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Liguori, Anna. "Obblighi internazionali e comunitari in materia di garanzie procedurali avverso l'espulsione dei migranti in Europa". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 3 (septiembre de 2009): 29–65. http://dx.doi.org/10.3280/diri2009-003003.

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Resumen
Introduzione1. Obblighi internazionali in materia di garanzie procedurali avverso l'espulsione2. Le garanzie procedurali avverso l'espulsione nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo3. Obblighi comunitari in materia di garanzie procedurali avverso l'espulsione4. Segue: in relazione ai cittadini comunitari5. Segue: in relazione ai cittadini extracomunitari - Conclusioni
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Palmisano, Giuseppe. "Trattamento dei migranti clandestini e rispetto degli obblighi internazionali sui diritti umani". DIRITTI UMANI E DIRITTO INTERNAZIONALE, n.º 3 (diciembre de 2009): 509–39. http://dx.doi.org/10.3280/dudi2009-003005.

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Resumen
- The legislative and operational measures recently adopted by Italy in order to prevent and repress clandestine immigration raise the problem of their consistency with Italy's international obligations conncerning the protection of human rights. With a view to assessing the actual terms of such a problem, contents and extent of the protection to be afforded to irregular migrants, under the international law of human rights, must be preliminarily determined. Considering the specific legal situation of Italy, in the light of its participation both to the European Convention of Human Rights and to the International Covenants on Human Rights, as well as to many other conventions dealing with the protection of human rights, it clearly turns out that Italy is internationally bound to respect and protect a number of basic rights of irregular migrants. Such rights include, at the very least, the right to life, the right not to be subjected to torture (or to cruel, inhuman, or degrading treatment), and the right not to be subjected to arbitrary arrest or detention. Respect for such rights also implies an absolute non-refoulement obligation, that is an obligation not to expel or return an irregular migrant to another State where there is an actual risk that his or her rights would be violated. Moreover, basic rights of clandestine immigrants include the right to family unity, the right not to be subjected to collective expulsion, and (closely linked with this latter right) the right to a fair and transparent procedure of expulsion or repatriation, implying a reasonable and objective examination of the particular case of each individual. Turning to economic, social and cultural rights, an internationally lawful treatment of irregular migrants requires compliance with international obligations protecting the right to health and medical care, the right to primary education, and some core labour rights. The principle of non discrimination plays obviously a crucial role in view of correctly implementing all these international obligations with respect to the specific situation of irregulars migrants. Lastly, special and stronger human rights protection is required when the irregular migrants are children, or victims of trafficking in persons. In the light of the international human rights obligations which are applicable to the peculiar situation of irregular migrants, some of the legislative and operational measures adopted by Italy to struggle against clandestine immigration seem indeed to be inconsistent not only with such obligations (and with the increasing international trend towards the "non criminalization" of clandestine immigrants by reason of their irregular position), but also - at least in part - with the EU legal standards provided for by the recent 2008/115/EC Directive on common standards and procedures for returning illegally staying third-country nationals. This seems to be true, for example, with regard both to the new Article 10 bis inserted in the Legislative Decree n. 286 on immigration, introducing the crime of clandestine immigration, and to the new paragraph 11 bis of Art. 61 of the Criminal Code, introducing a general aggravating circumstance consisting in the irregular status of the immigrant author of a crime. But this seems particularly true and blameworthy with regard to the practice of intercepting crumbling boats full of migrants on the high seas and coercively driving them back to Libya.
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Albano, Silvia. "Diritto di asilo costituzionale, obblighi internazionali dello Stato Italiano ed abrogazione della protezione umanitaria". MINORIGIUSTIZIA, n.º 1 (junio de 2019): 58–67. http://dx.doi.org/10.3280/mg2019-001006.

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Erkens, Yvonne. "Sustainable business agreements in the Netherlands: search for the missing link". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 169 (abril de 2021): 19–35. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2021-169002.

