Literatura académica sobre el tema "Partiti democristiani"

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Artículos de revistas sobre el tema "Partiti democristiani"

1

Brizzi, Riccardo. "Aldo Moro, la televisione e l'apertura a sinistra". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 2 (diciembre de 2010): 137–66. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-002007.

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Il saggio ricostruisce, attraverso il ricorso a fonti d'archivio inedite, le modalitŕ attraverso le quali il leader democristiano Aldo Moro si servě del mezzo televisivo nella fase di avvicinamento al centro-sinistra, tra il 1959 e il 1963. Se l'interesse della Dc verso il piccolo schermo era andato progressivamente crescendo all'indomani del congresso di Napoli (1962), in seguito all'affermazione della leadership di Amintore Fanfani, č soltanto con l'ascesa di Aldo Moro alla segreteria che la televisione - complice l'avvio delle trasmissioni di "Tribuna elettorale" a partire dall'autunno 1960 - inizia a svolgere un ruolo decisivo nella costruzione del consenso politico rivelandosi uno strumento indispensabile nella paziente opera di tessitura degli equilibri possibili operata da Aldo Moro all'interno del sistema politico italiano. L'autore, in particolare, sottolinea come il leader democristiano si servě del mezzo televisivo per rispondere a tre esigenze fondamentali, nella fase della cosiddetta «apertura a sinistra»: la legittimazione progressiva del partito socialista; la rivendicazione della centralitŕ del partito rispetto al governo; la progressiva conquista di autonomia della Dc rispetto alle gerarchie ecclesiastiche.
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Montanari, Andrea. "I Gruppi giovanili della Democrazia cristiana da De Gasperi a Fanfani. Nascita di un movimento politico (1943-1955)". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 294 (diciembre de 2020): 46–71. http://dx.doi.org/10.3280/ic2020-294002.

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L'associazionismo giovanile di partito č una realtŕ a tutt'oggi indagata solo in parte dalla ricerca storica. Il saggio ricostruisce, tramite una pluralitŕ di fonti, la nascita dei Gruppi giovanili della Democrazia cristiana, dal 1953 rinominati Movimento giovanile Dc, dalle origini nel 1944 al 1955, segnato dalla segreteria di Amintore Fanfani. L'intento č precisare alcune informazioni non corrette riportate da ricerche precedenti e dalla memorialistica, analizzando il dibattito interno all'organizzazione in alcuni tornanti decisivi del primo decennio repubblicano, mettendo in luce elementi di originalitŕ rispetto ai temi prevalenti fra gli "adulti" e offrendo, per quanto possibile, uno sguardo a livello europeo dell'associazionismo giovanile democristiano.
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Sanfilippo, Anna Laura. "Le elezioni amministrative in provincia di Latina: dal difficile radicamento dei partiti di massa all'egemonia democristiana (1946-1956)". Quaderni dell Osservatorio elettorale QOE - IJES 69, n.º 1 (30 de junio de 2013): 35–62. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-9512.

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This essay deals with the development of the mass Parties in Latina District through the results of the local elections of 1946, 1951 and 1956. The struggle between the farmers of Monti Lepini, penalized by the Drainage and the Northern settlers that took root into Agro Pontino is an important issue to understand the rooting of the parties in this area. From the first beginning of the district freedom this was a difficult aim to reach: the weakness of the Christian Democracy Party in 1946, contrary to the national situation, was pushed by the inability of the local district authorities to settle down the struggles between farmers and settles; on the other side there was the problem of the local Communist Party to create the "new party" of Togliatti due to the missing struggle for the territory freedom. The essay tries to find out the used strategies of the Christian Democracy Party to realize a powerful "consent machine" that had the aim of allowing it to become the strongest party of the district in 1956. At the same time, the Communist Party slowly failed due to its problems in creating the "new Party". This is an important trace of local electoral history stressing an often contrasting situation if compared to the national context.
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Cocchiara, Maria Antonella. "Segmenti del dibattito costituente sulla famiglia tra compromessi, ingerenze vaticane e protagonismo femminile (1946-47)". SOCIETÀ E STORIA, n.º 135 (julio de 2012): 119–55. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-135006.

