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1

Barni, Sandro. "Principali farmaci antitumorali: quali e perché interessano il cardiologo". Cardiologia Ambulatoriale, n.º 3 (30 de noviembre de 2020): 170–73. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-4.

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La cardiotossicità da farmaci antitumorali è diventata un importante problema clinico per i cardiologi e per gli oncologi. La disfunzione ventricolare sinistra e lo scompenso sono i quadri più rilevanti ed i meglio conosciuti, ma non bisogna dimenticare altre forme di tossicità come l’ipertensione, il tromboembolismo, le pericarditi, le aritmie e l’ischemia mio-cardica. Il loro trattamento non è sempre identico a quello usato nei pazienti non oncologici poiché la patogenesi ed il quadro clinico sono diversi, ma soprattutto perché la gravità del tumore e la prospettiva di vita richiedono di non so-spendere il trattamento antiblastico. Da qui nasce la necessità di una stretta collaborazione tra cardiologo e oncologo per preservare la qualità di vita del paziente, bilanciando il rischio di cardiotossicità e il beneficio della terapia oncologica.
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2

Doimo, Sara y Daniela Pavan. "Minimal data set ecocardiografico nella valutazione del paziente oncologico". Cardiologia Ambulatoriale, n.º 3 (30 de noviembre de 2020): 183–86. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-7.

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I moderni trattamenti oncologici hanno aumentato notevolmente la sopravvivenza dei pazienti con neoplasia. Tutta-via, i farmaci chemioterapici e la terapia radiante possono indurre cardiotossicità, ovvero disfunzione ventricolare e scompenso cardiaco, la quale concorre ad essere una delle maggiori cause di morbidità e mortalità in questa tipologia di pazienti. L’ecocardiografia è la metodica di prima scelta nella valutazione anatomica e funzionale delle strutture cardiache nel paziente oncologico. Permette di identificare precocemente eventuali segni di compromissione della funzionalità cardiaca mediante immagini 2D e strumenti di analisi avanzata quali il 3D e lo studio degli indici di de-formazione miocardica. Fornisce informazioni preziose in merito alla funzione diastolica, agli apparati valvolari e del pericardio oltre a identificare possibili masse cardiache o pseudo masse. Il riscontro dei segni cardiotossicità permette di intervenire nella rimodulazione del trattamento chemioterapico riconsiderando la tipologia di farmaco utilizzata e la distribuzione delle dosi da somministrare, nonché l’introduzione della terapia cardioprotettiva.
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3

Leopizzi, Tiziana y Agnese Maria Fioretti. "I DOACs alla conquista della trombosi cancro-correlata: una sfida vinta. Review della letteratura". CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, n.º 2 (14 de octubre de 2021): 107–17. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-2-3.

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Resumen
l tromboembolismo venoso rappresenta una causa di elevata mortalità e morbilità nei pazienti oncologici; gli anticoagulanti iniettivi ed il warfarin presentano alcuni limiti, difficilmente superabili nella pratica clinica. I recenti trial sugli anticoagulanti orali diretti, in prevenzione primaria, secondaria e nel trattamento del tromboembolismo venoso nel paziente con cancro attivo hanno dimostrato che i DOACs sono una scelta terapeutica non solo sicura ed efficace, ma anche maneggevole. In un ambito clinico “challenging” a causa di concomitanti terapie antitumorali, cateteri venosi centrali, trombocitopenia, disfunzione epatica e renale, fragilità tissutale e frequenti procedure invasive che complessivamente concorrono a rendere i pazienti particolarmente suscettibili al tromboembolismo venoso, i DOACs aprono un nuovo scenario terapeutico molto promettente.
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Asteggiano, Riccardo. "Aritmie cardiache e cancro". CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, n.º 2 (31 de julio de 2022): 60–66. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-2-8.

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La reale incidenza delle aritmie e della morte improvvisa è di difficile valutazione per la peculiare condizione dei pazienti oncologici, a causa di sintomi e segni concomitanti e confondenti. Tuttavia ogni tipo di aritmia può presentarsi in questi soggetti, sia spontaneamente che a causa di condizioni favorenti, che per effetto tossico del trattamento del cancro. È comunque essenziale, perché spesso modificabile e riducibile, valutare il rischio aritmico nei pazienti con cancro. Modesti interventi, come la correzione di una dis-ionia o evitare il concomitante trattamento con farmaci con potenziale effetto prolungante il QTc, possono evitare aritmie pericolose e letali. Ciò è di particolare importanza oggi, essendo di molto migliorata con le nuove terapie sia la qualità della vita che la sopravvivenza dei pazienti oncologici.
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Vegni, Elena, Noemi Tomasoni, Ivan Fossati, Giovanni Felisati, Paolo Foa y Agidio Aldo Moja. "Interventi di supporto per pazienti oncologici: un'esperienza di psicodramma classico". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 1 (septiembre de 2010): 117–28. http://dx.doi.org/10.3280/psd2010-001007.

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Il lavoro intende descrivere le caratteristiche e gli effetti di un percorso di supporto per pazienti oncologici con il metodo dello psicodramma classico con particolare riferimento: 1) alle modificazioni nelle rappresentazioni interne dei pazienti rispetto alle relazioni significative attraverso il Test dell'Atomo Sociale Proiettivo di Moreno; 2) alla soddisfazione dei pazienti rispetto al percorso effettuato, attraverso un'intervista semi-strutturata. Sono stati arruolati 8 soggetti nell'esperienza pilota. Al termine del percorso, vi č una modificazione nelle rappresentazioni interne dei pazienti, in riferimento alle relazioni sociali significative con un aumento generale nel numero e della qualitŕ di relazioni significative. Nelle interviste, i soggetti riportano un'impressione generale positiva sottolineando lo psicodramma in se stesso come punto di forza.
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Gavazzi, L., L. Calcagno, A. Casarico y P. Pasquini. "Gestione Computerizzata Dei Pazienti Oncologici in Urologia". Urologia Journal 56, n.º 2 (abril de 1989): 234–37. http://dx.doi.org/10.1177/039156038905600220.

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Lombardo, Luigi y Roberta Rossi. "Sessualitŕ e malattia neoplastica: criteri e strumenti per una consulenza sessuologica in oncologia". RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, n.º 1 (julio de 2010): 69–90. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2010-001004.

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Resumen
La sessualitŕ č un aspetto essenziale dell'identitŕ personale ed un importante elemento che contribuisce a determinare la qualitŕ della vita in molti pazienti affetti da malattia oncologica e nei loro partner. Tutti i tumori ed i trattamenti ad essi correlati possono avere delle ripercussioni sulla sessualitŕ e possono provocare effetti sulle diverse fasi della risposta sessuale. Questi possono essere provocati da una compromissione delle funzioni fisiche, da un'alterazione dell'immagine corporea o da distress psicologici che spesso accompagnano la diagnosi ed il trattamento. Molti pazienti con una malattia oncologica possono apprezzare l'opportunitŕ di discutere con gli operatori di loro fiducia aspetti che riguardano la sessualitŕ e l'intimitŕ e conoscere quali sono le ricadute che i trattamenti oncologici possono avere sulla sessualitŕ. Ma i professionisti della salute hanno spesso difficoltŕ nell'accettare che pazienti affetti da una malattia oncologica possano continuare ad essere "sessuati", cosě la sessualitŕ e l'intimitŕ dei pazienti vengono ampiamente medicalizzate. I modelli PLISSIT, ALARM e BETTER offrono utili strumenti per valutare gli aspetti relativi alla sessualitŕ e forniscono la possibilitŕ di un intervento di counselling graduale che permette a medici ed infermieri di occuparsi degli aspetti della sessualitŕ in base al proprio livello di competenza e di attitudine.
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8

Sabatti, Efrem. "Bioenergetica e Psiconcologia: un'integrazione possibile (?)". GROUNDING, n.º 2 (diciembre de 2011): 101–8. http://dx.doi.org/10.3280/gro2011-002008.

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Bibini, Michela, Giovanni Fattore, Francesco Longo y Francesca Meda. "La Casa della Comunità come piattaforma erogativa decentrata dell'ospedale Hub Il caso servizi oncologici della Casa della Salute di Bettola (A". MECOSAN, n.º 121 (septiembre de 2022): 91–131. http://dx.doi.org/10.3280/mesa2022-121oa14323.

