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Catturi, Giuseppe. "Arte figurativa e arte contabile. Le tavolette della biccherna del comune di Siena (XIII–XVII secolo)". De Computis - Revista Española de Historia de la Contabilidad 10, n.º 19 (31 de diciembre de 2013): 175. http://dx.doi.org/10.26784/issn.1886-1881.v10i19.270.

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Resumen
Fra le arti figurative comprese in quelle cosiddette “belle”, cioè le forme di attività che, secondo l'opinione del Vasari, hanno esclusivamente un fine di bellezza, un valore estetico, come l'architettura, la danza, la poesia, la pittura, la scultura e la musica, in questo articolo focalizziamo l'attenzione sulla pittura e su di una sua particolare espressione e manifestazione, irripetibile ed originalissima.Le composizioni pittoriche che rappresentano eventi e situazioni di vita vissuta o configurazioni di ambienti costituiscono tutte una fonte conoscitiva di inestimabile valenza. Agli attenti osservatori esse costituiscono archivi storici e giacimenti culturali di particolare ampiezza ed intensità.D'altra parte è arte anche il complesso delle tecniche, degli strumenti e dei loro metodi d'uso concernenti una realizzazione, un'applicazione pratica nel campo dell'operare umano; cosicché è possibile scrivere di arte riferendosi ora ad un mestiere ora ad una professione. Si ha così l'arte medica, l'arte forense, etc., ma anche l'arte contabile, quella cioè esercitata da coloro che si mostrano capaci di memorizzare e di sistematizzare, seguendo un metodo preordinato e rigoroso, i fatti amministrativi, ridotti in termini quantitativi – monetari, che caratterizzano l'attività economico – finanziaria realizzata da una qualunque azienda, in modo da offrire al gestore informazioni determinanti per il buon governo dell'azienda medesima.L'obiettivo conoscitivo dell'arte contabile rimane costante nel tempo, ma gli strumenti ed il loro metodo d'uso, relativi a quell'arte, cambiano mano a mano aumenta il bagaglio delle conoscenze concernenti l'efficace utilizzo a fini gestionali dei risultati contabili rilevati periodicamente. Nel nostro studio intendiamo riferirci all'arte contabile esercitata nel Medioevo nell'ambito di famiglie di mercanti, banchieri, amministrazioni comunali, ospedali, opere pie e congregazioni religiose. In particolare, vogliamo trattare dell'ufficio della Biccherna del Comune di Siena preposto alla gestione delle pubbliche risorse finanziarie. Esso era composto da un “presidente” - il Camarlingo - e da quattro Provveditori in carica per sei mesi.I registri contabili sui quali il Camarlingo annotata giornalmente le varie operazioni finanziarie erano a fogli mobili e, pertanto, inizialmente venivano tenuti assieme da un foglio più grande sul quale veniva scritto il periodo di riferimento ed il nome del Camarlingo. Successivamente, per tenere uniti i numerosi fogli contabili si incominciò ad usare del materiale rigido, appunto delle tavolette di legno, la cui consistenza e rigidezzarendevano più agevole l'adozione e la consultazione dell'insieme dei fogli contabili relativi ai vari semestri.Le due tavolette, quella superiore e l'altra inferiore, erano legate da lacci di cuoio che costituivano la costola e sul davanti veniva posta una fibbia di chiusura, in modo da formare un vero e proprio “libro”. Fu proprio per sopperire all'anonimicità ed alla ripetitività di quei libri che, almeno a Siena, si affermò l'uso, a partire dal 1257, di far dipingere le tavolette di legno che tenevano legate e congiunte le pagine del libro contabile.Molti e di grande fama furono i pittori senesi che dipinsero le tavolette della Biccherna: Duccio di Boninsegna, Ambrogio Lorenzetti, Giovanni di Paolo, Sano di Pietro, Domenico Beccafumi e molti altri. I pittori per lo più disegnavano l'ambiente principale della Biccherna, quello in cui si svolgevano le transazioni finanziarie e, talvolta, gli operatori dell'ufficio: il Camarlingo, i Provveditori e qualche cittadino raffigurato mentre pagava le imposte. Sul tavolo da lavoro si disegnavano spesso gli strumenti per l'esercizio dell'arte contabile: libri, penna, calamaio, grattino, forbici, monete, borse etc.È così che scorrendo le numerose rappresentazioni pittoriche delle tavolette, raccolte per lo più nell'Archivio di Stato di Siena, altre fanno bella mostra di sé nei maggiori musei del mondo, possiamo leggere, in estrema sintesi, alcuni significativi aspetti dell'evoluzione culturale della comunità medievale senese. Da esse possiamo trarre informazioni immediate non solo dei cambiamenti nell'arte pittorica adottata dagli autori dei dipinti, ma anche sull'organizzazione dell'Ufficio finanziario del Comune, la Biccherna appunto, e l'importanzasempre maggiore che veniva attribuita agli strumenti indispensabili per esercitare l'arte contabile. Possiamo acquisire informazioni concernenti l'evoluzione del “metodo” adottato nell'annotare i dati finaqnziari relativi all'attività della Biccherna solo dalla lettura dei fogli compresi nei vari “libri”, ma tale obiettivo conoscitivo è complementare e collaterale rispetto a quello principale che ci siamo posti. Insomma, osservando in ordine cronologico le tavolette di Biccherna, si “legge il tempo” nella contemporaneità dei momenti di vita vissuta da Siena, dalla sua comunità e in particolare dal suo più importante Ufficio finanziario pubblico, la Biccherna.Lo studio intende evidenziate appunto la correlazione fra arte figurativa e arte contabile attraverso le tavolette dipinte dei libri contabili della Biccherna senese.
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Bidussa, David. "Scrivere e leggere Carlo Pisacane di Nello Rosselli". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 259 (noviembre de 2010): 263–83. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-259004.

