Literatura académica sobre el tema "Principio di non respingimento"

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Artículos de revistas sobre el tema "Principio di non respingimento"

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Vassallo, Paleologo Fulvio. "Il caso Cap Anamur. Assolto l'intervento umanitario". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 2 (julio de 2010): 87–102. http://dx.doi.org/10.3280/diri2010-002005.

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Sommario:1. Un caso internazionale montato dai fautori della politica dei respingimenti2. Un processo al soccorso umanitario3. Il soccorso umanitario non č reato4. I principi di diritto internazionale del mare sono vincolanti5. Il caso del processo ai pescatori tunisini. La giustizia č uguale per tutti?6. Le nuove pratiche di respingimento collettivo tra media e processi
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Schiavone, Gianfranco. "Il diritto d'asilo in Italia dopo il recepimento nell'ordinamento delle normative comunitarie. Uno sguardo d'insieme tra il de iure e il de facto". MONDI MIGRANTI, n.º 3 (marzo de 2010): 57–78. http://dx.doi.org/10.3280/mm2009-003004.

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L'articolo si concentra nell'analisi del diritto d'asilo in Italia dopo il recepimento nell'ordinamento di importanti direttive europee in materia, e in particolare della Direttiva recante norme minime sull'attribuzione della qualifica di rifugiato e di protezione sussidiaria, della Direttiva recante norme minime sulle procedure applicate ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato e della Direttiva recante norme minime per l'accoglienza dei richiedenti asilo. Si presentano e analizzano gli aspetti piů significativi, o perché hanno introdotto i maggiori cambiamenti o perché, diversamente, troppo poco hanno inciso sugli "antichi mali" della situazione italiana in materia di asilo. L'articolo si sofferma in particolare sulla definizione di persecuzione, sulle diverse forme di protezione internazionale, sul principio di non respingimento, sulle diverse tipologie di accoglienza e infine sulla composizione delle Commissioni responsabili dell'esame delle domande di asilo.
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Zaccardi, Glauco. "Il principio di non discriminazione nel rapporto di lavoro". QUESTIONE GIUSTIZIA, n.º 1 (julio de 2014): 173–85. http://dx.doi.org/10.3280/qg2014-001015.

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Bonetti, Paolo. "La proroga del trattenimento e i reati di ingresso o permanenza irregolare nel sistema del diritto degli stranieri: profili costituzionali e rapporti con la Direttiva comunitaria sui rimpatri". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 4 (noviembre de 2009): 85–128. http://dx.doi.org/10.3280/diri2009-004007.

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Resumen
Introduzione1. Il prolungamento della durata massima del trattenimento1.1. I presupposti del trattenimento e della proroga del trattenimento1.2. I profili di legittimitŕ costituzionale della nuova proroga del trattenimento e del vigente sistema italiano dei provvedimenti amministrativi di respingimento e di espulsione e il rapporto con la Direttiva comunitaria sui rimpatri2. Il reato di ingresso e permanenza illegali e il sistema degli allontanamenti2.1. L'accesso al diritto d'asilo dello straniero che fa ingresso o permane illegalmente nel territorio dello Stato e il reato di ingresso e soggiorno irregolare2.2. L'importanza essenziale della sussidiarietŕ e dell'elemento normativo nel reato di ingresso o permanenza illegale dello straniero: le condotte che integrano il reato e le molte ipotesi di ingresso o soggiorno irregolari che non integrano il reato2.3. Considerazioni sugli aspetti sostanzialii, sull'obbligo di denuncia del reato e sul rapporto con le espulsioni2.4. I profili di illegittimitŕ costituzionale e di inefficacia del reato di ingresso e soggiorno Irregolare
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Baj, Giulia. "IL PRINCIPIO DI NON-REFOULEMENT: CRITICITÀ APPLICATIVE". Il Politico 84, n.º 1 (25 de junio de 2019): 25–46. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.49.

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Resumen
The principle of non-refoulement is one of the most relevant instruments of international law for the protection of migrants. This principle prohibits the transfer of migrants to their country of origin in case these persons are afraid of being tortured or persecuted there.To understand the width of its application and the problems linked to the principle of non-refoulement, though, it is appropriate to analyze the various categories of migrants, in order to understand who can receive this protection. This process of analysis of the categories, moreover, highlights the presence of other difficulties in the generalized implementation of the guarantees for migrants. In fact, not all treaties apply to all types of migrants. Even the Geneva Convention to the Status of Refugees, as the name says, only refers to refugees. Specifically, article 1 of the Convention defines as “refugee” the person who “owing to well-founded fear of being persecuted for reasons of race, religion, nationality, membership of a particular social group or political opinion, is outside the country of his nationality and is unable or, owing to such fear, is unwilling to avail himself of the protection of that country”; therefore, its protections – including the one given by the principle of non-refoulement, established in article 33 – only guarantee this specific category of migrants; category linked to – as already mentioned - a closed list of possible causes of persecution. Other obstacles towards a harmonized implementation of the principle of non-refoulement can be found also in the differences among the treaties which define the principle. In its first definition, in the Geneva Convention to the Status of Refugees of 1951, the principle forbids the member States to “expel or return (“refouler”) a refugee in any manner whatsoever to the frontiers of territories where his life or freedom would be threatened on account of race, religion, nationality, membership of a particular social group or political opinion” (Geneva Convention to the Status of Refugees, art. 33). The existence of various definitions and their inadequacy to actual migration patterns create difficulties in the implementation of the principle itself. In this sense, one of the biggest problems in the current scenario is the one given by the application of the principle to mass influxes. This term refers to those migrations characterized by the arrival over an international border of a large number of persons with a rapid rate and by the incapacity of the receiving State to respond adequately to the arrival of migrants (in particular, individual asylum procedures are not sufficient to deal with the high number of migrants). Different international instruments provide a different width of the range of application of the principle; the monitoring organs controlling the implementation of the principle have different levels of efficacy. The uncertainty is even wider in consideration of new migratory movements, such as the mass influxes; hence, States take advantage of this situation in order not to apply the principle of non-refoulement and the other protection for migrants. Having said that, it is impellent to reach a more shared doctrinal view on this topic, in order to cooperate with jurisprudence in order to stimulate the States towards a stronger protection of migrants.
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Allegretti, Giovanni. "Riflessioni sul principio di trasparenza:". Conhecer: debate entre o público e o privado 10, n.º 25 (3 de agosto de 2020): 76–111. http://dx.doi.org/10.32335/2238-0426.2020.10.25.3823.