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Resumen
Nel contesto attuale degli urgenti e importanti investimenti per lo sviluppo dell'assistenza di comunità, così come previsti dal Piano di Ripresa e Resilienza italiano, il presente articolo si prefigge un duplice obiettivo: (a) descrivere un modello di decentramento erogativo di servizi specialistici di norma gestiti presso ospedali hub, capace di valorizzare le Case della Comunità come una rete di setting erogativi di prossimità, e (b) analizzare le determinanti di contesto e i driver manageriali azionabili per disegnare, implementare e consolidare un'innovazione di servizio di tipo transformational change. Per rispondere alle domande di ricerca, l'articolo presenta il caso di un'innovazione trasformativa in una Casa della Salute in un'area montana dell'Azienda Sanitaria piacentina. Descrive come, a seguito di un graduale processo di decentramento sui servizi oncologici, la Casa della Salute di Bettola, comune di 2.600 abitanti, eroghi settimanalmente cure oncologiche decise dal Dipartimento di Oncologica dell'Ospedale AUSL di Piacenza ma erogate localmente da due professionisti oncologici (un medico e un infermiere). Il successo di questo caso si basa sulla convergenza della gestione e della leadership clinica, sul gradualismo dell'intero decentramento dei servizi oncologi, sulla motivazione di professionisti e pazienti e su un'attenta attenzione alle problematiche logistiche. Questo caso può servire come prototipo per le repliche in altri contesti e per l'introduzione di innovazioni simili in altre aree terapeutiche.
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Lavalle, Tiziana, Assunta De Luca, Francesco Ripa di Meana, Gennaro Ciliberto, Aldo Morrone y Branka Vujovic. "Istituti Fisioterapici Ospitalieri (IFO) ed emergenza sanitaria da Coronavirus: l'esperienza maturata durante la fase di lockdown e la fase 2 Covid-19". MECOSAN, n.º 115 (enero de 2021): 49–77. http://dx.doi.org/10.3280/mesa2020-115004.

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Resumen
All'inizio del periodo pandemico, si e verificata una forte polarizzazione delle risorse sanitarie e dei professionisti verso la prevenzione della rapida diffusione del SARS-CoV-2, riducendo l'attenzione alle malattie croniche e alla cura oncologica, compromettendo cosi la continuita terapeutica e gli esiti dei trattamenti. In questo scenario avvincente e travolgente, gli IFO sono rimasti ancorati alla propria missione di fornire cure specialistiche ai pazienti oncologici, dermatologici e con malattie rare. Qui, si presenta una sintesi delle decisioni strategiche assunte e dei piani sviluppati per ridurre la diffusione del virus, mentre ci si sforzava di avvicinare l'ospedale ai pazienti. Si spera che questa esperienza possa servire da risorsa per informare i modelli di assistenza in caso di futuri focolai epidemiologici.
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Coletti Moia, Elena. "Quali pazienti, quale rischio. Identificazione e correzione: scelte ed aderenza terapeutica". Cardiologia Ambulatoriale, n.º 3 (30 de noviembre de 2020): 163–66. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-2.

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Prima di iniziare una terapia oncologica potenzialmente cardiotossica è importante una valutazione cardiologica basale; essa può essere eseguita da un cardio-oncologo ma spesso in realtà viene attuata dal cardiologo ambulatoriale. La valutazione basale serve a identificare il profilo di rischio cardiovascolare del paziente, a correggere i fattori di rischio modificabili e, nel paziente cardiopatico noto, ad ottimizzare il trattamento. La correzione dei fattori di rischio come ipertensione arteriosa e dislipidemia richiede un adeguato approccio farmacologico ma per abbattere il più possibile il rischio, il paziente deve adottare una correzione dello stile di vita con misure comportamentali come l’interruzione del fumo, l’esercizio fisico ed una adeguata alimentazione. Il paziente con disfunzione ventricolare sinistra o cardiopatia ischemica deve essere valutato con test che permettano di rilevare l’entità del problema e poi intraprendere una terapia la cui scelta ed aderenza va considerata anche in base alle possibili interferenze con i farmaci oncologici.
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Carbone, Vincenzo. "Problematiche aritmologiche in cardio-oncologia: la fibrillazione atriale". Cardiologia Ambulatoriale 213, n.º 217 (30 de noviembre de 2020): 213–17. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-13.

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È stata rilevata un’aumentata prevalenza di fibrillazione atriale (FA) nei pazienti con neoplasie, così come una maggiore incidenza di tumori di nuova diagnosi in soggetti con FA di recente insorgenza. I possibili meccanismi chiamati in causa per spiegare la comparsa di FA in pazienti con cancro (e viceversa) comprendono un’epidemiologia comune e fattori di rischio condivisi, il ruolo dell’età e delle comorbidità che impattano su entrambe le condizioni, un effetto diretto del cancro sull’aritmia, nonché l’azione cardiotossica delle terapie chirurgiche, farmacologiche o radianti messe in atto per il trattamento delle neoplasie. L’infiammazioine sistemica, invece, potrebbe rappresentare un denominatore comune a entrambe le condizioni, come anche lo stress ossidativo e l’apoptosi. Il trattamento della FA nei pazienti oncologici rappresenta una grande sfida e, poiché non disponiamo di Linee Guida specificamente dedicate alla gestione dell’aritmia in questo particolare contesto clinico, l’approccio terapeutico deve essere individualizzato e at-tentamente ponderato.
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De Francesco, Maria Maddalena y Damiano Cardinale. "La terapia della trombosi venosa profonda". Cardiologia Ambulatoriale 29, n.º 1 (30 de mayo de 2021): 54–62. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-7.

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La trombosi venosa profonda (TVP) è l’ostruzione completa o parziale di una o più vene del circolo venoso profondo degli arti e/o dell’addome e pelvi. È la terza causa di morte più comune dopo l’infarto miocardico e l’ictus ischemico perché può determinare un’embolia polmonare (EP) con rischio di morte improvvisa, precoce o tardiva. In assenza di un tempestivo trattamento anticoagulante adeguato questa temibile complicanza si può verificare fino al 50% dei casi nei primi 3 mesi. È di fondamentale importanza la terapia e l’avvento dei Nuovi Anticoagulanti Orali (NAO) ha rapidamente cambiato gli attuali paradigmi sul trattamento del tromboembolismo venoso finora basato sull’uso embricato degli anticoagulanti iniettabili (eparina non frazionata, eparine a basso peso molecolare e fondaparinux) e degli antagonisti orali della vitamina K(AVK), trattamento complesso e talora problematico. La TVP è una complicanza frequente anche nei pazienti oncologici ed è causa frequente di morbilità e mortalità. Il trattamento ottimale nei pazienti con neoplasia maligna obbliga il clinico alla valutazione di alcuni parametri tra cui il rischio di sanguinamento, l’interazione con farmaci chemioterapici e la tipologia di cancro di cui il paziente è affetto.
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Lusiani, Luigi, Gabriella Bordin, Giovanni Mantineo, Pietro Roncato, Lionella Favaro, Leopoldo Tessaro, Lorena Sandonà y Francesca Bordin. "Cure di fine vita nei pazienti oncologici terminali in Medicina Interna". Italian Journal of Medicine 6, n.º 2 (junio de 2012): 110–15. http://dx.doi.org/10.1016/j.itjm.2011.08.004.

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Conti, Adelaide y Giovanni Zaninetta. "Accanimento terapeutico: esperienza in un reparto di cure palliative". Medicina e Morale 48, n.º 4 (31 de agosto de 1999): 721–36. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.797.