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La biografia di Carlo Pisacane, scritta da Nello Rosselli e pubblicata nel 1932, non č solo un "classico", ma č un testo in cui l'uso politico del passato č fondamentale. Un dato che non significa falsificazione o "invenzione del passato". In quel testo Rosselli propone un nuovo modo di studiare il Risorgimento e un'interpretazione politica di una delle sue figure piů discusse, sia sul piano dell'azione che su quello della riflessione politica. Un'interpretazione che l'antifascismo italiano colse immediatamente alla pubblicazione del volume, e con cui si identificň anche dopo la caduta del fascismo.
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Onelli, Corinna. "Tradurre, leggere, scrivere il Satyricon di Petronio nel Seicento". Cuadernos de Filología Italiana 27 (7 de julio de 2020): 109–35. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.63246.

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L’articolo prende in esame un manoscritto seicentesco (Ang) recante la traduzione in italiano del Satyricon di Petronio, opera dell’Antichità celebre per i suoi contenuti osceni. La traduzione è anonima e si ipotizza di origine settentrionale (Venezia?). Ang non è autografo e probabilmente rappresenta una pubblicazione clandestina. Il confronto sistematico del testo di Ang con le edizioni del Satyricon (in latino), pubblicate fra Cinque e Seicento, ha mostrato come l’autore della traduzione fosse del tutto alieno da preoccupazioni di natura filologica. Quest’ultimo mostra tuttavia una buona padronanza dell’italiano letterario. Il copista che ha materialmente redatto Ang, più che verosimilmente su commissione, rivela invece di non padroneggiare pienamente la norma dello scritto. Inoltre, la punteggiatura, l’organizzazione del testo, così come il particolare uso del richiamo, suggeriscono che Ang possa essere stato espressamente realizzato per essere letto ad alta voce. Il testo della traduzione, così come trasmesso da Ang, contiene delle glosse esplicative atte a delucidare il testo petroniano e, soprattutto, l’italiano originariamente impiegato dal traduttore, chiosato in una varietà meno letteraria (talvolta addirittura ricorrendo al dialetto – di area perugina). Questa complessa stratificazione testuale prova l’effettiva circolazione della traduzione attraverso l’Italia così come il suo progressivo adattarsi ad un pubblico sempre meno esigente.
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Picerno, Angelo. "Il pagamento e la valenza simbolica del denaro nella pratica analitica". STUDI JUNGHIANI, n.º 50 (enero de 2020): 19–36. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2019oa8377.