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L'autrice propone una rilettura del dibattito costituente sul 1° comma dell'art. 29 della Costituzione intesa a restituire storicitÀ allo "statuto costituzionale" della famiglia attraverso piů chiavi interpretative. Quel dibattito fu infatti fortemente condizionato - come ebbe a dire persino la costituente democristiana Maria Federici - dalla «troppo vigilante direzione clericale», ma risentě anche dei compromessi tra partiti laici e cattolici. Muovendo da tali premesse, le strettoie nelle quali si snodň la discussione non lasciarono lo spazio che avrebbe meritato a un altro elemento nuovo per il dibattito politico del tempo: l'inedito protagonismo femminile. In tale contesto, benché alcune vigorose voci di donne costituenti avessero avanzato proposte anticipatrici, finiva per restare mortificato ogni tentativo di assicurare alla famiglia una tutela di rango costituzionale capace di accogliere, con flessibilitÀ, le novitÀ che l'evoluzione dei tempi avrebbe prospettato e, quindi, di non ostacolare forme di tutela giuridica in grado di rispecchiare gamme allora inedite di relazioni affettive.
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5

Berardi, Silvio. "Le colonie italiane nel secondo dopoguerra: il Partito repubblicano e la questione somala (1948-1950)". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 1 (julio de 2012): 91–118. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-001004.

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Il saggio intende ricostruire una tra le pagine piů complesse della politica coloniale italiana: la questione somala dai tragici fatti di Mogadiscio dell'11 gennaio 1948 al ritorno italiano in Somalia del 1950. La stampa nazionale fu concorde nel ritenere indirettamente responsabili dell'eccidio i funzionari britannici in Somalia, incapaci di tutelare e proteggere la comunitŕ italiana presente sul territorio. Il Partito repubblicano, impegnato in una difficile e complessa riorganizzazione interna, evitň di prendere nell'immediato una posizione ufficiale. Il ministro degli Esteri, il repubblicano Carlo Sforza, intervenendo a Napoli al XX congresso del partito, in cui l'orientamento prevalente fu quello di continuare a sostenere l'esecutivo e le politiche democristiane, escluse la responsabilitŕ del governo britannico nella strage. All'interno del partito, tuttavia, si stavano delineando delle frizioni, del resto sempre presenti, ma mai cosě ben avvertite: mentre la maggioranza era vicina alla posizione di Sforza di favorire il ritorno degli italiani negli antichi territori somali al fine di stimolare la collaborazione tra Europa ed Africa e salvare l'onore nazionale, una piccola minoranza, composta tra gli altri da Giovanni Conti e Giulio Andrea Belloni, richiamandosi agli antichi ideali del Partito repubblicano, era contraria a tale ritorno. La posizione "colonialista" risultň vincitrice, anche per l'emergere di una nuova classe dirigente, destinata a modificare, non senza contraccolpi, gli orientamenti del partito stesso.
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Mota Zurdo, David. "Landaburu: el protagonista de la modernización del PNV y su conversión en un partido europeísta y democristiano". Historia Constitucional, n.º 23 (14 de septiembre de 2022): 657–60. http://dx.doi.org/10.17811/hc.v0i23.825.

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Recensión de / Review of: Leyre Arrieta Alberdi, Al servicio de la causa vasca. Biografía de F.J. Landaburu (1907-1963), Tecnos, Madrid, 2021, 472 pp. Enviado el (Submission Date): 17/02/2022Aceptado el (Acceptance Date): 15/03/2022
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Marchi, Michele. "Aldo Moro segretario della Democrazia cristiana. Una leadership politica in azione (1959-1964)". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 2 (diciembre de 2010): 105–36. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-002006.

