuto al socio di s.r.l. rappresenta, per altro verso, la motivazione di una plausibile estensione del divieto di concorrenza nei suoi confronti. Entrambi i quesiti sono stati, però, affrontati tenendo presenti le alterazioni subite dal tipo, all’esito dell’entrata in vigore dell’art. 57 d.l. n. 50/2017, e dell’art. 377 del d.lgs. n. 14/2019. Infatti, sia il possibile accesso al mercato, avutosi nel 2017 per tutte le s.r.l. P.M.I., che l’ipotetica esclusione dei soci della gestione, disposta dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza, sono in grado di influire sulla risposta che il lavoro di tesi si propone di fornire. Dall’analisi svolta è emerso, prima di tutto, come il problema della portata del divieto di concorrenza non riguardi solo le s.r.l., ma entrambe le società lucrative in cui lo stesso è imposto, là dove molteplici sono i dubbi sull’estensione soggettiva ed oggettiva dell’istituto, in conseguenza di una scarsa chiarezza sul fondamento dello stesso. È stata, pertanto, approfondita la questione della ratio della prescrizione normativa, esaminando la dottrina sul punto a partire dalle origini della sua introduzione nel nostro ordinamento, ovvero dal Codice del Commercio del 1865. In tal modo, è stato accertato come il divieto di concorrenza, sia nei confronti dei soci che degli amministratori, svolga una funzione interna, volta a favorire l’imparziale esercizio dei poteri gestori ed una funzione esterna, andando a prevenire il danno prodotto dall’utilizzo delle informazioni privilegiate di cui il destinatario del divieto è in possesso, a causa del potere di controllo di cui dispone, da parte di un’impresa in concorrenza. La trattazione si concentra, poi, sulla specifica questione relativa all’applicazione del divieto di concorrenza all’amministratore di s.r.l., in modo da comprendere se la regola in questione, possa perseguire lo scopo di cui sopra, nei confronti degli amministratori, nel tipo sociale in oggetto. Sul punto sono state, in primo luogo, scardinate le motivazioni di coloro che si oppongono ad un’applicazione analogica nelle s.r.l. dell’art. 2390 c.c., fondate essenzialmente sul diverso tenore della disciplina degli interessi degli amministratori, tra s.p.a. e s.r.l. Viene, difatti, rilevato come siffatte divergenze dipendano dalla maggiore capacità dei soci nel modello legale di s.r.l. del 2003 di influire sulla gestione, e non dalla minore pretesa d’imparzialità, richiesta all’amministratore, come altrove sostenuto. Superate queste obbiezioni si è verificato se l’art. 2390 c.c. sia oggi vincolante per gli amministratori di s.r.l., a causa del nuovo tenore letterale dell’art. 2475, comma 1° c.c. il quale affida ai soli amministratori la gestione dell’impresa, rendendo potenzialmente affine la posizione dei gestori di s.r.l. a quella degli amministratori di s.p.a., rendendo i primi soggetti allo statuto legale dei secondi. Sul punto, si è appurato come la portata della novella debba essere ridimensionata nel senso di conferire in via esclusiva agli amministratori soltanto la gestione organizzativa della società, non escludendo i soci da quella operativa. Allo stesso modo, si è rilevato come l’integrazione della disciplina delle s.r.l. con quella delle s.p.a., comprendendo anche eventualmente l’art. 2390 c.c., per le s.r.l. che abbiano la dimensione delle P.M.I., debba avvenire solo in considerazione dell’assunzione da parte della società di uno specifico assetto statutario volto all’apertura al mercato, non anche in via generale. In questa maniera si è acclarato come non possa fondarsi sull’ibridazione dei tipi l’applicazione del divieto di concorrenza agli amministratori s.r.l. A tale approdo si è, comunque, giunti constatando come nella disciplina legale del tipo non esistono altre norme in grado di perseguire la specifica funzione riconosciuta al divieto di concorrenza a carico degli amministratori, sicché l’applicazione analogica dell’art. 2390 c.c. risulta ampiamente giustificata. Si affronta, infine, la delicata questione dell’applicazione del divieto di concorrenza a carico del socio di s.r.l. Ciò che si è verificato è se il complesso dei diritti e poteri riconosciuti al socio siano di intensità tale da generare quegli stessi presupposti per cui il legislatore ha posto la prescrizione a carico dei membri della compagine sociale di società di persone. Una volta risolto positivamente questo interrogativo, viene verificato se nel tessuto normativo della s.r.l. esistano altre norme volte a tutelare la società da un esercizio conflittuale dei diritti di voice e di controllo spettanti ai soci, come l’art. 2479-ter, comma 3° c.c., assenti, invece, nella disciplina delle società personali. Sul punto il lavoro dimostra come la funzione di prevenire negative interferenze nella gestione e di evitare alla società un danno da concorrenza differenziale, di cui agli artt. 2301 e 290 c.c., non sia assolta da alcuna regola della disciplina legale delle s.r.l. e come, quindi, anche per i soci debba valere una simile limitazione all’autonomia privata. Viene, poi, affrontato il profilo della estensione del divieto di concorrenza a tutti i soci o solo a quelli titolari di un’aliquota di capitale sociale tale da consentire l’esercizio dei poteri di cui all’art. 2479, comma 1° c.c., concludendo sulla necessità, anche in base ad una serie di indici sistematici di imporre il divieto a tutti i soci. Questa conclusione, peraltro, non genera conseguenza negative sul piano dell’appetibilità di questo modello societario, a causa delle limitazioni all’autonomia privata scaturenti dalla partecipazione allo stesso, data l’ampia possibilità per i soci di derogarvi. La tesi si conclude verificando, infine, in che termini lo statuto possa, menomando i diritti di voice e di controllo del socio, influire indirettamente sul suo assoggettamento al divieto di concorrenza.
This research aims at investigating whether ban on competition set by the Italian legal system with regards to members of partnerships (società di persone: art. 2301 Italian Civil Code) and directors of public companies (società per azioni: art. 2390 Italian Civil Code) can be applied to members and directors of limited liability companies (società a responsabilità limitata). The mentioned legal provisions command to said subjects an absolute preclusion to exercise – both on their or a third party’s behalf – activities that would result in a competitive behaviour vis-à-vis the entity they represent; and to acquire a non-limited participation in competing entities. The research question is grounded on the 2003 Reform that eliminated a referral to art. 2390 from the statutes of limited liability companies – the new statutes provide greater voice and control rights for members of such companies, thus rendering non-compete prohibitions inadequate. The new role that is played by LLCs members, on the contrary, justifies an interpretation that makes non-compete statutes applicable to them. LLCs have undergone a continuous reform process (see art. 57 d.l. n. 50/2017 and art. 377 d.lgs. n. 14/2019) that have opened them up to on-the-market financing, and the new Insolvency Code permits an exclusion of LLCs’ members from the management – these trends obviously have an impact on the answers to the research question. The research shows that the issue at stake concerns both LLCs and PLCs – unclear are both the subjective and objective requisites for the application of non-compete statutes, given that unclear are the rationales behind it. The research investigated such rationales, by means of a literature review since the Codice di Commercio dated 1865. The outcome showed how non-compete statutes play both an internal and external role – the former favours an unbiased exercise of directors’ powers while the latter prevents damages that might arise from the abuse of privileged information obtained through the exercise of control powers within a competing entity. The discussion then moves on to the application of non-compete statutes to LLCs’ directors, so to understand whether the aims of the provision can be achieved with respect to said companies. First of all, the research shows how the arguments brought forward by those who oppose an analogical interpretation of PLC’s statutes to LLCs are weak because limited to the consideration that highlights the differences in legal regimes on directors’ conflicts of interests in the two legal models. Indeed, such differences are not grounded on a lesser request of impartiality in their mandate but, rather, on a stronger set of control rights that LLCs’ members enjoy vis-à-vis PLCs’ ones. Having overcome such arguments, the research investigated whether art. 2390 is still applicable to LLCs’ directors, given the new wording of art. 2475 that assigns the management of the corporation to directors only, thus assimilating PLCs’ directors to LLCs’ ones, thus subjecting the latter to the statutes of the former. A distinction was made between organizational and operational direction, arguing that only the former is reserved to directors, while the latter can be exercised by members as well. Likewise, the research showed how such an analogical integration of the legal provisions set for LLCs can be operated only when companies adopt bylaws that allow them to resort to on-the-market financing, even if just sporadically. This outcome helped in showing that the adoption of a legal regime that resembles the one in which non-compete statutes are present cannot alone ground the analogical application of such provisions to the other legal regime. Such an outcome was actually grounded on the observation that no other provisions that protects non-competition interests are present in the statutes of Italian LLCs – this would result in a normative void that legal operators must fill resorting to analogy. Lastly, the research concludes by investigating the application of non-compete statutes to LLCs’ members. The analysis examined the rights and powers enjoyed by LLCs’ members so to understand whether their scope is so broad to (i) assimilate them to partnerships’ members and thus (ii) justify the application of non-compete provisions to them. Given that the scope of such rights and powers does in fact justify a reaction of the legal system, the research continued in the analysis of the current legal system so to verify whether other legal provisions protect LLCs from a conflicting exercise of voice and control rights members enjoy; something absent in the statutes regulating partnerships. The outcome of this prong of research concluded by stating that no other provision shields LLCs from negative interferences in the management of the company, therefore having no rule in place that prevents damages from anticompetitive behaviour to occur. Concluding, the research continued in understanding whether such non-compete statutes are applicable to every member of an LLC or rather only to those who have a take that habilitates them to the exercise of the rights provided for by art. 2479 co. 1 c.c.: The point made is that the statutes should apply to every member. Such a conclusion has no impact on the preferability of LLCs vis-à-vis PLCs given that private autonomy can decide to opt out from the default system. A brief investigation on how bylaws can interfere on the application of non-compete statutes to LLCs members by altering their voice and control rights.
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Compostella, Roberto. "Diritto penale ed intelligenza artificiale: il caso delle auto a guida autonoma". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2021. http://hdl.handle.net/11572/315957.