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Cosa significa rispondere ad una regola analitica circa l'uso del denaro e la gestione del pagamento nella pratica clinica? E con quali criteri è opportuno stabilirla ed applicarla? Nel pieno riconoscimento dei validi, seppur pochi, contributi teorici di ordine tecnico, l'autore prende le mosse da due esperienze cliniche di lavoro, per delineare e mettere a punto la possibilità di un approccio che consideri più aspetti nella definizione di una "buona regola di pagamento", capace di favorire un dialogo tra prassi già validate e generalmente accettate ed un principio più squisitamente junghiano, che riconosce all'unicità dell'incontro con l'altro e alle risonanze interne dell'analista una valida cornice epistemologica entro cui inserire - leggere ed utilizzare in chiave simbolica - criteri, potenzialità e limiti di regole che nascono ed evolvono con il naturale dispiegarsi dei singoli percorsi d'analisi.
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Guerrera, Anna y Giuseppina Cavarretta. "Uno studio in rosso. Il lato ericksoniano di Sherlock Holmes". IPNOSI, n.º 1 (julio de 2021): 65–71. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2021-001005.

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"Uno studio in rosso" consente al lettore terapeuta di poter effettuare diverse operazioni di pratica ericksoniana, quali: l'analisi delle tecniche di osservazione, di deduzione e di ragionamento a ritroso, compresa la possibilità di leggere l'intero libro procedendo dall'ultimo capitolo fino al primo. Qualunque sarà la modalità, ciò in cui l'osservatore ericksoniano si imbatterà saranno i minimal cues, l'intelligenza d'azione, le correlazioni tra gli elementi apparentemente accidentali e le costanti del comportamento umano. Gli indizi ci sono tutti, non resta che inve-stigare!
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Subrizi, Carla. "Scrivere la storia dell’arte: metodologia e ricerca negli ultimi decenni". Boletín de Arte, n.º 38 (31 de octubre de 2017): 171–78. http://dx.doi.org/10.24310/bolarte.2017.v0i38.3362.

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All’inizio del nuovo secolo la questione della storia del’arte e dei metodi da utilizzare per la ricerca riapre molti interrogativi e determina la necessità di una revisione critica della storiografia del passato XX secolo. Molte iniziative dimostrano la necessità che molti storici dell’arte, nelle Università italiane ma anche internazionali avvertono in questi anni: i dipartimenti di storia dell’arte, nelle differenti denominazioni che hanno in Europa e in altri paesi del mondo, concentrano ricerche e iniziative sullo stato della storia dell’arte, su quanto sia necessario rivedere e interrogare le strategie della sua costruzione, nonché l’identificazione dei documenti e materiali d’archivio considerati le sue «fonti». Tali problemi coinvolgono gruppi di lavoro e ricerche differentemente orientati, all’interno dei quali è tuttavia possibile individuare premesse simili che da una parte affrontano la questione su un piano teorico e metodologico, dall’altro si concentrano su casi di studio, su particolari aspetti storici e filologici, per mettere in pratica, nuove ipotesi di studio e ricerca. Il saggio si sofferma su tali questioni e analizza alcuni passaggi fondamentali della bibliografia più recente.
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Loreto, Paola. "«Inglesizzare» Dante: tre traduzioni recenti dell'Inferno da parte dei poeti americani". ACME 74, n.º 2 (14 de septiembre de 2022): 181–95. http://dx.doi.org/10.54103/2282-0035/18667.