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Resumen
Il disastro del Rana Plaza ha reso evidenti le violazioni dei diritti fondamentali sul lavoro che si verificano all'interno delle catene di subfornitura. Le possibili soluzioni per fronteggiare tale fenomeno vengono ricercate a tutti i livelli. Nei Paesi Bassi, in particolare, sono stati conclusi alcuni accordi commerciali internazionali per garantire una gestione responsabile della filiera: si tratta di accordi multi-stakeholder volti a far sì che le aziende promuovano il rispetto dei diritti fondamentali sul lavoro nelle loro catene di subfornitura. Recenti studi hanno dimostrato che tali accordi aumentano la consapevolezza del rischio e migliorano la due diligence in vari setto-ri, ma non è (ancora) possibile fornire una prova definitiva del fatto che essi contribuiscano anche a migliorare le condizioni nei Paesi di produzione. Ciò ha in parte condotto all'adozione della legge olandese sulla due diligence in tema di lavoro minorile, che obbliga le aziende a individuare le forme di lavoro minorile presenti all'interno delle loro catene di subfornitura e ad adottare le misure necessarie per contrastarle. Attraverso l'assunzione volontaria di obblighi in un contesto settoriale, gli stakeholder possono adempiere agli oneri loro imposti dalla legge. Ciò porta a concludere che gli accordi olandesi potrebbero rappresentare quel collegamento ad oggi mancante tra le disposizioni di soft law esistenti e le normative legali vincolanti.
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Ferrante, Vincenzo. "Lavoro decente e responsabilità delle imprese multinazionali per le produzioni delocalizzate: Panorama della legislazione italiana". Lex Social: Revista de Derechos Sociales 10, n.º 2 (8 de julio de 2020): 224–52. http://dx.doi.org/10.46661/lexsocial.5070.

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Resumen
Il saggio, che prende spunto dal Convegno organizzato dall’Università di Alcalà nel dicembre del 2019 “Estándares laborales y responsabilidad de las empresas multinacionales. Desafíos en un mundo global”, esamina la legislazione italiana diretta a garantire che le imprese multinazionali aventi sede nello Stato realizzino scambi commerciali su una base equa, vigilando sulle società controllate estere, per assicurare che queste rispettino i core labour standards previsti dall’OIL e dalle altre organizzazioni internazionali. A differenza della legislazione di altri paesi europei, manca in Italia una norma che imponga un obiettivo siffatto, forse a ragione del fatto che la vasta diffusione del lavoro sommerso ha imposto al legislatore di concentrarsi sui fenomeni di sfruttamento che si manifestano nei confini nazionali (anche se si rileva come la trasposizione delle direttive che hanno riguardo a questo obiettivo non sempre è correttamente avvenuta). In attesa che venga a maturare una norma di diritto internazionale universalmente riconosciuta che faccia divieto di commerciare un qualunque bene, quando esso sia stato prodotto attraverso lo sfruttamento schiavistico di altri uomini, l’A. si concentra sulla legislazione relativa alle società commerciali, su quella che regola gli appalti privati e sulla disciplina europea del commercio alimentare, per verificare se le norme già esistenti in materia non consentano al giudice nazionale, opportunamente sollecitato, di reprimere lo sfruttamento che avvenga al di fuori dei confini nazionali, in virtù degli obblighi assunti dalle singole società nei confronti dei propri soci e dei consumatori.
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Saccucci, Andrea. "Divieto di tortura ed esigenze di sicurezza nel contesto della war on terror: verso una flessione "al ribasso" degli obblighi internazionali?" DIRITTI UMANI E DIRITTO INTERNAZIONALE, n.º 1 (abril de 2009): 5–31. http://dx.doi.org/10.3280/dudi2009-001001.

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Resumen
- The mounting fear brought up by international terrorism and the need to counter effectively threats to national security have re-ignited the legal debate over the absolute nature of the prohibition of torture and inhuman or degrading treatment in situations of extreme danger of massive catastrophes (so called ticking bomb scenario), around the question "Can a suspect terrorist be ever tortured or subject to coercive techniques of interrogations?". After a brief overview of the different answers given by the recent doctrine, an attempt is made to assess whether the post-2001 States' practice concerning anti-terrorism measures has had (or is capable of having) an impact on the nature and scope of the international norms prohibiting torture and inhuman or degrading treatment. While the absolute and inderogable character of the prohibition continues to be generally recognized at least as a matter of principle, notwithstanding the growing number of reported abuses committed against suspected terrorists, the recent practice shows that States seek to lower the degree of protection afforded by customary and treaty obligations in the name of the war on terror. In this respect, three aspects are examined: a) the general trend to ‘relativize' the requirement of gravity by means of subjective factors (such as the dangerousness of the person concerned) for the purpose of determining whether certain acts fall within the scope of the prohibition and whether they should be classified as torture or as inhuman or degrading treatment; b) the attempt by many States to challenge the absolute nature of the prohibition of refoulement in case of transfer of the suspect terrorist to a country where there are substantial grounds to believe that he runs a real risk of being subject to prohibited treatment, notably relying on diplomatic assurances; c) a more general tendency to lower the degree of due diligence required of States in the implementation of positive obligations related to the prohibition of torture (such as the obligation to prosecute the perpetrators and to provide adequate reparation to the victims), by broadening the margin of appreciation of national authorities with respect to the aims pursued in the framework of the prevention and repression of terrorism.
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Spagnolo, A. G., D. Sacchini, G. Torlone y A. A. Bignamini. "Il laboratorio del Comitato Etico - 1. Istituzione e procedure operative standard". Medicina e Morale 48, n.º 2 (30 de abril de 1999): 221–63. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.804.