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Resumen
L’articolo parte dalla decisione del governo Brasiliano di silenziare parte della produzione di dati sui danni causati dalla pandemia COVID-19, per proporre una riflessione sulla trasformazione del principio di trasparenza e della sua relazione con le politiche pubbliche. Nel ripercorrerne la complessa natura di mito e di spazio produttore di miti, attraverso la disamina di alcuni testi costituzionali e di pratiche partecipative formalizzate, il testo s’interroga su come strutturare piú solidamente le relazioni tra due ambiti importanti dell’azione pubblica: la promozione della trasparenza e quella della partecipazione civica all’azione di governo. I due campi appaiono avere molte convergenze strutturali, persino nello svuotamento graduale di significati proposto dalla retorica politica, e il loro crescente dialogo in molti paesi evidenzia la mutua capacitá di apprendimento e fertilizzazione, se pensati da subito nella loro interazione reciproca. L’analisi di come ha teso a strutturarsi negli ultimi anni il rapporto tra trasparenza e innovazioni democratiche mostra che queste ultime sono necessarie ma non sufficienti a garantire un’elevato livello di trasparenza, che richiede di affrontare problemi strutturali che riguardano l’organizzazione politico-amministrativa, le risorse, la mentalitá diffusa e la comunicazione pubblica in un determinato contesto. Per lo meno, non sono sufficienti, quando il contesto non si pone obiettivi sfidanti di ripensamento radicale della partecipazione, attraverso movimenti “a rete” che possano – incrociando sperimentazioni diverse – riflettere in forma collettiva su nuovi modi di mettere in dialogo azioni partecipative promosse “dall’alto” e “dal basso”.
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Tropea, Giuseppe. "Aree di non sindacabilità e principio di giustiziabilità dell'azione amministrativa". DIRITTO COSTITUZIONALE, n.º 3 (octubre de 2018): 129–56. http://dx.doi.org/10.3280/dc2018-003006.

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Wołodkiewicz, Witold. "LEX RETRO NON AGIT. SFORMUŁOWANIE W POLSKIEJ DOKTRYNIE PRAWNICZEJ". Zeszyty Prawnicze 1 (27 de enero de 2017): 103. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.06.

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Resumen
LEX RETRO NON AGIT. UN BROCARDO NELLA GIURISPRUDENZA POLACCAII problema della irretroattività della norma giuridica è stato trattato molto spesso nella dottrina giuridica generale e in quella romanistica. La regola lex retro non agit (che nella giurisprudenza e dottrina giuridica polacca esprime il principio délia irretroattività del diritto) è il brocardo latino il più spesso usato nella giurisprudenza polacca.Considerazioni a proposito del vigore délia norma giuridica nel tempo si incontrano nelle fond del diritto romano nelle varie epoche del suo sviluppo. Il problema délla retroattività délia legge fu affrontato già dai giuristi repubblicani. Fu toccato anche dai giuristi classici. La generalizzazione del principio secondo il quale la legge non deve retroagire, si trova peraltro in diverse costituzioni imperiali del Basso Impero. Il principio délia irretroattività del diritto compare più volte nella storia giuridica postgiustinianea.Nelle visioni dello Stato di diritto, sviluppate dai filosofi del Secolo dei Lumi il principio dell’irretroattività délia legge è stato trattato come un dogma fondamentale ed assoluto.II principio d’irretroattività è molto spesso enunciato nei codici contemporanei. E un elemento fondamentale della definizione classica del delitto penale, peró la dottrina e la pratica penale e costituzionale dopo la seconda guerra mondiale hanno cominciato, almeno in certa misura, ad allontanarsi dal principio d’irretroattività nel diritto penale. Questa tendenza fu stata già notata, a proposito del processo di Norimberga, dal Berger in un articolo del 1949. Le dichiarazioni e convenzioni internazionali sui crimini di guerra e contro l’umanità , hanno poi introdotto diverse eccezioni al principio dell’irretroattività della legge penale. Questi atti di diritto internazionale hanno tendenzialmente influenzato i sistemi nazionali di diritto costituzionale e penale (come esempio si puô citare l’art. 42 punto 1 della Costituzione polacca del 2 aprile 1997).II brocardo lex retro non agit non fu mai esplicitamente individuato eon queste parole, né ai tempi romani, né nella storia posteriore del diritto. Questa formulazione è infatti sconosciuta ai dizionari ed alle enciclopedie giuridiche in quasi tutta Europa al di fuori della Polonia.Nella romanistica polacca, l’autore che cita il brocardo lex retro non agit fu Stanisław Wróblewski (nel suo manuale di diritto romano, pubblicato nel 1916). E probabile che l’autorità del Wróblewski (a lungo professore di diritto romano a Cracovia, ed influente membro della Commissione di Codificazione polacca, chiamato spesso il „Papiniano polacco”) abbia influenzato la divulgazione del brocardo lex retro non agit nella dottrina e nella giurisprudenza polacca e radicato per conseguenza la persuasione della derivazione romanistica del concetto d’irretroattività del diritto, letteralmente cosi individuato, nell’odierna pratica giurisprudenziale polacca.
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Timio, Mario. "Malato e medico in dialisi: un approccio alla bioetica". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 4 (28 de octubre de 2013): 329–31. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1068.

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Resumen
Secondo la “legge di Hume” non esiste una goccia di etica che può derivare da una regola scientifica. Tale legge è applicabile ad ogni ambito della scienza, compresa la scienza nefrologica. In dialisi i problemi di bioetica sono molteplici, non ultimi l'inizio della terapia sostitutiva, la scelta del tipo di dialisi, l'autonomia del paziente, il costo della pratica e la sospensione del trattamento. Spesso i problemi clinici e bioetici possono comunque embricarsi. Per favorire la convergenza delle due componenti si fa riferimento ad alcuni punti nodali: 1) principio di verità; 2) principio del valore e della dignità dell'uomo; 3) principio della libertà; 4) problema del consenso informato, 5) principio di giustizia; 5) modelli bioetici che influenzano la pratica clinica. (Bioethics)
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Pepino, Livio. "Ancora sulla obbligatorietŕ dell'azione penale. Qualche spunto per una riflessione realistica". QUESTIONE GIUSTIZIA, n.º 2 (junio de 2011): 102–10. http://dx.doi.org/10.3280/qg2011-002010.

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Resumen
Non amo i dogmi di nessun genere. Anche per questo non credo che l'obbligatorietŕ dell'azione penale sia una veritŕ di fede, insuscettibile di discussione. E, tuttavia, sono convinto che si tratti, oggi piů che mai, di un principio irrinunciabile nel contesto italiano. Un principio irrinunciabile che, proprio per questo, non va celebrato ma governato in modo intelligente e razionale. Le pagine che seguono si propongono di esporre le ragioni che sostengono la mia convinzione e di indicare alcune linee utili a perseguire l'obbligatorietŕ possibile e necessaria.
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Tesis sobre el tema "Principio di non respingimento"

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Bolzon, Elena <1987&gt. "Il principio di territorialità e quello di non discriminazione". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3786.

