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1

Ferraro, Giuseppe. "Differenza epistemologica e identità ontologica tra Saṃsāra e Nirvāṇa nel pensiero buddhista". Trans/Form/Ação 35, n.º 1 (abril de 2012): 193–212. http://dx.doi.org/10.1590/s0101-31732012000100012.

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La differenza tra i concetti di saṃsāra e nirvāṇastabilita dal Buddha (VI-V sec. a.C.) nel suo primo sermone sembra essere messa in discussione dall'equiparazione dei due termini effettuata da Nāgārjuna (II sec. d.C.) in un passaggio-chiave delle sue MK. Questo articolo, in primo luogo, difende la tesi che la contraddizione sia soltanto apparente e che la relazione, di differenza o di identità, tra le due dimensioni dipende dal registro filosofico, rispettivamente epistemologico e ontologico, usato - in entrambi i casi per finalità soteriologiche - dal Buddha e da Nāgārjuna. In secondo luogo, cercheremo di provare che, in ogni caso, l'ontologia di Nāgārjuna, lungi dall'essere una novità filosofica o un'evoluzione rispetto al pensiero del fondatore del buddhismo è, al contrario, una delle possibili applicazioni della dottrina del non-sé (anātma-vāda) - probabilmente il contributo più importante e originale del pensiero buddhista alla storia della filosofia universale - esposta dal Buddha nel suo secondo sermone.
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2

Lembo, Pietro. "Tra beatitudine ed im-potere: note sull’avvenire del biopolitico (Deleuze vs Derrida)". Veritas (Porto Alegre) 63, n.º 2 (5 de octubre de 2018): 473. http://dx.doi.org/10.15448/1984-6746.2018.2.30123.

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partendo dal pensiero foucaultiano, ed in particolare dalla tesi secondo cui la rottura epistemologica tra sovranità e biopolitica avrebbe svelato la consustanzialità tra potere e vita, il presente contributo intende rintracciare nelle filosofie francesi della differenza, ossia nel pensiero di Deleuze e di Derrida, due filosofie della vita che, nel pensare il nesso tra vita e potere in modo antitetico, risultano imprescindibili qualora si voglia riflettere circa l’avvenire della bipolitica.
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3

Paggi, Leonardo. "Gramsci, la mondializzazione e il pensiero della differenza". DEMOCRAZIA E DIRITTO, n.º 2 (enero de 2018): 37–46. http://dx.doi.org/10.3280/ded2017-002003.

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Del Bello, Sara. "donne di María Zambrano. L ’attualità del suo pensiero in una prospettiva filosofico-femminile." Bajo Palabra, n.º 25 (14 de junio de 2021): 239–50. http://dx.doi.org/10.15366/bp2020.25.011.

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L’attenzione che María Zambrano presta all’universo femminile si concretizza sia attraverso pagine di intensa riflessione socio-politica, sia grazie ad una ricerca linguistico-concettuale della quale le sue donne sono viva espressione. Toccando, in particolare, il mondo di Eloisa e Antigone, in questo breve spazio abbiamo l’opportunità di sviluppare temi quali la responsabilità, l’etica e la coscienza, grazie ad un’analisi politica, caratteristica fondamentale del suo pensiero, anche quando non si manifesta esplicitamente. E ancora una volta la filosofa spagnola fa sì che emergano i suoi tratti distintivi, spesso precursori di molti temi posteriori, come il pensiero della differenza sessuale.
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5

Zanelli, Silvia. "Attraverso Deleuze e Simondon: ontogenesi, processo e relazione". ACME 74, n.º 1 (26 de noviembre de 2021): 201–16. http://dx.doi.org/10.54103/2282-0035/16798.

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Obiettivo del presente contributo è tracciare una cartografia della nozione di individuazione, nella sua relazionalità con la dimensione del pre-individuale, lavorando tra il pensiero di Gilles Deleuze e Gilbert Simondon, attraverso un percorso di ripensamento dell’idea di umanità. Si vorrebbe cioè mostrare come sia possibile risemantizzare la vexata quaestio della “Fine dell’Uomo”, rileggendola piuttosto come un problema di con-fini e di margini, sempre attivi e divenienti. Al fine di mettere in luce questa costitutiva interrelazione fra il campo del pre-personale e dei processi di individuazione, si prenderanno in analisi i concetti di differenza, affettività e di “comunismo ontologico”.
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Valdrè, Rossella. "Sulla sublimazione: il destino indiretto della pulsione. Rivisitazione di un concetto fondante nella teoria, la clinica, l'arte e la Civiltà". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2022): 59–87. http://dx.doi.org/10.3280/psp2022-002004.

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Il lavoro presenta un'ampia revisione del concetto freudiano di su-blimazione, ripercorrendone la storia nel pensiero di Freud, l'evoluzione nel dopo-Freud, le controversie teoriche, e le vaste ricadu-te sull'arte, sulla Civiltà e sulla clinica. Autrice di un saggio sulla su-blimazione del 2014, l'autrice si domanda se si sia di fronte ad una scomparsa della sublimazione, apparentemente meno diffusa nel dibat-tito contemporaneo. In realtà, sotto mentite spoglie nelle diverse teoriz-zazioni, essa ha continuato ad operare nella clinica e nella collettività. Freud non vi dedicò mai un saggio specifico, per cui occorre ricavarla da tutto il suo pensiero, ma è considerato il Leonardo da Vinci l'opera dove meglio viene teorizzata. Sebbene Freud ponesse la sublimazione ad esito del percorso analitico e come necessità per la sopravvivenza dell'uomo e della Civiltà, negli scritti clinici si mostrò poco ottimista, data la difficoltà che l'uomo ha verso la rinuncia pulsionale. Per sublimazione si intende infatti un destino diverso della pulsione, un cambiamento di meta, che anziché dirigersi sull'oggetto sessuale, si sposta su altri oggetti, non più sessuali, ma in grado di dare ugualmente piacere. Gli investimenti sublimati alla meta comprendono l'amicizia, il lavoro, l'arte, il pensiero, fino alla fondazione della Cultura. Grazie al-la flessibilità pulsionale, l'uomo, a differenza dell'animale in cui gli istinti sono rigidi, può cambiare gli oggetti del desiderio, sostituirli con altri più adeguati, e avviarsi così al processo propriamente umano della simbolizzazione. La sublimazione implica una rinuncia all'oggetto, e questo ne fa un processo non facile per molti individui. Nel dopo Freud, la si è sostituita con la "riparazione", o ci si è spostati nell'area potenziale ma uscendo dalla metapsicologia non si può più, a rigore, parlare di sublimazione, sebbene l'esito pratico possa somigliarle. Ven-gono discusse le misteriose modalità dell'arte, il complesso rapporto con la pulsione di morte e il ruolo della contemporaneità.
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Marcon, Alessandra y Elvira Pietrobon. "Deconstructing paradigms of Western thought". CRIOS, n.º 23 (octubre de 2022): 78–87. http://dx.doi.org/10.3280/crios2022-023008.

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Questo articolo ripercorre le due giornate del seminario Deconstructing paradigms of Western thought organizzato dalla Scuola di Dottorato in Urbanistica IUAV a Venezia nel maggio 2022. L'obiettivo del seminario era quello di esplorare due approcci emergenti che stanno contribuendo a reinterrogare alcuni paradigmi del pensiero occidentale, al fine di evidenziarne le ripercussioni sulla cultura della ricerca e del progetto urbanistici. Alla discussione sono stati invitati a partecipare gli autori di due libri: Sébastien Marot, autore di Taking the country's side, Agriculture and Architecture, e Antonio Di Campli, autore di La differenza amazzonica, Forme ed ecologie della coesistenza. Due prospettive hanno guidato la discussione all'interno dei rispettivi incontri: come fare ricerca e progettazione Beyond Nature and Nurture e cosa significa Decoloniale dal punto di vista dell'urbanistica. Attraverso la recensione del seminario, l'articolo intende riportare la discussione sulla ricerca e il progetto alla loro dimensione politica ed epistemologica attraverso strumenti rinnovati che tengano conto delle attuali condizioni di crisi e le riflessioni critiche che ne scaturiscono.
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Antonella Meccariello y Renata Mentasti. "Parola d’ordine STEM-conoscere per colmare il divario di genere. L'importanza del curricolo interdisciplinare di educazione finanziaria per promuovere il pensiero scientifico nella scuola primaria". IUL Research 1, n.º 2 (1 de diciembre de 2020): 107–17. http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v1i2.57.

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L’articolo rientra nella categoria delle “reflection papers” in quanto rappresenta un contributo teorico di approfondimento sulle tematiche della pedagogia e curricula innovativi nell'educazione STEM nonché sugli approcci e le metodologie per la ricerca educativa STEM. Nel documento vengono messe in evidenza le problematiche legate alla didattica delle STEM, partendo dalle evidenze dell’ultima indagine dell’OCSE PISA che sottolinea fortemente l’attuale divario di genere nell’apprendimento delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche. Tale differenza sembra condurre inevitabilmente ad una disuguaglianza sociale crescente, allontanando sempre di più i cittadini dal traguardo di sostenibilità individuato dall’Assemblea delle Nazioni Unite nella Risoluzione adottata nel 2015 e limitando fortemente l’indipendenza della popolazione femminile. Nell’articolo viene evidenziato che l’indagine summenzionata rivela una stretta correlazione tra l’alfabetizzazione matematica e quella finanziaria, tanto da indurre a considerare l’importanza dell’educazione precoce alle STEM anche attraverso percorsi didattici di educazione finanziaria nella scuola primaria, da inserire nei curricoli verticali degli istituti scolastici. Vengono suggerite alcune delle tematiche da affrontare con le diverse fasce d’età, le strategie educative da mettere in atto e le metodologie didattiche da utilizzare passando attraverso l’interdisciplinarietà e l’innovazione tecnologica. L’articolo si conclude con la convinzione che la scuola, non solo la famiglia, sia un contesto efficace per fornire ai giovanissimi gli strumenti di pensiero per sviluppare le competenze di problem solving e per effettuare scelte consapevoli ed informate.
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Fiorelli, Fabio. "La scomparsa della realtà". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2021): 143–63. http://dx.doi.org/10.3280/psp2021-002010.

