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Tesis sobre el tema "Nuovo Teatro"

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Bagnolini, Beatrice, Benedetta Lucchi, Nicola Ghetti y Francesco Giovannetti. "Suasa senonum. Progetto per un nuovo parco archeologico". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9973/.

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Resumen
Il sito archeologico di Suasa è stato oggetto di una lunga campagna di scavi iniziata negli anni sessanta, che ha portato alla pubblicazione di diversi saggi e ha stimolato l’attenzione di numerosi studiosi nel corso degli ultimi anni. Questo interesse, però, rimane un fenomeno ristretto agli addetti al settore e non vede una vera riflessione sul piano turistico. Suasa, infatti, rimane un gioiello culturale scarsamente conosciuto nel territorio ed escluso dai principali percorsi turistici. Il primo obiettivo del nostro intervento è quello di porre l’attenzione su un’area di così grande interesse e avvicinare le persone, esperti di storia e non, all’antica città, in modo che questa possa acquisire una nuova vita e ritrovare una sua valenza nel territorio. Il primo passo in questa direzione è stato quello di mettere in relazione il parco archeologico con gli altri siti archeologici della zona inserendolo in un sistema di offerta culturale volto all’esplorazione e all’approfondimento del territorio marchigiano e della sua storia. La posizione di Suasa sul fiume Cesano, inoltre, risulta particolarmente favorevole ad una integrazione dell’area con i percorsi cicloturistici, in quanto fornisce la possibilità di creare un parco fluviale di supporto a queste nuove tratte di collegamento, così come alle esistenti, andando ad aggiungere valore all’area. Questo elemento risulterà un fattore chiave per la collocazione e la definizione del visitor center del parco archeologico, il quale fa del rapporto tra il sito archeologico e il territorio il suo punto fondante. L’organizzazione del parco richiama quella che era l’organizzazione della città romana, cercando di restituire al visitatore non tanto l’immagine precisa di una ricostruzione, ma la logica e la successione degli spazi che l’impianto urbano poteva assumere. Gli interventi sulle emergenze, quindi, sono realizzati seguendo una coerenza progettuale e materica volta a minimizzare l’impatto sull’archeologia e nel contesto.
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Battiston, Valentina <1984&gt. "Intermezzi, balli e musiche strumentali: la consuetudine della musica nelle stagioni di prosa al Teatro Nuovo di Trieste, 1801-1867". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8375.

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Resumen
Viene illustrata la consuetudine dell’utilizzo della musica nelle stagioni di prosa presso il Teatro Nuovo di Trieste dal 1801, anno della sua inaugurazione, al 1867, anno che sancì la fine dell’impero austriaco e l’avvio verso l’impero austro-ungarico. Tale utilizzo non si limita a episodi isolati, ma costituisce una pratica costante e continuativa. Ai fini dell’indagine sono stati presi in esame circa cento faldoni facenti parte dell’archivio dell’attuale teatro comunale Giuseppe Verdi di Trieste, oggi custodito presso il Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”. I documenti sono di tipo amministrativo: contratti (che stabiliscono gli obblighi di teatri, impresari, compagnie di attori, musicisti di vario genere), carteggi (soprattutto tra capocomici, la Presidenza teatrale e la direzione artistica del teatro), contabilità (spese serali e per intere stagioni, spese per copiatura di musica) e alcuni inventari. Durante le serate di prosa, brani strumentali venivano abitualmente inseriti negli intervalli tra gli atti, secondo una pratica diffusa anche in altri teatri italiani. Il repertorio appositamente costituito fu costantemente rinnovato con nuovi brani. La documentazione consente di identificare e analizzare tale repertorio e getta luce sulle modalità con le quali veniva eseguito in teatro. È altresì documentato l’utilizzo di intermezzi vocali e coreografici. La ricerca vuole contribuire a delineare un aspetto inedito di quella Trieste ottocentesca detta anche “città musicalissima”, in quanto l’educazione e la diffusione musicale erano particolarmente curate sia a livello di famiglia che nella vita quotidiana. In tale contesto, il Teatro Nuovo non è solo un luogo di rappresentanza d’élite ma è anche un punto d’incontro e di vero scambio culturale.
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Cacciagrano, Adele <1977&gt. "Il critico teatrale come operatore di scrittura scenica. La critica teatrale italiana tra pratica organizzativa e utilizzo dei nuovi media nel Nuovo Teatro e in alcune esperienze dal 2003 ad oggi". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4922/4/Cacciagrano_Adele_Tesi.pdf.

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La crisi del “teatro come servizio pubblico” degli Stabili, Piccolo Teatro in testa, si manifesta allo stadio di insoddisfazione interna già alla fine degli anni Cinquanta. Se dal punto di vista della pratica scenica, la prima faglia di rottura è pressoché unanimemente ricondotta alla comparsa delle primissime messe in scena –discusse, irritanti e provocatorie- di Carmelo Bene e Quartucci (1959-60) più difficile è individuare il corrispettivo di un critico-intellettuale apportatore di una altrettanto deflagrante rottura. I nomi di Arbasino e di Flaiano sono, in questo caso, i primi che vengono alla mente, ma, seppure portatori di una critica sensibile al “teatro ufficiale”, così come viene ribattezzato dopo il Convegno di Ivrea (1967) il modello attuato dagli Stabili, essi non possono, a ben vedere, essere considerati i veri promotori di una modalità differente di fare critica che, a partire da quel Convegno, si accompagnerà stabilmente alla ricerca scenica del Nuovo Teatro. Ma in cosa consiste, allora, questa nuova “operatività” critica? Si tratta principalmente di una modalità capace di operare alle soglie della scrittura, abbracciando una progressiva, ma costante fuoriuscita dalla redazione di cronache teatrali, per ripensare radicalmente la propria attività in nuovi spazi operativi quali le riviste e l’editoria di settore, un rapporto sempre più stretto con i mass-media quali radio e televisione e la pratica organizzativa di momenti spettacolari e teorici al contempo -festival, convegni, rassegne e premi- per una forma di partecipazione poi identificata come “sporcarsi le mani”. La seconda parte della tesi è una raccolta documentaria sull’oggi. A partire dal Manifesto dei Critici Impuri redatto nel 2003 a Prato da un gruppo di critici dell'ultima generazione, la tesi utilizza quella dichiarazione come punto di partenza per creare un piccolo archivio sull’oggi raccogliendo le elaborazioni di alcune delle esperienze più significative di questi dieci anni. Ricca appendice di materiali.
The crisis of "theater as a public service" exemplified on the Piccolo Teatro experience, shows its internal dissatisfaction at the end of the fifties. The firsts who fights against this cultural politic was the artists, Carmelo Bene it's one of the first with his early and provocative performances. By critical side, otherwise, is more difficult to identify some critics or intellectuals bearing of a similar explosive rupture. We can recall Arbasino and Flaiano but, in this case, also if their sensitive criticism against "Theatre Established" were very important, they can not be regarded as promoters of that different way of criticism outgoing from Ivrea Conference (1967) and that accompanied New Theatre from the Sixties to Eighty . But definitively what's this new "operation" criticism? Primarily this criticism is focused on a new operative manner that located itself at the threshold of writing practices. It's a criticism embracing a gradual, but steady removal from the theatrical chronicles, a radically rethink about the critical function so it finds very interesting to create new operational areas on magazines and focused publishing, on mass-media like radio and television and as organization of festivals, conferences, exhibitions and awards - both performative both theoretical- who are identified as "the criticism that dirting its hands". The second part of the thesis is a documentary collection on today. From Manifesto del Critico Impuro written in 2003 in Prato by a group of critics of the last generation, the thesis uses that Statement as a starting point for creating a small record based on some elaboration by someone among the most significant critical experiences of these last ten years. Interesting Appendix based on rare materials.
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Cacciagrano, Adele <1977&gt. "Il critico teatrale come operatore di scrittura scenica. La critica teatrale italiana tra pratica organizzativa e utilizzo dei nuovi media nel Nuovo Teatro e in alcune esperienze dal 2003 ad oggi". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4922/.

