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Tesis sobre el tema "Principio di non respingimento"

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Bolzon, Elena <1987&gt. "Il principio di territorialità e quello di non discriminazione". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3786.

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Resumen
La territorialità connessa al ramo tributario, quindi l'approfondimento di come l'esercizio della potestà legislativa tributaria viene regolato nelle fattispecie aventi connotati di transnazionalità, assicurando la non discriminazione del contribuente, a livello nazionale, comunitario e internazionale.
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Mascellaro, Maria Maddalena. "Pubblicazione di dati di traiettoria preservando il principio di non informatività". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Resumen
Al giorno d'oggi i dati di traiettoria, grazie alle nuove tecnologie di tracciamento della posizione, sono presenti in svariati scenari applicativi. Dall'analisi di questi dati possono trarre beneficio diverse applicazioni del mondo reale, come ad esempio la gestione del traffico e i servizi basati sulla posizione. Una traiettoria rappresenta il cambiamento della posizione di un utente o un oggetto nello spazio rispetto al tempo. Con la diffusione delle tecnologie che si occupano di questo tipo di dati, sono stati studiati algoritmi in grado di estrapolare informazioni da essi. Tuttavia, le traiettorie possono divulgare informazioni altamente sensibili di un individuo, come ad esempio modelli di mobilità, dati personali o relazioni sociali, rendendo indispensabile l'utilizzo di tecniche per la protezione della privacy nell'ambito della pubblicazione di dataset di traiettorie. Per garantire la privacy su tali dati, non è sufficiente nascondere le singole posizioni, ma è necessario preservare tutte le informazioni derivate dalle loro correlazioni. La protezione della privacy deve però tenere conto di un importante fattore, ossia l'utilità dei dati. L'obiettivo del lavoro presentato in questa tesi è l'analisi delle tecniche note in letteratura che trattano i modelli di privacy esistenti, con uno specifico approfondimento del principio di non informatività. Esso si pone l'obiettivo di minimizzare la differenza tra la conoscenza di un avversario prima e dopo l'accesso a un dataset. In particolare vengono enfatizzati i criteri di privacy di questo principio e viene condotto uno studio approfondito dell'algoritmo kte-hide. Quest'ultimo consente infatti l'anonimizzazione di dati di traiettoria rispettando il principio di non informatività, minimizzando la distorsione dei dati protetti.
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Martewicz, J. "CONTRADDICIBILITÀ DI NORME E APPLICABILITÀ DEL PRINCIPIO DI NON-CONTRADDIZIONE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150557.

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Resumen
This Ph. D. thesis is dedicated to two great problems of the logic of norms. The first problem is: Can norms be terms of the relation of logical contradiction? The second problem is: Is it possible to formulate a deontic principle of non-contradiction (i.e. a principle of contradiction valid for norms)? In chapter 1, I examine various philosophical presuppositions of the two questions. In chapter 2, I examine four ways of interpreting the two questions. In chapter 3, I propose my own hypothesis of the possibile formulation of deontic principle of non-contradiction.
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Zaccaroni, Giovanni. "Il Principio di Non Discriminazione e l’Identità Costituzionale dell’Unione Europea". Thesis, Strasbourg, 2015. http://www.theses.fr/2015STRAA015/document.

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Resumen
L’objectif de cette recherche est d’évaluer la contribution du principe de non-discrimination à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne. Pour ce faire, il est nécessaire de clarifier la notion d’identité dont nous parlons. Dans la première section/partie nous analysons la structure des arrêts pour juger sur la discrimination. La structure de l’arrêt sur la discrimination permet, après une phase initiale d’ajustement dont nous avons signalé, d’identifier quatre phases différentes au sein desquelles la Cour de justice développe son raisonnement. Ces phases sont : 1) introduction de l’affaire devant la Cour de justice de l’Union européenne 2) identification du désavantage 3) comparaison et 4) justification. La deuxième section/partie porte sur l’analyse de la contribution à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne par la lutte contre sept motifs spécifiques de discrimination : sexe, nationalité, handicap, âge, religion, orientation sexuelle et race. Le choix des motifs de discrimination (par exemple, entre les beaucoup plus nombreux motifs dans la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne) est lié à un critère normatif : ce sont les motifs de discrimination qui ont fait l’objet de la législation dérivée. D’où il suit un critère supplémentaire, celui quantitatif : la présence d’un acquis législatif stable autorise la Cour de justice à saisir un plus grand nombre des causes, qui font significative l’examen des motifs proposés. L’identification d’une contribution si riche à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne peut reconnaître le principe de non-discrimination en tant que principe constitutionnel, qui, inspiré par l’identité constitutionnelle des États membres, peut constituer l’épine dorsale de la future constitution "formelle “européenne
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of the analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle
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Zaccaroni, Giovanni <1987&gt. "Il principio di non discriminazione e l'identita' costituzionale dell'Unione Europea". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7144/1/Tesi_G_ZACCARONI.pdf.

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Resumen
La definizione dell’ordinamento dell’Unione come ordinamento costituzionale è centrale, ma resta frammentata. Per restituirle sistematicità è importante individuare un principio sul quale poggiarne il consolidamento. Per questo si è scelto di esaminare il principio di non discriminazione attraverso l’analisi della giurisprudenza, con l’obiettivo di verificare se questo principio è parte fondamentale dell’identità costituzionale dell’Unione Europea. Nella prima parte della tesi si analizza la struttura del giudizio sulla discriminazione davanti alla CGUE e davanti alla CEDU, mettendo in evidenza come la struttura ricordi sempre di più quella del giudizio di costituzionalità. Nella seconda parte ci si concentra sul contributo dato dal principio di non discriminazione all’identità costituzionale dell’Unione Europea attraverso la lotta contro specifiche tipologie di discriminazione. Poiché i motivi di discriminazione sono molto numerosi, si è stabilito di esaminare quei motivi che sono regolati dal diritto derivato. Per questo la seconda parte dell’analisi si è concentrata sulle discriminazioni a motivo della nazionalità (dir. 2004/38/CE), della razza (dir. 2000/43/CE), del genere (dir. 2006/54/CE, dir. 2004/113/CE) dell’età, disabilità, religione ed orientamento sessuale (dir. 2000/78/CE). Dall’analisi della giurisprudenza e del diritto derivato che ne dà attuazione è possibile comprendere che questo principio, oltre ad essere sostenuto da un vero e proprio giudizio di legittimità costituzionale (il rinvio pregiudiziale), ha gli strumenti necessari a permetterne lo sviluppo tenendo conto delle identità costituzionali degli stati membri e può aiutare ad offrire delle risposte rispetto a uno dei problemi fondamentali inerenti all’efficacia del diritto dell’Unione Europea: la tensione fra il principio di attribuzione e la dottrina degli effetti diretti. Le conclusioni di questo lavoro portano a sostenere che è possibile individuare una giurisprudenza della Corte che, attraverso alcuni passaggi fondamentali (le sentenze Mangold, Kucukdeveci, Hay, Deckmyn e Zambrano), definisce il principio di non discriminazione come principio fondamentale, e costituzionale, del diritto dell’Unione Europea.
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of this analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle.
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Zaccaroni, Giovanni <1987&gt. "Il principio di non discriminazione e l'identita' costituzionale dell'Unione Europea". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7144/.

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Resumen
La definizione dell’ordinamento dell’Unione come ordinamento costituzionale è centrale, ma resta frammentata. Per restituirle sistematicità è importante individuare un principio sul quale poggiarne il consolidamento. Per questo si è scelto di esaminare il principio di non discriminazione attraverso l’analisi della giurisprudenza, con l’obiettivo di verificare se questo principio è parte fondamentale dell’identità costituzionale dell’Unione Europea. Nella prima parte della tesi si analizza la struttura del giudizio sulla discriminazione davanti alla CGUE e davanti alla CEDU, mettendo in evidenza come la struttura ricordi sempre di più quella del giudizio di costituzionalità. Nella seconda parte ci si concentra sul contributo dato dal principio di non discriminazione all’identità costituzionale dell’Unione Europea attraverso la lotta contro specifiche tipologie di discriminazione. Poiché i motivi di discriminazione sono molto numerosi, si è stabilito di esaminare quei motivi che sono regolati dal diritto derivato. Per questo la seconda parte dell’analisi si è concentrata sulle discriminazioni a motivo della nazionalità (dir. 2004/38/CE), della razza (dir. 2000/43/CE), del genere (dir. 2006/54/CE, dir. 2004/113/CE) dell’età, disabilità, religione ed orientamento sessuale (dir. 2000/78/CE). Dall’analisi della giurisprudenza e del diritto derivato che ne dà attuazione è possibile comprendere che questo principio, oltre ad essere sostenuto da un vero e proprio giudizio di legittimità costituzionale (il rinvio pregiudiziale), ha gli strumenti necessari a permetterne lo sviluppo tenendo conto delle identità costituzionali degli stati membri e può aiutare ad offrire delle risposte rispetto a uno dei problemi fondamentali inerenti all’efficacia del diritto dell’Unione Europea: la tensione fra il principio di attribuzione e la dottrina degli effetti diretti. Le conclusioni di questo lavoro portano a sostenere che è possibile individuare una giurisprudenza della Corte che, attraverso alcuni passaggi fondamentali (le sentenze Mangold, Kucukdeveci, Hay, Deckmyn e Zambrano), definisce il principio di non discriminazione come principio fondamentale, e costituzionale, del diritto dell’Unione Europea.
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of this analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle.
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SIDOTI, Maria Rita. "IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE TRA DIRITTO INTERNO E DIRITTO DELL'UNIONE". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2488061.