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Il saggio mette a confronto tre fra le traduzioni più importanti della Commedia curate da poeti americani negli anni 2000, prendendo in analisi le loro strategie e tecniche traduttive e i conseguenti risultati estetici. La base del confronto sono le intenzioni traduttive dichiarate dai poeti-traduttori, il modo in cui hanno cercato di porle in pratica, e l’interpretazione dei loro risultati alla luce della teoria dei translation studies recente. Le idee di Lawrence Venuti sulle «versioni dei poeti» e su come leggere una traduzione, specialmente in un contesto di world literature, sono risultate particolarmente utili nel caso dei tentativi di questi poeti-traduttori di riscrivere un testo poetico autonomo, e di trasportare la complessità della poesia di Dante, potentemente padroneggiata, attraverso due tradizioni letterarie diverse.
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Silva, António O. José Marques da. "Dalla scomparsa ceramica romana alle identità frammentarie dei tempi postmoderni: sull’uso del concetto di identità nell’archeologia romana". Romanitas - Revista de Estudos Grecolatinos, n.º 8 (8 de marzo de 2017): 160. http://dx.doi.org/10.17648/rom.v0i8.16644.

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Negli ultimi due decenni gli studi dell’archeologia romana hanno conosciuto un più rilevante slittamento concettuale. Durante questo periodo abbiamo assistito ad un graduale declino dell’uso del vecchio concetto di romanizzazione in seguito al rifiuto delle premesse epistemologiche che comportava. Allo stesso tempo, abbiamo constatato un uso via via più frequente del concetto di identità e la sostituzione del concetto di romanizzazione da parte di una forma di estensione di identità culturale romana, concepita come un’analogia con il processo di globalizzazione che definisce il mondo post-moderno nel quale viviamo. Attualmente sembra difficile scrivere sulla società romana senza utilizzare la parola identità. Possiamo leggere, spesso entro un medesimo testo, un autore che parla di identità romana, identità imperiale, identità indigena, identità etnica, identità locale, identità culturale, identità spirituale o auto-identità, e la relazione fra queste identità frammentate con la cultura materiale di epoca romana. In quanto tale, l’applicazione polisemica di questo concetto nell’archeologia romana deve essere intesa alla luce del suo uso transdisciplinare tra scienze sociali e, allo stesso tempo, come nozione nel linguaggio comune della vita quotidiana. In questa comunicazione mi prefiggo di affrontare la questione di come la concezione post‑moderna del concetto di identità si ripercuota sulle modalità con cui noi ci accostiamo alla cultura materiale nell’archeologia romana; mi propongo di discutere se il concetto possa realmente aiutarci a comprendere come le persone classificassero se stesse in epoca romana.
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Silva, António O. José Marques da. "Dalla scomparsa ceramica romana alle identità frammentarie dei tempi postmoderni: sull’uso del concetto di identità nell’archeologia romana". Romanitas - Revista de Estudos Grecolatinos, n.º 8 (8 de marzo de 2017): 160. http://dx.doi.org/10.17648/romanitas-n8-16644.

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Negli ultimi due decenni gli studi dell’archeologia romana hanno conosciuto un più rilevante slittamento concettuale. Durante questo periodo abbiamo assistito ad un graduale declino dell’uso del vecchio concetto di romanizzazione in seguito al rifiuto delle premesse epistemologiche che comportava. Allo stesso tempo, abbiamo constatato un uso via via più frequente del concetto di identità e la sostituzione del concetto di romanizzazione da parte di una forma di estensione di identità culturale romana, concepita come un’analogia con il processo di globalizzazione che definisce il mondo post-moderno nel quale viviamo. Attualmente sembra difficile scrivere sulla società romana senza utilizzare la parola identità. Possiamo leggere, spesso entro un medesimo testo, un autore che parla di identità romana, identità imperiale, identità indigena, identità etnica, identità locale, identità culturale, identità spirituale o auto-identità, e la relazione fra queste identità frammentate con la cultura materiale di epoca romana. In quanto tale, l’applicazione polisemica di questo concetto nell’archeologia romana deve essere intesa alla luce del suo uso transdisciplinare tra scienze sociali e, allo stesso tempo, come nozione nel linguaggio comune della vita quotidiana. In questa comunicazione mi prefiggo di affrontare la questione di come la concezione post‑moderna del concetto di identità si ripercuota sulle modalità con cui noi ci accostiamo alla cultura materiale nell’archeologia romana; mi propongo di discutere se il concetto possa realmente aiutarci a comprendere come le persone classificassero se stesse in epoca romana.
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Davide, Miriam. "Il peso delle obbligazioni nella documentazione notarile del centro-nord d’Italia". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 661–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16904.