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Resumen
L’articolo, il primo di una serie di contributi 2ad hoc2 che verranno pubblicati su “medicina e Morale”, intende esaminare in concreto i problemi pratici inerenti l’attivazione e il funzionamento dei Comitati Etici (CE) alla luce dell’emanazione delle specifiche linnee-guida dell’Uniione Europea (International Conference on Harmonisation – Good Clinical Practice, ICH-GCP) e dei Decreti del Ministero della Sanità che le hanno recepite e regolamentate in Italia. Gli autori, dopo aver preso in considerazione il ruolo dei CE nell’iter della sperimentazione clinica di nuovi prodotti farmaceutici e dei dispositivi medici, si soffermano sul tema dell’istituzione e della legittimità dei CE secondo la normativa vigente. Vengono inoltre fornite indicazioni dettagliate sui primi “obblighi” che i CE si ttrovano ad assolvere e cioè la preparazione “ex novo”/revisione dello statuto istitutivo e del regolamento interno con le relative procedure operative standard (Standard Operative Procedures o SOP). Tali indicazioni si basano non solo sui citati decreti, ma anche sulle diverse linee-guida internazionali in materia. Riguardo allo statuto vengono evidenziati gli elementi considerati irrinunciabili nella sua stesura: 1. i principi di riferimento; 2. le funzioni del Comitato; 3. la composizione. In merito alle SOP, i punti indispensabili ai fini della loro elaborazione riguardano le procedure inerenti: 1. riunioni, cariche e avvicendamento dei membri del CE; 2. presentazione della richiesta di approvazione al CE; 3. l’esame della documentazione presentata; 4. la decisione del parere; 5. la comunicazione del parere; la emissione del giudizio di notorietà; 6. il monitoraggio della sperimentazione; 7. l’archiviazione e l’accesso alla documentazione; 8. la revisione delle procedure e gli eventuali allegati. In appendice all’articolo vengono infine proposti due facsimile di statuto del CE e di SOP, che possono essere utilizzati come base per redigere e adattare alle realtà locali tali documenti da parte dei singoli CE.
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Minutoli, Fabio. "Innovative technologies, certification and assessment tools for a sustainable building heritage". VITRUVIO - International Journal of Architectural Technology and Sustainability 6, n.º 2 (31 de diciembre de 2021): 102–15. http://dx.doi.org/10.4995/vitruvio-ijats.2021.16530.

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Resumen
E' evidente che buoni risultati nel campo della sostenibilità ambientale si possono ottenere da politiche di efficienza energetica per gli edifici - per lo più realizzati o in itinere - costruiti per oltre il 50% prima della disattesa legge 373/76 che prevedeva, nel periodo del petrolio europeo crisi, vincoli per la progettazione, installazione, esercizio e manutenzione degli impianti termici e requisiti per l'isolamento termico degli edifici per il contenimento dei consumi.Meno chiara è invece la parte di fabbricato oggetto di conservazione (ai sensi del D.Lgs. 42/2004 o previgenti normative in materia) o di immobili vincolati ope legis (art. 12 D.Lgs. 42/2004, asset appartenenti allo Stato, alle regioni, agli enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e soggetti giuridici privati senza scopo di lucro e che siano opera di autore non più in vita e la cui esecuzione risalga a più di settant'anni ), per i quali non sarebbe possibile applicare le limitazioni dei decreti 192/2005 e 311/2006, che esonerano gli edifici "il cui rispetto dei requisiti comporterebbe un'alterazione inaccettabile della loro natura o aspetto, con particolare riferimento ai o caratteristiche artistiche"degli obblighi di efficienza energetica.In questo lavoro si vogliono giustificare e illustrare alcune scelte fatte da istituti di ricerca internazionali in merito alla difficoltà di conciliare le nuove richieste di sostenibilità legate alla necessità di ridurre i consumi (soprattutto da combustibili fossili) con quelle del valore storico degli edifici oggetto di intervento , presentando criteri di valutazione che possano fornire un metodo oggettivo per quantificare la compatibilità tra nuovo ed esistente, criteri che – per avere capacità predittiva e quindi poter guidare le scelte ex ante e non misurarle ex post – utilizzino strumenti di progettazione digitale (BIM , GIS, ecc.).
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Stevoli, M. "Comunita internazionale e obblighi "erga omnes"". Chinese Journal of International Law 12, n.º 4 (1 de diciembre de 2013): 846–47. http://dx.doi.org/10.1093/chinesejil/jmt041.

