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Onger, Sergio. "La rappresentanza degli interessi imprenditoriali nella Brescia della Belle époque". STORIA IN LOMBARDIA, n.º 2 (enero de 2022): 51–70. http://dx.doi.org/10.3280/sil2020-002003.

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Le prime forme associative degli imprenditori italiani corrispondevano puntualmente alla struttura economica del Paese e riproducevano quindi il notevole peso degli interessi commerciali. La contiguità territoriale tra impianti industriali, reti distributive e reti creditizie favorivano la costituzione di associazioni con un forte radicamento locale. È questo il caso del Circolo commerciale, sorto a Brescia nel 1892 in modo spontaneo, geograficamente circoscritto e organizzativamente debole, nel quale erano rappresentati sia gli interessi industriali sia quelli commerciali, a dimostrazione di un basso grado di specializzazione settoriale. Al suo interno si trovavano imprenditori dell'industria, del commercio e della finanza, ma anche esponenti del ceto nobiliare che avevano iniziato a investire nell'azionariato industriale e bancario. Il Circolo divenne in pochi anni la centrale operativa di una élite di operatori economici di diverso orientamento politico che non intendevano l'azione associativa solo come difesa dei propri interessi, ma si sforzarono di collocarla nella prospettiva di una più ampia concezione ideologica, ponendosi traguardi comuni di progresso morale, civile e sociale.
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Schmitter, Philippe C. "LA RAPPRESENTANZA NELLA FUTURA ENTITÀ POLITICA EUROPEA". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 22, n.º 3 (diciembre de 1992): 411–48. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200018876.

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IntroduzioneSe la natura delle politiche pubbliche determina in misura crescente la sostanza degli interessi, la quale determina in misura crescente la forma delle constituencies, la quale determina in misura crescente il futuro della rappresentanza, e la Comunità europea determina in misura crescente la natura delle politiche pubbliche in Europa, allora il futuro della Comunità europea determinerà in misura crescente il futuro della rappresentanza in Europa.
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Gualmini, Elisabetta. "L'EVOLUZIONE DEGLI ASSETTI CONCERTATIVI IN ITALIA E IN GERMANIA". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 27, n.º 1 (abril de 1997): 101–50. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200025545.

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Resumen
IntroduzioneIl dibattito sul neo-corporativismo ha conosciuto un curioso destino: si è diffuso nel corso degli anni settanta con straordinaria rapidità, sostenuto da una particolare enfasi prescrittiva che vedeva nei nuovi modelli di rappresentanza degli interessi una sicura ricetta per la stabilità politica ed economica nazionale; è stato poi in gran parte smentito dai suoi stessi fondatori che a partire dalla metà degli anni ottanta hanno cominciato a parlare di un suo incipiente declino, tanto che il termine «neo-corporativismo» è gradualmente scomparso dalla letteratura come se evocasse fastidiose assonanze.
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Mastropaolo, Alfio. "PARLAMENTI E PARLAMENTARI NEGLI ANNI OTTANTA". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 20, n.º 1 (abril de 1990): 29–71. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008947.

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IntroduzioneAll'interno di quello che si suole ormai definire il mercato politico, il successo degli interessi organizzati ha da qualche decennio a questa parte finito, com'é noto, per cancellare del tutto la tradizionale rappresentazione del parlamento quale baricentro del sistema politico. Superata la fase in cui l'insidia piò grave alle prerogative delle assemblee legislative veniva dai partiti politici, i grandi gruppi d'interesse funzionali hanno addirittura dato luogo ad un secondo circuito rappresentativo in pieno regola, postosi decisamente in concorrenza rispetto a quello della rappresentanza politica democratica, che ha nel parlamento il suo principale punto di transito.
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Calvo, Juan. "SERGIO LARICCIA, La rappresentanza degli interessi religiosi, 1 vol. de VIII + 198 págs., Ed. Giuffrè, Milano, 1967". Ius Canonicum 10, n.º 19-20 (13 de abril de 2018): 543–44. http://dx.doi.org/10.15581/016.10.21519.

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Morris, Jonathan. "The organization of industrial interests in Italy, 1906–1925". Modern Italy 3, n.º 01 (mayo de 1998): 101–7. http://dx.doi.org/10.1080/13532949808454794.

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Franklin Hugh Adler,Italian Industrialists from Liberalism to Fascism. The Political Development of the Industrial Bourgeoisie, Cambridge University Press, Cambridge, 1996, xv + 458 pp., ISBN 0–521–433406–8 hbk, £40.00Giuseppe Berta,Il governo degli interessi. Industriali, rappresentanza e politica nell'Italia del nord-ovest 1906–1924, Marsilio, Venice, 1996, xv + 175 pp., ISBN 88–317–6342–3 pbk, 32,000 LireGiorgio FioccaStoria della Confindustria 1900–1914, Marsilio, Venice, 1994, 266 pp., ISBN 88–317–5850–0 hbk, 70,000 LireThe three books under review trace the organization of industrial interests in Italy from the foundation of the Lega industrial di Torino (LIT) in 1906 to the insertion of Confindustria into the Fascist totalitarian state. As Franklin Hugh Adler's ambitious and detailed account relates the Lega (LIT) begat first a Federazione Industriali Piemontesi (1908) and then the Confederazione Italiana dell'Industria (CIDI) in 1910 which was relaunched as the Confederazione generale dell'industria Italiana (Confindustria) in 1919. All of these organizations came under the effective direction of Gino Olivetti, the first secretary of the Lega who emerges from Adler's analysis as the principal theorist of a liberalproductionist ideology that the author regards as the central value system of the Italian industrial bourgeoisie. The slimmer volumes (in both scope and size) of Giuseppe Berta and Giorgio Fiocca diverge from Adler's account in stressing the discontinuities in the process of association which are attributed to the triumph of one industrial faction over another, and the changes in direction consequent upon this. By presenting these organizations within the broader context of entrepreneurial and associational activity, their accounts also call into question the extent to which the positions of Confindustria can be assumed to be representative of Italian industrialists as a whole.
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Graziano, Gigi. "LOBBYING, SCAMBIO E DEFINIZIONE DEGLI INTERESSI. RIFLESSIONI SUL CASO AMERICANO". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 23, n.º 3 (diciembre de 1993): 409–32. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200022449.

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IntroduzioneL'uso del concetto di scambio come categoria entro la quale sussumere l'attività di lobbying evidenzia un paradosso familiare agli studiosi della politica americana. Da un lato, nelle sue caratteristiche dominanti la politica americana è per larga parte null'altro che scambio. Il ben noto aforisma di Tip O'Neill (1987), per molti anni Speaker della Camera dei Rappresentanti (1977-1986), secondo il quale «tutta la politica è locale», sottende una nozione nella quale l'ideologia è praticamente assente e gli interessi particolaristici del tutto dominanti. D'altro canto, non conosco formula che offenderebbe di più operatori e attori del sistema, che la riterrebbero un grossolano travisamento della natura e significato del gioco. Nella misura in cui lobbying è scambio, sarebbero più portati a definirlo come «scambio di informazioni e idee fra Governo e parti private» (CRS Report 1991, 1), capace di infondere nelle politiche pubbliche expertise e consapevole realismo.
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Bourdua, Louise. "De origine et progressu ordinis fratrum heremitarum: Guariento and the Eremitani in Padua". Papers of the British School at Rome 66 (noviembre de 1998): 177–92. http://dx.doi.org/10.1017/s006824620000427x.

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DE ORIGINE ET PROGRESSU ORDINIS FRATRUM HEREMITARUM: GUARIENTO E GLI EREMITANI IN PADOVAIn un tentativo di apparire come il più antico ordine, gli eremiti agostiniani di Padova commissionarono un ciclo di affreschi nella loro cappella maggiore, che rappresentava una riscrittura visiva della loro storia. Questo saggio colloca gli affreschi del coro degli Eremitani, universalmente attribuiti a Guariento d'Arpo, nell'ambito del loro contesto agostiniano, il quale rispecchia gli interessi retrospettivi dell'ordine durante il quattor-dicesimo secolo ed in particolare la loro rivendicazione di essere i veri e giusti figli di Agostino. Le Confessioni di Agostino rappresentano la fonte naturale per le quattro scene narrative della fila inferiore, ma l'autore (o gli autori) del programma seguono da vicino anche la nuova storia dell'ordine, ed in particolare l'anonimo Initium sive processus Ordinis heremitarum sancti Augustini (1322–9), il Sermo de beato Augustino di Nicola d'Alessandria (1332) ed il meglio conosciuto Tractatus de origine et progressu ordinis fratrum heremitarum et vero ac proprio titulo eiusdem di Enrico di Friemar (1334). Viene sostenuto che il ciclo padovano segue questi testi del-l'inizio del quattordicesimo secolo e non il più tardo Liber Vitasfratrum (circa 1357) di Giordano di Quedlinburg, che sostituì la narrativa di Friemar e probabilmente arrivò a Padova nel 1368.
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Mara Santi, Tiziano Toracca e. "La Procedura di Mobilità e la sua rappresentazione letteraria: Mobilità e Mobilità n. 2 in Works (2016) di Vitaliano Trevisan". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, n.º 2 (24 de marzo de 2019): 480–510. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819831961.