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Resumen
La territorialità connessa al ramo tributario, quindi l'approfondimento di come l'esercizio della potestà legislativa tributaria viene regolato nelle fattispecie aventi connotati di transnazionalità, assicurando la non discriminazione del contribuente, a livello nazionale, comunitario e internazionale.
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Mascellaro, Maria Maddalena. "Pubblicazione di dati di traiettoria preservando il principio di non informatività". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Resumen
Al giorno d'oggi i dati di traiettoria, grazie alle nuove tecnologie di tracciamento della posizione, sono presenti in svariati scenari applicativi. Dall'analisi di questi dati possono trarre beneficio diverse applicazioni del mondo reale, come ad esempio la gestione del traffico e i servizi basati sulla posizione. Una traiettoria rappresenta il cambiamento della posizione di un utente o un oggetto nello spazio rispetto al tempo. Con la diffusione delle tecnologie che si occupano di questo tipo di dati, sono stati studiati algoritmi in grado di estrapolare informazioni da essi. Tuttavia, le traiettorie possono divulgare informazioni altamente sensibili di un individuo, come ad esempio modelli di mobilità, dati personali o relazioni sociali, rendendo indispensabile l'utilizzo di tecniche per la protezione della privacy nell'ambito della pubblicazione di dataset di traiettorie. Per garantire la privacy su tali dati, non è sufficiente nascondere le singole posizioni, ma è necessario preservare tutte le informazioni derivate dalle loro correlazioni. La protezione della privacy deve però tenere conto di un importante fattore, ossia l'utilità dei dati. L'obiettivo del lavoro presentato in questa tesi è l'analisi delle tecniche note in letteratura che trattano i modelli di privacy esistenti, con uno specifico approfondimento del principio di non informatività. Esso si pone l'obiettivo di minimizzare la differenza tra la conoscenza di un avversario prima e dopo l'accesso a un dataset. In particolare vengono enfatizzati i criteri di privacy di questo principio e viene condotto uno studio approfondito dell'algoritmo kte-hide. Quest'ultimo consente infatti l'anonimizzazione di dati di traiettoria rispettando il principio di non informatività, minimizzando la distorsione dei dati protetti.
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Martewicz, J. "CONTRADDICIBILITÀ DI NORME E APPLICABILITÀ DEL PRINCIPIO DI NON-CONTRADDIZIONE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150557.

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Resumen
This Ph. D. thesis is dedicated to two great problems of the logic of norms. The first problem is: Can norms be terms of the relation of logical contradiction? The second problem is: Is it possible to formulate a deontic principle of non-contradiction (i.e. a principle of contradiction valid for norms)? In chapter 1, I examine various philosophical presuppositions of the two questions. In chapter 2, I examine four ways of interpreting the two questions. In chapter 3, I propose my own hypothesis of the possibile formulation of deontic principle of non-contradiction.
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Zaccaroni, Giovanni. "Il Principio di Non Discriminazione e l’Identità Costituzionale dell’Unione Europea". Thesis, Strasbourg, 2015. http://www.theses.fr/2015STRAA015/document.

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Resumen
L’objectif de cette recherche est d’évaluer la contribution du principe de non-discrimination à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne. Pour ce faire, il est nécessaire de clarifier la notion d’identité dont nous parlons. Dans la première section/partie nous analysons la structure des arrêts pour juger sur la discrimination. La structure de l’arrêt sur la discrimination permet, après une phase initiale d’ajustement dont nous avons signalé, d’identifier quatre phases différentes au sein desquelles la Cour de justice développe son raisonnement. Ces phases sont : 1) introduction de l’affaire devant la Cour de justice de l’Union européenne 2) identification du désavantage 3) comparaison et 4) justification. La deuxième section/partie porte sur l’analyse de la contribution à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne par la lutte contre sept motifs spécifiques de discrimination : sexe, nationalité, handicap, âge, religion, orientation sexuelle et race. Le choix des motifs de discrimination (par exemple, entre les beaucoup plus nombreux motifs dans la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne) est lié à un critère normatif : ce sont les motifs de discrimination qui ont fait l’objet de la législation dérivée. D’où il suit un critère supplémentaire, celui quantitatif : la présence d’un acquis législatif stable autorise la Cour de justice à saisir un plus grand nombre des causes, qui font significative l’examen des motifs proposés. L’identification d’une contribution si riche à l’identité constitutionnelle de l’Union européenne peut reconnaître le principe de non-discrimination en tant que principe constitutionnel, qui, inspiré par l’identité constitutionnelle des États membres, peut constituer l’épine dorsale de la future constitution "formelle “européenne
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of the analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle
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Zaccaroni, Giovanni <1987&gt. "Il principio di non discriminazione e l'identita' costituzionale dell'Unione Europea". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7144/1/Tesi_G_ZACCARONI.pdf.

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La definizione dell’ordinamento dell’Unione come ordinamento costituzionale è centrale, ma resta frammentata. Per restituirle sistematicità è importante individuare un principio sul quale poggiarne il consolidamento. Per questo si è scelto di esaminare il principio di non discriminazione attraverso l’analisi della giurisprudenza, con l’obiettivo di verificare se questo principio è parte fondamentale dell’identità costituzionale dell’Unione Europea. Nella prima parte della tesi si analizza la struttura del giudizio sulla discriminazione davanti alla CGUE e davanti alla CEDU, mettendo in evidenza come la struttura ricordi sempre di più quella del giudizio di costituzionalità. Nella seconda parte ci si concentra sul contributo dato dal principio di non discriminazione all’identità costituzionale dell’Unione Europea attraverso la lotta contro specifiche tipologie di discriminazione. Poiché i motivi di discriminazione sono molto numerosi, si è stabilito di esaminare quei motivi che sono regolati dal diritto derivato. Per questo la seconda parte dell’analisi si è concentrata sulle discriminazioni a motivo della nazionalità (dir. 2004/38/CE), della razza (dir. 2000/43/CE), del genere (dir. 2006/54/CE, dir. 2004/113/CE) dell’età, disabilità, religione ed orientamento sessuale (dir. 2000/78/CE). Dall’analisi della giurisprudenza e del diritto derivato che ne dà attuazione è possibile comprendere che questo principio, oltre ad essere sostenuto da un vero e proprio giudizio di legittimità costituzionale (il rinvio pregiudiziale), ha gli strumenti necessari a permetterne lo sviluppo tenendo conto delle identità costituzionali degli stati membri e può aiutare ad offrire delle risposte rispetto a uno dei problemi fondamentali inerenti all’efficacia del diritto dell’Unione Europea: la tensione fra il principio di attribuzione e la dottrina degli effetti diretti. Le conclusioni di questo lavoro portano a sostenere che è possibile individuare una giurisprudenza della Corte che, attraverso alcuni passaggi fondamentali (le sentenze Mangold, Kucukdeveci, Hay, Deckmyn e Zambrano), definisce il principio di non discriminazione come principio fondamentale, e costituzionale, del diritto dell’Unione Europea.
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of this analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle.
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Zaccaroni, Giovanni <1987&gt. "Il principio di non discriminazione e l'identita' costituzionale dell'Unione Europea". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7144/.