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In questo lavoro l'autore si interroga sulle possibili conseguenze delle trasformazioni attuali in campo tecnologico sulla teoria e sulla pratica psicoanalitiche. In particolare, viene presa in considerazione la progressiva "virtualizzazione" della realtà che molti autori, in ambito filosofico e no, rilevano. Se viene meno la nozione di realtà per come la si è sempre pensata - per esempio contrapposta alla fantasia e all'immaginazione - sono ancora valide le categorie che la psicoanalisi utilizza e che derivano da un pensiero che si è costituito prima che tali trasformazioni avvenissero? La stessa nozione di genealogia sembra in profonda trasformazione: come incide su alcuni dei fondamenti su cui la psicoanalisi poggia, per esempio la differenza tra le generazioni? Anche il corpo appare soggetto alla stessa opera di smaterializzazione e disseminazione; ne sarebbero testimonianza le opere recenti di artisti che utilizzano ciò che le nuove tecnologie mettono a disposizione. Non occorre allora ripensare alcuni fondamenti della psicoanalisi proprio a partire, però, dal metodo classico che può fornire comunque una sonda e uno sguardo scientifico su questa nuova categoria di umano che sembra andare costituendosi? Anche nell'ambito psicoanalitico stesso si sta riflettendo sull'impatto di tali cambiamenti, forse irreversibili, e confrontando con l'esigenza di individuare un possibile, ma probabil-mente necessario, punto di equilibrio tra la tradizione psicoanalitica, con i suoi strumenti di indagine, e il "nuovo" che si sta manifestando.
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Migone, Paolo. "Vari modi di formare". PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, n.º 4 (diciembre de 2011): 491–94. http://dx.doi.org/10.3280/pu2011-004007.

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Vengono discussi i seguenti tre punti: (1) Facendo riferimento a un dibattito che Paolo Migone ha avuto con André Green e Otto F. Kernberg sulla differenza tra psicoanalisi e psicoterapia (vedi pp. 215-234 del n. 2/2009 di Psicoterapia e Scienze Umane), si argomenta che non vi č differenza tra formazione in psicoanalisi e in psicoterapia nella misura in cui la psicoanalisi viene concepita non come una tecnica ma come una teoria generale declinata in diverse tecniche; (2) Princěpi psicoanalitici possono essere utilizzati anche nella formazione di terapeuti non psicodinamici, ai quali si puň mostrare come le stesse problematiche od operazioni cliniche, spesso chiamate in altro modo, sono presenti trasversalmente in diversi approcci; (3) Una rivista di psicoterapia, come ad esempio Psicoterapia e Scienze Umane (di cui l'Autore č condirettore), puň giocare un ruolo importante nella formazione dei professionisti della salute mentale perché puň accompagnare i lettori, nel corso degli anni, in percorsi di lettura che abituino al pensiero critico.
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Poma, Andrea. "Commento a Colpa e sensi di colpa di Martin Buber". QUADERNI DI GESTALT, n.º 1 (octubre de 2010): 79–87. http://dx.doi.org/10.3280/gest2010-001005.

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L'autore prende le mosse dall'edizione italiana del testo Colpa e sensi di colpa di Martin Buber per sottolineare il rapporto fra il pensiero del filosofo e la svolta umanistica in psicoterapia, mettendone in risalto non solo la nota vicinanza, ma anche alcuni punti di distanza e differenza che le caratterizza. In particolare si sofferma su due problemi aperti che ancora interrogano la psicoterapia: la dimensione etica della colpa e il rapporto fra terapeuta e paziente. In primo luogo, la colpa, considerata in senso etico e non solo come sentimento di colpa, č interamente riconducibile all'ambito psicologico o trascende questa sfera radicandosi in un orizzonte esistenziale e quindi irraggiungibile dalla psicoterapia? In secondo luogo, come č possibile incontrare il paziente su un piano esistenziale (il che significa rinunciare a una posizione io-esso per sostare nell'autentico io-tu) senza perdere il proprio metodo, ruolo e infine se stessi? Questi interrogativi sono proposti come stimoli di riflessione per la psicoterapia e per lo sviluppo dei suoi fondamenti.
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Molinari, Jonathan. "Divina Caligo: l'influenza dello Pseudo-Dionigi nel neoplatonismo fiorentino". Revista Ética e Filosofia Política 2, n.º 24 (2 de abril de 2022): 375–94. http://dx.doi.org/10.34019/2448-2137.2021.37209.

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Con questa ricerca vorremmo soffermarci su quattro punti che riteniamo fondamentali per la comprensione dell'influenza delle fonti neoplatoniche nella Firenze del Quattrocento. Il punto di partenza è l'analisi dei rapporti tra i due massimi esponenti del neoplatonismo fiorentino: Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, autori fondamentali non solo per le loro interpretazioni, ma anche per aver riscoperto e tradotto, dopo secoli di silenzio, i tesori del pensiero greco. Non si comprenderebbe l'influenza delle fonti neoplatoniche antiche nel Quattrocento senza rendere conto del confronto – spesso molto aspro – tra i due protagonisti pricipali della riscoperta rinascimentale di Platone e di tutta la tradizione neoplatonica. Il secondo punto affronta un'importante interpretazione in senso tomista dell'opera di Pico, quella di Giovanni di Napoli, che aiuta ad intendere tanto le differenze tra il mirandolano e Ficino, quanto ad introdurre all'influenza importantissima dello Pseudo-Dionigi in tutto il dibattito filosofico del tardo Quattrocento. Il terzo punto cerca di affrontare un tema fondamentale: l'esigenza di definire e organizzare nuovi ordini del sapere. Dal recupero del passato emergevano nuove contraddizioni e nuove esigenze, non si trattava affatto di una semplice imitazione dell'antico, ma al contrario, significava farlo rivivere in nuove forme e costruire nuovi sistemi dei saperi capaci di rispondere alle esigenze culturali e politiche che stavano alla base della nascita del moderno. L'ultimo punto riguarda invece un'analisi specifica tra il pensiero di Giovanni Pico e lo Pseudo-Dionigi, discorso che ovviamente comporta anche l'analisi di altre fonti fondamentali, in particolare Damascio. Parole chiave: Neoplatonismo fiorentino, Giovanni Pico, della Mirandola, Marsilio Ficino, Pseudo-Areopagita
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Carlisi, Fabio. "Fenomenologia e fede nel pensiero del primo Heidegger." Differenz, n.º 5 (2019): 121–38. http://dx.doi.org/10.12795/differenz.2019.i05.06.

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Perché Heidegger dopo il richiamo all’esigenza metodologica di una fondazione della filosofia intesa come scienza pre-teoretica originaria, in aperta polemica tanto con la scuola di Marburgo, quanto dallo storicismo di Dilthey, si rivolge al proto-cristianesimo? Perché proprio a Paolo di Tarso? Quale legame sussiste tra l’esperienza fondamentale della fede e il compito designato di una filosofia intesa come scienza pre-teoretica originaria? La nostra ipotesi di lettura, consiste nel sostenere come proprio la radicalizzazione fenomenologica, riceva dall’analisi dell’esperienza religiosa Paolo, una possibilità di esplicitazione, che rispetto ai traguardi metodologici raggiunti nei precedenti corsi soddisfa nel merito le esigenze tematiche dell’esperienza originaria pre-teoretica.
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Corbella, Silvia. "Contemporaneità del pensiero di Janine Puget". GRUPPI, n.º 2 (octubre de 2021): 171–77. http://dx.doi.org/10.3280/gruoa2-2020oa12589.

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L'autrice sottolinea la contemporaneità di Janine Puget che permette al presente di divenire esperienza, di passare dall'impotenza a essere attori e testimoni del nostro tempo, e la valorizzazione dell'inaspettato e delle differenze. In questa situazione di pandemia sono di particolare importanza l'attenzione critica della Puget sulla modalità di dare informazioni e la sua attenzione alla costante relazione fra mondo esterno e mondo interno che implica accettare l'incertezza nella nostra quotidianità.
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Gallo, Bianca. "Modelli, metodi e formazione". GRUPPI, n.º 1 (julio de 2022): 101–6. http://dx.doi.org/10.3280/gruoa1-2021oa14026.

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In questo lavoro si esaminano gli aspetti della pratica clinica nelle terapie di gruppo evidenziati da Anzieu. Lo studio di questo testo appare come assolutamente rilevante per COIRAG, la cui organizzazione è particolarmente complessa. Nella formazione dei futuri psicoterapeuti di gruppo, COIRAG propone una integrazione dei diversi modelli delle associazioni federate che sono presenti in COIRAG, e che hanno metodologie e riferimenti teorici diversi, benché tutti derivati da una radice comune, la psicoanalisi. L'autore affronta in particolare il problema dei cosiddetti gruppi "corporei", come è lo psicodramma, che metodologicamente prevedono delle vere e proprie azioni. L'autore propone delle ipotesi che si appoggiano sulle più recenti conoscenze della biologia, e che mostrano come tali tecniche, a differenza di ciò che accade nei gruppi verbali, in generale si basano sulla mobilizzazione di memorie corporee implicite, pensieri mai pensati, o pensieri che siano stati rimossi o negati, ma conservati tali e quali nel corpo. 
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Varveri, Loredana. "Differenza di genere e comportamento d'acquisto irregolare". PSICOLOGIA DI COMUNITA', n.º 1 (mayo de 2011): 91–101. http://dx.doi.org/10.3280/psc2011-001009.

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Il disturbo di acquisto compulsivo č caratterizzato da pensieri eccessivi di shopping e da un comportamento d'acquisto impulsivo che conduce ad un disagio piů o meno profondo, a seconda della sua gravitŕ. Le ricerche sul territorio e le indagini cliniche suggeriscono che tra l'80% e il 95% delle persone col suddetto disturbo sono donne. La differenza di genere evidenziata potrebbe essere un artefatto: le donne sono piů pronte nel dichiarare di avere un problema con lo shopping e gli uomini sono "sottorappresentati" nei campioni delle ricerche. Tuttavia, alcuni autori suggeriscono che la differenza di genere č reale ed č legata a specifici fattori psicosociali. A partire da queste considerazioni, questo articolo presenta un contributo di ricerca volto ad indagare la relazione tra comportamento d'acquisto irregolare e differenze di genere.
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Caprì, Tindara y Rosa Angela Fabio. "Processi cognitivi complessi e aggressività". RICERCHE DI PSICOLOGIA, n.º 2 (septiembre de 2020): 713–46. http://dx.doi.org/10.3280/rip2020-002012.