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Resumen
Il presente lavoro nasce con l’obiettivo di indagare le possibili ripercussioni penali derivanti dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale e più nello specifico dallo sviluppo delle auto a guida autonoma. In particolare, nel momento in cui si sta scrivendo questo lavoro, le auto a guida autonoma stanno già circolando per le strade di tutto il mondo, pur essendone autorizzata la circolazione, ad oggi, solo per le finalità di test scientifici. In breve tempo, tuttavia, tali veicoli potranno essere venduti ed utilizzati; questa circostanza impone una ricerca scientifica che indaghi quali potranno essere i più rilevanti problemi per il diritto penale; problemi che il legislatore, prima, ed i giudici, poi, si troveranno ad affrontare. Premessa tale finalità, la ricerca, metodologicamente, deve seguire necessariamente più direzioni. A fronte di una prima ricostruzione del fenomeno dell’intelligenza artificiale e delle auto a guida autonoma, ove si farà riferimento ai principali testi “normativi” che si sono finora interessati al tema, sarà necessario soffermarsi su due diverse “macro” aree della responsabilità penale: la responsabilità individuale del conducente dei veicoli a guida autonoma (fintanto che ci sarà la necessità di un conducente) e la responsabilità derivante dalla produzione dei veicoli. Medio tempore, tuttavia, fil rouge del lavoro sarà anche quello di comprendere se, per rispondere ai problemi che questo nuovo settore porrà, sia davvero necessario o consigliato l’utilizzo dello strumento penale o se, invece, non sia preferibile l’implementazione di strumenti giuridici diversi.
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Compostella, Roberto. "Diritto penale ed intelligenza artificiale: il caso delle auto a guida autonoma". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2021. http://hdl.handle.net/11572/315957.

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Il presente lavoro nasce con l’obiettivo di indagare le possibili ripercussioni penali derivanti dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale e più nello specifico dallo sviluppo delle auto a guida autonoma. In particolare, nel momento in cui si sta scrivendo questo lavoro, le auto a guida autonoma stanno già circolando per le strade di tutto il mondo, pur essendone autorizzata la circolazione, ad oggi, solo per le finalità di test scientifici. In breve tempo, tuttavia, tali veicoli potranno essere venduti ed utilizzati; questa circostanza impone una ricerca scientifica che indaghi quali potranno essere i più rilevanti problemi per il diritto penale; problemi che il legislatore, prima, ed i giudici, poi, si troveranno ad affrontare. Premessa tale finalità, la ricerca, metodologicamente, deve seguire necessariamente più direzioni. A fronte di una prima ricostruzione del fenomeno dell’intelligenza artificiale e delle auto a guida autonoma, ove si farà riferimento ai principali testi “normativi” che si sono finora interessati al tema, sarà necessario soffermarsi su due diverse “macro” aree della responsabilità penale: la responsabilità individuale del conducente dei veicoli a guida autonoma (fintanto che ci sarà la necessità di un conducente) e la responsabilità derivante dalla produzione dei veicoli. Medio tempore, tuttavia, fil rouge del lavoro sarà anche quello di comprendere se, per rispondere ai problemi che questo nuovo settore porrà, sia davvero necessario o consigliato l’utilizzo dello strumento penale o se, invece, non sia preferibile l’implementazione di strumenti giuridici diversi.
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VACONDIO, LORENZA. "La delega di funzioni nel diritto penale. Dalla responsabilità dell'individuo alla colpa di organizzazione". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1058353.

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Ducci, Duccio Ruben. "L'appropriazione di corporate opportunities da parte di amministratori di società: tests giurisprudenziali e definizione della fattispecie". Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2009. http://hdl.handle.net/11385/200799.

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La dottrina delle corporate opportunities si inserisce nel vasto tema degli agency costs connessi al rapporto tra azionisti e amministratori e pertanto costituisce un argomento comune a tutte le società per azioni dei paesi a economia avanzata. Il legislatore italiano del 2003 ha affrontato la questione con una norma sostanzialmente incompleta: essa prescrive essenzialmente che una data condotta è vietata e fonte di responsabilità per l’amministratore infedele. Non è detto ciò che si intende per opportunità d’affari, né se l’appropriazione, di per sé illecita, può essere autorizzata dalla società e a quali condizioni. La questione, del resto, è comune a tutti gli ordinamenti con strutture societarie analoghe, quindi è necessario guardare agli Stati in cui le regole si sono formate progressivamente dietro sollecitazione della giurisprudenza e tramite un costante affinamento dottrinale. L’introduzione dell’ultimo comma dell’art. 2391 c.c. in occasione della riforma del diritto societario evoca l’immagine, già utilizzata con riferimento ad altri istituti, del legal transplant, ovvero di una trasposizione artificiale che non tiene conto del contesto in cui opera. Prima ancora però di analizzare la norma in questione nell’ordinamento italiano in rapporto alle peculiarità di questo sistema, è necessario rivolgere l’attenzione, per quanto possibile, dentro l’apparato normativo nel tentativo di mettere in luce i fondamenti della dottrina in esame. Questa analisi di base è largamente comune a tutti i sistemi giuridici e prescinde dalla questione dell’enforcement della regolazione ottimale. Il lavoro intende offrire un contributo alla definizione di corporate opportunity, concetto nuovo all’ordinamento italiano. La definizione, infatti, è l’elemento essenziale della dottrina della corporate opportunites e per molti aspetti anche il più incerto. Il nodo centrale è la nozione di opportunità sociale, dove sociale sta per "appartenente alla società", in base a un rapporto di appartenenza in termini di attribuzione di property rights. A tal fine si analizzeranno criticamente i tests elaborati dalla giurisprudenza statunitense, nel tentativo di rintracciare un comune denominatore che orienti il giudizio. Nel fare ciò si è rivolta particolare attenzione alle teorie sottostanti ai vari tests, evidenziando come la definizione di corporate opportunity sia in larga misura una conseguenza della teoria generale del rapporto tra managers e azionisti. In conclusione si svolgono alcune considerazioni sulle modalità di trasposizione della corporate opportunity doctrine nell’ordinamento italiano, in particolare nel contesto degli interessi degli amministratori.
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PELLEGATTA, STEFANO. "La solidarietà passiva nel diritto degli affari: nuovi profili applicativi". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/20370.