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Resumen
Gli Autori, prendendo spunto da una casistica di pazienti oncologici in fase avanzata, ricoverati e deceduti nell’Hospice Domus Salutis di Brescia nel triennio 1994-96, affrontano il tema dell’accanimento terapeutico nei malati terminali. La casistica comprendente circa 800 pazienti, esamina oltre alla patologia dei singoli pazienti, la terapia farmacologica globale, comprendente sia le specialità farmaceutiche utilizzate, sia le trasfusioni, le infusioni, le pompe di infusione, l’uso di catetere vescicale, di catetere venoso centrale, di sondino naso-gastrico, di monitor cardiaco, di respiratore e l’effettuazione di manovre rianimatorie in fase terminale. Affrontando gli aspetti etici e deontologici dell’accanimento terapeutico, esso viene distinto dalla cosiddetta “continuità terapeutica”, in opposizione all’astensionismo terapeutico. Scopo del lavoro è approfondire l’atteggiamento culturale di fronte a tali problematiche e la sua attenzione nella pratica clinica, tenendo conto che la casistica esaminata riguarda uno dei tre soli Hospices esistenti nel nostro Paese.
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Bianchini, C., M. Malagò, L. Crema, C. Aimoni, T. Matarazzo, S. Bortolazzi, A. Ciorba, S. Pelucchi y A. Pastore. "Dolore post-operatorio nei pazienti affetti da neoplasia testa-collo: fattori predittivi ed efficacia della terapia". Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, n.º 2 (abril de 2016): 91–96. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-499.

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Resumen
Negli anni è aumentata l’attenzione verso i molteplici aspetti associati alla “sfera” dolore, anche nei pazienti oncologici sottoposti a chirurgia testa-collo. Il dolore, definito infatti da diverse caratteristiche, quali l’esperienza personale, gli aspetti qualitativi della percezione, l’intensità, l’impatto emotivo, riconosce un’eziologia “multifattoriale”. Scopo del presente lavoro è stato: (i) valutare l’efficacia della terapia analgesica in pazienti affetti da tumore testa-collo e sottoposti a trattamento chirurgico; (ii) studiare le possibili variabili ed i fattori predittivi che possano influenzare l’insorgenza di dolore. Sono stati studiati 164 pazienti, affetti da neoplasia maligna del distretto testa-collo, trattati chirurgicamente tra il dicembre 2009 ed il dicembre 2013. I dati raccolti comprendono l’età, il sesso, la valutazione del rischio anestesiologico, la sede del tumore, la stadiazione TNM, il tipo di intervento effettuato, la complessità e la durata dell’intervento, le eventuali complicanze post-operatorie, i giorni di degenza post-intervento, la valutazione del dolore nei giorni 0, 1, 3 e 5 post-chirurgia. L’adeguatezza della terapia analgesica è stata espressa in termini di incidenza e prevalenza del dolore post-operatorio, le variabili legate al paziente, alla malattia, al trattamento chirurgico e farmacologico, sono state poi associate all’insorgenza del dolore così da poter descrivere eventuali fattori predittivi. Dai dati ottenuti emerge che la popolazione studiata ha ricevuto un’adeguata terapia antalgica, sia nell’immediato post-operatorio che nei giorni successivi. Non sono risultate associazioni statisticamente significative tra sesso, età ed incidenza del dolore post-chirurgico, mentre lo stadio del tumore, la complessità dell’intervento chirurgico e la sede della neoplasia hanno presentano correlazione significativa con il rischio di insorgenza di dolore post-operatorio. L’elevata prevalenza del dolore in ambito oncologico testa-collo, fa sì che un’appropriata ed attenta gestione del dolore risulti fondamentale. Nel futuro pertanto si auspica una sempre migliore comprensione dei fattori biologici, sociali e psicologici che caratterizzano la percezione del dolore ai fini di migliorarne il controllo.
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Leone, C. A., P. Capasso, D. Topazio y G. Russo. "Supracricoid laryngectomy for recurrent laryngeal cancer after chemoradiotherapy: a systematic review and meta-analysis". Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, n.º 6 (diciembre de 2016): 439–49. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1063.

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Resumen
La recidiva e la persistenza del cancro della laringe dopo radioterapia rappresentano eventi insidiosi, i cui tassi di incidenza variano dal 13% al 36%. L’intervento di laringectomia sopracricoidea (LSC), con cricoioidopessia (CIP) o cricoioidoepiglottopessia (CIEP), è in grado di garantire risultati oncologici e funzionali affidabili per i pazienti selezionati affetti da carcinoma glottico o sopraglottico, sia in caso di neoplasia primitiva che di recidiva. La presente metanalisi ha lo scopo di valutare i parametri oncologici e funzionali nei pazienti trattati con LSC per recidiva di carcinoma squamocellulare della laringe dopo fallimento di radioterapia. La ricerca è stata effettuata sui databases MEDLINE, PubMed ed EMBASE (da gennaio 1990 a dicembre 2015, solo in lingua inglese). Per la metanalisi è stato impiegato il metodo DerSimonian e Laird con effetto “midex random”; l’eterogeneicità è stata misurata mediante I. Sono stati inclusi nella ricerca 276 articoli, tra i quali ne sono stati selezionati 14 per la metanalisi, per un totale di 291 pazienti. L’analisi statistica ha mostrato una sopravvivenza globale (OS) a 5 anni del 80,2% (IC 0,719-0,885; I= 62%; p = 0,003) e una sopravvivenza libera da malattia (DFS) a 5 anni del 89,5% (IC 0,838-0,952; I= 52%; p = 0,022). Le indicazioni chirurgiche per una LSC dopo fallimento di radioterapia non cambiano rispetto a quelle adottate per pazienti con tumore primitivo. Pertanto, è stato ipotizzato che l’attenta valutazione dell’estensione del tumore, in caso di recidiva, potrebbe essere responsabile dell’alto tasso di OS e DFS a 5 anni. Per quanto riguarda i parametri di valutazione funzionale precoce postoperatoria, il tempo medio di decannulazione è stato di 35,6 giorni (IC 24,3-46,9; I= 95%; p < 0,001), mentre il tempo medio di rimozione del sondino naso-gastrico (SNG) o della gastrostrostomia percutanea endoscopica (PEG) è stato di 28,3 giorni (IC 22,7-33,8; I= 86%; p <= 0.001). Questi dati sono in accordo con gli Autori che preferiscono la rimozione precoce del sondino nasogastrico. In tal modo si può riprendere l’alimentazione orale quando è ancora presente il tubo endotracheale a protezione delle vie aree e permettere l’aspirazione degli eventuali residui alimentari.
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Garofoli, Lucilla. "Tra emozioni e relazioni. Un servizio di assistenza domiciliare ai pazienti oncologici terminali". PSICOBIETTIVO, n.º 1 (abril de 2013): 131–48. http://dx.doi.org/10.3280/psob2013-001011.

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ALMADORI, G., M. RIGANTE, F. BUSSU, C. PARRILLA, R. GALLUS, L. BARONE ADESI, J. GALLI, G. PALUDETTI y M. SALGARELLO. "L’impatto della ricostruzione mediante lembo microvascolare nei tumori del cavo orale: la nostra esperienza su 130 casi". Acta Otorhinolaryngologica Italica 35, n.º 6 (diciembre de 2015): 386–93. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-919.

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Resumen
Obiettivo del presente studio è stato valutare i risultati oncologici della nostra casistica di pazienti affetti da tumore del cavo orale trattati mediante chirurgia compartimentale radicale seguita da ricostruzione mediante lembo microvascolare. Abbiamo condotto un’analisi retrospettiva su 130 casi. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una resezione chirurgica della neoformazione seguita da una ricostruzione immediata mediante lembo libero e, quando necessario, in accordo con la valutazione espressa dal nostro tumor board e con le linee guida internazionali, ad un trattamento chemioradioterapico adjuvante. Le curve di sopravvivenza specifica per malattia (DSS) sono state ottenute mediante il metodo di Kaplan-Meier. Il test Long Rank e il Wilcoxon sono stati utilizzati per investigare i più importanti fattori influenzanti la sopravvivenza specifica per malattia a 5 anni. Per calcolare l’HR e il RR per le singole variabili è stato utilizzato un modello di Cox. L’88,5% dei pazienti è risultato affetto da una neoplasia a istologia squamocellulare. Il campione è risultato essere composto da 46 (35,4%) donne e 84 (64,6%) uomini con un età media di 58,5 anni. Al termine del periodo di follow up, 36 pazienti (27,7%) erano deceduti, 3 dei quali per altre cause. Il DSS è stato del 67,8% (S.E. = 4,9%). All’analisi univariata secondo Kaplan-Meier ed alla analisi multivariata con regressione di Cox sono state individuate sette differenti variabili aventi una relazione significativa con il DSS: T (p = 0,026) ed N (p = 0,0001), lo staging clinico (UICC TNM Sixth Edition) (p = 0,007), i margini di resezione (p = 0,001), l’extracapsular spread (p = 0.005), la recidiva di malattia (p = 0,00002) e la modalità di trattamento (sola chirurgia o chirurgia + RT/CHT) (p = 0,004). In nostri risultati sono risultati in linea con le osservazioni in letteratura, e ci permettono di sottolineare come la chirurgia ricostruttiva mediante lembo libero microvascolare possa incrementare la sopravvivenza nei pazienti con tumore del cavo orale.
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Galli, A., L. Giordano, D. Sarandria, D. Di Santo y M. Bussi. "Analisi oncologica e delle complicanze nel trattamento endoscopico mediante laser CO2 dei tumori glottici in classe T1-T2: la nostra esperienza". Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, n.º 3 (mayo de 2016): 167–73. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-643.