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Resumen
IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE IN AMBITO FISCALE Premessa 1.1 Il potere fiscale nel diritto interno e nel diritto dell’Unione 1.1.1 Le radici storiche 1.1.2 La portata negativa dell’attività di normazione europea 1.1.3 principio di non discriminazione e il suo ruolo 1.2 I postulati dell’ordinamento dell’Unione e loro attuazione nella politica fiscale 1.3 Le competenze unionali nella materia fiscale: l’imposizione diretta e quella indiretta 1.4 Il diritto tributario europeo derivato 1.5 L’adattamento del diritto interno al diritto eurounitario: il ruolo della Corte di giustizia dell’Unione europea IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE QUALE PRINCIPIO CARDINE DELL’UNIONE EUROPEA 2.1 La non discriminazione in ambito fiscale 2.2 La positive integration 2.3 La non discriminazione nelle imposte dirette. Attività tese all’armonizzazione delle imposte sulle società 2.3.1 Imposizione fiscale equa, trasparenza fiscale e lotta contro l'elusione fiscale e la concorrenza fiscale sleale 2.4 La tassazione delle persone fisiche 2.3 La non discriminazione nelle imposte dirette. Negative integration 2.5 La portata degli interventi della Corte di Giustizia 2.6 Rule of reason e cause di giustificazione 2.6.1 Coerenza del sistema fiscale 2.6.2 Misure atte ad evitare elusione ed evasione 2.6.3 Equilibrata ripartizione del potere impositivo 2.6.4 Effettività dei controlli fiscali e della riscossione dei tributi 2.7 Società: libertà di forma sociale ed uniformità trattamento 2.8 Giurisprudenza dell’Unione e convenzioni contro le doppie imposizioni PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE E PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA 3.1 Il principio di non discriminazione fiscale e il diritto tributario interno 3.2 Il principio di non discriminazione nel sistema delle fonti 3.2.1 La teoria monista della CGUE e la primauté 3.2.2 La teoria dualista della C. Cost. e i controlimiti Evoluzione 3.2.3 La vicenda Taricco e i controlimiti della Corte Costituzionale 3.3 Il principio di eguaglianza nell’ordinamento nazionale e dell’Unione e i controlimiti 3.4 Il principio di non discriminazione ed il principio di eguaglianza: nessi e limiti 3.5 Il legame tra la politica fiscale e le altre politiche dell’Unione IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE E IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA NELLE AGEVOLAZIONI FISCALI PER LA RICERCA E LO SVILUPPO Premessa 4.1 Agevolazioni e principio di eguaglianza 4.2 Il divieto di aiuti di stato e il principio di non discriminazione 4.2.1 L’origine statale dell’aiuto 4.2.2 Il vantaggio economico 4.2.3 Gli effetti distorsivi sugli scambi e sulla concorrenza 4.2.4 Misure selettive e misure generali 4.3 La compatibilità delle agevolazioni fiscali per la ricerca e lo sviluppo con il principio di equità costituzionale 4.4 La compatibilità delle agevolazioni fiscali per la ricerca e lo sviluppo con il divieto di aiuti di Stato 4.5 La disciplina vigente del credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo (2014-2020) 4.5.1 Iter normativo 4.5.2 Principali caratteristiche dell’agevolazione 4.5.3 Presupposto soggettivo 4.5.4 Presupposto oggettivo 4.5.5 Costi ammissibili 4.5.6 Modalità di fruizione , documentazione e certificazione Considerazioni conclusive
THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION WITHIN THE FISCAL FIELD Premise 1.1 The fiscal power in domestic law and in Union law 1.1.1 Historical roots 1.1.2 The negative scope of European standardization activity 1.1.3 principle of non-discrimination and its role 1.2 The postulates of the EU legal system and their implementation in fiscal policy 1.3 Union competences in tax matters: direct and indirect taxation 1.4 The derived European tax law 1.5 The adaptation of national law to Euronary law: the role of the Court of Justice of the European Union THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION AS THE CARDINAL PRINCIPLE OF THE EUROPEAN UNION 2.1 Non-discrimination in the tax area 2.2 Positive integration 2.3 Non-discrimination in direct taxes. Activities aimed at harmonizing corporate taxes 2.3.1 Fair taxation, tax transparency and the fight against tax avoidance and unfair tax competition 2.4 Taxation of natural persons 2.3 Non-discrimination in direct taxes. Negative integration 2.5 The scope of the actions of the Court of Justice 2.6 Rule of reason and reasons for justification 2.6.1 Coherence of the tax system 2.6.2 Measures to avoid circumvention and evasion 2.6.3 Balanced distribution of taxation power 2.6.4 Effectiveness of tax controls and tax collection 2.7 Society: freedom of social form and uniformity of treatment 2.8 EU jurisprudence and double taxation conventions PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION OF FISCAL AND PRINCIPLE OF EQUALITY 3.1 The principle of fiscal non-discrimination and internal tax law 3.2 The principle of non-discrimination in the system of sources 3.2.1 The monastic theory of the CJEU and the primauté 3.2.2 The dualist theory of C. Cost. And the Contrimiths Evolution 3.2.3 The Taricco affair and the controlimiti of the Constitutional Court 3.3 The principle of equality in national and Union law and the control systems 3.4 The principle of non-discrimination and the principle of equality: links and limits 3.5 The link between fiscal policy and other Union policies THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION AND THE PRINCIPLE OF EQUALITY IN FISCAL AGREEMENTS FOR RESEARCH AND DEVELOPMENT Premise 4.1 Facilities and principle of equality 4.2 The prohibition of state aid and the principle of non-discrimination 4.2.1 The state origin of the aid 4.2.2 Economic advantage 4.2.3 The distortive effects on trade and competition 4.2.4 Selective measures and general measures 4.3 The compatibility of tax incentives for research and development with the principle of constitutional fairness 4.4 The compatibility of tax breaks for research and development with the prohibition of state aid 4.5 The current regulation of tax credit for investments in research and development (2014-2020) 4.5.1 Iter normative 4.5.2 Main characteristics of the facilitation 4.5.3 Subjective assumption 4.5.4 Objective assumption 4.5.5 Eligible costs 4.5.6 Method of use, documentation and certification Final considerations
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Bergo, Monica. "Il principio di sussidiarietà come paradigma costituzionale di elaborazione di nuovi diritti sociali". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427444.

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Resumen
This thesis investigates the main literature on the causes of welfare state crisis, and on its effects for the protection of social rights. Out of this debate has emerged at least one possible pathway into the future of public problem-solving, that involves a new role for citizens, that are no more conceived as consumers but as active protagonists in the common good production and achievement. The principle of subsidiarity represents a key to discover how to best shape the relationships between the government and civil society. Part I of this dissertation explores the origins and extension of the interaction between democracy and subsidiarity. Chapter one observes the social rights development, from their rise during the Post World War II, until the crisis that has begun to start in the ‘80s. Chapter two explores the philosophical and historical origins of the principle of subsidiarity. Specifically, are highlighted the most significant similarities between the catholic and secular conceptions of the principle, as well as the more recent meanings it has achieved. Chapter three zeros in new welfare polices that are being enacted in some European states, with specific regard to tax-related tools. Part II of this dissertation explores welfare reforms enacted by post-modern states, by considering four case-studies among Italy, France, Great Britain and United States. Chapter one describes new policies and tools adopted in Italy for the protection of social rights under the new division of powers between State and Regions drawn from the Reform of Title V of the Constitution. The exposition focuses in particular on regional school vouchers; accreditation and certification for private facilities in the health system and the recent labor voucher. Chapter two outlines the recent reforms in France for the protection and development of services for people. In particular, it examines the implications of the introduction of labor voucher “CESU”. Chapter three deals with the evolution of the British welfare system, from the formulation of the theory of Third Way, to the idea of Big Society recently launched by Prime Minister Cameron, through the analysis of innovative models of governance, such as quasi-markets, which have found a significant spread in the fields of education and healthcare. Chapter four examines the issue of Intergovernmental Relations in the federal system the United States of America. The analysis of the tools of government developed by the American literature to explain the complexity of the U.S. welfare system, brings out the theory of New Governance, which introduces a new perspective in the relationship between centers of government and other stakeholders. The inquiry pointed out that the models examined, despite the differences in shapes and definition, share a common foundation, precisely in the specific idea of the man and as the value of its initiative. This foundation seems the same idea that inspires the principle of subsidiarity: no more the individual but the person listed and designed within the social bodies to which it belongs.
Questo elaborato prende in esame la maggiore dottrina nazionale e internazionale sulle cause della crisi del Welfare State e sui suoi effetti in termini di difficoltà di garantire la tutela dei diritti sociali in modo universalistico. La strada che si delinea per il futuro del problema pubblico in materia di diritti sociali richiede quanto meno un ripensamento del ruolo dello Stato e dei cittadini all’interno della società, intesi non solo come destinatari di servizi, ma anche come protagonisti nel processo di produzione e godimento del bene comune. In questo senso il principio di sussidiarietà può rappresentare la chiave di volta per una ridefinizione dei rapporti sociali, civili e politici. Nella prima parte, il primo capitolo ripercorre l’evoluzione dei diritti sociali, così come elaborati dalla teoria giuridica e dalla prassi politica, secondo lo sviluppo dei sistemi di Welfare State dal secondo dopoguerra fino alla loro crisi. Il capitolo II approfondisce le origini della sussidiarietà attraverso l’individuazione di importanti affinità fra il pensiero cattolico e quello laico, con particolare attenzione alle più recenti interpretazioni del principio. Il capitolo III prende in esame le nuove politiche di welfare adottate in Italia e in Europa, in particolare quelle di natura fiscale. Nella seconda parte di questo elaborato si documentano le riforme del welfare in corso in Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti nei settori della sanità, dell’istruzione e dei servizi sociali. Il capitolo I si sofferma su alcune importanti misure sociali adottate in Italia, nell’ambito della nuova suddivisione delle competenze fra Stato e Regioni, disegnata dalla riforma del titolo V della Costituzione, a partire dai livelli essenziali delle prestazioni. Vengono esaminati i casi dei buoni scuola regionali, dell’accreditamento e della certificazione per le strutture private nel settore sanitario e del buono lavoro. Il capitolo II espone le recenti riforme adottate in Francia per la tutela e lo sviluppo dei servizi alla persona. In particolare, vengono esaminate le maggiori implicazioni derivanti dall’introduzione del buono lavoro CESU. Il capitolo III affronta l’evoluzione del sistema di welfare britannico, dalla formulazione della teoria della Terza via, fino alla recente idea di Big Society lanciata dal premier Cameron, passando attraverso l’analisi di modelli innovativi di governance, come quello dei quasi-mercati, che ha trovato una rilevante diffusione nei settori dell’educazione e della sanità. Il capitolo IV prende in esame il tema delle Intergovernmental relations nel sistema federale degli Stati Uniti d’America. L’analisi sugli strumenti di governance elaborati dalla dottrina americana per spiegare la complessità del sistema di welfare statunitense, porta alla luce la teoria della New Governance, che introduce una nuova prospettiva nel rapporto fra centri di governo e gli altri attori. A conclusione di questo elaborato si osserva come alla base dei modelli esaminati si ponga innanzitutto una precisa idea di uomo e del valore della sua iniziativa, la stessa idea che ispira il principio di sussidiarietà: non più l’individuo, ma la persona inserita e concepita all’interno dei gruppi sociali cui appartiene. La Big Society della Gran Bretagna richiama allora l’idea italiana di Welfare Society proposta dal recente Libro Bianco sul Welfare, mentre negli Stati Uniti prende le sembianze della New Governance, elaborata quasi trent’anni fa.
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Faiello, Maria Rosaria. "L'evoluzione del principio di non discriminazione nell'Unione Europea con particolare riferimento al divieto di discriminazione razziale". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/313.

