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Di Mauro, Luca. "Un progetto di congiura assolutista durante l'ottimestre costituzionale del 1820-21". IL RISORGIMENTO, n.º 2 (noviembre de 2022): 7–37. http://dx.doi.org/10.3280/riso2022-002001.

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L'adozione della costituzione spagnola nelle Due Sicilie a seguito del moto carbonaro di Nola non interrompe l'attività politica delle società segrete che aveva caratterizzato il decennio precedente. Durante gli otto mesi del reme rappresentativo la clandestinità continua a essere considerata uno strumento politico e formazioni democratiche, liberali e reazionarie si muo- vono nell'ombra per modificare o rovesciare il governo. Le carte del fondo Ministero di grazia e giustizia dell'Archivio di Stato di Napoli restituiscono le indagini della polizia del regime costituzionale napoletano su di una congiura della società reazionaria dei calderari, preparata tra il dicembre 1820 e il febbraio 1821. Pur se rimasta priva di effetti pratici, l'azione del nucleo legittimista mette in luce una rete composita di azione e reclutamento e consente di analizzare le ragioni - politiche o personali - alla base della politicizzazione dei differenti gruppi sociali coinvolti nel progetto.
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Scotti Douglas, Vittorio. "Napoli e Torino, due rivoluzioni sull’esempio di Cadice". Pasado y Memoria. Revista de Historia Contemporánea, n.º 22 (28 de enero de 2021): 53. http://dx.doi.org/10.14198/pasado2021.22.02.

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Dopo una breve introduzione sui secolari rapporti tra Spagna e Italia, il saggio presenta un esame sommario della Costituzione di Cadice e si sofferma poi sulla situazione italiana agli inizi della Restaurazione, analizzando in dettaglio e in profondità il caso del Regno delle Due Sicilie e del Regno di Sardegna dal punto di vista politico e sociale, spiegando come la Costituzione di Cadice fosse divenuta la parola d’ordine del movimento patriottico italiano. Il testo continua indicando come l’insurrezione costituzionale spagnola del 1820 abbia costituito il detonatore della rivoluzione di Napoli dello stesso anno, e mette in luce le reazioni della società napoletana al nuovo regime politico, soffermandosi sul dibattito culturale e politico che si svolse sulla stampa. Si passa poi alla rivoluzione piemontese, mettendo nuovamente in risalto come l’insieme dei patrioti decidesse di adottare la Costituzione di Cadice dopo molte accese discussioni, e come infine la rivoluzione fallisse da un lato per la condotta pusillanime del Principe Reggente Carlo Alberto, dall’altro per la sostanziale apatia e indifferenza delle classi popolari, che non scorgevano alcun possibile vantaggio materiale immediato in un nuovo sistema politico. Infine l’Autore, che vuole qui sottolineare l’impiego di una bibliografia basata essenzialmente su fonti contemporanee e di testimoni oculari, conclude l’opera tracciando un parallelo tra patrioti spagnoli e italiani, uniti nel comune destino della lotta per la libertà e l’indipendenza.
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Cattaneo, Fabrizio. "Democrazia costituzionale". DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 2, n.º 2 (21 de febrero de 2020): 110–26. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n2.2019.p110-126.

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Il saggio si focalizzerà sull’analisi del rapporto tra costituzione e democrazia, innanzitutto sotto un profilo teorico ricostruendo il modello della democrazia costituzionale secondo alcune delle più autorevoli linee di pensiero del costituzionalismo contemporaneo. La natura della democrazia costituzionale è infatti, come si cercherà di argomentare, innanzitutto concettuale, e designa un modello teorico che in parte fornisce elementi per una conoscenza analitica, in parte dà indicazioni normative alle costituzioni democratiche positive dei regimi politici contemporanei e agli embrioni di costituzioni democratiche delle istituzioni politiche sovranazionali come l’Unione Europea e l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il saggio si articolerà in due parti. La prima sarà dedicata alla ricostruzione del modello teorico della democrazia costituzionale, come si è detto seguendo alcune delle più autorevoli linee di pensiero del costituzionalismo contemporaneo: nello specifico ripercorrendo e ricostruendo sommariamente le teorie di Norberto Bobbio e Luigi Ferrajoli. La seconda parte sarà dedicata all’osservazione storico-empirica della ‘divaricazione deontica’ (Ferrajoli) tra il modello teorico e la realtà, cioè la distanza che si può osservare tra modello teorico e le costituzioni formali e ‘materiali’ dei regimi politici fondati su tale modello. Senza ovviamente pretendere minimamente un’analisi esaustiva, si tenterà di rintracciare una linea evolutiva (o involutiva?) nell’arco temporale che va dalla nascita delle democrazie costituzionali con costituzione rigida e forma di governo democratica, (sostanzialmente dunque dalla fine della seconda guerra mondiale) ai nostri giorni.
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Violante, Luciano. "INTRODUZIONE". Il Politico 251, n.º 2 (3 de marzo de 2020): 5–24. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.233.

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La storia delle istituzioni repubblicane è caratterizzata da profonde fratture, a partire dalla nascita della Repubblica. Il regime democratico nasce e si afferma sulla base di tre radicali discontinuità. La prima fu la guerra di Liberazione dal nazismo e dal fascismo che fu anche guerra tra italiani. La seconda fu il referendum tra monarchia e repubblica, che mise fine alla dinastia sabauda. La terza frattura nacque dalla prima decisione della Corte Costituzionale, che, respingendo le istanze dell’Avvocatura dello Stato, intervenuta in difesa dell’art.113 TULPS, affermò la propria competenza a giudicare della conformità alla Costituzione di tutte le leggi, comprese quelle precedenti alla sua istituzione, riconfermando la felice frattura tra fascismo e Repubblica. Negli anni successivi, il paese è stato colpito da undici stragi politiche, due opposti terrorismi con 460 uccisi in quindici anni (1969-1984), due stragi di mafia, tre tentativi di rovesciamento violento del governo, l’omicidio di un uomo di Stato, di 24 magistrati e di 11 giornalisti. A queste tragedie possono aggiungersi l’autodistruzione di una classe politica dirigente incapace di assumersi le proprie responsabilità in seguito alle vicende di Tangentopoli, il processo di crescente denigrazione [Continua]
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Mitrotti, Antonio. "Territorio, interessi in contesa e modifiche agli articoli 9 e 41 Cost." Società e diritti 7, n.º 13 (25 de julio de 2022): 82–120. http://dx.doi.org/10.54103/2531-6710/18453.