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Il lavoro analizza la figura della solidarietà passiva nella sua evoluzione storica fino alle sue più recenti applicazioni. Dopo un approfondimento circa i suoi sviluppi dall'epoca romana all'unificazione Italiana, l'attenzione viene concentrata sulla portata della solidarietà nel diritto attuale. A questo riguardo si è posto in evidenza come sempre più la tutela del creditore non costituisca l'unico valore tutelato dall'ordinamento. Da ciò discendono nuove applicazioni e modulazioni della solidarietà passiva sempre più frequenti nel sistema, evidenti principalmente nel settore del diritto commerciale. Particolare attenzione è stata quindi dedicata, in primo luogo, alla ricostruzione dell'effettiva portata della regola di solidarietà passiva nella responsabilità degli amministratori, a seguito della Riforma del Diritto Societario, che ha dato origine a una maggiore possibilità di modulazione della responsabilità dei singoli consiglieri. In secondo luogo si è approfondito l'esame della solidarietà tra autori della violazione ed ente di appartenenza, con riferimento alle sanzioni comminate dall'Autorità di Vigilanza, prevista dal Testo Unico della Finanza e dal Testo Unico Bancario e caratterizzata dalla presenza di un obbligo di regresso in luogo di un semplice diritto. In particolare, la verifica ha avuto ad oggetto la possibilità di una riconduzione di tali fenomeni all'interno del genus della solidarietà di cui conservano pur sempre il proprium costituito dal diritto del creditore di esigere l'intero da ciascuno dei condebitori e dell'effetto liberatorio che il pagamento produce nei confronti di tutti i co-obbligati.
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GARAGIOLA, AGOSTINO. "Le misure cautelari interditive nel processo a carico degli enti ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/29793.

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Lo studio analizza le misure cautelari interdittive nell’ambito del procedimento introdotto dal d.lgs n. 231/01, in tema di responsabilità “amministrativa” a carico degli enti. In ragione dello stretto legame che intercorre fra sanzioni e misure cautelari, la prima parte del lavoro è dedicata alla descrizione delle “coordinate sostanziali” del “sistema 231/01”. La seconda parte, (idealmente) composta in tre capitoli, affronta, più specificatamente, il tema oggetto del lavoro; sullo sfondo, le misure cautelari codicistiche per spunti di comparazione e integrazione. In particolare, sono state esaminate: la fattispecie cautelare e la relativa fase applicativa, nel corso della peculiare udienza prevista dall’art. 47; le vicende evolutive del provvedimento; e, infine, il sistema delle impugnazioni.
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BAZZANI, MATTEO. "Imputazione individuale e attuazione solidale della responsabilità dei membri del consiglio di amministrazione di s.p.a. nei confronti della società". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/209.

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La tesi affronta il tema della responsabilità dei membri del consiglio di amministrazione di s.p.a verso la società per gli inadempimenti dei doveri gestori insiti negli atti o nelle omissioni collegiali. L'accertamento dei presupposti della responsabilità degli amministratori deve avvenire su base individuale con conseguente possibilità di imputazione del danno da risarcire ad alcuni consiglieri e non ad altri, che pure abbiano compartecipato al medesimo inadempimento: il singolo amministratore può infatti essere esonerato da responsabilità mediante la prova della personale immunità da colpa (dimostrando di essere stato diligente alla luce della natura del suo incarico e delle sue specifiche competenze) anche a prescindere dalla manifestazione formale del dissenso ex art. 2392 cc., ult. comma. La solidarietà rappresenta la regola di attuazione dell'obbligazione risarcitoria tra gli amministratori ritenuti corresponsabili in relazione al medesimo fatto dannoso. È possibile tuttavia pervenire ad una graduazione della condanna risarcitoria in virtù dell'eventuale connotazione dolosa dell'inadempimento di un singolo consigliere e dell'applicazione del regime risarcitorio differenziato di cui all'art. 1307 c.c.. La società può inoltre rinunziare alla solidarietà anche ex ante con adozione in via statutaria di un regime di responsabilità parziaria per tutti o alcuni degli amministratori, purchè nei soli rapporti tra società e amministratori e nei limiti di cui all'art. 1229 cc.
This thesis provides an analysis of the pertinent aspects of the liability of corporate directors for breach of their fiduciary duties in case of collegial functioning of an Italian s.p.a.'s board of directors. The liability of the directors must be determined on an individual basis and whether they are exculpated from liability for a breach of their duties can vary for each director based on his specialized skills and on the role he plays in the board (independent director, president, member of a committee), regardless of the entering of the dissent from the board's action into the corporate records. The liability is joint and several where two or more directors jointly participate in the same breach of a fiduciary duty with a right of contribution inter se. The corporation ( S.P.A. ) may waive to the protection secured by the joint and several liability rule either (i) by opting for a proportional liability regime with respect to the directors' liability vis-a-vis the corporation and except for the cases of directors' fraud or gross negligence or (ii) by entering into partial settlements with one director (or more directors) for the portion of the damage attributable to his (or their) personal fault.
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BAZZANI, MATTEO. "Imputazione individuale e attuazione solidale della responsabilità dei membri del consiglio di amministrazione di s.p.a. nei confronti della società". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/209.

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La tesi affronta il tema della responsabilità dei membri del consiglio di amministrazione di s.p.a verso la società per gli inadempimenti dei doveri gestori insiti negli atti o nelle omissioni collegiali. L'accertamento dei presupposti della responsabilità degli amministratori deve avvenire su base individuale con conseguente possibilità di imputazione del danno da risarcire ad alcuni consiglieri e non ad altri, che pure abbiano compartecipato al medesimo inadempimento: il singolo amministratore può infatti essere esonerato da responsabilità mediante la prova della personale immunità da colpa (dimostrando di essere stato diligente alla luce della natura del suo incarico e delle sue specifiche competenze) anche a prescindere dalla manifestazione formale del dissenso ex art. 2392 cc., ult. comma. La solidarietà rappresenta la regola di attuazione dell'obbligazione risarcitoria tra gli amministratori ritenuti corresponsabili in relazione al medesimo fatto dannoso. È possibile tuttavia pervenire ad una graduazione della condanna risarcitoria in virtù dell'eventuale connotazione dolosa dell'inadempimento di un singolo consigliere e dell'applicazione del regime risarcitorio differenziato di cui all'art. 1307 c.c.. La società può inoltre rinunziare alla solidarietà anche ex ante con adozione in via statutaria di un regime di responsabilità parziaria per tutti o alcuni degli amministratori, purchè nei soli rapporti tra società e amministratori e nei limiti di cui all'art. 1229 cc.
This thesis provides an analysis of the pertinent aspects of the liability of corporate directors for breach of their fiduciary duties in case of collegial functioning of an Italian s.p.a.'s board of directors. The liability of the directors must be determined on an individual basis and whether they are exculpated from liability for a breach of their duties can vary for each director based on his specialized skills and on the role he plays in the board (independent director, president, member of a committee), regardless of the entering of the dissent from the board's action into the corporate records. The liability is joint and several where two or more directors jointly participate in the same breach of a fiduciary duty with a right of contribution inter se. The corporation ( S.P.A. ) may waive to the protection secured by the joint and several liability rule either (i) by opting for a proportional liability regime with respect to the directors' liability vis-a-vis the corporation and except for the cases of directors' fraud or gross negligence or (ii) by entering into partial settlements with one director (or more directors) for the portion of the damage attributable to his (or their) personal fault.
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SARACENI, BARBARA. "La revoca dell’amministratore di s.r.l. a confronto con l’ordinamento tedesco". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2011. http://hdl.handle.net/2108/202141.