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Il saggio analizza i capitoli Mobilità e Mobilità n. 2 di Works (2016) di Vitaliano Trevisan contestualizzandoli nel rinato interesse per il lavoro che dalla metà degli anni Novanta si registra negli autori, nel mercato editoriale, nel pubblico e nei critici letterari italiani. Posto che la letteratura italiana contemporanea ricomincia a interessarsi al lavoro in concomitanza con il passaggio storico dal fordismo al post-fordismo e in parallelo alle riforme giuridiche che hanno rappresentato le tappe politiche decisive di tale passaggio, il saggio analizza i due capitoli in primo luogo alla luce della legge sulla mobilità n. 223/1991 e dei successivi interventi legislativi su di essa occorsi. In secondo luogo il saggio analizza come la mobilità viene rappresentata da Trevisan e come l’autore non giochi la facile e ormai frusta carta della rappresentazione negativa né della disoccupazione né del lavoro, ma tracci un quadro acuto e originale, nel contesto della letteratura italiana degli anni Zero, del lavoro come attività strutturalmente sociale, in cui si esprimono l’identità e la responsabilità sociale del singolo. Più ancora emerge che i due capitoli sul “non-lavoro”, inseriti a metà del percorso narrativo che illustra i tanti lavori che il personaggio protagonista attraversa prima di diventare scrittore, rappresentano una vera e propria pausa lavorativa e narrativa per tematizzare la natura stessa del romanzo. Works, emerge infatti, è un quadro frammentato di partenze e ripartenze professionali ma è soprattutto una lettura finzionale del reale, ossia una consapevole rivendicazione alla letteratura di un ruolo non descrittivo ma interpretativo e conoscitivo.
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Sobel, Russell S. y Robert A. Lawson. "Intrastate Differences in Representative and Senator Behavior: The Relative Impact of District Elections, Ideology, and Shirking*". Journal of Public Finance and Public Choice 13, n.º 1 (1 de abril de 1995): 3–17. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907540011.

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Abstract Varie sono le teorie utilizzabili per spiegare le differenze comportamentali tra deputati e senatori rappresentanti di uno stesso stato. Le elezioni distrettuali possono portare ad una divergenza nelle preferenze degli elettori decisivi nelle elezioni del Senato e della Camera dei rappresentanti. Anche differenze ideologiche o differenze nel peso che il legislatore attribuisce ai propri interessi personali possono determinare comportamenti diversi.Questo lavoro svolge un’analisi empirica che utilizza i dati relativi ai prowedimenti di spesa presentati al 103° Congresso al fine di verificare la rilevanza esplicativa di queste teorie. Esso giunge alia conclusione che lo shirking legislativo ha un ruolo predominante nella spiegazione delle differenze nei prowedimenti di spesa avanzati, le elezioni distrettuali, nei prowedimenti di entrate, mentre le differenze ideologiche non risultano significative.
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Zanier, Maria Letizia y Marta Scocco. "Migrazioni oltre le aree metropolitane: le sfide della cittadinanza "dal basso" in un sistema insediativo marchigiano". MONDI MIGRANTI, n.º 1 (marzo de 2022): 101–16. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-001006.

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Il saggio si inquadra nel più ampio ambito degli studi sulle migrazioni oltre le aree metropolitane, di particolare interesse nel contesto italiano divenuto oramai da tempo un consolidato crocevia migratorio. Questi territori rappresentano osservatori privilegiati per comprendere e analizzare alcune importanti implicazioni sociali dell'immigrazione. I dati presentati e discussi ricostruiscono esperienze e pratiche di cittadinanza "dal basso" implementate nel quadro di due progetti FAMI realizzati presso l'Hotel House di Porto Recanati, un sistema immobiliare marchigiano ad alta concentrazione di popolazione di origine straniera e oggetto, da tempo, di studi sociologici, etnografici e demografici. Le evidenze empiriche indicano come il coinvolgimento diretto dei residenti, nella loro qualità di soggetti portatori di interessi nel corso delle diverse fasi progettuali, si sia rivelato una "buona pratica", oltre che una strategia vincente nell'intento di promuovere interventi di riqualificazione multilivello in un immobile che presenta da diversi decenni gravi segni di criticità intrinseche sul piano strutturale e sociale. Inoltre, attraverso le prassi virtuose introdotte in ambito progettuale, è stato possibile avviare strategie più efficaci di fronteggiamento dei gravi eventi emergenziali legati alla pandemia da Covid-19.
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Biorcio, Roberto y Paolo Natale. "LA MOBILITÀ ELETTORALE DEGLI ANNI OTTANTA". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, n.º 3 (diciembre de 1989): 385–430. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008649.