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Il saggio prende in esame le diverse tipologie di contratti di obbligazioni presenti nella documentazione del Centro-Nord d’Italia nel quadro della normativa giuridica prodotta a partire dai formulari di Ranieri di Perugia, Salatiele e Zaccaria Martino, dove tali atti seguono a quelli tradizionali quali le vendite, le donazioni inter vivos o i testamenti. Gli atti di credito si presentano in modo simile dal momento che gli stessi criteri sono presenti ovunque con una sorta di canovaccio comune. Nella maggior parte delle città italiane i notai sono soliti scrivere i contratti di credito su vacchette, che contengono le informazioni principali relative al negozio direttamente davanti agli interessati trascrivendo poi in un secondo momento i medesimi atti in registri nei quali è proposta la versione estesa dei documenti. La scrittura della minuta contiene generalmente in modo sintetico tutte le clausole di garanzia; la successiva registrazione nel protocollo notarile è autentificata dal notaio e garantita dall’autorità pubblica. La pratica dell’uso dei quaderni di minuta è contemporanea all’aumento degli atti di credito e alla loro organizzazione nei formulari notarili. Saranno oggetto di approfondimento tra gli altri il mutuo semplice, il deposito, le vendite a credito, la soccida e le numerose tipologie di prestito dissimulato.
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Dall'Olmo, Christian, Roberto Gallo y Nereo Zamperetti. "Il Comitato di Etica per la Pratica Clinica dell’Aulss 8 Berica di Vicenza e la Legge 219/2017: storia di un impegno informativo e formativo. La nascita dello spazio di Consulenza Etica per le DAT". Medicina e Morale 70, n.º 2 (26 de julio de 2021): 167–82. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2021.935.

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Il Comitato Etico per la Pratica Clinica (CEPC) dell’Aulss N. 8 Berica di Vicenza si fatto promotore nei due anni che hanno seguito la pubblicazione della Legge 219/2017, di una intensa attivit di formazione e informazione sulle importanti novit da essa introdotte. In particolare stato redatto un testo, pubblicato sul sito aziendale, avente l’obiettivo da un lato di spiegare ai non addetti ai lavori il senso e lo scopo della legge, dall’altro di fornire una indicazione semplice e concreta del percorso da fare per redigere una Disposizione Anticipata di Trattamento (DAT) e cos registrarla in via ufficiale. Molte altre attivit formative, rivolte in alcuni casi ai professionisti sanitari, in altri alla cittadinanza in generale, sono seguite alla pubblicazione del documento. Una iniziativa particolarmente innovativa stata la creazione di uno spazio di Consulenza Etica per le DAT, uno sportello di ascolto dove un componente del CEPC, un professionista sanitario in possesso di una laurea in filosofia e di un master in consulenza etica, per una mattina al mese si rende disponibile a fornire informazioni sulle DAT, ad aiutare nella redazione di una nuova DAT oppure a leggere e analizzare una DAT gi predisposta. Un piccolo gruppo di lavoro del CEPC, allo scopo di rispondere alla richiesta di un gran numero di utenti di uno strumento che potesse aiutarli a redigere una DAT, ha elaborato e sottoposto all’approvazione del Comitato un documento intitolato “Guida per preparare e personalizzare una Disposizione Anticipata di Trattamento”, pubblicato anch’esso sul sito aziendale.
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Bignamini, Bignamini. "Il consenso di chi non può consentire in sperimentazione clinica: etica e GCP a confronto". Medicina e Morale 48, n.º 6 (31 de diciembre de 1999): 1087–105. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.790.