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Scopo della presente ricerca è quello di esaminare la materia della revoca dell’amministratore di s.r.l., regolata, dopo la riforma societaria del 2003, dall’art. 2476 c.c. Tale norma è stata oggetto di numerose interpretazioni da parte di dottrina e di giurisprudenza, in quanto solleva una serie di problematiche, non ancora risolte. L’art. 2476 c.c., infatti, rappresenta uno dei punti più controversi del diritto societario italiano, ove il legislatore della riforma, a fronte dell’autonomia della s.r.l., ha voluto in una medesima norma concentrare più istituti giuridici, con l’intento di incrementare il rilievo attribuito alla persona del socio nell’ambito del contratto sociale, nonché all’organizzazione e alla gestione dell’impresa societaria. Facendo un parallelismo con la medesima disciplina dell’ordinamento tedesco, più dettagliata e più sistematica di quella italiana, si possono notare alcune differenze fondamentali e, così, trarre possibili spunti per eventuali riforme future. La tesi si compone di sei capitoli. Al primo capitolo (“Contesto storico e normativo”) è dedicata la parte introduttiva della nascita della s.r.l. e della GmbH. Dopo un breve excursus storico, vi è un confronto generale fra i due tipi societari dei diversi ordinamenti, con l’analisi dei caratteri salienti della riforma societaria italiana del 2003 e della riforma societaria tedesca, relativa alla GmbH, del 2008 (la c.d. legge MoMiG), fino ad arrivare al quadro normativo relativo alla responsabilità e alla revoca dell’amministratore in entrambi i sistemi giuridici di riferimento. Oggetto dell’indagine del secondo capitolo (“Doveri e responsabilità degli amministratori”) è il tema della responsabilità gestoria, che gioca un ruolo fondamentale nella governance delle società di capitali, sia italiane che ESTRATTO II tedesche, ed è prodromica alla rimozione dall’incarico dell’organo gestorio, che si sia macchiato di atti di mala gestio. Si passa in rassegna l’art. 2476, comma 1, c.c., per quanto riguarda la s.r.l., e il § 46 GmbHG per l’ordinamento tedesco, analizzando i doveri in capo agli amministratori, la diligenza nell’eseguirli e le conseguenze giuridiche della loro violazione. Il terzo capitolo (“Diritti di controllo del socio”) è dedicato ai diritti di informazione e di consultazione attribuiti ai soci di s.r.l. e di GmbH, rispettivamente dall’art. 2476, comma 2, c.c. e dal § 51a GmbHG. Emblematica per il diritto italiano è la collocazione della disposizione nel quadro normativo della disciplina concernente la responsabilità e la revoca degli amministratori. Per la s.r.l. una novità è rappresentata non solo dalla maggiore incisività di cui si compongono i prefati diritti di controllo, ma soprattutto dalla titolarità attribuita a ciascun socio, indipendentemente dalla quota di capitale posseduta. Si è affidato il nuovo assetto di controlli prevalentemente all’iniziativa individuale del socio, avvicinando la s.r.l. al modello delle società personali. Vengono qui analizzate le modalità di esercizio dei diritti di informazione e di consultazione sia del quotista di s.r.l. che di GmbH, anche tramite professionisti di fiducia. Si esamina, poi, la possibilità per gli amministratori di opporre un rifiuto al rilascio delle informazioni richieste, al fine di salvaguardare l’interesse sociale alla non divulgazione di dati societari ritenuti sensibili. Al quarto capitolo (“L’azione sociale di responsabilità e la revoca dell’amministratore di s.r.l.”) si analizza l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore, colpevole di cattiva gestione, in rapporto all’azione cautelare di revoca, ai sensi dell’art. 2476, comma 3, c.c. In tale fattispecie il legislatore ha abolito il rinvio prima esistente alle s.p.a. ed ha introdotto “altresì” la possibilità di revocare il singolo amministratore in via cautelare. Ampio esame è dedicato al tema della diligenza dell’amministratore e all’esenzione di responsabilità, specialmente per quanto riguarda la manifestazione del dissenso. Nel medesimo capitolo si valuta la questione, non così pacifica, della sostituzione processuale, ovvero se il singolo socio di s.r.l., nell’esperire l’azione sociale, agisce in nome proprio per conto della società, che, così, diventa litisconsorte necessario nel giudizio di ESTRATTO III responsabilità. Vengono, poi, presi in esame ulteriori aspetti di natura processuale dell’azione di responsabilità, quali la possibilità per la società di rinunziare o transigere l’azione intrapresa, il rimborso delle spese di lite spettanti al singolo socio agente e la prescrizione. Con il quinto capitolo (“La revoca cautelare dell’amministratore di s.r.l.) si vagliano le numerose problematiche riguardanti lo strumento cautelare di revoca dell’amministratore di s.r.l., ex art. 2476, comma 3 c.c. La revoca del manager di s.r.l., in realtà, è stata concepita dalla riforma del 2003 solo per via cautelare, mentre il legislatore è silente sulla possibilità di revocare l’organo gestorio attraverso vie extragiudiziarie, che, comunque, vengono analizzate all’interno della ricerca. Durante la trattazione si nota come l’art. 2476, comma 3, c.c. sia una delle disposizioni più controverse, sulla quale si sono affannate dottrina e giurisprudenza, evidenziando i vuoti legislativi lasciati aperti dalla norma. Nel medesimo capitolo si passano in rassegna i presupposti del cautelare di revoca, ovvero del periculum in mora e del fumus boni iuris. Successivamente si analizza la possibile strumentalità tra il rimedio cautelare della rimozione dell’organo gestorio e l’azione sociale di responsabilità introdotta nel merito, questione che ha generato varie linee di pensiero, fra loro discordanti. Inoltre, si valuta la possibile introduzione del rimedio cautelare ante causam, prima che sia esperita l’azione sociale di responsabilità. Infine, si accenna alla ormai remota possibilità di revocare l’amministratore per via giudiziaria (ai sensi dell’art. 2409 c.c.), dopo la nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 481/2005, che ha escluso categoricamente l’applicabilità di detta disposizione alle s.r.l., anche a quelle provviste di organi di controllo. L’ultimo capitolo, il sesto, (“La revoca degli amministratori di GmbH e riscontro con la disciplina italiana) ha ad oggetto la rimozione dell’organo gestorio nell’ordinamento tedesco, così come disciplinato dal § 38 GmbHG, raffrontandola con il diritto italiano. Il principio cardine del legislatore tedesco in tema di revoca è quello della libera revocabilità degli amministratori in via stragiudiziale, salvo restrizioni contenute nello statuto societario. Si analizzano i presupposti e le modalità del procedimento di revoca, ponendo l’accento sui casi pratici di possibile accadimento. Anche l’ordinamento ESTRATTO IV tedesco, come quello italiano, conosce la revoca cautelare, che è regolata dalle disposizioni generali della ZPO riguardanti i provvedimenti cautelari. Per quanto concerne l’arbitrato, si analizza la possibilità direttamente per gli arbitri di revocare per via cautelare l’organo gestorio. Infine, sempre sulla scorta dell’esperienza comparatistica, si evidenziano le lacune del diritto italiano sul tema della revoca dell’amministratore, mettendo in luce analogie e differenze con la corrispondente disciplina tedesca. In conclusione, si richiama l’attenzione, attraverso alcuni esempi, sulle possibili modifiche della legislazione italiana in tema di s.r.l. conformemente alla GmbHG, in modo da rendere effettiva la tutela del socio e dei creditori sociali, attrarre investitori e così evitare la temuta fuga generalizzata verso altri modelli societari, sia italiani che stranieri.
The purpose of this legal research is the examination of the discipline of the director’s revocation of Italian limited Company “s.r.l.”, regulated by art. 2476 Italian Civil Code, after the corporate reform of 2003. Such a matter has been subject of numerous interpretations by the Doctrine and Jurisprudence, as it raises many systematic problems not yet resolved. The Art. 2476 c.c. is one of the most controversial points of Italian corporate law; the legislator of the reform, in order to maintain the s.r.l. autonomy, has joined more legal institutions in the same article, with the intention of emphasizing the partner’s figure in the social contract, the organization and management of company. Making a parallel with the same German rules, more detailed and more systematic than the Italian ones, it is possible to notice some key differences and thus take any possible ideas for future reforms. The thesis consists of six chapters. The first chapter (“Historical and normative context”) is dedicated to the introduction of the birth of “s.r.l.” and the “GmbH”. After a brief history, there is a general comparison between the company types of two different systems, analyzing the salient features of both the company reforms: the Italian one, relative to s.r.l., in 2003; the German one, relative to the GmbH, in 2008 (the so-called Law MoMiG), with particular care of the responsibility in both the legal systems. The topic of the second chapter (“Directors’ duties and responsibilities”) is the issue of legal responsibility management activity, which plays a key role in the governance of Italian and German limited liability company and it is prodromal to remove the director from his office, if he’s soiled himself with acts of mismanagement. There is an overview of the ABSTRACT II Art. 2476, comma 1, c.c. with respect s.r.l. and § 46 GmbHG of the German system, analyzing the directors’ duties, diligence executable and the legal consequences of their violation. The third chapter (“Partner’s control rights”) is dedicated to information and consulting rights granted to the s.r.l. and GmbH partners, respectively by art. 2476, comma 2, c.c. and by § 51a GmbHG. Italian law sets the topic “Partner’s control right” in the rule with regard to the responsibility and to the removal of the director, who is guilty of acts of maladministration. For s.r.l. a novelty is represented not only by the more wideness of the aforesaid control rights, but above all by the title attributed to each member, regardless of the share capital owned. Therefore the new arrangement of controls predominantly is left to the partner’s individual initiative, approaching the s.r.l. to the model of the individual companies. Here the procedures are analyzed to the exercise of the right to information and consultation of both the partners, s.r.l. and GmbH, even by trusted professionals. The directors’ power, then, is examined to withhold the release of the requested informations, in order to protect the social interest from the disclosure of corporate data deemed private. In the fourth chapter (“The action of social responsibility and the removal of the s.r.l. director”) the liability action is analyzed towards the director, guilty of misconduct, in relation to precautionary action of removal, in conformity with the Art. 2476, comma 3, c.c. In this case the legislator has abolished the previous reference to the s.p.a. and he has introduced “also” the possibility to remove the individual director by a preliminary injunction. Extensive review is dedicated to the director’s diligence and to his exemption of liability, especially with regard to the manifestation of dissent. The same chapter examines the not so peaceful question of the procedural substitution, or if the individual s.r.l. partner acts in the proceedings in his own name, but for a right of the company, that becomes necessary joinder in the liability action. Then, other procedural aspects of the liability action are examined, such as the company possibility to disclaimer or to settle the action, the repayment of the costs of litigation due to the individual partner claimant and the limitation of actions. ABSTRACT III The fifth chapter (“The precautionary action of the s.r.l. director’s removal”) examines the many issues surrounding the precautionary action of the s.r.l. director’s removal, in conformity with the Art. 2476, comma 3, c.c. The s.r.l. director’s removal, in fact, has been inserted by the 2003 reform only as a precautionary measure. In fact, the legislator is silent about the possibility of the director’s removal through extra-judicial remedies, which, however, are analyzed in the search. During the essay one notes that the Art. 2476, comma 3, c.c. is a much debated issue by the doctrine and the jurisprudence, which have highlighted the gaps left open by the provision. In the same chapter there is the review of the conditions of the precautionary action of removal, that is periculum in mora and fumus boni iuris. Then one analyzes the possible relationship between the precautionary action of the s.r.l. director’s removal and the subsequent action for liability, an issue that has generated several lines of thought, conflicting with each other. In addition, there is the examination of the possible introduction of the precautionary measure ante causam, before introducing the action for liability. Finally, one mentions the remote possibility of the director’s removal through the Judge (in conformity with the Art. 2409 c.c.), disappeared after the famous judgment of the Constitutional Court n. 481/2005, which has categorically excluded the applicability of that provision to s.r.l., even to those ones supplied with board of auditors. The last chapter, the sixth (“The GmbH directors’ removal and feedback with the Italian legislation”), relates to the director’s removal in the German law, as regulated by § 38 GmbHG, comparing it with the Italian law. The cardinal principle of the German legislature in terms of the company director’s removal is the directors’ extra-judicial free revocability, with the exception of the restrictions contained in the articles of association. One analyzes the assumptions and mode of the removal procedure, with an emphasis on practical cases. Even the German legal system, like the Italian one, knows the precautionary action of the director’s removal, which is governed by the general provisions regarding the precautionary measures of the ZPO. With regard to arbitration, one analyzes the arbitrators’ power to removal the director with a precautionary measure. Finally, completing the ABSTRACT IV comparison with the German legal system, there are the gaps of the Italian law in terms of director’s removal, highlighting analogies and differences with the matching German rules. In conclusion, attention is drawn, through some examples, to possible changes in Italian legislation regarding s.r.l. according to the GmbH, in order to make effective the protection of partner and creditors of the company, to attract investors and to avoid the dreaded generalized drain to other company models, whether Italian ones or foreigner ones.
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Colonnelli, De Gasperis Mattia. "Le azioni correlate.Tracking Stocks". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3667.