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La definizione dell’ordinamento dell’Unione come ordinamento costituzionale è centrale, ma resta frammentata. Per restituirle sistematicità è importante individuare un principio sul quale poggiarne il consolidamento. Per questo si è scelto di esaminare il principio di non discriminazione attraverso l’analisi della giurisprudenza, con l’obiettivo di verificare se questo principio è parte fondamentale dell’identità costituzionale dell’Unione Europea. Nella prima parte della tesi si analizza la struttura del giudizio sulla discriminazione davanti alla CGUE e davanti alla CEDU, mettendo in evidenza come la struttura ricordi sempre di più quella del giudizio di costituzionalità. Nella seconda parte ci si concentra sul contributo dato dal principio di non discriminazione all’identità costituzionale dell’Unione Europea attraverso la lotta contro specifiche tipologie di discriminazione. Poiché i motivi di discriminazione sono molto numerosi, si è stabilito di esaminare quei motivi che sono regolati dal diritto derivato. Per questo la seconda parte dell’analisi si è concentrata sulle discriminazioni a motivo della nazionalità (dir. 2004/38/CE), della razza (dir. 2000/43/CE), del genere (dir. 2006/54/CE, dir. 2004/113/CE) dell’età, disabilità, religione ed orientamento sessuale (dir. 2000/78/CE). Dall’analisi della giurisprudenza e del diritto derivato che ne dà attuazione è possibile comprendere che questo principio, oltre ad essere sostenuto da un vero e proprio giudizio di legittimità costituzionale (il rinvio pregiudiziale), ha gli strumenti necessari a permetterne lo sviluppo tenendo conto delle identità costituzionali degli stati membri e può aiutare ad offrire delle risposte rispetto a uno dei problemi fondamentali inerenti all’efficacia del diritto dell’Unione Europea: la tensione fra il principio di attribuzione e la dottrina degli effetti diretti. Le conclusioni di questo lavoro portano a sostenere che è possibile individuare una giurisprudenza della Corte che, attraverso alcuni passaggi fondamentali (le sentenze Mangold, Kucukdeveci, Hay, Deckmyn e Zambrano), definisce il principio di non discriminazione come principio fondamentale, e costituzionale, del diritto dell’Unione Europea.
The definition of the EU as a constitutional legal order is crucial, but still fragmented. For the sake of systematization, it is important to find out a principle to support its development. That is why we made the choice of examining the principle of non discrimination through the analysis of case law, with the object of verifying if this principle is a fundamental part of the EU constitutional identity. In the first part of this work the structure of the discrimination scrutiny in front of the CJEU and of the ECHR is analyzed, enlightening the fact that its structure increasingly recalls that of a constitutional scrutiny. In the second part of this work we will focus on the contribution given by the case law on the fight against different grounds of discrimination to the EU constitutional identity. As there is an increasing number of grounds of discrimination, a choice should be made. That is why the second part of this analysis is devoted into explaining a selection of grounds of discrimination: discrimination on the ground of nationality, age, disability, religion, and sexual orientation. From the analysis of the case law and of secondary legislation is possible to induce that this principle has the potential necessary to support the development of the EU constitutional identity without prevailing on the national constitutional identities. At the same time, the principle could help into shading light in one of the most debated issues of EU law: the tension between the conferred powers and the direct effect of directives. The conclusion of this work is a reflection on how a precise line of case law is crucial into defining the principle of non discrimination as a EU constitutional principle.
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SIDOTI, Maria Rita. "IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE TRA DIRITTO INTERNO E DIRITTO DELL'UNIONE". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2488061.

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IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE IN AMBITO FISCALE Premessa 1.1 Il potere fiscale nel diritto interno e nel diritto dell’Unione 1.1.1 Le radici storiche 1.1.2 La portata negativa dell’attività di normazione europea 1.1.3 principio di non discriminazione e il suo ruolo 1.2 I postulati dell’ordinamento dell’Unione e loro attuazione nella politica fiscale 1.3 Le competenze unionali nella materia fiscale: l’imposizione diretta e quella indiretta 1.4 Il diritto tributario europeo derivato 1.5 L’adattamento del diritto interno al diritto eurounitario: il ruolo della Corte di giustizia dell’Unione europea IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE QUALE PRINCIPIO CARDINE DELL’UNIONE EUROPEA 2.1 La non discriminazione in ambito fiscale 2.2 La positive integration 2.3 La non discriminazione nelle imposte dirette. Attività tese all’armonizzazione delle imposte sulle società 2.3.1 Imposizione fiscale equa, trasparenza fiscale e lotta contro l'elusione fiscale e la concorrenza fiscale sleale 2.4 La tassazione delle persone fisiche 2.3 La non discriminazione nelle imposte dirette. Negative integration 2.5 La portata degli interventi della Corte di Giustizia 2.6 Rule of reason e cause di giustificazione 2.6.1 Coerenza del sistema fiscale 2.6.2 Misure atte ad evitare elusione ed evasione 2.6.3 Equilibrata ripartizione del potere impositivo 2.6.4 Effettività dei controlli fiscali e della riscossione dei tributi 2.7 Società: libertà di forma sociale ed uniformità trattamento 2.8 Giurisprudenza dell’Unione e convenzioni contro le doppie imposizioni PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE E PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA 3.1 Il principio di non discriminazione fiscale e il diritto tributario interno 3.2 Il principio di non discriminazione nel sistema delle fonti 3.2.1 La teoria monista della CGUE e la primauté 3.2.2 La teoria dualista della C. Cost. e i controlimiti Evoluzione 3.2.3 La vicenda Taricco e i controlimiti della Corte Costituzionale 3.3 Il principio di eguaglianza nell’ordinamento nazionale e dell’Unione e i controlimiti 3.4 Il principio di non discriminazione ed il principio di eguaglianza: nessi e limiti 3.5 Il legame tra la politica fiscale e le altre politiche dell’Unione IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE E IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA NELLE AGEVOLAZIONI FISCALI PER LA RICERCA E LO SVILUPPO Premessa 4.1 Agevolazioni e principio di eguaglianza 4.2 Il divieto di aiuti di stato e il principio di non discriminazione 4.2.1 L’origine statale dell’aiuto 4.2.2 Il vantaggio economico 4.2.3 Gli effetti distorsivi sugli scambi e sulla concorrenza 4.2.4 Misure selettive e misure generali 4.3 La compatibilità delle agevolazioni fiscali per la ricerca e lo sviluppo con il principio di equità costituzionale 4.4 La compatibilità delle agevolazioni fiscali per la ricerca e lo sviluppo con il divieto di aiuti di Stato 4.5 La disciplina vigente del credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo (2014-2020) 4.5.1 Iter normativo 4.5.2 Principali caratteristiche dell’agevolazione 4.5.3 Presupposto soggettivo 4.5.4 Presupposto oggettivo 4.5.5 Costi ammissibili 4.5.6 Modalità di fruizione , documentazione e certificazione Considerazioni conclusive
THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION WITHIN THE FISCAL FIELD Premise 1.1 The fiscal power in domestic law and in Union law 1.1.1 Historical roots 1.1.2 The negative scope of European standardization activity 1.1.3 principle of non-discrimination and its role 1.2 The postulates of the EU legal system and their implementation in fiscal policy 1.3 Union competences in tax matters: direct and indirect taxation 1.4 The derived European tax law 1.5 The adaptation of national law to Euronary law: the role of the Court of Justice of the European Union THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION AS THE CARDINAL PRINCIPLE OF THE EUROPEAN UNION 2.1 Non-discrimination in the tax area 2.2 Positive integration 2.3 Non-discrimination in direct taxes. Activities aimed at harmonizing corporate taxes 2.3.1 Fair taxation, tax transparency and the fight against tax avoidance and unfair tax competition 2.4 Taxation of natural persons 2.3 Non-discrimination in direct taxes. Negative integration 2.5 The scope of the actions of the Court of Justice 2.6 Rule of reason and reasons for justification 2.6.1 Coherence of the tax system 2.6.2 Measures to avoid circumvention and evasion 2.6.3 Balanced distribution of taxation power 2.6.4 Effectiveness of tax controls and tax collection 2.7 Society: freedom of social form and uniformity of treatment 2.8 EU jurisprudence and double taxation conventions PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION OF FISCAL AND PRINCIPLE OF EQUALITY 3.1 The principle of fiscal non-discrimination and internal tax law 3.2 The principle of non-discrimination in the system of sources 3.2.1 The monastic theory of the CJEU and the primauté 3.2.2 The dualist theory of C. Cost. And the Contrimiths Evolution 3.2.3 The Taricco affair and the controlimiti of the Constitutional Court 3.3 The principle of equality in national and Union law and the control systems 3.4 The principle of non-discrimination and the principle of equality: links and limits 3.5 The link between fiscal policy and other Union policies THE PRINCIPLE OF NON-DISCRIMINATION AND THE PRINCIPLE OF EQUALITY IN FISCAL AGREEMENTS FOR RESEARCH AND DEVELOPMENT Premise 4.1 Facilities and principle of equality 4.2 The prohibition of state aid and the principle of non-discrimination 4.2.1 The state origin of the aid 4.2.2 Economic advantage 4.2.3 The distortive effects on trade and competition 4.2.4 Selective measures and general measures 4.3 The compatibility of tax incentives for research and development with the principle of constitutional fairness 4.4 The compatibility of tax breaks for research and development with the prohibition of state aid 4.5 The current regulation of tax credit for investments in research and development (2014-2020) 4.5.1 Iter normative 4.5.2 Main characteristics of the facilitation 4.5.3 Subjective assumption 4.5.4 Objective assumption 4.5.5 Eligible costs 4.5.6 Method of use, documentation and certification Final considerations
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Bergo, Monica. "Il principio di sussidiarietà come paradigma costituzionale di elaborazione di nuovi diritti sociali". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427444.