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Gli studi presenti in letteratura hanno mostrato l'esistenza di fattori cognitivi, emotivi e genetici che influenzano l'aggressività. Mentre molte ricerche focaliz-zano la loro attenzione sui processi cognitivi sociali, lo scopo del presente studio è quello di indagare la relazione tra processi cognitivi complessi e aggressività. Abbiamo esaminato tale relazione in 236 bambini delle scuole elementari. L'obiettivo principale di questa ricerca è indagare se nei bambini che attuano comportamenti aggressivi, esistono differenze non solo negli aspetti socio-cognitivi (Fase 1 della ricerca), come rilevato dagli studi presentati, ma anche nei processi cognitivi complessi che ne sono alla base, come il pensiero critico ed il problem solving (Fase 2 della ricerca). Sono stati confrontati due gruppi: soggetti aggressivi e di controllo. Abbiamo ipotizzato che i bambini con comportamento aggressivo mostrino capacità di pensiero critico e di problem solving inferiori ri-spetto al gruppo di controllo. I partecipanti erano inizialmente 121 maschi e 115 femmine, di età compresa tra 10 e 11 anni. La ricerca è stata articolata in due fasi distinte. Nella prima sono state somministrate tre scale di self report e una scala di nomina dei pari per valutare rispettivamente: il comportamento aggres-sivo, l'autoefficacia e il disimpegno morale; inoltre due scale sono state sommi-nistrate agli insegnanti per valutare i comportamenti aggressivi, disattentivi e ipe-rattivi dei bambini. Nella seconda fase, 31 bambini sono stati selezionati dal campione iniziale e suddivisi in due gruppi (aggressivo vs controllo). Il pensiero critico e le capacità di problem solving sono stati testati da cinque strumenti. I risultati mostrano un'interessante relazione tra comportamenti aggressivi e le di-mensioni analizzate e rivelano differenze significative tra bambini con compor-tamento aggressivo e gruppo di controllo solo nel pensiero critico, e non nelle ca-pacità di problem solving. I risulati sono stati discussi alla luce della teoria dell'elaborazione delle informazioni sociali, secondo cui le abilità sociali e cogni-tive giocano un ruolo chiave nell'influenzare il comportamento aggressivo.
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Dammacco, Gaetano. "Riflessioni sul diritto di satira e i suoi limiti". Studia z Prawa Wyznaniowego 23 (30 de diciembre de 2020): 101–21. http://dx.doi.org/10.31743/spw.10355.

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La satira è un paradigma estremo della libertà di espressione, ma esistono incertezze sulla sua definizione concettuale e sulla relativa disciplina giuridica. Lo sviluppo della comunicazione ha prodotto numerose figure letterarie simili tra loro come la cronaca (una registrazione impersonale e non interpretativa di fatti accaduti), la critica (analisi soggettiva e giudizio relativi a fatti accaduti) e la satira (critica sarcastica di personaggi, comportamenti, modi di fare individuali con scopo di denuncia sociale). Gli elementi che caratterizzano la satira, sviluppatisi nel corso dei secoli, sono sostanzialmente due: attenzione alle contraddizioni (della politica, della società, della religione, della cultura) e intento moralistico per promuovere un cambiamento sociale. La satira religiosa colpisce il potere ecclesiastico e le sue contraddizioni, ma colpisce anche i simboli religiosi e i contenuti delle religioni. Ne conseguono differenti conseguenze giuridiche. Quando colpisce il patrimonio di fede dei credenti essa non è accettabile. La satira religiosa genera una specie di conflitto tra differenti valori costituzionali, e cioè tra il diritto alla libera espressione del pensiero e il diritto alla reputazione e alla tutela del sentimento religioso. Il diritto di satira in generale è riconosciuto dagli ordinamenti giuridici (sia internazionali, sia nazionali) come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale, che deriva dalla libertà di espressione e di pensiero. Pensiero, coscienza e religione – per esempio nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – sono omologhi (come beni giuridici o valori etici). Pertanto pensiero, coscienza e religione non possono essere in contrapposizione tra loro. Notevoli incertezze esistono sulla disciplina giuridica del diritto di satira, che non può mai offendere i diritti fondamentali della persona, la sua dignità, la sua reputazione. La Carta di Nizza ha favorito un orientamento, che considera il diritto di libera espressione nella sua forma più ampia ed espansiva. È tuttavia sempre stato affermato il valore prevalente dei diritti umani fondamentali, che non possono essere offesi dall’esercizio del diritto di satira. Negli ordinamenti giuridici nazionali, la forza del diritto di satira consiste nel riconoscimento del suo rango costituzionale, ma anche nei limiti che deve avere. La giurisprudenza ha elaborato i vincoli “formali”, tra i quali i più importanti sono il limite della continenza e della funzionalità.
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Campoli, Roberto. "Il sentimento oceanico e dintorni". RUOLO TERAPEUTICO (IL), n.º 116 (febrero de 2011): 21–33. http://dx.doi.org/10.3280/rt2011-116004.

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L'autore prende le mosse dallo scambio tra Sigmund Freud e Romain Rolland a proposito del sentimento oceanico che, per quest'ultimo sarebbe da intendersi come fondamento delle credenze religiose. Si passa poi ad esaminare la presenza di tale sentimento nel pensiero di poeti, letterati, psicoanalisti e l'autore stesso, il quale intravede somiglianze, parentele di tale sentimento con concetti quali incantamento, fusionalitŕ, esperienze transazionali. L'articolo si sofferma su alcuni aspetti peculiari del concetto di R. Rolland, aspetti che vengono spesso descritti come patologici, dandone invece qui un'interpretazione differente: si delinea nell'articolo la possibilitŕ che nella persona matura possano fruttuosamente convivere separatezza e fusionalitŕ, spirito razionale e ragione poetica. Tale positiva compresenza porterebbe ad un allargamento dell'esperienza del sé. L'autore propone inoltre che la realtŕ non debba essere interpretata unilateralmente e verificata dal solo pensiero logico-razionale; sostiene quindi che essa grazie alla vita di fantasia (non piů concepita esclusivamente come fuga difensiva dalla realtŕ), grazie alle aree creative della mente, possa essere vista come qualcosa che conosce differenti articolazioni possibili con il sé della persona, garantendo, tra l'altro, la possibilitŕ di nuovi approcci alla vita, superando la fissitŕ degli schemi nevrotici di adattamento al reale.
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Gabriel, Sapisochin. "L'ascolto della regressione nel processo analitico". PSICOANALISI, n.º 2 (enero de 2012): 29–73. http://dx.doi.org/10.3280/psi2011-002002.

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Partendo dalla supposizione secondo la quale la nozione di regressione libidica appartiene a un modello di psichismo statico, chiuso al legame con l'altro e organizzato in maniera invariante, l'Autore considera che la comparsa dell'arcaico nella seduta psicoanalitica implichi un modello di psichismo inteso come un'Organizzazione Funzionale con differenti livelli di funzionamento e di rappresentazione simbolica. Propone l'idea di uno psichismo arcaico, concepito come inconscio non rimosso, risultato delle attribuzioni proiettive trau- matiche dell'inconscio genitoriale, che cerca espressione e rappresentazione attraverso l'agire nei diversi contesti nei quali si elabora la realtŕ psichica. L'Autore ritiene che l'idea di uno psichismo che si esprime e rappresenta attraverso la ripetizione messa in atto č la conseguenza logica di un modello di soggetto psichico aperto alla generazione di senso nel rapporto con l'altro dello spazio intersoggettivo, che ha cessato di essere un oggetto contingente. Pensa che la nozione freudiana di agieren implichi un cambiamento nella teoria dell'ascolto psicoanalitico, dato che il transfert cessa di essere soltanto lo spostamento delle rappresentazioni intrapsichiche per costituirsi come un fenomeno inter-soggettivo indissolubilmente legato al controtransfert. Č per questo che egli ritiene che il transfert, ormai legato alla posizione controtransferale inconscia, superi il modello della prima teoria delle pulsioni e della prima topica freudiana. Riflette sull'uso strumentale della regressione nel processo analitico, sostenendo che essa, accogliendo la rappresentazione scenica di una particolare configurazione arcaica intrasoggettiva dell'analizzando, iscrittasi come gesto psichico non pensato verbalmente, crei le condizioni per una nuova forma di rappresentazione, conciliabile con il pensiero verbale dell'Io, distante dalla ripetizione messa in atto e suscettibile di risignificazione infinita.
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Bianchini, Sara. "Kant e la Rivoluzione Francese: liberali e/o reazionari fra passione e storia". Argumentos - Revista de Filosofia, n.º 22 (18 de noviembre de 2019): 72–90. http://dx.doi.org/10.36517/argumentos.22.7.

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L’articolo nasce dal tentativo di trovare una connessione all’interno di parte della filosofia kantiana fra i tre termini di “passione”, “storia” e “Rivoluzione” (soprattutto francese). La sua intenzione fondamentale è quella di rispondere alle seguenti domande: che ruolo hanno le passioni nel sorgere della storia? E quale significato ha rappresentato la Rivoluzione Francese nel corso delle vicende umane? La ricerca si è occupata principalmente del commento di alcune delle nove tesi del testo kantiano Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico ma si è basata anche su altri testi del filosofo di Könisberg, quali Il conflitto delle Facoltà ed i Principi metafisici della dottrina del diritto. Essa si è articolata intorno ai seguenti punti: il ruolo della socievole insocievolezza nel far nascere la società e dunque la storia, il ruolo del popolo nel determinare la storia, la posizione kantiana a favore e poi contro la Rivoluzione Francese. Cercando di determinare se si possa mantenere una linea di sostanziale continuità, nonostante le differenze, nel pensiero kantiano sulla Rivoluzione Francese espresso nei testi sopracitati, l’articolo s’interroga anche sul rapporto fra procedere della ragione nella ricerca della conoscenza e della crescita morale, e filosofia della storia (ragionando particolarmente sul confronto fra l’idea di “fine” della storia e l’uso della ragione, un confronto mediato dal concetto di “organizzazione”).
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Striano, Maura y Stefano Maltese. "Globalizzazione, educazione e pensiero delle differenze". EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, n.º 2 (enero de 2018): 13–28. http://dx.doi.org/10.3280/erp2017-002002.

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Tartabini, Veronica. "Verso un sapere sul sacro: dal misticismo spagnolo alla ragione poetica". Bajo Palabra, n.º 25 (14 de junio de 2021): 251–72. http://dx.doi.org/10.15366/bp2020.25.012.