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2008/2009
Il lavoro ha ad oggetto l’istituto giuridico delle azioni correlate o di settore (già noto e diffuso in ordinamenti stranieri con il nome tracking stocks e tracking shares), introdotto nell’ordinamento giuridico italiano dalla recente riforma di diritto societario al fine di rendere le forme di finanziamento della società per azioni più efficienti, flessibili e maggiormente adatte alle esigenze degli investitori e dei mercati di capitali. Tale strumento di partecipazione azionaria offre l’opportunità di un investimento remunerato secondo la produttività di uno specifico settore dell’attività esercitata dalla società emittente. Ai sensi del novellato art. 2350, comma 2, c.c., le azioni correlate sono, infatti, “azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore”. Lo studio si apre con l’analisi delle ragioni economico-finanziarie sottostanti l’emissione di tracking stocks, soffermandosi sul diversification discount, la corporate governance, l’asimmetria informativa, le operazioni straordinarie di ristrutturazione aziendale, i particolari equilibri nell’ambito di compagini complesse, l’incentivazione ai managers, la predisposizione di poison pills in caso di scalate ostili. Il precedente storico dell’istituto risale al 1984 quando General Motors al fine di acquisire Electronic Data System attribuì agli azionisti di quest’ultima azioni correlate al core business della medesima società acquisita. La prima operazione europea di ammissione alla quotazione di azioni correlate è avvenuta in Francia nel 2000, anno in cui Alcatel S.A. collocava sul premier marchè azioni correlate all’attività della società controllata Alcatel Optronics. In Italia, le tre società chiuse AIMAG S.p.A. (2006), ATAF S.p.A. (2005) e Friulia S.p.A. (2005) e l’investment company quotata Cape Live S.p.A. (2007) hanno emesso azioni correlate. Vengono approfonditi, tra l’altro, l’ambito di applicabilità dell’istituto, con particolare riguardo alla definizione di settore, alle divisional tracking stocks ed alle subsidiary tracking stocks, e la correlazione dei diritti patrimoniali ai risultati di un settore specifico di attività sociale esercitata dall’emittente (correlazione in senso forte, o close tracking, e correlazione in senso debole, o loose tracking), quale elemento minimo e caratterizzante tale categoria azionaria. Si conclude che sul piano strutturale e funzionale il risultato del settore rappresenta il parametro quantitativo, il criterio, relativo o assoluto, fisso o variabile, per il calcolo della parte di risultato di esercizio di spettanza delle azioni correlate. Sono analizzati, poi, i diritti patrimoniali tipici delle azioni correlate, quali il diritto agli utili, la partecipazione alle perdite ed il diritto alla quota di liquidazione, e i diritti amministrativi, quali il diritto di voto in assemblea generale ed in assemblea speciale, anche nel contesto dell’autonomia statutaria. Il lavoro prosegue con la trattazione del tema dell’accertamento del risultato di settore e delle modalità di rendicontazione da inserirsi all’interno dello statuto. Si argomenta che il risultato di settore non può considerarsi concetto giuridico e/o contabile predefinito e non rappresenta il contenuto del diritto patrimoniale dell’azionista, ma solo un parametro di commisurazione dello stesso, in funzione del criterio di correlazione prescelto. Viene trattato, inoltre, il diritto di conversione delle azioni correlate in azioni ordinarie come meccanismo di exit, funzionale a disciplinare la sorte delle azioni correlate al verificarsi di predeterminati eventi o condizioni. Si esaminano le clausole di conversione ricorrenti nella prassi internazionale, di cui si verifica la compatibilità con l'ordinamento italiano. Infine, vengono identificate le nuove criticità di corporate governance cui le azioni correlate danno luogo, come ad esempio le nuove conflittualità orizzontali tra i soci relative all’allocazione di risorse, delle opportunità d’affari (corporate opportunities), delle spese e dei costi comuni. In tale contesto si forniscono alcuni standards di condotta che gli amministratori di società multi settoriali devono seguire, onde evitare di incorrere in responsabilità verso la società, i soci o i creditori sociali. In tale contesto, si parte dalla constatazione di carattere economico per cui l’impresa multi settoriale è accostabile al fenomeno del gruppo di società ovvero dell’imprenditore-persona fisica o comunque soggetto che abbia rilevanti interessi economici in altre imprese, individuali o collettive. E’ interesse comune a tutti gli azionisti sia che la società mantenga un sano equilibrio economico e finanziario sia che la società venga gestita, nel suo complesso, in modo efficiente. Nel caso in cui la società è insolvente perdono tutti i soci. Una gestione economicamente efficiente conduce alla massimizzazione del valore aggregato delle azioni, cui corrisponde la massimizzazione del valore di ciascuna categoria di azioni, cuore della teoria del c.d. shareholder value. In tale prospettiva l'attenzione si sposta necessariamente sulle modalità gestionali. Infatti, tale interesse comune può essere perseguito esclusivamente attraverso una continua e costante azione perequativa da parte degli amministratori volta ad armonizzare ed ottimizzare il funzionamento particolare di ciascun settore con quello degli altri.
XXII Ciclo
1975
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RESTELLI, ENRICO RINO. "FINANZIAMENTO DELL'IMPRESA E COAZIONE A SOTTOSCRIVERE. GLI AUMENTI DI CAPITALE IPERDILUITIVI". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/50308.