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RiassuntoDa tempi ancestrali lo spazio territoriale è un campo di contesa tra interessi umani contrastanti e non soltanto tra differenti clan o tribù dell’uomo e, in un secondo momento, tra diversi soggetti statali della Comunità internazionale, ma persino all’interno dei condivisi confini di uno stesso Stato: tanto che ci si è qui interrogati sulle essenziali cause "giuridiche" di questo atavico fenomeno, sforzandosi specialmente di cogliere qualche "piccola" sfida vinta dal costituzionalismo moderno. A tal proposito possono proprio essere lette le recenti modifiche agli articoli 9 e 41 del testo costituzionale della Repubblica italiana, che in relazione al territorio, alla sua endemica storia conflittuale, sembrerebbero foriere di potenziali novità anche circa il regime del così detto "permitting" ambientale.
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Valentini, Elena. "Il “doppio binario cautelare”: la tormentata disciplina degli automatismi stabiliti dall’art. 275 comma 3 C.P.P." Revista Brasileira de Direito Processual Penal 7, n.º 3 (31 de octubre de 2021): 1669. http://dx.doi.org/10.22197/rbdpp.v7i3.631.

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Il contributo è dedicato all’analisi del cosiddetto “doppio binario cautelare”, e dunque della disciplina speciale, racchiusa nel secondo e terzo periodo dell’art. 275 comma 3 c.p.p. (oltre che nell’art. 12 comma 4-bis d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286), che prevede alcune deviazioni dalla regolamentazione generale concernente le condizioni applicative e i criteri di scelta delle misure cautelari personali. Il saggio esordisce descrivendo la normativa prevista per i reati comuni, per poi concentrarsi sul regime derogatorio previsto per particolari categorie di delitti. A tale ultimo proposito, dopo aver descritto la travagliata evoluzione che ha contrassegnato la disciplina speciale dal 1991 ad oggi, l’A. si sofferma sulle criticità che tuttora connotano questo dispositivo di particolare rigore, nelle sue diverse declinazioni, anche alla luce della posizione espressa al riguardo dalla Corte costituzionale.
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Pasquino, Gianfranco. "VARIANTI DEI MODELLI DI GOVERNO PARLAMENTARE". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 33, n.º 2 (agosto de 2003): 295–315. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200027192.

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Introduzione«Chi conosce il diritto costituzionale classico e ignora la funzione dei partiti, ha un'idea sbagliata dei regimi politici contemporanei; chi conosce la funzione dei partiti e ignora il diritto costituzionale classico ha un'idea incompleta ma esatta dei regimi politici contemporanei» (Duverger 1961, p. 412) Alla luce di questa preziosa indicazione metodologica dell'autorevole politologo e costituzionalista francese, il dibattito italiano sul «premierato» appare immediatamente e sostanzialmente inadeguato perché incapace, tranne pochissime eccezioni, di tenere insieme il sistema dei partiti e il modello di governo. Certo, è innegabile che le regole e le attribuzioni di poteri costituzionali hanno anche una dinamica e una forza propria e specifica. Tuttavia, il modo e il grado di successo con il quale regole e poteri incidono sui rapporti governo/parlamento e governo/elettorato differiscono in maniera significativa a seconda del sistema di partiti sottostante sul quale si applicano e con il quale interagiscono. In questa sede, manterrò l'analisi focalizzata esclusivamente sui modelli parlamentari di governo, ma, naturalmente, anche qualsiasi tentativo di comprendere e di rendere conto del funzionamento dei modelli presidenziali di governo appare altrettanto inadeguato se, per l'appunto, non tiene conto dei diversi sistemi di partito sui quali viene innestato ciascun modello presidenziale (per le indispensabili differenziazioni fra presidenzialismi e parlamentarismi, si veda Sartori 2000; per un tentativo, peraltro piuttosto confuso poiché si perde in eccessive specificazioni che non conducono ad opportune generalizzazioni, Shugart e Carey 1992).
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Fabbro Carmen. "Telecomunicazioni aeronautiche: natura giuridica, regime normativo e forme di delega". International Journal of Science and Society 4, n.º 4 (25 de noviembre de 2022): 388–98. http://dx.doi.org/10.54783/ijsoc.v4i4.584.

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Questo articolo si propone di analizzare la natura giuridica delle telecomunicazioni aeronautiche e il potere-dovere dell'Unione di promuoverne la delega. Si segue il metodo di approccio descrittivo e logico-induttivo, indagando la strutturazione del servizio nell'ordinamento del Paese e verificandone la conformazione pragmatica, in modo da suggerire un modello di delega rilevante. Sembra che le telecomunicazioni aeronautiche siano un argomento poco studiato nel campo delle scienze giuridiche. In quanto servizio posto a tutela dell'Unione, integra un elemento di navigazione aerea, con un intrinseco collegamento alla sicurezza aeroportuale, ma con elementi caratteristici di un servizio di telecomunicazioni (art. 21, XI c/c XII, c della Costituzione del Repubblica Federativa del Brasile). Considerato il comando legale che ne consente la prestazione da parte di agenti pubblici o soggetti privati specializzati (art. 47 c/c 48 e unico comma del Codice Aeronautico Brasiliano), tale servizio dovrebbe seguire il trend di depubblicizzazione degli aeroporti pubblici, per essere oggetto di delega autonoma su larga scala, con opportuna definizione della corretta modalità (concessione o autorizzazione). Si prevede, infine, di incoraggiare incursioni legali che approfondiscano il tema, oltre a suggerire una politica pubblica finalizzata alla privatizzazione delle Telecomunicazioni Aeronautiche.
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Fasone, Cristina. "La condizionalità nella nuova governance postpandemica, tra rule of law e uso del dispositivo per la ripresa e la resilienza". CITTADINANZA EUROPEA (LA), n.º 2 (diciembre de 2022): 5–53. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2022-002001.

