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Criveller, Claudia. "Andrej Sinjavskij, il ‘nobile brigante’". Mnemosyne, n.º 5 (15 de octubre de 2018): 11. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i5.14243.

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Nella seconda parte del XX secolo in Unione Sovietica accanto alla letteratura ufficiale del canone realista socialista si diffuse ampiamente la letteratura clandestina del samizdat, nel cui contesto la letteratura autobiografica e memorialistica occupa un posto centrale. Un primo filone tenta di ristabilire la verità dei fatti storici, un secondo utilizza invece gli strumenti della letterarietà, fondendo elemento reale e invenzione, al fine di cercare una verità individuale e al tempo stesso universale più elevata. Il presente lavoro indaga il caso di Andrej D. Sinjavskij (1925-1997), vittima della repressione sovietica. Nelle sue opere autobiografiche Buona notte ! e Una voce dal coro egli utilizza diversi procedimenti autofinzionali (creazione di un personaggio alter-ego come il santo folle della tradizione, l’archetipo letterario dell’uomo superfluo, il personaggio delle fiabe russe del sempliciotto, nonché l’uso del paratesto e di elementi strutturali diversi). Il saggio indaga l’uso dello pseudonimo di Abram Terz, personaggio tratto dal folclore ebraico di Odessa.
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Valerio, Camillo y Anna Guerrera. "Pozzoromolo e la scrittura ipnotica. Intervista a Luigi Romolo Carrino". IPNOSI, n.º 2 (febrero de 2011): 65–73. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2010-002008.

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Un viaggio doloroso nella psiche umana, raccontato con uno stile che abilmente mescola la poesia metaforica e la descrizione esplicita di una realtŕ angosciosa. Una sorta di ossimoro letterario (ossimoro che ritroviamo incarnato anche nel personaggio principale del libro) tramite il quale Luigi Romolo Carrino tratta i temi delle malattia mentale, dell'ambiguitŕ sessuale e del vissuto all'interno di un Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Un'intervista all'autore, che mette in luce gli aspetti piů psicologici ed ipnotici che danno corpo al romanzo e lo rendono cosě interessante per noi addetti ai lavori.
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Golinelli, Paola. "The Kid di Charlie Chaplin: storia di un capolavoro. Dal trauma alla creatività". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2022): 126–33. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-002007.

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Sfogliando l'autobiografia di Chaplin e il lungo e sofferto racconto dei traumi che hanno costellato la sua infanzia, l'autrice cerca nelle esperienze miserevoli vissute nell'ambiente del vaudeville, le radici del suo bisogno di fantasticare e creare nuove rappresentazioni che gli permettano di elaborare i lutti patiti. Il suo appare, data l'ampiezza del-la sua produzione artistica, un "ostinato" bisogno di sopravvivere psichicamente. I genitori lavoravano insieme in teatro ed egli aveva frequentato il palcoscenico fin da bambino insieme al fratello; per lui il mondo della rappresentazione era indissolubilmente legato all'esperienza vivificante della coppia genitoriale unita nella comune passione, che la madre terrà viva con i suoi racconti fantastici, e che rimarrà impressa nella memoria del bambino Chaplin, anche dopo la perdita del padre per alcolismo e abbandono e della madre per i suoi ricoveri ospedalieri. Da questo nucleo di memorie vitali nascerà l'indimenticabile personaggio di Charlot, che assume in sé e sintetizza la miseria delle origini e la straordinaria energia per continuare a narra-re e così ricostruire la famiglia perduta e ritrovata, in particolare, per ricomporre la coppia padre e figlio, alla quale è dedicato in buona par-te "Il monello". Il suo amore per Dickens, in particolare per Oliver Twist, gli offrono il background letterario per costruire il suo personaggio più famoso ed amato, Charlot appunto.
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Aguiar, Leonardo Ferreira y Maria Cecilia Casini. "Dove avrebbe messo Dante Ser Ciappelletto?" Revista de Italianística, n.º 43 (31 de diciembre de 2021): 65–79. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.i43p65-79.

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Il presente testo propone un po' audacemente una lettura di una possibile assoluzione, in termini danteschi, di un famoso personaggio 'cattivo' del Decameron, opera di Giovanni Boccaccio, ovvero, Ser Ciappelletto da Prato, protagonista della prima Novella della Prima Giornata. A partire dai propri testi e dalla struttura morale conferita da Dante Alighieri al suo universo oltremondano descritto nella Divina Commedia, abbiamo usato l'immaginazione per attribuire un luogo possibile al malvagio Ciappelletto. Secondo la nostra interpretazione, esisterebbero per questo due possibilità: la Giudecca, il luogo più buio dell'Inferno; o l'antipurgatorio, luogo di espiazione dei peccati da parte di chi attende ancora una possibilità di salvezza, insieme a Belacqua nel Canto IV della cantica del Purgatorio. Nonostante si tratti di una speculazione, il testo è stato sviluppato alla luce delle ultime teorie critiche sui due grandi autori italiani, in modo da porsi come un contributo al dibattito letterario in corso per il settecentenario delle commemorazioni dantesche del 2021.
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Sabbatino, Pasquale. "I "Peli" della Gatta Cenerentola di De Simone e del Cunto de li cunti di Basile. Una parodia dell'illustre don Benedetto Croce". Quaderni d'italianistica 29, n.º 2 (1 de junio de 2008): 73–92. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v29i2.8457.

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Nel corso del presente intervento si pone l'attenzione sul profondo e prolifico legame letterario che intercorre tra il drammaturgo novecentesco Roberto De Simone e lo scrittore seicentesco Giovanbattista Basile. In questo senso si evidenziano tre tappe salienti. De Simone debuttò nel 1976 al Festival dei due Mondi di Spoleto con un'opera intitolata La gatta cenerentola chiaramente inspirata alla favola di Basile, nel 1989 pubblicò la traduzione dall'antico napoletano in dialetto moderno della raccolta Il Pentamerone ovvero Lo cunto de li cunti trattenimento de piccerille (Napoli, ed. Il Mattino), mentre del 2002 è la doppia riscrittura, in dialetto e in italiano, del Cunto de li cunti di Basile (Torino, Einaudi). L'analisi, in particolar modo, di quest'ultima opera permette, inoltre, di sottolineare il forte intento parodico di De Simone nei confronti di Benedetto Croce. Nell'anno del cinquantesimo anniversario della morte del filosofo abruzzese, De Simone decide di inserire nella propria riscrittura del Cunto di Basile il personaggio Croce, condannandolo irriverentemente a "un peteggiare involontario, ereditato dall'aerofagia patita prima di morire".
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Coen, Carlo. "“Chist’ è ‘o paese d’ ‘o sole”. La rappresentazione di Napoli in Rossellini e Martone". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 2 (26 de febrero de 2018): 566–81. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757192.

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La rappresentazione di Napoli nel cinema ha utilizzato spesso numerosi luoghi comuni. Tuttavia, piuttosto che facile stereotipo, è talvolta divenuta un complesso sistema di simboli, di carattere storico e filosofico. È il caso del rosselliniano Viaggio in Italia (1953), nel quale vengono contrapposte la civiltà della “toga” e quella del “vestito cucito”. Napoli diviene un personaggio che interagisce con Alex e Katherine Joyce, venuti dal Nord a confrontarsi con le profondità della civiltà mediterranea. Napoli è anche il luogo delle scene finali de Il giovane favoloso di Mario Martone, nelle quali Leopardi si confronta con la città e ciò che essa simboleggia. Napoli occupa una posizione centrale, come luogo al contempo reale e letterario-narrativo, in tutte le opere di Martone e ha contribuito ad ampliare le prospettive del regista proprio per la sua natura di città-simbolo. L’aspetto sonoro gioca un ruolo decisivo: vengono esaminati i testi di alcune canzoni della tradizione e l’uso il dialetto napoletano per ribadire ciò che Napoli ha significato per gli autori presi in considerazione. L’analisi di alcuni passaggi dei testi de L’amore molesto esplora in profondità la “napoletanità” dei due autori, intesa come rapporto con i luoghi della città.
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Moslemani, Fadil. "“Come un pesce entro due acque”. Alcune annotazioni sull’intima duplicità del fanciullo penniano". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 1 (1 de febrero de 2018): 181–92. http://dx.doi.org/10.1177/0014585817746642.

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La poesia di Sandro Penna costituisce un caso letterario sui generis nel Novecento poetico italiano. Fedele a un monotematismo incentrato sulla figura del personaggio-mito del fanciullino, il poeta perugino, a partire dalla sua prima raccolta ( Poesie, 1939), perviene efficacemente a “riesumare”, rielaborandola attraverso la propria soggettività di uomo-poeta, l’immagine multiforme del fanciullo di pascoliana memoria. Prendendo in esame la vasta produzione lirica di Penna, il saggio che qui proponiamo intende porre in evidenza alcuni dei punti salienti della poetica penniana del fanciullo in rapporto all’“archetipo” elaborato da Giovanni Pascoli e, più in generale, rispetto alla tradizione critica e poetica del Novecento. Dai contorni talvolta arcani, la figura del fanciullo, in Penna, si contraddistingue sovente per la sua duplicità, in quanto opera sia da vero e proprio oggetto dei desideri del poeta, sia da intima “presenza interiore” (di pascoliana memoria) volta a conferire allo scrittore un’aura di apparente ingenuità e bambinesca innocenza. Nella convinzione che la duplice natura del fanciullino costituisce uno dei maggiori elementi di interesse riscontrabili nella lirica considerata, il presente contributo, attraverso un tentativo di analisi di tale doppiezza, si prefigge pertanto di scrutare la “poetica del fanciullo” allo scopo di meglio contestualizzarla all’interno dell’intero corpus poetico penniano.
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Di Pasquale, Fabrizio. "Approcci interdisciplinari: letteratura e cartografia. Tra immagini e parole". e-Scripta Romanica 4 (27 de diciembre de 2017): 43–53. http://dx.doi.org/10.18778/2392-0718.04.04.