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San Giovanni della Croce e Teresa d’Avila esercitarono la loro influenza sulle riflessioni di una delle protagoniste della filosofia spagnola del XX secolo: María Zambrano. Nel 1939, compiendo i primi passi del suo esilio in Messico, la filosofa scrisse sul grande mistico castigliano, ereditando la sua critica ad una concezione dell’uomo che possa prescindere dall’anima e dalle “viscere” dell’esistenza, dall’amore per la vita e le sue differenze, dall’unione di filosofia e poesia. In età matura, a Roma, la pensatrice malagueña scrive citando Santa Teresa e la sua visione della soggettività umana, ereditando i suoi insegnamenti per comprendere l’essere umano nella sua costante ricerca di unione con il sacro. Si tratta di una lunga tradizione di pensiero, che colloca la discepola di Ortega sulla scia dei grandi mistici spagnoli del XVI secolo.
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de Polo, Renato. "Note sul tema dell'epistemologia in psicologia e psicoanalisi". GRUPPI, n.º 2 (julio de 2012): 83–95. http://dx.doi.org/10.3280/gru2011-002006.

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L'autore prende spunto dal pensiero di Evandro Agazzi sull'epistemologia delle scienze psicologiche per definirne gli elementi essenziali che ne garantiscano la scientificitŕ. Trae dal suo pensiero la necessitŕ di definire l'oggetto di una scienza, i criteri di protocollaritŕ, cioč di raccolta dei dati e la rigorositŕ del quadro concettuale. All'interno di queste coordinate si sostiene che una disciplina come la psicoanalisi puň definirsi scientifica nella misura in cui presenti i contenuti specifici che la riguardano, anche se si differenzia dalle metodologie di impianto fisico-matematico che contraddistinguono quelle scienze che ad essa si ispirano e che tendono ad affermarsi come le uniche depositarie, in senso riduzionistico del marchio della scientificitŕ. L'autore, da questo punto di vista raccoglie un insieme di modalitŕ operative e di concezioni teoriche attraverso le quali l'intervento psicoanalitico possa corrispondere a requisiti di scientificitŕ.
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Sbiglio, Maria Gabriela, Lara Giambalvo, Alessandra Verri, Barbara Bianchini y Velia Bianchi Ranci. "Gli effetti del presente". GRUPPI, n.º 2 (octubre de 2021): 178–93. http://dx.doi.org/10.3280/gruoa2-2020oa12590.

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Il presente scritto è frutto del lavoro di un gruppo di colleghe che si sono riunite, su iniziativa di una di loro, Maria Gabriela Sbiglio, per riflettere sugli effetti della pandemia nella clinica contemporanea. La cornice di questa riflessione è stata costituita dal pensiero di Janine Puget, attraverso la lettura e l'ascolto condiviso di materiale proveniente dagli ultimi interventi in diversi convegni internazionali e seminari cui Puget ha partecipato nel periodo post pandemia. Gli autori sottolineano la situazione dell'incontro con l'alterità che crea una nuova storia, dei nuovi significati e un nuovo inconscio. Nella temporalità del presente e dall'incontro con le differenze si attivano delle "tensioni" e dei 2confini". Le differenze coesistono come "mondi paralleli", ognuna con il proprio significato, e possono produrre aperture e trasformazioni, a partire da quello che è possibile "fare insieme". Il processo del gruppo si è poi intrecciato a una rielaborazione svolta dai singoli partecipanti su alcuni dei concetti principali del pensiero di Puget, integrando anche il materiale dell'intervista da lei rilasciata alla rivista Gruppi del 2019 e qui pubblicata.
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Poma, Iolanda. "Il Pensiero vivente". Trilhas Filosóficas 13, n.º 3 (31 de marzo de 2020): 13–28. http://dx.doi.org/10.25244/tf.v13i3.296.

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Lo scritto vuole celebrare la nascita di Gabriel Marcel, parlando del confronto che egli imbastisce nei suoi scritti con il tema della morte. Tale confronto testimonia il carattere sempre vivo e rinascente del pensiero di Marcel: non perché escluda la morte come suo opposto, ma perché riconosce il loro indissolubile intreccio. Il binomio di vita-morte, come quelli tra essere-avere e tra mistero-problema, prospetta una dinamica di reciproca implicazione, di mutua dipendenza, fra termini differenti, ma necessari l’uno all’altro. Marcel descrive l’esperienza del loro segreto scambio e di trasmutazione continua, che contesta l’opposizione di Medesimo-Altro, facendo proprio l’interscambio tra Proprio-Estraneo. La morte è come la realtà misteriosa dell’amore o della nascita: si trovano nel cuore dell’esperienza e producono un’intima trasformazione dell’esistenza e la continua germinazione del pensiero. In queste esperienze Marcel vive l’intreccio del tempo con l’eternità, in cui prende forma il suo neo-orfismo di ispirazione rilkiana (che si ispira alla poetica di Rilke; o di influenza rilkiana: of Rilke’s influence), incentrato sullo spirito di metamorfosi. Parole-chiave: “VITA-MORTE”. “TEMPO”. “AMORE”. “INTRECCIO”. “ORFISMO”. “METAMORFOSI”.
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Gallo, Anna y Sergio Leon Guerrero. "Juan María Montijano." Revista Eviterna, n.º 10 (28 de septiembre de 2021): 55–66. http://dx.doi.org/10.24310/eviternare.vi10.12956.

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A partire da una riflessione maturata da Juan María Montijano riguardo la natura metafisica del design, intesa quale custode del reale significato degli oggetti che ci circondano, lo studio approfondisce il ‘valore immateriale dei prodotti materiali' con l’intento di invitare a porre attenzione non solo sul binomio forma-funzione ma anche sulla stratificazione intangibile che lo sostiene. Una dimensione considerata privilegiata in quanto qui si incontrano il processo progettuale e l’esperienza d’uso contribuendo entrambi a liberare gli oggetti dall’anonimato della standardizzazione e dai rischi della spersonalizzazione, dotandoli di una sorta di ‘biografia’. In questo modo le cose si trasformano in storie, linguaggi, relazioni. A supporto della tesi della ‘metafisica del disegno’, il terzo paragrafo indaga il pensiero di studiosi del Novecento – da Barthes, Baudrillard, Selle, Kopytoff, De Fusco, le cui ricerche convergono da prospettive differenti verso l’idea di una dimensione culturale del quotidiano costruita mediante i significati e i segni appartenenti alle sue componenti piccole e grandi. In tal senso anche il termine ‘patrimonio’ viene considerato nell’accezione inglese di Cultural Heritage, ovvero come giacimento attivo da continuare ad alimentare nel tempo attraverso strumenti in grado di valorizzarne i contenuti aggiornandoli e rendendoli accessibili e fruibili. Tra questi la tecnica dello storytelling, canale narrativo che pone in evidenza in particolar modo l’immateriale, ritrovando quindi nei contenitori culturali come archivi e biblioteche delle dimensioni in grado di favorire lo sviluppo di azioni strategiche finalizzate a incrementare conoscenza e cultura. Da qui la parte finale del testo è dedicata ad esaminare l’opera di valorizzazione portata avanti da Juan María Montijano per oltre quindici anni nella Biblioteca e nell’Archivio del san Carlo alle Quattro Fontane a Roma al fine di tutelare, raccontare e trasmettere nel tempo la memoria storica custodita al suo interno.
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Mohamed, Lamiaa Aly. "La lotta contro il tempo nel “Deserto dei Tartari” di Buzzati e “La gente della caverna” di Hakim". (Faculty of Arts Journal) مجلة كلية الآداب - جامعة مصراتة, n.º 14 (21 de julio de 2019): 08–35. http://dx.doi.org/10.36602/faj.2019.n14.04.

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Dino Buzzati e Tawfiq al-Hakim si sono accorti di una delle sfide umane cioè la battaglia fatale contro il tempo. La sconfitta cui sono predestinati gli uomini, più che altro la gente della caverna e Drogo, i quali -grazie alla loro vita legata a momenti storici critici oppure a ruoli di maggiore importanza rispetto agli altri- indirizzano l’attenzione a questa lotta contro il tempo. Ogni autore ha scelto un genere e un metodo diverso per presentare la propria visione impiegando protagonisti di particolari caratteristiche, il suo bagaglio culturale, sociale e le sue esperienze private. Il mio metodo è basato su uno studio comparativo. La tesi cerca di specificare i punti che accomunano due culture, quella araba e italiana, e di mettere in rilievo le differenze alla pari. Il paragone fatto nella tesi è stato autenticato dalla lettura delle monografie e dei libri più importanti che riguardavano gli autori studiati. Inoltre ho analizzato le diverse idee delle opere in modo da evidenziare il concetto della lotta secondo gli scrittori, i quali impiegano quest’idea per trasmetterci le loro prospettive di vita e i loro pensieri.
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Gallese, Vittorio. "Le due facce della mimesi. La teoria mimetica di Girard, la simulazione incarnata e l'identificazione sociale". PSICOBIETTIVO, n.º 2 (marzo de 2010): 77–100. http://dx.doi.org/10.3280/psob2009-002005.

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Cruciale nella Teoria Mimetica di Girard č il concetto di desiderio mimetico, visto come mimesi di appropriazione, la fonte principale dell'aggressivitŕ e della violenza che caratterizza la nostra specie. Il valore intrinseco degli oggetti del nostro desiderio non č rilevante cosě come il fatto che gli oggetti stessi sono gli obiettivi del desiderio altrui. Si potrebbe obiettare in principio contro tale visione del genere umano cosě apparentemente negativa e unilaterale, in generale, e della mimesi, in particolare. Tuttavia, tale argomento traviserebbe il pensiero di Girard. Girard stesso ha riconosciuto che il desiderio mimetico č anche un bene in sé, perché č alla base dell'amore, e cosa ancora piů importante perché č il rivelarsi dell'individuo. Partendo dal concetto di desiderio come apertura agli altri discuterň, da un punto di vista neuroscientifico, le implicazioni per la cognizione sociale della mimesi sullo sfondo della Teoria Mimetica di Girard, un quadro di partenza ideale per favorire un approccio multidisciplinare allo studio dell'intersoggettivitŕ umana. Sarŕ postulato che una differente, non mutualmente esclusiva, lettura della mimesi conduce all'identificazione sociale e quindi alla socialitŕ. La mimesi non č intrinsecamente buona o cattiva, ma ha le potenzialitŕ per portare non solo alla violenza mimetica, ma anche agli aspetti piů creativi della cognizione umana. I risultati della ricerca empirica nel campo delle neuroscienze e della psicologia dell'etŕ evolutiva mostrano che questa spiegazione della mimesi trova solide prove a sostegno. Concluderemo che una spiegazione approfondita e biologicamente plausibile dell'intersoggettivitŕ umana richiede l'integrazione di entrambe le facce della mimesi.
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Belozorovich, Anna. "Volpi, farfalle, uccelli e un cagnolino nero: il mimetismo e la sopravvivenza sotto il regime staliniano in Vesti bianche di Vladimir Dudincev". Altre Modernità, n.º 26 (29 de noviembre de 2021): 145–64. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7680/16802.