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IntroduzioneLo studio della mobilità elettorale si ricollega per diversi aspetti al dibattito sulle tendenze generali del mercato elettorale in Italia e alla problematica legata ai tipi di voto. Lo studio delle forme che può assumere la mobilità elettorale costituisce però, a nostro avviso, un tema dotato comunque di una sua autonoma specificità. Le forme che assume il passaggio da una scelta di voto ad un'altra dipendono sia dalle modifiche di posizionamento dei partiti nell'ambito della competizione elettorale, sia dalle modalità secondo cui i cittadini-elettori si rapportano ad essi e, più in generale, vivono il proprio rapporto con la sfera politica e le istituzioni.Si possono individuare nella scelta dell'elettore diverse componenti analitiche (cfr. Parisi e Pasquino 1977; Pizzorno 1983 e 1986, Mannheimer e Sani 1987), riconducibili, a nostro avviso, ad alcune peculiari logiche motivazionali. Si può cogliere anzitutto unalogica dell'identificazione,secondo cui l'elettore esprime adesione e solidarietà rispetto a qualche tipo di identità collettiva che ritiene rappresentata in una delle proposte di voto in competizione. Le identità collettive che costituiscono il referente necessario per questo tipo di logica motivazionale possono essere già presenti nella società — e semplicemente trascritte o trascrivibili in una delle possibili opzioni di voto — oppure essere costituite dal «discorso identificante» dei politici (Pizzorno 1983). Oppure ancora essere una combinazione di entrambe queste possibilità. Si può poi riconoscere nell'elettore l'esistenza di unalogica dell'utilità(o della razionalità strumentale rispetto allo scopo), quando il voto appare finalizzato a favorire (oppure ad ostacolare) tendenze politiche e/o provvedimenti specifici, in base ad un proprio calcolo degli interessi. Insieme a queste due, si può considerare una terza componente analitica nel comportamento elettorale — definibile comelogica della protesta— che esprime motivazioni prevalentemente «in negativo» rispetto al voto o rispetto al tradizionale sistema dei partiti; questa logica emerge quando i partiti esistenti non riescono a suscitare sufficiente identificazione nell'elettore, né a rappresentarne le domande sociali. La logica della protesta si può esprimere non solo con l'astensionismo (attivo o passivo), ma anche con il voto per alcuni dei «nuovi partiti» formatisi negli anni settanta e ottanta come espressione di diverse forme di protesta politica o sociale.È evidente che queste diverse logiche motivazionali possono coesistere nello stesso atto di scelta, con un peso che può variare in base alle caratteristiche dell'elettore, alla congiuntura politico-sociale e al tipo di elezione. Quello che interessa al nostro studio è la relazione fra queste logiche di voto ed i processi di mobilità elettorale: come il peso specifico delle diverse logiche motivazionali può fare variare siale probabilitàdi mutamento delle precedenti scelte di voto, siale formeed ilsensoche questo mutamento può assumere.La logica della identificazione — declinata nelle forme più diverse — costituisce ovviamente la base della fedeltà elettorale di partito o, almeno, di «area politica». Per gli elettori che nel voto esprimono soprattutto una esigenza di identificazione, la probabilità di mutamenti è ridotta, e l'abbandono delle precedenti scelte assume un carattere «traumatico», che si può leggere come segno di un generale processo di ri-orientamento politico-esistenziale. Il passaggio diretto ed immediato da una identificazione ad un'altra è un evento che si verifica raramente. Gli elettori che scelgono di non votare più per un partito in cui si erano identificati sperimentano una fase di relativa incertezza, nella quale possono acquistare maggior peso, almeno transitoriamente, le logiche della protesta o quelle del calcolo delle utilità.La logica della utilità si esprime in un «calcolo dei vantaggi» che si può riferire tanto a interessi individuali e particolaristici (voto clientelare), quanto a quelli di gruppo o di categoria, fino ad assumere come riferimento interessi più generali (voto di opinione). Il calcolo dei vantaggi di ogni scelta di voto è funzione delle caratteristiche specifiche e congiunturali delle diverse scadenze elettorali. Ci si può aspettare che quanto più pesa, nella scelta del singolo elettore, la logica della utilità, tanto più sono probabili, almeno in linea di principio, i cambiamenti delle opzioni di voto.Anche la logica della protesta, se non è accompagnata da forte identificazione in un partito vissuto come rappresentante significativo della protesta sociale, fornisce un notevole contributo alla instabilità elettorale: in questo caso è l'atto stesso di abbandono delle precedenti scelte partitiche che diviene il veicolo più importante per l'espressione del risentimento dell'elettore.Si è rivolta l'attenzione a diversi tipi di mutamento nel comportamento elettorale, analizzando in particolare:1)i cambiamenti di voto all'interno del gruppo dei 7-8 partiti tradizionalmente presenti — nel dopoguerra — nelle competizioni elettorali: la mobilità in questo caso può essere interpretata come l'esito di un giudizio razionale sugli effetti dell'opzione elettorale sul quadro politico, o su una serie di politiche specifiche;2)i cambiamenti di voto da uno dei partiti tradizionali alla esplorazione di nuove possibilità di espressione elettorale — nella scelta di votare, ad esempio, per uno dei partiti emersi negli anni settanta ed ottanta, o per qualcuna delle liste che si caratterizzano su specificheissues(pensioni, ecologia, identità regionali, ecc.);3)il cambiamento dal voto al non voto, che può essere letto come diminuzione del livello di identificazione (visto dal lato dell'elettore) o nella capacità di mobilitazione (visto dal lato del partito) di una determinata opzione partitica;4)il ritorno dal non voto (non partecipazione alla votazione o non espressione di voto valido) al voto per una delle liste presenti nella competizione elettorale, che può dipendere dalla accresciuta capacità di suscitare mobilitazione ed identificazione da parte di una delle forze politiche presenti, oppure dalla particolare rilevanza soggettivamente attribuita ad una specifica tornata elettorale.Lo studio empirico delle forme di mobilità elettorale presenta — come è noto — particolari difficoltà, sia perché ciascuna di esse coinvolge quote limitate del corpo elettorale sia, più in generale, per l'ovvio motivo che non sono disponibili registrazioni — a livello individuale — delle scelte di voto e delle loro variazioni fra una elezione e l'altra. A causa di tali difficoltà e per ovviare ai problemi specifici di ciascuna delle tecniche di analisi, nel nostro studio sulla mobilità elettorale 1983-87 abbiamo fatto riferimento a risultati di ricerche realizzate con diversi metodi: analisi di dati raccolti tramitesurvey,analisi di dati elettorali aggregati a vari livelli, stime dei flussi elettorali in alcune città e stime di flussi a livello nazionale basate sui dati rilevati in un insieme di sezioni-campione. E nostra opinione che sia legittimo e necessario utilizzare nella ricerca i diversi metodi a disposizione, con la consapevolezza dei vantaggi e dei problemi metodologici che ciascuno di essi pone: soltanto l'attenta comparazione dei risultati ottenuti da diverse fonti può convalidare o, nel caso, porre seri interrogativi sulle ipotesi sostantive via via formulate. In questa sede il nostro interesse è rivolto ai risultati ottenuti con le diverse metodologie, più che alla discussione delle metodologie stesse, per la quale rimandiamo ad altre sedi.
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Bertolini, Piro. "Lo stato delle scienze dell’educazione in Italia". Swiss Journal of Educational Research 22, n.º 1 (1 de enero de 2000): 93–110. http://dx.doi.org/10.24452/sjer.22.1.5083.

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Nell’articolo si affronta dapprima la questione della definizione delle scienze dell’educazione che in Italia si presenta con due accezioni: come indicativa delle varie scienze umane (psicologia, sociologia, psicoanalisi, ecc.) nel momento in cui si occupano esplicitamente del fenomeno educativo la prima e indicativa delle diverse specificazioni della pedagogia generale (storia della pedagogia; didattica; pedagogia speciale; pedagogia sperimentale; pedagogia degli adulti; ecc.) la seconda. Su questa base si discute l’evoluzione delle scienze dell’educazione a partire dalla seconda guerra mondiale, ponendo l’accento sui fattori che ne hanno condizionato le due anime: da un lato le esigenze di carattere sociale con riferimento a problematiche extra-scolastiche, dall’altro lato il diffondersi di un reale interesse per la formazione professionale degli insegnanti. Di particolare interesse è l’evoluzione della didattica che è alla ricerca di una autonomia delle varie specificazioni attraverso la costituzione di un proprio statuto epistemologico e di metodologie di ricerca proprie. Infine, per quanto riguarda le istituzioni e gli strumenti di appoggio alle scienze dell’educazione o pedagogiche, l’articolo tocca il ruolo delle riviste specializzate e di alcune Associazioni che riuniscono i rappresentanti delle varie discipline pedagogiche e ad alcuni centri di ricerca pubblici o privati.
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Congleton, Roger D. "The Politics of Debt". Journal of Public Finance and Public Choice 10, n.º 1 (1 de abril de 1992): 17–34. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539365.

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Abstract Questo lavoro sintetizza i recenti contributi della letteratura economica, in particolare di Barro, Buchanan e di Tabellini ed Alesina, in materia di politica del debito pubblico e ne estende la logica ad un’analisi degli effetti che un’informazione politica imperfetta genera sui livelli del debito. L’autore argomenta che i problemi legati all’informazione dei cittadini-votanti rappresentano la fonte primaria di gran parte dei problemi generati dal debito pubblico. In particolare, l’analisi condotta suggerisce che l’informazione imperfetta consente ai gruppi di interesse di esercitare una sproporzionata influenza sulle scelte di politica economica, influenza che si manifesta nel ricorso al debito come forma di finanziamento del disavanzo.
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Arcidiacono, Davide y Luigi di Cataldo. "Trading Zone e Platform Capitalism: intere trans-disciplinarità tra sociologia e diritto". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 164 (diciembre de 2022): 183–208. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-164010.

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La transizione digitale e la "piattaformizzazione" del lavoro rappresentano una sfida del nostro tempo che richiede uno sforzo trans-disciplinare. Si tratta di defini-re delle "trading zone", spazi d'incrocio tra saperi in cui definire la migrazione di componenti scientifiche da un dominio ad un altro. L'articolo, attraverso il con-fronto sistematico della letteratura giuridica e sociologica sul tema del lavoro di piattaforma, individua quattro trading zone principali: il riconoscimento del lavoro umano; la qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro; il valore del lavoro; l'organizzazione degli interessi collettivi. Le trading zone da noi individuate non sono soltanto spazi di riflessione e integrazione tra discipline diverse ma forniscono anche indicazioni di policy per dipanare le complessità del lavoro digitale nella so-cietà algoritmica.
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Baldi, Lucia, Alessandro Banterle y Stefanella Stranieri. "Alimentazione, salute e ambiente: consumatori e imprese "sostenibili"". RIVISTA DI STUDI SULLA SOSTENIBILITA', n.º 2 (enero de 2013): 69–89. http://dx.doi.org/10.3280/riss2012-002005.

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Il tema dell'alimentazione, nei suoi aspetti relativi alla salute e all'ambiente, viene analizzato in una prospettiva di sostenibilitŕ. La relazione tra alimentazione e salute, infatti, sta acquisendo un interesse crescente dovuto sia alla diffusione dell'obesitŕ che all'attenzione per il benessere complessivo dell'individuo. L'alimentazione, inoltre, riveste un ruolo fondamentale nelle problematiche ambientali: l'approvvigionamento sostenibile, il ridotto consumo di energia e acqua, la gestione dei rifiuti e, soprattutto, l'acquisto consapevole di prodotti alimentari rappresentano le principali sfide che il sistema alimentare dovrŕ affrontare nei prossimi anni. Tali tematiche hanno riflessi anche all'interno delle filiere agro alimentari, con l'implementazione di sistemi di certificazione relativi alla sostenibilitŕ, che possono determinare benefici in termini di efficienza degli scambi.
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Rossi, Mario G. "Dalla Resistenza alla Costituzione. La formazione della nuova classe dirigente nella Toscana postfascista". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 265 (junio de 2012): 552–66. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-265002.