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La condizionalità è strumento di governo relativamente nuovo nel quadro dell'Unione europea. Dopo una breve ricostruzione storica dell'evoluzione della condizionalità europea, dei tipi di condizionalità e dei pro e dei contro evidenziati in dottrina, il contributo esamina la sua configurazione e attuazione nell'ambito della politica di coesione, dell'assistenza finanziaria durante la crisi dell'Eurozona e, infine, nell'ambito del Next Generation EU. Particolare spazio è dedicato all'analisi del Regolamento sul regime di condizionalità per la protezione del bilancio europeo, della giurisprudenza europea e del suo seguito. Mentre si metteranno in risalto i nodi critici tuttora irrisolti, si manifesta un generale apprezzamento dell'uso dell'istituto, pur evidenziando la necessità di un maggior rigore nell'analisi delle sue conseguenze costituzionali a livello europeo, ad oggi in larga parte trascurate.
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Paffarini, Jacopo. "DALL'INCHIESTA “MANI PULITE” ALLE LEGGI “AD PERSONAM”. UNA RIFLESSIONE SU CLASSE POLITICA, MAGISTRATURA E CONTRASTO ALLA CORRUZIONE IN ITALIA". Novos Estudos Jurí­dicos 22, n.º 1 (28 de abril de 2017): 201. http://dx.doi.org/10.14210/nej.v22n1.p201-217.

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Nella storia italiana l'inchiesta di Mani Pulite rappresenta un punto di svolta epocale, destinato a lasciare traccia nel rapporto tra la magistratura e la classe politica negli anni a seguire. Se, da un lato, le ragioni del conflitto sono radicate nel modello di sviluppo perseguito dall'Italia per tutto il dopoguerra fino agli anni novanta, dall'altro, esiste una forte implicazione con il regime delle immunità parlamentari previsto dalla Costituzione italiana del 1948. Il presente lavoro intende ripercorre le principali vicende storiche e la cronaca giudiziaria nel tentativo di offrire uno spunto di riflessione per il Brasile travolto dall'inchiesta Lava-Jato.
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Supiot, Alain. "Labour is not a Commodity. The Content and Meaning of Work in the Twenty-First Century". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 164 (diciembre de 2022): 7–29. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-164001oa.

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Nella sua conferenza di commiato davanti al Collège de France, Alain Supiot passa in rassegna il suo lavoro sulla trasformazione del lavoro nel XXI secolo, evidenziando il ruolo del diritto e delle istituzioni nell'affrontare le conseguenze della rivoluzione digitale e della crisi ambientale. A suo avviso, il fallimento morale, sociale e ambientale del neoliberismo richiede di riconsiderare la finzione giuridica del lavoro come merce e di ristabilire il vero «regime di lavoro umano» previsto dal preambolo della Costituzione dell'ILO, riconoscendo sia il significato che il contenuto del lavoro. Usa il caso della ricerca scientifica per illustrare la sua argomentazione.
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Pasini, Roberto. "Continuità e discontinuità tra ordinamenti spaziali e regimi sociopolitici nel Paseo de la Reforma e nel Messico". CRIOS, n.º 23 (octubre de 2022): 28–41. http://dx.doi.org/10.3280/crios2022-023004.

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L'articolo ricostruisce trasformazioni spaziali che si registrano nella struttura urbana di Parigi tra la Rivoluzione francese e la Comune mettendole in relazione con la successione dei regimi che governano la città e il paese nello stesso periodo. Si stabilisce così un modello inter- pretativo replicabile applicato alle trasformazioni spaziali che consolidano l'asse urbano del Paseo de la Reforma della Città del Messico in relazione alla successione d i governi e regimi tra Segundo Imperio e dictadura porfiriana. L'analisi è poi estesa all'evoluzione territoriale del paese tracciando un sintetico profilo dalle origini precolombiane fino alla costituzione dello stato nazionale moderno. Momenti di continuità e discontinuità degli ordinamenti spaziali sono identificati in relazione alle continuità e discontinuità dei regimi sociopolitici che si susseguono. L'articolo traccia infine conclusioni in merito alla manifestazione di aspirazioni transstoriche capaci di consolidarsi nello spazio di luoghi, città e territori utilizzando nel corso del tempo lo strumento di regimi apparentemente opposti.
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Raniolo, Francesco. "Alla ricerca di democrazie ‘miti e serene' per il XXI secolo". CITTADINANZA EUROPEA (LA), n.º 1 (agosto de 2021): 99–124. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2021-001004.

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In questo articolo la democrazia rappresentativa e, in particolare, quella parlamentare vengono concettualizzate come regimi di riconciliazione che assicurano la convivenza pacifi-ca tra esseri umani e gruppi diversi. A tal fine esse devono affrontare il trilemma ordine, plu-ralità, legalità costituzionale. Parlamenti e partiti politici, per la loro funziona di linkage tra società e istituzione, sono stati strumenti cruciali a tale scopo. L'articolo ricostruisce, quindi, le due varianti polari di democrazia parlamentare (maggioritaria e consensuale) come tentativi di trovare un equilibrio fra i tre valori-obiettivi. Ovvero, come modi per realizzare un trade-offe accettabile tra costi/rischi di oppressione e di efficienza. Tuttavia, le sfide esterne e le trasformazioni interne (declino dei partiti tradizionali e populismo) alle democrazie del XXI secolo sembrano indicare che queste devono mostrare non solo capacità decisionale, ma soprattutto tolleranza, giustizia e non-dominio.
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Campione, Anna. "LE ELEZIONI NELLA CECOSLOVACCHIA DEMOCRATICA (1990-1992)". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 23, n.º 2 (agosto de 1993): 315–47. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200022267.

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IntroduzioneNei decenni precedenti l'instaurazione dei regimi comunisti nessuno dei sistemi politici dell'Europa centro-orientale, ad eccezione della Cecoslovacchia e della Germania, aveva sviluppato strutture partitiche relativamente forti, specie se confrontate con i sistemi democratici dell'Europa occidentale. Dopo la breve parentesi post-bellica di competizione «pluralistica» gli organi rappresentativi e le elezioni stesse erano stati trasformati in strumenti funzionali al dominio del partito unico. Benché il parlamento costituisse secondo le costituzioni di quei paesi l'organo più autorevole dello stato, le stesse avevano finito per recepire il principio (stabilito dalla costituzione sovietica del 1977) del partito comunista come «forza guida della società» (Ulc 1982)
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Di Franco, Andrea. "Quando si entra in un asilo. La scuola d'infanzia di Giuseppe Terragni a Como". TERRITORIO, n.º 56 (marzo de 2011): 172–81. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-056026.