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In sperimentazione, il consenso di chi non può consentire costituisce l’incrocio di quattro condizioni alternativamente su base reale o formale: a) posizione etica o legalmente corretta; b) informazione e consenso, o documentazione del consenso; c) impossibilità fisica o tecnica; d) atti che non implicano o implicano utilità diretta per il paziente. Le incapacità previste dalla GCP sono: 1. non sa (o non può) leggere e scrivere; 2. minore o legalmente incapace ma con capacità reale; 3. minore o legalmente incapace senza capacità reale, o incosciente, con rappresentate legalmente accettabile; 4. minore o legalmente incapace senza capacità reale, o incosciente, senza rappresentante legalmente accettabile. Per queste condizioni la GCP prevede procedure precise che però possono porsi in contrasto con l’accettabilità etica e produrre conflitti con i comitati di etica, anche perché la GCP considera equivalenti il soggetto e il suo rappresentante, posizione accettabile in studi terapeutici ma non accettabile per studi non terapeutici. Quando l’incapacità al consenso è formale non c’è sostanzialmente contrasto fra GCP ed etica, purché l’informazione sia data in maniera completa e vi sia la possibilità reale di consentire liberamente. Su questi aspetti si concentrerà il comitato di etica. Quando l’impossibilità a consentire è reale, il comitato di etica ed il medico sperimentatore, vincolati ad operare sotto le condizioni specifiche degli interventi medici straordinari in emergenza, aventi come condizione irrinunciabile il presumibile beneficio per il soggetto stesso, potrebbero respingere su base vincolante etica e deontologica, anche protocolli formalmente conformi alla GCP.
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Fuente de Pablo, Pablo de la. "“Non essendo io italiano, e dovendo scrivere in questa lingua”: La génesis de la "Pratica manvale di arteglieria" de Luis Collado (1586)". Itinerarios. Revista de estudios lingüísticos, literarios, históricos y antropológicos, n.º 34 (22 de diciembre de 2021): 115–37. http://dx.doi.org/10.7311/itinerarios.34.2021.04.

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Luis Collado es el principal tratadista sobre artillería del siglo xvi. El estudio de su obra como escritor militar es sumamente complejo y ha sido muy superficialmente analizada excepto alguna honrosa excepción que se cita en este trabajo. En este artículo se pretende explicar una cuestión hasta ahora no resuelta: ¿por qué, siendo español, decidió que la primera versión de su obra se editase en italiano en Venecia en 1586? Esta circunstancia se hace más compleja al considerar que seis años más tarde sí que aparecería una versión española ampliada, publicada en Milán, ciudad en la que servía como ingeniero. En el trabajo se demostrará, más allá de cualquier duda razonable que, si bien Collado es el autor de la Pratica manvale di arteglieria, no fue quien redactó el texto en italiano, haciendo una interpretación a vista de un manuscrito en español, hoy perdido, que fue transcrita por un amanuense nativo. Dicha decisión tan tortuosa –escribir primeramente un texto en español y trasladarlo al italiano– respondió al interés profesional de promocionar su carrera militar, desarrollada principalmente en Italia, así como obtener un beneficio económico que le permitiera capitalizar los costes de la edición española.
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Casino, Francesco G. "Principi di cinetica dei soluti in corso di aferesi terapeutica". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 4_suppl (23 de julio de 2013): S9—S12. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1081.

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L'Aferesi Terapeutica (AT) è una tecnica di depurazione extracorporea che, separando il plasma dalle cellule ema-tiche, può rimuovere soluti patogeni di elevato peso molecolare (PM), come auto-anticorpi, immunocomplessi, catene leggere e così via. La cinetica dei soluti in corso di AT è basata sugli stessi principi di farmaco-cinetica utilizzati per i pazienti in emodialisi (HD), ma i soluti coinvolti nell'AT hanno un PM molto più elevato. Dal momento che quasi tutti i soluti a elevato PM hanno una distribuzione essenzialmente intravascolare e/o sono rimossi quasi esclusivamente dal volume plasmatico (VP), per prescrivere la “dose di Aferesi” si potrebbe correntemente usare il Kt/V derivato dal modello single-pool: la prescrizione di una rimozione di un volume pari a 1.2–1.4 volte il VP del paziente in pratica corrisponde a un Kt/V di 1.2–1.4 per un soluto il cui volume di distribuzione coincide con il VP. Tuttavia, in generale, per descrivere la cinetica dei soluti anche tra le sedute di aferesi è necessario un modello multicompartimentale. Recentemente, Hanafusa ha usato un modello bicompartimentale per eseguire una serie di simulazioni, al fine di analizzare l'impatto dei vari parametri sulla cinetica dei soluti nell'AT. In breve, i principali risultati di tali simulazioni sono stati i seguenti: a) il PM del soluto di interesse può aiutare a scegliere la tecnica aferetica più appropriata; b) un volume di distribuzione più piccolo permette una rimozione più efficiente; c) sia la velocità di diffusione intercompartimentale che l'emivita (che è inversamente correlata alla velocità di produzione) impattano sulla frequenza del trattamento; d) sia la severità della malattia che la presenza di sanguinamento e/o di infezione possono impattare non solo sulla dose, ma anche sulla scelta della modalità di AT e dei fluidi di sostituzione.
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Brichese, Annalisa y Andrea Facchin. "Imparare a leggere e scrivere le parole-obiettivo in arabo. Una proposta d’impiego di Quizlet.com nella didattica". H2D. Revista de Humanidades Digitais 1, n.º 1 (27 de mayo de 2019). http://dx.doi.org/10.21814/h2d.234.