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Gli aumenti di capitale iperdiluitivi causano rilevanti anomalie di mercato, soprattutto con riferimento ai diritti d’opzione, che sono spesso scambiati a un prezzo notevolmente inferiore rispetto al loro valore teorico. Come evidenziato nel Capitolo I, tali anomalie possono comportare un significativo annacquamento del valore dell’investimento, inducendo così gli azionisti a sottoscrivere le azioni offerte loro nonostante le prospettive reddituali dell’impresa avrebbero consigliato altrimenti (c.d. coazione a sottoscrivere). Al fine di trovare un adeguato equilibrio tra le esigenze di finanziamento dell’impresa e la necessità di tutelare adeguatamente gli investitori, l’ordinamento giuridico offre una pluralità di soluzioni. In quest’angolo visuale, il Capitolo II esamina il divieto di emettere nuove azioni al di sotto della parità contabile (art. 47, Direttiva (EU) 2017/1132) quale limite ex ante alla diluizione massima del valore della partecipazione azionaria, così di ridurre il rischio di comportamenti opportunistici. Similmente, nel Capitolo III si discute della funzione assolta in tali operazioni dalla responsabilità degli amministratori ex art. 2395 c.c. e ci si interroga se - nelle società quotate - l’illiquidità del mercato dei diritti di opzione costituisca un’ipotesi rilevante ai sensi dell'art. 2441, comma 5, c.c., così che tutte le nuove azioni debbano essere emesse al loro valore “reale” (co. 6).
In publicly traded companies, highly dilutive rights issues create market anomalies throughout the whole offer period, especially with respect to rights prices, which quote considerably below their fair value. As pointed out in Chapter I, these anomalies could cause severe losses to non-subscribing shareholders, inducing them to take part in the operation even if financial perspectives of the company would have suggested otherwise (= enforced subscription mechanism). In order to strike a proper balance of enabling companies to raise new capital while simultaneously protecting investors, company law provides an array of regulatory strategies. In this respect, Chapter II analyzes the prohibition on issuing new shares below par value (art. 47, Directive (EU) 2017/1132) as a means to limit the dilution that can be imposed on non-subscribing shareholders, thus hindering opportunistic behaviors. Similarly, Chapter III examines the function and the contents of managers’ liability to investors (art. 2395 Italian c.c.) and discusses whether, in these operations, the illiquidity of rights’ market can be regarded as a restriction of their pre-emption right, imposing that new shares are always issued at their “real” value (art. 2441, par. 5 - 6, Italian c.c.).
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RESTELLI, ENRICO RINO. "FINANZIAMENTO DELL'IMPRESA E COAZIONE A SOTTOSCRIVERE. GLI AUMENTI DI CAPITALE IPERDILUITIVI". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/50308.

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Gli aumenti di capitale iperdiluitivi causano rilevanti anomalie di mercato, soprattutto con riferimento ai diritti d’opzione, che sono spesso scambiati a un prezzo notevolmente inferiore rispetto al loro valore teorico. Come evidenziato nel Capitolo I, tali anomalie possono comportare un significativo annacquamento del valore dell’investimento, inducendo così gli azionisti a sottoscrivere le azioni offerte loro nonostante le prospettive reddituali dell’impresa avrebbero consigliato altrimenti (c.d. coazione a sottoscrivere). Al fine di trovare un adeguato equilibrio tra le esigenze di finanziamento dell’impresa e la necessità di tutelare adeguatamente gli investitori, l’ordinamento giuridico offre una pluralità di soluzioni. In quest’angolo visuale, il Capitolo II esamina il divieto di emettere nuove azioni al di sotto della parità contabile (art. 47, Direttiva (EU) 2017/1132) quale limite ex ante alla diluizione massima del valore della partecipazione azionaria, così di ridurre il rischio di comportamenti opportunistici. Similmente, nel Capitolo III si discute della funzione assolta in tali operazioni dalla responsabilità degli amministratori ex art. 2395 c.c. e ci si interroga se - nelle società quotate - l’illiquidità del mercato dei diritti di opzione costituisca un’ipotesi rilevante ai sensi dell'art. 2441, comma 5, c.c., così che tutte le nuove azioni debbano essere emesse al loro valore “reale” (co. 6).
In publicly traded companies, highly dilutive rights issues create market anomalies throughout the whole offer period, especially with respect to rights prices, which quote considerably below their fair value. As pointed out in Chapter I, these anomalies could cause severe losses to non-subscribing shareholders, inducing them to take part in the operation even if financial perspectives of the company would have suggested otherwise (= enforced subscription mechanism). In order to strike a proper balance of enabling companies to raise new capital while simultaneously protecting investors, company law provides an array of regulatory strategies. In this respect, Chapter II analyzes the prohibition on issuing new shares below par value (art. 47, Directive (EU) 2017/1132) as a means to limit the dilution that can be imposed on non-subscribing shareholders, thus hindering opportunistic behaviors. Similarly, Chapter III examines the function and the contents of managers’ liability to investors (art. 2395 Italian c.c.) and discusses whether, in these operations, the illiquidity of rights’ market can be regarded as a restriction of their pre-emption right, imposing that new shares are always issued at their “real” value (art. 2441, par. 5 - 6, Italian c.c.).
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BLATTNER, Hans Roderich. "SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA E RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI". Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11562/954832.