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La crisi del “teatro come servizio pubblico” degli Stabili, Piccolo Teatro in testa, si manifesta allo stadio di insoddisfazione interna già alla fine degli anni Cinquanta. Se dal punto di vista della pratica scenica, la prima faglia di rottura è pressoché unanimemente ricondotta alla comparsa delle primissime messe in scena –discusse, irritanti e provocatorie- di Carmelo Bene e Quartucci (1959-60) più difficile è individuare il corrispettivo di un critico-intellettuale apportatore di una altrettanto deflagrante rottura. I nomi di Arbasino e di Flaiano sono, in questo caso, i primi che vengono alla mente, ma, seppure portatori di una critica sensibile al “teatro ufficiale”, così come viene ribattezzato dopo il Convegno di Ivrea (1967) il modello attuato dagli Stabili, essi non possono, a ben vedere, essere considerati i veri promotori di una modalità differente di fare critica che, a partire da quel Convegno, si accompagnerà stabilmente alla ricerca scenica del Nuovo Teatro. Ma in cosa consiste, allora, questa nuova “operatività” critica? Si tratta principalmente di una modalità capace di operare alle soglie della scrittura, abbracciando una progressiva, ma costante fuoriuscita dalla redazione di cronache teatrali, per ripensare radicalmente la propria attività in nuovi spazi operativi quali le riviste e l’editoria di settore, un rapporto sempre più stretto con i mass-media quali radio e televisione e la pratica organizzativa di momenti spettacolari e teorici al contempo -festival, convegni, rassegne e premi- per una forma di partecipazione poi identificata come “sporcarsi le mani”. La seconda parte della tesi è una raccolta documentaria sull’oggi. A partire dal Manifesto dei Critici Impuri redatto nel 2003 a Prato da un gruppo di critici dell'ultima generazione, la tesi utilizza quella dichiarazione come punto di partenza per creare un piccolo archivio sull’oggi raccogliendo le elaborazioni di alcune delle esperienze più significative di questi dieci anni. Ricca appendice di materiali.
The crisis of "theater as a public service" exemplified on the Piccolo Teatro experience, shows its internal dissatisfaction at the end of the fifties. The firsts who fights against this cultural politic was the artists, Carmelo Bene it's one of the first with his early and provocative performances. By critical side, otherwise, is more difficult to identify some critics or intellectuals bearing of a similar explosive rupture. We can recall Arbasino and Flaiano but, in this case, also if their sensitive criticism against "Theatre Established" were very important, they can not be regarded as promoters of that different way of criticism outgoing from Ivrea Conference (1967) and that accompanied New Theatre from the Sixties to Eighty . But definitively what's this new "operation" criticism? Primarily this criticism is focused on a new operative manner that located itself at the threshold of writing practices. It's a criticism embracing a gradual, but steady removal from the theatrical chronicles, a radically rethink about the critical function so it finds very interesting to create new operational areas on magazines and focused publishing, on mass-media like radio and television and as organization of festivals, conferences, exhibitions and awards - both performative both theoretical- who are identified as "the criticism that dirting its hands". The second part of the thesis is a documentary collection on today. From Manifesto del Critico Impuro written in 2003 in Prato by a group of critics of the last generation, the thesis uses that Statement as a starting point for creating a small record based on some elaboration by someone among the most significant critical experiences of these last ten years. Interesting Appendix based on rare materials.
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Scudeler, Camila Ladeira. "Cartografia diacrônica do Grupo Teatro Escambray (Cuba)". Universidade de São Paulo, 2018. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/27/27155/tde-02102018-163209/.

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Resumen
Esta pesquisa busca, desde uma abordagem etnográfica e autoetnográfica, apresentar uma cartografia diacrônica do devir criativo e artístico do Grupo Teatro Escambray de Cuba, através das obras criadas a partir de pesquisas sobre as particularidades de seus espectadores (população camponesa) imersos em circunstâncias históricas, políticas, econômicas e geográficas que foram evoluindo e se modificando ao longo de cinquenta anos desde sua fundação em 1968 até 2018, e que dão mostra das distintas etapas do processo revolucionário levado a cabo na ilha caribenha desde 1959. O Grupo Teatro Escambray se tornou um marco no teatro cubano e no marco de teatro de grupo na América Latina por ter abandonado o contexto urbano como lugar de criação , para encarar a relação com um espectador não experimentado que vive no campo e que - no início de um período de mudanças no processo político de Cuba - enfrentou profundas contradições; uma nova maneira de criar que ecoou no chamado movimento de Teatro Nuevo na ilha e que dialogou com diferentes processos de criação em grupo que ocorreram na década de 1960 em países como Colômbia, Brasil, Uruguai e Argentina, entre outros. Esta cartografia diacrônica do Grupo Teatro Escambray foi abordada desde uma viagem íntima e pessoal da pesquisadora em uma espécie de intercambio e y retroalimentação donde tanto o objeto de estudo, como quem o estuda, experimentam as vicissitudes da mudança.
This research seeks, from an ethnographic and self-ethnographic approach, to present a diachronic cartography of the creative and artistic evolution of the Escambray Theater Group of Cuba, through the works created, from research on the particularities of its spectators (peasant population), with historical, political, economic and geographical circumstances that have evolved over fifty years since its founding in 1968 until 2018, which also show the different stages of the revolutionary process that has taken place on the Caribbean island since 1959. The Escambray Theater Group has marked a milestone within the Cuban theater and in the context of group theater in Latin America for having abandoned the urban context as a place of creation, to face the relationship with an inexperienced spectator who lives in the countryside and who - at the beginning of a period of changes within the political process of Cuba - faced deep contradictions; a new way of creating that echoed in what was called the New Theater movement on the island and that echoed with different group creation processes that took place in the 1960s in countries such as Colombia, Brazil, Uruguay and Argentina, among others. This diachronic cartography of the Escambray Theater Group has been approached from the intimate and personal journey of the researcher in a sort of exchange and feedback where both the object of study, and who studies it, experience the vicissitudes of change.
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Falcone, Maria Giovanna. "Verso una nuova (?) definizione di teatro politico: Strategie di scrittura scenica nelle creazioni multidiscilplinari di Motus". Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2015. http://hdl.handle.net/10803/328412.

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Resumen
In questo studio ci proponiamo di esplorare la definizione di “politico” nel teatro, applicandola all'intero percorso della compagnia italiana di teatro sperimentale Motus. L'ipotesi è rinvenire nell'opera del gruppo la “politicità” insita in vari livelli della sua produzione: in primis quello organizzativo, esplorato sin dal debutto nella scena contemporanea, in cui la definiamo insieme ad altri gruppi delle sua generazione come “isole nella rete”, fino alla recente occupazione di spazi come il teatro Valle a Roma e Macao a Milano. Nel primo segmento d'analisi esploreremo le opere degli esordi (1995-2002), caratterizzati da una forte ricerca sul linguaggio e dal rifiuto della dimensione mimetica: questa messa in discussione della poetica aristotelica rappresenta la cifra politica della prima fase indagata. La seconda è caratterizzata da istanze dove il discorso politico si fa più esplicito: dal progetto Pasolini alla rilettura del mito di Antigone, l'elemento ideologico ed il tema della Rivolta emergono con preponderanza, contribuendo a definire la compagnia dentro gli schemi di quello che definiremo come “terrorismo poetico”.
In this investigation we propose to explore the definition about the notion of “politic” in theatre, by his application on the entire accomplished of Motus, an italian experimental theatre group. The assumption is to recover in the work of this collective the “politcal level” inherent in the differents fields of his productions: in primis the organizational one, explored since the debut in the theatral contemporary scene ( phase that we define as “islands in the net”) till the late occupation of spaces as the Valle theatre in Rome and Macao in Milano. In the first segment of our analisys we explore the beginning works (1995-2002), with an essential characteristic: the strong research about languages and the disaffirmation of the mimetic dimension, that describes the politic magnitude of this first segment. The second one is emblematized by instances where the politic speech is becoming more explicit: from project Pasolini to the scenic construction about the mythe of Antigone (2004-2010), the ideologic item and the theme of rebellion appear preponderancly, determining the group in the patterns that we define as “poetic terrorism”.
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Manríquez, Morgado Francisca. "Nuevo teatro y centro cultural Teatro Imperio : plan barrio El Almendral Valparaíso, V región". Tesis, Universidad de Chile, 2013. http://www.repositorio.uchile.cl/handle/2250/114772.

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Arquitecto
La temática surge a partir de dos puntos, el primero de ellos, tiene relación con el desgaste y deterioro que presenta la ciudad de Valparaíso en diversos sectores que no están considerados dentro de la declaratoria de patrimonio de la humanidad, y en las cuales la planificación, además de las propuestas de intervención no han sido suficientes para revertir y potenciar estos sectores. En segundo lugar, está el llamado a concurso que realiza el MINVU, para generar un Plan Maestro para el Almendral, proponiendo la incorporación de proyectos detonantes que permitan revitalizar el barrio. El presente trabajo de título tiene como objetivo generar un proyecto detonante de la revitalización urbana en el barrio del Almendral, proveyéndole al sector de un nodo de actividad atractiva y funcional, no solo a nivel local sino que a nivel nacional complementándose con otros elementos similares como el teatro municipal de Santiago, beneficiando la expansión de la actividad cultural. En conjunto con lo anterior y como núcleo del proyecto, emplear una estructura patrimonial representativa de la historia de Valparaíso, como es el Teatro Imperio, recuperándolo de su estado de deterioro y subutilización. Además, este nodo busca complementar las funciones educacionales, administrativas y de entretención generando un grupo de infraestructuras alrededor del Teatro, de modo de tener actividad continua en torno a él.
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Belli, Luca. "La nuova scenografia di Viserba : la piazza come teatro". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5218/.

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FRISCHMANN, DONALD HARRY. "EL NUEVO TEATRO POPULAR EN MEXICO. (SPANISH TEXT) (THEATER)". Diss., The University of Arizona, 1985. http://hdl.handle.net/10150/187949.

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Resumen
Based upon recent field research mainly in Mexico City, Guadalajara and Cuernavaca, as well as upon the theoretical writings of Nestor García Canclini, theoreticians of the Latin American New Theatre and researchers of Latin American popular culture, the present study seeks to prove and document the existence of a distinctly new movement in Mexican popular theatre. This new popular theatre has its roots in the early part of the 20th century but has rapidly developed only since 1965. It draws upon many popular dramatic forms, such as anonymous dramas of European origen, indigenous theatre, the commedia dell'arte, the proletarian dramas resulting from the Mexican Revolution of 1910, the "teatro carpero de revista", and the age-old tradition of the roaming artist and street vendor. These forms are used as a vehicle to focus upon themes relevant to the socio-economic and political status of the disenfranchised masses, and to raise the level of consciousness of the proletarian and peasant classes regarding the problems which affect them, in order that they might act to bring about significant beneficial change. The author distinguishes among three categories of popular theatre, based upon the area of operation or form of subsistence: (1) Popular theatre within the State (Teatro Conasupo de Orientacion Campesina, 1971-76; Proyecto de Arte Escenico Popular 1976-82; Teatro Popular del INEA, 1982-); (2) Proletarian Theatre (Centro Libre de Experimentacion Teatral y Artística, CLETA); (3) Independent Popular Theatre (Grupo Cultural Zero, Cooperativa Teatro Denuncia de Felipe Santander). All three categories exhibit similar influences and share the goals described above which place them fully within the movement of the Latin American New Popular Theatre.
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Castaldello, Giulia <1993&gt. "Le opere di Bai Wei, "nuova donna" nel teatro cinese moderno". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15087.