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Resumen
2010 - 2011
L’Europa ha conosciuto, nella seconda metà del XX secolo, importanti mutamenti nella composizione delle popolazioni dei suoi Stati a causa dei processi migratori legati alla ricerca di lavoro. Un’organizzazione politicamente unitaria come l’Unione europea non poteva trascurare di regolamentare questi flussi, né di considerarne le conseguenze, tra le quali, purtroppo, alcune si sono appalesate in un’accezione fortemente negativa, contrariamente alle aspettative dei Padri fondatori delle originarie Comunità europee. Tra i fattori che costituiscono un punto oscuro della raggiunta unità dell’Europa si colloca la mancata integrazione di elementi di diversità in contesti preesistenti, ossia gli episodi di discriminazione che, in maniera trasversale, si verificano in tutti i Paesi e in tutti i settori, dalla scuola al mondo del lavoro. Nel contesto di questo studio, si è concentrata l’attenzione su un aspetto particolare della discriminazione, ossia la discriminazione per motivi legati alla razza, che si presenta come un’anomalia in un progetto di integrazione e globalizzazione che dovrebbe privilegiare il solo merito, indipendentemente dalle origini, e soprattutto che dovrebbe porre al centro del sistema-Europa il rispetto dell’essere umano e dei suoi diritti. Proprio la prevenzione e la soluzione della violazione degli stessi diritti, dettata dal pregiudizio razziale, costituisce l’aspetto connotante un intero quadro normativo, definito “diritto antidiscriminatorio”, che mira a colpire e disincentivare comportamenti basati su singoli aspetti e, nello specifico caso della discriminazione razziale, su elementi legati alla provenienza o all’appartenenza ad un particolare ceppo etnico. Attraverso lo studio delle Direttive, delle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea e di particolari casi giurisprudenziali che più di altri hanno tracciato il percorso della lotta alla discriminazione razziale si è portato a compimento un lavoro di analisi che consente di mettere in risalto come tutte le istituzioni dell’Unione europea abbiano preso – gradualmente – coscienza di quanto la lotta verso le forme di discriminazione sia complessa e di come il divieto di discriminazione razziale, problema ancor più attuale oggi rispetto al passato, sia costantemente disatteso nonostante i “buoni propositi” e il grande dispendio di energie sia a livello europeo che internazionale. L’elaborato si compone di tre capitoli che, in maniera “graduale”, affrontano la tematica in oggetto, restituendo un quadro della situazione caratterizzato da un lato da una copiosa produzione di atti normativi, dall’altro dalla resistenza opposta dai singoli Stati al recepimento degli stessi. Il primo capitolo ha per oggetto il divieto di discriminazione nel diritto dell’Unione europea e l’analisi è condotta attraverso l’esplicazione di concetti fondamentali quali quello di discriminazione in tutte le sue accezioni e di “diritto antidiscriminatorio” come nuovo strumento per la tutela dei soggetti “deboli” e potenzialmente discriminabili. Attraverso l’inquadramento normativo del divieto di discriminazione e l’analisi delle Direttive-antidiscriminazione vengono isolati i fattori di discriminazione, il fenomeno delle discriminazioni multiple, i comportamenti vietati e le deroghe alla normativa. Fondamentale è l’analisi del principio di non discriminazione nelle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea, in quanto è proprio la sua giurisprudenza che rende “vivo” il cd. diritto antidiscriminatorio. La stessa Corte ha visto, infatti, un’evoluzione delle proprie posizioni passando da una iniziale fase di chiusura nei confronti di un proprio coinvolgimento in tema di tutela dei diritti umani ad una fase di apertura definita “protezionistica”, instaurando anche un dialogo aperto con la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Le strade delle due Corti, prima rigidamente distinte, hanno infatti iniziato a convergere sul piano della protezione dei diritti umani a partire dalla seconda metà degli anni ’80. A tal riguardo, il discorso trova un suo completamento nell’oggetto del secondo capitolo, ossia il divieto di discriminazione nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il capitolo prende le mosse da una questione molto dibattuta: l’adesione dell'Unione europea alla CEDU, nell’ottica di una rafforzata tutela dei diritti umani. Questo argomento si colloca in un processo di approfondimento che vede l’Unione europea impegnata a cercare mezzi sempre più efficaci ai fini della tutela e della difesa dei diritti umani, e la CEDU si presta, più di ogni altro strumento, ad assumere il ruolo di linea guida per la protezione degli stessi. Mentre tutti gli Stati dell’Unione fanno parte del Consiglio d’Europa, l’Unione come tale non partecipa al sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tuttavia le interferenze esistenti tra le responsabilità degli Stati rispetto agli obblighi derivanti dalla Convenzione europea e quelle derivanti dall’appartenenza all’Unione, portano a dire che già ora vi sono difficili, ma importanti elementi di integrazione tra il sistema dell’UE e quello della Convenzione. Come le Corti costituzionali e le Corti supreme degli Stati membri, la Corte UE interpreta ed applica la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nelle controversie che sono portate al suo esame. Come è stato rilevato in dottrina, sotto l’ala protettrice dell’uguaglianza si staglia l’immagine di un’Europa nuova, condivisa e coordinata dalla giurisprudenza delle due Corti. Sembra, ormai, sempre più chiara la tendenza delle più recenti pronunzie della Corte di Giustizia a considerare i contenuti della CEDU e le decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo come un ‘obbligatorio’ punto di riferimento nella definizione di casi che coinvolgano fundamental rights; al di sopra di tutto pare, d’altro canto, muoversi il principio di uguaglianza che emerge come strumento di integrazione non solo giurisprudenziale, ma anche politica in sede europea. La stessa dottrina rileva come la tutela dei diritti fondamentali, che sembra avvicinare le due Corti, trovi nella parità di trattamento il suo nodo centrale; tale convergenza, tuttavia, ha il proprio ubi consistam e, forse, al contempo, il proprio confine, in quello che potrebbe essere definito un “metaprincipio” del diritto europeo, il principio di uguaglianza, sovraordinato, incondizionato ed immediatamente applicabile. E, tuttavia, ad un esame più approfondito, il contatto fra le Corti può assumere una diversa e più ampia portata e, soprattutto, può superare il rischio di incorrere in quelli che sembrerebbero inevitabili contrasti qualora si muova lungo i binari di quel completo restatement dei diritti fondamentali provenienti dalle fonti più disparate che, nelle intenzioni dei compilatori, era destinato a diventare il first point of reference per tutti i soggetti coinvolti nella tutela dei diritti fondamentali nell’ambito del diritto dell’Unione Europea: la Carta di Nizza-Strasburgo. Al cuore non più solo della giurisprudenza della CEDU ma anche di quella della CGCE si trovano diritti legati alla tutela della persona che più di altri si prestano ad un dialogo serrato con i giudici nazionali e con i legislatori nazionali. Sembra che il principio di uguaglianza vada, via via, assumendo una forza dirompente, unificante, rispetto alle giurisprudenze nazionali e a quelle sovranazionali promananti dalle due Corti. Tuttavia tale processo di stabilizzazione richiede il compimento di un percorso di integrazione europea nel rispetto assoluto dei diritti fondamentali. Ed è in quest’ottica che assume forza aggregatrice la realizzazione del processo di adesione dell’Unione europea alla CEDU. Il lavoro prosegue con l’analisi della tutela prevista dall’art. 14 della CEDU, delle questioni legate al suo limitato ambito di operatività e del tentativo di ampliamento della stessa operato dal Protocollo n. 12. Nel sottolineare la portata dei diritti sanciti dalla CEDU, vengono infine presentati i casi di applicazione giurisprudenziale più rilevanti: dal caso Nachova c/ Bulgaria al caso S.H. e altri c. Austria. Il terzo capitolo, infine, entra nel vivo della questione, affrontando il tema del divieto di discriminazione su base razziale nell’ordinamento europeo ed internazionale. L’analisi non può prescindere dalla presentazione di quelli che sono gli sviluppi recenti del principio di non discriminazione razziale negli atti europei ed internazionali, in quanto proprio il continuo “divenire” di tale principio assicura una tutela ed un’attenzione costante su un tema così delicato ed importante. Particolare attenzione è dedicata alla Direttiva 2000/43/CE, grazie alla quale è possibile individuare i casi di discriminazione razziale diretta e indiretta, e alla Decisione-quadro 2008/913/GAI del Consiglio in tema di lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia che, seppur non recepita, rappresenta comunque un passo fondamentale nel processo di costruzione delle tutele in quanto pone una caratterizzazione di tipo penale, a differenza di quanto sino ad allora accaduto. I meccanismi di tutela dalla discriminazione e il principio di «integrazione orizzontale delle pari opportunità in tutti i settori di azione», ossia il mainstreaming, completano il quadro analitico. Infine, a completamento del percorso di indagine, è presentato il c.d. “caso Feryn”, che costituisce ad oggi la prima, se non esclusiva, interpretazione pregiudiziale della Corte di Giustizia sulla Direttiva 2000/43/CE e, pertanto, si configura come una “pietra miliare” nel processo di interpretazione del divieto di discriminazione razziale. [a cura dell'autore]
X n.s.
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CARBONE, AMATO. "Archiviazione, non luogo a procedere e sentenza non definitiva sotto la lente del principio di preclusione". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/1027.