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Pertile, Marco. "Gli obblighi di diligenza delle imprese e i minerali provenienti da zone di conflitto: riflessioni sull'origine e sulla rilevanza del concetto di conflict minerals". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 171 (diciembre de 2021): 391–420. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2021-171002.

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Resumen
Il presente contributo esamina la relazione tra i più recenti strumenti giuridici sulla due diligence obbligatoria, adottati o in via di adozione a livello statale e sovranazionale, e i precedenti strumenti sui conflict minerals. L'analisi dimostra che gli strumenti recenti, pur prevedendo per le imprese obblighi di diligenza ad ampio spettro, non regolano in modo specifico le situazioni di conflitto armato. Gli strumenti precedenti sui conflict minerals prevedono invece forme di due diligence asimmetrica che regolano in modo parzialmente difforme le relazioni tra le imprese e i governi, da un lato, e quelle tra le imprese e gli insorti, dall'altro. L'autore ritiene che gli obblighi di due diligence in situazioni di conflitto dovrebbero ispirarsi a parametri ugualmente applicabili a tutte le parti. I nuovi strumenti di due diligence generale dovrebbero (o avrebbero dovuto) disciplinare gli obblighi di diligenza delle imprese in tutti i contesti, attraverso il riferimento alle norme sulla tutela dei diritti umani e al diritto internazionale umanitario.
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Tanzarella, Palmina. "Il discorso d'odio razziale. Le tappe legislative e giurisprudenziali di un discutibile reato costituzionalmente protetto". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 4 (febrero de 2011): 50–70. http://dx.doi.org/10.3280/diri2010-004004.

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Resumen
Introduzione.1. Genesi ed evoluzione della legislazione sul discorso d'odio.- 1.1. L'adattamento ad un preciso obbligo internazionale.- 1.2. Le significative modifiche alla legge n. 654/1975.2. La reazione della giurisprudenza all'applicazione del reato di hate speech.- 2.1. I primi passi per l'individuazione di criteri certi.- 2.2. Il caso Tosi. Verso una maggiore determinatezza della fattispecie.3. Quale copertura costituzionale al reato di hate speech.
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Roscini, Marco. "Comunità internazionale e obblighi «erga omnes» by Paolo Picone [Jovene, Napoli, 2006, 684 pp, ISBN 8824316018, €35 (p/bk)]". International and Comparative Law Quarterly 57, n.º 2 (abril de 2008): 489–91. http://dx.doi.org/10.1017/s0020589308000341.

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Harhoff, Frederik. "Securing criminal evidence in armed conflicts abroad". Military Law and the Law of War Review 58, n.º 1 (25 de noviembre de 2020): 2–30. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2020.01.01.