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Bai Wei (1894-1987), pseudonimo di Huang Zhang, fu presumibilmente la prima drammaturga donna della storia moderna cinese. Dal 1918 al 1926 visse in Giappone, dove frequentò i corsi del celebre drammaturgo Tian Han, grazie al quale si avvicinò alla letteratura occidentale. Iniziò a scrivere opere teatrali con lo scopo di dare voce alla sua indignazione contro le ingiustizie della società, che considerava causate in particolar modo dal patriarcato, e per esprimere le sue sofferenze. Durante la sua vita, la drammaturga dovette infatti affrontare molti momenti tragici, come gli abusi da parte della famiglia del marito sceltole dal padre, i tradimenti del suo amante Yang Sao e la contrazione della gonorrea. Le sue pubblicazioni, che furono tra i primi risultati tangibili del teatro di sinistra, riflettevano le sue esperienze soggettive, in quanto erano tutte focalizzate sul destino delle donne e sulla rivoluzione, a cui la drammaturga aveva preso parte nel 1927, anno della fine dell’alleanza tra il Partito Nazionalista e il Partito Comunista. Esse furono influenzate dal realismo, la corrente letteraria di cui gli intellettuali cinesi si servirono maggiormente negli anni Venti, e da correnti letterarie provenienti dall’Occidente, come il simbolismo, l’estetismo e l’espressionismo, che si diffusero in Cina durante il Movimento del Quattro Maggio. La produzione di Bai Wei si divide in due fasi: la prima, fortemente influenzata dal modernismo e la cui opera più celebre è Dachu youlingta 打出幽灵塔 (Fuga dalla pagoda fantasma), inizia alla fine degli anni Venti e termina all’inizio degli anni Trenta, mentre la seconda ha inizio dopo l’incidente di Mukden del 1931, in seguito al quale Bai Wei partecipò attivamente alle proteste contro i giapponesi e si ispirò maggiormente al realismo nella scrittura di drammi come Di tongzhi 敌同志 (Il compagno nemico) e Beininglu mouzhan 北宁路某站 (Una certa fermata in via Beining). Un’altra sua opera significativa fu l’autobiografia Beiju shengya 悲剧生涯 (Vita tragica), che consiste in una rappresentazione delle esperienze personali di Bai Wei, e allo stesso tempo della situazione delle donne della sua generazione che lottavano per liberarsi delle tradizioni del passato.
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Di, Tonno Francesca <1983&gt. "La narrazione spettacolare. Nuove forme dello storytelling: dai testi narrativi al teatro". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5466/1/DI_TONNO_FRANCESCA_TESI.pdf.

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Il lavoro di tesi parte da un presupposto di osservazione empirica. Dopo aver rilevato la ricorrenza da parte di registi teatrali del panorama internazionale all’adattamento di testi non drammatici, ma narrativi per la scena, si è deciso di indagare come la natura narrativa dei testi di partenza si adatti, permanga o muti nel passaggio dal medium narrativo a quello spettacolare. La tesi si suddivide in tre parti. Nella parte intitolata “Della metodologia” (un capitolo), viene illustrato il metodo adottato per affrontare l’analisi degli spettacoli teatrali. Facendo riferimento alla disciplina semiotica teatrale, si è definito l’oggetto empirico di studio come testo spettacolare/performance text. La seconda parte della tesi, “Della comparazione dei modelli comunicativi”, (due capitoli), procede nella definizione: 1) dell’elemento teorico da indagare nei testi spettacolari, ovvero, la “narratività”; 2) dei modelli comunicativi della narrazione e dello spettacolo teatrale e delle loro intersezioni o differenze. Nella terza parte della tesi, “Della critica”, (due capitoli), vengono analizzate alcune delle opere del regista Jurij Ljubimov (Russia), Eimuntas Nekrošius (Lituania), Alvis Hermanis (Lettonia). La scelta è ricaduta sulle opere di questi registi in base a una considerazione: 1) culturale: si è deliberatamente circoscritta la sfera di indagine alla produzione teatrale russa e post-sovietica; 2) estetica: è stato osservato che la linea registica inaugurata da Jurij Ljubimov va permeando l’attività registica di registi più giovani come Nekrošius e Hermanis; 3) statistica: Ljubimov, Nekrošius, Hermanis hanno scelto di mettere in scena testi non drammatici con una elevata frequenza. La tesi è corredata da un’ampia appendice iconografica. Per l’analisi dei testi spettacolari si è fatto riferimento alla visione degli spettacoli in presa diretta in Italia e all’estero.
The thesis starts from an assumption of empirical observation. After detecting the recurrence by theater directors on the international scene to adaptation of texts non-dramatic, but narrative for the scene, it was decided to investigate how the narrative nature of the source texts fit, or remains silent in the transition from medium narrative than spectacular. The thesis is divided into three parts. In the section on "the methodology" (a chapter), is explained the method adopted to deal with the analysis of the theater. Referring to the discipline of theatrical semiotics, it is called the empirical object of study as performance text. The second part of the thesis, "the comparison of models of communication" (two chapters), proceeds in the definition of: 1) theoretical element to be investigated in the texts spectacular, that is, the "narrative" and 2) the communication patterns of the narrative and of the play and their intersections or differences. In the third part of the thesis, "the critics" (two chapters), are analyzed some of the works by the directors Yuri Lyubimov (Russia), Eimuntas Nekrošius (Lithuania), Alvis Hermanis (Latvia). The choice fell on the works of these directors because of different considerations: 1) cultural: it is deliberately limited the scope of investigation to the stage production and post-Soviet Russia, 2) aesthetics: it was observed that the line directing inaugurated by Jurij Lyubimov is permeating the activities of younger directors like Nekrošius and Hermanis, 3) statistics: Lyubimov, Nekrošius, Hermanis have chosen to stage dramatic texts with a high frequency. The thesis is accompanied by an extensive appendix iconography. For the analysis of texts, reference was made to the spectacular view of the shows in live in Italy and abroad.
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Di, Tonno Francesca <1983&gt. "La narrazione spettacolare. Nuove forme dello storytelling: dai testi narrativi al teatro". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5466/.

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Il lavoro di tesi parte da un presupposto di osservazione empirica. Dopo aver rilevato la ricorrenza da parte di registi teatrali del panorama internazionale all’adattamento di testi non drammatici, ma narrativi per la scena, si è deciso di indagare come la natura narrativa dei testi di partenza si adatti, permanga o muti nel passaggio dal medium narrativo a quello spettacolare. La tesi si suddivide in tre parti. Nella parte intitolata “Della metodologia” (un capitolo), viene illustrato il metodo adottato per affrontare l’analisi degli spettacoli teatrali. Facendo riferimento alla disciplina semiotica teatrale, si è definito l’oggetto empirico di studio come testo spettacolare/performance text. La seconda parte della tesi, “Della comparazione dei modelli comunicativi”, (due capitoli), procede nella definizione: 1) dell’elemento teorico da indagare nei testi spettacolari, ovvero, la “narratività”; 2) dei modelli comunicativi della narrazione e dello spettacolo teatrale e delle loro intersezioni o differenze. Nella terza parte della tesi, “Della critica”, (due capitoli), vengono analizzate alcune delle opere del regista Jurij Ljubimov (Russia), Eimuntas Nekrošius (Lituania), Alvis Hermanis (Lettonia). La scelta è ricaduta sulle opere di questi registi in base a una considerazione: 1) culturale: si è deliberatamente circoscritta la sfera di indagine alla produzione teatrale russa e post-sovietica; 2) estetica: è stato osservato che la linea registica inaugurata da Jurij Ljubimov va permeando l’attività registica di registi più giovani come Nekrošius e Hermanis; 3) statistica: Ljubimov, Nekrošius, Hermanis hanno scelto di mettere in scena testi non drammatici con una elevata frequenza. La tesi è corredata da un’ampia appendice iconografica. Per l’analisi dei testi spettacolari si è fatto riferimento alla visione degli spettacoli in presa diretta in Italia e all’estero.
The thesis starts from an assumption of empirical observation. After detecting the recurrence by theater directors on the international scene to adaptation of texts non-dramatic, but narrative for the scene, it was decided to investigate how the narrative nature of the source texts fit, or remains silent in the transition from medium narrative than spectacular. The thesis is divided into three parts. In the section on "the methodology" (a chapter), is explained the method adopted to deal with the analysis of the theater. Referring to the discipline of theatrical semiotics, it is called the empirical object of study as performance text. The second part of the thesis, "the comparison of models of communication" (two chapters), proceeds in the definition of: 1) theoretical element to be investigated in the texts spectacular, that is, the "narrative" and 2) the communication patterns of the narrative and of the play and their intersections or differences. In the third part of the thesis, "the critics" (two chapters), are analyzed some of the works by the directors Yuri Lyubimov (Russia), Eimuntas Nekrošius (Lithuania), Alvis Hermanis (Latvia). The choice fell on the works of these directors because of different considerations: 1) cultural: it is deliberately limited the scope of investigation to the stage production and post-Soviet Russia, 2) aesthetics: it was observed that the line directing inaugurated by Jurij Lyubimov is permeating the activities of younger directors like Nekrošius and Hermanis, 3) statistics: Lyubimov, Nekrošius, Hermanis have chosen to stage dramatic texts with a high frequency. The thesis is accompanied by an extensive appendix iconography. For the analysis of texts, reference was made to the spectacular view of the shows in live in Italy and abroad.
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Tesone, Stefania <1994&gt. "Analisi comparativa del Teatro di San Carlo di Napoli e il Teatro dell’Opera di Roma. L’opera e le nuove generazioni". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19644.