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Resumen
Il presente lavoro ha ad oggetto il fenomeno delle società a partecipazione pubblica in Italia con particolare riferimento alle attuali problematiche in punto di giurisdizione in ordine alle condotte illecite perpetrate dagli Amministratori di tali società. Il primo capitolo è dedicato alla disamina delle varie tipologie di società “pubbliche” quali le società c.d. “in house”, le società miste e le società quotate e le società a statuto c.d. “singolare” (come RAI S.p.a., ANAS S.p.a, ENAV S.p.a, Patrimonio dello Stato S.p.a. e ARCUS S.p.a). In particolare, dopo una breve panoramica che ripercorre l’evoluzione storica del fenomeno evidenziandone la natura disorganica e frammentaria, ci si è soffermati sulle caratteristiche peculiari di tali modelli societari alla luce della copiosa normativa intervenuta negli anni fino all’entrata in vigore del Testo Unico recentemente emanato – 23 settembre 2016 – con d.lgs. n. 175 del 2016. La seconda parte del lavoro è dedicata al concetto di danno c.d. “erariale” attraverso una disamina dei singoli elementi costitutivi della c.d. responsabilità amministrativa e delle tesi intervenute a qualificarne la natura (risarcitoria o sanzionatorie). L’ultimo capitolo è, quindi dedicato all’analisi dell’evoluzione giurisprudenziale sul tema del riparto di giurisdizione in ordine alle condotte degli amministratori delle società pubbliche che con le loro condotte abbiano arrecato nocumento al patrimonio sociale o all’ente pubblico quotista. Si è proceduto, in particolare, ad analizzare le motivazioni sottese ai più importanti pronunciamenti sul tema a partire dalla nota ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 19667 del 2003 in tema di Enti Pubblici Economici per poi passare alla disamina dei successivi arresti rappresentati dai leading cases n. 26806 del 2009 (che ha rivisitato l’orientamento precedente affermando la sussistenza in via generale della giurisdizione ordinaria), n. 27092 del 2009 e n. 22683 del 2013 (rispettivamente in tema di società a statuto c.d. “singolare” e società c.d. in house che hanno introdotto un principio in deroga all’orientamento del 2009 riservando la giurisdizione al Giudice Contabile). Si è, quindi, proceduto a porre a vaglio critico il nuovo art. 12 del citato d.lgs. 175 del 2016 che ha cristallizzato sul piano positivo i principi in tema di riparto di giurisdizione dando vita, di fatto, ad un sistema a “doppio binario”. La norma in questione, in particolare, recependo sostanzialmente i principi enunciati dalle ordinanze n. 26806 del 2009 e 22683 del 2013, ha individuato quale giudice naturale per le ipotesi di danno cagionato dagli amministratori delle Società in mano pubblica il Giudice Ordinario, riservando al Giudice Contabile le ipotesi di danno erariale derivanti da condotte che abbiano determinato nocumento agli enti partecipanti (anche nell’ipotesi di esercizio negligente dei diritti di socio disciplinati dal codice civile) o nell’ambito della gestione delle società c.d. in house (così come oggi ridefinite dal novellato art. 16 del d.lgs. 175 del 2016). Gli ultimi paragrafi sono, quindi, riservati all’analisi delle principali ipotesi di danno c.d. “diretto” agli enti partecipanti (danno all’immagine e quello cagionato dal negligente esercizio dei diritti di socio da parte dei rappresentanti dei soggetti pubblici quotisti) ed all’analisi della spinosa problematica della sindacabilità da parte del giudice contabile dei comportamenti di natura imprenditoriale riferibili agli amministratori delle società c.d. in house.
This work regards the phenomenon of the Italian “government-owned” companies, with specific reference to the current problems concerning the jurisdiction over the misconducts of the Director of these companies. The first chapter is focused on the examination of the various types of government-owned companies, as the “in house” companies; the “mixed” companies; the listed companies and the companies with a so-called “singular” Statute (as RAI S.p.a., ANAS S.p.a, ENAV S.p.a, Patrimonio dello Stato S.p.a. and ARCUS S.p.a). In particular, after a short overview of the historical evolution of the phenomenon, highlighting its disjointed and fragmentary nature, the analysis of this work is concentrated on the specific characteristics of the abovementioned corporate models and on the relevant copious regulation issued during the years, until the recent entry into force of the “Testo Unico” – September 23rd, 2016 – with d.lgs. n. 175/2016. The second part of the work is dedicated to the notion of “public finance damage” (the so-said “danno erariale”) through the close examination of each constitutive element of the so-said “Public Administration liability” and of all the theories developed to qualify its nature (if a penalty or a compensative one). The last chapter is focused on the study of the case law evolution concerning the jurisdiction over the Director of the government-owned companies whose misconducts have damaged the company assets or the shareholder public authority. In particular, this work concentrates its attention on the analysis of the motivations of the most important pronouncement concerning the abovementioned matter, starting from the popular judicial decision n. 19667/2003 issued by the Italian Corte di Cassazione a Sezioni Unite until the leading cases n. 26806/2009 (that has changed the previous case law, stating, on a general way, the jurisdiction of an ordinary court) and n. 27092/2009 and n. 22683/2013 (concerning the companies with a so-called “singular” Statute and the so-called in house companies, respectively and introducing a principle that, notwithstanding the 2009 case law, has stated the jurisdiction of the Accountant Judge). This work has therefore provided for an incisive analysis of the new art. 12 of the abovementioned d.lgs. 175/2016 that has crystallized, on a regulatory way, the principles concerning the jurisdiction and de facto has created a “double rail" system. In particular, essentially accepting the principles declared by the abovementioned decisions n. 26806/2009 and 22683/2013, this provision has stated the jurisdiction of the ordinary court, in case of damages caused by the Directors of the “government-owned” companies; while the jurisdiction of the Accountant Judge in case of “public finance damage” caused by those conducts that have damaged the shareholder authorities (even in case of negligent exercise of the shareholder’s rights as per civil code) or by the management of the so-said in house companies (as defined by the new art art. 16 of d.lgs. 175/2016). The last paragraphs are therefore dedicated to the study of the principal cases of the so-said “direct” damage suffered by the shareholder authorities (damages to the imagine and damages due to the negligent exercise of the shareholder’s rights by the representatives of the public shareholder authorities) and to the analysis of the thorny issue concerning the jurisdiction of the Accountant judge on those conducts with an entrepreneurial nature made by the Directors of the so-said in house companies.
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COLAIUDA, FEDERICA. "La responsabilità amministrativa tributaria degli enti collettivi". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/939342.