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Resumen
This article concerns an issue that has become increasingly relevant for international coalition forces participating in joint military operations abroad, viz. the duty to collect, document, record and secure evidence of serious violations of international humanitarian law (IHL) and international human rights committed in armed conflicts. The point, simple as it seems, is that respect for justice and international humanitarian law requires that perpetrators of war crimes etc. be brought to justice. Yet prosecution and trial of these crimes cannot succeed without material proof and information that meet the standards for admission into evidence in criminal trials. However, judicial experience from international criminal trials suggests that much of the evidence produced in Court fails to meet this standard – and is therefore dismissed. The article highlights the need to secure evidence of these crimes and proposes five simple basic recommendations for military personnel who come across evidence of serious violations of international humanitarian law in armed conflicts: (1) be familiar with the elements of genocide, crimes against humanity, war crimes and aggression; (2) know the rules of the game regarding collection of evidence, including the duty to respect local norms and authorities and to follow any international rules or agreements, and the duty to comply with obligations to seek authorization for investigation from domestic authorities; (3) be careful in your registration and handling of evidence material; (4) be careful not to hurt yourself or others when you search for evidence; and (5) stay critical and impartial to all material and information you receive from others. Cet article aborde un problème que les forces armées des coalitions internationales rencontrent de plus en plus souvent lorsqu’elles participent à des opérations militaires conjointes à l’étranger: l’obligation de rassembler, de documenter, d’enregistrer et de garantir des preuves de violations graves du droit international humanitaire et des droits de l’homme lors de conflits armés. Aussi simple qu’il paraisse, le principe est le suivant: le respect de la justice et du droit international humanitaire implique que les auteurs de crimes de guerre et autres soient traduits en justice. Toutefois, les poursuites judiciaires et le procès qui s’ensuit ne peuvent aboutir sans preuves matérielles et informations qui répondent aux normes d’admission de la preuve dans les procès au pénal. L’expérience judiciaire de ces procès internationaux suggère néanmoins que bon nombre des preuves présentées au tribunal ne répondent pas à ces normes et sont dès lors rejetées. L’auteur insiste sur le besoin de fournir des preuves de ces crimes et propose cinq recommandations de base pour le personnel militaire qui aurait des preuves de violations graves du droit international humanitaire dans les conflits armés: (1) informez-vous sur les différents éléments qui composent le génocide, les crimes contre l’humanité, les crimes de guerre et les agressions; (2) connaissez les règles relatives au rassemblement de preuves, y compris le devoir de respecter les normes et autorités locales, de suivre les règles et accords internationaux, et de se conformer à l’obligation d’obtenir une autoris­ation des autorités nationales pour mener une enquête; (3) soyez prudents lorsque vous enregistrez et utilisez des éléments de preuve; (4) veillez à ne pas causer de tort aux autres ni à vous-même lorsque vous cherchez des preuves; et (5) restez critique et impartial lorsque vous recevez des informations d’autres personnes. Dit artikel bespreekt een kwestie die van toenemend belang is voor internationale coalitietroepen die deelnemen aan gezamenlijke militaire operaties in het buitenland, nl. de plicht om bewijs van ernstige schendingen van het internationaal humanitair recht (IHR) en van de mensenrechten in gewapende conflicten te verzamelen, te staven, vast te leggen en veilig te stellen. Het punt, hoe eenvoudig ook, is dat het respect voor de rechtspleging en het internationaal humanitair recht vereist dat de daders van oorlogsmisdaden enz. voor het gerecht worden gebracht. Toch kunnen deze misdaden niet succesvol vervolgd en berecht worden zonder materieel bewijs en informatie die voldoen aan de normen om als bewijs in strafprocessen te worden toegelaten. De ervaring uit internationale strafprocessen leert echter dat veel van het bewijsmateriaal dat in de rechtbank wordt aangedragen, niet aan deze norm voldoet – en daarom wordt verworpen. Het artikel benadrukt de noodzaak om het bewijs van deze misdaden veilig te stellen en stelt vijf eenvoudige basisaanbevelingen voor aan militairen die in gewapende conflicten bewijzen van ernstige schendingen van het internationaal humanitair recht aantreffen: (1) wees op de hoogte van de elementen van genocide, misdaden tegen de menselijkheid, oorlogsmisdaden en agressie; (2) ken de regels van het spel met betrekking tot het verzamelen van bewijs, met inbegrip van de plicht om de lokale normen en autoriteiten te respecteren en om alle internationale regels of overeenkomsten te volgen, evenals de plicht om te voldoen aan de verplichting dat aan binnenlandse autoriteiten toestemming moet worden gevraagd om een onderzoek in te stellen; (3) let op bij het registreren en behandelen van bewijsmateriaal; (4) zorg ervoor dat je jezelf of anderen geen schade berokkent wanneer je naar bewijs zoekt; en (5) blijf kritisch en onpartijdig ten opzichte van al het materiaal en de informatie die je van anderen ontvangt. El artículo aborda un problema que con el tiempo ha adquirido una importancia relevante para las fuerzas en coalición que participan en operaciones conjuntas en el exterior, tal cual es el deber de recoger, documentar, registrar y asegurar las pruebas de crímenes graves contra el Derecho Internacional Humanitario (DIH) y contra los derechos humanos cometidos en los conflictos armados. El asunto, tan simple como parece, es que el respeto por la justicia y el Derecho Internacional Humanitario exige que en definitiva los perpetradores de crímenes de guerra sean llevados ante la justicia. Sin embargo, la acusación y el enjuiciamiento de estos crímenes no pueden prosperar sin una prueba material e información que reúna los requisitos necesarios para ser admitida como prueba de cargo en juicios penales. Al hilo de esto, la experiencia judicial en procedimientos penales internacionales demuestra que muchas de estas pruebas presentadas ante un tribunal no cumplen con estos estándares y, por consiguiente, son rechazadas. El artículo resalta la necesidad de asegurar la prueba de estos crímenes y propone cinco recomendaciones básicas para el personal militar que deba requisar estas pruebas relativas a crímenes graves contra el Derecho Internacional Humanitario en conflictos armados: (1) Familiarizarse con los elementos constitutivos del crimen de genocidio, crímenes contra la humanidad, crímenes de guerra y crimen de agresión; (2) Conocer las reglas del juego relativas a la recogida de pruebas, incluido el deber de respetar las normas y a las autoridades locales y cualquier otra regla o acuerdo internacional, y el deber de cumplir con la obligación de solicitar autorización a las autoridades locales para llevar a cabo investigaciones; (3) Ser diligente en el registro y manejo de las pruebas materiales; (4) Tener cuidado de no dañarse o dañar a otros en la búsqueda de las pruebas; y (5) tener una actitud crítica e imparcial ante las pruebas e información que se reciba de otros. Questo articolo tratta di una questione che è diventata sempre più rilevante per le forze di coalizione internazionali che partecipano ad operazioni militari congiunte all’estero, vale a dire il dovere di raccogliere, documentare, registrare e mettere al sicuro le prove di gravi violazioni al diritto internazionale umanitario (IHL) e dei diritti umani commesse nei conflitti armati. Il punto, semplice come appare, è che il rispetto della giustizia e del diritto internazionale umanitario richiedono che gli autori di crimini di guerra etc. siano assicurati alla giustizia. Però l’azione penale e il processo per tali crimini non possono avere successo senza prove materiali e informazioni che soddisfino gli standard per l’ammissione come prova nei processi penali. Tuttavia, l’esperienza giudiziaria dei tribunali penali internazionali suggerisce che molte delle prove prodotte nei tribunali non soddisfano questi standard e perciò vengono respinte. Questo articolo evidenzia la necessità di garantire prove di questi crimini e propone cinque semplice raccomandazioni di base per il personale militare che si imbatte in prove di serie violazioni al diritto internazionale umanitario nei conflitti armati: (1) Conoscere gli elementi del genocidio, dei crimini contro l’umanità, dei crimini di guerra e dell’aggressione; (2) Conoscere le regole del gioco riguardo la raccolta delle prove, compreso il dovere di rispettare le norme e autorità locali e di seguire qualsiasi regola o accordo internazionale, e il dovere di rispettare gli obblighi di chiedere l’autorizzazione alle indagini alle autorità nazionali; (3) Fare attenzione nella registrazione e gestione del materiale probatorio; (4) Fare attenzione a non fare del male a se stessi od altri nella ricerca delle prove; e (5) Rimanere critici ed imparziali nei confronti di tutto il materiale e delle informazioni ricevute da altri. Dieser Artikel behandelt eine Angelegenheit, die für die Streitkräfte internationaler Koalitionen, die sich an gemeinsamen Militäreinsätzen im Ausland beteiligen, an Relevanz gewinnt, nämlich die Pflicht, Beweismittel schwerer Verletzungen des internationalen humanitären Rechts und internationaler Menschenrechte in bewaffneten Konflikten zu sammeln, zu dokumentieren, aufzuzeichnen und sicherzustellen. Der Kernpunkt, so einfach dieser scheinen mag, besteht darin, dass Respekt vor der Justiz und dem internationalen humanitären Recht erfordert, dass Täter von Kriegsverbrechen, usw. vor Gericht gebracht werden sollen. Dennoch können die Verfolgung und Ahndung dieser Verbrechen ohne materiellen Beweis und Informationen, die den Standards zur Zulassung als Beweismittel in Strafprozessen gerecht werden, nicht gelingen. Die gerichtliche Erfahrung internationaler Strafprozesse weist allerdings darauf hin, dass manche der dem Gericht unter­breiteten Beweise diesen Standards nicht gerecht werden, und somit abgewiesen werden. Der Autor unterstreicht, dass es notwendig ist, Beweise für diese Verbrechen sicher­zustellen, und schlägt fünf einfache Grundempfehlungen für Militärangehörige vor, die auf Beweise schwerer Verletzungen des internationalen humanitären Rechts in bewaffneten Konflikten stoßen: (1) Sorgen Sie dafür, dass Sie die Elemente des Genozids, der Verbrechen gegen die Menschlichkeit, Kriegsverbrechen und Aggressionen kennen; (2) seien Sie mit den Spielregeln hinsichtlich der Sammlung von Beweisen vertraut, und dies einschließlich der Pflicht, örtliche Normen und Autoritäten zu respektieren, irgendwelche internationale Regeln oder Abkommen zu befolgen und die Verpflichtungen zu erfüllen, um die Genehmigung zur Durchführung von Ermittlungen von den Behörden des betreffenden Landes einzuholen; (3) seien Sie vorsichtig bei Ihrer Erfassung von bzw. Ihrem Umgang mit Beweismaterial; (4) sorgen Sie dafür, dass Sie sich selbst oder anderen keinen Schaden zufügen, wenn Sie nach Beweisen suchen; und (5) bleiben Sie kritisch und unvoreingenommen in Bezug auf all das Material und alle Informationen, die Sie von anderen erhalten.
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Bompiani, Adriano. "Una valutazione della “Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina” del Consiglio d’Europa". Medicina e Morale 46, n.º 1 (28 de febrero de 1997): 37–55. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.888.