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L’articolo prende in esame Vesti bianche (Belye odeždy), il secondo romanzo di Vladimir Dudincev (1918-1998), figura tragica della letteratura sovietica. Dopo Non si vive di solo pane (1957), riscuote un enorme successo ma viene costretto al silenzio a causa dello scandalo politico che ne deriva. Vesti bianche, scritto nel 1966, ma pubblicato solo vent’anni più tardi (1987), è ambientato nel pieno del lysenkoismo, la violenta repressione nei confronti della comunità scientifica che ebbe luogo tra gli anni ’40 e ’50. I suoi protagonisti sono biologi: comprendere la natura, essere in dialogo con il mondo naturale, è la loro prerogativa per ottenere dei risultati. La riflessione scientifica è puntualmente accompagnata da quella filosofica. In una intensa discussione sul rapporto tra l’uomo e la Natura, i protagonisti si schierano su differenti posizioni e sembrano “indossare” figure animali quasi con valore totemico. Le possibili configurazioni della società umana, i rapporti professionali e le esperienze individuali vengono messe in relazione con il comportamento animale. Il carattere associato a questi animali riporta sia al loro comportamento in natura sia alla simbologia ad essi legata nella tradizione popolare russa. La ricerca della verità da parte degli uomini di scienza incontra la necessità di mascheramento, parola chiave della trama. Il mimetismo è vissuto come un inganno necessario, come per mantenere la varietà biologica nel mondo naturale, così per garantire la libertà del pensiero e della ricerca scientifica in un paese paralizzato dal regime.
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Fidolini, Vulca. "Pensare l'individuo nel Sud Da attore empirico a soggetto morale". SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), n.º 45 (febrero de 2013): 91–108. http://dx.doi.org/10.3280/las2012-045009.

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Il campo di studio della modernitÀ si caratterizza come luogo di evidenza e affermazione storica della questione dell'individuo. Le scienze sociali ne hanno interpretato gli sviluppi in relazione esclusiva alle grandi categorie analitiche del pensiero euro-occidentale, consolidandone la discussione in un contesto culturale ‘bloccato'. Un'analisi sociologica sulla costruzione della giovinezza nella riva sud mediterranea, e in particolare sui giovani adulti dei centri urbani del Marocco, offre l'occasione per ripensare il paradigma interpretativo della modernitÀ e il significato di individuo individualizzato alla luce di nuove traiettorie di mutamento sociale. Una prospettiva di studio che si colloca nell'attualitÀ del dibattito sociologico volto a riconoscere l'esistenza di differenti forme di costruzione moderna del soggetto nel panorama culturale del Sud globale.
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Semeraro, Giovanni. "Filosofia da práxis e as práticas político-pedagógicas populares". Educação e Filosofia 28, n.º 55 (22 de septiembre de 2014): 131–48. http://dx.doi.org/10.14393/10.14393/revedfil.issn.0102-6801.v28n55a2014-p131-148.

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FILOSOFIA DA PRÁXIS E AS PRÁTICAS POLÍTICO-PEDAGÓGICAS POPULARES RESUMO: O artigo resgata o sentido “revolucionário” da filosofia da práxis inaugurada por K. Marx e aprofundada por A. Gramsci e aponta conexões com as atuais práticas político-pedagógicas populares. Mostra como Marx revoluciona a concepção de filosofia não apenas porque unifica inseparavelmente pensamento e atividade material, teoria e prática, mas, principalmente pelo fato inaudito de reconhecer o protagonismo histórico do proletariado. É Gramsci, no entanto, quem explicita, amplia e atualiza de maneira original as virtualidades da filosofia da práxis mostrando os aspectos que a projetam como a mais avançada visão de mundo e como expressão revolucionária das classes subalternas que se organizam politicamente para romper com a submissão e se tornar dirigentes. Sendo uma construção histórica que assume diferentes configurações em diversas situações e lugares, o artigo traça uma análise das novas formas que hoje a filosofia da práxis apresenta nas insurgências populares que vêm ocorrendo no Brasil e no mundo. Palavras-chave: Filosofia. Política. Educação. RIASSUNTO: L’articolo riscatta la dimensione “rivoluzionaria” della filosofia della prassi inaugurata da K. Marx e approfondita da A. Gramsci e segnala punti di contatto con le attuali pratiche politico-pedagogiche popolari. Mette in evidenza come Marx rivoluziona la concezione di filosofia non solo perché unifica inseparabilmente pensiero e attività materiale, teoria e pratica, ma principalmente per il fatto inaudito di riconoscere il protagonismo storico del proletariato. È Gramsci, però, l’autore che esplicita, allarga e attualizza in modo originale le virtualità della filosofia della prassi mostrando gli aspetti che la proiettano come la più avanzata visione di mondo e come espressione rivoluzionaria delle classi subalterne che si organizzano politicamente per vincere la sottomissione e diventare dirigenti. Essendo una costruzione storica che assume differenti configurazioni in diversi luoghi e situazioni, l’articolo traccia un’analisi delle forme che oggi la filosofia della prassi presenta nelle insorgenze popolari che avvengono in Brasile e nel mondo. Parole chiave: Filosofia. Politica. Educazione. Data de registro: 10/03/2014 Data de aceite:23/04/2014
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Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna". Prawo Kanoniczne 35, n.º 1-2 (5 de junio de 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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Arienzo, Alessandro. "LA TRADIZIONE POLITICA DELLA RAGION DI STATO TRA UMANESIMO E MODERNITÀ". Revista Ideação 1, n.º 43 (6 de junio de 2021): 67. http://dx.doi.org/10.13102/ideac.v1i43.7226.

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L’espressione ragion di Stato nasce nel contesto della cultura politica del tardo Rinascimento con una pluralità di significati e usi che non è affatto riducibile – come spesso accade nel dibattito comune e pubblicistico – al solo ricorso alla forza, al segreto, o a strumenti eccezionali da parte del detentore del potere politico. Dal suo primo emergere nella cultura politica italiana di fine Cinquecento essa appare invece come parte determinante di un più complessivo processo di razionalizzazione politica che accompagna il consolidarsi degli stati territoriali moderni. In questo contributo vorrei illustrare i discorsi e le pratiche di governo che si affermano, tra fine XVI e inizio XVII secolo, in Italia ma non solo, nell’ambito della trattatistica sulla ragion di Stato. Per poi argomentare le ragioni per le quali essi contribuiscono a segnare tanto un percorso differente, anche se non necessariamente alternativo, al pensiero politico classico, quanto a consolidare gli assetti moderni della statualità, pur differenziandosi dal paradigma della sovranità
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Allotti, Pierluigi. "La rinascita della scienza politica italiana nel carteggio Sartori-Bobbio (1958-1980)". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 1 (agosto de 2021): 143–71. http://dx.doi.org/10.3280/mon2021-001005.

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Esponenti illustri della cultura politica europea del Novecento, Giovanni Sartori e Norberto Bobbio sono stati gli artefici principali della rinascita della scienza politica italiana negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Nata in Italia nel clima del positivismo di fine Ottocento, la scienza politica era stata presto soffocata al volgere del nuovo secolo da nuove correnti di pensiero (il formalismo giuridico e la filosofia idealista). Nel secondo dopoguerra era ancora negletta, nonostante l'idealismo stesse ormai perdendo terreno. Così Sartori, in particolare, influenzato dalla politologia statunitense, si adoperò sin dai primi anni Cinquanta per rilanciare la disciplina e assicurarle una piena legittimità accademica. Fondato sul carteggio inedito tra i due studiosi, questo articolo getta una nuova luce sul ruolo avuto da entrambi nella rifondazione in Italia della scienza politica contemporanea, evidenziando come Sartori e Bobbio, pur condividendo l'assunto che si trattasse in primo luogo di una scienza empirica, avessero in realtà visioni differenti riguardo alle sue finalità.
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Barcellona, Pietro. "Elogio del discorso inutile". RUOLO TERAPEUTICO (IL), n.º 114 (mayo de 2010): 28–40. http://dx.doi.org/10.3280/rt2010-114003.

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La nostra epoca tecnico-scientifica sembra ossessionata dalla risoluzione di problemi, pratici o teorici che siano. Saggisti, opinionisti e persino filosofi non resistono al richiamo delle sirene. Il dramma č che ai consulenti predicatori che forniscono ricette e soluzioni, fa da contraltare una schiera sempre piů vasta di individui disorientati e incapaci di prendere decisioni autonome. La ricerca della veritŕ, perň, č ben diversa dalla ricerca di rimedi efficaci, perché implica la creazione di un nuovo spazio mentale, dove pensieri ed emozioni si trasformano in nuovi pensieri ed emozioni. Di qui la scelta dell'elogio del discorso "inutile", che attiene alle trasformazioni soggettive, alle relazioni affettive, liberando lo spazio mentale dai vincoli del conformismo sociale e dall'etica del successo. Sono "inutili" tutti quei discorsi che riguardano la sfera psichica, che producono rappresentazioni mentali diverse e creano scenari differenti da quelli consueti. Si tratta di dialoghi interattivi, creativi, dove non č possibile distinguere chi dona da chi riceve e richiamano le riflessioni sul radicamento di Simone Weil, secondo cui sapere č comprendere e non apprendere. L'efficacia del comprendere ha a che vedere con la trasformazione del soggetto, attraverso il suo sguardo sul mondo. Il discorso "inutile" usa il linguaggio dell'eccedenza, che ci aiuta ad appezzare l'incalcolabile significato degli affetti, dell'amicizia, di tutto ciň per cui vale la pena di perdere la vita per ritrovarla piů ricca. Come la conversione di Paolo, ogni nuova visione del mondo č un'irruzione dell'impensato nella vita quotidiana. E l'impensato sta a testimoniare l'eccedenza. Possiamo considerare i percorsi psicoanalitici delle conversioni, perché si strutturano nel tempo attraverso la creazione di nuovi significati, che retroagiscono sulla storia del soggetto, rilanciandola in avanti.
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Tafà, Mimma, Luca Cerniglia, Giulia Ballarotto, Eleonora Marzilli, Michela Di Trani, Michela Erriu y Silvia Cimino. "Difficoltà alessitimiche e funzionamento familiare in adolescenza: uno studio sui cluster familiari". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 2 (agosto de 2020): 52–70. http://dx.doi.org/10.3280/pds2020-002003.