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La ‘disarmante' costituzione dell'asilo determina un momento particolare nell'orizzonte dell'opera di Giuseppe Terragni. Sul piano del rapporto con il suo tempo e dell'analisi del significato dello spazio architettonico č interessante rilevare come, da parte delle diverse e piů importanti letture critiche, questa costruzione si ponesse quale termine di paragone rispetto al resto del suo lavoro; tutte letture fortemente supportate dal dato emotivo sia nel caso di quella coeva che di quella seguente, per via della contrastata, ambigua, diciamo difficilmente decifrabile relazione tra l'autore, le correnti artistiche e culturali nazionali ed europee ed il regime fascista. Comunque sia, per questa piccola costruzione, parlare dell'architettura, dell'oggetto e dello spazio senza contemplare l'orizzonte emotivo quale materia originaria e poi interpretativa, rende incompleta la narrazione.
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Marciano, Alain. "The Political Economy of Domestic Violence*". Journal of Public Finance and Public Choice 14, n.º 2 (1 de octubre de 1996): 163–73. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907540345.

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Abstract Nell’ambito del processo di transizione in corso in Europa orientale, l’evoluzione verso regimi politici democratici è uno degli sviluppi più importanti.Naturalmente, il presupposto perché tale evoluzione possa aver luogo è quello di un insieme di regole costituzionali che impedisca la vioienza interna, cioè la vioienza esercitata dallo Stato all’interno dei suoi confini, a danno delle libertà civili e dei diritti politici.Infatti, uno dei principali aspetti della vioienza consiste nel ricorso ad essa da parte dello stesso Stato.Sebbene essa sia stata studiata empiricamente, non vi è alcuna definizione comunemente accolta di «violenza interna».Obiettivo di questo scritto è quello di fornire una struttura teorica nel cui ambito il problema della vioienza interna possa essere discusso.Si dimostra che la vioienza è minore quando la liberta economica coesiste con le libertà civili e politiche.L’impostazione qui seguita si riferisce ai motivi dello Stato per infliggere vioienza. Si dimostra come e perché uno Stato fa ricorso alia vioienza politica ed economica per motivi strumentali ed espressivi.Successivamente viene derivata una tipologia di regimi. La vioienza può essere «strumentale», quando il suo obiettivo è il controllo del comportamento dei cittadini, e «espressiva» quando essa costituisce una fonte diretta di vantaggio (favorendo gli interessi di altri gruppi).
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Calisee, Mauro y Renato Mannheimer. "COME CAMBIANO I GOVERNANTI DI PARTITO". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 16, n.º 3 (diciembre de 1986): 461–83. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020001618x.

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Resumen
IntroduzioneLa forma di governo in Italia sta cambiando. Da almeno un decennio si fanno sempre più frequenti i segnali che il governo repubblicano sta uscendo da quella sindrome di « parlamentarismo integrale » che aveva caratterizzato il primo trentennio di instaurazione di un regime democratico di massa in questo paese. Una maggiore autonomia e capacità decisionale dell'esecutivo si manifesta su più piani. Anche a voler tralasciare i mutamenti nello stile di leadership, alcune modifiche rilevanti hanno investito la struttura e la forma medesima dell'iter decisionale del governo: basta pensare al ruolo sempre più determinante della decretazione d'urgenza e ad alcune importanti modifiche organizzative come il Consiglio di Gabinetto e il tanto atteso varo della riforma della Presidenza prevista dall'articolo 95 della Costituzione. Senza peraltro dimenticare quel rafforzamento del potere di intervento della Presidenza del Consiglio che investe ambiti operativi forse meno visibili sotto il profilo istituzionale, ma che toccano gangli vitali del sistema politico, quali i media e i servizi di intelligence.
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Sulik, Tomasz. "La realizzazione della missione dei laici nella Chiesa attraverso l’esercizio del sacerdozio comune dei fedeli nella Costituzione Lumen Gentium". Studia Teologiczne Białystok Drohiczyn Łomża 39 (21 de diciembre de 2021): 97–114. http://dx.doi.org/10.56898/st.9516.

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Il decimo paragrafo della Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II menziona il sacerdozio comune di tutti i battezzati. Gesù Cristo svolge la sua opera salvifica nel mondo attraverso il Popolo di Dio. Venendo al mondo, ha rivelato la sua missione: profetica, sacerdotale e regale. Tutti sono coinvolti in questa missione e tutti sono chiamati a parteciparvi attivamente. Tutti i fedeli partecipano alla missione di Cristo, ma ci sono diversi gradi e modi di partecipare. C'è una differenza essenziale tra il sacerdozio gerarchico e il sacerdozio comune. Tuttavia, tra i due c'è uno stretto legame. Il sacerdozio gerarchico è al servizio del sacerdozio comune. I laici che si innestano in Cristo mediante il Battesimo partecipano così alla sua missione: profetica, sacerdotale e regale. Questo dà loro il diritto di ricevere dai santi pastori i mezzi di grazia che Cristo dona alla sua Chiesa. Approfittando della grazia sacramentale, il Popolo di Dio partecipa attivamente all'opera della salvezza, dando nel mondo una testimonianza di appartenenza a Gesù Cristo.
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Potito, Serena. "La costituzione dell’INA e il monopolio statale delle assicurazioni (1912-1922) = The constitution of INA and the state monopoly of insurance (1912-1922)". Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, n.º 15 (10 de julio de 2012): 163. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i15.809.