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Il saggio ha un obiettivo principale: descrivere le modalitŕ attraverso le quali si esplicita la leadership politica di Aldo Moro nella fase di segreteria politica della Democrazia cristiana nel periodo 1959-1964. Dunque lo scopo non č soltanto quello di tornare sul percorso di costruzione dell'alleanza di governo di centro-sinistra, quanto piuttosto quello di indagare le modalitŕ attraverso le quali Moro conduce il partito democristiano unito a questo traguardo. L'attenzione č quindi concentrata sullo sforzo di Moro nel tentativo di tramutare alcune apparenti debolezze e criticitŕ della Democrazia cristiana in punti di forza del suo operato politico. Si insiste in particolare sulla scelta morotea di presentarsi come unico membro del partito in grado di fare la sintesi tra tutte le correnti interne alla Dc, ma anche sul suo grande investimento nella dimensione di propaganda politica e di gestione e controllo della produzione legislativa e dell'azione di governo. Infine anche il classico rapporto tra Democrazia cristiana e gerarchie cattoliche č affrontato da un punto di vista particolare. L'obiettivo č infatti quello di mostrare come anche in questo caso la leadership di Moro si caratterizzi per il suo attivismo nel rovesciare i parametrici classici nell'operato del "partito cattolico" e arrivare a mostrare al mondo ecclesiastico i rischi insiti nell'ipotesi che possa dissolversi l'unitŕ politica dei cattolici.
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8

Malgeri, Francesco. "Aldo Moro nelle storie della Democrazia cristiana". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 2 (diciembre de 2010): 71–80. http://dx.doi.org/10.3280/mon2010-002004.

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La ricerca storica sulla figura e sul ruolo politico di Aldo Moro non offre ancora risultati particolarmente significativi. Non esiste ancora una biografia di Moro impostata su solidi criteri scientifici. Meritano comunque attenzione gli studi di Renato Moro sulla formazione politica di Aldo Moro e sul suo ingresso nella Democrazia cristiana. Non mancano alcuni lavori sulla presenza di Moro nella vita politica italiana e in seno alla Dc, anche se, in alcuni casi, il giudizio appare influenzato da motivazioni ideologiche (Carocci, Menapace) o da forzature interpretative (Baget Bozzo). Il rapporto tra Moro e i maggiori leader della Dc (Dossetti, De Gasperi, Fanfani) e le varie correnti democristiane ha trovato attenzione soprattutto negli studi di Campanini, Giovagnoli, Scoppola e Tassani. Il ruolo di Moro quale segretario politico della Dc, il problema della laicitŕ del partito e del rapporto con la Chiesa hanno conosciuto ulteriori approfondimenti negli studi di Giovagnoli, D'Angelo, Totaro ed altri.
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Dovizio, Ciro. "Tra questione siciliana e questione mafiosa. Sul giornale "L'Ora" nella seconda metà degli anni Cinquanta". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 297 (enero de 2022): 36–66. http://dx.doi.org/10.3280/ic2021-297002.

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Negli anni Cinquanta il Partito comunista acquisì l'antica testata de "L'Ora" con l'obiettivo di allargare l'opinione di sinistra in Sicilia. Alla direzione fu chiamato il calabrese Vittorio Nisticò, già redattore del giornale filocomunista romano "Paese Sera", il quale seguì una linea fortemente regionalista, critica verso la gestione democristiana dell'autonomia, propugnando alleanze non necessariamente in sintonia col quadro nazionale. Opzione, questa, venuta alla ribalta nel 1958-60 con i governi regionali di Silvio Milazzo, appoggiati da dissidenti Dc, destre e, sia pure esternamente, dai social-comunisti. A tale prospettiva venne affiancandosene, a un certo punto, un'altra di pugnace contestazione della mafia e dei suoi rapporti con la Democrazia cristiana, divenuta presto la più autentica cifra del giornale. Logico che il discorso pubblico appiattisse la vicenda sull'immagine un po' unilaterale del ‘quotidiano antimafia'. L'articolo affronta la fase iniziale della direzione Nisticò, attingendo alla collezione del giornale e a documenti d'archivio, sottolineando come solo parzialmente la dimensione regionalista si sovrapponesse a quella antimafia, balzata all'attenzione dell'opinione pubblica dopo la grande inchiesta dell'autunno 1958. Senza pretese di completezza, l'intento è d'indagare un caso ancora inesplorato dalla storiografia.
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Villar Romero, José Ignacio. "El fin del partido de la Transición. La división interna como causa de la desaparición de UCD". Studia Humanitatis Journal 2, n.º 1 (31 de enero de 2022). http://dx.doi.org/10.53701/shj.v2i1.39.

