Literatura académica sobre el tema "Recupero di saperi"

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Artículos de revistas sobre el tema "Recupero di saperi"

1

Pezzagno, Michèle y Anna Richiedei. "Quale futuro per la rendita? Riflessioni e tendenze di ricerca". ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, n.º 129 (marzo de 2021): 209–31. http://dx.doi.org/10.3280/asur2020-129-s1010.

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Il dibattito scientifico, culturale e politico sul consumo di suolo e sul recupero del patrimo-nio esistente è pervasivo. Si ravvisa la necessità di provare a spostare lo sguardo rispetto alla tradizionale definizione della rendita cercando di costruire, tramite un confronto tra i saperi scientifici, un diverso sistema di valori utili alla valutazione dei suoli e dei servizi ecosistemici, affrontando con nuova consapevolezza alcuni nodi storici del governo del territorio tra cui la rendita.
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2

Laino, Giovanni. "Giovanni Laino. Innovazione delle politiche per l'abitare: una strategia enzimatica per il programma di recupero dei bassi a Napoli". ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, n.º 96 (septiembre de 2010): 206–23. http://dx.doi.org/10.3280/asur2009-096009.

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Resumen
Nell'ambito del dibattito relativo a una rilettura critica dei processi partecipativi, il presente contributo vuole approfondire gli aspetti connessi ai saperi coinvolti in tali processi, anche al fine di rileggere criticamente alcuni approcci al tema e offrire prospettive innovative utili al planning, partendo dal punto di vista delle pratiche di vita quotidiana, delle culture urbane e delle dinamiche di interazione, e rimettendo in discussione alcuni concetti come quello di "progetto".
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3

Molinari, Jonathan. "Divina Caligo: l'influenza dello Pseudo-Dionigi nel neoplatonismo fiorentino". Revista Ética e Filosofia Política 2, n.º 24 (2 de abril de 2022): 375–94. http://dx.doi.org/10.34019/2448-2137.2021.37209.

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Resumen
Con questa ricerca vorremmo soffermarci su quattro punti che riteniamo fondamentali per la comprensione dell'influenza delle fonti neoplatoniche nella Firenze del Quattrocento. Il punto di partenza è l'analisi dei rapporti tra i due massimi esponenti del neoplatonismo fiorentino: Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, autori fondamentali non solo per le loro interpretazioni, ma anche per aver riscoperto e tradotto, dopo secoli di silenzio, i tesori del pensiero greco. Non si comprenderebbe l'influenza delle fonti neoplatoniche antiche nel Quattrocento senza rendere conto del confronto – spesso molto aspro – tra i due protagonisti pricipali della riscoperta rinascimentale di Platone e di tutta la tradizione neoplatonica. Il secondo punto affronta un'importante interpretazione in senso tomista dell'opera di Pico, quella di Giovanni di Napoli, che aiuta ad intendere tanto le differenze tra il mirandolano e Ficino, quanto ad introdurre all'influenza importantissima dello Pseudo-Dionigi in tutto il dibattito filosofico del tardo Quattrocento. Il terzo punto cerca di affrontare un tema fondamentale: l'esigenza di definire e organizzare nuovi ordini del sapere. Dal recupero del passato emergevano nuove contraddizioni e nuove esigenze, non si trattava affatto di una semplice imitazione dell'antico, ma al contrario, significava farlo rivivere in nuove forme e costruire nuovi sistemi dei saperi capaci di rispondere alle esigenze culturali e politiche che stavano alla base della nascita del moderno. L'ultimo punto riguarda invece un'analisi specifica tra il pensiero di Giovanni Pico e lo Pseudo-Dionigi, discorso che ovviamente comporta anche l'analisi di altre fonti fondamentali, in particolare Damascio. Parole chiave: Neoplatonismo fiorentino, Giovanni Pico, della Mirandola, Marsilio Ficino, Pseudo-Areopagita
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4

Furiosi, M. Loredana. "Etica della pace e bioetica". Medicina e Morale 51, n.º 4 (31 de agosto de 2002): 667–709. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.689.