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This thesis investigates the main literature on the causes of welfare state crisis, and on its effects for the protection of social rights. Out of this debate has emerged at least one possible pathway into the future of public problem-solving, that involves a new role for citizens, that are no more conceived as consumers but as active protagonists in the common good production and achievement. The principle of subsidiarity represents a key to discover how to best shape the relationships between the government and civil society. Part I of this dissertation explores the origins and extension of the interaction between democracy and subsidiarity. Chapter one observes the social rights development, from their rise during the Post World War II, until the crisis that has begun to start in the ‘80s. Chapter two explores the philosophical and historical origins of the principle of subsidiarity. Specifically, are highlighted the most significant similarities between the catholic and secular conceptions of the principle, as well as the more recent meanings it has achieved. Chapter three zeros in new welfare polices that are being enacted in some European states, with specific regard to tax-related tools. Part II of this dissertation explores welfare reforms enacted by post-modern states, by considering four case-studies among Italy, France, Great Britain and United States. Chapter one describes new policies and tools adopted in Italy for the protection of social rights under the new division of powers between State and Regions drawn from the Reform of Title V of the Constitution. The exposition focuses in particular on regional school vouchers; accreditation and certification for private facilities in the health system and the recent labor voucher. Chapter two outlines the recent reforms in France for the protection and development of services for people. In particular, it examines the implications of the introduction of labor voucher “CESU”. Chapter three deals with the evolution of the British welfare system, from the formulation of the theory of Third Way, to the idea of Big Society recently launched by Prime Minister Cameron, through the analysis of innovative models of governance, such as quasi-markets, which have found a significant spread in the fields of education and healthcare. Chapter four examines the issue of Intergovernmental Relations in the federal system the United States of America. The analysis of the tools of government developed by the American literature to explain the complexity of the U.S. welfare system, brings out the theory of New Governance, which introduces a new perspective in the relationship between centers of government and other stakeholders. The inquiry pointed out that the models examined, despite the differences in shapes and definition, share a common foundation, precisely in the specific idea of the man and as the value of its initiative. This foundation seems the same idea that inspires the principle of subsidiarity: no more the individual but the person listed and designed within the social bodies to which it belongs.
Questo elaborato prende in esame la maggiore dottrina nazionale e internazionale sulle cause della crisi del Welfare State e sui suoi effetti in termini di difficoltà di garantire la tutela dei diritti sociali in modo universalistico. La strada che si delinea per il futuro del problema pubblico in materia di diritti sociali richiede quanto meno un ripensamento del ruolo dello Stato e dei cittadini all’interno della società, intesi non solo come destinatari di servizi, ma anche come protagonisti nel processo di produzione e godimento del bene comune. In questo senso il principio di sussidiarietà può rappresentare la chiave di volta per una ridefinizione dei rapporti sociali, civili e politici. Nella prima parte, il primo capitolo ripercorre l’evoluzione dei diritti sociali, così come elaborati dalla teoria giuridica e dalla prassi politica, secondo lo sviluppo dei sistemi di Welfare State dal secondo dopoguerra fino alla loro crisi. Il capitolo II approfondisce le origini della sussidiarietà attraverso l’individuazione di importanti affinità fra il pensiero cattolico e quello laico, con particolare attenzione alle più recenti interpretazioni del principio. Il capitolo III prende in esame le nuove politiche di welfare adottate in Italia e in Europa, in particolare quelle di natura fiscale. Nella seconda parte di questo elaborato si documentano le riforme del welfare in corso in Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti nei settori della sanità, dell’istruzione e dei servizi sociali. Il capitolo I si sofferma su alcune importanti misure sociali adottate in Italia, nell’ambito della nuova suddivisione delle competenze fra Stato e Regioni, disegnata dalla riforma del titolo V della Costituzione, a partire dai livelli essenziali delle prestazioni. Vengono esaminati i casi dei buoni scuola regionali, dell’accreditamento e della certificazione per le strutture private nel settore sanitario e del buono lavoro. Il capitolo II espone le recenti riforme adottate in Francia per la tutela e lo sviluppo dei servizi alla persona. In particolare, vengono esaminate le maggiori implicazioni derivanti dall’introduzione del buono lavoro CESU. Il capitolo III affronta l’evoluzione del sistema di welfare britannico, dalla formulazione della teoria della Terza via, fino alla recente idea di Big Society lanciata dal premier Cameron, passando attraverso l’analisi di modelli innovativi di governance, come quello dei quasi-mercati, che ha trovato una rilevante diffusione nei settori dell’educazione e della sanità. Il capitolo IV prende in esame il tema delle Intergovernmental relations nel sistema federale degli Stati Uniti d’America. L’analisi sugli strumenti di governance elaborati dalla dottrina americana per spiegare la complessità del sistema di welfare statunitense, porta alla luce la teoria della New Governance, che introduce una nuova prospettiva nel rapporto fra centri di governo e gli altri attori. A conclusione di questo elaborato si osserva come alla base dei modelli esaminati si ponga innanzitutto una precisa idea di uomo e del valore della sua iniziativa, la stessa idea che ispira il principio di sussidiarietà: non più l’individuo, ma la persona inserita e concepita all’interno dei gruppi sociali cui appartiene. La Big Society della Gran Bretagna richiama allora l’idea italiana di Welfare Society proposta dal recente Libro Bianco sul Welfare, mentre negli Stati Uniti prende le sembianze della New Governance, elaborata quasi trent’anni fa.
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Faiello, Maria Rosaria. "L'evoluzione del principio di non discriminazione nell'Unione Europea con particolare riferimento al divieto di discriminazione razziale". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/313.