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Nell’ultimo ventennio, un numero importante di lavori sono stati consacrati allo studio della rappresentazione dello spazio nei testi letterari. Tale interesse sembra inscriversi sia nell’evoluzione dei generi, caratterizzati da una spazializzazione crescente delle forme narrative, sia nello sviluppo di pratiche artistiche legate alla creazione di carte letterarie. In seguito all’affermarsi dello spatial turn negli studi letterari e culturali, parte della critica ha focalizzato la sua attenzione sulla relazione che intercorre tra spazio immaginario, spazio referenziale e pratica cartografica. Quest’ultimo aspetto costituisce uno dei temi più interessanti della metodologia geocritica. Il presente articolo mira a studiare questa “convergenza” tra la letteratura e la cartografia, con l’intento di esaminare la testualità delle carte letterarie e, in particolare, la loro dimensione retorica. Le carte letterarie sono in grado di rappresentare i luoghi in cui si svolge l’azione di un romanzo, o di più romanzi, permettendo allo scrittore di costruire un mondo immaginario che i lettori esplorano assieme ai personaggi.
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Jarosz, Anna. "(In)traducibilità di testi letterari. I nomi dei personaggi nel dramma "Obywatel męczennik" di Tomasz Kaczmarek nella traduzione italiana". Translatorica & Translata 2 (30 de diciembre de 2021): 9–28. http://dx.doi.org/10.18778/2544-9796.02.01.

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Gli aspetti principali che riguardano la traduzione e che infatti sono i concetti chiave nella discussione sull’attivita di tradurre come l’equivalenza e l’intraducibilita vengono presentati nell’articolo, che cerca di spiegare e chiarire gli studi sulla traduzione e il loro sviluppo riguardando particolarmente la traduzione letteraria. Tradurre i testi letterari significa approfondire, comprendere ed esplorare il mondo unico ed eccezionale dell’autore, cioe entrare in questo mondo e poi creare un duplicato in un’altra lingua che potrebbe evocare simili reazioni, emozioni e riflessioni.
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Finozzi, Anna. "Riscrivere la storia coloniale tramite l’uso dell’oralità: Il caso di Adua (2015)". Memoria y Narración. Revista de estudios sobre el pasado conflictivo de sociedades y culturas contemporáneas, n.º 2 (5 de marzo de 2021): 131–45. http://dx.doi.org/10.5617/myn.8669.

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L’articolo si propone di analizzare l’uso dell’oralità nel romanzo Adua (2015) di Igiaba Scego. Tradizionalmente, il testo letterario postcoloniale è stato considerato come una ‘traduzione’ da una lingua orale Africana ad una scritta Europea. Lo scopo dell’articolo è spostare l’attenzione dall’oralità come segno di alterità all’oralità come modalità di trasmissione; questo slittamento critico è necessario per una rivalutazione della letteratura postcoloniale italiana, di cui spesso si considera più la portata documentaristica di quella letteraria. Attraverso i Memory Studies, e in particolare concetti quali la postmemory di Marianne Hirsch, la countermemory di Yael Zerubavel e la travelling memory di Astrid Erll, l’analisi mostra come Adua sia modellata dalla comunicazione orale della memoria attraverso i dialoghi dei personaggi e da altre immagini connesse all’atto di ascoltare e tramandare. Infine, la dicotomia oralità-africanità viene respinta in favore di quella oralità-trasmissione.
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Brysiak, Anna Małgorzata. "“La luna è piena e il lago riposa tranquillo. O quasi.” Percorsi nella prosa notturna di Fleur Jaeggy". Quaderni d'italianistica 43, n.º 1 (26 de enero de 2023): 169–83. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v43i1.40185.

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L’articolo intende mostrare la pervasività della figura della notte nell’opera narrativa di Fleur Jaeggy e segnalare dei percorsi nella sua prosa, partendo dal fascino dell’autrice per la notte, momento elettivo della sua creazione oltre che sfondo costante delle sue opere letterarie. Della rappresentazione della notte in Jaeggy viene posta in primo piano la dimensione perturbante, enigmatica e spiazzante, propria dei personaggi così come della poetica dell’autrice. Ancora, il saggio si propone di mostrare la ricca, originale e multiforme centralità dell’esperienza e dell’immaginario della notte nella prosa di Jaeggy e nel suo mondo letterario, individuando passaggi in cui la notte si manifesta ora quale luogo dell’anima, ora spazio di incontro con fantasmi e doppi, ora punto di congiunzione fra dimensione spirituale e spettrale. Si indagano infine gli scenari tenebrosi in cui i protagonisti di Jaeggy trovano una forma di apparente distacco o, addirittura, di preparazione alla morte.
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Park, Moonjung. "Interferenze della filosofia buddista in "Per Isabel". "Un mandala" di Tabucchi". Annales Universitatis Paedagogicae Cracoviensis. Studia de Cultura 1, n.º 9 (2017): 262–68. http://dx.doi.org/10.24917/20837275.9.1.23.

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Abstrakt In Per Isabel. Un Mandala Tabucchi ha completato la trilogia del tema dell’inquietudine, del rimorso e della riflessione dei moderni insieme a Requiem e Notturno Indiano, interiorizzando i contenuti orientali in maniera più capillare e proponendo singolari combinazioni con la filosofia occidentale, nonché inedite soluzioni esistenziali e letterarie. In Per Isabel. un Mandala la riflessione di Tabucchi si concentra sui personaggi che si confrontano con il dolore interiore cercando la verità attraverso la quale si può essere ‘guariti’ da tale sofferenza ontologica. Ma dal momento che un tale percorso avviene all’interno di uno spazio letterario, appare indispensabile, secondo Tabucchi, che i lettori, per attingere alla verità nascosta – ossia per affrontare il vero Sé – intraprendano, all’interno del testo narrativo, un vero e proprio viaggio, la cui meta sarà il conseguimento del Nirvana. Ecco dunque che in quest’ottica anche le opere di Tabucchi possono essere lette come un Mandala, ovvero una sorta di mappa concettuale e letteraria offerta ai lettori come guida all’illuminazione. Echa filozofii buddyjskiej w "Per Isabel". "Un Mandala" Antonia Tabucchiego Dziełem Per Isabel. Un Mandala kończy Tabucchi trylogię poświęconą tematyce niepokoju, wyparcia i refleksji nad nowoczesnością, której dwie poprzednie części to Requiem i Notturno indiano. Treści orientalne ujęte są w nim w sposób bardziej aluzyjny i subtelny, w oryginalnym stylu przedstawiony jest też ich związek z filozofią zachodnią, całość zaś prezentuje niespotykane dotychczas rozwiązania literackie i wątki egzystencjalne. W Per Isabel. Un Mandala Tabucchi koncentruje się na bohaterach, którzy konfrontują się z wewnętrznym bólem poszukując prawdy, będącej w stanie wyleczyć ich z egzystencjalnego cierpienia. Z uwagi jednak na fakt, iż poszukiwanie to ma miejsce w przestrzeni literackiej niezbędnym okazuje się, by czytelnicy, chcący dostąpić ukrytej prawdy, również odbyli narracyjną podróż, której celem jest osiągnięcie Nirwany. W tej właśnie perspektywie dzieła Tabucchiego można odczytywać jako mandalę, swego rodzaju literacką mapę oferowaną czytelnikowi jako przewodnik ku oświeceniu.
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Dimundo, Rosalba. "Properzio 4, 7: personaggi, intersezioni letterarie, moduli stilistici". Rivista di Filologia e di Istruzione Classica 140, n.º 2 (julio de 2012): 331–59. http://dx.doi.org/10.1484/j.rfic.5.123159.

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Barbieri, Gian Luca. "Intrecciare storie, costruire menti. Le dinamiche psichiche dei personaggi nel laboratorio letterario". COSTRUZIONI PSICOANALITICHE, n.º 26 (octubre de 2013): 147–68. http://dx.doi.org/10.3280/cost2013-026009.

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Santapaola, Daniele. "L’Epistola 26.01 di Francesco Filelfo. I classici come strumento di contesa". Cuadernos de Filología Clásica. Estudios Latinos 41, n.º 2 (2 de diciembre de 2021): 303–15. http://dx.doi.org/10.5209/cfcl.79140.

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L’epistola oggetto di studio di questo lavoro rappresenta la missiva più ampia di tutto l’epistolario latino del Filelfo –un noto ed ambiguo personaggio del Rinascimento italiano– che in modo acuto, sarcastico, e a tratti persino violento qui si scaglia contro Lodrisio Crivelli utilizzando la propria erudizione come strumento d’invettiva. La disputa tra i due dotti si trasforma così in un’occasione preziosa per considerare il ruolo chiave che ricoprì la classicità durante il Rinascimento e per riflettere sui processi della sua assimilazione non solo nella ristretta dimensione letteraria, ma anche all’interno delle dinamiche proprie della società.
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Aloe, Stefano. "L’artefatta spontaneità". RUS (São Paulo) 10, n.º 14 (10 de diciembre de 2019): 83–115. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2317-4765.rus.2019.162139.

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Intento dell’articolo è tracciare un percorso di interpretazione di alcuni meccanismi dell’artificio letterario chiamato dai formalisti skaz, sulla base di opere ed autori fra loro molto differenti: Kys’ di Tat’jana Tolstaja, i racconti di Isaak Babel’, Capitani della spiaggia di Jorge Amado e Grande Sertão: Veredas di João Guimarães Rosa. L’elemento unificante fra queste opere è rintracciabile nella comune attitudine degli autori di concedere ad alcuni personaggi ed al narratore principale la possibilità di comunicare in maniera non filtrata il proprio punto di vista, mentre il punto di vista indiretto dell’autore tende ad eclissarsi in una posizione del tutto nascosta.
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Woźniak, Katarzyna. "Oltreuomo Bandini. Le avventure letterarie di “Sua maestà l’Io”". Annales Universitatis Paedagogicae Cracoviensis | Studia de Cultura 9, n.º 3 (5 de julio de 2018): 228–35. http://dx.doi.org/10.24917/20837275.9.3.21.