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Resumen
Esistono numerose strategie terapeutiche per il trattamento del carcinoma glottico in stadio iniziale (Tis/T1/T2): la laringectomia parziale a cielo aperto, la radioterapia e la chirurgia endoscopica condotta mediante laser CO2. In particolare quest’ultimo approccio ha gradualmente, ma inesorabilmente, acquisito un ruolo sempre più centrale nel management del cancro laringeo. In questo lavoro presentiamo la nostra esperienza in materia di chirurgia endoscopica laser-assistita delle neoplasie glottiche in stadio iniziale. è stata realizzata un’analisi retrospettiva su un campione di 72 pazienti affetti da carcinoma glottico in classe T1-T2 trattati con cordectomia laser endoscopica nel periodo compreso tra il 2006 e il 2012. Tutti i pazienti avevano almeno 36 mesi di follow-up. La disease-specific survival, la disease-free survival (DFS) e il tasso di preservazione laringea rilevati con il presente studio sono stati rispettivamente del 98,6%, 84,7% e 97,2%. Analizzando l’influenza sull’outcome oncologico a lungo termine di alcune tra le principali caratteristiche della malattia o del trattamento eseguito, abbiamo riscontrato come il coinvolgimento da parte del tumore della commissura anteriore e lo staging patologico della neoplasia (pT) correlino significativamente con un aumentato tasso di recidiva locale (p = 0,021 e p = 0,035) e con una ridotta DFS (p = 0,017 e p = 0,023). Gli altri parametri presi in esame, come staging clinico, tipo di cordectomia, coinvolgimento di altre specifiche sottosedi laringee e stato dei margini di resezione, non si sono dimostrati, invece, correlare significativamente con gli endpoint oncologici stabiliti. La chirurgia endoscopica laser-assistita è quindi una tecnica estremamente affidabile per il trattamento dei tumori glottici in stadio iniziale in termini di outcome oncologico. Il tasso di recidiva risulta significativamente influenzato dal coinvolgimento della commissura anteriore e dal pT.
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Di Minno, Giovanni y Antonella Tufanoe. "Tromboembolismo Venoso Nei Pazienti Oncologici Linee Guida di Profilassi e Terapia E Aree di Incertezza". Tumori Journal 92, n.º 6 (noviembre de 2006): 1–15. http://dx.doi.org/10.1177/030089160609200626.

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SAPONARO, G., G. GASPARINI, D. CERVELLI, L. DALL’ASTA, G. D’AMATO, M. FORCIONE, S. PELO y A. MORO. "Il lembo libero osteoperiosteo di Fibula come opzione ricostruttiva preprotesica nelle atrofie severe e nei difetti post oncologici dei mascellari". Acta Otorhinolaryngologica Italica 35, n.º 6 (diciembre de 2015): 394–99. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-763.

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Resumen
Il gold standard nella ricostruzione dei mascellari nelle atrofie severe, siano esse di natura idiopatica o iatrogena, come nei casi di chirurgia resettiva oncologica, deve essere incentrato verso tecniche di ricostruzione immediata che consentano un veloce recupero funzionale ed estetico. I pazienti considerati in questo studio sono stati trattati durante un periodo di 5 anni (2010-2014) con ricostruzione immediata del deficit dei mascellari, eseguito per mezzo di lembo libero di fibula osteo-periosteo. Sono stati pertanto selezionati 14 pazienti sottoposti a ricostruzione con tale tecnica, senza riportare complicanze a medio e lungo termine. Il principale vantaggio di questo tipo di ricostruzione va ricercato nella formazione di gengiva cheratinizzata sovrastante il lembo libero che consente la migliori condizione possibile per una ricostruzione implantoprotesica. L’unico svantaggio di questa tecnica è da imputare alla necessità di lasciare che la ferita chirurgica intraorale guarisca per seconda intenzione in modo da promuovere la formazione di gengiva cheratinizzata dai bordi della ferita stessa, per tale ragione però il pazente necessita di un rigido follow up per il primo mese dopo l’intervento. Lo scopo di questo lavoro è valutare l’efficacia di tale tecnica nelle ricostruzioni ossee dei mascellari.
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Fatigante, Marilena, Cristina Zucchermaglio, Francesca Alby y Mariacristina Nutricato. "La struttura della prima visita oncologica: uno studio conversazionale". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 1 (enero de 2021): 53–77. http://dx.doi.org/10.3280/pds2021-001005.

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Resumen
La prima visita in oncologia è un evento istituzionale (Drew e Heritage, 1992) altamente complesso sia per medico che per paziente e accompagnatori coinvolti. Il lavoro presenta uno studio conversazionale su un corpus di prime visite oncologiche volto all'esame delle distinte fasi che compongono questo evento. Il corpus di dati è costituito da 36 video registrazioni di visite oncologiche, condotte da due oncologi senior in due differenti ospedali romani. Lo stu-dio aderisce alla prospettiva teorico-metodologica dell'Analisi Conversazionale (Schegloff, 2007), in particolare applicata al contesto medico (Heritage e Maynard, 2006). A partire da indicatori empirici discorsivi e multimodali, sono state identificate 8 fasi attraverso le quali, con diverse durate e complessità, si realizza la visita oncologica: Apertura, Anamnesi, Presentazio-ne della malattia, Stadiazione, Indicazione di trattamento, Prescrizioni e Chiusura. L'analisi qualitativa mostra come paziente e accompagnatore si orientino ai passaggi tra fasi distinte, cooperando con il medico ad assolvere la specifica agenda di attività della visita. Sono discusse le implicazioni dello studio per la ricerca e la comprensione delle forme di partecipazione e strategie di empowerment disponibili ai pazienti per fronteggiare la complessità comunicativa dell'incontro con l'oncologo e ridurre possibili stati d'ansia che si associano a questo evento.
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Marconi, Maria, Silvia Bianchi, India Minelli y Claudio Verusio. "Il distress psicologico in un campione di pazienti oncologici: l'effetto di età e tipo di reparto". RICERCHE DI PSICOLOGIA, n.º 4 (marzo de 2021): 1055–74. http://dx.doi.org/10.3280/rip2020-004005.

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Campisi, G., A. Bedogni, O. Di Fede, P. Vescovi, V. Fusco y L. Lo Muzio. "Osteonecrosi dei mascellari associata a bisfosfonati, denosumab e farmaci anti-angiogenetici nei pazienti oncologici e osteoporotici: diagnosi e terapia". Dental Cadmos 81, n.º 9 (noviembre de 2013): 566–89. http://dx.doi.org/10.1016/s0011-8524(13)70099-0.

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Stella, Silvia, Ivan Fossati, Elena Vegni y Egidio A. Moja. "Storie di pazienti oncologici che muoiono e dei curanti che li accompagnano: uno studio qualitativo sul mondo interno degli psicologi". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 1 (junio de 2009): 57–67. http://dx.doi.org/10.3280/pds2009-001004.