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El auge y caída de Unión de Centro Democrático ha sido uno de los grandes interrogantes de la Historia Contemporánea de España. La desaparición del que se ha considerado como el partido de la Transición, se debió, entre otros factores, a la aguda división existente en la formación desde sus orígenes. Democristianos, socialdemócratas, liberales, azules, regionalistas, o sectores muy próximos a determinados barones, vivieron una lucha interna tan polémica como las que mantuvieron con los partidos de la oposición. En este artículo se analizará cómo las graves disputas internas se convirtieron en un factor precipitante del ocaso de UCD. Un proyecto político que lo había llegado a ser todo bajo el liderazgo de Adolfo Suárez, y que se desmembró por completo tan sólo cinco años después de su creación. En las elecciones generales de 1982 perdió la inmensa mayoría de su representación en el Congreso, pasando de 168 a 11 diputados. El equilibrio y los juegos de poder entre las “familias”, tanto en la estructura orgánica del partido, como en el grupo parlamentario, así como en el Gobierno; se convirtieron en un obstáculo insalvable para su consolidación, provocando así su descalabro.
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Tesis sobre el tema "Partiti democristiani"

1

Piemontese, Matteo Gaspare. "Un Welfare State per le classi medie: Democristiani e Socialisti in Francia e Italia, 1945-1958". Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2012. http://hdl.handle.net/11385/200930.

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In the history of welfare state, the publication of the Beveridge Report in 1942 represents one of the biggest steps toward the creation of a complete social security system for all the citizens of a state. Influenced by ideas and purposes of such report, political parties in France and Italy tried to imagine a more efficient and inclusive welfare system for their own countries, with the aim of extending the benefits of social legislation to middle class – especially non-salaried middle class workers (peasants, craftsmen, shop owners). For both Socialist and Christian-Democratic parties, the middle class was problematic for two main reasons. Firstly, from an ideological point of view, it proved the fallacies of Marxist theory about social evolution towards two major classes – proletariat and bourgeoisie; at the same times it highlighted the need of a more precise definition of the ideology of “inter-classism” professed by Christian-Democratic parties. Secondly, the vote of non-salaried middle class workers was of fundamental importance for parties engaged in the election game. The aim of this research is to analyse the way by which French and Italian Christian-Democratic and Socialist parties tried to adapt their ideology and politics to the needs and requests of non-salaried middle class. In this process, the extension of welfare state benefits was seen as a major element for the social and political integration of this group of citizens. To this end, the research takes into account the position regarding the issues of welfare state and middle class adopted by four parties – Mouvement Républicain Populaire (MRP), Democrazia Cristiana (DC), Section Française de l’Internationale Ouvrière (SFIO), Partito Socialista Italiano (PSI) – in their congresses, in the party press, and finally in the bills and in Parliamentary debates.
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D'Amelio, Diego. "Ritratto di un'élite dirigente. I democristiani di Trieste 1949-1966". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/30670.