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Nel 1908 Sigmunt Freud parlò di un particolare tipo di approccio alla scrittura, in cui il principio creativo era sottoposto alle leggi di “Sua maestà l’Io”. La proposta di Freud sembra una risposta efficace alla domanda sui motivi della straordinaria fortuna della letteratura di massa, ossia dei bestseller costruiti secondo uno schema narrativo di matrice fiabesca, dove il protagonista, di solito è un eroe o un’eroina senza peccato. Nel nostro saggio illustreremo questo meccanismo sull’esempio di Arturo Bandini, il personaggio di spicco della narrativa dello scrittore e sceneggiatore italo-americano John Fante.Nadczłowiek Bandini. Literackie przygody „Jej Wysokości Ego”W 1908 w pismach Sigmunda Freuda pojawia się zagadnienie szczególnego typu podejścia do twórczości literackiej, podporządkowanego prawom „Jej Wysokości Ego”. Propozycja Freuda zdaje się skuteczną odpowiedzią na pytanie o przyczyny nadzwyczajnej popularności literatury masowej, czyli bestsellerów tworzonych w oparciu o schemat baśni. W artykule autorka podejmuje próbę zilustrowania tego mechanizmu na przykładzie Artura Bandiniego, bohatera prozy Johna Fantego.
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Demontis, Simona. "«Ma bella più di tutte l’Isola Non-Trovata» . Montalbano, Falcó e Adamsberg: personaggi seriali a confronto nella narrativa di Camilleri, Pérez-Reverte e Vargas". Cuadernos de Filología Italiana 27 (7 de julio de 2020): 287–311. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.64144.

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Molti personaggi letterari si potrebbero paragonare metaforicamente a isole inaccessibili, su cui tanti si sforzano, senza successo, di esercitare una forma di possesso. Questo lavoro si focalizza su tre personaggi, l’italiano Montalbano, il francese Adamsberg, lo spagnolo Falcó, tra i quali ho cercato di dimostrare che sussistano numerose ed evidenti analogie, riguardo alla loro personalità e ai loro rapporti con i colleghi di lavoro, con la famiglia, gli amici, gli amori. Si tratta di individui straordinari dalle caratteristiche eccezionali che, spinti dall’esigenza di autonomia, tendono a seguire il loro istinto e spesso a violare le regole; hanno logica, intuito, capacità di reazione insoliti, tali da farli primeggiare rispetto a chi li circonda. La loro superiorità innegabile può essere invidiata o sminuita, ma inevitabilmente li porta a evitare i legami e a scegliere la solitudine volontaria come stile di vita, come condizione necessaria per il funzionamento della loro mente privilegiata e presupposto indispensabile per il mestiere che hanno deciso di svolgere.
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Ciocca, Fabrizio. "Biografie delle icone sportive". FuLiA / UFMG 5, n.º 3 (14 de junio de 2021): 6–26. http://dx.doi.org/10.35699/2526-4494.2020.25673.

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Nel mondo dello sport, ed in particolare in quello del calcio, da alcuni anni hanno acquisito sempre più importanza le biografie, genere letterario che solitamente viene invece associato alle storie di personaggi politici e storici piuttosto che alle vite di grandi campioni sportivi. In questo articolo vengono analizzate le biografie ufficiali di quattro leggende del calcio, autentiche icone planetarie, quali quella di George Best, Johann Cruyff, Diego Armando Maradona e Francesco Totti. Attraverso la comparazione di alcuni episodi comuni (i primi calci, l’esordio nel professionismo, il passaggio da “semplice” calciatore a fenomeno globale) si è cercato di comprendere se dall’analisi delle singole biografie è possibile rintracciare uno “schema narrativo” che cerca di soddisfare le aspettative del lettore e ne rafforzi il rapporto di identificazione con il proprio idolo.
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Girolama Caruso, M. y Anna Valeri. "Sicut palea: Merini sotto l'urto del rifiuto". WELFARE E ERGONOMIA, n.º 1 (septiembre de 2021): 128–48. http://dx.doi.org/10.3280/we2021-001012.

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Il contributo si basa sul proficuo rapporto tra letteratura e sociologia e sulla relazione bidi-rezionale di conoscenza e analisi critica legata ai mutamenti sociali. La letteratura, per la sua portata, spesso, infatti, è uno strumento di riflessione sociologica. La relazione biunivoca tra letteratura e sociologia si ha quando gli argomenti letterari fuoriescono dall'analisi del testo e assumono la veste di riflessione sociologia. Il lavoro presenta due livelli di analisi: - la rilevanza didattica di un personaggio come la Merini, che è partita come analisi concreta della forma linguistica, risultante di un passaggio retorico da una sovrabbondanza di senso ad una pagina bianca, da una parte, e ricerca - discreta ma rigorosa della rap-presentazione invasiva sulla società del personaggio-artista, nel conflitto mai risolto della contaminazione genio-follia. - la riflessione sociologica che discende dal progetto didattico "Ricordami il pensiero della vita. Il mondo di Alda Merini" è stato motivo di approfondimento empirico sul concetto di normalità, stereotipo e dis-abilità. I quesiti proposti nella sezione sulla disabilità sono molteplici fanno riferimento alla tipologia della disabilità, alla rappresentazione sociale della dis-abilità livello di accettazione; l'inclusione e la relazione tra creatività e follia. La biografia della Merini ha avuto un significato particolare poiché, pur essendo esposta al giudizio e alla vergogna, il suo essere è una sfida alle gerarchie dell'abilismo.
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Ellison, Ralph Waldo. "La funzione democratica del romanzo americano". SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), n.º 36 (enero de 2010): 101–10. http://dx.doi.org/10.3280/las2009-036008.

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- In questo saggio Ralph Ellison riflette sulla natura del romanzo e sullo stretto legame tra questa forma letteraria e la democrazia americana. La riflessione va a toccare alcuni temi di grande rilievo per la cultura statunitense: la delicata questione delle distinzioni sociali, il multiculturalismo, la ferita aperta dalla guerra civile, il rapporto con la letteratura europea e l'identitÀ nazionale. In tale panorama sconfinato, Ellison si sofferma sul ruolo dei romanzieri, che a suo parere va molto oltre l'intrattenimento dei lettori: chi scrive deve essere capace di interpretare una societÀ complessa, di creare attraverso l'immaginazione personaggi significativi per identitÀ e valori. Ai romanzieri č affidata quindi una grande responsabilitÀ: contribuire alla costruzione di "un'idea americana di America".
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Santoro, Elisabetta. "Tra romanzo e autobiografia". Mnemosyne, n.º 2 (11 de octubre de 2018): 12. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i2.11993.

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Si intitola madrelingua (Besa Editore, 2005) l’ultimo romanzo pubblicato da Julio Monteiro Martins, uno scrittore brasiliano che vive e scrive in Italia e in italiano. Oltre ai personaggi che danno vita al romanzo, entrano in scena nel libro un primo e un secondo narratore. Quest’ultimo compare sempre tra parentesi quadre e fa commenti in prima persona che per molti aspetti ricordano dati biografici dello scrittore, ‘confondendo’ in tal modo il lettore che finisce per non sapere chi sta parlando e per sovrapporre la figura di questo secondo narratore e quella dell’autore. In questo testo ci proponiamo di riflettere sul significato che una tale scelta può avere da un punto di vista ‘autobiografico’, visto che l’io si rivela e si nasconde e che una tenue linea separa e, al tempo stesso, permette um attraversamento che offre la possibilità di andare oltre i confini di un solo genere letterario.
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Miklič, Tjaša. "Presenza e valori del passato remoto in riassunti di opere letterarie". Linguistica 31, n.º 1 (1 de diciembre de 1991): 249–58. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.31.1.249-258.

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In una ricerca più ampia sulle possibilita espressive della lingua italiana nel campo della temporalità, e precisamente nella fase dedicata alle caratteristiche di costruzione tipiche di testi riassuntivi e di presentazione (analizzati soprattutto sulla Enciclopedia Garzanti della letteratura [GAR] e sul Dizionario Bompiani de/le opere e dei personaggi [BOM]) si è potuta constatare una molteplicita di modi di presentazione del testo originale. Tale molteplicità risulta, da una parte, dalla maggiore o minore larghezza nell'includere nel testo secondario vari mondi testuali possibili (contenuto narrativo dell'opera originale coni propri mondi testuali, situazione storica a cui quest'opera fa riferimento, vita dell'autore e genesi dell'opera, caratteristiche Ietterarie e commenti valutativi, fortuna dell'opera ecc.) e, dall'atra, dall'utilizzazione di varie modalita espressive messe a disposizione dello scrivente dalla sua competeza linguistica e testuale (disposizione e ordinamento di detti mondi nel testo, procedimenti narrativi, tecniche narrative, modi di inserimento di un secondo discorso ecc.) nonché, infine, dalle scelte fatte nell'associare questi elementi. Nella nostra discussione ci limiteremo a quelle parti della presentazione che si referiscono al riassunto "puro" dell'opera originale.
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Piacenza, Nicola. "Tre personaggi in cerca di autore: il Mimiambo 3 di Eronda e la critica letteraria nel Giambo 2 di Callimaco". Myrtia 36 (11 de noviembre de 2021): 45–60. http://dx.doi.org/10.6018/myrtia.500101.

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The first part of the article offers a metapoetic interpretation of Herondas’ Mimiamb 3, suggesting that the Hellenistic poet describes Cottalos and his passion for dice with allusion to Alexander Aetolus that wrote Astragalistai. In the second part, starting from some touch points between Mimiamb 3 and Calliamchus’ Iambus 2 (in particular the presence of three mysterious characters with similar names), the author gives some evidence for the identification of that characters with three poets who lived at that time and had undoubted contacts both with Alexander Aetolus and Callimachus: they are Antagoras of Rhodes, Philicus of Corcyra and Timon of Phlius. L’articolo offre nella prima parte un’interpretazione metapoetica del Mimiambo 3 di Eronda, suggerendo che il poeta ellenistico descriva Cottalo e la sua passione per i dadi con allusione ad Alessandro Etolo che scrisse gli Astragalistai. Nella seconda parte, prendendo le mosse da alcuni punti in comune tra il Mimiambo 3 ed il Giambo 2 di Callimaco (in particolare la presenza di tre misteriosi personaggi con nomi simili), vengono fornite alcune prove per l’identificazione di tali personaggi con tre poeti che vissero in quel periodo ed ebbero sicuri contatti sia con Alessandro Etolo che con Callimaco: si tratta di Antagora di Rodi, Filisco di Corcira e Timone di Fliunte.
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Tronina, Antoni. "Jozue - Jezus. Biblijna typologia zbawiciela". Verbum Vitae 1 (15 de junio de 2002): 41–56. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1314.