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L'antifascismo e l'ereditŕ della Resistenza, oltre che fattore costitutivo dell'aggregazione del nuovo blocco di forze politiche e sociali alternativo a quello dominante nella Toscana liberale e fascista, rappresentano un vero carattere originale profondamente radicato nelle masse popolari e nelle élite dirigenti della Toscana contemporanea. A questo risultato ha contribuito in modo determinante il Comitato toscano di liberazione nazionale (Ctln) che, ponendosi come organo unitario di autogoverno, al di sopra delle contrapposizioni ideologiche e politiche, ha diretto la battaglia per le autonomie locali e il governo regionale e ha promosso un ampio processo di rinnovamento in tutti i settori delle classi dirigenti, operanti non solo nella politica e nell'amministrazione, ma anche nell'economia e nella societŕ civile. L'ampiezza e il radicamento della scelta antifascista si sarebbero consolidati nel tempo, impedendo, anche dopo la rottura provocata dalla guerra fredda, il recupero delle posizioni e degli interessi dei gruppi piů retrivi e consentendo lo sviluppo in termini articolati e non rigidi della dialettica tra le forze politiche della regione.
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Bucci, Sergio. "La terra e la mezzadria nell'opera di Gianbattista Masciotta". AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, n.º 2 (octubre de 2011): 108–13. http://dx.doi.org/10.3280/aim2011-002008.

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Gianbattista Masciotta (1864-1933) - autore della monumentale operae ritenuto il maggior storiografo del Molise - ebbe, da sempre, tra i suoi principali interessi anche lo studio dell'agricoltura della sua regione e la ricerca delle cause del suo mancato ammodernamento. Il Masciotta, a cui interessava la sopravvivenza stessa del mondo legato alla terra, ma anche il mantenimento dell'ordine sociale, individuò nella mezzadria lo strumento più adatto a rendere maggiormente remunerativa l'agricoltura molisana. A suo modo di vedere, infatti, la mezzadria, rappresentando la sola forma di "lavoro cointeressato" - "un contratto solidamente ed onestamente stipulato, senza ciò che nessuna delle sue parti contraenti assuma per se condizioni leonine nella divisione degli utili" - avrebbe potuto costituire la via d'uscita non solo per il mondo contadino (che si sarebbe industriato a rendere più produttivi i terreni allo scopo "individualistico - sosteneva ancora - di trascorrervi più agiata egli stesso l'esistenza"), ma anche per porre un freno all'ascesa di quei piccoli e medi proprietari della nuova borghesia giunta al possesso della terra, dopo il crollo dell'aristocrazia agraria, con metodi certo discutibili.
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Zanini, Paolo. "Italia e Santa sede di fronte ai disordini del 1929 in Palestina". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 264 (marzo de 2012): 406–24. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-264004.

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La Rivolta araba dell'agosto 1929 costituě una svolta nella storia della Palestina mandataria. Essa, perň, appare interessante anche per valutare l'atteggiamento cattolico nei confronti del sionismo. In Italia, dove quei fatti ebbero grande eco, si cercň di riproporre un ruolo nazionale nella regione, sfruttando il fattore religioso. Simili tentativi, che raccolsero il consenso di importanti ambienti cattolici e del governo, non riuscirono a far breccia presso la Santa sede ove altri e diversi erano i timori generati dalla rivolta del 1929, attorno a cui i principali rappresentanti vaticani nella regione, Barlassina e Valeri, elaborarono valutazioni diverse. Barlassina vide nella rivolta e nel massacro di Hebron la reazione degli arabi alle prepotenze dei sionisti; Valeri, pur contrario agli obiettivi del sionismo, ritenne che ogni radicale ripresa del nazionalismo arabo fosse pericolosa per gli interessi cattolici. La rivolta del 1929, cosě, appare un avvenimento attraverso cui leggere le diverse sensibilitŕ esistenti tra le frange piů nazionaliste del cattolicesimo e la politica della Santa sede e, al tempo stesso, per valutare le differenti posizioni presenti all'interno della gerarchia cattolica rispetto alla questione della Palestina.
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Pappalardo, Adriano. "DAL PLURALISMO POLARIZZATO AL PLURALISMO MODERATO. IL MODELLO DI SARTORI E LA TRANSIZIONE ITALIANA". Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 26, n.º 1 (abril de 1996): 103–45. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024059.

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IntroduzioneNegli anni novanta, l'Italia è entrata in un processo di transizione che è ormai divenuto oggetto di un'abbondante letteratura nazionale e straniera. Piuttosto ovviamente, la natura di tale transizione è ben diversa da quelle dei paesi postcomunisti e, come ha opportunamente sottolineato Pasquino (1994; 1995), poco comparabile con altri precedenti storici. Anche la Francia, che questo autore considera il miglior termine di confronto, lo è in realtà assai relativamente sotto una varietà di punti di vista. Mentre infatti la Quarta e, per lungo tempo, anche la Quinta Repubblica sono rimasti classici casi di pluralismo polarizzato (Sartori 1982, 256–262), l'Italia degli anni novanta non può più essere definita tale, e proprio per questo (o, almeno, anche per questo) si è avviata alla presente transizione. Come è noto, inoltre, le riforme golliste investirono essenzialmente le principali istituzioni politiche della repubblica, ma lasciarono inalterati il subsistema burocratico e la struttura (centralizzata) dello Stato, che sono, invece, componenti tutt'altro che secondarie per comprendere il decorso e gli eventuali sbocchi della crisi italiana. Ma, infine, tale crisi si intreccia anche al declino dello Stato sociale e interventista, coinvolgendo la ridefinizione dei confini fra politica ed economia e il ruolo delle grandi organizzazioni degli interessi, sindacati in testa. Come dire che, oltre al sistema politico-istituzionale ed alla pubblica amministrazione, le relazioni industriali e i loro attori pubblici e privati rappresentano una terza dimensione di cambiamento, che altrove è stata poco importante (Francia), ovvero incomparabilmente diversa (regimi postcomunisti).
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Fazzini, Ilaria. "Una pluralità di sguardi sulla follia. Storia delle internate cremonesi nella seconda metà dell'ottocento". STORIA IN LOMBARDIA, n.º 2 (septiembre de 2020): 114–32. http://dx.doi.org/10.3280/sil2018-002006.

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La storia delle donne internate in manicomio, della loro vita dentro e fuori gli istituti psichiatrici, è divenuta negli ultimi decenni oggetto di grande interesse e studio. La presente ricerca, condotta a partire dallo studio e dall'analisi delle cartelle cliniche e dei fascicoli personali delle donne internate nel Manicomio di Cremona dal 1868 al 1904, ha lo scopo di indagare l'internamento della follia femminile nella seconda metà dell'Ottocento e di farne emergere le caratteristiche e le peculiarità. Le cartelle cliniche delle pazienti cremonesi si sono rivelate una fonte utile e preziosa che ha fatto emergere chiaramente come l'internamento delle donne in manicomio fosse un processo "corale". Al suo interno infatti si intrecciava una pluralità di voci e di "sguardi" che "costruivano" e definivano la follia femminile: dallo "sguardo" dei familiari e dei rappresentanti delle istituzioni religiose e politiche coinvolti nelle procedure di ammissione, alla "voce" inascoltata delle internate portatrici di una propria soggettività, fino alle diagnosi e alle cure degli alienisti. L'autrice analizza e indaga questi soggetti, mostrandone il ruolo nelle diverse fasi del processo di internamento e rintracciando i differenti riferimenti culturali e i diversi linguaggi da loro utilizzati per individuare, comprendere, descrivere e, nel caso delle internate, manifestare e narrare la follia.
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Costumato, Lorenzo, Fabiana Scalabrini y Andrea Bonomi Savignon. "Ideal-tipi di performance management nella pianificazione delle Aziende Sanitarie. Una prima rilevazione empirica a livello nazionale". MECOSAN, n.º 117 (abril de 2021): 7–26. http://dx.doi.org/10.3280/mesa2021-117002.