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2010 - 2011
L’Europa ha conosciuto, nella seconda metà del XX secolo, importanti mutamenti nella composizione delle popolazioni dei suoi Stati a causa dei processi migratori legati alla ricerca di lavoro. Un’organizzazione politicamente unitaria come l’Unione europea non poteva trascurare di regolamentare questi flussi, né di considerarne le conseguenze, tra le quali, purtroppo, alcune si sono appalesate in un’accezione fortemente negativa, contrariamente alle aspettative dei Padri fondatori delle originarie Comunità europee. Tra i fattori che costituiscono un punto oscuro della raggiunta unità dell’Europa si colloca la mancata integrazione di elementi di diversità in contesti preesistenti, ossia gli episodi di discriminazione che, in maniera trasversale, si verificano in tutti i Paesi e in tutti i settori, dalla scuola al mondo del lavoro. Nel contesto di questo studio, si è concentrata l’attenzione su un aspetto particolare della discriminazione, ossia la discriminazione per motivi legati alla razza, che si presenta come un’anomalia in un progetto di integrazione e globalizzazione che dovrebbe privilegiare il solo merito, indipendentemente dalle origini, e soprattutto che dovrebbe porre al centro del sistema-Europa il rispetto dell’essere umano e dei suoi diritti. Proprio la prevenzione e la soluzione della violazione degli stessi diritti, dettata dal pregiudizio razziale, costituisce l’aspetto connotante un intero quadro normativo, definito “diritto antidiscriminatorio”, che mira a colpire e disincentivare comportamenti basati su singoli aspetti e, nello specifico caso della discriminazione razziale, su elementi legati alla provenienza o all’appartenenza ad un particolare ceppo etnico. Attraverso lo studio delle Direttive, delle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea e di particolari casi giurisprudenziali che più di altri hanno tracciato il percorso della lotta alla discriminazione razziale si è portato a compimento un lavoro di analisi che consente di mettere in risalto come tutte le istituzioni dell’Unione europea abbiano preso – gradualmente – coscienza di quanto la lotta verso le forme di discriminazione sia complessa e di come il divieto di discriminazione razziale, problema ancor più attuale oggi rispetto al passato, sia costantemente disatteso nonostante i “buoni propositi” e il grande dispendio di energie sia a livello europeo che internazionale. L’elaborato si compone di tre capitoli che, in maniera “graduale”, affrontano la tematica in oggetto, restituendo un quadro della situazione caratterizzato da un lato da una copiosa produzione di atti normativi, dall’altro dalla resistenza opposta dai singoli Stati al recepimento degli stessi. Il primo capitolo ha per oggetto il divieto di discriminazione nel diritto dell’Unione europea e l’analisi è condotta attraverso l’esplicazione di concetti fondamentali quali quello di discriminazione in tutte le sue accezioni e di “diritto antidiscriminatorio” come nuovo strumento per la tutela dei soggetti “deboli” e potenzialmente discriminabili. Attraverso l’inquadramento normativo del divieto di discriminazione e l’analisi delle Direttive-antidiscriminazione vengono isolati i fattori di discriminazione, il fenomeno delle discriminazioni multiple, i comportamenti vietati e le deroghe alla normativa. Fondamentale è l’analisi del principio di non discriminazione nelle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea, in quanto è proprio la sua giurisprudenza che rende “vivo” il cd. diritto antidiscriminatorio. La stessa Corte ha visto, infatti, un’evoluzione delle proprie posizioni passando da una iniziale fase di chiusura nei confronti di un proprio coinvolgimento in tema di tutela dei diritti umani ad una fase di apertura definita “protezionistica”, instaurando anche un dialogo aperto con la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Le strade delle due Corti, prima rigidamente distinte, hanno infatti iniziato a convergere sul piano della protezione dei diritti umani a partire dalla seconda metà degli anni ’80. A tal riguardo, il discorso trova un suo completamento nell’oggetto del secondo capitolo, ossia il divieto di discriminazione nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il capitolo prende le mosse da una questione molto dibattuta: l’adesione dell'Unione europea alla CEDU, nell’ottica di una rafforzata tutela dei diritti umani. Questo argomento si colloca in un processo di approfondimento che vede l’Unione europea impegnata a cercare mezzi sempre più efficaci ai fini della tutela e della difesa dei diritti umani, e la CEDU si presta, più di ogni altro strumento, ad assumere il ruolo di linea guida per la protezione degli stessi. Mentre tutti gli Stati dell’Unione fanno parte del Consiglio d’Europa, l’Unione come tale non partecipa al sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tuttavia le interferenze esistenti tra le responsabilità degli Stati rispetto agli obblighi derivanti dalla Convenzione europea e quelle derivanti dall’appartenenza all’Unione, portano a dire che già ora vi sono difficili, ma importanti elementi di integrazione tra il sistema dell’UE e quello della Convenzione. Come le Corti costituzionali e le Corti supreme degli Stati membri, la Corte UE interpreta ed applica la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nelle controversie che sono portate al suo esame. Come è stato rilevato in dottrina, sotto l’ala protettrice dell’uguaglianza si staglia l’immagine di un’Europa nuova, condivisa e coordinata dalla giurisprudenza delle due Corti. Sembra, ormai, sempre più chiara la tendenza delle più recenti pronunzie della Corte di Giustizia a considerare i contenuti della CEDU e le decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo come un ‘obbligatorio’ punto di riferimento nella definizione di casi che coinvolgano fundamental rights; al di sopra di tutto pare, d’altro canto, muoversi il principio di uguaglianza che emerge come strumento di integrazione non solo giurisprudenziale, ma anche politica in sede europea. La stessa dottrina rileva come la tutela dei diritti fondamentali, che sembra avvicinare le due Corti, trovi nella parità di trattamento il suo nodo centrale; tale convergenza, tuttavia, ha il proprio ubi consistam e, forse, al contempo, il proprio confine, in quello che potrebbe essere definito un “metaprincipio” del diritto europeo, il principio di uguaglianza, sovraordinato, incondizionato ed immediatamente applicabile. E, tuttavia, ad un esame più approfondito, il contatto fra le Corti può assumere una diversa e più ampia portata e, soprattutto, può superare il rischio di incorrere in quelli che sembrerebbero inevitabili contrasti qualora si muova lungo i binari di quel completo restatement dei diritti fondamentali provenienti dalle fonti più disparate che, nelle intenzioni dei compilatori, era destinato a diventare il first point of reference per tutti i soggetti coinvolti nella tutela dei diritti fondamentali nell’ambito del diritto dell’Unione Europea: la Carta di Nizza-Strasburgo. Al cuore non più solo della giurisprudenza della CEDU ma anche di quella della CGCE si trovano diritti legati alla tutela della persona che più di altri si prestano ad un dialogo serrato con i giudici nazionali e con i legislatori nazionali. Sembra che il principio di uguaglianza vada, via via, assumendo una forza dirompente, unificante, rispetto alle giurisprudenze nazionali e a quelle sovranazionali promananti dalle due Corti. Tuttavia tale processo di stabilizzazione richiede il compimento di un percorso di integrazione europea nel rispetto assoluto dei diritti fondamentali. Ed è in quest’ottica che assume forza aggregatrice la realizzazione del processo di adesione dell’Unione europea alla CEDU. Il lavoro prosegue con l’analisi della tutela prevista dall’art. 14 della CEDU, delle questioni legate al suo limitato ambito di operatività e del tentativo di ampliamento della stessa operato dal Protocollo n. 12. Nel sottolineare la portata dei diritti sanciti dalla CEDU, vengono infine presentati i casi di applicazione giurisprudenziale più rilevanti: dal caso Nachova c/ Bulgaria al caso S.H. e altri c. Austria. Il terzo capitolo, infine, entra nel vivo della questione, affrontando il tema del divieto di discriminazione su base razziale nell’ordinamento europeo ed internazionale. L’analisi non può prescindere dalla presentazione di quelli che sono gli sviluppi recenti del principio di non discriminazione razziale negli atti europei ed internazionali, in quanto proprio il continuo “divenire” di tale principio assicura una tutela ed un’attenzione costante su un tema così delicato ed importante. Particolare attenzione è dedicata alla Direttiva 2000/43/CE, grazie alla quale è possibile individuare i casi di discriminazione razziale diretta e indiretta, e alla Decisione-quadro 2008/913/GAI del Consiglio in tema di lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia che, seppur non recepita, rappresenta comunque un passo fondamentale nel processo di costruzione delle tutele in quanto pone una caratterizzazione di tipo penale, a differenza di quanto sino ad allora accaduto. I meccanismi di tutela dalla discriminazione e il principio di «integrazione orizzontale delle pari opportunità in tutti i settori di azione», ossia il mainstreaming, completano il quadro analitico. Infine, a completamento del percorso di indagine, è presentato il c.d. “caso Feryn”, che costituisce ad oggi la prima, se non esclusiva, interpretazione pregiudiziale della Corte di Giustizia sulla Direttiva 2000/43/CE e, pertanto, si configura come una “pietra miliare” nel processo di interpretazione del divieto di discriminazione razziale. [a cura dell'autore]
X n.s.
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CARBONE, AMATO. "Archiviazione, non luogo a procedere e sentenza non definitiva sotto la lente del principio di preclusione". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/1027.