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<p>Il saggio –basato principalmente su documenti attualmente conservati presso l’Archivio Storico dell’INA, a Roma– esamina le vicende legate alla nascita dell’Istituto, costituito in un regime transitorio di monopolio relativo nel settore delle assicurazioni sulla vita.<br />A causa del suo significato economico e politico, questa speciale forma di monopolio statale diede luogo a molte reazioni nell’ambito finanziario e politico nazionale, pertanto l’INA iniziò i primi anni di attività in una situazione conflittuale ed incerta.<br />Il saggio inoltre approfondisce le ripercussioni sul mercato assicurativo internazionale in seguito alla nascita dell’INA.<br />Durante il decennio di monopolio parziale dell’Istituto nel settore delle assicurazioni sulla vita (1912-1922), le compagnie di assicurazione straniere ritennero compromessi i loro interessi finanziari nel mercato italiano, e lo osteggiarono fino al 1923, quando una nuova legge riformò il mercato assicurativo sulla vita, abolendo il regime di monopolio.</p><p>The essay –mainly based on documents actually preserved in the Historical Archives of INA, in Rome– examines the events connected with the foundation of the Institute, established in a transient condition of partial monopoly system in life insurance sector. Because of its economic and political meaning, this special form of state monopoly gave rise to many reactions in the financial and political national context, and so INA started its first years of activity in a troubled and unstable situation. The essay also discusses about the repercussions on international insurance market in consequence of the foundation of INA.<br />During the ten-year perior of partial monopoly of the Institute in life insurance sector (1912-1922), foreign insurance companies deemed their financial interest in Italian market jeopardized, and contrasted with it until 1923, when a new act reformed life insurance market, abrogating monopoly system.</p><p> </p>
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Possanzini, Davide. "Elezioni e partiti nella Serbia post-comunista (1990-2004)". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 56, n.º 2 (31 de diciembre de 2006): 69–124. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12705.

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La scarsa attenzione prestata dalla letteratura politologica alla complessa ricostruzione democratica della Repubblica Serba fornisce valide motivazioni al presente saggio che intende affrontare le problematiche insite ad un processo di transizione ancora in atto. Gli stravolgimenti politici occorsi negli ultimi anni non hanno agevolato il consolidamento di questa giovane democrazia, comunque meritevole di una prima lettura interpretativa, per quanto prematura essa possa apparire. La mutevole natura del sistema politico serbo ha compromesso la trasformazione democratica guidata dalla vecchia elite comunista consentendo, però, l’instaurazione di un’effettiva democrazia elettorale da parte dell’opposizione politica, oggi meno esposta ai richiami autoritari. Nello specifico, questo studio prende in esame lo sviluppo del sistema elettorale e partitico serbo dal crollo del regime comunista ai giorni nostri, soffermandosi sul processo d’involuzione subito dal regime pseudo-democratico serbo alla fine degli anni novanta. A tal proposito, sono stati presi in considerazione tutti i provvedimenti costituzionali e gli strumenti di ingegneria elettorale adottati ed escogitati dal Partito Socialista per garantirsi una prolungata supremazia politica. L’utilizzo di grafici e di indici statistici ha consentito la ricostruzione dello schema evolutivo dei partiti e la simulazione di un suo diverso sviluppo a differenti condizioni aggregative. La proiezione cartografica dei risultati elettorali registrati nei singoli comuni (qui ridimensionata per ovvi limiti di spazio) è servita a semplificare la lettura del panorama politico scaturito da ogni consultazione. Sebbene recenti studi abbiano contribuito ad individuare nuove fratture partitiche nel corso delle transizioni democratiche avviate in Europa orientale, la sistematizzazione dei dati empirici serbi ha messo in risalto alcuni degli storici cleavages partitici utilizzati da Rokkan per spiegare la formazione degli Stati-nazione occidentali. Per quanto la frattura nazionalistica risulti esplicativa dello sviluppo partitico serbo, essa sembra rivestire un ruolo secondario ed apparente, di causa accidentale adottando le parole di Weber, in quanto determinato dalla strategia diversiva del Partito Socialista. Dal raffronto dei dati elettorali con il loro contesto geografico è emerso, infatti, un perenne conflitto tra centro/periferia e città/campagna come causazione adeguata all’evoluzione partitica in senso nazionalistico.
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Testa, Ugo. "Il progetto Life Ambiente Sapid: i dubbi di una difficile coesistenza Ogm/no Ogm". AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, n.º 1 (diciembre de 2010): 73–84. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-001007.

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Il Dna degli Ogm, in quanto legato ad organismi viventi, si può diffondere nello spazio e nel tempo attraverso il polline (come avviene soprattutto per il mais) ed i semi (colza), causando una "contaminazione" delle piante non Ogm e dei relativi prodotti. Contaminazione dei prodotti che può verificarsi anche nelle aziende di trasformazione. La politica della coesistenza pertanto rischia, in alcune realtà , di essere di difficile applicazione e di compromettere l'identità di quelle produzioni di qualità riconosciuta (biologico, Dop, Igp, tipico). Le strategie di coesistenza vanno quindi applicate tenendo conto delle specificità territoriali e delle agricolture prevalenti nelle singole aree. Il progetto "Sapid" è stato cofinanziato nell'ambito del programma europeo Life Ambiente. Il suo obiettivo principale è di individuare le strategie e gli strumenti a livello territoriale, di filiera ed aziendale, per garantire la coesistenza dei diversi modelli agricoli, evitando le contaminazioni con Ogm, anche di tipo accidentale. I risultati della sperimentazione dimostrano che è possibile ridurre la contaminazione Ogm/non Ogm al di sotto della soglia di coesistenza (0,9%), ma è impossibile azzerarla, sia in campo e nel resto delle filiere, a causa delle particolare struttura del comparto agroalimentare marchigiano. Il progetto "Sapid" è giunto alla conclusione che, in un regime di coesistenza, una possibile strategia per tentare di garantire l'assenza di contaminazione da Ogm, anche quelle accidentali, è la costituzione dibasati su accordi volontari di tutti gli operatori delle filiere, per la moratoria della coltivazione, della trasformazione e dell'utilizzo di piante e prodotti Ogm.
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Elorza, Antonio. "Spagna, nazione di nazioni". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 3 (abril de 2011): 137–58. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-003006.