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Resumen
2009/2010
Questa tesi di dottorato si pone l’obiettivo di ricostruire la vicenda e il profilo del ceto dirigente politico-amministrativo espresso dalla Democrazia cristiana di Trieste, dal dopoguerra alla metà degli anni Sessanta. L’élite democristiana viene qui assunta come caso di studio: l’attenzione alla dimensione locale punta a contribuire, più generalmente, all’analisi storiografica rivolta negli ultimi anni alle classi dirigenti repubblicane; al ruolo dei partiti nella transizione tra fascismo e democrazia; al funzionamento dei meccanismi di rappresentanza e di integrazione fra centro e periferia. La tesi presenta linee interpretative e spunti metodologici innovativi, resi possibili da un approccio interdisciplinare che unisce storia e scienze sociali (statistica e sociologia). Il testo è diviso in due sezioni: la prima ripercorre la parabola della DC e del movimento cattolico politico di Trieste, la fase di formazione dei suoi protagonisti, le ragioni del consenso e il progetto di fondo perseguito. La seconda parte definisce in termini sociologici il profilo dell’élite – età, provenienza, studi e professione – considerando nel contempo estrazione sociale, preparazione, canali di reclutamento, fattori di legittimazione, risultati elettorali, schieramenti correntizi, ruolo degli istriani (insieme bacino di consenso e serbatoio di classe dirigente), processi di occupazione del «potere», ricambio politico-generazionale e sviluppo delle carriere. Informazioni dettagliate sono state raccolte su un campione di circa 200 persone, ovvero su coloro i quali diedero forma alla classe dirigente cattolica nell’arco cronologico prescelto. Questi elementi ricoprirono ruoli decisionali – con gradi di responsabilità diversi – nello scudo crociato, nelle realtà elettive e in quelle di nomina politica: la ricerca ha permesso di ricostruirne fisionomia socio-anagrafica, presenze negli enti locali e negli organi di partito, schieramento correntizio e reticoli collaterali. Sui detentori degli incarichi più rilevanti, circa 70 persone, è stata inoltre avviata una più approfondita analisi delle biografie e delle carriere. Le fonti utilizzate sono numerose: archivio provinciale del partito (recentemente messo a disposizione dall’Istituto Sturzo e mai utilizzato sistematicamente prima d’ora), stampa, anagrafe, archivio comunale e diocesano, fondi personali, memorialistica e interviste. La codifica e l’esame dei dati ha consentito di realizzare a supporto dell’esposizione circa 20 tabelle e oltre 70 biografie, contenute in due appendici poste alla fine del volume. Il testo mette in luce il quadro d’insieme del ceto democristiano: la composizione degli organismi elettivi e di partito, le caratteristiche individuali e di gruppo dell’élite, il rapporto tra militanza e ruoli pubblici, il profilo delle correnti e le proporzioni della geografia politica interna, il seguito elettorale, le forme di collateralismo (Azione cattolica, ACLI, sindacato e associazionismo istriano), le biografie e il processo di costruzione della nuova leadership. Particolare attenzione è stata prestata agli aspetti generazionali e correntizi: ciò ha consentito di mettere in connessione età, formazione e progetto politico; valutare il peso specifico delle singole correnti nel partito e negli enti; analizzare i criteri di suddivisione dei vari incarichi e i processi di ricollocamento prodotti dalla nascita di nuove tendenze. Si tratta di un approccio in parte inedito, generalmente non utilizzato in lavori simili a questo, ma allo stesso tempo fondamentale per fornire nuove chiavi di lettura alla storia politica e per avvicinarsi con rigore a un’organizzazione strutturata come la Democrazia cristiana. Il lavoro ha cercato infine, quando possibile, di assumere una prospettiva comparativa, per paragonare il contesto locale ai meccanismi funzionanti a livello nazionale e in altre aree del paese, individuando così uniformità e sfasamenti generazionali e politici. Il metodo utilizzato in questa sede è ormai affinato e potrebbe essere applicato alla DC triestina degli anni successivi, ai diversi partiti del teatro giuliano, a gruppi dirigenti cattolici di altre città oppure al livello nazionale dello scudo crociato e delle istituzioni, su cui le informazioni sono peraltro ben più abbondanti. Il sistema messo a punto permetterebbe infine di essere utilizzato – con gli adattamenti del caso – anche sulle più recenti generazioni politiche. I vantaggi che questi sviluppi promettono per un approccio comparativo sono evidenti. In conclusione, la tesi ricostruisce le vicende e le caratteristiche di un’élite periferica, affermatasi in assenza di una tradizione politico-culturale precedentemente radicata e capace di governare Trieste dal dopoguerra alla fine degli anni Settanta. Il testo prende in esame la formazione, l’affermazione, i progetti, le scelte e le linee politiche di due differenti generazioni di cattolici, influenzate inevitabilmente dalla peculiare situazione del confine orientale e dalla necessità di ripensare la dimensione del confine, dopo la stagione liberal-nazionale e il fascismo. In un primo momento la Democrazia cristiana si assicurò il consenso, assumendo la responsabilità della «difesa dell’italianità» e dell’anticomunismo, in un territorio sottratto alla sovranità dello Stato, sottoposto ad amministrazione anglo-americana e oggetto di una dura contesa ideologica e statuale. Dopo il 1954 una nuova leva sostituì il ceto dirigente degasperiano, impegnandosi nel superamento dell’emergenza e nella «normalizzazione» della politica, dell’amministrazione, dell’economia e dei rapporti fra italiani e sloveni, nell’ambito del centro-sinistra. La DC giuliana propose insomma una strategia in due tempi, riassunta dalla storiografia con la formula di «cattolicesimo di frontiera»: esso fu impostato nel dopoguerra, venne radicalmente aggiornato dopo il ritorno all’Italia e si concluse alla fine degli anni Settanta, davanti alle reazioni suscitate dal trattato di Osimo. Tale periodo corrispose a importanti evoluzioni del quadro nazionale, con il superamento del centrismo e la maturazione dei fermenti di rinnovamento all’interno del mondo cattolico italiano. L’analisi dei nodi descritti è accompagnata dall’indagine sulle concrete ricadute della svolta politica e generazionale, avvenuta nel 1957, prima nel partito e di riflesso nell’ambito elettivo. L’ascesa della corrente di Iniziativa democratica e poi dell’area «doro-morotea» produssero infatti significative modifiche della linea e del personale politico, che corrisposero peraltro alla costruzione dell’egemonia democristiana nello spazio pubblico, grazie al definitivo controllo degli enti locali, della Regione autonoma a Statuto speciale e all’elezione dei primi deputati nel 1958. L’esame dei meccanismi di occupazione dei principali gangli dell’amministrazione è supportata dai dati statistici raccolti, i quali ben evidenziano le caratteristiche socio-anagrafiche, le reti di relazione e le dinamiche di potere che contraddistinsero il ceto politico democristiano di Trieste.
Introduzione Il panorama 9 Il dialogo fra storia e scienze sociali 14 Costruire le basi per una biografia collettiva 17 Le motivazioni di una proposta metodologica 22 Ringraziamenti 29 Sezione 1 Difesa nazionale e «normalizzazione». Il ceto dirigente cattolico nel dopoguerra triestino Antonio Santin, Edoardo Marzari e la «vecchia guardia»: la preparazione del domani 31 La difesa dell’italianità e la costruzione del consenso 56 Uomini nuovi: «normalizzazione» ed egemonia democristiana 77 Il progetto della terza generazione 104 Sezione 2 Correnti, generazioni e potere nella Democrazia cristiana di Trieste (1949-1966) La Democrazia cristiana, gli altri partiti e la prova del voto 126 Il nuovo corso della DC. Il «cambio della guardia» del maggio 195 140 Le correnti. Composizione e assetto del motore politico democristiano 158 Il Comune e la Provincia. Le ricadute istituzionali del «cambio della guardia» 176 L’«imprenditore politico». La Regione e il parlamento 195 La costruzione dell’egemonia. Gli enti di secondo grado 201 La creazione di un’élite. I processi di ricambio e le carriere 211 Conclusioni 253 Appendice A - Le tabelle 276 Appendice B - Le biografie 300 Abbreviazioni 464
XXII Ciclo
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3