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Il presente lavoro intende dare una visione trasversale del principio di preclusione attraverso l’analisi della sua interazione con alcuni istituti del processo penale: archiviazione, non luogo a procedere e sentenza non definitiva. L’analisi è stata condotta non solo attraverso l’esame delle tesi dottrinarie, ma cercando di cogliere gli aspetti salienti del diritto vivente, senza tralasciare l’influenza del diritto sovranazionale. Fine del lavoro è stato pertanto quello di dare una visione globale del fenomeno, tentandone anche una ricostruzione che evidenzi i collegamenti tra i diversi istituti processuali.
This paper aims at giving an overview of the law of estoppel and of its interactions with other criminal procedure provisions, namely the rules on “archiviazione”, “non luogo a procedere” and “sentenza non definitiva”. The research has been focused not only on the academic literature and, indeed, it furnishes an outline of the relevant case law on the subject. The influence of supranational law has been considered too. In conclusion the scope of the paper is to build a comprehensive understanding of the law of estoppel, also by an attempt to systematize it within criminal procedure law as a whole
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Zema, Sebastiano Michele <1993&gt. "“Aspettative razionali e principio di non arbitraggio: un’analisi econometrica della struttura a termine dei tassi di interesse.”". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10657.

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Con il presente scritto si pone l’obiettivo di verificare empiricamente la validità della teoria economica delle “aspettative razionali” fondata sul “principio di non arbitraggio” . Tale criterio parte dal presupposto secondo cui non debbano esservi “free lunch” in economia, in termini prettamente finanziari ciò equivale a sostenere l’impossibilità di ottenere profitti sul mercato senza incorrere in rischio alcuno. Tale teoria delle aspettative, nella presente ricerca, verrà applicata alla yeld structure dei Titoli di Stato USA. La domanda che ci porremo dunque, relativamente al contesto statunitense, è la seguente : La teoria delle aspettative razionali è coerente con la struttura a termine dei tassi di interesse osservata sul mercato?
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TAGLIALATELA, FABIANA. "Il principio della specifica contestazione nel processo civile". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2014. http://hdl.handle.net/10281/52338.

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La tesi ha per oggetto lo studio dell'attuale configurazione della specifica contestazione, fenomeno elevato a rango di principio generale dell'ordinamento processuale ad opera della Legge n. 69/2009 mediante la modifica del primo comma dell'art. 115 del codice di procedura civile. Lo studio svolto ha preso le mosse dalle origini della contestazione quale attività processuale rilevante ai fini della decisione della lite, i cui effetti di relevatio ab onere probandi a favore della parte che aveva introdotto in giudizio un fatto non contestato dalla controparte erano stati dapprima riconosciuti ed applicati dalla giurisprudenza e, successivamente, "accennati" da timidi interventi legislativi che mai, tuttavia, fino al 2009, avevano affrontato direttamente la questione. La riforma da ultimo citata, pur enunciando expressis verbis l'esistenza nel nostro ordinamento del principio della specifica contestazione, non ha tuttavia disciplinato alcuni, rilevantissimi, aspetti idonei a condizionare la concreta operatività della regola contestativa nella pratica quotidiana. Fra i diversi aspetti esaminati, particolare rilievo è stato, pertanto, attribuito ai temi della reversibilità o irreversibilità di una iniziale non contestazione e allo spinoso interrogativo concernente l'esistenza (e l'individuazione) di un termine preclusivo per lo svolgimento di un'efficace contestazione. Lo studio si occupa, poi, della recente introduzione del meccanismo contestativo nella procedura di espropriazione presso terzi con riguardo alla cd. dichiarazione di valore richiesta al debitor debitoris ai sensi dell'art. 547 c.p.c. (nuovi artt. 548 e 549 c.p.c.). La trattazione si conclude con l'esame dei possibili risvolti dell'erronea applicazione del principio di specifica contestazione nei gradi di giudizio successivi al primo, soprattutto in considerazione delle ultimissime riforme dei processi di impugnazione, della riduzione sia dell'estensione della motivazione delle decisioni giurisdizionali, sia della sua sindacabilità dinanzi alla Corte di Cassazione e, da ultimo, delle proposte di modifiche legislative contenute nei progetti di ulteriori interventi riformatori interessanti il processo civile.
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Boscán, Carrera Carlos Eduardo. "La forza di Lorentz e sue generalizzazioni non abeliane". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/19900/.

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In questo elaborato si studia, attraverso una ricerca bibliografica, la generalizzazione dell’espressione della forza di Lorentz quando si ha l’interazione tra una carica ed una forza generalizzata descritta da un campo di gauge non abeliano. Si studia in profondità l’espressione della forza di Lorentz nella notazione tensoriale indiciale con l’aggiunta delle correzioni relativistiche. Inoltre, la si ricava dal Principio di Minima Azione che contiene la corretta lagrangiana la quale descrive l’accoppiamento della particella con i potenziali elettromagnetici, interpretati come campi di gauge abeliani associati al gruppo U(1). Poi, si definisce una carica generalizzata come vettore di uno spazio vettoriale opportuno associato al gruppo, usando sia le variabili dinamiche bosoniche che di Grassmann. Vengono inoltre definiti il potenziale di gauge ed il corrispondente tensore campo di forza generalizzato. Infine si esegue una derivazione dal Principio di Minima Azione e si presenta l’espressione della forza di Lorentz generalizzata, che compare nelle cosiddette equazioni di Wong, le quali descrivono la legge del moto della particella nel campo di gauge non abeliano. Si conclude con lo sviluppo dell’espressione della forza di Lorentz generalizzata, applicata ai casi particolari delle quattro forze fondamentali. Si comincia con i due casi abeliani, cioè la carica elettrica con il campo elettromagnetico, e la carica gravitazionale ovvero la massa che risente del rispettivo campo gravitazionale. Poi si presentano i casi non abeliani, cominciando dalla carica di isospin debole con il suo rispettivo campo debole, basato sul gruppo SU(2), e poi la carica di colore con il rispettivo campo forte della Cromodinamica Quantistica (QCD), basato sul gruppo SU(3). Entrambi sono alla base delle forze nucleari nelle particelle subatomiche del Modello Standard.
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ZACCARONI, GIOVANNI. "Il Principio di Non Discriminazione e l’Identità Costituzionale dell’Unione Europea/Le principe de non-discrimination et l'identité constitutionelle de l'Union européenne". Doctoral thesis, Università di Bologna, 2015. http://hdl.handle.net/10281/370833.