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La Spagna non č uno Stato unitario come la Francia, né uno Stato plurinazionale come furono la Jugoslavia e l'Austria-Ungheria nel passato. L'identitŕ spagnola nasce nel Medioevo e trova le sue prime radici nelle reazioni all'invasione araba del 711, quando i vinti presero coscienza della «Spaniae ruina». Secoli dopo, l'unione delle corone nata con i Re Cattolici rafforzň le basi per quella identitŕ, sotto una «monarchia di aggregazione» che si sviluppň in parallelo con la Francia, senza che scomparissero altre identitŕ, come quelle della Catalogna e delle province basche. Ma la Rivoluzione francese cancellň le unitŕ amministrative dell'Antico regime ed il processo di nazionalizzazione si sviluppň senza difficoltŕ fino al primo Novecento, mentre l'arretratezza economica fece sorgere le condizioni di una crisi dello Stato-nazione. Allo stesso tempo il fatto che la Catalogna e la Biscaglia fossero le avanguardie del processo d'industrializzazione favorě la dinamica centrifuga delle, dopo che la disfatta del 1898 nella guerra contro gli Stati Uniti e la fine dell'impero coloniale avevano creato l'immagine della Spagna come di un "paese moribondo". La modernizzazione degli anni Sessanta del Novecento poté essere il fondamento di una nuova Spagna, ma le "nazionalitŕ storiche" (la Catalogna ed il Paese basco in primo luogo) erano giŕ realtŕ senza ritorno ed il nazionalismodella dittatura di Franco fece delle rivendicazioni nazionaliste un diritto democratico. Infine, con la Costituzione del 1978 č nato lo Stato delle autonomie, che consacra lo sviluppo autonomo delle "nazionalitŕ" intorno all'asse centrale della "nazione" spagnola. Ecco perché "nazione di nazioni" diventa un'espressione adeguata ad una convergenza come quella spagnola di processi di, senza che i conflitti fra unitŕ ed indipendentismo siano ancora oggi arrivati a un punto di equilibrio.
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Mogavero, Domenico. "Il muro tra Vaticano e Italia per rafforzare la pace sociale e politica". FUTURIBILI, n.º 3 (septiembre de 2012): 40–81. http://dx.doi.org/10.3280/fu2011-003004.

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Il tema viene affrontato alla luce degli avvenimenti storici che hanno caratterizzato le vicende della Chiesa in Italia dal 20 settembre 1870, occupazione di Roma da parte dell'esercito italiano, fino ai nostri giorni. L'esposizione si fonda sull'analisi di documenti ufficiali. La storia del muro tra Vaticano e Italia č proposta in tre fasi. La prima, definita di conflittualitŕ insanabile, descrive la situazione venutasi a creare con la breccia di Porta Pia, che determinň l'opposizione assoluta del Papa al nuovo assetto della cittŕ di Roma e dell'Italia. Iniziň da questo evento la cosiddetta "questione romana", incentrata sul mancato reciproco riconoscimento delle due istituzioni (la Santa Sede e il Regno d'Italia). Inoltre, il Papa rifiutň la tutela unilaterale proposta dal governo italiano formulata con la cosiddetta Legge delle Guarentigie. La seconda fase, caratterizzata da reciproco riconoscimento e collaborazione, inizia l'11 febbraio 1929, data in cui furono sottoscritti i Patti lateranensi con i quali fu sancita la riconciliazione tra l'Italia e il Papato. Dopo una trattativa lunga e complessa, si pervenne alla soluzione della questione romana, formalizzata nel "Trattato" e nella "Convenzione finanziaria", documenti che sancirono la nascita dello Stato della Cittŕ del Vaticano e ne riconobbero l'indipendenza e la sovranitŕ, garanzie per l'esercizio libero del ministero del Papa, capo della Chiesa universale. A ciň si aggiunse la sottoscrizione del "Concordato", con il quale furono regolamentate le materie di competenza mista tra Stato e Chiesa. La terza fase č quella della revisione concordataria, motivata dagli eventi seguiti al Secondo conflitto mondiale (caduta del regime fascista e instaurazione di uno stato democratico repubblicano, fondato su una nuova Costituzione) e segnata anche dagli eventi che caratterizzarono la vita ecclesiale (celebrazione del Concilio ecumenico Vaticano e promulgazione di un nuovo Codex iuris canonici). In questa fase, il 18 febbraio 1984 fu sottoscritto l'"Accordo di revisione del Concordato lateranense", con il quale la normativa pattizia fu adeguata alle mutate condizioni sociali, culturali e religiose del Paese della Chiesa.
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Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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La Spina, Antonio. "La „flessibilità” dello Statuto albertino e il regime fascista". Toruńskie Studia Polsko-Włoskie, 29 de diciembre de 2021, 57–74. http://dx.doi.org/10.12775/tsp-w.2021.005.

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Lo Statuto del Regno di Sardegna, concesso nel 1848, non diceva nulla circa la procedura per la sua revisione. Pertanto, fu comunemente ritenuto che per modificare il testo originario fosse sufficiente la procedura legislativa ordinaria. Pur nondimeno, innovazioni del massimo rilievo ebbero piuttosto luogo senza alcun atto formale. In alcuni casi queste andavano ben oltre le previsioni dello Statuto, mentre in altri casi addirittura le contraddicevano, con riguardo a questioni essenziali. Il testo originario divenne così parte di un ordine costituzionale de facto alquanto incerto, cedevole e rimodellabile. Ciò ebbe molte conseguenze rimarchevoli e indesiderabili. Quando il fascismo prese il potere negli anni Venti dello scorso secolo, il sistema politico italiano subì uno shock profondo, che tuttavia fu ritenuto compatibile con la costituzione de facto, come plasmata e applicata in precedenza dagli attori politici rilevanti, anzitutto dalla monarchia. Poi i fascisti al governo puntarono a ulteriori alterazioni, devastanti per i principi liberali e le istituzioni rappresentative, ma fecero attenzione ad introdurle attraverso atti formalmente legislativi. Così facendo, dimostravano un’obbedienza esteriore allo Statuto. Se il fascismo fosse rimasto al potere per più tempo, secondo quelle che erano sue intenzioni dichiarate sarebbe forse riuscito a trasformare il sistema politico italiano in un totalitarismo. Al riguardo rilevano il modo in cui erano stati concepiti lo Statuto e la sua revisione nell’Italia prefascista, nonché il ruolo effettivamente svolto dalla monarchia durante il periodo fascista.
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Gambale, Piero. "Lo Statuto albertino e il ‘paradosso’ delle riforme: brevi cenni sulle evoluzioni di una Carta „ottriata, perpetua ed irrevocabile”". Toruńskie Studia Polsko-Włoskie, 29 de diciembre de 2021, 47–56. http://dx.doi.org/10.12775/tsp-w.2021.004.