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Resumen
- Literature regarding the care of terminally ill patients at the end of life underlines the difficult experience of caring both by physicians and nurses. The goal of this study is to investigate the professional experience of psychologists who deal with terminally ill patients. Two narratives about the perception of professional success and insuccess were asked to 40 psychologists who usually work with advanced cancer patients. 37 psychologists accepted to participate, the 42% gave al least one narrative. The 54.8% of the narratives was about professional success, the 45.2% was about insuccess. The narratives were examined using an hermeneutical-interpretative method, according to Grounded Theory. The narratives concerning professional insuccess pointed out feelings of isolation, fear, anxiety and helplessness. Those regarding a professional success focused on a good relationship between the psychologist, the patient and the context. Specific issues emerged from the study: questions arising from the patient's refusal of the psychological treatment, the absence of difficulty in initiating end-of-life discussions, and the lack of requirement for specific training.Key words: psychologist, professional experience, end of life, cancer patients, qualitative research.Parole chiave: psicologo, vissuto professionale, fine vita, pazienti oncologici, ricerca qualitativa.
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Campisi, G., O. Di Fede, A. Bedogni, P. Vescovi, V. Fusco y L. Lo Muzio. "Osteonecrosi dei mascellari associata a bisfosfonati, denosumab e farmaci anti-angiogenetici nei pazienti oncologici e osteoporotici: prevenzione dentale e sicurezza dei trattamenti odontoiatrici". Dental Cadmos 81, n.º 10 (diciembre de 2013): 634–49. http://dx.doi.org/10.1016/s0011-8524(13)70110-7.

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Maioni, Melissa. "Il livello di speranza nei pazienti oncologici in cura chemioterapica. Un’indagine sperimentale / The level of hope in the cancer patients receiving chemotherapy. An experimental investigation". Medicina e Morale 67, n.º 5 (11 de diciembre de 2018): 525–43. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.555.

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La speranza è una caratteristica multidimensionale che coinvolge diverse dimensioni umane, il cui costrutto è stato più volte studiato in molteplici ambiti disciplinari. Il presente studio si propone di: valutare l’impatto della patologia in relazione al livello di speranza; comparare il livello di speranza con altre variabili cliniche e socio-demografiche, attraverso lo studio di 83 pazienti oncologici del Policlinico Campus Bio-Medico di Roma in cura chemioterapica, e di 83 soggetti sani, con caratteristiche socio-demografiche comparabili al campione clinico, a cui sono state sottoposte due scale: l’HHI (Herth Hope Scale) e la SF-12 (Questionario sullo stato di salute). L’analisi statistica utilizzata è finalizzata a valutare l’interdipendenza lineare tra le due variabili considerate (la speranza e lo stato di salute) sulla popolazione in generale e nelle sottopopolazioni considerate, tramite il calcolo dell’indice R2. I risultati mostrano che: a) il campione sperimentale composto per l’84,3% da pazienti affetti da cancro al IV stadio, ha mediamente un medio livello di speranza (media ± es = 35.47 ± 0.78); b) non emerge una correlazione significativa tra lo stato di salute e il livello di speranza; c) non emergono differenze significative riguardo il livello di speranza, mentre emergono delle differenze significative relativamente alla PCS (stato di salute fisica). I dati raccolti indicherebbero come la speranza sia una dimensione indipendente dalla diagnosi, dalla stadiazione della patologia, dal sesso, dal tipo di ospedalizzazione, dallo stato civile e non si modifichi nelle varie fasce d’età. Sembrerebbe un costrutto che si mantiene stabile nel tempo e che viene scarsamente influenzato da altre variabili. ---------- Hope is a multidimensional characteristic that involves different human dimensions, the construction of which has been studied several times in multiple disciplinary fields. The present study aims to: assess the impact of the pathology in relation to the level of hope; compare the level of hope with other clinical and socio-demographic variables, through the study of 83 cancer patients receiving chemotherapy at the Policlinico Campus Bio-Medico in Rome, and 83 healthy subjects, with socio-demographic characteristics comparable to the clinical sample, who were given two scales: the HHI (Herth Hope Index) and the SF-12 (SF-12 Health Survey). The statistical analysis used is aimed at assessing the linear interdependence between the two variables under consideration (hope and health) for the general population and the subpopulations under consideration, by calculating the R2 index. The results show that: a) the experimental sample, 84.3% of which was composed of stage IV cancer patients, had an average hope level (mean ± es = 35.47 ± 0.78); b) there was no significant correlation between health and hope; c) there were no significant differences in hope levels, while there were significant differences in physical health (PCS). The data collected would indicate that hope is a dimension independent of diagnosis, disease stage, sex, type of hospitalization, marital status and does not change in the various age groups. It would seem to be a construct that remains stable over time and is poorly influenced by other variables.
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Castaldi, Bruno. "Questioni pratiche nel trattamento anticoagulante della fibrillazione atriale nel paziente oncologico". Cardiologia Ambulatoriale, n.º 3 (30 de noviembre de 2020): 223–25. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-15.

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La fibrillazione atriale si verifica con una frequenza maggiore nei pazienti con neoplasie, in particolare anziani, spesso correlata a comorbidità o complicanze della terapia chirurgica e medica del cancro. Trattare la fibrillazione atriale in pazienti con neoplasie è una sfida, soprattutto in termini di terapia antitrombotica, perché il cancro comporta un aumento del rischio sia di trombosi che di emorragia, e la risposta anticoagulante può essere imprevedibile. Alla terapia con warfarin e con eparina a basso peso molecolare si sono aggiunti, grazie alla provata efficacia e sicurezza, anche gli anticoagulanti orali diretti. Compliance del paziente, interazioni farmacologiche, frequenti cambiamenti della malattia neoplastica, impongono però una sorveglianza continua e un approccio multidisciplinare.
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Di Mattei, Valentina, Anna Rosa Bisceglie, Cristina Sigismondi, Giorgia Mangili, Antonio Prunas y Lucio Sarno. "Analisi della domanda e dei bisogni psicologici in un reparto di ginecologia oncologica". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 3 (febrero de 2011): 131–44. http://dx.doi.org/10.3280/pds2010-003007.

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Negli ultimi quindici anni si č assistito, in ambito oncologico, a una crescita dell'interesse per lo studio della qualitŕ della vita. A differenza delle donne colpite da cancro al seno per le quali esistono da anni numerose associazioni che si occupano di offrire un sostegno psico-educazionale e psicoterapeutico, le donne colpite da tumore ginecologico non possono contare su una tale ricchezza di risorse e possono quindi essere considerate piů a rischio di isolamento sociale. Il presente studio si prefigge di indagare, in un campione di 67 pazienti ricoverate presso il reparto di Ginecologia dell'Ospedale San Raffaele di Milano, la percezione del bisogno di un supporto di tipo psicologico e la presenza di sofferenza psicologica, in particolare, di manifestazioni ansiose e depressive, ponendole in associazione ad alcune variabili relative al tipo di trattamento intrapreso. I dati a nostra disposizione suggeriscono che, per quanto vissuti di ansia, depressione e angoscia siano frequentemente associati all'esperienza del ricovero, non emergono differenze significative al confronto tra pazienti ricoverate per patologia oncologica e non oncologica. Č emersa prevalentemente la necessitŕ di seguire il malato oncologico con competenze psicologiche specifiche, sensibilizzando quanto piů possibile anche il personale medico ed infermieristico. I risultati della presente ricerca, per quanto preliminari, forniscono importanti spunti di riflessione relativamente ai bisogni psicologici delle pazienti con disturbi ginecologici di natura oncologica e non oncologica.
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Karatayli-Ozgursoy, S., J. A. Bishop, A. T. Hillel, L. M. Akst y S. R. Best. "Tumori maligni delle ghiandole salivari della laringe: un'unica review istituzionale". Acta Otorhinolaryngologica Italica 36, n.º 4 (agosto de 2016): 289–94. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-807.

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I tumori a istotipo salivare della laringe sono molto rari, con pochi report in letteratura in merito al loro andamento clinico. Nel presente manoscritto discutiamo un'esperienza di 10 anni presso una singola struttura. Abbiamo condotto una review retrospettiva della casistica di un centro di oncologia della testa e del collo di terzo livello. I pazienti sono stati individuati mediante analisi di un database e sono stati revisionati da un Anatomo Patologo testa collo. I dati inerenti la clinica, le modalità di trattamento e gli esiti sono stati prelevati da archivi elettronici. Sono stati inclusi sei pazienti nello studio, con un range di età dai 44 ai 69 anni. Tutti e sei erano affetti da neoplasie maligne a istotipo salivare della laringe. Gli istotipi includevano: tre carcinomi adenoido-cistici (2 sopraglottico, 1 sottoglottico), un carcinoma mucoepidermoidale (sopraglottico), un carcinoma epiteliale-mioepiteliale (sopraglottico), e un adenocarcinoma (transglottico). Tutti sono stati sottoposti a trattamento chirurgico (2 chirurgie laser, 4 open) e 5 dei 6 pazienti sono stati successivamente sottoposti a terapia adjuvante (4 a radioterapia, 1 a radio-chemioterapia concomitante). Un paziente era fumatore; nessun paziente aveva storia di abuso di alcolici. A un follow-up con mediana di 4,5 anni nessuno dei pazienti ha presentato recidiva o metastasi locali o a distanza. I tumori a istotipo salivare della laringe si presentano solitamente in pazienti della seconda/terza età, e possono essere trattati con successo mediante approcci multimodali, con un ottimo controllo locoregionale di malattia.
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Lorusso, Vito y Agnese Maria Fioretti. "Vincere il tumore e proteggere il cuore". Cardiologia Ambulatoriale 2, n.º 2 (30 de septiembre de 2020): 81–87. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-2-1.