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L’objectif de cette recherche est d’évaluer la contribution du principe de non-discrimination à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne. Pour ce faire, il est nécessaire de clarifier la notion d’identité dont nous parlons. Dans la première section/partie nous analysons la structure des arrêts pour juger sur la discrimination. La structure de l’arrêt sur la discrimination permet, après une phase initiale d’ajustement dont nous avons signalé, d’identifier quatre phases différentes au sein desquelles la Cour de justice développe son raisonnement. Ces phases sont : 1) introduction de l’affaire devant la Cour de justice de l’Union européenne 2) identification du désavantage 3) comparaison et 4) justification. La deuxième section/partie porte sur l’analyse de la contribution à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne par la lutte contre sept motifs spécifiques de discrimination : sexe, nationalité, handicap, âge, religion, orientation sexuelle et race. Le choix des motifs de discrimination (par exemple, entre les beaucoup plus nombreux motifs dans la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne) est lié à un critère normatif : ce sont les motifs de discrimination qui ont fait l’objet de la législation dérivée. D’où il suit un critère supplémentaire, celui quantitatif : la présence d’un acquis législatif stable autorise la Cour de justice à saisir un plus grand nombre des causes, qui font significative l’examen des motifs proposés. L’identification d’une contribution si riche à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne peut reconnaître le principe de non-discrimination en tant que principe constitutionnel, qui, inspiré par l’identité constitutionnelle des États membres, peut constituer l’épine dorsale de la future constitution "formelle “européenne.
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Tocci, Monaco Giovanni. "Analisi di nano piastre composite con effetti piezo-elettro-magneto-igrotermici e teoria non locale: teoria e applicazioni". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Utilizzando la teoria delle piastre sottili di Kirchhoff in combinazione con la teoria elastica non locale del gradiente di deformazione del secondo ordine si analizza il comportamento statico, dinamico e d'instabilità di nanopiastre composite con proprietà piezo-elettro-magneto-igrotemiche. Le equazioni indefinite di equilibrio vengono ricavate attraverso il principio di Hamilton e la soluzione analitica è ottenuta utilizzando il campo di spostamenti alla Navier. Nell'elaborato vengono presentati prima i confronti con i risultati reperiti in letteratura scientifica e in seguito vengono esposti i nuovi risultati ottenuti durante il lavoro.
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Ricchiari, Marco. "Lo status dei cittadini di paesi terzi legalmente residenti nel territorio dell'Unione nel quadro della direttiva 2003/109/CE". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3160.

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2007/2008
All’indomani della sua adozione, la direttiva n. 2003/109/CE si proponeva di essere lo strumento attraverso il quale l’Unione intendeva dar corso al mandato ricevuto dal Consiglio europeo di Tampere, garantendo ai cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri una serie di diritti uniformi il più possibile simili a quelli di cui beneficiano i cittadini comunitari. Nonostante la Direttiva si inserisca in un contesto normativo fortemente frammentato, dove non esistono regole comuni applicabili indistintamente agli stranieri legalmente residenti nel territorio di uno degli Stati membri, essa, ad ogni modo, contribuisce a superare, sebbene solo parzialmente, le divisioni esistenti. Limitato il campo di applicazione ratione personae ai soli stranieri che possono dimostrare, sulla base della durata del periodo di soggiorno, un legame durevole con lo Stato ospitante, la Direttiva favorisce la loro integrazione assicurandogli la parità di trattamento in alcuni settori della vita economica e sociale, esclusi i diritti politici e il diritto alla cittadinanza. Rimane, in ogni caso, ferma la possibilità per le autorità nazionali sia di rendere più gravoso il godimento dei diritti comunque riconosciuti sia di estendere la portata del divieto di discriminazione, assicurando allo straniero il medesimo trattamento riservato ai propri cittadini in settori non espressamente contemplati dalla Direttiva. Nonostante occorra ancora tenere distinta l’immigrazione dei cittadini di paesi terzi nel territorio dell’Unione, che riguarda il loro primo ingresso nello spazio comunitario, dalla migrazione successiva verso un altro Stato membro all’interno della Comunità, che incide, invece, sulla loro possibilità di circolarvi e soggiornarvi, la Direttiva introduce una deroga al principio che vuole ciascuno Stato responsabile di decidere dell’ammissione dello straniero sul proprio territorio. Le disposizioni del Capo III, infatti, regolano il diritto del residente di lungo periodo di soggiornare in uno Stato membro diverso da quello che gli ha attribuito lo status. Pur allineandosi a quanto previsto dalla Convenzione Schengen per gli stranieri in possesso di un titolo di soggiorno di lunga durata, la Direttiva se ne discosta poiché il residente di lungo periodo acquisisce il diritto di soggiornare in un altro paese membro solamente se soddisfa le condizioni prescritte dalla stessa Direttiva e non, invece, quelle imposte dal diritto interno dello Stato richiesto. È certo, comunque, che l’impatto che la Direttiva avrà sulla condizione giuridica degli stranieri dipenderà dall’approccio interpretativo scelto dalle autorità statali al momento della sua trasposizione nei singoli ordinamenti nazionali e, principalmente, dall’uso che esse faranno del margine di discrezionalità che talune disposizioni riservano loro. Occorrerà, a ogni buon conto, attendere le prime pronunce della Corte di giustizia per verificare se, e in che misura, il provvedimento adottato, garantendo agli immigrati condizioni di vita e di lavoro comparabili a quelle di chi ha la nazionalità di uno degli Stati membri, contribuisce ad evitare, o quantomeno a ridurre, l’esclusione sociale di coloro che sono riusciti ad integrarsi e a dare un importante apporto allo sviluppo economico e sociale dei paesi ospitanti.
XX CICLO
1977
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MALVESTITI, BARBARA. "LA DIGNITÀ UMANA A PARTIRE DALLA 'CARTA DI NIZZA': NORMA SUPREMA NON BILANCIABILE?" Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217568.

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Il tema della dignità umana è riportato all’attenzione giuridica dalla Carta di Nizza (2000). Per quanto la dignità umana sia concepita, in diversi ordinamenti costituzionali vigenti, come un principio supremo, non possiamo non confrontarci con il problema della sua bilanciabilità, specie nel contesto di una prassi giurisprudenziale che, da un ventennio, tratta i diritti, compresa la dignità umana, dal punto di vista della bilanciabilità. Dopo aver analizzato i principali problemi del rinvio alla dignità umana da parte degli ordinamenti (cap. 1) e dopo aver analizzato i principali significati e contenuti della locuzione ‘dignità umana’ nella Carta di Nizza e in altri documenti/contesti normativi/giuridici, analizzo e confronto, nelle loro varie configurazioni, due opposte macro-concezioni della dignità umana, mettendone in luce punti di forza e punti di debolezza: una concezione della dignità umana come norma suprema (cap. 3) ed una concezione della dignità umana come principio bilanciabile (cap. 4). Avanzo l’ipotesi che non una terza concezione della dignità umana rispetto ad una concezione della dignità umana come norma suprema e ad una concezione della dignità umana come principio bilanciabile, bensì una particolare configurazione della prima, una concezione della dignità umana come norma suprema dal contenuto «minimo», fornisca il modello teorico di spiegazione migliore della dignità umana in e per un ordinamento. La mia tesi non intende fornire una giustificazione di una norma suprema dal contenuto «minimo», ma mette in luce che una tale concezione permette di superare i punti di debolezza e di integrare i punti di forza di concezione della dignità umana come norma suprema dal contenuto «spesso», da un lato, e di una concezione della dignità umana come principio bilanciabile, dall’altro. Il contenuto «minimo» a cui mi riferisco trova la sua più esplicita formulazione nell’ampliamento e nella revisione del concetto kantiano di dignità umana, operato dalla tradizione fenomenologica. Un ruolo particolare è svolto da Jeanne Hersch (1910-2000), con il suo ampliamento del concetto di dignità umana dalla tutela della persona come homo noumenon alla tutela della persona come unità di homo noumenon e homo phaenomenon. Il contenuto «minimo» integra, nel concetto di dignità umana, la tutela dell’autonomia dell’individuo, pur senza ad essa ridursi. Più specificamente, ho individuato tre possibili tratti di un contenuto «minimo» di dignità umana: un tratto personologico, un tratto eudemonologico e un tratto deontico.
The Charter of Nizza (2000) has recalled the attention to the theme of human dignity. Although human dignity is conceived as a supreme principle in many different present constitutional systems, we cannot escape from dealing with the problem of human dignity balancing, especially in a context where, for about twenty years, Courts have been treating rights, including human dignity, as balanceable principles. After having analyzed the main problems of juridical systems referring to human dignity (chapter 1) and detailed the most important meanings and contents of the locution ‘human dignity’ in the Charter of Nice and in other normative/juridical documents and contexts (chapter 2), my Ph.D Dissertation analyzes and compares two opposite ethical-normative macro-conceptions of human dignity in their different configurations, pointing out their strengths and their weaknesses: a conception of human dignity as a supreme norm (chapter 3) and a conception of human dignity as a balanceable principle (chapter 4). My hypothesis is that not a third conception beyond a conception of human dignity as a supreme norm and a conception of human dignity as a balanceable principle, but a particular configuration of the first one – a conception of human dignity as a supreme norm of «minimum» content – provides the better ethical-normative human dignity explanation theory, in and for a juridical system. I do not intend to provide a justification of human dignity as a supreme norm of «minimum» content; nevertheless I point out that such a conception allows to overcome weaknesses and to integrate strengths both of a conception of human dignity as a supreme norm on one hand, and of a conception of human dignity as a balanceable principle, on the other hand (chapter 5). The «minimum» content I refer to finds its most explicit formulation in the revision and extension of the Kantian conception of human dignity carried out by the phenomenological tradition. A significant role is played by Jeanne Hersch (1919-2000), with her extension of human dignity from the protection of the person as homo noumenon to the protection of the person as the unity of homo noumenon and homo phaenomenon (1919-2000). The «minimum» content integrates the concept of human dignity with the protection of individual autonomy without reducing human dignity to this last idea. I specifically identified three traits of a possible «minimum» content of human dignity: a personological trait, an eudemonological trait and a deontic trait.
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Lincesso, Irene. "1. Antitrust e proprietà intellettuale nell'era digitale: il caso Google Book search. 2. Luci ed ombre del principio di precauzione: il caso delle nano-tecnologie. 3. Come togliere dal giro i danni non patrimoniali: note in margine alla "teoria dell’assicurazione"". Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2011. http://hdl.handle.net/11385/200874.