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L’'autore del saggio propone una lettura tipologica dei testi biblici riguardanti Giosue. La prima parte mostra una visione panoramica del grande personaggio nelle tradizioni letterali dell'’Antico Testamento. Continuando questo tema, la parte seconda (cosidetti „testi intertestamentali”) contiene una prova dell’approfondire il ruolo di Giosue nella storia di salvezza. Nella parte ultima (Giosue come figura del Salvatore) vogliamo dimostrare la riflessione sul valore tipologico della persona e dell’opera di Giosue nei scritti del Nuovo Testamento e nella tradizione della Chiesa. I cristiani leggono il Libro di Giosue come prefigurazione dell’opera salvifica di Gesù Cristo, compiuta sulla Croce. Come Giosue sostituisce il Legislatore Mose, cos l’ordine di grazia in Gesù Salvatore sostituisce l’antico ordine della Legge.
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Leverone, Elena. "Una quieta passione: cambiare l'acqua ai fiori". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2022): 175–85. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-002012.

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L'intento di questo lavoro è di dialogare tramite un linguaggio im-maginativo e metaforico intorno al concetto di sublimazione e attraver-so alcune delle sue possibili estensioni: la poesia, la narrazione e la creatività letteraria. Metafora, immaginazione, poesia, linguaggio, so-gno. Connessioni tra fenomeni sublimatori ed esperienza di scrittura. Arte come curiosità mai del tutto compiuta, in cui il legame tra subli-mazione e simbolizzazione trova espressione profonda nella poetica di Emily Dickinson e nell'esistenza tormentata del personaggio di Violette Toussaint nel romanzo "Cambiare l'acqua ai fiori". Un mondo al femminile che ricerca nel proprio desiderio e nella propria mancanza affettiva, di spodestare quella umana e amara disillusione che la vita impone. Così la scrittura, come forma d'arte, può rappresentare la creatività e permettere la sublimazione per ciò che è stato vissuto come un trauma. In questo scritto vengono interrogate alcune delle concettualizzazioni teoriche riguardanti l'origine e i destini della sublimazione, lasciando spazi insaturi, aree aperte e contigue tra desiderio, mancanza e creatività.
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de Stefani, Lorenzo. ""Devesi parlare al popolo". Toponomastica risorgimentale e lapidi commemorative nel dibattito in consiglio comunale a Milano, 1859-1878". STORIA URBANA, n.º 132 (febrero de 2012): 53–81. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132003.

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Il saggio affronta il tema della toponomastica come strumento di rafforzamento del sentimento nazionale dopo l'annessione di Milano al regno di Sardegna e successivamente allo stato italiano. Sono stati presi in considerazione i dibattiti in seno al Consiglio comunale circa il valore evocativo della titolazione delle strade ai principali simboli del Risorgimento nazionale e ai personaggi eccellenti nel campo delle lettere, delle arti, delle scienze, con particolare riferimento a quelli, nati a Milano o qui provvisoriamente residenti in qualche tempo, che hanno influenzato la vita civile, artistica e letteraria della cittŕ. L'operazione di "costruzione della memoria" lega insieme la necessitŕ di razionalizzare e modernizzare la cittŕ che si apprestava a diventare la "capitale morale" dello stato unitario (come confermato nella legislazione comunale e provinciale del 1865) con la preoccupazione di tenere vive le memorie locali, da far convivere in armonia con l'azione di costruzione della nazione dal punto di vista della lingua e delle memorie collettive. Ciň si unisce alla determinazione di celebrare i principali eventi della storia civile affiggendo lapidi come sintesi di un compendio della storia locale da offrire per la costruzione del popolo.
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Marossi, Walter. "Paolo Valera, il cantore dei bassifondi". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 1 (19 de marzo de 2020): 256–76. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910086.

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Personaggio a tutto tondo, giornalista, scrittore e sobillatore sociale, Valera esprime la sua vitalità umana e artistica tra la fine dell’Ottocento e il primo quarto del Novecento. Benché il suo protagonismo si esprima quasi esclusivamente all’interno della realtà milanese, per contenuti e diffusione, la sua opera letteraria può a ragione essere ritenuta di interesse nazionale. Ebbe la capacità di immergersi nelle immondizie e contraddizioni umane del suo tempo, in particolare quelle di alcune città europee, tra le quali Milano, senza restarne contaminato. La sua dirittura morale, nonostante l’inesauribile serie di querele, confini, arresti ai quali fu sottoposto dal potere costituito e dai borghesi del tempo, non fu infatti mai messa in questione da nessuno. Di interesse storico il sodalizio con Mussolini, prima che questi saltasse definitivamente il fosso della reazione e delle politiche contrarie agli interessi del mondo del lavoro. Benedetto Croce non volle considerare la sua vasta opera “letteratura”; ebbe probabilmente ragione se per letteratura si intendono testi codificati sulla base di canoni fissati dalla “norma” del tempo nel quale si scrive. Tuttavia, Valera, come è ampiamente documentato nella parte finale di questo saggio, registra da mezzo secolo nuova vita, fatta di ristampe, riletture, dibattiti, saggi critici. Il suo stile infiammato ed eccessivo, i contenuti dei suoi lavori, tornano probabilmente di attualità nel nostro tempo.
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Baroni, Giorgio. "Globalizzazione mercantile e culturale nel Giorno di Giuseppe Parini". SPONDE 1, n.º 1 (27 de julio de 2022): 15–28. http://dx.doi.org/10.15291/sponde.3888.

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L’avere, grazie all’Edizione nazionale delle Opere di Giuseppe Parini (conclusasi, dopo dieci anni di lavoro, nell’estate del 2021 e comprendente 14 volumi di versi, prose, teatro, lettere e biografie), a disposizione testi pienamente affidabili, permette di studiare in profondità l’opera di questo grande lombardo, considerato maestro da Manzoni e da molti scrittori anche recenti. Il contributo si concentra sullo studio dell’apertura internazionale del capolavoro di Parini, Il Giorno. Quest’apertura parte dal mondo del mito appartenente alla tradizione letteraria classica che per Parini si dimostra una miniera di forme da cui attingere per arricchire il suo discorso sulla società a lui contemporanea e alla Francia che ne è cultura ispiratrice. Così un’analisi testuale dimostra, a.e., che Voltaire è accostato a Proteo (''multiforme''), lo stesso Voltaire e Jean Jacques Rousseau ad Aristippo e Diogene, e la scrittrice e cortigiana francese Ninon de Lenclos alla raffinata greca Aspasia, ma anche a Taide, personaggio del teatro latino, presente pure in Dante. L’influsso dei costumi francesi, d’altra parte, ma anche dell’esterofilia in generale, nella maniera ironica in cui vengono trattati da Parini (e cioè come un invito a consumare merci delle provenienze più varie) inducono però anche a una lettura del Giorno che riconosce in questo testo efficaci sintesi quasi ''sociologiche'', per cui, a mo’ di conclusione, ci si riconosce il fenomeno oggi noto sotto il termine di ''globalizzazione''.
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Mara Santi, Tiziano Toracca e. "La Procedura di Mobilità e la sua rappresentazione letteraria: Mobilità e Mobilità n. 2 in Works (2016) di Vitaliano Trevisan". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, n.º 2 (24 de marzo de 2019): 480–510. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819831961.

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Il saggio analizza i capitoli Mobilità e Mobilità n. 2 di Works (2016) di Vitaliano Trevisan contestualizzandoli nel rinato interesse per il lavoro che dalla metà degli anni Novanta si registra negli autori, nel mercato editoriale, nel pubblico e nei critici letterari italiani. Posto che la letteratura italiana contemporanea ricomincia a interessarsi al lavoro in concomitanza con il passaggio storico dal fordismo al post-fordismo e in parallelo alle riforme giuridiche che hanno rappresentato le tappe politiche decisive di tale passaggio, il saggio analizza i due capitoli in primo luogo alla luce della legge sulla mobilità n. 223/1991 e dei successivi interventi legislativi su di essa occorsi. In secondo luogo il saggio analizza come la mobilità viene rappresentata da Trevisan e come l’autore non giochi la facile e ormai frusta carta della rappresentazione negativa né della disoccupazione né del lavoro, ma tracci un quadro acuto e originale, nel contesto della letteratura italiana degli anni Zero, del lavoro come attività strutturalmente sociale, in cui si esprimono l’identità e la responsabilità sociale del singolo. Più ancora emerge che i due capitoli sul “non-lavoro”, inseriti a metà del percorso narrativo che illustra i tanti lavori che il personaggio protagonista attraversa prima di diventare scrittore, rappresentano una vera e propria pausa lavorativa e narrativa per tematizzare la natura stessa del romanzo. Works, emerge infatti, è un quadro frammentato di partenze e ripartenze professionali ma è soprattutto una lettura finzionale del reale, ossia una consapevole rivendicazione alla letteratura di un ruolo non descrittivo ma interpretativo e conoscitivo.
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Vignati, Rinaldo. "Pasquino avvocato. Vincenzo Talarico e il cinema". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 2 (12 de diciembre de 2019): 658–83. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819887728.