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L’articolo esamina in primo luogo le tradizionali caratteristiche dello Statuto albertino quale Carta costituzionale ‘ottriata, perpetua ed irrevocabile’; in un secondo momento, esso evidenzia come, nonostante tale formale ‘fissità’ e l’assenza di una sua autonoma legittimazione istituzionale, lo Statuto albertino vivrà diverse fasi evolutive, proprio perché alla base del suo processo di adozione vi è quel patto politico esplicitamente stretto tra la Corona e tutto il movimento liberale. Proprio la ‘forma di governo’ e le sue evoluzioni – secondo l’Autore – rappresentano una possibile ‘lente’ per individuare alcune ‘stagioni della Carta statutaria: così nell’articolo si parla, all’inizio della fase statutaria, di una ‘stagione’ indubbiamente incentrata intorno alla logica di funzionamento propria del regime monarchico-costituzionale e nella quale prevale la volontà del Re. Una seconda ‘stagione’ della forma di governo è quella che evolve verso il modello parlamentare, nella quale però solo in parte si realizzò il consolidamento del Potere Legislativo quanto piuttosto il rafforzamento del Potere Esecutivo sotto il duplice versante dell’organizzazione e degli strumenti normativi adottati. In conclusione, l’articolo intende evidenziare come le ‘stagioni’ della Carta albertina non siano state lineari ma forse piuttosto individuabili attraverso una sorta di stop and go back, tra tentativi di distaccarsi dal testo formale e tendenze ad adottare prassi e interpretazioni più coerenti con le previsioni statutarie.
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Gardini, Gianluca. "Le relazioni tra i diversi livelli di governo in Italia. Suggestioni a partire dal dibattito spagnolo sul regime locale". Documentación Administrativa, 1 de enero de 2020, 103–13. http://dx.doi.org/10.24965/da.i6.10766.

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Le analogie tra Spagna e Italia investono l’intero assetto del sistema territoriale. I due paesi, dal punto di vista dell’assetto organizzativo, hanno sicuramente molti elementi in comune, soprattutto sotto il profilo del difficile equilibrio tra centro e autonomie. Le ampie convergenze tra Italia e Spagna in relazione al fenomeno territoriale non significano, tuttavia, che il bilancio debba necessariamente essere unico e condiviso. Con l’attenuarsi della crisi economica, in Italia lo Stato ha perso parte della rilevanza che aveva acquisito grazie alla gestione dell’emergenza. E’ inevitabile supporre che la netta bocciatura popolare della proposta di riforma costituzionale del 2016 costringerà a ripensare l’intero sistema territoriale italiano, e a reinserire nell’agenda pubblica termini progressivamente fuoriusciti dal lessico politico, come decentramento, autonomia, federalismo.
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"A proposito di diritti umani: ci salvi il Giudice Costituzionale dalla disumana inutilità del divieto di cuocere cibi per il detenuto in regime di 41-bis." Archivio penale, n.º 2 (2017). http://dx.doi.org/10.12871/97886741019418.

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Pace, Vincenzo. "O fundamentalismo islâmico: uma resposta errada para a questão da democracia". HORIZONTE - Revista de Estudos de Teologia e Ciências da Religião, 31 de diciembre de 2020, 955. http://dx.doi.org/10.5752/p.2175-5841.2020v18n57p955.

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Parlare del fallimento delle primavere arabe come di una sconfitta, che ha favorito, da un lato, la restaurazione di regimi autoritari e, dall’altro, il rafforzamento dei movimenti fondamentalisti, è riduttivo. L’articolo si propone di mostrare come i movimenti collettivi, che hanno animato le proteste nelle maggiori piazze delle capitali di molti Paesi arabi, hanno interpretato il bisogno di cambiamento politico ed economico che da troppi anni è stato ignorato o represso dai regimi al potere. Tali movimenti sono l’espressione di un contro-movimento politico alternativo a quanti, in questi anni, inneggiando all’islam, hanno teorizzato e messo in pratica la lotta armata rivoluzionaria. La differenza fra questi due tipi di movimenti collettivi sta nella diversa posta in gioco che essi pongono al centro della loro azione. Per i movimenti di rivolta, la battaglia politica è per l’avvento della democrazia, per i movimenti fondamentalisti è, invece, in buona sostanza, la costituzione di un ferreo regime della verità religiosa, ancor più autoritario dei regimi politico-militari che si sono ripresi il potere dopo il 2012.
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Ratto Trabucco, Fabio. "L’evoluzione del sistema di governo della Macedonia del Nord fra instabilità strisciante e transizione permanente (The evolution of the government system of Northern Macedonia between “slithering” instability and permanent transition)". Oñati Socio-Legal Series, 26 de noviembre de 2020. http://dx.doi.org/10.35295/osls.iisl/0000-0000-0000-1097.

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La Macedonia del Nord è un caso peculiare all’interno dell’ex Jugoslavia e nel processo di adesione all’UE per le ben note implicazioni geopolitiche: la minoranza albanese e la denominazione, ambedue solo recentemente superati. Emerge tuttavia un sistema di governo semipresidenziale non dissimile da quello degli altri Paesi dell’Europa centro-orientale, che, trascendendo il classico modello di Duverger, si connota per una predominanza della centralità parlamentare opposta al Capo dello Stato senza significativi poteri costituzionali. Solo un Presidente con una forte personalità sembra essere in grado di influenzare l’azione di governo, attraverso il suo potere di magistrato di influenza e persuasione. D’altro canto, il decennio del Primo Ministro nazionalista Gruevski è stato caratterizzato dall’autoritarismo con un regime ibrido ovvero democrazia illiberale. Pertanto, le condizioni politiche, istituzionali, storiche e interetniche del Paese non favorirono l’evoluzione del sistema semipresidenziale verso un modello a “Presidente forte”. Northern Macedonia is a typical example of instability within the former Yugoslavia due to the well-known geopolitical implications: the Albanian minority and the denomination, both of which have only recently been overcome. However, a semi-presidential system of government emerges that is not dissimilar from other Central-Eastern European countries, which, transcending the classic Duverger model, is characterized by a predominance of parliamentary centrality opposed to the Head of State without significant constitutional powers. Only a President with a strong personality appears to be able to influence government action, through his power as a magistrate of influence and persuasion. Otherwise, the nationalist Gruevski’s Prime Minister decade was characterized by authoritarianism with a hybrid regime or an illiberal democracy. Thus, the political, institutional, historical and interethnic conditions of the country did not, therefore, favor the evolution of the semi-presidential system towards a “strong President” model.
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Casini, Carlo. "VII Rapporto sull’attuazione della L. 40/2004 per l’anno 2013 con specifico riferimento all’art.1 Prospettive derivanti da alcune sentenze costituzionali". Medicina e Morale 64, n.º 4 (30 de agosto de 2015). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2015.15.