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1. I dettagli dell’accordo. Questo settlement non s’ha da fare. Il problema dei non-display uses. Effetti procompetitivi. Fattori che hanno contribuito al GBS. In arrivo tanti Google Books Search nazionali? Chi ha paura di Google? L’Europa cede a Google. 2. La cultura della precauzione. Le nano-tecnologie: tra opportunità e precauzioni. Verso la terza via. 3. Danni non patrimoniali: una caratterizzazione. Due teorie a confronto. Danni e compensazione. La disciplina dei danni non patrimoniali in diversi ordinamenti. Dibattito dottrinario. In conclusione: mancanza di domanda o di offerta?
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CASTELPIETRA, MARCO. "Metric, geometric and measure theoretic properties of nonsmooth value functions". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2007. http://hdl.handle.net/2108/202601.

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La funzione valore è un nodo centrale del controllo ottimo. `E noto che la funzione valore può essere irregolare anche per sistemi molto regolari. Pertanto l’analisi non liscia diviene un importante strumento per studiarne le proprietà, anche grazie alle numerose connessioni con la semiconcavità. Sotto opportune ipotesi, la funzione valore è localmente semiconcava. Questa proprietà è connessa anche con la proprietà di sfera interna dei suoi insiemi di livello e dei loro perimetri. In questa tesi introduciamo l’analisi non-liscia e le sue connessioni con funzioni semiconcave ed insiemi di perimetro finito. Descriviamo i sistemi di controllo ed introduciamo le proprietà basilari della funzione tempo minimo T(x) e della funzione valore V (x). Usando il principio del massimo, estendiamo alcuni risultati noti di sfera interna per gli insiemi raggiungibili A(T), al caso non-autonomo ed ai sistemi con costo corrente non costante. Questa proprietà ci permette di ottenere delle stime sui perimetri per alcuni sistemi di controllo. Infine queste proprietà degli insiemi raggiungibili possono essere estese agli insiemi di livello della funzione valore, e, sotto alcune ipotesi di controllabilità otteniamo anche semiconcavità locale per V (x). Inoltre studiamo anche sistemi di controllo vincolati. Nei sistemi vincolati la funzione valore perde regolarità. Infatti, quando una traiettoria tocca il bordo del vincolo Ω, si presentano delle singolarità. Questi effetti sono evidenziati anche dal principio del massimo, che produce un termine aggiuntivo di misura(eventualmente discontinuo), quando una traiettoria tocca il bordo ∂Ω. E la funzione valore perde la semiconcavità, anche per sistemi particolarmente semplici. Ma siamo in grado di recuperare lipschitzianità per il tempo minimo, ed enunciare il principio del massimo esplicitando il termine di bordo. In questo modo otteniamo delle particolari proprietà di sfera interna, e quindi anche stime sui perimetri, per gli insiemi raggiungibili.
The value function is a focal point in optimal control theory. It is a known fact that the value function can be nonsmooth even with very smooth data. So, nonsmooth analysis is a useful tool to study its regularity. Semiconcavity is a regularity property, with some fine connection with nonsmooth analysis. Under appropriate assumptions, the value function is locally semiconcave. This property is connected with the interior sphere property of its level sets and their perimeters. In this thesis we introduce basic concepts of nonsmooth analysis and their connections with semiconcave functions, and sets of finite perimeter. We describe control systems, and we introduce the basic properties of the minimum time function T(x) and of the value function V (x). Then, using maximum principle, we extend some known results of interior sphere property for the attainable setsA(t), to the nonautonomous case and to systems with nonconstant running cost L. This property allow us to obtain some fine perimeter estimates for some class of control systems. Finally these regularity properties of the attainable sets can be extended to the level sets of the value function, and, with some controllability assumption, we also obtain a local semiconcavity for V (x). Moreoverwestudycontrolsystemswithstateconstraints. Inconstrained systems we loose many of regularity properties related to the value function. In fact, when a trajectory of control system touches the boundary of the constraint set Ω, some singularity effect occurs. This effect is clear even in the statement of the maximum principle. Indeed, due to the times in which a trajectory stays on ∂Ω, a measure boundary term (possibly, discontinuous) appears. So, we have no more semiconcavity for the value function, even for very simple control systems. But we recover Lipschitz continuity for the minimum time and we rewrite the constrained maximum principle with an explicit boundary term. We also obtain a kind of interior sphere property, and perimeter estimates for the attainable sets for some class of control systems.
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MARIOTTI, MARCO. ""Responsabilità colposa 'per fatto altrui"". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/630694.

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Resumen
Il lavoro ha ad oggetto i casi in cui l’agente che ha tenuto una condotta colposa risponde penalmente anche se la lesione del bene giuridico protetto non sia stata da lui direttamente provocata, ma sia piuttosto immediatamente riconducibile alla condotta eterolesiva o al comportamento autolesivo di un altro soggetto. Tale forma di responsabilità “in relazione ad un fatto altrui”, lungi dall’essere del tutto eccezionale, si presenta in numerosi casi di omesso controllo, di inadempiuto obbligo di impedimento del reato altrui, di lavoro in équipe o all’interno di organizzazioni complesse quali grandi realtà produttive. La tesi esplora le problematiche strutturali di questa forma di responsabilità, individuando alcune “note relazionali”, elementi che fanno dipendere la definizione e la misura della responsabilità di chi è meno prossimo alla lesione del bene giuridico anche dalla condotta altrui. L’analisi, che interessa diversi elementi del reato, mira a valutare se a questi tratti di relazionalità corrispondano altrettanti istituti giuridici adeguatamente sviluppati, o se le incertezze dogmatiche e applicative impediscano una chiara ripartizione delle responsabilità tra i vari soggetti coinvolti nella realizzazione del reato. Nell’ambito del fatto tipico, viene analizzato il problema della sovrapposizione ed interruzione del nesso causale tra le diverse condotte e l’evento del reato, e ribadita la validità del paradigma condizionalistico, anche per accertare l’influenza del comportamento di un soggetto sulle deliberazioni prese da un altro (c.d. causalità psichica). Vengono poi criticamente analizzate le diverse teorie sulle fonti delle posizioni di garanzia, in cui la responsabilità del garante esiste e si manifesta necessariamente in dipendenza del comportamento di un altro soggetto. Sul punto, viene svolta una comparazione con l’ordinamento tedesco, che in tempi recenti ha optato per un approccio tassonomico dei singoli casi di omesso impedimento del fatto altrui, in chiave espansiva rispetto al riferimento alle sole fonti legali e negoziali, con il rischio, tuttavia, di aggirare il canone di tipicità. Con riguardo alla colpevolezza, il tema è la dimensione “relazionale” della colpa, che si declina in vari istituti: nella formulazione stessa di alcune regole cautelari che impongono di tener conto della condotta altrui; nel principio di affidamento, che limita la responsabilità dei singoli coinvolti in un’azione plurisoggettiva, e richiede un delicata individuazione dei suoi confini per non generare vuoti di tutela; nell’annoso tema della c.d. “causalità della colpa”, in particolare poiché l’interposizione della condotta di un altro soggetto rende quantomai incerta la verifica dell’evitabilità dell’evento. Infine, vengono esplorati i travagliati istituti concorsuali colposi. Dopo aver evidenziato le incertezze strutturali e la limitata funzione incriminatrice della cooperazione colposa, viene affermata la sostanziale inutilità dell’istituto: proprio grazie alle numerose “note relazionali” presenti nella struttura del reato, la parametrazione della responsabilità del singolo può tenere conto dell’interazione con un altro soggetto anche nella forma monosoggettiva. Ancora più significativi i dubbi concernenti il concorso colposo in reato doloso. Da ultimo, viene sostenuta l’autonomia dell’imputazione ex art. 40, comma 2 c.p. rispetto alle figure concorsuali, dal momento che anch’essa esprime una responsabilità monosoggettiva, anche se in un contesto plurisoggettivo.
This thesis provides a critical analysis of the circumstances in which an agent, who performs a negligent act, is held criminally liable for damage which was however not directly caused by his or her negligent act, but rather was caused by the act of another (with the view of causing damage either to another or to itself). This form of criminal liability “in relation to the conduct of another”, far from being exceptional, is common in many cases of failure to control or failure to prevent the commission of criminal offences by others, particularly in the context of team-working, and even more so within complex organisations having large corporate structures. The thesis examines the structural problems with this form of criminal liability. It identifies “relational elements”, the elements which enable the creation of a link between the responsibility of the agent whose conduct was the furthest to the damage, and the conduct of those having directly caused the damage. These relational elements impact both the basis on which liability attaches to the negligent agent, and the extent to which this liability exists. This analysis will cover both elements of a criminal offence, that is both the actus reus and the mens rea, with the aim of evaluating whether the legal framework at its current state effectively deals with “relational elements” as grounds for attaching liability, or whether too many uncertainties subsist when making this link– in both theoretical and practical terms– which prevent the clear and effective allocation of criminal liability among the different agents involved. First of all, with regards to the actus reus, this paper addresses the issue of concurring and intervening causes which may break the chain of causality between the agent’s action and the consequence of the actus reus, reaffirming the “sine qua non” paradigm. Furthermore, the research assesses the relevance in this context of the influence which one agent’s behaviour can have on the decisions subsequently taken by others, (known as a “psychological cause” of an action). The paper also critically analyses different theories regarding the basis of guarantees, whereby the guarantor’s liability only exists in relation to the act of another. On this point, a comparative analysis has highlighted how German case law has developed in such a way as to allow guarantees to arise from a factual basis, as opposed to solely through contract or other legally binding instruments, thus running the risk of violating the rule of law. Secondly, with regard to the mens rea element of an offence, the research examines three different examples of “relational elements”, by which another’s conduct needs to be taken into consideration, therefore entering into the mens rea element: (i) precautionary rules which can require the agent to observe another subject’s behaviour and to act accordingly; (ii) the expectation that other subjects involved will act lawfully, which needs to be accurately evaluated in order not to leave any gaps in the prevention of crime; (iii) the complex issue of foreseeability and avoidability of the consequences of one’s conduct, becomes even more intricate with the interposition of another’s conduct. Lastly, the paper will focus on joint enterprise in negligence cases. Having first of all stressed the structural uncertainties and the limited prosecutorial use of the concept of joint enterprise in the context of negligence offences, the thesis argues that through the different “relational elements” present in an offence, each agent’s liability can be independently determined by taking into account the interactions with others. It is worth noting that in the case where the mens rea element of an offence requires intentional participation to another’s negligent behaviour, these uncertainties appear to be even greater. In conclusion, the paper will point out that the liability of guarantors is independent from their participation in the joint criminal enterprise, as this type of liability arises from the guarantee itself.
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Xhanari, Elton. "L’asilo costituzionale. Portata e limiti di un diritto fondamentale fra Italia, Spagna e Unione Europea". Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11562/939421.