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Il contributo si inserisce nel campo delle glottotecnologie applicate all’apprendimento della lingua araba standard. Nello specifico la sperimentazione condotta si sviluppa a partire dalla teoria della direzionalità e della bimodalità fondata sull’emisfericità cerebrale che in glottodidattica ha condotto a una serie di accorgimenti metodologici come l’utilizzo di strategie induttive. Il contributo si focalizza sull’insegnamento della letto-scrittura dell’arabo come LS: partendo dalla presentazione dell’intera parola si passa alla scomposizione in unità fono-grafemiche che, una volta analizzate, sono ricombinate per la formazione di nuove parole. Il contributo propone un progetto didattico che, tramite l’utilizzo di glottotecnologie (running vocabulary list su classe virtuale Quizlet.com), stimola lo sviluppo delle abilità di ricezione e produzione scritte attraverso attività di lettura globale, lettura analitica e successivamente videoscrittura sin dalle primissime fasi dell’apprendimento linguistico. Nel contributo si presta particolare attenzione ai risvolti glottotecnologici del progetto didattico, attraverso l’uso Quizlet.com, sito che offre strumenti tecnologici al servizio delle lingue e permette di costruire flashcards accessibili su diversi dispositivi elettronici (computer, smartphone e tablet) e di facilitare la memorizzazione del lessico attraverso esercizi di manipolazione e la trascrizione di parole o brevi stringhe o attività ludiche.
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Campos, Carlos Palmeira y Myrian Abecassis Faber. "Il ruolo dell’insegnante nella diagnosi precoce dei bambini dislessici". Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 15 de julio de 2022, 05–18. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/formazione-it/bambini-dislessici.

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La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento che ha origine nei sistemi cerebrali responsabili dell’elaborazione fonologica, interessando il dominio del linguaggio, la capacità di simbolizzare, leggere e scrivere. Ad oggi, gli studi indicano la dislessia come un disturbo cronico, tuttavia, una volta diagnosticata precocemente, possono essere effettuati interventi multidisciplinari in grado di fornire un migliore sviluppo cognitivo e intellettuale e, di conseguenza, migliorare la qualità della vita dell’individuo. Sulla base di questo presupposto, la domanda guida di questo studio è: qual è il ruolo dell’insegnante nella diagnosi precoce della dislessia? Pertanto, l’obiettivo era affrontare questa carenza e presentare come l’insegnante può contribuire al riconoscimento e alla diagnosi precoce dei bambini dislessici. Per questo è stata condotta una ricerca bibliografica nelle banche dati del Biblioteca Virtuale della Salute (BVS) e SCIELO e in riviste di educazione scientifica, articoli scientifici, libri, tra gli altri, da cui è stato possibile concludere che, per superare la dislessia negli studenti, azioni che promuovere la diagnosi precoce e fornire il supporto di professionisti qualificati. Per questo, i professionisti dell’istruzione devono avere una formazione adeguata, nonché abilità e abilità. Spetta inoltre al governo sviluppare politiche che incoraggino e contribuiscano alla diagnosi precoce della dislessia e alla formazione continua degli insegnanti.
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