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I quattro ideal-tipi di performance management (Bouckaert e Halligan, 2008) rappresentano altrettante fasi di un'evoluzione da un approccio non organico e prevalentemente focalizzato sulla rilevazione degli input (performance administration), a uno in cui il ciclo di gestione della performance e completamente integrato nei processi gestionali dell'organizzazione e interagisce con l'ambiente esterno (performance governance). Questi modelli hanno esercitato una decisa influenza sulla letteratura successiva in materia di performance management in ambito pubblico, ma sono stati solo sporadicamente indagati a livello empirico nel contesto sanitario (Halligan et al., 2012; Tenbensel e Burau, 2017). Il presente articolo fornisce un'analisi empirica dei piani della performance 2020-2022 pubblicati dalle ASL italiane, fornendo una risposta alla seguente domanda di ricerca: dopo oltre un decennio dall'adozione del D.Lgs. n. 150 del 2009, verso quale ideal-tipo di performance management sono orientate le Aziende Sanitarie Locali in Italia? Per rispondere a questa domanda, e stato definito un modello di valutazione qualitativa che consente di posizionare ogni ASL sul continuum descritto da Bouckaert e Halligan rispetto a sei ambiti di interesse specifici, frutto dell'incrocio tra quanto definito in letteratura e la normativa vigente sulla gestione del ciclo della performance, al fine di verificare se esiste una traiettoria di avanzamento delle ASL verso il modello performance governance.
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Piovan, E. y A. Beltramello. "Patologia infiammatoria encefalica". Rivista di Neuroradiologia 4, n.º 3_suppl (diciembre de 1991): 51–55. http://dx.doi.org/10.1177/19714009910040s311.

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Nonostante i progressi terapeutici degli ultimi anni le infezioni del Sistema Nervoso Centrale rappresentano ancor oggi un importante problema clinico. Soprattutto il rapido aumento delle infezioni correlate alla Sindrome da Immuno Deficenza Acquisita (AIDS) rendono ragione del crescente interesse per questo tipo di patologia. Per un corretto inquadramento della patologia infiammatoria è innanzi tutto da considerare l'età del paziente: la medesima noxa patogena può produrre infatti effetti molto diversi a seconda del periodo della vita in cui il soggetto viene colpito. La tipica classificazione delle infezioni in età adulta prevede una distinzione in 3 gruppi: Infezioni del tessuto cerebrale (encefalite, cerebrite, ascesso, ventriculite); Infezioni meningee (meningite, empiema sottodurale, empiema epidurale); Infiammazioni dei vasi (arteriti, tromboflebiti sino-durali e profonde). La tomografia computerizzata nella patologia infiammatoria encefalica, stante la ben nota maggior sensibilità della risonanza magnetica nel riconoscimento di queste lesioni, conserva i vantaggi della facilità di accesso all'esame per l'elevato numero di apparecchiature presenti nel territorio ed i costi minori. Questi ultimi vanno presi seriamente in considerazione soprattutto in relazione a quei casi che devono essere sottoposti più volte ad esame per monitorizzare l'andamento della lesione. Inoltre la tomografia computerizzata permette di esaminare anche pazienti non collaboranti, quali spesso sono questi soggetti soprattutto nella fase acuta, data l'elevata velocità di acquisizione delle immagini.
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De Maria, Angela. "Interpreti e diplomazia". Review of Croatian history 17, n.º 1 (2021): 273–308. http://dx.doi.org/10.22586/review.v17i1.19690.

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Alla fine della guerra di Candia, i confini lungo la frontiera dalmata rappresentarono una questione di particolare interesse per i Veneziani e gli Ottomani. Questo saggio si sofferma sul ruolo dei dragomanni, figure che, nelle negoziazioni postbelliche relative alla questione confinaria, giocarono una funzione primaria accanto ai rappresentanti diplomatici (l’ambasciatore straordinario per la Serenissima, da una parte, e il gran visir ottomano, dall’altra) e ai due commissari specificamente delegati alla definizione della nuova “linea Nani”. Generalmente, nei testi ufficiali degli accordi diplomatici e confinari i dragomanni appaiono perlopiù nel ruolo di interpreti che essi ricoprivano a livello formale. Tuttavia, sulla base di documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia, è possibile osservare che, lungi dall’essere dei semplici traduttori, i dragomanni assumevano la poliedrica veste ora di intermediari e portavoce dei rappresentanti diplomatici, ora di negoziatori, ora di confidenti e informatori, se non addirittura di spie. Grazie alle capacità linguistiche, alle abilità diplomatiche e agli stretti legami familiari e sociali intessuti con le comunità locali (musulmane e non), essi occupavano una posizione privilegiata all’interno della rete diplomatica e informativa che si estendeva in tutto il Levante ottomano, intrattenendo, in via pressoché esclusiva, un contatto costante e diretto con i ministri e i sudditi del sultano. In particolare, Ambrogio Grillo e Tommaso Tarsia, dragomanni al servizio della Repubblica di Venezia, nonché il “grande dragomanno” del Divano Panaiotis Nikousios, appaiono, secondo la documentazione proveniente dalla Casa del bailo a Costantinopoli, quali veri e propri protagonisti nella conduzione delle difficili trattative diplomatiche e confinarie che seguirono alla guerra di Candia. Pertanto, le negoziazioni postbelliche che questo saggio analizza come emblematico caso di studio sono oltremodo rappresentative del singolare ruolo giocato dai dragomanni che, profittando delle capacità linguistiche ch’essi possedevano in via quasi esclusiva, non erano soltanto in grado di condurre le trattative ma, talora, anche di manipolarle attraverso l’“imbroglio” cui potevano con facilità ricorrere intervenendo strategicamente nel lavoro di traduzione da un idioma all’altro.
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Pergolizzi, Antonio y Emanuela Somalvico. "Le bonifiche delle discariche in procedura di infrazione UE. Criticità, infiltrazioni criminali e proposte di policy". PRISMA Economia - Società - Lavoro, n.º 2 (febrero de 2022): 68–82. http://dx.doi.org/10.3280/pri2020-002005.

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L'articolo passa in rassegna la lunga e complessa evoluzione, politica e normativa, delle procedure di bonifiche dei siti contaminati, individuando criticità, contraddizioni, opacità, lentezze e manifestazioni di illegalità. A livello generale, almeno due sono emerse come le principali criticità di sistema, che hanno fatto da freno alle attività concrete di bonifica: 1) criteri non idonei di scelta per l'identificazione del sito da bonificare; 2) errata ripartizione delle responsabilità tra gli enti territoriali, che spesso non hanno adeguati mezzi e risorse, soprattutto in termini di personale qualificato per rispondere a procedure così complesse. Anche da questa prospettiva, l'inquinamento diffuso provato anche dalla presenza dei siti da bonificare rappresentano il punto finale di un processo di sviluppo industriale e consumistico privo di regole e di limiti. Deregulation che è valsa per almeno un quarantennio, un ampio arco temporale in cui il territorio nazionale ha visto l'esplosione dei siti inquinati (di interesse nazionale, regionale o comunale), dove per almeno 200 casi l'Unione Europea ha addirittura aperto due distinte procedure d'infrazione. Procedure che sono costate all'Italia oltre 40 milioni, più una penalità semestrale iniziale di 42.800.000 euro. Per far fronte a questo salasso il 24 marzo 2017 il Governo dell'epoca ha costituto il Commissario Straordinario di Governo per svolgere la missione di bonifica e messa in sicurezza degli 81 siti di discarica abusivi sotto procedura di infrazione a seguito della Sentenza di condanna sanzionatoria della Corte di giustizia dell'Unione Europea del 2 dicembre 2014.
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Gratteri, Andrea. "Elezioni primarie e segretezza del voto: elementi pubblicistici ed associazionismo privato". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 55, n.º 1 (30 de junio de 2006): 241–54. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12716.

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Lo scorso 16 ottobre più di settemila elettori si sono recati al seggio allestito dai partiti dell’Unione, hanno magari affrontato una lunga attesa, hanno sottoscritto una dichiarazione di adesione ad un progetto politico, hanno pagato almeno un euro quale contributo alle spese, si sono appartati dietro ad un paravento, hanno piegato la scheda elettorale e l’hanno inserita nell’urna senza apporvi alcun segno. Contemporaneamente altri novemila elettori compivano le stesse operazioni salvo invalidare la scheda. Il comportamento di questi elettori, che pure rappresentano una frazione minima di coloro che si sono espressi per scegliere il leader dell’Unione, mette in evidenza uno degli elementi di maggior delicatezza di una consultazione, come quella delle primarie, dove si possono distinguere due diversi atti politicamente significativi: prima, la decisione di partecipare al voto; poi, la scelta fra le diverse opzioni di voto. Cosa ha spinto allora quei sedicimila elettori ad esprimere un voto non valido? Si deve pensare che costoro siano portatori di un senso di appartenenza al progetto dell’Unione tanto elevato da voler partecipare alla consultazione pur non volendo sostenere nessuno dei candidati? Alcuni probabilmente hanno voluto esprimere questo loro giudizio, magari votando goliardicamente, per esempio, per Valentino Rossi. Altri elettori, però, hanno presumibilmente votato scheda bianca (o nulla) perché la loro assenza al seggio sarebbe stata notata: per una qualche ragione dovevano esserci. Da queste prime considerazioni emerge il problema inestricabile di tutte quelle consultazioni in cui partecipazione e non partecipazione sono espressive di un comportamento connotato politicamente, come avviene ormai “tradizionalmente” in occasione dei referendum abrogativi. In questo caso solo la maturità della comunità politica e la diffusa legalità del sistema possono essere invocate per mitigare l’incidenza di pressanti forme di controllo (sociale e personale) e di indebite interferenze sulla partecipazione che, di fatto, limitano la libertà del voto. È pertanto evidente che la questione della segretezza del voto è di rilevante interesse anche per le consultazioni prive di ufficialità. In occasioni di questo genere la segretezza del voto può, perlomeno, attenuare le eventuali pressioni subite da chi, controvoglia, si è magari recato comunque al seggio.
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Bottero, Marta, Caterina Caprioli, Giulia Datola, Alessandra Oppio y Francesca Torrieri. "Regeneration of Rogoredo railway: a combined approach using multi-criteria and financial analysis [Un approccio integrato per la rigenerazione dello scalo ferroviario di Rogoredo]". Valori e Valutazioni 31 (febrero de 2023): 89–102. http://dx.doi.org/10.48264/vvsiev-20223107.