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Resumen
La presente tesi esamina la genesi e l’evoluzione del diritto d’asilo e intende offrire una descrizione della sua portata e dei suoi limiti all’interno dell’ordinamento internazionale, europeo, italiano e spagnolo. La ricerca parte da una ricostruzione storica dell’istituto al fine di sottolineare il passaggio da una concezione strettamente religiosa dell’asilo ad una politica, nonché la successiva emersione dell’istituto del rifugio e l’affermazione del principio di non respingimento. Una volta conclusa l’analisi storica del diritto d’asilo, il lavoro si focalizza sulla progressiva evoluzione di quest’ultimo nello spazio giuridico europeo, con particolare attenzione alla Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e al diritto primario e derivato dell’Unione Europea. Viene analizzato, infine, l’ordinamento interno italiano e spagnolo e viene dedicato uno specifico approfondimento alle posizioni emerse durante il dibattito costituente. Tale scelta è stata consigliata dall'ampiezza degli argomenti, dal fervore e dalla solennità della discussione, segno che i legislatori costituzionali dell’epoca avevano ben presente il fatto di trovarsi innanzi a uno degli istituti che avrebbero potuto risultare determinanti per la concezione dei rispettivi assetti costituzionali. Nel percorso argomentativo della dissertazione, emergono due principali questioni: la prima riguarda l’affermazione graduale del principio di non respingimento come diritto umano fondamentale e la seconda è relativa alla tendenza del diritto costituzionale d’asilo a diluirsi in un istituto simile ma non esattamente sovrapponibile, ossia lo status di rifugiato.
This dissertation examines the genesis and the evolution of the right of asylum and aims to offer a description of its extent and its limits within the international, European , Italian and Spanish legal system. The investigative path starts from an historical reconstruction of the institute in order to illustrate the passage from a strictly religious concept of asylum to a political one succeeded by the emersion of the refuge institute and the affirmation of the non refoulement principle. Once concluded the historical examination of the right of asylum, the research focuses on its progressive evolution in the European legal space and particular attention is drawn to the European Convention on Human Rights and to the course of integration into the European Union. Finally, the domestic laws of Italy and Spain are appraised with special consideration of the positions expressed during the constituent debate. Such decision was recommended by the intensity of the topics, from the fervor and solemnity of the discussion, a sign that the constitutional legislators were well aware to be dealing with one of the institutions that could be decisive in the very design of their respective constitutional arrangements. Two main issues emerged from the research. The first question regards the gradual affirmation of the non refoulement principle as a fundamental human right. The second one relates to the tendency of the constitutional right of asylum to thin out within a legal institution that is similar but not exactly comparable such as the refugee status.
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VETTORE, Andrea. "In Difesa del Principio di Non Contraddizione". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11393/237870.

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Questo lavoro ha come obiettivo fondamentale l’elaborazione di una difesa del principio di non contraddizione (PNC), a fronte dell’attacco portato dal dialeteismo, la dottrina che rivendica l’esistenza di contraddizioni vere. Il primo capitolo assesta gli oggetti di discussione principali, occupandosi di stabilire che cos’è (PNC) e che cos’è una contraddizione. Distinguo cinque versioni fondamentali di (PNC) e della contraddizione, e sottolineo l’importanza, in tutte le versioni, della condizione dell’identità dei rispetti. Nel secondo capitolo presento quello che è stato tradizionalmente considerato l’argomento più forte contro le contraddizioni, il principio ex contradictione quodlibet (ECQ). Poi introduco la logica paraconsistente e il dialeteismo e delineo la loro relazione. Passo quindi al vaglio diversi sistemi di logica paraconsistente, e mostro che diversi tentativi di costruire contraddizioni, per quanto eterogenei, sono strutturalmente accomunati da una violazione dell’identità dei rispetti che segna nello stesso modo il loro fallimento. Nel terzo capitolo esamino la logica paraconsistente approntata da Graham Priest, argomentando che è superiore a tutte le logiche paraconsistenti discusse nel capitolo 2. Presento due argomentazioni contro la logica paraconsistente sviluppate da David Lewis e Hartley Slater, e le repliche fornite da Bryson Brown, Francesco Paoli e Greg Restall. Quindi miro a rafforzare la linea di difesa della paraconsistenza tracciata da Restall. Il mio contributo conduce al dilemma generale per il difensore di (ECQ). Il quarto capitolo è preliminare alla difesa vera e propria di (PNC) che concerto nel quinto capitolo. Qui affronto il problema se sia possibile difendere (PNC). Mostro in che modo la natura stessa della critica, quale è solitamente concepita, dia adito all’accusa dell’impossibilità di criticare il dialeteismo, e ripercorro la strategia con cui Priest si impegna a disinnescarla. Mi concentro poi su alcune osservazioni sviluppate da Dutilh Novaes, che rinfocolano il dubbio sulla possibilità di criticare il dialeteismo sollevando il dubbio che il dibattito fra il dialeteista e il difensore di (PNC) sia un dibattito verbale, e fugo questo dubbio. Nel quinto capitolo lancio i miei due attacchi contro il dialeteismo. Il primo attacco dimostra che siamo razionalmente giustificati a rigettare una qualsiasi contraddizione in una qualsiasi circostanza, e questo giustifica il rigetto del dialeteismo. Il secondo attacco inizia col concedere che ci siano enunciati della forma "alfa",¬"alfa" che sono entrambi veri, e dimostra che se due enunciati della forma "alfa",¬"alfa" sono entrambi veri allora non possono essere contraddittori, per poi concludere che non ci possono essere contraddizioni che siano vere.
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DI, PIETRO ARMANDO. "L'istruzione nel processo amministrativo". Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11573/917737.

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CAROVANO, GABRIELE. "The uniform application of european competition law: a non-negotiable value". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1359520.