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L’attività degli sceneggiatori è raramente sottoposta a un’analisi mirante a individuarne un profilo “autoriale” che, come viene abitualmente fatto per i registi, ne metta in luce stilemi ricorrenti e interessi tematici. L’articolo si propone di esaminare l'attività di sceneggiatore di Vincenzo Talarico. II tratto caratteristico di questo giornalista e scrittore è identificato nel contrasto fra l’attrazione per la retorica e l’atteggiamento sarcastico nei confronti della retorica, e quindi nella volontà di demolire con l'ironia le maschere pubbliche che coprono i vizi privati degli individui. Tale contrasto può essere sintetizzato da un lato dalle sue comparse, in qualità di interprete, in vari film nei quali si è calato nella parte di un avvocato dall’eloquio ampolloso e dai gesti enfatici, e dall’altro nella frequente presenza, nei film da lui sceneggiati, di scene in cui un discorso celebrativo e retorico viene continuamente interrotto, oppure contrappuntato da commenti sarcastici. Talarico, che Indro Montanelli definisce “specializzato nell’arte di mormorare”, ha spesso collaborato alla scrittura di film in cui venivano prese di mira le pose monumentali del fascismo. Anche nelle opere “di genere” (film comici, melodrammi) a cui ha collaborato si ravvisa la presenza di simili contrappunti. I film a cui ha partecipato prevedono spesso lo smascheramento di personaggio dotati di una doppia faccia. L'articolo esamina dettagliatamente le collaborazioni cinematografiche di Talarico, mettendole a confronto con alcuni testi letterari dello stesso autore (in particolare, le pagine su Tersite nel testo Pasquino insanguinato forniscono una guida per la lettura del suo percorso). L’articolo – che prende in esame anche alcuni testi inediti – intende quindi contribuire a far emergere legami tra film che gli approcci tradizionali, incentrati sul regista o sui generi, tendono a lasciare in ombra.
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Luni, M. "Il Forum–Caesareum di Cirene e la moderna riscoperta". Libyan Studies 25 (enero de 1994): 191–210. http://dx.doi.org/10.1017/s0263718900006348.

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Agli inizi dell'Ottocento si assiste al sorgere e al diffondersi di particolare interesse da parte di esponenti della cultura e della diplomazia internazionale verso gli imponenti resti archeologici di Cirene e di altre città della Tripolitania e della Cirenaica, che diventano meta di visita. Nella circostanza vengono in genere compilati diari di viaggio e relazioni, spesso illustrati da disegni di monumenti antichi e talvolta anche da preziose carte topografiche in cui sono evidenziate ampie aree di affioramento di ruderi e tracce superstiti di viabilità cittadina ed extraurbana.Si tratta generalmente di documentazione poco omogenea, talvolta occasionale e frutto di osservazioni del tutto personali. Di estrema rilevanza sono comunque i dati che è possibile desumere da questo tipo di ‘fonte’, spesso dovuti allo spirito di osservazione di personaggi dai vasti interessi e anche a casualità, ma sempre assai utili a comprendere il clima di indagine pionieristica della prima metà dell'Ottocento e le tappe decisive della riscoperta di Cirene.La città, per altro, era nota alla cultura storico-archeologica dell'epoca attraverso la documentazione costituita dalle fonti letterarie classiche (una delle prime sintesi è in Thrige, 1819). Esse costituiscono un valido supporto di base che accompagna vari viaggiatori nella ricerca del sito su cui sorgeva Cirene e della sua antica conformazione. Gli appunti di viaggio in seguito vengono ulteriormente elaborati e prendono corpo in opere che hanno avuto in qualche caso ampia fortuna in Europa e che hanno costituito il primo fondamento della moderna conoscenza e del rifiorire degli studi e delle ricerche sulla ‘Atene d'Africa’.
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Punzo, Maurizio. "Il “salotto” di Anna Kuliscioff e Critica Sociale". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 1 (30 de marzo de 2020): 312–30. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820912905.

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Studio o salotto che fosse, la stanza come “luogo” nel quale si manifestavano, oltre agli affetti famigliari di Filippo e Anna, l’elaborazione e il dialogo politici della coppia più celebrata del socialismo italiano, Turati e Kuliscioff, merita l’attenzione di storici e critici letterari. Vi passò fior fiore di personaggi che fecero la storia della politica e della cultura di quei decenni, in particolare nell’ambito laico socialista, contribuendo alla formazione di un buon numero di futuri combattenti contro il fascismo. Ricco di citazioni di testimoni di quei decenni, il saggio fornisce al lettore il sapore dell’ambiente colto e progressista, nel quale prendevano forma opzioni culturali e politiche che avrebbero trovato, nel primo dopoguerra, modo di crescere e affermarsi. Sotto questo profilo, di grande efficacia l’incrociarsi, nel salotto di casa Turati in portici Galleria a Milano, di generazioni e correnti di socialismo di ogni tipo, nello spirito di libertà e aperto confronto che lo contraddistingueva. Il “salotto” di Anna Kuliscioff era in realtà più uno studio che un salotto. Il 1° gennaio 1899 la stessa Kuliscioff, libera dopo quattro mesi di detenzione, datava la sua prima lettera da Milano a Turati, ancora detenuto a Pallanza, “da casa del tuo-nostro studio” (Turati e Kuliscioff, 1977: vol. I, 239) ed anche Turati si riferiva a quella stanza soprattutto come al loro studio: “la luce della Camera – scriveva per esempio il 30 novembre 1903 – fa rimpiangere le belle lampade del nostro studio e del nostro tinello” (Turati e Kuliscioff, 1977: vol. II, t. I, 130). In diverse occasioni però definiva “salotto”, senza alcuna ironia, quello stesso ambiente: “Il Bollettino e le inchieste dell’Ufficio del Lavoro sono tutte in salotto, nella libreria che è accanto alla porta della tua camera da letto dal lato della finestra”, il 14 giugno 1910 (Turati e Kuliscioff, 1977: vol. III, t. I, 242–243).
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Cannas, Andrea. "Un sistema mitico in continua evoluzione: le grandi parodie Disney". Revista Italiano UERJ 12, n.º 1 (5 de septiembre de 2021): 17. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2021.62055.

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ABSTRACT: Il fitto dialogo intertestuale con i classici di ogni tempo è stato inteso dagli autori della Disney Italia come una pratica di cannibalizzazione delle fonti; d’altra parte il confronto con la dimensione letteraria, estendendosi nel tempo ‒ dalla fine degli anni Quaranta a oggi ‒, ha lasciato un’impronta indelebile sulle Grandi Parodie: per un verso esse hanno acquisito uno spessore testuale inedito, riconnettendosi alle grandi matrici narrative in cui affonda le proprie radici il più vasto mondo della finzione; per l’altro hanno costituito un formidabile banco di prova per la variegata compagine Disney: gli eroi del fumetto, da Topolino a Paperino, si sono cimentati nell’impresa di interpretare il ruolo e assumere le fattezze dei più rinomati protagonisti della pagina letteraria mostrando al contempo una grande duttilità e una spiccata personalità. Il complesso dei personaggi Disney funziona in definitiva come un sistema mitico: il corpo delle loro storie costituisce un intero aperto a un continuo accrescimento ed è in effetti costantemente aggiornato da una pluralità di autori che rende il sistema perennemente sincronico col tempo dei lettori.Parole chiave: Fumetto. Disney. Grandi Parodie. Mito. Intertestualità. RESUMO: O estreito diálogo intertextual com os clássicos de várias épocas foi entendido pelos autores da Disney Itália como uma prática de canibalização das fontes, que proporcionou o confronto com a dimensão literária, estendendo-se no tempo ‒ do fim dos anos 40 a hoje ‒, e deixou uma marca indelével nas Grandes Paródias: por um lado, estas adquiriram um peso textual inédito, reconectando-se com as grandes matrizes narrativas nas quais fincam as suas raízes no mais vasto mundo da ficção; por outro ainda constituíram um formidável teste para a multifacetada equipe Disney: os heróis dos quadrinhos, de Mickey a Donald, cimentaram-se na empreitada de interpretar os papéis e assumir os perfis dos mais renomados protagonistas das páginas literárias, demostrando, ao mesmo tempo, uma grande flexibilidade e uma marcada personalidade. O conjunto dos personagens Disney funciona definitivamente como um sistema mítico: o corpo das suas histórias constitui um todo, aberto em uma contínua evolução, e é, de fato, constantemente atualizado por uma pluralidade de autores que torna tal sistema perenemente sincrônico com o tempo dos leitores.Parole chiave: História em quadrinhos. Disney. Grandi Parodie. Mito. Intertextualidade. ABSTRACT: An intense intertextual dialogue with the classics of all time has been intended by Disney Italian authors as a practice of source “cannibalization”. Their long-lasting dialogue with the literary dimension left an indelible mark on the Grandi Parodie: on the one hand they acquired an unprecedented textual depth, connecting them to the major narrative roots of the fictional world; on the other hand, they represented a crucial test for the varied team of Disney characters: the heroes of comics, from Mickey Mouse to Donald Duck, undertook the remarkable feat of interpreting the roles of renowned literary characters, showing a great adaptability as well as a strong personality. Disney characters function fundamentally as a mythical system: their stories constitutes an ever-changing whole, constantly updated to the time of their readers.Keywords: Comics. Grandi Parodie. Disney. Parody. Myth. Intertextuality.
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Dammacco, Gaetano. "Riflessioni sul diritto di satira e i suoi limiti". Studia z Prawa Wyznaniowego 23 (30 de diciembre de 2020): 101–21. http://dx.doi.org/10.31743/spw.10355.