SCOLARI, BALDASSARE. "State Martyr Representation and Performativity of Political Violence". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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Resumen
L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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Libros sobre el tema "Partiti democristiani"

1

Grandi partiti e piccole imprese: Comunisti e democristiani nelle regioni a economia diffusa. Bologna: Il Mulino, 1986.

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2

Riccardo, Scarpa. Millenovecentosettantotto: Interno democristiano. Pasian di Prato [Udine]: Campanotto Editore, 2000.

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3

Bozzo, Gianni Baget. Cattolici e democristiani. Milano: Rizzoli, 1994.

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4

Follini, Marco. L' arcipelago democristiano. Roma: Laterza, 1990.

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5

1967-, Valle Annachiara, ed. Uno strano democristiano. [Milan, Italy]: Rizzoli, 2009.

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6

Giorgino, Francesco. Gli eredi di Sturzo: Cinquant'anni di DC raccontati da democristiani e postdemocristiani. Milano: Mursia, 1995.

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7

Il partito dei cattolici: Dall'Italia degasperiana alle correnti democristiane. Soveria Mannelli: Rubbettino, 2010.

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8

Marco, Demarco, ed. Non sarò clemente: Memorie dell'ultimo democristiano. [Milan, Italy]: Rizzoli, 2009.

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9

Democristiani, cattolici e Chiesa negli anni di Craxi. Venezia: Marsilio, 2018.

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10

Alle origini dell'egemonia democristiana a Brescia. [Brescia]: Fondazione Civiltà bresciana, 1998.

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