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Numerosi studi hanno sottolineato l'importanza della capacità di identificare e descrivere le emozioni, come centrale rispetto al benessere psicologico in adolescenza. Sono pochi gli studi che hanno però indagato le difficoltà alessitimiche degli adolescenti, in relazione al funzionamento familiare. Nel presente studio gli autori si sono posti l'obiettivo di indagare le difficoltà alessitimiche di adolescenti appartenenti alla popolazione generale, in relazione al loro funzio-namento familiare, tenendo in considerazione il proprio rischio psicopatologico. Il campione era composto da N = 314 famiglie con adolescenti. Gli adolescenti hanno compilato alcuni questionari self-report per la valutazione delle difficoltà alessitimiche e del rischio psicopatologico e madri, padri e adolescenti hanno compilato un questionario per la valutazione del funzionamento familiare. Al fine di verificare la presenza di eventuali differenti funzionamenti familiari, gli autori hanno condotto una cluster analysis, identificando quattro profili distinti di funzionamento familiare. È stata poi condotta un'analisi di covarianza che ha evidenziato una maggiore somatizzazione e ostilità in adolescenti con famiglie che mostrano una minore coesione e flessibilità e maggiori livelli di ipercoinvolgimento, o disimpegno. Inoltre, gli adolescenti appartenenti a queste famiglie, riportavano maggiori difficoltà a descrivere le emozioni ed un pensiero maggiormente concreto.
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Iofrida, Manlio. "Il soggetto come "sistema": prospettive del dibattito filosofico contemporaneo". RICERCA PSICOANALITICA, n.º 3 (noviembre de 2010): 9–33. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2010-003002.

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Le ricerche di Louis Sander e Ed Tronick hanno riproposto, in campo psicoanalitico, l'attualitŕ della teoria dei sistemi, sulla base di temi come quelli del comportamento procedurale, dei SOC (States of consciousness), dei DSC (Dual states of consciousness) e della DEC (Diadic expansion of consciousness). Non si tratta forse di una nuova veste del vecchio positivismo, che riduce l'uomo a macchina e il soggetto a qualcosa di determinato? Per rispondere a questa obiezione, vengono esaminati il pensiero di Edgar Morin, di Kurt Goldstein, di Alois Riegl e di Maurice Merleau-Ponty, mettendone in rilievo la convergenza verso un'idea antimeccanicistica di vita e di natura: porre una continuitŕ fra uomo e natura non significa assorbire il primo termine nel secondo. Per consolidare questo asserto, viene poi approfondito il senso della libertŕ: un concetto di libertŕ non assoluta, ma condizionata, una libertŕ non come decisione, ma come "lasciar essere" č l'altra faccia di una concezione che non pone salti fra la vita, l'animale e l'uomo e puň servire come base di un nuovo concetto di soggetto, assai differente da quello metafisico della filosofia moderna.
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Bolognini, Stefano. "Paura, ansia, angoscia, panico nelle concettualizzazioni psicoanalitiche". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2020): 15–33. http://dx.doi.org/10.3280/psp2020-002002.

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L'autore traccia una classificazione concettuale psicoanalitica delle varie condizioni psichiche di allarme, indicando una sequenza progres-siva basata sui differenti livelli qualitativi e di intensità dell'esperienze funzionali che ne derivano. La descrizione si articola in un continuum che va dalla normale e necessaria paura al panico, passando dai livelli intermedi costituiti dall'ansia fisiologica, all'ansia patologica e dall'angoscia. L'autore mette in rilievo come le concettualizzazioni su queste condizioni psichiche e la loro classificazione in psicoanalisi non siano definitive ed espone il suo pensiero definendolo realistico e deri-vante dall'esperienza clinica. Sono descritte diverse concettualizzazioni psicoanalitiche, a partire dal pensiero di Freud. Nella conclusione del lavoro egli mette in evidenza il percorso del vissuto del paziente duran-te il trattamento terapeutico: dall'iniziale sentimento sperimentato di crollo dell'Io, caratterizzato dalla mancanza di fiducia in se stesso fin verso la fine del percorso analitico in cui il paziente può pensare di "cominciare" a fidarsi di sé.
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Gatti, Patrizia. "Work Discussion, interdisciplinarità e formazione professionale". MINORIGIUSTIZIA, n.º 1 (julio de 2021): 151–62. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-001016.

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Resumen
partendo dai presupposti teorici e passando per la narrazione di un caso emblematico, vengono mostrate alcune funzioni del gruppo interdisciplinare. Il gruppo si ispira alla Work Discussion mantenendo inalterato il senso profondo dell'esperienza, ma al tempo stesso integrando nel suo assetto alcune differenze importanti. Nel confronto con i partecipanti non si trova la risposta immediata, né tanto meno l'esperto che offre la "ricetta" magica e risolutiva. Tollerare di non sapere e sostare nell'incertezza è alla base dell'"apprendere dall'esperienza", che consente a chi discute una situazione di lavoro di riattivare un pensiero creativo ed evolutivo, nutrito dal lavoro mentale del gruppo nel suo insieme. Il gruppo diventa così momento di formazione professionale continua nei termini di crescita di sensibilità, incremento di abilità e allargamento della conoscenza.
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Michelini, Luca. "Keynes o Marx? Sulle origini e i rimedi delle crisi". STUDI ECONOMICI, n.º 105 (mayo de 2012): 149–59. http://dx.doi.org/10.3280/ste2011-105004.

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Ricorrendo ad un excursus di storia del pensiero economico che richiama i contributi di Proudhon e Gesell, l'autore puntualizza differenze e convergenze che sussistono tra l'analisi di Keynes delle cause e dei rimedi delle crisi e quella di Marx. L'invito č di superare la pura disputa dottrinaria, per trovare concrete e innovative prassi di governo capaci di superare un modo di produzione capitalistico sempre piů ingiusto, instabile e conflittuale. Resorting to an overview of the history of economic thought that recalls the contributions of Proudhon and Gesell, the author points out that there are differences and convergences between Keynes's analysis of the causes and remedies of the crisis and those of Marx. The invitation is to go beyond the pure doctrinal disputes, to find practical and innovative governance practices that exceed a capitalist mode of production more and more unjust, unstable and conflictual.
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Vanessa, Bozuffi y Luca Barbieri Gian. "L'apprendimento come danza relazionale". RICERCA PSICOANALITICA, n.º 1 (diciembre de 2011): 97–119. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2012-001007.

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Resumen
Gli Autori, definendo la comunitŕ scolastica come il contesto elettivo di apprendimento, evidenziano quanto proprio attraverso essa si possa giungere ad una reale integrazione sociale degli studenti ad opera dei loro partner di ruolo. Gli Autori propongono una lettura dell'apprendimento in chiave bioniana, declinata anche secondo il modello meltzeriano, come crescita e sviluppo, quindi come cambiamento della persona nella sua totalitŕ, e dunque in modo radicalmente differente dall'apprendimento nozionistico. Considerando inoltre il contributo di Loewald riguardo alla mente, di Bion rispetto alla teoria del pensiero e alla sofferenza psichica poi rielaborato da Meltzer e l'ulteriore contributo di quest'ultimo rispetto alle funzioni emotive, gli A. giungono a considerare il processo di apprendimento come dato emergente dalla relazione. Č quindi attraverso le relazioni attivate nel contesto scolastico che č possibile l'apprendimento ed anche l'integrazione sociale se il docente č in grado di condurre la "danza relazionale" adottando la reverîe professionale.
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Sindoni, Maria Grazia. "TRAIETTORIE DELLA MULTIMODALITÀ: GLI SNODI TEORICI E I MODELLI APPLICATIVI". Italiano LinguaDue 14, n.º 2 (17 de enero de 2023): 19–46. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19647.

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Questo saggio ripercorre le principali linee di sviluppo degli studi della multimodalità intesa come semiosi della comunicazione nell’ambito di derivazione angloamericana. La multimodalità è definita come una disciplina a sé e discussa nella sua epistemologia attraverso un excursus della sua storia ed evoluzione dalla fine degli anni Novanta ad oggi. Si passano in rassegna alcune scuole di pensiero della multimodalità, a partire dagli sviluppi socio-semiotici di matrice linguistica sistemico-funzionale elaborata da Michael A. K. Halliday in Inghilterra negli anni Settanta. Le principali teorie e prassi di analisi multimodale sono illustrate attraverso alcuni principi cardine per delineare l’ambito di applicazione e le aree privilegiate di indagine. Il saggio inoltre illustra le differenze teoriche e pratiche fra multimodalità e multimedialità, termini spesso utilizzati in modo interscambiabile e dunque improprio. Successivamente, si presenta un’analisi multimodale del video TikTok più popolare di un creator italiano, Khaby Lame, che ha raggiunto livelli di viralità tali da guadagnargli fama e successo a livello globale. L’analisi, di natura qualitativa classica, consiste in una trascrizione e annotazione integrale del breve video più visualizzato al momento della scrittura del saggio, per inquadrare i fenomeni della semiosi della comunicazione digitale in un ambito disciplinare più vasto rispetto alla linguistica pura. Questa apertura ad aspetti non verbali include nell’analisi delle risorse semiotiche elementi quali lo sguardo, il montaggio, la distanza fra partecipanti, la musica, i rumori ambientali, la distribuzione degli elementi nel tempo e nello spazio, e così via. Coerentemente con questo presupposto di base, le conclusioni invitano a un ripensamento della definizione stessa di “lingua della rete”, indicando nella multimodalità, sia come teoria sia come metodo, una prospettiva utile alla lettura consapevole, etica e inclusiva della complessa testualità digitale contemporanea. Trajectories of multimodality: theoretical foundations and application model This paper discusses the main theories that map out the development of multimodality as semiosis of communication within the Anglo-American tradition. An overview of the history and evolution of multimodality starting in the late Nineties will motivate the claim that this is a discipline in its own, with its specific epistemology. Some major theories within sociosemiotics approaches are outlined, as resulting from the developments of systemic-functional linguistics as theorized by Michael A. K. Halliday in the Seventies in the UK. Theories and methods will be presented by means of an illustration of some key concepts and principles, with a view to explore some potential applications and preferential objects of studies. The paper also sets out to explain the differences between the concepts of multimodality and multimediality, which are often used interchangeably, thus bringing about theoretical and empirical issues. As a case study, I have selected the most viewed TikTok video produced by an Italian creator, Khaby Lame, who has gained global recognition and immense popularity, to the point of allowing him to obtain Italian citizenship after almost twenty years of Italian residency. The qualitative analysis makes use the typical heuristic tools used by multimodal analysts, namely an integral transcription and annotation of the video, with the aim of showing the full range of the involved digital communicative phenomena that cannot be accounted for only on linguistic grounds. Broadening the domain of analysis beyond the tools provided by linguistics includes the analysis and description of non-verbal semiotic resources, such as gaze, editing, distance between participants, music, ambient sound, compositional strategies in time and space, among others. Consistent with this approach, the concluding remarks encourage further reflections of the very definition of the “language of the net”. It follows that theoretical and empirical research lines mapped out by multimodal studies may ultimately help promote awareness, ethics, and inclusion when engaging with contemporary digital textualities.
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Masala, Antonio. "LEONI, HAYEK AND “IL POLITICO”". Il Politico 257, n.º 2 (17 de enero de 2023): 5–22. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2022.763.