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La satira è un paradigma estremo della libertà di espressione, ma esistono incertezze sulla sua definizione concettuale e sulla relativa disciplina giuridica. Lo sviluppo della comunicazione ha prodotto numerose figure letterarie simili tra loro come la cronaca (una registrazione impersonale e non interpretativa di fatti accaduti), la critica (analisi soggettiva e giudizio relativi a fatti accaduti) e la satira (critica sarcastica di personaggi, comportamenti, modi di fare individuali con scopo di denuncia sociale). Gli elementi che caratterizzano la satira, sviluppatisi nel corso dei secoli, sono sostanzialmente due: attenzione alle contraddizioni (della politica, della società, della religione, della cultura) e intento moralistico per promuovere un cambiamento sociale. La satira religiosa colpisce il potere ecclesiastico e le sue contraddizioni, ma colpisce anche i simboli religiosi e i contenuti delle religioni. Ne conseguono differenti conseguenze giuridiche. Quando colpisce il patrimonio di fede dei credenti essa non è accettabile. La satira religiosa genera una specie di conflitto tra differenti valori costituzionali, e cioè tra il diritto alla libera espressione del pensiero e il diritto alla reputazione e alla tutela del sentimento religioso. Il diritto di satira in generale è riconosciuto dagli ordinamenti giuridici (sia internazionali, sia nazionali) come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale, che deriva dalla libertà di espressione e di pensiero. Pensiero, coscienza e religione – per esempio nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – sono omologhi (come beni giuridici o valori etici). Pertanto pensiero, coscienza e religione non possono essere in contrapposizione tra loro. Notevoli incertezze esistono sulla disciplina giuridica del diritto di satira, che non può mai offendere i diritti fondamentali della persona, la sua dignità, la sua reputazione. La Carta di Nizza ha favorito un orientamento, che considera il diritto di libera espressione nella sua forma più ampia ed espansiva. È tuttavia sempre stato affermato il valore prevalente dei diritti umani fondamentali, che non possono essere offesi dall’esercizio del diritto di satira. Negli ordinamenti giuridici nazionali, la forza del diritto di satira consiste nel riconoscimento del suo rango costituzionale, ma anche nei limiti che deve avere. La giurisprudenza ha elaborato i vincoli “formali”, tra i quali i più importanti sono il limite della continenza e della funzionalità.
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Bombara, Daniela. "Il topos della giustizia negata o deviata negli scenari siciliani di Nino Martoglio e Ugo Fleres". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, n.º 2 (4 de marzo de 2019): 425–42. http://dx.doi.org/10.1177/0014585819831609.

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É noto come la letteratura siciliana postunitaria esprima una relazione conflittuale con le istituzioni statali che appaiono sovraimposte e distanti dalla realtà locale; ne deriva una risentita diffidenza verso apparati giudiziari spesso inadatti a gestire la diversità dell’universo isolano, con sue proprie regole e codici comportamentali. L'applicazione di norme giuridiche continentali individua negativamente tale diversitá, in accordo ad un processo di orientalizzazione della realtá siciliana che segue alla fase unitaria. La tematica, centrale in Verga, si trasforma con le opere di Pirandello in antitesi fra la Legge e i suoi apparati, intesi come forme statiche e rigide, e la fluidità e mutevolezza dell’esistenza, che il diritto pretende di irreggimentare; la coscienza individuale non è invece mai riconducibile ad una norma uguale per tutti. Un motivo sviluppato ampiamente dalla novella pirandelliana Il dovere del medico del 1902, ma già trattato nel racconto di Ugo Fleres (1857–1939) Peccato veniale del 1891, che il presente articolo si propone di analizzare. Ancora legato ad un “discorso di classe”, ma al tempo stesso in qualche modo antesignano del relativismo pirandelliano, appare il lavoro giovanile di Nino Martoglio (1870–1921), I civitoti in pretura del 1893. Il dibattito processuale, bloccato da fraintendimenti linguistici fra parlanti in dialetto e in lingua, individua come difficoltà primaria nell’esercizio della legge l’incomunicabilità a livello di codice comunicativo fra i popolani catanesi e i magistrati che provengono da ‘nfora regnu. Si consideri inoltre che il pubblico del processo, attivo con commenti e risa, “si supponi ‘ntra la platea”; la rottura dell’illusione scenica rende i fruitori dello spettacolo parte attiva di un procedimento giudiziario comico, quindi per esigenze di copione dileggiato e sconfessato. Si intende infine prendere in analisi il romanzo fleresiano “Giustizia” (1909), ambientato nel paese siciliano di Riva: il titolo risulta antifrastico, considerando che l’opera racconta tortuose vicende di errori giudiziari intorno all’omicidio di una baronessa, per il quale magistrati inetti trovano diversi capri espiatori; il vero colpevole rivela invece il suo delitto solo in confessione, facendo collidere giustizia umana e divina. Il processo continuamente riformulato non si vede mai in scena, ma il romanzo è punteggiato da dibattiti informali di ambito giuridico, agiti in luoghi atipici, quali la farmacia o i salotti del paese; il lontano evento processuale, deviato dalle sue autentiche funzioni, diventa occasione di sfoggio e promozione sociale dei Rivesi. L’unico personaggio realmente giudicato proprio chi non può difendersi: la defunta baronessa, la cui reputazione viene distrutta nel corso dell’inchiesta. L’immagine letteraria primonovecentesca di una giustizia caotica, inefficace, inesistente, che “resta confinata in un oltre” (Borsellino, 1997), riflette la visione problematica di un’esistenza priva di valori di riferimento, ma agisce anche come efficace strumento ermeneutico per evidenziare l’interno dinamismo di una realtà prismatica, che si ricrea incessantemente dall’incrocio e dallo scontro delle opposte verità.
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Queiroz, Regina Farias de. "I promessi sposi: entre o cânone e a adaptação parodística na televisão italiana". Revista Italiano UERJ 12, n.º 1 (5 de septiembre de 2021): 14. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2021.62063.

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RESUMO: Para discutir as questões subjacentes à adaptação de um texto clássico para as mídias, tomamos como objeto de estudo uma adaptação em formato de paródia para a televisão. I promessi sposi secondo il trio é uma minissérie em 5 episódios, realizada pela RAI, dirigida e protagonizada pelo trio Lopez-Marchesini-Solenghi, em 1990, que ganhou grande notoriedade nacional, exatamente pelo tom cômico que imprimiu à narrativa manzoniana. Neste trabalho, buscamos identificar as estratégias utilizadas na adaptação do clássico para a paródia e para tal, aplicamos ao texto televisivo parodístico o modelo prático-analítico de Robert Stam (2006), que concebe a adaptação audiovisual em dois níveis: estrutural e contextual. A partir dessa aplicação, utilizamos as categorias propostas pelo autor em todos os níveis de análise, a saber: autoria, personagens, narratologia, ordem, frequência e contexto. Os resultados demonstraram que as ressignificações proporcionadas pela adaptação televisiva ampliaram as possibilidades de interpretação do texto literário, além de consolidarem um processo de atualização de tal obra.Palavras-chave: I promessi sposi. Literatura italiana. Televisão. Adaptação. Paródia. ABSTRACT: Per discutere le questioni alla base dell'adattamento di un testo classico per i media, è stato preso come oggetto di studio un adattamento in parodia per la televisione. I promessi sposi secondo il trio è una mini-serie in 5 episodi, realizzata dalla RAI, diretta e interpretata dal trio Lopez-Marchesini-Solenghi nel 1990, la quale ha acquisito una grande notorietà nazionale proprio per il tono comico che ha impresso alla narrazione manzoniana. Il presente articolo ha cercato di individuare le strategie utilizzate nell'adattamento del classico in parodia, e, a tal fine, è stato applicato al testo televisivo parodistico il modello pratico-analitico di Robert Stam (2006), il quale concepisce l'adattamento audio-visivo in due livelli: strutturale e contestuale. Partendo da questa applicazione, si sono utilizzate le categorie proposte dall'autore in tutti i livelli di analisi, ovvero: paternità, personaggi, narratologia, ordine, frequenza e contesto. I risultati hanno dimostrato come i nuovi significati ottenuti attraverso l’adattamento televisivo abbiano ampliato le possibilità di interpretazione del testo letterario, oltre a consolidare un processo di aggiornamento di quest’ultimo.Parole-chiave: I promessi sposi. Letteratura italiana. Televisione. Adattamento. Parodia. ABSTRACT: In order to discuss the issues underlying the adaptation for the visual media of a classic text, the object of study of the hereby article has been an adaptation, in the format of a parody for the television. I promessi sposi secondo il trio is a mini TV-series consisting of 5 episodes, created by the RAI, directed and interpreted by the trio Lopez-Marchesini-Solenghi in 1990, which gained great national notoriety precisely because of the comedy tone it imprinted on Manzoni’s narrative.The hereby research has tried to identify the strategies used to adapt the classic novel into a parody and, in order to do so, the practical-analytic model by Robert Stam (2006) have been applied to the TV parody text. Such model conceives audio-visual adaptation in two levels: structural and contextual, and applying it, the categories proposed by the author, which are: authorship, characters, narratology, order, frequency and context, have been used in all the levels of the analysis. The results proved how the new meanings obtained through the TV adaptation have widened the possibilities of interpretation of the written text, and have also consolidated a process of updating the novel.Keywords: I promessi sposi. Italian Literature. Television. Adaptation. Parody.
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Giardina, Manuel y Clelia Stefanuto. "Il personaggio di Francesca Baffo nel Raverta di Giuseppe Betussi". Estudios Románicos 31 (1 de mayo de 2022). http://dx.doi.org/10.6018/er.497271.

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Giuseppe Betussi is unique among his contemporaries for the attention he pays to women. While most Italian works of the 1500s present women as secondary characters, Betuss’s work gives them the main role. This focus is made evident in the writer’s dialogues on love, in which he introduces prominent female interlocutors — such as Francesca Baffo in il Raverta (1544). This female presence is not a mere stylistic formality in Betussi’s work (most love treatises of the time do feature women). Rather, it is an occasion for the author to celebrate the intellect of women and to propose the model of a woman, and in particular of a courtesan, who is shown as an interlocutor as cultured and skilled as any man. La vita e la produzione letteraria di Giuseppe Betussi, mostrano un profondo legame tra l’autore e le donne. A differenza di altri scrittori del Cinquecento italiano in cui si può rintracciare una filoginia solamente occasionale, nel caso di Betussi questa componente risulta essere una costante in tutta la sua carriera. In particolare è nei dialoghi amorosi in cui questo elemento risulta particolarmente evidente. Nel Raverta (1544), l’autore sceglie di inserire una donna come personaggio interlocutore del dialogo: Francesca Baffo. L’inclusione di personaggi femminili nei trattati d’amore è una caratteristica innovativa presente in molte opere cinquecentesche significativa di una maggiore partecipazione delle donne nel contesto intellettuale della società rinascimentale. Si cercherà di mostrare come nei dialoghi di Betussi, la scelta di inserire una donna come personaggio non risulti essere una mera adesione a un modello letterario esistente, ma rappresenti la volontà da parte dell’autore di celebrare le qualità intellettuali delle donne e di proporre ai lettori un modello di cortigiana colta e capace di discutere alla pari con gli uomini. La vita e la produzione letteraria di Giuseppe Betussi, mostrano un profondo legame tra l’autore e le donne. A differenza di altri scrittori del Cinquecento italiano in cui si può rintracciare una filoginia solamente occasionale, nel caso di Betussi questa componente risulta essere una costante in tutta la sua carriera. In particolare è nei dialoghi amorosi in cui questo elemento risulta particolarmente evidente. Nel Raverta (1544), l’autore sceglie di inserire una donna come personaggio interlocutore del dialogo: Francesca Baffo. L’inclusione di personaggi femminili nei trattati d’amore è una caratteristica innovativa presente in molte opere cinquecentesche significativa di una maggiore partecipazione delle donne nel contesto intellettuale della società rinascimentale. Si cercherà di mostrare come nei dialoghi di Betussi, la scelta di inserire una donna come personaggio non risulti essere una mera adesione a un modello letterario esistente, ma rappresenti la volontà da parte dell’autore di celebrare le qualità intellettuali delle donne e di proporre ai lettori un modello di cortigiana colta e capace di discutere alla pari con gli uomini.
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Baricci, Erica. "LINGUAGGIO, COMICITÀ E PERSONAGGIO FEMMINILE NELL’EPITALAMIO GIUDEO-CATALANO PIYYU? NA’EH". Specula: Revista de Humanidades y Espiritualidad 5, n.º 1 (31 de enero de 2023). http://dx.doi.org/10.46583/specula_2023.1.1099.