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La moderna sfida dei cardiologi è affrontare le più efficaci terapie antitumorali senza causare complicanze cardio-logiche. Il tumore è la seconda causa di morte nel mondo occidentale ed è tuttoggi una malattia curabile grazie alle più recenti terapie come la targeted therapy, gli inibitori del ckeck point e le più tradizionali come chemioterapia, radioterapia ed ormonoterapia. Il paziente oncologico guarito di oggi non deve diventare il paziente cardiopatico di domani, infatti per tale ragione sono possibili diverse strategie. Questa presentazione è focalizzata sull’uso della doxorubicina non peghilata, un nuovo tipo di antraciclina efficace quanto la tradizionale ma dotata di maggiore sicurezza cardiologica, da somministrare da sola o in combinazione ad altre terapie antitumorali e, soprattutto, anche in pazienti ad alto rischio cardiologico perché già sottoposti in precedenza ad antracicline con indicazione a rechallenge.
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Di Pietro, Maria Luisa y Elio Sgreccia. "Etica della responsabilità in oncologia ginecologica". Medicina e Morale 48, n.º 6 (31 de diciembre de 1999): 1057–71. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.787.

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La gestione di una patologia neoplastica della sfera ginecologica rappresenta sempre un momento carico di responsabilità e di tensioni per la paziente e il medico. Alla paura – della pazienza . di avere un cancro e all’incertezza dell’esito delle terapie, si aggiunge anche il dolore di subire una mutilazione in organi considerati basilari per la strutturazione e il riconoscimento della propria identità femminile con le conseguenti incapacità di procreare o difficoltà, nel caso in cui la donna sia gravida, di portare avanti la gravidanza. Le situazioni difficili e conflittuali, con cui la paziente e il medico si dovranno inevitabilmente confrontare, vengono affrontate nella letteratura bioetica con il riferimento al principialismo e, in particolare, al principio del rispetto dell’autonomia e al principio della beneficialità. Ma il riferimento al principialismo più che risolvere acuisce spesso le situazioni di conflittualità, soprattutto in questo caso ove i diritti da tutelare non sono solo e sempre quelli della donna e del medico, ma anche del feto qualora la donna sia in gravidanza. È per questo motivo che gli Autori propongono di far riferimento alla categoria morale della responsabilità, nella quale l’autonomia della paziente e del medico si incontrano con il bene da cui nascono e per cui vivono. Un’etica della responsabilità che nell’ambito della oncologia ginecologica viene chiamata in causa almeno in tre momenti: nella prevenzione, nella scelta terapeutico, nell’assistenza.
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Gemma, M., S. Toma, F. Lira Luce, L. Beretta, M. Braga y M. Bussi. "Enhanced recovery program (ERP) in major laryngeal surgery: building a protocol and testing its feasibility". Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, n.º 6 (diciembre de 2017): 475–78. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1091.

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Con il termine Enhanced Recovery Program (ERP) si fa riferimento a protocolli, sempre più utilizzati in ambito chirurgico, che introducono un approccio multimodale evidence-based alla gestione perioperatoria del paziente. In particolare, i benefici derivanti dall’applicazione dei protocolli di Enhanced Recovery After Surgery (ERAS®) sono stati ampiamente dimostrati nella chirurgia colon-rettale, dove hanno determinato una riduzione della durata della degenza e delle complicanze postoperatorie. Ulteriori protocolli ERP sono stati introdotti in vari campi chirurgici, tra cui la chirurgia vascolare, gastroenterologica, pancreatica, ginecologica, urologica e ortopedica. Nel campo della chirurgia otorinolaringoiatrica, non è ancora stato intrapreso un tentativo di implementazione di un protocollo basato sui principi ERAS®. Lo scopo del nostro lavoro è stato sviluppare un programma ERP per la chirurgia laringea maggiore (laringectomie parziali e totali, rimozione di tumori orofaringei con ricostruzione con lembo nuscolare a cielo aperto), basato sui principi fondamentali del protocollo ERAS® validato nella chirurgia colon-rettale. Ventiquattro pazienti sottoposti a chirurgia oncologica laringea maggiore sono stati trattati con tale protocollo ERP, che differiva sotto molti aspetti dalla nostra precedente pratica standard (descritta sulla scorta di settanta pazienti sottoposti a chirurgia laringea oncologica a cielo aperto prima dell’introduzione del nuovo protocollo). La percentuale di aderenza dei pazienti al protocollo ERP è stata elevata. In particolare gli “items” valutazione nutrizionale preoperatoria, profilassi antibiotica, profilassi PONV (nausea e vomito postoperatori), riabilitazione logopedica post-operatoria, sono stati applicati nel 100% dei casi. Alcune voci del protocollo ERP (profilassi antibiotica, tassi di infusione intraoperatoria e logopedia postoperatoria) erano state già spesso implementate prima dell’adozione ERP. Si sono presentate poche complicanze postoperatorie di tipo medico (8,3% dei casi). Il nostro protocollo ERP per la chirurgia laringea maggiore si è rivelato possibile. Il grado di beneficio derivante dalla sua applicazione potrà essere valutato mediante un ulteriore implementazione del campione di studio.
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Del Piccolo, Lidia. "Doctor-patient interaction: a comparison between analysis systems". Epidemiologia e Psichiatria Sociale 7, n.º 1 (abril de 1998): 52–67. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00007120.

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RIASSUNTOScopo — L'intervista medica nel contesto della medicina generate ha importanti implicazioni sia sul piano diagnostico che terapeutico, mira ad un'accurata raccolta di informazioni biopsicosociali e, per essere ben condotta, implica l'applicazione di tecniche d'intervista centrate sia sul medico che sul paziente. L'analisi dell'interazione tra medico e paziente consente di valutare le tecniche d'intervista messe in atto dal medico e di individuare in modo phi preciso gli aspetti che possono essere migliorati. In particolare: 1) la revisione degli strumenti di analisi dell'interazione (IAS) adottati per descrivere la comunicazione tra medico e paziente, tenendo conto della rilevanza clinica, le strategie osservative adottate, l'attendibilita e il tipo di comportamenti analizzati; 2) la valutazione critica e l'analisi dei risultati delle ricerche svolte adottando gli strumenti considerati. Obiettivi — Gli strumenti di analisi dell'interazione considerati sono stati individuati a partire da alcune revisioni precedenti e utilizzando la ricerca Medline (HelthGate) sulle parole chiave indicate nella revisione. Risultati — Sono stati analizzati 17 sistemi di classificazione e 10 di questi sono stati descritti in ordine cronologico. Da un'analisi di tipo sociologico o psicolinguistico, si e passati, nel tempo, a un approccio specificamente impostato sulla consultazione medica e quindi a situazioni specifiche del contesto medico, quali l'ambito oncologico o ospedaliero. Conclusioni — Nello studio dell'interazione medico-paziente e importante individuare quelle categorie che risultano piu salienti per un'intervista «centrata sul paziente». Cio e rilevante non solo ai fini di una corretta individuazione dei pazienti con disagio emotivo, ma anche ai fini della corretta attribuzione del disagio stesso. L'attitudine ad ascoltare e la sollecitazione a parlare anche di tematiche emotive costituisce, infine, una forma indiretta di educazione del paziente, in quanto comprende che puo parlare con il medico anche dei suoi problemi psicologici e che cio puo avere una valenza terapeutica.
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Lusardi, Paola y Riccardo Asteggiano. "Attività fisica e cancro: dalla prevenzione all’esercizioterapia". CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, n.º 2 (31 de julio de 2022): 52–59. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-2-7.