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Abandoned areas such as neglected railways and urban voids represent a suitable opportunity for the regeneration and requalification of cities, according to the paradigms of sustainability and resilience. Urban transformation and urban regeneration processes are characterized by a high level of complexity, a dynamic behavior over time and interactions between the various actors involved in the process. Within this context, the present paper proposes the application of a combined evaluation framework, based on the integration of Multi-Criteria Decision Analysis (MCDA) with a Financial Analysis (FA) to assess different strategic scenarios for the regeneration of the Rogoredo railways area (Milan, Italy). The purpose of this framework is to take into account the complexity of the decision- making process, considering both the qualitative (social and environmental) and quantitative (economic- financial) aspects. In detail, the railway yards in the Rogoredo area in Milan (Italy) represent an emblematic case. The city of Milan, within the Territory Governance Plan (PGT), has already proposed interventions in this site aimed at reconnecting the infrastructural node and making it an attractive and inclusive pole. The present paper demonstrates the usefulness of evaluation procedures in supporting the entire decision-making process and defining the most suitable scenario considering the initial objective and the stakeholders’ interests. The innovative value provided by this application is represented precisely by the possibility of considering both the developer point of view through FA and the broader public perspective through the support of MCDA. This approach allowed to build and evaluate transformation scenarios capable of both attracting potential investors and promoting sustainable mobility models, social inclusion, eco-sustainable development, improvement of environmental quality through the design of new public areas, green spaces, and services for citizens. I vuoti urbani, quali ex aree industriali ed ex scali ferro- viari, rappresentano oggi un’importante occasione di riconversione delle città, nell’ottica di uno sviluppo in chiave sostenibile, resiliente e circolare. Tuttavia, gli interventi di trasformazione e rigenerazione urbana sono caratterizzati da un elevato grado di complessità e dinamicità, così come da un’elevata interazione tra le diverse componenti urbane, quali gli aspetti economici, ambientali, sociali e tra i diversi attori coinvolti nel processo. In questo contesto, l’approccio metodologico proposto nel presente contributo combina le Analisi- Multicriteri (AMC) con l’analisi Analisi Finanziaria (AF). Questo modello permette di analizzare e supportare il processo decisionale nella sua complessità, considerando sia gli aspetti qualitativi (sociali e ambientali) sia quelli quantitativi (economico- finanziari). Il caso degli scali ferroviari dell’area di Rogoredo a Milano (Italia) rap- presenta un caso emblematico. La stessa città di Milano, già all’interno del Piano di Governo del Territorio (PGT), propone interventi volti alla riconnessione di questo nodo infrastrutturale per renderlo un polo attrattivo e inclusivo. L’obiettivo di questo contributo è quello di applicare le AMC con l’AF per la valutazione di scenari alternativi, volti alla riqualificazione dell’ex scalo ferroviario di Rogoredo. La valutazione diventa, quindi, parte integrante dell’intero processo decisionale, supportandone tutte le fasi, da quella iniziale fino alla definizione dello scenario più idoneo agli obiettivi prefissati e agli interessi degli stakeholder coinvolti. Il valore aggiunto fornito dalla presente applicazione è rappresentato proprio dalla possibilità di considerare sia il punto di vista degli investitori, attraverso l’AF, sia la più ampia prospettiva pubblica, attraverso il supporto delle AMC. In questo modo è stato possibile costruire e valutare scenari di trasformazione in grado di attrarre possibili investitori e al tempo stesso capaci di promuovere modelli di mobilita sostenibile, forme di inclusione sociale, sviluppo eco-sostenibile, miglioramento della qualità ambientale, attraverso la progettazione di nuove aree pubbliche, spazi verdi e servizi per i cittadini. In questo processo, la valutazione assume un ruolo essenziale in quanto consente di mettere in luce i diversi obiettivi perseguiti dall’intervento di rigenerazione e le loro eventuali conflittualità. Inoltre, la loro identificazione può supportare la definizione di scenari alternativi di sviluppo, rendendo partecipati sia il processo progettuale sia quello decisionale.
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Davis, John A. "Remapping Italy's Path to the Twentieth CenturyL'Organizzazione della città: Amministrazione urbana a bologna dopo L'Unita (1859-1889). Aurelio AlaimoTerra e denaro: Una borghesia padana dell'ottocento. Alberto M. BantiQuaderni Storici. A. M. Banti , M. MeriggiIl commune rustico: Storia sociale di un paese del Mezzogiorno nell' ottocento. Giuseppe CivileEsercito e società nell'Italia napoleonica. Franco Della PerutaEsercito e città dall'Unità agli anni Trenta.A Eboli: Il mondo meridionale in cent'anni di trasformazioni. Gabriella GribaudiMondo operaio e mito operaio: Spazi e percorsi sociali a Torino nel primo novecento. Maurizio GribaudiMerchants and Reform in Livorno, 1814-1868. David Lo RomerIl giardino degli aranci: il mondo degli agrumi nella storia del Mezzogiorno. Salvatore LupoOttocento, Famiglia, élites e patrimoni a Napoli. Paolo MacryI Signori della terra: L'organizzazione degli interessi agrari padani, 1860-1914. Maria MalatestaIl Mezzogiorno pre-Unitario: economia, società e istituzioni. Angelo MassafraIl regno Lombardo-Veneto. Marco MeriggiSuffragio, rappresentanza, interessi: Istituzioni e società fra '800 e '900. C. Pavone , M. SalvatiLatifondo: Economia morale e vita materiale in una perferia dell'ottocento.Marta PetrusewiczUna certa reciprocità di favori: Mafia e modernizzazione violenta nella Sicilia postunitaria. Paolo PezzinoIl commando impossible: Stato e società nell'Italia liberale. Raffaele RomanelliSulle carte interminate: Un ceto di impiegati tra privato e pubblico: i segretari comunali in Italia, 1860-1915. Raffaele RomanelliQuaderni Storici.Raffaele Romanelli , A. AnninoL'educazione delle donne: Scuole e modelli di vita femminile nell'Italia dell'Ottocento. Simoneta Soldani". Journal of Modern History 66, n.º 2 (junio de 1994): 291–320. http://dx.doi.org/10.1086/244832.

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Forte, Francesca. "Ibn Khaldūn e il pensiero marocchino contemporaneo". Doctor Virtualis, n.º 17 (14 de mayo de 2022): 185–209. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17855.