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Resumen
Esiste una connessione tra l’etica della pace e la bioetica? Lo scritto, muovendo da questo interrogativo, analizza dapprima le problematiche che coinvolgono strettamente tanto l’etica della pace quanto la bioetica. Lungo tre direttrici fondamentali che contemplano il rispetto dei diritti umani fondamentali, la giustizia sociale globale e lo sfruttamento della natura, si sono voluti evidenziare non soltanto le grandi sfide e i pericoli per l’attuazione della pace nel nostro tempo, ma anche la sfida e l’impegno concreto per la bioetica. Bioetica che, dal canto suo, come etica della vita e per la vita e come disciplina in dialogo con diversi saperi interessati al problema della vita umana e della biosfera, può dare un oggettivo contributo nel delineare delle coordinate etiche che possano permettere o quanto meno coadiuvare e corroborare il recupero di valori fondamentali per garantire la pace, il ripristino delle condizioni di dialogo per la pace, laddove siano state smarrite, la prevenzione della guerra, la efficace attività di educazione degli animi alla solidarietà, che porta a riconoscere l’altro come un altro me stesso pur nelle fenomeniche diversità. In tale direzione si è inteso analizzare come in particolare la bioetica personalista, basata su una fondata ontologia e specifica antropologia, possa, lontano da gratuite ingenuità e paralizzanti scetticismi, aiutare a costruire una “cultura di pace”, ponendo proprio alla sua base la centralità del valore della vita ed il bene integrale della persona. Nell’ultima sezione del lavoro si è volta poi l’attenzione a delineare quali possano essere i punti di contatto e di confronto tra l’etica della pace e l’etica medica, essendo il confine tra le due aree non invalicabile, anzi quanto mai, almeno per certi aspetti, sovrapponibile ed intersecabile. Si è posto l’accento su come l’etica medica in particolare e la bioetica possano essere strumenti di promozione alla pace, ovvero come il medico, il bioingegnere siano per loro intrinseca natura per la pace, proprio in virtù del fatto che sono anzitutto uomini di scienza a servizio dell’uomo stesso. Infine si è evidenziato come la medicina possa contribuire non soltanto alla costruzione della pace, soprattutto sul piano della prevenzione, ad esempio riguardo alle situazioni di guerra e di soccorso in caso di catastrofe e nel negare l’uso della stessa scienza medica per scopi sbagliati e abusi delle conoscenze, ma anche nell’ottica di un nuovo “giuramento” che vada oltre quello ippocratico, che tuteli tanto l’uomo sano quanto quello malato, nella più ampia prospettiva non soltanto di riumanizzare tutto il sistema sanitario, ma di garantire una reale giustizia sanitaria: entrambi punti nodali per la costruzione di una trama sociale egalitaria e pacifica.
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5

Timio, Mario. "Bioetica della strumentazione medica: il rene artificiale". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, n.º 2 (27 de junio de 2014): 169–72. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.882.

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Resumen
Dal momento che la tecnica dialitica è oggi altamente perfezionata e sofisticata, rimangono due punti essenziali: a) la sopravvivenza non è più abbastanza e b) i problemi bioetici innestati a ventaglio richiedono risposte circostanziate adattate al singolo dializzato. È questa una nuova sfida al nefrologo del XXI secolo. Nell'era pre-fisica della medicina non esistevano categorie bioetiche, anche se da una parte si poneva il Medico con le sue competenze e, dall'altra, la Malattia, ma il Malato (terza componente o terza M del triangolo di Ippocrate) era escluso da ogni decisione. Nell'era fisica che si caratterizza per l'uso degli strumenti sensoriali (vista, tatto, udito e fiuto), il medico è fisicamente vicino al malato ed è abbozzata una sorta di pre-etica clinica. Nell'era attuale o strumentale, l'apparecchio diagnostico o curativo si inserisce tra il Medico e il Malato, che rimane estraneo al processo del recupero della salute. Per questo sono richieste alte dosi di bioetica, volte a preservare la dignità del paziente, a garanzia del rispetto, del suo best interest e del suo bene. A rendere più cogente l'impegno del nefrologo è l'alleanza con il paziente per superare quello che è definito il fattore M (o quarta M, per distinguerla dalle tre classiche del triangolo di Ippocrate), nel quale convergono, oltre alle problematiche strumentali del dializzatore, le nuove componenti del sapere medico, come la politica e l'economia sanitarie, l'organizzazione dei servizi, l'epidemiologia e la medicina difensiva. (Bioethics)
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6