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La Legge 40 del 19 febbraio 2004 che regola la PMA nel suo art. 1 indica gli scopi perseguiti: il superamento della sterilità delle coppie e la garanzia dei diritti di tutti i soggetti coinvolti compreso il concepito. Le relazioni ministeriali sull’attuazione della legge riferiscono a ogni anno sulla attuazione delle nuove tecniche, ma esclusivamente con riferimento al primo dei due obiettivi ora indicati. È doveroso, verificare se anche il secondo scopo è stato perseguito e in quale misura. Ciò è divenuto particolarmente urgente dopo le sentenze costituzionali che hanno reso lecita la generazione soprannumeraria di embrioni, la PMA eterologa, il ricorso alla PMA anche da parte di coppie non sterili ma portatrici di malattie potenzialmente ereditarie. Nell’impossibilità di modificare le sentenze costituzionali il cui effetto più negativo consiste nell’accumulo di embrioni congelati e rimasti privi di un progetto parentale, lo studio propone una serie di strumenti per limitare la lesione dei diritti del concepito. In particolare si propone che la forma eterologa della PMA possa attuarsi soltanto utilizzando gli embrioni già formati congelati e abbandonati. Viene ipotizzata anche una possibile obbligatoria rappresentanza processuale dei concepiti nelle vicende giudiziarie in cui i loro diritti sono in discussione; si argomenta contro l’anonimato dei c.d. donatori di gameti differenziando il regime del diritto a conoscere le proprie origini nelle diverse situazioni dell’adozione e del parto di donne che non vogliono essere nominate; viene auspicato l’intervento ministeriale per garantire che la generazione soprannumeraria avvenga soltanto nei casi in cui essa sia “strettamente necessaria” così come la legge continua a richiedere (art. 13); si dimostrava la netta differenza tra la diagnosi genetica pre-impianto e la diagnosi prenatale con riferimento alla tutela del concepito. ---------- The Italian Law n. 40 of February, 19, 2004 (Rules governing medically assisted fertilization), in its Article 1 focuses on two goals: to remedy reproductive problems arising as a result of human sterility or infertility and guarantee the rights of all the subjects concerned, the human embryo included. Every year on the ground of Art. 15, the Minister of Health draws up a report regarding the implementation of the Italian Law n. 40/2004, but only the first of the two goal is taken into account. Therefore, it is necessary understand if the second goal has been pursued and to what extent. Reflecting on this has become particularly urgent after the constitutional decisions that made lawful the generation of supernumerary embryos, the heterologous fertilization, the resort to “medically assisted procreation” by non-sterile couples but potentially carriers of hereditary diseases. Unfortunately, it isn’t possible to change the constitutional rulings whose most negative effect is the storage of cryopreserved embryos and their abandon without a parental project. In the light of this situation, the paper here summarized proposes a set of instruments in order to limit injuries to the rights of the human embryos. Notably, it is suggested that the heterologous fertilization may be implemented only by using the frozen and abandoned embryos already generated. It is also hypothesized a possible mandatory procedural representation of the human embryos in the legal proceedings in which their rights are debated; it is argued against the anonymity of the so-called “gamete donors” (as to this regard the rules on the right to know their origins are different depending on the different situations like adoption and childbirth of women who do not want to be named). Moreover the Ministerial intervention is called for ensuring that the supernumerary generation of human embryos is realized only when it is “strictly necessary” as the law continues to require (art. 13). Finally it is showed the clear difference between the genetic pre-implantation diagnosis and prenatal diagnosis with reference to the protection of the human beings at the beginning of their life.
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Costa, Josécley Dos Santos. "Definizione del concetto di bene immobile nella dottrina e nell’ordinamento giuridico costituzionale – Responsabilità civile brasiliana e internazionale: articolo 1.225, punto I, della legge 10,406 del 10 gennaio 2002, che istituisce il codice civile brasiliano". Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 14 de diciembre de 2020, 24–42. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/bene-immobile.

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Resumen
L’offerta di questo mestiere mira a definire il concetto di immobiliare. Tracciare un panorama evolutivo storico generale, dalla preistoria ai giorni contemporanei, riferendosi al Diritto Reale, su scala globale, riferendo le ragioni storiche, i sistemi sociali ed economici al rapporto della proprietà immobiliare, che ne ha portato l’aspetto e lo sviluppo ai conglomerati che hanno fondato le città. Compresa la creazione del suo concetto a carattere nazionale e internazionale, ordinato da sistemi di governi nei loro regimi governativi, con un focus interdisciplinare, fornendo non solo basi, più comprendendo anche i fattori dell’industria edile, motivo del vettore economico dei carri delle piccole economie, proprietà pubbliche e private attraverso la vita quotidiana, visualizzando la traiettoria dell’osservazione di un ricercatore al risultato di questo lavoro , da cui è stato condotto in una sequenza logica. La metodologia si basava sulla ricerca bibliografica, un approccio al problema, utilizzando i metodi: procedura induttiva, storica, con quella dell’osservazione della vita reale, corrispondente alla delimitazione del tema, portando ad un percorso specifico, cioè a definire il concetto di proprietà immobiliare. Che vanno dai risultati più particolari, alle leggi e alle teorie dottrinali, in una comunicazione ascendente. La domanda e il problema di questo lavoro risiedono nella domanda: cos’è il settore immobiliare? Vale la pena chiarire, il diritto del proprietario e della sua facoltà, presente nel codice civile brasiliano in vigore. L’origine degli immobili nella storia nasce nel Medioevo, nel Medioevo sorge la facoltà del proprietario, tra le altre apparizioni, quali: condominio, dicotomia: terre pubbliche e private, possesso, nomenclatura: Diritto Reale, ecc. In diverse costituzioni, codici e legislazione internazionale, la definizione di questo concetto non è stata trovata.
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