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Resumen
Il presente elaborato verte sulla gestione economico-manageriale di un Teatro d’opera, prendendo come casi-studio il Teatro di San Carlo di Napoli e il Teatro dell’Opera di Roma, realtà diverse che condividono però dinamiche comuni. La prima parte ripercorre l’evoluzione storica - normativa delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche per meglio comprendere la storia, l’organizzazione ed il funzionamento dei Teatri considerati. Nella seconda parte si analizzano i risultati relativi alle performance artistiche ed economiche di entrambi i Lirici relative al biennio 2018-2019, elaborati a partire dai dati ricavati dai bilanci d’esercizio degli anni 2019 e 2020. Attraverso grafici illustrativi, costruiti su parametri comuni a entrambi i Teatri, si propone offrire un confronto piuttosto immediato della situazione economico-finanziaria delle Fondazioni considerate. Per ultimo, una breve analisi sulla proposta culturale offerta al pubblico giovanile e sul rapporto dei giovani con l’opera, con un’attenzione particolare al fenomeno dell’opera in streaming.
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Toscano, Cinzia <1984&gt. "Il teatro degli androidi. La tradizione giapponese e il Robot-Human Theatre di Hirata Oriza: per una nuova frontiera del teatro". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/8235/1/Toscano_Cinzia_tesi.pdf.

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La robotica riveste nella contemporaneità giapponese un ruolo sempre più significativo e negli ultimi decenni si è inserita in maniera quasi naturale in ambiti sociali e lavorativi. La sperimentazione in campo robotico accomuna, in realtà, paesi e formazioni sociali in tutto il mondo che trovano in questo ambito un terreno di ricerca fertile e in continuo mutamento. Lo studio proposto, attraverso l’analisi del Robot-Human Theatre Project, nato dalla collaborazione tra il drammaturgo e regista teatrale Hirata Oriza e l’ingegnere robotico Ishiguro Hiroshi, cerca di delineare i tratti distintivi della robotica giapponese e delle ricadute a livello sociale e antropologico del suo costante e inarrestabile sviluppo. Focus della tesi è l’analisi teatrologica dei cinque spettacoli nati in seno al progetto e che annoverano nel loro staff attori in carne ed ossa e robot umanoidi e androidi. I, worker (2008), In the heart of the forest (2010), Sayonara (2010/2012), Three sisters android version (2012) e La Métamorphose version androïde (2014), oltre a rappresentare uno dei molteplici volti del connubio tra arte e tecnologia, hanno permesso di compiere un affondo nell’odierna società nipponica. Guardare a queste performance ha consentito, da un lato, di indagare il linguaggio teatrale di Hirata Oriza e, dall’altro, tramite le tematiche messe in gioco dal regista, di affrontare alcune tra le questioni più urgenti della società contemporanea giapponese quali, la rielaborazione della tragedia di Fukushima del 2011, gli hikikomori e la relazione uomo-macchina. Lo studio, strutturatosi su una metodologia trasversale che non ha trascurato gli aspetti storiografici, antropologici e sociali del tema in oggetto, si avvale di materiali inediti reperiti durante la ricerca di campo svolta in Giappone a stretto contatto con la Seinendan Theatre Company, fondata nel 1983 e, ancora oggi, guidata da Hirata.
Robotics plays and increasingly relevant role in contemporary Japan and in the last decades has found its place, in a natural fashion, in social and working environments. Experimentation in the robotic field, in truth, gathers different countries and social initiatives worldwide that find in this field of study a prolific area on constant mutation. Through the analysis of the Robot­Human Theatre Project, born from the collaboration between the playwright and theatrical director Hirata Oriza, and robotics engineer Ishiguro Hiroshi, the research here proposed aims to outline the peculiar characteristics of Japanese robotics and the impact of its incessant development on a social and anthropological level. The focus point of the thesis is the analysis of the project's five performances that includes flesh and blood actors together with androids. I, worker (2008), In the heart of the forest (2010), Sayonara (2010/2012), Three sisters android version (2012) and La Métamorphose version androïde (2014), other than illustrating one of the aspects of the marriage between art and technology, have allowed for a deep understanding of the current Japanese society. Following these performances has given the necessary for, on one side, deepening into Hirata Oriza's theatrical language, and on the other side, through the topics evoked by the author, facing some of the most urgent matters of the Japanese world, such as the Fukushima accident on 2011, the hikikomori social case and the relationship between humans and robots. The research is structured on a transversal methodology that takes account of historical, anthropological and social aspects of the issue under consideration on and makes use of unedited documents found during the on site research in Japan, carried out in close contact with Seinendan Theatre Company founded in 1983 and currently directed by Hirata Oriza.
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Bondi, Federica. "Ricostruire l'identita: Nuovi scenari urbani per Cavezzo". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8654/.

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La tesi si propone di individuare per la città di Cavezzo ed il suo centro urbano, colpito dal sisma del 20 maggio 2012, le strategie per la ricostruzione e la definizione delle proprie forme urbane. In particolare, ci si concentrerà sul nuovo luogo dell'identità urbana, ovvero piazza Matteotti, da sempre spazio pubblico riconosciuto, per il quale si propone un intervento di riqualificazione. Questo avverrà tramite il progetto dello spazio teatrale, che, si inserisce nel contesto, come nuovo elemento di lettura e connessione. Il primo capitolo di questo volume raccoglie alcune informazioni relative al territorio della città di Cavezzo, necessarie alla comprensione delle scelte progettuali, descritte per la scala urbana, nel capitolo secondo. Infine, la seconda parte del volume affronta i temi progettuali per piazza Matteotti e gli approfondimenti, ad essa legati, sullo spazio teatrale, sulle sue forme e sulla sua struttura.
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Silva, Fátima Antunes da. "A imagem poética no Nuevo Teatro Latino-Americano: o caso do TEC e La Candelária". Universidade de São Paulo, 2007. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/8/8132/tde-13022008-112412/.

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O objetivo do presente trabalho foi desenvolver um estudo sobre a imagem poética do Nuevo Teatro Latino-Americano. A análise desenvolvida, a partir do ponto de vista da Sociologia da Arte, buscou o deslindamento dessa imagem nas encenações teatrais representativas dos principais grupos do movimento: TEC e LA CANDELÁRIA da Colômbia. Parte-se de uma primeira hipótese de que essa imagem poética repousa sobre princípios que remontam às vanguardas do início do século XX. Parte-se de uma segunda hipótese de que encenadores de parte das obras teatrais representativas do movimento do Nuevo Teatro, para além de seu engajamento sócio-político já constatado, empreenderam, consciente ou inconscientemente, uma busca estética que pode dialogar em muitos pontos com a vanguarda russa do século XX. Experiência em que vigorou de forma orgânica a confluência entre vanguarda artística e vanguarda política. Por meio de múltiplos caminhos, alguns não aparentes e subterrâneos, pode-se afirmar, que houve influências de princípios do teatro de vanguarda russo, mais precisamente do teatro de Meyerhold, sobre o Nuevo Teatro, evidentes nas imagens cênicas construídas em suas obras teatrais. A partir da violência e barbárie da Conquista, as sociedades da América Latina foram se configurando sob o signo da fragmentação, o que gerou desde sua origem a busca pela unidade do Ser. O alcance da criação de imagens poéticas de sua produção teatral da segunda metade do século XX revela um relativo amadurecimento desta busca. Representa não um ponto de chegada propriamente dito, mas uma aproximação ao reconhecimento do que significou, significa e significará ser latino-americano.
This work intends to develop a study on the poetical image of the \"Nuevo Teatro Latino-Americano\". From the Sociology of the Arts point of view the analysis sought to explicate this image in the theatrical presentations representative of the main groups of the movement: TEC and the Colombian LA CANDELÀRIA. The first hypothesis surmises that this poetical image rests upon principles that go back to the vanguards of the early 20th Century. A second hypothesis considers that those staging part of the theatrical works representative of the Nuevo Teatro movement, in addition to their already detected social-political commitment, consciously or unconsciously pursued an esthetical quest able to establish a wide ranging dialogue with the Russian vanguard of the 20th Century. An experience that strengthened in an organic manner the confluence between the artistic and the political vanguards. Through multiple routes, some not apparent and subterranean, it can be stated that the Russian vanguard theater principles, more precisely, the Meyerhold theater had an influence, on the Nuevo Teatro, clearly seen in the scenic images constructed in their theatrical works. After the violence and barbarism of Conquest, Latin American societies were being shaped under the sign of fragmentation which generated, as from their origin, the quest for unison of the Being. In the second half of the 20th Century, the scope of the Nuevo Teatro poetical image creation discloses a relative maturity of this quest. It does not embody a true point of arrival, but an approximation to the acknowledgment of what it meant, means and will mean to be Latin-American.
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Giani, Martino. "Un progetto per le mura di Bologna: antichi frammenti e nuovi spazi aperti". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Il progetto, partito da una ricerca storica della città di Bologna e della nascita della terza cinta in particolare, si è poi soffermato sull'analisi dello stato attuale delle mura. La problematica principale emersa è stata la frammentarietà dei resti. Quello che manca è una visione unitaria di questo spazio, che fino all'inizio del secolo scorso era il limite che marcava la città rendendola distinguibile dalla campagna. Da qui è nata l'idea del progetto a scala urbana: ripensare lo spazio dei viali di circonvallazione, anticamente occupato dal fossato, e di conseguenza cambiare radicalmente l'organizzazione della viabilità, riducendo la carreggiata adibita al traffico automobilistico. Operazione, questa, possibile solamente con l'introduzione di un servizio di trasporto pubblico efficiente quale il tram. In questo modo è stato possibile ricavare uno spazio, a ridosso delle mura, dedicato al verde. La scelta del verde è stata dettata dalla volontà di riportare alla memoria la distinzione tra città e campagna. Il progetto è proseguito poi a scala architettonica. Come area di progetto ho scelto un'area particolarmente importante per la città di Bologna: piazza XX settembre e la zona dell'autostazione. In quest'area specifica la criticità maggiore è la presenza dell'autostazione, edificio che compromette la visibilità del muro storico. Da questa motivazione è scaturita l'ipotesi di spostarla in zona fiera. Anche per il progetto architettonico sono partito da una ricerca storica dell'area: sito di particolare interesse storico in quanto per ben cinque volte vi è stata eretta una fortezza papale che è sempre stata abbattuta dai bolognesi, in nome di un senso civico di forte autonomia che ha sempre contraddistinto i cittadini. Proprio dalla suggestione di quest'idea sono partito per la formulazione del progetto architettonico. Ho pensato quindi ad uno spazio aperto, un teatro in legno, dedicato ai cittadini e alla loro cultura.
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Mastroleo, Alessandra <1986&gt. "Nora, Magda, Salomè, Katiuscia: i volti di Matsui Sumako, attrice e “donna nuova” nel teatro giapponese moderno". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4528.