Del Vecchio, Annalice. "Mangiare e parlare: il cibo come simbolo in Conversazione in Sicilia". Revista Italiano UERJ 12, n.º 2 (13 de julio de 2022): 11. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2021.67528.

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ABSTRACT: Questo articolo analizza il cibo come parte dei simboli e delle immagini presenti nel romanzo Conversazione in Sicilia, di Elio Vittorini. L’autore italiano utilizza il parlare di cibo, così come fa con altri temi del libro, per “dire senza dichiarare”, allorquando, metaforicamente, trasforma l’atto di mangiare, o di non poter mangiare, in critica sociale e politica, in un momento storico particolare per l’Italia, allora governata dal regime fascista. Il cibo, simbolo di abbondanza, quando non c’è diventa ancora più presente nel pensiero degli italiani poveri, come una smania, un’ossessione. Il cibo rappresenta anche un viaggio verso un tempo perduto, il tempo mitico dell’infanzia, quando i sapori, la consistenza e l’odore dei cibi fanno sì che il personaggio recuperi la memoria del passato e riacquisti in questo modo la capacità di sentire ciò che aveva perso durante un periodo di profonda apatia. Queste simbologie, da un lato politiche e sociali, dall’altro più psicologiche e soggettive, “si sovrappongono e si ripetono acquistando nuove sfumature”, come scrive Samy Ramez nell’articolo Simbolo e immagine in Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini.Parole chiave: Letteratura italiana. Neorealismo italiano. Elio Vittorini. Alimentazione. Cibo nella letteratura. RESUMO: Este artigo analisa a comida como parte dos símbolos e imagens que estruturam o romance Conversazione in Sicilia, de Elio Vittorini. Ao falar sobre comida, entre outros temas presentes no livro, o autor pode “dizer sem declarar”, criando metáforas que transformam o ato de comer (ou de não poder comer) em crítica social e política ao momento histórico que se vivia na Itália governada pelo regime fascista. O alimento, símbolo de abundância, quando ausente, torna-se ainda mais presente no pensamento dos italianos pobres, quase como uma obsessão. A comida também oferece uma viagem a um tempo perdido, o tempo mítico da infância, quando os sabores, a textura e os cheiros dos alimentos fazem o personagem recuperar a memória do passado e, assim, reconquistar a capacidade de sentir que havia perdido durante um período de profunda apatia. Essas simbologias, por um lado, políticas e sociais e, por outro, psicológicas e mais subjetivas, o tempo todo superpõem-se e se repetem “adquirindo novas nuances”, como escreve Samy Ramez no artigo Simbolo e immagine in Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini.Palavras-chave: Literatura italiana. Neorrealismo italiano. Elio Vittorini. Alimentazione. Cibo nella letteratura. ABSTRACT: This work analyses the presence of food among the symbols and images of Elio Vittorini’s novel Conversazione in Sicilia. The Italian author uses the act of talking about food, as he does with other subjects in the book, to “say without asserting”. He metaphorically transforms the act of eating (or not being able to eat) in a political and social critic to that historical moment in Italy when the country was governed by the fascists. When it lacks, food becomes even more alive in the mind of Italian poor people, like an obsession. Food also offers a trip to a lost time, the mythical time of childhood, as the flavors, the textures and the smell of food allow the character to recover the memory of his past and, doing so, regain the ability to feel. These symbols, on the one hand political and social, and on the other psychological and subjective, “overlap and repeat [throughout the book] gaining new nuances”, as writes Samy Ramez in the article Simbolo e immagine in Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini.Keywords: Italian literature. Italian Neorealism. Elio Vittorini. Food. Food in literature.
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