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Ad oggi sono noti alla comunità scientifica cinque epitalami giudeo-catalani, conservati in due manoscritti (Gerusalemme, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. 8° 3312 e Oxford, Bodleian Library, ms. Lyell 98) risalenti a metà XV secolo e provenienti da ambiente provenzale. Tra questi, una particolare attenzione spetta a piyyu? na’eh, un ‘canto festivo’ pensato per i festeggiamenti che seguono il rito nuziale. Questo canto è una parodia, dai toni umoristici e dalle forti allusioni erotiche, che si presenta in forma di dialogo tra i due sposi, un vecchio e una ragazza. Il primo non vuole consumare l’amore, data l’età, ma, per l’insistenza della moglie, le propone infine di farsi sostituire da un baldo giovanotto. L’interesse di questo testo riguarda innanzitutto il linguaggio, e in secondo luogo la sua forma letteraria. Per quanto riguarda il linguaggio, esso è scritto in un giudeo-catalano in cui la componente ebraica è sottilmente intrecciata a quella romanza. Gli ebraismi sono funzionali a suscitare il riso del pubblico, perché calati in un contesto triviale in cui la loro sacralità originaria crea un forte e comico contrasto. Alcuni dei termini ebraici hanno mutato il loro significato, assumendone uno connotato, secondo un fenomeno di slittamento semantico tipico dei Jewish Languages. Per questa ragione, piyyu? na’eh è anche un prezioso testimone linguistico di una fase poco attestata, perché alquanto antica, del giudeo-catalano parlato. A livello letterario, piyyu? na’eh è un testo assai ricercato, i cui toni ‘popolareggianti’ sono ottenuti attraverso un sapiente uso del linguaggio ‘colloquiale’, della metrica, della caratterizzazione stereotipica dei personaggi. In questo saggio, presento innanzitutto l’analisi semantica della componente ebraica, approfondendo le varie categorie linguistiche e/o stilistiche in cui possono essere fatti rientrare gli ebraismi del testo, per mostrare come questa dinamica riproduca ed esasperi per intenti comici la prassi linguistica quotidiana degli ebrei catalani dell’epoca e costituisca, dunque, sia un fatto stilistico, sia una preziosa testimonianza storico-linguistica. In secondo luogo, mostro come piyyu? na’eh sia stato composto da un autore dotto che disponeva di fonti letterarie ebraiche e romanze e propongo una contestualizzazione di questo tipo di testo nell’ambito del genere letterario romanzo della pastorella e della canzone di donna, in cui la figura femminile costituisce l’occasione della scenetta umoristica e la giustificazione del ricorso a un codice mistilingue.
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Westerwelle, Karin. "Armut und geistiger Aufstieg. San Francesco und Dante". Deutsches Dante-Jahrbuch 87-88, n.º 1 (11 de enero de 2014). http://dx.doi.org/10.1515/dante-2013-0011.

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RiassuntoQual’è il rapporto fra arte e povertà? Possono, la pittura e la letteratura, rappresentare forme radicali di povertà? Quanto povera e bisognosa in senso materiale, e quanto ricca e virtuosa in senso spirituale appare la donna Povertà che Giotto ha dipinto sulla volta a crociera della Basilica inferiore di Assisi? Nell’undicesimo Canto del Paradiso Dante presenta il personaggio di San Francesco, fondatore dell’ordine omonimo, la cui vita viene narrata dalla voce di San Tommaso d’Aquino, domenicano ed esponente della scolastica. Nella sua presentazione, Dante non si attiene a uno stile retorico ›povero‹, e non rispetta il divieto »sine glossa« formulato da Francesco: infatti il discorso di Tommaso, per rendere trasparente il proprio ermetismo, non può fare a meno di autocommenti e di glosse. Per descrivere il luogo in cui Francesco ricevette le stimmate, Dante si serve di una strategia di visibilizzazione che, con i fiumi Arno e Tevere, evoca topografie e cultura cittadine, ovvero una ricchezza del tutto materiale. Il dibattito fondamentale che Dante apre con l’ideale di povertà di San Francesco, sta nel confronto tra l’ascesa della figura allegorica della donna Povertà e quella di Beatrice. La differenziazione delle due figure segna il divario tra etica religiosa e visione artistica: si dischiude allora uno spazio letterario fondato in questo modo da Dante
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Goethals, Jessica. "«Cadde a tai note»: il lamento tra la Flora feconda e La selva di cipressi di Margherita Costa". altrelettere, 3 de febrero de 2023. http://dx.doi.org/10.5903/al_uzh-69.

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Nel 1640 Margherita Costa dedicò al granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici Flora feconda, un poema epico in onore della nascita del suo primo figlio. In quest’opera gli eroi Zeffiro e Flora (personaggi che raffigurano Ferdinando e la sua consorte Vittoria della Rovere) intraprendono un viaggio nel Mediterraneo fino all’oracolo di Giove per chiedere al dio il permesso di procreare. Il poema permise a Costa di mostrare la sua versatilità letteraria attraverso un adattamento innovativo di modelli offerti da figure come Ovidio e Ariosto. Il saggio esamina in particolare la rivisitazione di Costa del topos della donna abbandonata presente nella tradizione letteraria e musicale del lamento amoroso. Quando l’infante dei Medici morì dopo pochi giorni dal parto, la poetessa fu costretta a modificare il testo aggiungendo un decimo canto che prende la forma del lamento politico, un altro tipo di lamento allora in voga. L’unione di questi due sub-generi viene replicata nelle altre due successive opere pubblicate in quello stesso anno: una versione drammatica del poema intitolata La Flora feconda e la raccolta di poesie lugubri La selva di cipressi. In queste opere, come il saggio dimostra, Costa gioca con le convenzioni del lamento sia in termini di genere letterario-teatrale che di ruoli legati al gender dei personaggi.
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Pedroni, Matteo M. "Ricordi d’infanzia di Giosuè Carducci Tra prosa e poesia, tra realtà e mito". Versants. Revista suiza de literaturas románicas 2, n.º 65 (30 de octubre de 2018). http://dx.doi.org/10.22015//v.rslr/65.2.12.

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Qua e là, nell’imponente opera letteraria e saggistica, Carducci ci parla della sua infanzia tra Versilia e Maremma toscana, attribuendo a brevi ricordi, a volte ricorrenti, funzioni che vanno ben al di là della mera cronaca autobiografica. Essi concorrono infatti alla costruzione del personaggio pubblico, del poeta come dell’intellettuale, e alla creazione di un mito identitario maremmano. Il presente articolo analizza alcuni di questi ricordi d’infanzia, iniziando da quelli in prosa e passando poi a quelli in versi.
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Cerrato, Daniele. "Lodovico Domenichi e Lucia Bertani: un’amicizia letteraria nella Querelle des Femmes". Cartaphilus. Revista de investigación y crítica estética, n.º 19 (19 de abril de 2022). http://dx.doi.org/10.6018/cartaphilus.485991.

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Il presente articolo analizza l’amicizia letteraria tra Lodovico Domenichi e Lucia Bertani ed esamina le opere più importanti del poligrafo piacentino in cui vi sono riferimenti alla poetessa modenese. Lucia Bertani compare sia come personaggio sia come dedicataria di opere e i riferimenti a lei sono costanti soprattutto negli ultimi anni della produzione di Domenichi. Il rapporto di reciprocità è dimostrato dai sonetti che Bertani gli dedica e la loro relazione si può inserire nell’ambito della Querelle des Femmes che caratterizzò il Cinquecento e dove Domenichi rappresenta uno dei principali protagonisti.
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Arriaga Florez, Mercedes. "Femminile e maschile nell'Orazione in lode alle donne di Alessandro Piccolomini". Estudios Románicos 31 (1 de mayo de 2022). http://dx.doi.org/10.6018/er.506761.