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Il saggio ricostruisce la relazione scientifica tra Bruno Leoni e Friedrich A. von Hayek, prendendo in esame le lettere, gli scambi intercorsi alle riunioni della Mont Pelerin Society ed esaminando i saggi che Hayek pubblicò su “Il Politico” quando Leoni era ancora in vita. Ne emerge un dialogo molto intenso, nel quale Leoni rappresenta non solo un prezioso riferimento filologico per gli studi sul diritto e sul pensiero politico, ma anche una costante sfida alla riflessione hayekiana e uno stimolo ad andare oltre le proprie posizioni. Le differenze tra i due permarranno, e Hayek non metterà mai in discussione la necessità della rappresentanza politica e dunque di un processo elettivo (per quanto estremamente articolato e mediato) per la produzione del diritto, e di quelle che egli chiamava le “regole di condotta”. Tuttavia è possibile vedere un suo progressivo avvicinamento alle posizioni di Leoni. L’austriaco diventa infatti ben consapevole, grazie all’influenza di Leoni, che la libertà si era storicamente affermata grazie a un diritto che non era stato prodotto per via legislativa, per volontà degli uomini. In questa consapevolezza sta il suo grande cambiamento, e in fondo anche la messa in discussione dell’impianto teorico di The Constitution of Liberty. È dunque anche possibile sostenere che la “costituzione ideale’ hayekiana, presentata nel terzo volume di Law, Legislation, and Liberty, risenta di una forte influenza di Leoni. Ipotesi confermata anche dal fatto che Hayek scelse “Il Politico” per presentare le prime versioni di quella sua elaborazione.
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OLIVEIRA, Marcos Antônio Bessa. "(Des)política para corpos-política na arte, na cultura e na educação". INTERRITÓRIOS 6, n.º 10 (14 de abril de 2020): 1. http://dx.doi.org/10.33052/inter.v6i10.244891.

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RESUMOArte, Educação, Política compõem uma tríade compreendida historicamente no Ocidente como interdependentes. Entretanto, arte, educação e políticas ocidentais não estão compreendidas para corpos aquém dos padrões de raça, gênero e classe edificados pelo pensamento que arquitetou o projeto moderno europeu levado à expansão em todo mundo no século XVI. Igualmente, histórico e contemporaneamente, políticas têm definido, no caso do Brasil em níveis federal, estaduais e municipais, atuações e ações de corpos e sobre os corpos na arte, na educação e na própria política. Considerando a histórica indissociação entre a tríade arte, educação e política, mas também a atual e fascista dissociação das políticas em relação aos corpos que atuam nas artes e na educação em contexto brasileiro contemporâneo, este artigo discuti, por uma perspectiva descolonial de abordagem bi(os)bliográfica, a falta de arte em política, educação em política e corpos em política que consideram as diferenças culturais e coloniais porque não contemplam o padrão de arte, educação, corpo e política modernos. Arte. Educação. Política. (Dis) politics for political bodies in art, culture and education ABSTRACT Art, Education, Politics make up a triad historically understood in the West as interdependent. However, Western art, education and politics are not understood for bodies below the standards of race, gender and class built by thought that architected the modern European project led to expansion around the world in the sixteenth century. Similarly, historically and contemporatically, policies have defined, in the case of Brazil at federal, state and municipal levels, actions and actions of bodies and on bodies in art, education and politics itself. Considering the historical indissociation between the triad art, education and politics, but also the current and fascist dissociation of policies in relation to the bodies that work in the arts and education in a contemporary Brazilian context, this article discussed, for a decolonial perspective of bi(os)bliographical approach, lack of art in politics, education in politics and bodies in politics that consider cultural and colonial differences because they do not contemplate the standard of modern art, education, body and politics.Art. Education. Politics. (Des) política para cuerpos-políticos en arte, cultura y educación RESUMENArte, educación, política producen un trío históricamente entendido en el Occidente como interdependientes. Pero, el arte, la educación y las políticas occidentales no están incluidas para cuerpos con padrones inferiores a las normas de raza, género y clase construidas por el pensamiento que he producido el proyecto moderno europeo expandido en todo el mundo desde el siglo XVI. Asimismo, se han definido políticas históricas y contemporáneas, en el caso de Brasil, a nivel federal, estatal y municipal, actividades y acciones de cuerpos y sobre los cuerpos en el arte, en la educación y en la política. Considerando la indisociación histórica entre el trío arte, educación y política, pero también la actual y fascista desagregación de las políticas con relación a los cuerpos que actúan en las artes en la educación en el contexto brasileño contemporáneo, este artículo discutió, bajo un enfoque descolonial de abordaje bi(os)bliográfica, la ausencia de arte en política, educación en política y cuerpos en política que consideran las diferencias culturales y coloniales, porque no contemplan el estándar del arte, educación, cuerpo y política modernos.Arte. Educación. Política.(Des) politica per gli organi politici nell'arte, nella cultura e nell'educazioneSINTESE Arte, educazione, politica producono un trio storicamente inteso in Occidente come interdipendente. Ma l'arte occidentale, l'istruzione e la politica non sono incluse per gli organismi con standard inferiori agli standard di razza, genere e classe costruiti dal pensiero che ho prodotto il moderno progetto europeo ampliato in tutto il mondo dal XVI secolo. Allo stesso modo, le politiche storiche e contemporanee sono state definite, nel caso del Brasile, a livello federale, statale e municipale, attività e azioni di corpi e di corpi nell'arte, nell'istruzione e nella politica. Considerando la dissociazione storica tra arte, istruzione e trio politico, ma anche l'attuale e fascista disaggregazione delle politiche in relazione agli organismi che agiscono nelle arti nell'educazione nel contesto brasiliano contemporaneo, questo articolo discute, sotto un approccio decoloniale approccio bi-os, assenza di arte in politica, educazione in politica e corpi politici che considerano le differenze culturali e coloniali, perché non contemplano lo standard dell'arte moderna, dell'educazione, del corpo e della politica.Arte. Istruzione. Politica.
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Migliorini, Damiano. "Per un’etica delle differenze sessuali". Ricerca Psicoanalitica 31, n.º 2 (15 de octubre de 2020). http://dx.doi.org/10.4081/rp.2020.252.

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L’autore analizza l’origine e il significato dell’espressione ‘Etica della Differenza Sessuale’ (EDS); contestualizzandola nel paradigma del ‘Pensiero della Differenza Sessuale’ (PDS), del quale vengono evidenziate potenzialità e aporie emerse nel dibattito interno al femminismo. Vengono poi illustrate e valutate alcune possibili interpretazioni di tale etica sviluppatesi nel contesto filosofico italiano. L’autore propone un confronto critico con altri modelli, ad esempio le teorie queer, cercando di far emergere come il pensiero della differenza sessuale si apra alla destabilizzazione prodotta dall’emergere di nuovi soggetti (gay e lesbiche, transessuali, intersessuali) e le relative conoscenze scientifiche. Viene quindi proposto l’aggiornamento al plurale ‘Etica delle Differenze Sessuali’ elencando quali possano essere le assunzioni metodologiche, contenutistiche (tra cui l’elaborazione di un modello relazionale in tutte le discipline scientifiche) e le declinazioni disciplinari (anche in ambito psicoanalitico) di un’etica così definita. Con un riferimento concreto alla discussione sulla cosiddetta ‘ideologia gender’, nella quale i protagonisti hanno spesso mostrato una certa difficoltà a implementare un’etica delle differenze.
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Bozzato, Daria. "Papini esoterico: L’occultismo come “millenario intruglio di ermetismo e di cabala”". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies, 5 de octubre de 2022, 001458582211287. http://dx.doi.org/10.1177/00145858221128785.

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Agli inizi del Novecento, grazie alla frequentazione di fucine esoteriche come la Biblioteca Filosofica di Firenze e il caffè delle Giubbe Rosse, Giovanni Papini alimentò il suo interesse nei confronti della tradizione esoterica, dal momento che questa permetteva un allontanamento dall’eccesso razionale proprio del positivismo e, di conseguenza, una trasformazione della sensibilità umana. Come evidenziato in alcuni articoli pubblicati nella fase finale del Leonardo, Papini ammirava, però, solo alcuni aspetti dell’occultismo e ne criticava la mancanza di metodo e la superficialità di osservazioni. Il rapporto ambiguo di Papini con l’occulto rafforza, di fatto, i tratti non lineari e ossimorici del suo pensiero, tratti che saranno caratteristici anche del periodo post conversione. A differenza di precedenti studi sul rapporto tra Papini e l’occulto che si soffermano soprattutto sulla fase iniziale del Leonardo, l’obiettivo di questo saggio è evidenziare come l’intellettuale fiorentino, anche nella fase successiva alla conversione del 1919, continuò a parlare di maghi ed occultisti in maniera ambigua. Questo è ben evidente in un manoscritto inedito scoperto presso l’archivio Papini della Fondazione Primo Conti di Fiesole dal titolo Occultisti, che il seguente articolo esaminerà e citerà per la prima volta in maniera parziale.
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Barile, Emilia. "Dell’incertezza: che cosa provano i pazienti in PVS?" Medicina e Morale 55, n.º 1 (28 de febrero de 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.366.