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Il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione primaria delle neoplasie è noto; negli ultimi anni l’esercizio svolto con sistematicità ha acquisito un ruolo anche in prevenzione secondaria, riducendo il rischio di recidiva di cancro e migliorando la prognosi e la qualità di vita dei pazienti. L’esercizio fisico è altresì raccomandato per prevenire e contrastare la cardiotossicità dei trattamenti neoadiuvanti e adiuvanti, e per limitare gli effetti invalidanti di fatigue, sarcopenia e cachessia. Dalla letteratura internazionale e dalle esperienze di pratica clinica emerge sempre più l’importanza di introdurre programmi di esercizioterapia nella gestione globale del paziente oncologico, con una prescrizione sartoriale concordata a livello multidisciplinare (oncologo, cardiologo, fisiatra, fisioterapista), che tenga conto della storia naturale del tipo di cancro, del rischio di complicanze, degli effetti terapeutici e collaterali delle terapie in corso, oltre a valutare problemi di sicurezza ed eventuali controindicazioni.
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Pradal, Giulia, Daniela Sorrentino, Niccolo Lombardi, Alberto Pispero y Laura Moneghini. "Lesione osteolitica in paziente oncologico". Dental Cadmos 86, n.º 06 (junio de 2018): 467. http://dx.doi.org/10.19256/d.cadmos.06.2018.03.

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Gallo, Marco y Sara Belcastro. "Gestione del diabete nel paziente oncologico". L'Endocrinologo 19, n.º 4 (20 de julio de 2018): 185–90. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-018-0455-y.

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Carta, F., N. Chuchueva, C. Gerosa, S. Sionis, R. A. Caria y R. Puxeddu. "Parotid tumours: clinical and oncologic outcomes after microscope-assisted parotidectomy with intraoperative nerve monitoring". Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, n.º 5 (octubre de 2017): 375–86. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1089.

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I pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di parotidectomia per lesioni benigne e maligne possono presentare disfunzioni temporanee o permanenti del nervo facciale. Il monitoraggio intraoperatorio della motilità facciale è uno strumento ampiamente riconosciuto per la sua utilità nella preservazione del nervo, mentre l’efficacia del microscopio operatorio è stata raramente discussa. Gli autori riportano la loro esperienza su 198 parotidectomie consecutive eseguite su 196 pazienti con l’ausilio del microscopio operatorio e del monitoraggio intraoperatorio del nervo facciale. Centoqurantacinque interventi sono stati eseguiti per lesioni benigne e 53 per neoplasie maligne. Tredici pazienti operati per lesioni benigne hanno presentato un deficit della funzionalità del nervo facciale: 11 hanno sofferto di paralisi temporanea e 2 di paralisi permanente (entrambe di secondo grado). Dieci pazienti affetti da patologia maligna presentavano un interessamento preoperatorio del nervo facciale. Cinque e sei pazienti affetti da patologia maligna senza interessamento preoperatorio del nervo hanno presentato un deficit rispettivamente temporaneo e definitivo (in 2 casi il sacrificio di un ramo del nervo macroscopicamente infiltrato dalla neoplasia fu deciso solo durante la procedura chirurgica). L’incidenza di paralisi definitiva di una singola branca del nervo facciale dopo interventi eseguiti per lesioni che non originavano dal nervo facciale o che non lo infiltravano macroscopicamente (n = 185) è stata del 2,7%. I pazienti trattati per tumori benigni non flogistici del lobo superficiale della ghiandola parotide (n = 91) hanno presentato una paralisi facciale postoperatoria temporanea nel 4,4% dei casi e nessun deficit permanente. L’uso combinato del microscopio operatorio e del monitoraggio intraoperatorio del nervo sembra garantire la preservazione del nervo facciale nei pazienti sottoposti a parotidectomia.
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Capozza, Dora, Rossella Falvo, Ines Testoni y Emilio Paolo Visintin. "Deumanizzazione del paziente oncologico nei contesti medici". SALUTE E SOCIETÀ, n.º 2 (abril de 2015): 74–86. http://dx.doi.org/10.3280/ses2015-002006.

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Di Bisceglie, Cataldo, Alberto Revelli, Enrico Brignardello, Massimiliano Timpano, Stefano Allasia, Francesca Salvagno, Luisa Delle Piane, Francesco Felicetti y Chiara Manieri. "Come preservare la fertilità nel paziente oncologico". L'Endocrinologo 17, n.º 5 (octubre de 2016): 243–49. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-016-0229-3.

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Mustacchi, Giorgio y Rita Ceccherini. "La Gastroprotezione Nel Paziente Oncologico: Approccio Razionale, Ruolo Dei Farmaci Antisecretori Ed Eventuali Ulteriori Prospettive in Oncologia". Tumori Journal 84, n.º 1_suppl1 (enero de 1998): S16—S19. http://dx.doi.org/10.1177/03008916980841s104.

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Resumen
In view of the large number of cancer patients treated with FANS and/or corticosteroids for long periods of time, Authors discuss how the use of antisecretory drugs for gastroprotection has become common practice in spite of the lack of clear scientific evidence. The paper analyses the principal mechanisms of gastrotoxicity of FANS, essentially associated with the inhibition of prostaglandins and consequent reduction of the secretion of mucous and bicarbonate. It also discusses the numerous controlled trials evaluating the efficacy of ranitidine for gastroprotection versus placebo and versus the analogous synthetic substance, misoprostole, derived from prostaglandin E1. This analysis shows that misoprostole provides significant protection against both gastric and duodenal ulcers, whilst the antisecretory drug protects only against localised duodenal ulcer. The conclusion is that optimum protection against FANS is provided by misoprostole. In any case more than 30% of patients are destined to develop ulcerous or minor lesions for which treatment with antisecretory drugs is correct. After analysis of the available literature on the gastrotoxicity of corticosteroids, it is clear that this risk is real only for a small sub-population of patients (treated in dual therapy with FANS, for long periods, with high doses or in presence of ulcer anamnesis). It is not known in these cases whether prophylactic treatment is suitable, nor which would be the best prophylactic treatment. In other cases the problem does not arise since the number of patients developing ulcers is similar with corticosteroids treatment or with placebo. Some further interesting features of ranitidine compared to cimetidine (its better pharmacological profile due to the lack of side effects, lack of medullary depression, lack of interference with the immunological system, lack of antiandrogen effects) are also discussed. Particularly interesting is the lack of interference with cyclophosphamide metabolism, such interference having shown for cimetidine. Studies involving ranitidine treatment in association with Interleukin-2 for renal carcinoma and metastatic melanoma are also of interest although no statistically significant results are available as yet.
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Lagattolla, Fulvia, Carla Costanzo, Francesca Romito, Francesco Giotta y Vittorio Mattioli. "Musica, canto ed espressione emozionale durante la chemioterapia. Fanno stare meglio?" PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 3 (diciembre de 2012): 115–25. http://dx.doi.org/10.3280/pds2012-003007.

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Resumen
Le pazienti oncologiche vivono elevati livelli di distress psicologico, in particolar modo durante le prime fasi di diagnosi e trattamento. Lo studio valuta l'efficacia di un intervento di terapie complementari, nel contenimento di ansia, depressione, rabbia e stress in pazienti oncologiche. 62 pazienti sono state randomizzate in gruppo sperimentale e di controllo. Il gruppo sperimentale ha partecipato ad una singola sessione di musicoterapia nella globalita dei linguaggi e holding psicologico in gruppo, durante l'infusione di chemioterapia ambulatoriale. Lo strumento di valutazione pre e post intervento e stato l'Emotional Thermometers Tool. Nel gruppo sperimentale i livelli di stress, ansia, depressione e rabbia, risultano ridotti in maniera significativa dopo l'intervento. Nel gruppo di controllo si riducono stress e ansia. La richiesta di aiuto risulta maggiormente soddisfatta nel gruppo sperimentale. L'intervento di gruppo di musicoterapia e holding psicologico si e dimostrato utile nel ridurre il distress emozionale durante l'infusione di chemioterapia. Andrebbe valutato l'impiego delle terapie complementari nei percorsi di umanizzazione.
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Piccinini, Lino, Roberta Depenni, Alessandra Zoboli, Francesca Zanelli, Vera Clò y Vincenzo Arigliano. "Cure Palliative E Assistenza Domiciliare Al Paziente Oncologico". Tumori Journal 86, n.º 3_suppl1 (mayo de 2000): S59—S60. http://dx.doi.org/10.1177/03008916000863s117.