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L’articolo si occupa della recente “Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina” elaborata dal Comitato Direttivo per la Bioetica (CDBI) della Comunità Europea ed approvata dal Comitato dei Ministri europei nel novembre del 1996. Premesso che il testo approvato andrà implementato da protocolli esplicativi dei principi affermati nella Convenzione stessa, l’autore traccia un breve excursus storico del documento analizzando le ragioni che ne hanno giustificato la stesura, i criteri generali adottati ed i principi etici fondamentali che hanno ispirato l’articolato. L’analisi della Convenzione procede nel tentativo di dare risposta ai seguenti quesiti: Come valutare la Convenzione in merito ai contenuti? a quali principi e criteri etici corrispondono le proposte della Convenzione? e, infine, quali sono gli aspetti che riguardano gli obblighi degli Stati firmatari, i meccanismi di controllo, quali le riserve ed interpretazioni dello strumento internazionale? In breve, l’ultima parte del lavoro può riassumersi nel seguente modo: 1. il testo della Convenzione risulta apprezzabile in alcuni punti (come nell’affermazione della necessità di protezione dell’essere umano, che rimane prioritario rispetto agli interessi della società) e discutibile in altri (quali, ad esempio, la tutela della vita prenatale, la tecniche di procreazione artificiale, l’assistenza ai morenti, ecc.); 2. la Convenzione si rifà ai principi etici di una medicina attiva, tecnologica e sperimentale diffusi largamente nel mondo anglosassone, il cosiddetto “principialismo”; 3. vengono stabilite delle procedure volte a garantire l’adempimento delle affermazioni contenute nella Convenzione, anche se gli Stati membri possono, al momento della ratifica, formulare riserve nel caso in cui una legge in vigore sul proprio territorio non sia conforme alla disposizione della Convenzione.
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Semplici, Stefano. "Accesso equo, qualità appropriata. Venti anni dopo la Convenzione di Oviedo / Equitable access, appropriate quality. Twenty years after the Oviedo Convention". Medicina e Morale 66, n.º 6 (25 de enero de 2018): 763–78. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.519.