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Matsui Sumako, nome d'arte di Kobayashi Masako, è considerata la prima attrice giapponese moderna. Verso la fine del periodo Meiji, dopo due secoli e mezzo di interdizione dai teatri, la donna si riappropria del palcoscenico anche grazie all'influsso del teatro occidentale e della figura dell'attrice che domina le scene europee e americane. Kawakami Sadayakko, ex geisha e moglie dell'impresario e attore Kawakami Otojirō, riapre il percorso dell'attrice nel teatro giapponese, ma sarà Matsui Sumako che, impersonificando l'ideale di "atarashii onna" (nuova donna), sarà considerata a tutti gli effetti la prima attrice moderna giapponese. Con la rappresentazione di "Casa di Bambola" di Henrik Ibsen inaugura il dibattito sul ruolo della donna nel teatro e nella società, coinvolgendo il gruppo femminista giapponese Seitō, e le sue interpretazioni prenderanno parte al più vasto progetto di riforma del teatro giapponese. Molto chiacchierata all'epoca per la sua relazione con il maestro e regista Shimamura Hōgetsu e ricordata ancora oggi per il successo di "La canzone di Katiuscia", quella che viene considerata la prima canzone popolare giapponese, Matsui Sumako, con le debite luci e ombre, è stata una figura coraggiosa e rivoluzionaria che a più livelli ha lasciato il segno nella storia sociale e culturale del Giappone moderno.
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Micheli, Carlotta. "La casa dello spettacolo di San Felice sul Panaro: nuovi spazi teatrali dopo il terremoto". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6791/.

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La tesi prevede l'integrazione del teatro esistente di San Felice sul Panaro attraverso la progettazione di un nuovo sistema che studia la riconfigurazione degli spazi urbani annessi alla monumentale presenza storica mediante un nuovo complesso denominato "casa dello spettacolo", che ospiterà rappresentazioni all'aperto di tipo più contemporaneo, a supporto del teatro storico comunale.
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Cerioli, Lucilla <1987&gt. "La cultura possibile: nuove ipotesi di gestione economica e trasmissione di saperi. Il caso del teatro Valle di Roma". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1985.

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L'oggetto del lavoro di tesi che intendo analizzare ed approfondire ruota intorno all'esperienza di un nuovo tipo di gestione economica di un teatro storico, il più antico di Roma: il Teatro Valle. Questo processo, iniziato con l'occupazione del teatro stesso nel giugno scorso in seguito alla riduzione del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) e allo scioglimento dell'Ente Teatrale Italiano (ETI), ha portato e sta portando ad una modalità di autogestione e organizzazione che coinvolge attivamente la collettività e numerosi lavoratori del mondo teatrale e artistico, uniti nell'intento di dare vita ad uno spazio pubblico, aperto, dove la cultura, possa costituire un elemento unificante, democratico e accessibile per tutti. In particolar modo sarei interessata ad analizzare questa esperienza dal punto di vista economico-giuridico, come modello che, nel caso riuscisse a realizzarsi, costituirebbe un'iniziativa importante di azionariato collettivo e popolare che mira a dare una nuova vita e una nuova forma ad una realtà, quella teatrale, dello spettacolo e della cultura in generale, troppo spesso posta in secondo piano. La volontà del comitato del teatro di costituire una fondazione (Fondazione Teatro Valle Bene Comune per le Drammaturgie Italiane e Contemporanee) con uno statuto partecipativo che si propone come frutto di una reale collaborazione di tutti i cittadini, costituirebbe, nell'intento degli organizzatori, un segno importante, un tentativo di democratizzazione e di avvicinamento degli individui a un bene comune, il teatro stesso, così come al diritto alla formazione e alla conoscenza, spesso non sempre alla portata di tutti. Sotto un profilo organizzativo mi piacerebbe analizzare l'esperienza del teatro Valle come nascita di un nuovo tipo di assetto sociale, che si dichiara lontano dalle logiche privatistiche e dalle leggi del mercato, ma che allo stesso tempo necessita di inserirsi all'interno del tessuto urbano della città, con cui deve essere in grado di instaurare un dialogo proficuo nel lungo periodo. É proprio l'aspetto culturale e di offerta formativa che questa esperienza sta portando alla luce che ritengo interessante studiare: per analizzare la pluralità dei settori culturali coinvolti, il dialogo che una vicenda forte come questa e sicuramente “estrema” sotto molti punti di vista è riuscita a costruire con la collettività e se e in che modo si sta pensando di portarlo avanti in maniera proficua. Nondimeno risulta particolarmente interessante osservare le dinamiche e gli sviluppi che si sono necessariamente creati all'interno del gruppo in un'ottica di lungo periodo. I diversi punti di vista, le riflessioni e i dibattiti costituiscono uno spunto interessante per analizzare come i propositi e le motivazioni iniziali incontrino possibili naturali cambiamenti e di quanto la nuova “piccola” realtà costruita all'interno del teatro si discosti da una realtà più “istituzionale”. Trovo particolarmente stimolante occuparmi di questa esperienza e delle ragioni che ne stanno alla base perché rappresenta l'ultima di una lunga serie di forme di autogestione e coesione sociale che si stanno verificando in questi anni nel nostro Paese. Il Teatro Valle si caratterizza come punto di partenza cui sono seguite nuove forme di riappropriazioni di spazi pubblici come il Teatro Marinoni di Venezia, il Teatro Coppola di Catania e la tre giorni di dibattiti ai Cantieri Culturali della Zisa di Palermo.
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Della, Chiara Giacomo. "Un luogo per la cultura e lo spettacolo Nuove funzioni per l'area del Bastione dei Cappuccini a Pesaro". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3069/.