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This article analyses the figures of women and men in the text of the Orazione in lode alle donne (1545), written by Alessandro Piccolomini, in which he accuses his colleagues, literary friends, of not knowing how to treat women well while he, alternatively, puts himself as their defender. The rhetorical game has its origins in these recipients and interlocutors of this work who have a familial bond, a friendship or literary tastes and political tendencies in common with the author. The author's ironic and ambiguous attitude towards the concepts of feminine and masculine is closely linked to the atmosphere of playfulness in the Accademia degli Intronati and the complicity between its members, which allows double engenders and a mock dialectical clash, in which the author represents his companions as characters of a farce, characterized by their misogynistic ideas that are “dicted” in the text to be “contradicted” by Piccolomini. The text thus develops under the sign of the splitting masculinity and femininity: courtly men versus vulgar men, virtuous women versus vicious women within the context of idealised love against carnal love. Questo articolo prende in analisi le figure di donne e di uomini presenti nel testo dell’Orazione in lode alle donne (1545), composta da Alessandro Piccolomini, nella quale ammonisce i colleghi, amici letterati, colpevoli di non saper trattare bene le donne mentre, in alternativa, lui si propone come il loro difensore. Il gioco retorico ha origine in questi destinatari e interlocutrici dell’opera che condividono con l’autore legami familiari, amicizia, gusti letterari e tendenze politiche. L’atteggiamento ironico e ambiguo dell’autore verso i concetti di femminile e maschile è strettamente legato al clima di gioco presente nell’Accademia degli Intronati e alla complicità fra i loro membri che permette i doppi sensi e il finto scontro dialettico, nel quale l’autore rappresenta i suoi compagni come personaggi di una farsa, connotati attraverso le loro idee misogine che vengono “dette” nel testo per essere “contraddette” da Piccolomini. Il testo si sviluppa così sotto il segno dello sdoppiamento del maschile e femminile: uomini cortesi versus uomini volgari, donne virtuose versus male donne in un contesto dell’amore idealizzato versus quello carnale. Questo articolo prende in analisi le figure di donne e di uomini presenti nel testo dell’Orazione in lode alle donne (1545), composta da Alessandro Piccolomini, nella quale ammonisce i colleghi, amici letterati, colpevoli di non saper trattare bene le donne mentre, in alternativa, lui si propone come il loro difensore. Il gioco retorico ha origine in questi destinatari e interlocutrici dell’opera che condividono con l’autore legami familiari, amicizia, gusti letterari e tendenze politiche. L’atteggiamento ironico e ambiguo dell’autore verso i concetti di femminile e maschile è strettamente legato al clima di gioco presente nell’Accademia degli Intronati e alla complicità fra i loro membri che permette i doppi sensi e il finto scontro dialettico, nel quale l’autore rappresenta i suoi compagni come personaggi di una farsa, connotati attraverso le loro idee misogine che vengono “dette” nel testo per essere “contraddette” da Piccolomini. Il testo si sviluppa così sotto il segno dello sdoppiamento del maschile e femminile: uomini cortesi versus uomini volgari, donne virtuose versus male donne in un contesto dell’amore idealizzato versus quello carnale.
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Conti, Stefano. "L’usurpazione di Silvano tra costrizione e brama di potere". Klio 98, n.º 1 (1 de enero de 2016). http://dx.doi.org/10.1515/klio-2016-0008.

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RiassuntoUn’attenta analisi comparata della testimonianza di Ammiano Marcellino con le altre fonti letterarie, e le probabili epigrafiche, mette in nuova luce l’usurpazione di Silvano (355 d. C.). Prima di dare il via alla rivolta, il generale valutò con attenzione l’esistenza di gruppi sociali ostili a Constanzo II: innanzitutto la popolazione delle Gallie, vessata dall’ingordigia degli emissari imperiali, ma c’erano eminenti figureIn conclusione l’usurpazione, più che dovuta agli intrighi di corte, come è stato spesso sostenuto, appare attentamente pianificata dallo stesso Silvano, forte dell’appoggio trasversale delle truppe, dei provinciali, ma anche di influenti personaggi italici.
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Díaz, Sara Elena. "L'opre del Zerbinar: l'effeminatezza nelle opere fiorentine di Margherita Costa". altrelettere, 3 de febrero de 2023. http://dx.doi.org/10.5903/al_uzh-68.

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Questo intervento prende in esame un tipo maschile effeminato, oggetto di satira in alcune opere dell’autrice e attrice seicentesca Margherita Costa. Si focalizza principalmente sui riferimenti satirici nei confronti di uomini identificati come Zerbini in tre opere scritte da Costa durante il suo periodo fiorentino, ovvero La Chitarra (1638), Lo Stipo (1639) e le Lettere Amorose (1639). Costa mette continuamente questi uomini imbelli a confronto con caratteri femminili forti, dileggiandoli per i loro abiti, trucchi e maniere effeminate. Gli Zerbini di Costa vengono ulteriormente evirati dal loro spendere scellerato e dalla loro devozione eccessiva verso l’altro sesso. Ritengo che, letti nel loro insieme, gli sforzi satirici di Costa di disciplinare questo personaggio maschile le consentano di esercitare una certa autorità letteraria altrimenti negata al suo sesso.
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"LE INETTE. ANALISI DI ALCUNE PROTAGONISTE DELL'IMMAGINAZIONE LETTERARIA DI ALBERTO MORAVIA". Studia Polensia 05, n.º 01 (31 de octubre de 2016): 38–55. http://dx.doi.org/10.32728/studpol/2016.05.01.03.

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Alberto Moravia è uno degli scrittori italiani moderni che ha maggiormente dato spazio alla figura femminile all'interno delle proprie opere. Le protagoniste dei suoi romanzi sono donne con dei destini segnati dalla tristezza e dal dolore. Moravia si concentra su temi e motivi collegati alla sua visione della vita e della società del suo tempo. Di conseguenza basa l'attenzione sull'indifferenza, sull'incapacità, sulla rassegnazione e sull'insoddisfazione delle proprie protagoniste. Nonostante i suoi romanzi siano collocati in un'altra epoca, i temi trattati risultano ancora molto attuali. Ogni suo personaggio femminile è particolare e unico, ma allo stesso tempo sono molti gli aspetti in comune, come le riflessioni, l'angoscia, l'intimità sessuale, le paure, i sogni attraverso i quali Moravia presenta la vera natura del collettivo femminile. La particolarità maggiore che si è voluta sottolineare con il presente lavoro è la maestria dell'autore con la quale è riuscito a calarsi nella psicologia del complesso mondo femminile. Il tutto è stato influenzato dal suo interesse verso la psicoanalisi, verso l'esistenzialismo e soprattutto dalla sua attrazione verso la figura enigmatica della donna.
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Full, Bettina y Karin Westerwelle. "Poeta fui. Dante und Vergil". Deutsches Dante-Jahrbuch 90, n.º 1 (28 de enero de 2015). http://dx.doi.org/10.1515/dante-2015-0002.

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RiassuntoÈ Virgilio ad aprire la serie di incontri con autori, soprattutto latini ed italiani, che ha luogo nella Commedia - Virgilio, che come »poeta« e »maestro« salva Dante, personaggio ed autore, dal suo smarrimento nella selva. Contro lo svanire della fama terrena si afferma, nell’agire e nel parlare dei due protagonisti, una genealogia letteraria che diviene tangibile tanto nella figura dell’antico poeta - lo evidenziano anche le miniature dei manoscritti - quanto nel valore intrinseco di un linguaggio figurativo che si trova in concorrenza con l’allegoria teologica. Sulle tracce del sottile rimando al (peccaminoso) piacere visivo che può derivare dal pelo maculato della lonza, della trasformazione stilnovistica di Virgilio, ma anche del confronto tra arte divina ed arte umana questo saggio ripercorre la riflessione di Dante su metafora e immagine come si manifesta nel rapporto con Virgilio.
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Heyer-Caput, Margherita. "Soggetti nomadi alla ricerca delle Terre promesse (2017) di Milena Agus". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies, 11 de noviembre de 2020, 001458582097122. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820971222.

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Una delle interpreti di maggior successo della Primavera Letteraria Sarda e della narrativa italiana contemporanea al femminile, Milena Agus offre nel suo ultimo romanzo, Terre promesse, un’espressione originale di scrittura come poiēsis, in cui l’atto del narrare si configura come forza creativa capace di plasmare la realtà attraverso la riflessione. Partendo dal significato diacronico del concetto di poiēsis, in particolare nei suoi sviluppi modernisti attraverso la riflessione di Martin Heidegger, questa analisi testuale segue la ricerca di una mitica “terra promessa” di tre generazioni sarde attraverso la struttura tripartita del romanzo. Nel corso di un ampio arco di tempo che va dall’immediato secondo dopoguerra attraverso il boom economico degli anni Sessanta fino al tardo capitalismo del terzo millennio, lungo un altrettanto ampio percorso migratorio da “la Sardegna” a “il Continente” a “l’America” con molteplici andate e ritorni, Felicita emerge come l’unico personaggio capace di raggiungere “terre promesse”. Felicita, per la sua accettazione costruttiva della fluidità dell’esistenza, incarna la soggettività nomade proposta da Rosi Braidotti, e diviene agente di trasformazioni dinamiche infuse di un’etica dell’affermazione. Nell’inerente nomadismo di Felicita ed attraverso la sua creatività poietica, l’autrice persegue “pratiche della speranza” per plasmare una comunità più inclusiva perché trans-gressiva.
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Stella, Clara. "Tra «infiammate stille» e «lacci cari»: la Cecilia di Margherita Costa (1644)". altrelettere, 16 de noviembre de 2021. http://dx.doi.org/10.5903/al_uzh-54.

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Il Cecilia Martire è stampato nel 1644 e dedicato al cardinale Francesco Barberini. Costa, in cerca di un nuovo protettore, si cimenta per la prima volta in un poema sacro. Il saggio si sofferma sui momenti più virtuosistici di Costa e sulla linea erotica che caratterizza il percorso, quasi mistico, di Cecilia. Dall’esile passio di Cecilia, Costa crea un poema diviso in quattro canti che segue le fasi del martirio della giovane, selezionando i quadri più drammatici in una grande ecfrasi letteraria che si relaziona anche ai lavori di ristrutturazione della basilica di Santa Cecilia in Trastevere, sorta sulla presunta domus della martire. I quadri vivono del crescere dell’eroicità di Cecilia, intensificata dall’ambiente infernale che si crea intorno alla giovane e che l’autrice modella sapientemente sull’Inferno dantesco, su Tasso e Marino, ma anche su opere coeve di impianto scientifico, come gli scritti sull’eruzione dopo il disastro del Vesuvio nel 1631. Infine, il personaggio della Sofronia tassiana è certamente un punto di riferimento per Costa nella costruzione di Cecilia e del suo rapporto con Valeriano, il cui erotismo sconfina nel profano nelle ottave espunte dalla stampa ma ancora leggibili nel ms. Vat. Barb. Lat. 4069 e di cui il saggio offre una lettura mirata.
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