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Il diritto alla tutela della salute, che include l’accesso ai servizi sanitari, è sancito in molte Dichiarazioni e altri documenti normativi a livello internazionale. Il riferimento all’equità è solitamente introdotto per affrontare i vincoli delle risorse disponibili e non eludere la realtà di persistenti diseguaglianze. Il riferimento all’adeguatezza è volto a sottolineare il ruolo delle competenze professionali e della conoscenza e dei progressi scientifici al fine di soddisfare esigenze reali, ma anche di ottimizzare l’utilizzo delle risorse. L’articolo 3 della Convenzione di Oviedo mira a proteggere i diritti umani e la dignità della persona umana e offre ancora un proficuo punto di partenza per continuare a sviluppare alcuni dei più preziosi strumenti concettuali e giuridici fra quelli perfezionati in questi ultimi decenni per affrontare questa sfida: il principio della realizzazione progressiva, che può innescare e rafforzare una dinamica emancipatrice; l’esercizio del bilanciamento di principi, interessi e beni sia nella giurisprudenza delle Corti costituzionali sia nelle politiche di settore; il concetto del contenuto essenziale del diritto ai servizi sanitari. Queste soluzioni si confrontano ora con le applicazioni dei progressi nuovi e senza precedenti della scienza biomedica, come la medicina di precisione. Allo stesso tempo, il riferimento della Convenzione alla giurisdizione delle Parti (gli Stati) come quadro istituzionale entro il quale gli obblighi sono assunti deve essere ulteriormente articolato misurandosi con l’orizzonte globale dell’impegno a “proteggere” la dignità umana e i diritti umani. ---------- The right to protection of health, which includes access to health care services, is enshrined in many Declarations and other normative documents at the international level. The reference to equity is usually meant to deal with the constraint of available resources and not elude the reality of persisting inequalities. The reference to appropriateness is to underline the role of professional competence and scientific knowledge and progress in order to fit real needs, but also to optimize the use of resources. Article 3 of the Oviedo Convention aims at protecting both human rights and the dignity of the human being and still offers a fruitful starting point to elaborate on some of the most valuable conceptual and juridical tools that have been refined over these last decades to address this challenge: the principle of progressive realization, which can trigger and strengthen an emancipatory dynamic; the exercise of balancing principles, interests and goods both in the case law of Constitutional Courts and in policies; the concept of the core content of the right (entitlement) to health care services. These solutions are now confronted with the applications of new, unprecedented advancements of biomedical science, such as precision medicine. At the same time, the reference by the Convention to the jurisdiction of the Parties (the States) as the institutional framework within which obligations are undertaken needs to be further articulated against the global scope of the commitment to ‘protect’ human dignity and human rights.
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Abreu, Eduardo João Gabriel Fleck da Silva y Marcelo de Oliveira Fausto Figueiredo Santos. "Certezza del diritto ed esecuzione delle decisioni della Corte interamericana dei diritti dell’uomo: il caso “Gomes Lund e altri. (“Guerrigliero di Araguaia”) vs. Brasile”". Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 9 de febrero de 2022, 78–104. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/esecuzione-delle-decisioni.