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Questo lavoro mi ha dato la possibilità di unire tre grandi passioni: l’architettura, la storia e il teatro. Tali elementi hanno caratterizzato nel passato, come nel presente, vicissitudini e cambiamenti della città di Pesaro, scenario nel quale si alternano l’architettura a carattere nazionale e quella locale, la storia d’Italia e quella della comunità cittadina, gli spettacoli teatrali di richiamo internazionale a quelli di filodrammatica e dialettali. Con le dovute eccezioni, i cittadini pesaresi della mia generazione poco o nulla sanno della storia della città e della sua evoluzione, perché sono nati e cresciuti in anni in cui questa è rimasta pressoché invariata nella sua struttura urbana e nelle caratteristiche morfologiche; unico elemento visibile del continuo evolversi della città è l’espansione dell’area abitata verso la periferia, la progressiva saturazione dello spazio tra l’espansione urbana del dopoguerra e le zone periferiche. La memoria storica riguardante modifiche importanti che la città ha subìto è, come spesso accade, riposta in chi ha vissuto quei cambiamenti, nonché in qualche giornalista o studioso locale che per lavoro o passione indaga quegli avvenimenti. Tralasciando le controversie meramente politiche, Pesaro ha vissuto in passato una stagione di forti dibattiti sulle vicende architettoniche ed urbanistiche della città, tale fu il coinvolgimento e a volte l’ostruzionismo dell’opinione pubblica a tali trasformazioni; basti citare le discussioni e i dubbi sollevati dal Piano Particolareggiato del Centro Storico nel 1974 elaborato dagli architetti dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia - Carlo Aymonino, Costantino Dardi, Gianni Fabbri, Raffaele Panella, Gianugo Polesello, Luciano Semerani e Mauro Lena - nonostante negli anni seguenti solo pochi elementi del Piano vennero attuati e neanche compiutamente. Di questi dibattiti, negli anni seguenti, ve ne saranno pochi e limitati alla sfera politica, con scarso interesse e coinvolgimento da parte dei cittadini. Contrariamente, nell’ultimo periodo, si assiste parallelamente a due condizioni: un rinnovato interesse da parte dei cittadini per la storia della città, promosso anche dal moltiplicarsi di eventi, mostre, conferenze, pubblicazioni sull’argomento, e un’attenzione nuova per quelli che sono i temi legati alla qualità degli interventi architettonici ed urbanistici, da parte dell’amministrazione comunale. Primaria importanza nella promozione di questo interesse riveste l’Istituto di Storia Contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino e la Biblioteca–Archivio “Vittorio Bobbato”, i quali congiuntamente a diversi autori hanno realizzato vari studi e pubblicazioni su tali argomenti. Il Comune si è fatto promotore di diversi interventi, in attuazione di un Piano Regolatore Generale che, nelle intenzioni, mette al centro la qualità architettonica ed urbana degli interventi, puntando su nuove opere e, per quanto riguarda principalmente il Centro Storico, anche sul recupero dell’esistente. I presupposti dell’intervento progettuale si inseriscono in questo dibattito basandosi sull’idea, attualmente in discussione presso i diversi livelli istituzionali coinvolti, della realizzazione di un nuovo polo ospedaliero congiunto con la città di Fano; quando ciò si realizzerà, l’area ora occupata dall’ospedale pesarese verrà progressivamente liberata, interamente o in parte, determinando un grande vuoto urbano proprio alle porte del centro storico. Questo sito, di notevole privilegio sotto il profilo morfologico e posizionale rispetto alle infrastrutture, è assolutamente appropriato per insediarvi un polo culturale legato al teatro, essendo l’area confinante con quella sulla quale sorge il principale teatro cittadino, il Teatro Rossini. L’area di progetto è una testimonianza della storia urbana della città: presenta uno dei due esempi superstiti di quelli che furono i bastioni della cinta muraria cittadina, nella sua massima espansione, sotto il dominio dei Della Rovere ed il fatto che tale opera sia in parte arrivata ai giorni nostri, più che della scelta degli amministratori locali passati, fu il risultato di vicissitudini politiche, del caso e della centenaria presenza dell’ospedale che di fatto ha vincolato l’area preservandola da trasformazioni non idonee come accaduto per altre parti del centro storico. Se la storia urbana di Pesaro è la base per poter pensare il suo futuro, non meno importanza ricoprono le manifestazioni e le istituzioni che hanno fatto di Pesaro un punto d’incontro culturale a carattere internazionale, elementi anch’essi che testimoniano la qualità della città. La città ospita principalmente due eventi internazionali: la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema e il Rossini Opera Festival, ai quali si legano altre importanti manifestazioni e istituzioni culturali. Strutturalmente indipendente, ma legato indissolubilmente alla figura del grande compositore pesarese a cui è dedicato il festival, vi è il Conservatorio Statale di Musica “Gioachino Rossini”, anch’esso un punto di riferimento nel panorama culturale e musicale internazionale. Uno degli elementi caratterizzanti del festival rossiniano è quello di essere un evento che letteralmente coinvolge l’intera città, poiché le varie rappresentazioni sceniche, i concerti, gli eventi collaterali, trovano spazio in diversi luoghi del centro storico e non solo, arrivando ad utilizzare anche l’Adriatic Arena (palazzo dello sport), ubicato in periferia. L’allestimento di una struttura sportiva al fine di potervi svolgere spettacoli teatrali è un onere ulteriore per l’organizzazione dell’evento che viene ripagato solo dalla grande affluenza di pubblico che è capace di garantire tale struttura, allontanandosi però dall’intuizione iniziale dell’evento che voleva nel centro cittadino il fulcro stesso della manifestazione. Sviluppare un progetto per un centro culturale legato al teatro e alla musica, oltre ad essere un argomento di elevato interesse personale, è un tema ricorrente da oltre un decennio nei dibattiti cittadini, che però non ha trovato fino ad ora la possibilità di essere realizzato. Le motivazioni possono essere molteplici, dalla mancanza di una struttura univoca con cui la pubblica amministrazione possa confrontarsi, alla cronica mancanza di fondi pubblici che la obbligherebbero a ricercare figure private in grado di co-finanziare l’intervento e, non meno importante, la mancanza, fino ad ora, di un’area idonea. Al di là dell’utilizzo a cui sarà destinata l’area di progetto, è di primaria importanza per l’amministrazione comunale aprire un tavolo di confronto con la proprietà dell’area ospedaliera, in modo da non lasciare nulla al caso nelle scelte che condizioneranno la trasformazione. Questa tesi è un’opportunità di confronto personale con la città di oggi, le trasformazioni passate e quelle future; l’architettura, la storia della città ed il teatro possono essere tre elementi cardine per una crescita ed una consapevolezza nuova delle potenzialità di Pesaro nel panorama culturale. La progettazione di un luogo per la cultura e lo spettacolo si fonda su tutte queste premesse, sulla necessità per la città di dotarsi di luoghi idonei che possano finalmente accogliere al meglio tutte le manifestazioni legate al teatro e alla musica e che possa inserirsi quale ulteriore spunto di dibattito nella preparazione del dossier che punta a far riconoscere Pesaro quale “Città della Musica”, inserita nella rete delle città creative dell’UNESCO.
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Lauzière, Carole. "El monólogo en el teatro español desde los años setenta : un estudio sobre las funciones del lenguaje en un "nuevo" género dramático". Thesis, McGill University, 1996. http://digitool.Library.McGill.CA:80/R/?func=dbin-jump-full&object_id=40379.

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The object of this thesis is to study the monologue, a dramatic genre that re-emerged on the Spanish literary scene in the 1970s. Despite the fact that a number of well-known Iberian playwrights have cultivated this genre assiduously over the past three decades, their work has received relatively little critical attention from either academic or theatre circles. What is sought here, therefore, is the means to demonstrate the importance and richness of the monologue as an autonomous dramatic creation. To do this it was necessary to establish a sufficiently large corpus--some eighty long and short monologues--and identify those particular conventions and the structural diversity that would make possible the formulation of a theory of connected language functions in the monologue by adapting existing theoretical principles to the study of this singular genre. The application of this theoretical construct enabled me to determine the nature of the functions of expression, communication and persuasion present in the discourse of a single speaker.
Specifically, in considering the function of expression I reflect both upon the coherent discourse that derives from the (exterior) verbalization of (interior) thought and emotion, and upon the objectives and consequences of such expressions of the mental and emotional states of the individual. Secondly, I focus attention on the same verbal discourse inasmuch as it reflects the complex function of communication manifested in both an immanent and in a transcendental form. Such complexity derives from the fact that, if verbal discourse here is enunciated either in isolation or before an interiorized addressee (a fictional being), it is always emitted in the "presence" of an external addressee (the theatre audience/or reader). Finally, my study of the function of persuasion underscores the idea of empowerment: the authority of the word that is wielded by the monologist upon his/her addressee(s), a verbal manipulation that takes place both within the fictional world and beyond.
In short, this thesis seeks to show how the monologue as a fictional dramatic genre questions the viability of interpersonal relationships.
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Lorenzo-Zamorano, Susana. "Teatro Espanol de autoria femenina en el umbral del nuevo milenio : identidad individual, generica y colectiva en la dramaturgia de Yolanda Pallin". Thesis, Manchester Metropolitan University, 2001. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.391413.

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Having identified an area traditionally neglected by critical literature i. e. women playwrights, this thesis concentrates on the body of work that started to be produced in the nineties in Spain, when a new `generation' of dramatists emerged. Specifically, the core of this work provides an analysis of Yolanda Pallin's plays, and thus, focuses on the Madrid scene. Having adopted a fundamentally semiotic approach, this study is divided into four main sections. After a general introduction that relates the defining characteristics of such `generation' and their chronological framework, chapter 2 is dedicated to the analysis of meaning, concentrating on what has been identified as the `identity crisis', and examining the influence that it has on Pallin's characters. The approach taken is interdisciplinary and therefore draws on the combined theories of postmodernism, feminist and psychoanalytic criticism, anthropology and queer studies. Chapter 3 concentrates on the deep structure, thus providing an analysis of the construction of the dramatic text according to the action structure. Propp's notion of function and Ubersfeld's actancial model are taken as the basis from which to place the divisions into sequences or areas of action and, then, to identify the dramatis personae with a particular function(s) (subject/object; sender/receiver; helper/opponent). In chapter 4 both the production and reception contexts are dealt with in order to analyse the performance and reception of Pallin's plays. Direct and recorded viewing in conjunction with methods of journal survey and personal interviews form the basis for the empirical analysis carried out at this stage. Finally, some conclusions are reached regarding Pallin's aesthetics in connection with her contemporary female colleagues. All in all, her work is proved to be ambiguous, highly metadramatic, eclectic, occasionally built on feminist premises and always critical, thus becoming particularly characteristic of the Spanish theatre of the nineties.
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Campese, Ilaria <1990&gt. "Strategie produttive e azioni artistiche dell'azienda teatrale. Il caso dello Stabile del Veneto, Teatro Nazionale, alla luce della nuova legge sullo spettacolo". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/7154.