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Il presente lavoro intende dare una visione trasversale del principio di preclusione attraverso l’analisi della sua interazione con alcuni istituti del processo penale: archiviazione, non luogo a procedere e sentenza non definitiva. L’analisi è stata condotta non solo attraverso l’esame delle tesi dottrinarie, ma cercando di cogliere gli aspetti salienti del diritto vivente, senza tralasciare l’influenza del diritto sovranazionale. Fine del lavoro è stato pertanto quello di dare una visione globale del fenomeno, tentandone anche una ricostruzione che evidenzi i collegamenti tra i diversi istituti processuali.
This paper aims at giving an overview of the law of estoppel and of its interactions with other criminal procedure provisions, namely the rules on “archiviazione”, “non luogo a procedere” and “sentenza non definitiva”. The research has been focused not only on the academic literature and, indeed, it furnishes an outline of the relevant case law on the subject. The influence of supranational law has been considered too. In conclusion the scope of the paper is to build a comprehensive understanding of the law of estoppel, also by an attempt to systematize it within criminal procedure law as a whole
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Libros sobre el tema "Principio di non respingimento"

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Amatucci, Fabrizio. Il principio di non discriminazione fiscale. Padova: CEDAM, 1998.

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Dio oltre il principio di non contraddizione. Brescia: Morcelliana, 2009.

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3

Mantello, Marco. Autonomia dei privati e principio di non discriminazione. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2008.

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Mantello, Marco. Autonomia dei privati e principio di non discriminazione. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2008.

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5

Berto, Francesco. Teorie dell'assurdo: I rivali del principio di non-contraddizione. Roma: Carocci, 2006.

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6

Moccia, Sergio. La promessa non mantenuta: Ruolo e prospettive del principio di determinatezza/ tassatività nel sistema penale italiano. Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 2001.

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Polacchini, Francesca. Doveri costituzionali e principio di solidarietà. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg285.

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Il volume offre una riflessione intorno al principio di solidarietà e allo statuto dei doveri costituzionali, evidenziandone il ruolo nell’ordinamento costituzionale. Lo studio muove dalla ricostruzione del significato del principio di solidarietà attraverso la lettura sistematica dei principi fondamentali. L’ampia prospettiva entro la quale si muove l’analisi consente di cogliere la connotazione solidaristica di molti principi della Carta repubblicana. Nell’ambito del lavoro si offre un affresco di alcune delle più recenti applicazioni del principio di solidarietà nell’ambito dei rapporti interprivati. Dall’esame della letteratura e della giurisprudenza che hanno compiuto uno sforzo di rilettura di alcuni istituti codicistici alla luce del principio solidarista emerge la straordinaria vitalità del testo costituzionale e delle sue disposizioni di principio. L’indagine non trascura di considerare anche il contesto dell’Unione europea, individuando in modo analitico tutte le sedi di emersione del principio di solidarietà, che viene considerato il paradigma di riferimento per i futuri sviluppi del processo d’integrazione sovranazionale. Si ricostruisce infine lo statuto costituzionale dei doveri costituzionali, tentando di chiarire la posizione di tali situazioni giuridiche soggettive all’interno del sistema giuridico.
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Tordini Cagli, Silvia. Principio di autodeterminazione e consenso dell'avente diritto. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg238.