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La moderna riscoperta del lavoro di Ibn Khaldūn da parte degli studiosi arabi si è sviluppata attorno a una vera e propria dicotomia: alcuni hanno descritto Ibn Khaldūn come un pensatore originale e anomalo tenendo conto del suo contesto e del suo tempo, o l’unico e più alto rappresentante del pensiero arabo-islamico, legittimando gli interessi di coloro che puntavano a mettere in ombra la restante parte della tradizione. Dall’altra parte si è assistito al tentativo opposto di ridimensionare la sua originalità rispetto al contesto evidenziando la sua piena appartenenza alla tradizione storiografica e di pensiero islamica. Questo contributo intende approfondire le interpretazioni di quattro importanti esponenti del pensiero marocchino contemporaneo che hanno dedicato a Ibn Khaldūn importanti studi: si tratta di Mohammed Aziz Lahbābi, Mohammed Abed al-Jābrī (importante esponente della scuola filosofica di Rabat), il noto intellettuale Abdallah Laroui, e il letterato Bensalem Himmich. Si fa riferimento in primo luogo a M.A. Lahbābi e al suo allievo più noto, M.A. al-Jābrī, al primo perché ha dato sicuramente un impulso importante allo studio dell’autore ed è tra i fondatori della scuola di Rabat, al secondo per la sistematicità e importanza della sua proposta teorica di critica della ragione araba. L’analisi proposta da A. Laroui, anch’egli rappresentante della scuola di Rabat, mette in luce caratteristiche diverse dell’opera di Ibn Khaldūn rispetto ai primi due studiosi, concentrandosi sui temi della modernità e dello Stato. Si è dato spazio infine a un’altra lettura, quella proposta da B. Himmich che all’autore ha dedicato uno studio e una biografia romanzata, a dimostrazione della sua attitudine a intrecciare ricerca accademica e letteratura. Si tratta di autori che hanno avuto grande riscontro e risonanza nel mondo arabo e che sono ben noti anche in quello occidentale, in particolare Laroui. The modern rediscovery and re-appropriation of Ibn Khaldūn’s work by Arab scholars has largely developed along the following dichotomy. On the one hand, some have described Ibn Khaldūn as an original and atypical thinker for his context and time, and as the only or highest representative of Arab-Islamic thought – thus partly reinforcing the view of many Western scholars who had minimized the role of the tradition to which he belonged. On the other hand, there has been an opposite trend that demotes his originality, by highlighting his complete adherence to the Islamic tradition of historiography and thought. This contribution studies four prominent contemporary Moroccan scholars who have systematically addressed Ibn Khaldūn’s philosophy: Mohammed Aziz Lahbābi, Mohammed Abed al-Jābrī, Abdallah Laroui, and Bensalem Himmich. The essay first considers Lahbābi and al-Jabri, Lahbābi’s most renowned pupil; the former due to his contribution to the advancement of the study of Ibn Khaldūn in general, and as one of the founders of the school of Rabat, and the latter due to the theoretical importance and systematic nature of his critical approach to Arab thought. Laroui, another representative of the school of Rabat, offers an analysis which highlights different characteristics of Ibn Khaldūn’s work, compared to the first two scholars, by focusing on the subjects of modernity and the State. Finally, the chapter examines Himmich’s reading. Himmich has written both an academic work as well as a literary/fictional biography of the Maghrebi figure in focus. All these four scholars have made a substantial impact on the Arab world, whilst also being wellknown in the West, Laroui in particular.
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Russo, Marcello, Filomena Buonocore y Maria Ferrara. "Inquadramento concettuale, prospettive teoriche e tendenze evolutive negli studi sulla diversitŕ nei gruppi di lavoro". STUDI ORGANIZZATIVI, n.º 1 (diciembre de 2012): 33–63. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001002.

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La diversitŕ nei gruppi di lavoro rappresenta un tema di grande interesse per il mondo accademico e manageriale. La crescente attenzione verso tale tematica č riconducibile a due fenomeni ricorrenti nelle realtŕ organizzative moderne. Da un lato si consideri la diffusa tendenza nelle aziende ad un estensivo utilizzo del gruppo quale strumento per favorire processi decisionali su problemi complessi, una maggiore flessibilitŕ ed una efficace gestione della complessitŕ ambientale. Dall'altro lato si osserva la rilevanza dei recenti cambiamenti demografici della forza lavoro, caratterizzati da un incremento della partecipazione delle donne, degli ultracinquantenni e delle minoranze etnico-razziali alla vita lavorativa che hanno reso la diversitŕ un fenomeno o una condizione quotidianamente presente nell'organizzazione. La letteratura sul tema evidenzia che la diversitŕ rappresenta un'arma a doppio taglio, rappresentando al tempo stesso un valore aggiunto ed un elemento di debolezza per le organizzazioni. L'eterogeneitŕ dei componenti di un gruppo, infatti, rappresenta un valore aggiunto per le aziende alla luce della pluralitŕ di competenze, abilitŕ e frame cognitivi presenti che favorisce la considerazione di prospettive di analisi nuove e altrimenti mai considerate. Tuttavia, se non adeguatamente gestita, la diversitŕ puň trasformarsi rapidamente in un elemento di debolezza. La diversitŕ, infatti, puň accrescere la tensione all'interno del gruppo, favorendo la nascita di coalizioni o sottogruppi che possono minare la coesione interna e ridurre la capacitŕ decisionale di un gruppo. Alla luce delle presenti considerazioni, questo articolo si propone di illustrare i principali meccanismi di azione della diversitŕ all'interno dei gruppi di lavoro. Al fine di favorire una maggiore comprensione del tema, sarŕ affrontato in primis il problema dell'inquadramento concettuale attraverso un'analisi delle principali definizioni presenti in letteratura ed una descrizione delle dimensioni piů rilevanti con cui la diversitŕ puň manifestarsi all'interno dei gruppi di lavoro. Nella seconda parte del lavoro si considerano gli effetti che la diversitŕ produce sulle dinamiche organizzative dei gruppi di lavoro. L'attenzione č posta su una serie di prospettive di analisi che permettono di illustrare gli effetti che la diversitŕ puň generare sui processi relazionali e sui processi decisionali di gruppo. Infine, considerati i recenti contributi sul tema, il lavoro si conclude delineando tre aree di ricerca futura che possono stimolare un proficuo dibattito tra gli studiosi sul tema e rappresentare allo stesso tempo un'interessante research agenda per gli anni avvenire.
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Facchini, Carla y Magali Fia. "Direttrici e i Direttori di Dipartimento in un'università in transizione". STUDI ORGANIZZATIVI, n.º 2 (diciembre de 2021): 168–94. http://dx.doi.org/10.3280/so2021-002007.

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L'università pubblica italiana è stata coinvolta nel 2010, con la legge n. 240, in un processo di riforma ispirato al New Public Management che, tra i suoi aspetti rilevanti, ha visto un mutamento della governance, ovvero degli assetti decisionali di Ateneo e di Dipartimento. Obiettivo del presente lavoro è quello di rilevare le percezioni dei Direttori di dipartimento sugli assetti decisionali nei Dipartimenti nel post-riforma e le valutazioni che dei Direttori sul proprio ruolo, prestando inoltre attenzione alla presenza di eventuali differenze di genere. Come suggerito dalla letteratura, le percezioni dei soggetti coinvolti sono meglio in grado di dare conto, rispetto alle regole formali scritte, delle relazioni di potere che caratterizzano gli as-setti di governance. In particolare, oltre alle percezioni complessive sui mutati as-setti decisionali, ci interessa verificare se vi siano anche differenze di genere per quanto riguarda la percezione della governance nei Dipartimenti e la percezione del proprio ruolo a seconda che a dirigere i il Dipartimento sia un uomo o una don-na. A tal fine si utilizzeranno i dati di una ricerca nazionale effettuata nel 2015 in-viando un questionario a tutti i Direttori di dipartimento delle università italiane. In generale gli assetti decisionali nel post-riforma non sembrano implementare, alme-no per i Dipartimenti, un modello puro di New Public Management, dato che la verticalizzazione appare contenuta e che consistenti sono i bilanciamenti al potere del Direttore negli assetti decisionali. Per quanto riguarda le differenze di genere, esse risultano contenute per quanto riguarda le percezioni di Direttori e Direttrici sull'influenza delle diverse figure accademiche nella governance. Questo apre ad un'interpretazione più in linea con l'esistenza di una pluralità di modelli di gover-nance sia tra gli uomini che tra le donne rispetto ad un'idea di stili di governo ‘ma-schili' e ‘femminili'. Infine, contrariamente a quanto rilevato per i modelli di go-vernance, vi sono differenze di genere abbastanza significative nelle valutazioni dei Direttori e delle Direttrici sul proprio ruolo e sulla rappresentanza del Diparti-mento negli organi di Ateneo. Rispetto ai loro colleghi, infatti, le donne tendono ad essere più autocritiche su entrambi gli aspetti. Questa risultanza appare in linea con il c.d. self-assessment bias, ovvero alla minor propensione femminile a riconoscere - e quindi valorizzare- il proprio ruolo -e conseguentemente, le proprie capacità e competenze. Questo potrebbe ripercuotersi negativamente sul proprio contesto la-vorativo e, in particolare, sulla capacità non solo di contrattare migliori condizioni retributive, ma anche di accedere alle posizioni apicali, accentuando, così, lo spe-cifico svantaggio femminile determinato in primo luogo dalla necessità di concilia-re ruoli professionali e ruoli familiari, ma anche, in non pochi casi, dallo stesso as-setto decisionale in cui si trovano ad operare.
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Bonaldi, G. "La Neuroradiologia interventistica nella patologia del basicranio". Rivista di Neuroradiologia 13, n.º 3 (junio de 2000): 495–507. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300317.