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La tesi presenta un’analisi delle strategie produttive e delle azioni artistiche del teatro nella sua accezione di azienda. Il teatro è un’organizzazione di natura privata o pubblica che si occupa della produzione e della distribuzione di beni e servizi di carattere artistico e culturale. Per far fronte a questo impiego esso adotta delle strategie che andranno a costituire il prodotto teatrale: lo spettacolo. Dopo un excursus teorico sulla storia del teatro di produzione e sulle fasi del processo di produzione culturale quali: l’ideazione, l’attivazione, la pianificazione, l’attuazione, il completamento e la valutazione, viene analizzato nello specifico il Teatro Stabile del Veneto, da gennaio Teatro Nazionale, e la sua produzione I Rusteghi, con la regia di Giuseppe Emiliani. Il tutto alla luce della nuova legge sullo spettacolo «Nuovi criteri per l’erogazione e modalità per la liquidazione e l’anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163» approvata 1 luglio 2014 ed entrata in vigore nel 2015.
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Rojas, Böttner Pablo. "El juego de los opuestos. Factoría Curicó. Vinculaciones entre lo nuevo y lo existente. Sutura del club de la Unión y el teatro Victoria". Tesis, Universidad de Chile, 2014. http://repositorio.uchile.cl/handle/2250/130095.

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Testi, Cesare. "Lo stato dell’arte della sicurezza antincendio in italia: il passaggio dall'approccio di tipo prescrittivo a quello di tipo prestazionale e le nuove prospettive per la tutela dagli incendi negli edifici di interesse storico-artistico. Un caso di studio: l'incendio del Teatro La Fenice di venezia". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/12226/.

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L'elaborato ha l'obiettivo di illustrare lo stato dell'arte della sicurezza antincendio in Italia e descrivere al contempo il cambiamento che, negli ultimi anni, sta interessando la materia in ordine alle modalità di approccio progettuale, ovvero della repentina traslazione da un quadro normativo di tipo "prescrittivo" a quello di tipo "prestazionale". Verranno illustrate le principali disposizioni europee che hanno dato avvio a questo nuovo modo di intendere la sicurezza contro il rischio di incendio, nonchè come l'Italia abbia recepito tali nuovi concetti e strumenti non solo nei settori della normazione e della certificazione, ma anche in quello della ricerca su prodotti ed opere di costruzione. Verranno illustrati in modo particolare il DM 9/5/2007, con il quale vengono fornite le prime direttive per l’attuazione dell’approccio prestazionale ed il recente DM 3/8/2015, cosiddetto Codice di Prevenzione Incendi, con il quale il Dipartimento VV.F. ha di fatto ufficializzato la necessità di ricorrere ai principi della Fire Safety Engineering. Alla luce poi delle difficoltà inerenti l'applicazione di misure prescrittive negli edifici tutelati ai sensi del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, l'elaborato illustrerà come il metodo prestazionale, pur sempre nel rispetto della sicurezza di persone e beni, risulti più flessibile verso determinate esigenze. Verrà illustrato come i mezzi e le tecnologie oggi disponibili consentano un approccio alla materia sicuramente più mirato, oltre che per l'ovvia necessità di limitare gli oneri inutili. L'elaborato si conclude con un caso di studio relativo all'evento che nel 1996 ha coinvolto, e quasi del tutto distrutto, il Teatro La Fenice di Venezia: verranno illustrate le varie fasi dell'evento, a partire dall'accertamento delle cause da parte della Procura fino alle attuali misure di protezione dagli incendi adottate nel nuovo Teatro ricostruito su progetto di Aldo Rossi.
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ATIE, SARAH LAURA. "PER UN'ESTETICA DELLA PERFORMANCE TEATRALE POSTDRAMMATICA: LINEE TEORICHE E ANALISI DI TRE RE-ENACTEMENTS, DI JAN FABRE E ROBERT LEPAGE". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6178.

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Il presente lavoro cerca di avvicinarsi alla complessità dell'attuale status quaestionis della performance teatrale, con uno sguardo e una prospettiva estetica, rivolto in particolare alla drammaturgia postdrammatica degli ultimi trent'anni; uno sguardo che trova nello studio analitico di tre re-enactements – This is theatre like it was to be expected and foreseen (1982; 2012) e The Power of Theatrical Madness (1984; 2012) di Jan Fabre, seguiti da Les Aiguilles et l'Opium (1991; 2013) di Robert Lepage – un luogo privilegiato di osservazione.
This research tries to approach the complexity of the current status quaestionis of theatrical performance, with an aesthetic perspective focused on the postdramatic theatre of the last thirty years; a look that finds in the analysis of three re-enactements - This is theater like it was to be expected and Foreseen (1982; 2012) and The Power of Theatrical Madness (1984; 2012) by Jan Fabre, followed by Needles and Opium (1991; 2013) by Robert Lepage - a privileged place of observation.
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ATIE, SARAH LAURA. "PER UN'ESTETICA DELLA PERFORMANCE TEATRALE POSTDRAMMATICA: LINEE TEORICHE E ANALISI DI TRE RE-ENACTEMENTS, DI JAN FABRE E ROBERT LEPAGE". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6178.

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Il presente lavoro cerca di avvicinarsi alla complessità dell'attuale status quaestionis della performance teatrale, con uno sguardo e una prospettiva estetica, rivolto in particolare alla drammaturgia postdrammatica degli ultimi trent'anni; uno sguardo che trova nello studio analitico di tre re-enactements – This is theatre like it was to be expected and foreseen (1982; 2012) e The Power of Theatrical Madness (1984; 2012) di Jan Fabre, seguiti da Les Aiguilles et l'Opium (1991; 2013) di Robert Lepage – un luogo privilegiato di osservazione.
This research tries to approach the complexity of the current status quaestionis of theatrical performance, with an aesthetic perspective focused on the postdramatic theatre of the last thirty years; a look that finds in the analysis of three re-enactements - This is theater like it was to be expected and Foreseen (1982; 2012) and The Power of Theatrical Madness (1984; 2012) by Jan Fabre, followed by Needles and Opium (1991; 2013) by Robert Lepage - a privileged place of observation.
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FEDERICO, LUCA. "L'apprendistato letterario di Raffaele La Capria". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1005664.

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Superati «novant’anni d’impazienza» e dopo un lungo periodo votato all’autocommento e all’esplorazione delle proprie intenzioni, Raffaele La Capria ha raccolto le sue opere in due Meridiani curati da Silvio Perrella. La Capria ne ha celebrato l’uscita nella prolusione inaugurale di Salerno Letteratura, poi confluita nel breve autoritratto narrativo "Introduzione a me stesso" (2014). In questa sede, l’autore è tornato su alcuni punti essenziali della sua riflessione sulla scrittura, come la relazione, reciproca e ineludibile, fra tradizione e contemporaneità. All’epilogo del «romanzo involontario» di una vita, La Capria guarda retrospettivamente alla propria esperienza come ad un’autentica educazione intellettuale. Perciò, muovendo da un’intervista inedita del 2015, riportata integralmente in appendice, la tesi ha l’obiettivo di ricostruire l’apprendistato letterario di La Capria dai primi anni Trenta, quando l’autore ancora frequentava il ginnasio, fino all’inizio dei Sessanta, quando ottenne il premio che ne avrebbe assicurato il successo. Il percorso, che riesamina l’intera bibliografia lacapriana nella sua varietà e nella sua stratificazione, si articola in una serie di fasi interdipendenti: la partecipazione indiretta alle iniziative dei GUF (intorno alle riviste «IX maggio» e «Pattuglia»); l’incursione nel giornalismo e l’impegno culturale nell’immediato dopoguerra (sulle pagine di «Latitudine» e di «SUD»); l’attività di traduttore dal francese e dall’inglese (da André Gide a T.S. Eliot); l’impiego alla RAI come autore e conduttore radiofonico (con trasmissioni dedicate a Orwell, Stevenson, Saroyan e Faulkner); la collaborazione con «Il Gatto Selvatico», la rivista dell’ENI voluta da Enrico Mattei e diretta da Attilio Bertolucci; e le vicende editoriali dei suoi primi due romanzi, “Un giorno d’impazienza” (1952) e “Ferito a morte” (1961), fino alla conquista dello Strega. La rilettura dell’opera di uno scrittore semi-autobiografico come La Capria, attraverso il costante riscontro di fonti giornalistiche, testimonianze epistolari e documenti d’archivio che avvalorano e occasionalmente smentiscono la sua versione dei fatti, diventa allora un’occasione per immergersi nella sua mitografia personale e avventurarsi in territori finora poco esplorati: come la ricostruzione del suo profilo culturale, a partire dal milieu in cui La Capria vive e opera, o l’incidenza delle letture e delle esperienze giovanili sulla sua prassi letteraria.
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MILONE, MARIANGELA. "Sandro Lombardi e Federico Tiezzi: dal Carrozzone ai Magazzini. Immagini del Nuovo Teatro in Toscana (1972-1988)". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1088721.