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I valori della sovranità nazionale e l’obbligo di rispettare gli obblighi internazionali sono spesso scioccati. Per illustrare questa situazione, prendiamo il caso “Gomes Lund e altri. (‘Guerrigliero di Araguaia’) vs. Brasile”, giudicato nel 2010, ad esempio, considerando che, oltre a essere ancora in attesa di conformità da parte del paese, ha avuto la sua decisione contraddetta dai tribunali nazionali. In questo panorama, sorge la questione fondamentale sulla possibilità che lo Stato nazionale si stacchi dai suoi obblighi internazionali sotto la pretesa di sovranità, nonché sull’esistenza di criteri che possano guidare la condotta dello Stato e, quindi, fornire una maggiore prevedibilità, in considerazione del requisito costituzionale della certezza del diritto. L’obiettivo è rispondere a questa domanda dalla ricerca dei massimi organi della magistratura nazionale e dalla dottrina specializzata nei campi del diritto costituzionale e dei diritti umani. Lungo questo percorso, miriamo a comprendere la struttura e le particolarità del sistema interamericano, la forza coercitiva delle decisioni della Corte interamericana dei diritti umani e le caratteristiche giuridiche del requisito costituzionale della certezza del diritto nel comportamento dello stato in questa interazione tra diritto interno e internazionale. Ciò può essere concluso sull’applicazione obbligatoria delle decisioni del sistema regionale e sugli effetti deleteri che la loro inosservanza provoca al principio costituzionale della certezza del diritto, nonché sarà possibile cercare modi per cercare di superare questa impasse.
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Allocca, Roberta. "Il diritto alla salute degli stranieri: strumenti di tutela alla luce della normativa nazionale ed internazionale". Journal of Advanced Health Care, 11 de septiembre de 2019. http://dx.doi.org/10.36017/jahc1909-003.

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Il presente lavoro vuole affrontare ed analizzare il tema del diritto alla salute degli stranieri, trattato alla luce delle convenzioni internazionali che ne regolamentano gli aspetti salienti, e dell’evoluzione normativa nazionale che definisce l’insieme degli obblighi e delle procedure previsti in Italia per poter esercitare tale diritto, in un percorso analitico trasversale che delinea un assetto normativo multidimensionale. Si vuole tentare di fornire uno sguardo ragionato sulla condizione del diritto alla salute della popolazione immigrata presente nel nostro Paese, sugli strumenti che tutelano il diritto alla salute di queste persone e le modalità con cui vengono applicati nella prassi operativa.
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