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Competition enforcement is facing an increasing need for international cooperation. Such phenomena would require that all the subjects involved in ensuring the respect of the competition principle (either competition authorities, or courts depending on the national peculiarities of each national/regional enforcement system) communicate, co-operate, and interact one another constantly, on a daily basis. This is the case both at global as much as at European level. Notwithstanding international co-operation has registered a positive trend during the last decade, the outcomes achieved so far are not satisfying. The inability of regional and national legal systems to provide effective answers to the need of greater co-operation in competition law enforcement is undermining the constitutional structure of the major western, capitalistic, liberal democracies. The credibility and the utility of competition enforcement regimes are also under attack. Individuals and companies have always less fate in the fairness and effectiveness of competition enforcement proceedings. This has led to calls for a fundamental rethink of the principles and purpose of competition law and policy. Due to the increased national markets’ integration and firms’ interaction on a global scale, international co-operation has become one of the most crucial challenge to be solved by competition enforcers. The incapability (and sometimes unwillingness) of competition enforcers to effectively and fully co-operate has led to conflicting (and embarrassing) results. The victim of competition enforcers’ international co-operation shortages has been the principle of uniform application of competition law. A given conduct X has been deemed anticompetitive in Country Y, and lawful in Country Z. While such situation might be tolerable at global level, it is not within the European Union (‘EU’) due to the existence of the EU Single Market, which does not offer room for the existence of different EU competition rules across European Member States (‘MS’). Within the EU infrastructure, indeed, the existence of inconsistencies in the enforcement of EU competition law may (i) compromise the internal market, (ii) increase the cost of international trade, (iii) raise the threat of externalities and races to the bottom, (iv) set back the progress of a unified body of case law and, most importantly, (v) weaken the legal certainty and predictability of EU competition law, thus undermining the credibility of the all EU competition enforcement regime.In other words, inconsistencies in the enforcement of EU competition law may compromise the entire EU infrastructure.From this emerges that the uniform application of EU Competition Law is an essential and non-negotiable value. Preserving the uniform application of EU Competition Law, however, requires coordination and collaboration among different sets of subjects. Due to the complexity of the EU competition enforcement system, the EU Commission (‘Commission’ or ‘EC’), the National Competition Authorities (NCAs), the National as well as the EU Courts are all called to play a role in carrying out the heavy task of ensuring and protecting the uniform application of EU Competition Law. At EU level, therefore, the uniform application of EU Competition Law requires a co-ordination between both Public and Private Enforcement. Based on this premises, this thesis’s relevance lies in its questioning who should produce EU competition law’s substantive policy, mainly focusing on digital markets. It focuses on new policy-making methods; and renegotiating Member States’ roles, vis-à-vis the Commission. In EU competition law, for example, there is conflict regarding aims and methods. Should the Commission suppress this as damaging fragmentation, imposing its regulatory vision; or, celebrate this debate in areas of doubt? This thesis turns the spotlight on these crucial issues. In order to achieve the above-mentioned objectives, the thesis will be structured as follow: (i) Chapter 1, as introductory chapter, will set the stage for the reforms to be suggested in Chapters 2 and 3. Specifically, it will show the main factors driving up the demand for international co-operation among competition enforcers. It will also offer a picture of the status and forms of international co-operation in the competition enforcement world as well as describing its current risk, and problems. Such representation will be also done through a collection of multijurisdictional cases. Finally, it will analyse how the demand for international co-operation has been dealt with at regional level, with a particular focus on the EU; (ii) Chapter 2 will analyse how the principle of uniform application of EU Competition Law is protected within the EU Public enforcement framework as represented by the European Competition Network (‘ECN’). Particularly, Chapter 2, will firstly retrace the ECN’s history, showing the reasons behind its current configuration, and introduce the ECN’s operating mechanism. Secondly, it will analyse which are the problematic aspects of the current EU Public enforcement system in terms of ensuring the respect of the principle of uniform application of EU competition law. Finally, it will present a reform of the EU Public enforcement system that the author of this thesis believes needed both: (i) to ensure the uniform application of EU Competition Law within the EU Single Market; (ii) to allow the ECN to be able to cope with the challenges presented by the digitalisation of the economy. (iii) Chapter 3 will analyse how the principle of uniform application of EU Competition Law is protected within the EU Private Enforcement framework. Since such complex task within the EU system is left to Article 16(1), Regulation n. 1/2003 (‘Art. 16(1)’), Chapter 3, will firstly present the contents of Art. 16 (1) and its predominantly accepted interpretation. Subsequently, Chapter 3 will analyse the historical and legal reasons that led to the adoption of Art. 16 (1) and then it will suggest a new interpretation of Art. 16(1) that is most consistent with its historical purposes and background. According to the author of this thesis, while it is not strictly necessary to modify the literal datum of Art. 16(1), a change in its interpretation is needed to ensure the uniform application of EU competition law within the EU Private Enforcement ecosystem. Finally, Chapter 3 will evaluate the boundaries of the binding effects of Commission’s decisions ex Art. 16 (1), and it will investigate the relationship existing between those effects and the principles of ‘res judicata’ and ‘nemo iudex in causa sua’. (iv) Chapter 4 will offer some conclusions.
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Valentini, Anna. "Il principio di non discriminazione in base al sesso in materia di accesso al lavoro nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea : la proposta dell'associazione Choisir la cause des femmes". Thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10955/42.

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VIVARELLI, BENEDETTA. "La disponibilità dell'interesse legittimo". Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1033190.

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Resumen
Il lavoro indaga la natura, disponibile o meno, dell'interesse legittimo. La tesi è divisa in una prima parte sostanziale e una seconda parte processuale. Nella prima parte si muove dal concetto di disponibilità, che ha avuto origine nel sistema civile e rispetto al diritto soggettivo. In seguito si applica l'attributo della disponibilità alla figura dell'interesse legittimo. L'analisi è condotta incentrandosi sempre sulla struttura essenziale delle situazioni giuridiche soggettive. I risultati raggiunti sul fronte sostanziale sono poi trasposti sul piano della tutela, giurisdizionale e arbitrale, mediante lo studio degli istituti maggiormente connessi alla qualifica della disponibilità.
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CICCARE, MICHELE. "Il provvedimento abnorme nel processo civile". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/940094.

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Resumen
La tesi di dottorato è incentrata sull’indagine del provvedimento «abnorme» nel diritto processuale civile. Dopo aver tracciato la linea evolutiva del fenomeno - che ha avuto genesi nel campo del diritto processuale penale - nonché all'esito di un'analisi sistematica di tutte le delicate problematiche che questo fenomeno comporta, l'elaborato mira a raggiungere due fondamentali risultati: a) dal punto di vista statico, contestualizzare il vizio di abnormità nell’ambito delle fattispecie di invalidità dell’atto processuale, al fine di vagliarne l'eventuale rilevanza autonoma; b) dal punto di vista dinamico, riconnettere al tessuto normativo astratto la specificità di queste concrete evenienze patologiche, individuando, in armonia con l’impianto sistematico del codice di rito, il regime giuridico del provvedimento «abnorme» emanato.
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BESTETTI, Fiorella. "Le metodologie di stima dell’età in ambito forense: il contributo dell’AgEstimation Project". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251079.

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La stima dell’età è un elemento importante in ambito medico-legale, connesso sia a questioni legali che sociali. L’età è un fattore determinante per l’identificazione di un corpo: costituisce un elemento per la ricostruzione del profilo biologico, che verrà poi confrontato con i dati disponibili per le persone scomparse. Nella nostra società alcuni diritti e alcune tutele sono direttamente correlate con l’età anagrafica della persona; serve una specifica età per votare, per sposarsi, per lavorare, per ottenere la patente di guida, e soprattutto per essere considerati legalmente degli adulti. Nei soggetti in vita, l’età è determinante anche nei casi di imputabilità o responsabilità criminale, di pedopornografia e di adozione, ma è anche relazionata al fenomeno dell’immigrazione. Negli ultimi anni infatti, c’è stato un incremento proprio delle richieste di accertamento dell’età sulle persone in vita, dovuto all’aumento degli immigrati giunti nei nostri paesi privi di documenti. L’accertamento dell’età può essere richiesto dalle autorità proprio in riferimento alle domande di asilo. La legislazione europea assicura protezione ai “minori non accompagnati”, cioè a quei minori che arrivano sul suolo europeo soli, senza la figura di riferimento di un adulto. La corretta determinazione dell’età è quindi un elemento centrale per la protezione: solo se identificati, i minori possono essere protetti. In questo specifico ambito d’applicazione, l’accertamento dell’età può avere ripercussioni notevoli sulla vita di un migrante: se riconosciuto come minore il soggetto ha il diritto di restare, diversamente, la procedura prevede il respingimento alla frontiera ed il rimpatrio. In Italia, così come in Europa, la soglia d’età che separa i minorenni dagli adulti è quella dei diciotto anni; ma oltre a questa possono esistere altre soglie d’età, come ad esempio la Minimal Age of Criminal Responsability (MACR). Questa particolare soglia d’età riconosce ai soggetti minorenni, anche se ritenuti responsabili di un crimine, il diritto di essere giudicati da una corte per i minori. Una delle sfide della pratica forense dell’accertamento riguarda la necessità di assicurare nuovi e validi standard di riferimento, basati sullo studio di popolazioni attuali. Infatti gli studi che vengono utilizzati come riferimento sono basati sull’analisi di popolazioni europee o nord americane e i dati raccolti sono riferiti a studi di più di cinquant’anni fa. Per questo motivo attualmente le metodologie sviluppate in passato vengono applicate allo studio di popolazioni attuali, proprio al fine di ottenere dati aggiornati utili al confronto: una metodologia si applica ad una determinata popolazione per valutare quanto precisi ed accurati possano essere i risultati. Nell’ambito dell’AgEstimation Project, supportato dall’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Macerata, a partire dal 204, l’equipe coordinata dal Dott. Roberto Cameriere ha presentato nuove metodologie per la stima dell’età, sviluppando formule specifiche e testando queste formule in diverse popolazioni. Le metodologie sviluppate prevedono l’analisi e la misurazione delle ossa carpali e dell’area del carpo nelle radiografie della mano di soggetti infantili e la misurazione dello sviluppo del terzo molare per la valutazione dell’età dei soggetti giovanili. Questa seconda tecnica prevede il calcolo dell’indice del terzo molare: se tale indice risulta minore del valore 0.08, preso come valore di riferimento, il soggetto viene considerato un adulto. L’ultima tecnica analizzata in questa ricerca permette di stimare l’età nei soggetti adulti, sfruttando il fenomeno dell’apposizione della dentina secondaria. Si tratta di un fenomeno continuo, che determina la riduzione della cavità pulpare dei denti, dove questa dentina si deposita. In pratica i giovani adulti hanno una camera pulpare larga, mentre i soggetti senili presentano una cavità pulpare molto più stretta. La tecnica prevede la rilevazione di misure specifiche del dente utilizzando una radiografia panoramica, utilizzate anche per la tecnica che valuta lo sviluppo del terzo molare. In questo progetto di ricerca, queste tre metodologie sono state applicate a tre diversi campioni.
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SCOLARI, BALDASSARE. "State Martyr Representation and Performativity of Political Violence". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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Resumen
L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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