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Mercuri, M., P. Ruggieri, N. Fabbri, T. Calabrò y C. Errani. "Le infezioni correlate agli impianti nel paziente oncologico". LO SCALPELLO-OTODI Educational 23, n.º 3 (diciembre de 2009): 210–14. http://dx.doi.org/10.1007/s11639-009-0048-4.

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Maturo, Antonio. "Comunicazione oncologica. Medici e pazienti di fronte al dolore tumorale". SALUTE E SOCIETÀ, n.º 2 (abril de 2015): 87–99. http://dx.doi.org/10.3280/ses2015-002007.

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Zulian, F., M. Campanini, L. Lusiani, L. Magnani, G. Pinna y R. Nardi. "Saper desistere per curare fino in fondo: come intraprendere il migliore percorso di assistenza nel Paziente con grave insufficienza d’organo in Medicina Interna?" Italian Journal of Medicine 5, n.º 1 (11 de abril de 2017): 1. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2017.5.

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Resumen
<img src="/public/site/images/pgranata/rass.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>La futilità in medicina e le difficoltà a desistere</strong><br /><em>L. Lusiani, L. Magnani</em></p><p class="titolo"><strong>Le prospettive Slow Medicine sulla desistenza terapeutica</strong><br /><em>S. Spinsanti, S. Vernero</em></p><p class="titolo"><strong>La desistenza terapeutica: il punto di vista del magistrato</strong><br /><em>V. Castiglione, V. Pedone</em></p><p class="titolo"><strong>La <em>desistenza terapeutica</em> è giustificabile sul piano etico?</strong><br /><em>E. Furlan</em></p><p class="titolo"><strong>Il punto di vista di un credente</strong><br /><em>G. Pinna</em></p><p class="titolo"><strong>Il buon samaritano, la misericordia del medico e desistenza terapeutica: concetti fra loro compatibili?</strong><br /><em>A. Greco, M. Greco, L. Cascavilla, G. Fasanella</em></p><p class="titolo"><strong>Le grandi insufficienze d’organo <em>end stage</em>: il documento SIAARTI</strong><br /><em>G.R. Gristina, L. Riccioni</em></p><p class="titolo"><strong>I determinanti della mortalità a breve termine dei pazienti non oncologici ricoverati in medicina interna: un’esperienza sul campo</strong><br /><em>M. Tiraboschi, S. Ghidoni, A. Zucchi, A. Carobbio, A. Ghirardi, M. Casati, F. Dentali, A. Squizzato, D. Torzillo, F. De Stefano, V. Gessi, E. Tamborini Permunian, S. Moretti, A. Assolari, A. Brucato</em></p><p class="titolo"><strong>Le parole per dirlo: la comunicazione al paziente, ai familiari e al <em>caregiver</em></strong><br /><em>M. Felici, S. Lenti, L. Occhini, A. Pulerà</em></p><p class="titolo"><strong>Le alternative possibili che il medico internista può proporre alla dimissione, rispetto all’aumento di intensità di cura e l’assistenza ospedaliera ordinaria: <em>la rete di cure palliative</em></strong><br /><em>D. Valenti, F. Moggia</em></p><p class="titolo"><strong>Scompenso cardiaco avanzato: dalla terapia attiva alle cure palliative</strong><br /><em>G. Mathieu</em></p><p class="titolo"><strong>Ictus ischemico ed emorragia cerebrale: problematiche di fine vita</strong><br /><em>C. Trocino</em></p><p class="titolo"><strong>Demenza avanzata</strong><br /><em>M. Coveri</em></p><p class="titolo"><strong>La dispnea al termine della vita</strong><br /><em>M. Giorgi-Pierfranceschi, S. Orlando</em></p><p class="titolo"><strong>Dialisi</strong><br /><em>M. Meschi, S. Pioli, A. Magnano, F. Spagnoli, M. Saccò</em></p><p class="titolo"><strong>Ventilazione meccanica invasiva e non</strong><br /><em>M. La Regina, F. Orlandini</em></p><p class="titolo"><strong>Il diabete mellito</strong><br /><em>L. Morbidoni</em></p><p class="titolo"><strong>Comunicare la scelta di desistere in medicina: una esperienza sul campo</strong><br /><em>C. Bullo, G. Bordin, L. Lusiani</em></p><p class="titolo"><strong>Le prospettive future in Italia e all’interno del nostro SSN</strong><br /><em>A. Fontanella</em></p><img src="/public/site/images/pgranata/appendix.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>APPENDICE<br />Metodi di riconoscimento e di valutazione del paziente in fase terminale o a rischio di elevata mortalità in ospedale: le malattie più frequentemente riscontrabili in Medicina Interna</strong><br /><em>R. Nardi, G. Belmonte, P. Gnerre, G. Pinna, D. Borioni, M. Campanini, R. Gerloni, A. Fontanella</em></p>
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Maisto, Antonella, Maria Gabriella Schettino, Giuseppe Ferrucci, Andrea Lombardi, Armando Genovese, Antonietta Pacifico, Giuseppina Moccia, Francesco De Caro y Vincenzo De Paola. "Modello di presa in carico del paziente oncologico in Pronto Soccorso". La Sanità Pubblica. Ricerca applicata 2, n.º 2 (25 de julio de 2021): 57–68. http://dx.doi.org/10.48268/cancerpatient/2021/0001.2.

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Resumen
L’obiettivo del progetto consiste nella messa a punto di un modello operativo di valutazione congiunta (Specialista del Pronto Soccorso, Specialista Oncologo/Ematologo, Specialista in Terapie Palliative) del paziente oncologico/ematologico che giunga in PS. Attraverso tale valutazione polispecialistica precoce ci proponiamo d’individuare il percorso assistenziale più adeguato per il paziente oncologico ed oncoematologico ricoverato in Pronto Soccorso, percorso che potrà contemplare sia il ricovero in ambito specialistico specifico onco-ematologico che quello in ambito specialistico di altro genere (es. Medicina Interna, Cardiologia, Chirurgia, etc.) o indirizzarlo ad un’assistenza di tipo squisitamente palliativo (Hospice/Assistenza Domiciliare Integrata territoriale) o di degenza riabilitativa a media-intensità di cura di medio/lungo periodo presso il PO “G. Da Procida” della AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona.
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Cogorno, Ludovica, Eleonora Poggiogalle y Lorenzo M. Donini. "La nutrizione nel paziente oncologico: a che punto siamo?" L'Endocrinologo 23, n.º 2 (21 de febrero de 2022): 163–67. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-022-01041-4.

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Resumen
SommarioLa prima osservazione che la malnutrizione e la perdita di peso contribuiscano alla morte dei malati di cancro in maniera significativa e indipendentemente dagli effetti del tumore stesso risale a più di 70 anni fa. Da allora l’intervento nutrizionale, inteso sia come screening sia come trattamento medico orientato alla ricerca e alla cura della malnutrizione, ha assunto sempre più significato nella gestione della patologia tumorale. Ciò sia al suo esordio sia durante la naturale evoluzione della malattia, anche quando accompagnata dai trattamenti medici convenzionali (radioterapia, chemioterapia, chirurgia e cure palliative). La nutrizione artificiale nelle sue diverse declinazioni (supplementi nutrizionali orali, nutrizione enterale e parenterale), la farmacoterapia, il protocollo enhanced recovery after surgery (ERAS) e l’immunonutrizione sono ad oggi gli strumenti a nostra disposizione per invertire o almeno arrestare il processo prima che sopraggiunga la cachessia. Questa breve rassegna nasce con l’intento di descrivere a che punto siamo nel trattamento nutrizionale del paziente oncologico e quali sono ad oggi le evidenze di efficacia dei vari interventi nei diversi momenti di malattia.
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Mustacchi, Giorgio. "Ruolo Dell'eritropoietina Nel Paziente Oncologico: Revisione Critica Della Letteratura". Tumori Journal 91, n.º 1 (enero de 2005): 1–20. http://dx.doi.org/10.1177/030089160509100131.

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