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Obiettivo di questo intervento, critico nei confronti delle posizioni funzionaliste in ambito bioetico, non è tanto opporvi il principio uguale e contrario della sacralità della vita, quanto, piuttosto, evidenziare le contraddizioni di tali posizioni con le loro stesse premesse. Allo stato attuale, infatti, i riscontri scientifici su cui si basa la definizione della coscienza, ad esempio, che, secondo queste stesse concezioni, è uno dei tratti distintivi della persona, sono tutt’altro che inoppugnabili. A livello teoretico, poi, riguardo alla “coscienza” ci sembra onesto riconoscere che, allo stato attuale, di certo esiste solo una sterminata bibliografia di filosofia della mente; non si dispone, infatti, di una teoria generale e unificata nemmeno su cosa significhi “sentire”, “provare” qualcosa, che è, poi, uno dei modi per tentare di “dire” la coscienza. In ambito neuroscientifico, le ricerche di A. Damasio, qui proposte, stanno contribuendo a demolire quella vera e propria “mistica del cervello” alla base dell’equazione persona=pensiero=cervello formulata dalle posizioni funzionaliste di matrice cognitivista. Dai suoi esperimenti emerge una differenza tra “sentire” (feeling) e “sapere” (knowing), generalmente considerati aspetti inscindibili dell’esperienza cosciente; gli stessi, inoltre, suggeriscono l’esistenza di diversi livelli di stati di coscienza, radicati a livello corporeo, prima ancora che corticale. Pur non essendosi il neurobiologo mai occupato direttamente di problemi bioetici, né della definizione dello stato vegetativo, le sue conclusioni ci sembrano particolarmente rilevanti nel caso dei pazienti in PVS, la cui corteccia è probabilmente distrutta in modo irrimediabile, ma che pure hanno un corpo. A causa della distruzione dell’attività emisferica, detti pazienti molto probabilmente non sono più capaci di pensare, di avere accesso ai contenuti di coscienza; ma soffrono? hanno paura? si emozionano? Quando gli stati superiori sono distrutti, insomma, ma il corpo c’è, è ancora possibile “provare” qualcosa? In coda di articolo, infine, si richiama l’attenzione del lettore su uno scivolamento semantico apparentemente innocuo: la consuetudine linguistica di definire lo stato vegetativo in termini di “morte” (seppur solo “corticale”), infatti, sembra suggerire una scelta, insita nei termini adoperati, che si orienta sempre più pressantemente nella direzione di una illegittima assimilazione di questi due stati, al fine di trarne conseguenze pratiche analoghe. ---------- In this article the author’s aim is not simply opposing the principle of the sacrality of life to the quality one, but rather underlining the inner contradictions of the functional positions in bioethics with their own assumptions. The definition of consciousness, e.g., (that, by these same positions, is a basic feature in defining the concept of person) is grounded on neuroscientifical data still in progress. Nowadays, we have not a common definition of “consciousness”, neither from a theoretical point of view; on the contrary, for sure there exists an endless bibliography in philosophy of mind… We don’t even have a general and unified theory on “feeling”, that is only one way of defining “consciousness”. The article proposes some of Damasio’s researches in neuroscience against the functional issue (grounded on the cognitive paradigm) that person=thought= brain, based on a sort of “mystique” of the brain. In his experiments we can find a difference between “feeling” and “knowing”, always considered connected features in conscious experience, conceived as a high level phenomenon only. On the contrary, there is a level of feeling (background feeling) coming from the body experience, before the cortical one: there are different levels of consciousness too, all intimately connected to the body. Even if Damasio has never approached bioethical problems or persistent vegetative state (PVS) definition, his conclusions seem particularly remarkable for this kind of patients. Pvs people, whose cortical functions are (probably) completely destroyed, have still a body. Their brain doesn’t work any more; so, they (probably) have no possibility of thinking or having an access to their conscious contents; but do they suffer pain? Are they afraid of anything? Do they have any feeling? In sum, when cortical functions are destroyed, but there is still a body, is it possible feeling anything any more? At the end of the article, the author focuses the reader’s attention on a dangerous semantic “slippery slope”; the linguistic habit of speaking about vegetative state in terms of death (though only a cortical one) implies an implicit choice, following from the same words used. Pvs patients should be not considered as still alive, but as already dead, at the end. This arbitrary comparison should legitimate some people’s request, for example, to explant Pvs’s organs, just like it happens for people already dead.
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Casini, Carlo y Marina Casini. "Una nuova riflessione sul significato dell’obiezione di coscienza alla luce di una sentenza ingiusta Nota a Cass. n. 14979 del 2 aprile 2013". Medicina e Morale 62, n.º 2 (30 de abril de 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.100.

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Il contributo esamina la sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 14979 del 2013 che ha per tema l’obiezione di coscienza all’aborto. Nella fattispecie, un medico ginecologo viene pesantemente condannato per aver fatto valere il suo diritto di sollevare obiezione di coscienza (previsto dalla legge 194/1978) per attività che secondo i giudici non sono coperte dall’obiezione di coscienza. Nella prima parte dell’articolo, gli Autori muovono osservazioni critiche riguardo alla particolare severità della sentenza e riportano la ricostruzione dei fatti così come emerge dalle indagini giudiziarie. Di seguito concentrano l’attenzione sul significato e l’estensione del concetto di intervento medico- chirugico in generale e abortivo in particolare, osservando che nella misura in cui un’attività, sebbene non rientrante nel “nucleo” dell’intervento, è programmata dall’inizio come fase conclusiva (tanto che se non vi fosse la certezza di effettuarla, non potrebbe neanche iniziarsi l’intervento) tale attività è parte integrante dell’intervento stesso e dunque, trattandosi di aborto, coperta da obiezione di coscienza. Rilevante ai fini di questa valutazione è l’evidente nesso di causalità che tiene in un tutto unitario i vari momenti che si susseguono cronologicamente. La questione squisitamente giuridica della revoca immediata dell’obiezione viene risolta alla luce della differenza tra l’eventuale accettazione preventiva e l’esecuzione dell’ordine imprevisto. L’aspetto comunque più significativo è legato all’interrogativo che fa da cornice a tutto il contributo: perché tanta avversione contro l’obiezione di coscienza sanitaria con riferimento all’aborto? La risposta si trova nella negazione esplicita o implicita, ma anche nella semplice dimenticanza, che il figlio è figlio sin dal momento del concepimento. “Il diritto di aborto – si legge nella sentenza della Cassazione – è stato riconosciuto come ricompreso nella sfera di autodeterminazione della donna”. Questo pensiero, sottolineano gli Autori, è espressione di una deriva che, avviatasi con la sentenza costituzionale del 1975, avanzata con la legge 194/1978 e gravemente consolidatasi con la pretesa del “diritto” di aborto, nasce dal rifiuto di porre lo sguardo sul figlio concepito e, di conseguenza, avversa l’obiezione di coscienza. Per questo c’è ancor più bisogno di ripetere, concludono gi Autori, che il fondamento e la tutela dell’obiezione di coscienza dipendono dal riconoscimento che il concepito è uno di noi. Interessanti anche gli spunti giuridici di livello internazionale. ---------- The article examines the judgement of the Supreme Court of Cassation n. 14979 of 2013 about conscientious objection to abortion. In this case, a gynecologist was heavily condemned for having asserted his right to raise conscientious objection (provided by Law 194/1978) for activities that according to the judges are not covered by the conscientious objection. In the first part of the article, the Authors criticize the particular severity of the sentence and report the reconstruction of the events emerging from the judicial investigations. Afterward they focus attention on the meaning and the extension of the concept of surgical intervention to understand what the boundaries are of an abortion. Whether a final activity is planned from the outset (so that if it were not sure to perform it, the intervention should not be started) this activity is an integral part of the intervention itself and, therefore, in the case of abortion, covered by conscientious objection. For the purposes of this evaluation, the Authors write, it is very important the clear causal link that takes into a unified whole the various moments that follow one other chronologically. The purely legal question of immediate withdrawal of the objection is resolved in the light of the difference between the possible preventive acceptance of the execution and the execution of an unexpected order. The most significant aspect, however, is tied to the question that frames the entire contribution: why so much aversion against conscientious objection with regard to abortion? The answer lies in the express or implied negation – but also in the simple forgetfulness – that the child is a child from the moment of conception. “The right to abortion – it is written in the Supreme Court’s ruling – has been recognized as coming within the sphere of women’s self-determination” This thought, the Authors point out, is an expression of a drift originally triggered by the constitutional ruling of 1975, then advanced with the Law 194/1978 and finally severely consolidated with the claim of “right” to abortion. Since this drift arises from the refusal to look at the child conceived, consequently it adverse conscientious objection. For this there is even more need to repeat, the Authors conclude, that the foundation and the protection of conscientious objection depends on the recognition that the unborn is one of us. The legal references on the international level are also interesting.
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Di Pietro, Maria Luisa. "La questione demografica e il pensiero di Giovanni Paolo II". Medicina e Morale 56, n.º 5 (30 de octubre de 2007). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2007.307.

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L’articolo offre una sintesi dell’insegnamento di Giovanni Paolo II sulla cosiddetta “questione demografica”, che si presenta con scenari differenti nelle diverse parti del mondo. Nei Paesi ricchi si registra, infatti, un preoccupante calo delle nascite, mentre nei Paesi poveri si assiste all’aumento della popolazione, il che appare non compatibile con le frequenti condizioni di sottosviluppo. Da qui il riferimento alle note teorie maltusiane e alla loro riformulazione da parte del neomalthusianesimo, dell’organicismo e dell’ecologismo, che propongono come soluzione il controllo delle nascite. Non esistendo, però, una reale e insanabile sproporzione tra crescita della popolazione e disponibilità delle risorse, le politiche antinataliste appaiono più che una scelta razionale, un escamotage per risolvere problemi ben diversi come ad esempio le politiche economiche di molti Paesi ricchi. La vera causa del sottosviluppo va, infatti, ricercata nella mancanza di equità nell’accesso alle risorse. Ed anche qualora si provasse che la crescita della popolazione è la causa del sottosviluppo, il rispetto della dignità e del valore incondizionato e inalienabile che si deve a ogni persona rende moralmente inaccettabile il ricorso a qualsiasi mezzo per il contenimento delle nascite (come la contraccezione, la sterilizzazione o l’aborto) o la loro imposizione da parte delle politiche governative. ---------- The article aims to offer a synthesis of John Paul II’s teaching about the so-called “demographic matter”, present in different way in the various parts of the world. Rich and advanced Countries see a fall in the births; instead, poor Countries see an increase in the population, which is not easily tolerable in a context of underdevelopment. The idea of the Malthusian theory and its reformulation now that point by the neo-Malthusianism, the Organicism and the Environmentalism, that intent “to resolve” the demographic matter by birth control. Because of there is not an effective gap between population growth and resources availability, anti-birth policies, therefore, seem to be an escamotage to resolve different problems that, otherwise, would debate economic policies in many rich Countries instead of a choice imposed by rationality. In fact, the true reason of underdevelopment must be found in the lack of equity in resources access. But, even if underdevelopment be proved by population growth, respect for human dignity makes morally unjustifiable any means for births control (as contraception, sterilization or abortion) or their imposition by government policies.
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