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La tematica del consenso dell’avente diritto viene affrontata con particolare riferimento al fondamento, alla collocazione sistematica e ai limiti di efficacia di questo istituto, attraverso un percorso che coinvolge profili di diritto costituzionale, di filosofia morale e di criminologia, oltre, che, naturalmente, più prettamente penalistici. Il riconoscimento di una rilevanza alla volontà della vittima nell’ambito dell’ordinamento penale non è un dato di immediata evidenza, essendo il diritto penale ramo del diritto pubblico caratterizzato da un rapporto di subordinazione del singolo allo Stato; ciononostante il consenso ha sempre avuto un ruolo nella determinazione della responsabilità penale. Negli attuali ordinamenti democratici, soprattutto con l’entrata in vigore delle Costituzioni repubblicane, si riscontra una tendenza ad una sempre maggiore valorizzazione della libertà di autodeterminazione del soggetto in relazione alla gestione dei propri beni e/o diritti. Affrontare la questione del fondamento del consenso dell’avente diritto e della sua efficacia nell’ambito del diritto penale significa interrogarsi sul fondamento e sui limiti del diritto di autodeterminazione, essenza del consenso stesso. Poter individuare un fondamento costituzionale del diritto di autodeterminazione significa, oggi, garantire la massima estensione al consenso dell’avente diritto. È in questa ottica che si snoda il percorso di approfondimento seguito dall’autrice, al fine di ampliare l’alveo dei diritti disponibili, con un rifiuto netto del principio del c.d. paternalismo (forte) quale criterio di legittimazione dell’intervento penale e negazione, dunque, della legittimità di una tutela (penale) dell’individuo "da se stesso". Silvia Tordini Cagli è attualmente ricercatore di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna. È altresì titolare dell’insegnamento di Diritto penale generale e del lavoro nell’ambito del corso di laurea per Consulente del lavoro. Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Parma ed è stata titolare di assegno di ricerca in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Bologna. Tra le sue pubblicazioni si segnala: "Peculato e malversazione", voce in Digesto delle discipline penalistiche , vol. IX, Torino, 1995, 334 ss.; Condotta della vittima ed analisi del reato , in "Rivista italiana di diritto e procedura penale", 2000, 3, 1148 ss.; "La rilevanza penale dell’eutanasia tra indisponibilità della vita e principio di autodeterminazione", in Nuove esigenze di tutela nell’ambito dei reati contro la persona , a cura di S. Canestrari e G. Fornasari, Bologna, 2001; "Delitto preterintenzionale e principio di colpevolezza", in Casi e materiali di diritto penale , Parte generale, vol. I, a cura di A. Cadoppi, S. Canestrari, Milano, 2002; "Accanimento terapeutico o eutanasia neonatale?", in Medicina, bioetica e diritto , a cura di P. Funghi e F. Giunta, Pisa, 2005, 265 ss.; "Consenso dell’avente diritto", voce in Il Diritto , Enc. Giur. del Sole 24 ore, 2007, vol. III.
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Torre, Valeria. La «privatizzazione» delle fonti di diritto penale. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg266.

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Il declino della legislazione di fonte statuale e la progressiva espansione della tendenza alla cosiddetta autonormazione hanno determinato un fenomeno per effetto del quale la disciplina di ampi settori delle attività sociali non è più rimessa all’originaria competenza statale, ma è, invece, affidata a quelli che sono i suoi più diretti destinatari, sì da dar luogo ad una sostanziale autodisciplina dei loro rapporti. Tali procedure di autoregolamentazione urtano, sul terreno del diritto penale, con il principio-cardine di questo ramo dell’ordinamento giuridico, che è rappresentato dal principio di [ii]riserva di legge . L’Autrice ritiene che questo contrasto possa essere superato in forza delle garanzie di democraticità interna che quelle procedure di autonormazione e di co-legislazione assicurano; e che, d’altra parte, le statuizioni, che ne sono il prodotto, paiono garantire un grado di effettività ben maggiore di quello associabile a quelle promananti da una legislazione statuale (che si vuole) esposta ad un alto grado di ineffettività. La materia sulla quale viene vagliata la tenuta complessiva di questi assunti è la disciplina penale della sicurezza sul lavoro. Si intraprende, in tal senso, un’ampia e articolata indagine comparata, che ha ad oggetto i paesi di common law e in particolare i modelli offerti dall’esperienza inglese e statunitense. Questa documentata disamina vale a confortare l’assunto per cui il ricorso all’autodisciplina, in sede di normazione avente ad oggetto la sicurezza sul lavoro nelle imprese, lungi dal condurre a riedizioni occulte del liberismo, garantisce il rispetto di tutti gli interessi in gioco; ciò in specie se e nella misura in cui alla stessa autodisciplina si abbina un sistema di controlli pubblici efficienti.
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Mantovani, Marco. Contributo ad uno studio sul disvalore di azione nel sistema penale vigente. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg275.

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Il lavoro si incentra sul tema del rapporto fra disvalore di azione e disvalore di evento nella cornice della dimensione sostanziale e [i ]strutturale dell’illecito penale. Sotto il primo profilo, distaccandosi dall’opinione più sedimentata e dominante che, in nome dell’identificazione nel reato in un fatto lesivo di un bene giuridico, tende a estromettere qualsiasi rilevanza al disvalore della condotta e delle note soggettive che la contrassegnano, l’autore approfondisce, mettendone in luce limiti e incongruenze, quello che è il retroterra assiologico e normativo di questo orientamento, vale a dire il principio di offensività. Di quest’ultimo viene ricostruita la storia, tutta peculiarmente italiana, così da evidenziare le ragioni in forza delle quali in altre esperienze non si è avvertita l’esigenza di enuclearlo. Sempre in una prospettiva sostanziale, l’attenzione viene quindi focalizzata su campi di materia che sono in grado di mettere in discussione il primato del disvalore di evento, in senso sostanziale, rispetto al disvalore di azione. Sotto l’angolazione strutturale , vengono trattati gli aspetti concernenti tipologie di reato, o di sue manifestazioni, che, pur polarizzate su un evento o su un fatto naturalistico causalmente collegato alla condotta umana, hanno risentito del peso preminente attribuito dalla giurisprudenza al disvalore della condotta. Operato un raffronto ultimo con le istanze promananti dal principio di offensività, il lavoro si chiude con una breve postilla , nella quale l’autore suggerisce possibili alternative, de lege ferenda , atte a rimpiazzare le prestazioni che il principio di offensività non è in grado di adempiere.
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Capítulos de libros sobre el tema "Principio di non respingimento"

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Parisoli, Luca. "La non-universalità del principio di contraddizione: un’ipotesi su un approccio filosofico da Anselmo d’Aosta a Duns Scoto". En Anselmo d’Aosta e il pensiero monastico medievale, 463–96. Turnhout: Brepols Publishers, 2018. http://dx.doi.org/10.1484/m.nutrix-eb.5.112930.

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