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Il basicranio è sede di una grande varietà di eventi patologici; la sua complessità anatomica condiziona una difficile accessibilità terapeutica, in particolare chirurgica. La neuroradiologia interventistica diviene quindi strumento di grandi utilità e versatilità, potendo da un lato intervenire a supporto del chirurgo, con tecniche di embolizzazione preoperatoria, dall'altro potendo realizzare trattamenti definitivi di lesioni non altrimenti aggredibili. Le lesioni neoplastiche di interesse neurointervenzionistico che più frequentemente coinvolgono tale distretto sono: - i meningiomi, tendenzialmente meno ipervascolari rispetto a quelli della volta, possono beneficiare di un'embolizzazione preoperatoria, in tal caso solitamente realizzata con particelle solide di piccole dimensioni. L'obiettivo è quello di ottenere una devascolarizzazione il più radicale e il più distale possibile; per tale motivo vengono utilizzate particelle anche di diametro medio inferiore ai cento micron, le particelle più usate sono di P.V.A. (gelatina di alcol di polivinile), la tecnica è quella della microcateterizzazione iperselettiva dei rami durali afferenti. Spesso l'asportazione radicale di neoplasie della base cranica (tipicamente i meningiomi della regione cavernosa) non può prescindere da una dissecazione del tumore dalle pareti dall'arteria carotide interna, con conseguente rischio intraoperatorio di lesione od occlusione della stessa. In questi casi diventa importante l'esecuzione preoperatoria di un test d'occlusione per valutare i circoli di compenso. - I chemodectomi sono tumori ipervascolari, pressoché ubiquitari ma la cui sede più frequente è rappresentata dalla regione timpano-giugulare. Una loro asportazione chirurgica totale, che può condurre alla completa guarigione, non può assolutamente prescindere da una devascolarizzazione preoperatoria mediante embolizzazione. Quest'ultima può essere realizzata sia con particelle solide, sia con colle acriliche. - L'angiofibroma giovanile naso-faringeo è una lesione neoplastica benigna, modicamente vascolarizzata, originante a livello del forame sfeno palatino, spesso con coinvolgimento verso l'alto delle regioni etmoidali e del basicranio anteriore, con apporti al circolo patologico neoformato originanti dai sifoni carotidei o dalle arterie oftalmiche, di difficile embolizzazione per via endovascolare con tecnica di microcateterismo; la neoplasia può quindi essere embolizzata mediante puntura diretta (attraverso orifici naturali o per via percutanea) e successiva iniezione di colla acrilica. Alcune malformazioni vascolari che coinvolgono il basicranio sono di particolari interesse terapeutico mediante gli approcci endovascolari della neuroradiologia interventistica. Gli aneurismi del sifone carotideo intracavernoso, che solitamente si rendono evidenti clinicamente quando raggiungono le dimensioni dell'aneurisma gigante, possono essere trattati mediante embolizzazione selettiva con spirali di Guglielmi e risparmio dell'arteria portante; più frequentemente per il loro trattamento è necessario il sacrificio dell'asse carotideo interno, mediante occlusione con palloncini staccabili previo test d'occlusione. Le fistole carotido cavernose dirette sono più spesso di natura post-traumatica, meno frequentemente da rottura di aneurisma intracavernoso, da collagenopatia, da displasia fibro-muscolare. Il trattamento endovascolare è particolarmente elegante, e uno dei primi trattamenti eseguiti a livello intracranico per via endovascolare. La tecnica consiste nel ripristinare la normale pervietà dell'arteria carotide interna, occludendo il tramite patologico, mediante gonfiaggio di un palloncino staccabile nel versante venoso. Solo nelle lesioni traumatiche più gravi, con lacerazioni irregolari o multiple della parete arteriosa, può essere necessario il sacrificio della stessa. È possibile in casi selezionati anche un trattamento per via venosa, mediante stipamento del seno cavernoso con spirali staccabili di Guglielmi. Le fistole durali più frequenti sono a livello della loggia cavernosa e delle regioni dei seni trasverso e sigmoideo. Esse possono essere trattate mediante embolizzazione degli apporti arteriosi durali, con particelle solide oppure con con colle acriliche; è possibile anche un approccio per via venosa a livello di un seno durale di scarico, solitamente occluso per pregresso evento trombotico, e successivo stipamento con spirali metalliche. Nei casi ritenuti chirurgici, con clippaggio dell'origine delle vene di scarico intracraniche, l'embolizzazione preoperatoria può ridurre il rischio dell'intervento diminuendo la pressione nelle strutture venose.
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Valsangiacomo, Nelly. "L’intervista letteraria alla radio. Spunti dagli archivi della RSI". Versants. Revista suiza de literaturas románicas 2, n.º 66 (8 de noviembre de 2019). http://dx.doi.org/10.22015/v.rslr/66.2.5.

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Il rapporto tra scrittrici e scrittori e la radio risale agli albori di questo media: dizioni, conferenze, corsi, organizzazione culturale, la loro presenza accompagna l’evoluzione della radio, in sintonia con i mutamenti che la cultura e i suoi rappresentanti vivono nello spazio pubblico. Con l’avvento della televisione, un altro possibile luogo di parola si apre. La presenza degli scrittori e, parzialmente, delle scrittrici, è trasversale alle trasmissioni culturali radiotelevisive; questo saggio si interessa però in particolar modo ai diversi aspetti delle interviste letterarie alla radio, partendo da alcuni esempi tratti dagli archivi della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI). Keywords: intervista letteraria, oralità, genere, posture letterarie, Radio svizzera di lingua italiana (rsi).
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Giovacchini, Pietro. "Gli uccelli del Parco Regionale della Maremma e aree limitrofe (Grosseto, Toscana, Italia)". Rivista Italiana di Ornitologia, 4 de noviembre de 2019, 7–99. http://dx.doi.org/10.4081/rio.2019.431.

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Il Parco Regionale della Maremma è una area protetta di 8902 ha nel settore costiero centrale della provincia di Grosseto, Toscana meridionale. Gli habitat che rappresentano l’area protetta possono essere così brevemente descritti: foce del fiume Ombrone e zone umide della Palude della Trappola; Monti dell’Uccellina (cima più elevata: Poggio Lecci, 417 m s.l.m.); un ampio comprensorio interno e pianeggiante dove coesistono attività zootecniche e coltivazioni agricole. Lo sviluppo costiero raggiunge i 25 km circa. Sono presenti 6 Siti della Rete Natura 2000 classificati come ZSC − Zona Speciale di Conservazione − secondo la Direttiva “Habitat” 92/43/ CE e/o come ZPS − Zona di Protezione Speciale − secondo la Direttiva “Uccelli” 2009/147/CE. La maggior parte dell’area presenta una scarsa rete viaria e limitati insediamenti umani con copertura boschiva in larga parte dovuta a formazioni vegetali sclerofilliche mediterranee. In questo lavoro viene presentato un elenco commentato degli uccelli noti per l’area protetta a partire dalla sua istituzione avvenuta il 05/06/1975 sino al 31/12/2018. In totale, le specie di Uccelli rilevate sono 295 (62,1% delle specie della Toscana ed il 52,5% delle specie note in Italia), mentre le specie nidificanti certe o probabili in tempi recenti (2008-2018) sono 84. Le specie di interesse comunitario presenti nell’Allegato I della Direttiva “Uccelli” 2009/147/CE sono 88, mentre quelle classificate come SPEC 1-3 “Species of European Conservation Concern” sono 33. L’area, con le zone umide “Bocca d’Ombrone” e “La Trappola” comprese nella Macrozona “Maremma Grossetana”, ricade all’interno della qualifica di sito di importanza internazionale per lo svernamento di Anser anser e Mareca penelope; inoltre è sito di importanza nazionale per Mareca strepera, Anas crecca, Anas acuta, Spatula clypeata, Ardea alba, Platalea leucorodia, Phoenicopterus roseus, Recurvirostra avosetta, Pluvialis apricaria, Calidris alpina, Vanellus vanellus, Gallinago gallinago, Numenius arquata, Tringa erythropus e Tringa totanus. L’area protetta è di importanza per specie nidificanti in Direttiva 2009/147/CE legate agli specchi lacustri costieri e agli spazi marini, ad incolti, pascoli, così come a zone con vegetazione arborea e arbustiva sparsa su affioramenti rocciosi, margini di boschi, ambienti parzialmente allagati ed ai litorali sabbiosi, quali ad esempio, con dati minimi, Pandion haliaetus (1 coppia), Burhinus oedicnemus (7-8 coppie), Charadrius alexandrinus (1 coppia), Caprimulgus europaeus (25 coppie), Coracias garrulus (13-15 coppie), Lanius collurio (1-5 coppie), Lullula arborea (10 coppie) e Anthus campestris (6-7 coppie). Dal 2015 si segnala il consolidamento della nidificazione di Ardea cinerea, rilevandone per la prima volta la riproduzione come garzaia.
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