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Obiettivo del lavoro svolto è stato quello di analizzare l’evoluzione e l’attuale configurazione della normativa in materia di responsabilità amministrativa tributaria degli enti collettivi. L’esigenza di individuare forme di responsabilità in capo a soggetti collettivi, dotati o meno di personalità giuridica, scaturisce dalla necessità di far fronte a condotte fiscali sempre più aggressive delle società operanti nell’odierno “mercato globale”. Il sistema sanzionatorio amministrativo tributario disegnato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, fortemente caratterizzato dal principio di personalità, si dimostra poco efficace nei confronti di soggetti che, sempre più spesso, ricorrono alla forma societaria per porre in essere condotte illecite. L’attuale assetto normativo poggia su un sistema ibrido: da un lato, il decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazione dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con il quale è stata introdotta una responsabilità diretta ed esclusiva delle società o enti con personalità giuridica per il pagamento delle sanzioni relative al rapporto fiscale proprio degli stessi; dall’altro, i principi generali, posti dal D.Lgs. n. 472 del 1997, in base ai quali il destinatario unico della sanzione è la persona fisica che ha realizzato la condotta illecita. Ne è venuto fuori un sistema binario di responsabilità: una responsabilità diretta per le società ed enti con personalità giuridica, ed una responsabilità solidale dipendente per le persone fisiche e le società ed enti che ne sono prive. Un tale assetto normativo ha dato luogo, e non poteva essere altrimenti, a sospetti di legittimità costituzionale sui quali ci siamo soffermati nel tentativo di dare della norma una lettura costituzionalmente orientata. Il lavoro si conclude con delle prospettive di riforma del sistema che, partendo dalla separazione delle singole responsabilità (autore dell’illecito – società), e facendo leva sul contrasto di interessi tra gli stessi, possa recuperare efficacia mediante la previsione di specifiche sanzioni.
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CIRCOSTA, ROBERTA. "Il principio di solidarietà nella responsabilità degli amministartori di Spa". Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1320297.

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La tesi ha ad oggetto l’analisi del principio di solidarietà applicato alla responsabilità dei membri del consiglio d’amministrazione di società per azioni, che adottino il c.d. “modello tradizionale” di gestione e controllo. L’esame delle regole in materia di responsabilità degli amministratori (Cap. I) e di obbligazioni solidali (Cap. II) è necessario per rispondere al quesito che fonda l’intero lavoro, ovvero se la responsabilità gestionale di cui all’art. 2392 c.c. possa, ancora oggi, definirsi “solidale”. La disposizione citata, rubricata “Responsabilità degli amministratori nei confronti della società”, stabilisce che gli amministratori sono solidalmente responsabili nei confronti della società per i danni derivanti dalla violazione degli obblighi che, per legge o previsione statutaria, gravino sugli stessi. Prima della riforma del diritto societario, attuata con D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, la previsione del regime di responsabilità solidale era giustificata dalla completa equiparazione delle posizioni dei membri del collegio nella causazione del danno. L’intervento riformatore ha apportato numerose modifiche che hanno diversificato e specificato il contenuto degli obblighi facenti capo a ciascun consigliere. La conseguente disomogeneità dei doveri dei membri del consiglio fa emergere il dubbio circa la reale sussistenza del vincolo solidale tra gli amministratori e, dunque, circa la riconducibilità dello stesso all’alveo della relativa disciplina. In particolare, verrebbe meno un elemento costitutivo della solidarietà, ovvero la “eadem res debita”. Con tale espressione si intende, tradizionalmente, l’identità della prestazione oggetto dell’obbligazione solidale. Se, infatti, perché possa dirsi operante il principio solidaristico, si presuppone che ciascun condebitore sia tenuto alla medesima condotta, il caso degli amministratori di società per azioni rimarrebbe escluso dal suo ambito applicativo. Nel lavoro si è tentato di elaborare una soluzione che conservi la regola della solidarietà nel consiglio d’amministrazione, nonostante i mutamenti intervenuti. L’assunto fondamentale è che l’identità della prestazione debba essere intesa in senso giuridico, come idoneità del contenuto della stessa a estinguere per intero l’obbligazione nei confronti del creditore, qualunque sia il condebitore chiamato ad adempiere. Tale idoneità non può che derivare dalla fungibilità dell’oggetto della prestazione. In secondo luogo, si nota come la solidarietà di cui parla la disposizione di cui all’art. 2392 c.c. non attiene all’obbligazione “originaria” facente capo agli amministratori che, come si è detto, è diversificata nel suo contenuto, bensì all’obbligazione risarcitoria che sorge a seguito dell’accertamento della responsabilità. È la responsabilità ad essere solidale e non il debito. Il vincolo solidale sorgerebbe, in altre parole, nel passaggio dal “debito” originario alla responsabilità da risarcimento. Pertanto, l’unicità della prestazione, intesa in senso giuridico, verrebbe recuperata al momento della quantificazione e monetizzazione dell’obbligazione risarcitoria. A partire da questo momento, infatti, l’obbligazione originaria è trasformata nel bene fungibile per eccellenza: il denaro. Qualunque sia il soggetto chiamato ad adempiere essa sarà idonea a soddisfare l’interesse del danneggiato. L’ultima parte dell’elaborato segna il passaggio alle questioni processuali legate al carattere solidale della responsabilità degli amministratori. L’analisi delle stesse porterà a confermare la permanenza del regime della solidarietà all’interno del cda, nonostante i numerosi cambiamenti intervenuti paiono averla “affievolita” o “graduata”. Ciò è confermato, nel processo, dall’applicazione del litisconsorzio facoltativo e dalla scindibilità delle cause aventi ad oggetto l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (Cap. III). Una particolare attenzione è dedicata, infine, alla transazione avente ad oggetto le obbligazioni solidali e, ancora di più, alla transazione che riguardi non l’intero debito, ma le quote dello stesso imputabili a ciascun condebitore. Il contratto descritto, ammesso nella prassi, lascia aperte una serie di questioni: se si possa ancora parlare di solidarietà posto che la suddivisione in quote dovrebbe rimanere appannaggio dei rapporti interni e non riguardare, invece, quelli con il comune creditore; quali siano gli effetti di un simile contratto sui condebitori che non vi partecipano e sul debito residuo. La transazione pro quota attribuisce rilievo esterno alla diversa ripartizione delle quote che, invece, normalmente non rileva nei rapporti con il creditore ma solo in quelli interni, ai fini dell’azione di regresso. Verrebbe meno, dunque, uno degli aspetti costitutivi della solidarietà, perché il creditore non può domandare al transigente l’adempimento dell’intero debito, in quanto il coobbligato che conclude la transazione si scioglie dal vincolo solidale. In realtà, l’idea che la solidarietà cessi nel momento in cui la suddivisione in quote è “esternalizzata” si fonda sul presupposto per cui il vincolo solidale, per esistere, necessita di una prestazione unica e identica in capo a tutti i condebitori. Se, tuttavia, si accoglie la ricostruzione proposta in questo lavoro, per cui l’identità e l’unicità sono da intendere come fungibilità del contenuto della prestazione e, quindi, come idoneità della stessa a soddisfare il creditore qualunque sia il soggetto adempiente, si comprenderà come la transazione “parziale” non fa venir meno questi requisiti. Infatti, la prestazione che residua in capo ai condebitori non transigenti, seppur ridotta nel suo ammontare, sarà ancora idonea a realizzare l’interesse creditorio per la parte di debito non soddisfatta dalla transazione. Il vincolo di solidarietà si scioglie solo per il condebitore che ha transatto, ma continua a esistere per gli altri. La transazione pro quota tra il danneggiato ed uno dei condebitori solidali, quindi, non trasforma l'obbligazione da solidale in parziaria e da ciò deriva che le restanti parti non aderenti alla transazione devono essere condannate per l'intera somma determinata a titolo di risarcimento, seppur ridotta in misura proporzionale alla quota transatta. Il lavoro termina con l’idea che le conclusioni cui si è pervenuti siano fondate sullo stato attuale della normativa. Non si esclude, pertanto, uno sviluppo futuro della questione. Una proposta in tal senso è stata abbozzata nel paragrafo di chiusura.
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Intermaggio, Angela. "Nomina e responsabilità degli amministratori di societàin mano pubblica: note e profili distintivi dal regime generale". Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/101773.

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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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