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La tesi propone un’indagine dei metodi compositivi alla base delle rappresentazioni teatrali prodotte dalla compagnia nel primo ventennio di attività, effettuata a partire dai materiali messi a disposizione della ricerca da parte della compagnia e in particolare dell’attore Sandro Lombardi che ha permesso la consultazione del suo archivio privato. L’opportunità di accedere al corpus della documentazione prodotta intorno agli spettacoli ha messo in evidenza la necessità di organizzare il lavoro in base a due coordinate fondamentali: quella temporale, entro cui viene seguita la scansione degli avvenimenti che hanno interessato la vita artistica della compagnia, e quella relativa all’evoluzione del pensiero creativo di volta in volta messo in atto che è, di necessità, strettamente legato nel suo formarsi all’avvicendarsi degli eventi. La struttura della tesi, volendo rispecchiare questa suddivisione che intende seguire in parallelo la linea artistica e la linea più strettamente biografica legata alle produzioni della compagnia, è organizzata in due parti alle quali si aggiunge una terza parte di apparati e conversazioni con i protagonisti. Nella prima parte della tesi, dedicata a una ricognizione storico critica della formazione e dell’evoluzione del gruppo volta ad esaminare gli spettacoli alla luce degli interessi culturali messi in campo dai singoli componenti, si approfondiscono in particolar modo le riflessioni teoriche degli attori sul loro operare artistico e il confronto di queste riflessioni con il punto di vista espresso dalla critica teatrale. In questa prima parte l’analisi è scandita in base a una suddivisione che pone un’ideale spartiacque tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, quando, appena rimodellata la propria immagine e scelto di abbandonare il primo nome del gruppo in favore di una nuova sigla di produzione, la compagnia trova una sede fissa in cui lavorare e avvia un progetto culturale di ampie vedute. La seconda parte della tesi è invece volta ad analizzare più da vicino gli spettacoli realizzati in questo periodo di riferimento, partendo dal confronto tra le testimonianze sulle opere (recensioni, saggi, foto e video) e la documentazione sulle idee iniziali e i progetti che intorno a quelle opere erano state messe in campo durante il processo di elaborazione creativa. Questo tipo di indagine attinge quindi a materiali che fanno riferimento anche a episodi performativi tangenti alla produzione degli spettacoli, come le performance in occasione della presentazione di libri oppure le mostre organizzate dal gruppo sui materiali di scena, episodi sui quali sono stati conservati appunti, materiali e documenti che non erano stati finora presi particolarmente in considerazione e che permettono, oltre che di dare maggiormente risalto alle motivazioni culturali sottese alle scelte artistiche operate negli anni sulla base di un gusto e di uno stile oggi ben consolidato, anche di gettare le basi per una ricostruzione dell’ambiente culturale che la compagnia ha contribuito a configurare nel territorio toscano. La tesi si apre con una cronologia delle produzioni della compagnia Lombardi-Tiezzi dal momento della sua fondazione ad oggi, scandita in rapporto alle frequenti variazioni di denominazione della compagnia occorse negli anni, con le quali si vuole distinguere i diversi passaggi dell’evoluzione artistica dall’originario gruppo Il Carrozzone, attivo per tutti gli anni Settanta, alla compagnia Magazzini Criminali Productions che nel 1985 snellisce la sigla, scelta per evidenziare una parallela attività di produzione nel campo della discografia e dell’editoria, in compagnia Magazzini Produzioni. La nuova variazione ci sarà nel 2001 quando il nucleo della compagnia si stabilizza nel duo formato da Sandro Lombardi e Federico Tiezzi rimasto fino ad oggi invariato, fatto salvo il periodo in cui, dal 2008 al 2012, la Compagnia Lombardi Tiezzi diventa Compagnia Sandro Lombardi. La strutturazione di una cronologia completa che, prendendo le mosse da un focus sui primi due decenni di lavoro, arrivasse ad illustrare senza pretese di esaustività le scelte di repertorio della compagnia dagli anni della formazione ad oggi e contemplasse oltre alle informazioni sulle attività svolte nel periodo strettamente preso in considerazione anche indicazioni sull’evolversi degli interessi culturali della compagnia, si è resa indispensabile da un punto di vista pratico per favorire un migliore orientamento e un principio di organizzazione della mole di materiali presenti nei due archivi. Dal punto di vista storico, più direttamente connesso alla ricerca, l’elaborazione della cronologia ha permesso di inquadrare gli anni di formazione in un più ampio e complesso disegno, che si è rivelato fondamentale tenere costantemente presente nel corso degli studi. Gran parte dei materiali relativi alla documentazione delle attività svolte fino ad oggi dalla compagnia (ci riferiamo qui ai materiali promozionali come pieghevoli e locandine oltre che a fogli e libretti di sala, particolarmente utili soprattutto per ricostruire lo storico delle rappresentazioni), recuperati e riprodotti in un primo momento come strumenti di lavoro da utilizzare per facilitare l’organizzazione e la stesura della cronologia generale, erano stati inizialmente presentati nella sezione della tesi dedicata agli apparati, sezione che attualmente comprende le trascrizioni dei documenti relativi agli spettacoli messi in scena nel periodo preso in esame oltre a degli estratti dagli scritti critici prodotti sugli spettacoli e a un apparato di immagini. La quasi totalità dei documenti presentati proviene dall’archivio privato dell’attore Sandro Lombardi e i rari casi in cui i materiali siano stati reperiti in sedi diverse vengono di volta in volta segnalati e specificati. La documentazione fornita negli apparati e le informazioni reperibili nella teatrografia sono organizzate secondo criteri temporali utili ad un’agile verifica dei dati forniti nella cronologia dove si è scelto di inserire le informazioni nel contesto di una suddivisione per stagioni teatrali che possa mettere in evidenza gli spettacoli di volta in volta prodotti. L’ultima sezione della tesi è dedicata alle conversazioni avute con Federico Tiezzi e con alcuni rappresentanti del gruppo delle origini come Pier Luigi Tazzi e Teresa Saviori; con attori che pur provenendo da contesti teatrali differenti hanno avuto modo di collaborare con i Magazzini, come l’attrice Teresa Telara, e con artisti che si sono rivelati nel tempo collaboratori assidui come Francesca Della Monica e Giancarlo Cardini.
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SCHEPIS, CHIARA. "Carlo Cecchi, funambolo della scena italiana. L'apprendistato e il magistero". Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1028015.

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"Carlo Cecchi: funambolo della scena italiana. L'apprendistato e il magistero" con sguardo storico-biografico e strumenti critico-analitici ricostruisce la vicenda artistica dell’attore-regista e maestro d'attori Carlo Cecchi al fine di ritagliare, da un fenomeno tanto complesso e articolato, due atteggiamenti caratterizzanti la sua relazione con la scena: il personale percorso di formazione e, specularmente, le modalità del lavoro di formatore; da qui il sottotitolo: L’apprendistato e il magistero. L’obiettivo prefissato comporta la necessità di spaziare per tutta la lunga carriera dell’artista, non prescindendo da uno sguardo il più possibile allargato sul contemporaneo. D'altronde, si è creduto di potere concentrare l’attenzione su due periodi, a loro modo emblematici, uno della formazione latu sensu (che si spinge fino al lavoro con il gruppo, il Granteatro, di cui diviene presto guida) e l’altro del magistero. Nel primo caso si assolve il compito di indagare il primissimo percorso formativo, quasi totalmente sconosciuto, di Carlo Cecchi e successivamente la sua lunga formazione da capocomico; nel secondo, si denuncia il valore del magistero del nostro attore in rapporto agli allievi, protagonisti delle scene di oggi.
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ALLIA, VALENTINA. "Sulla lingua delle tragedie in prosa di Gabriele D'Annunzio". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3105436.

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Il lavoro prende le mosse da una ricognizione degli studi che compongono la sterminata bibliografia su Gabriele D’Annunzio, dalla quale è emerso che, dal punto di vista linguistico, il teatro dannunziano in prosa è ancora terreno inesplorato. All’interno della vasta mole critica intorno al D’Annunzio, infatti, i contributi relativi alla lingua teatrale si configurano perlopiù quali proposte di riflessione su singole tragedie e su tratti stilistici isolati, come, ad esempio, l’uso del dialetto abruzzese nei drammi in poesia La figlia di Iorio, La fiaccola sotto il moggio e La nave, a cui si aggiungono, tangenzialmente, le ricerche di Pietro Gibellini, in Logos e mythos, volte a ricostruire i testi dialettali presenti nella biblioteca di Gabriele D’Annunzio. Anche gli studi di Antonio Sorella sulla lingua della tragedia, in cui è riservato spazio alla drammaturgia dannunziana, vanno nella direzione di un excursus lungo la storia linguistica del genere tragico. L’analisi è stata condotta partendo dallo spoglio e dalla schedatura dei testi delle tragedie dannunziane in prosa sulla base dell’edizione di riferimento più recente, che è quella del 2013 a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti per Mondadori - I Meridiani: Sogno d’un mattino di primavera (1897), Sogno d’un tramonto d’autunno (1899), La Città morta (1898), La Gioconda (1899), La Gloria (1899), Più che l’amore (1906). Nel primo capitolo della tesi si procede ad uno studio della tipologia delle didascalie dannunziane e dei principali tratti linguistici, dal quale emerge la magniloquenza e l’alto grado di letterarietà della lingua dannunziana anche nei testi secondari, depositari di commenti e interpretazioni proprie dell’autore, espresse parallelamente all’azione scenica. Il secondo capitolo passa in rassegna fenomeni grafico-fonetici e morfologici, focalizzando l’attenzione sugli aspetti conservativi ed etimologici privilegiati dall’autore che hanno condotto alla scelta di forme culte e meno diffuse già all’epoca della composizione delle tragedie. Il terzo capitolo è dedicato ai fenomeni di testualità e retorica, con particolare riferimento alle figure di pensiero e di parola che costituiscono il bagaglio retorico a cui D’Annunzio attinge a piene mani per la resa della tensione dei personaggi nella scrittura tragica. Ampio spazio è dato anche al fenomeno delle ripetizioni, tratto caratteristico della prosa tragica dannunziana. Nel quarto capitolo viene svolto uno studio della sintassi, che si snoda su sei poli d’attenzione: l’uso degli articoli, la sintassi del periodo, gli usi verbali, lo stile nominale, gli usi avverbiali e l’ordine delle parole. Il quinto capitolo è incentrato sul lessico: si analizza la componente lessicale sulla base del rapporto dell’autore con i dizionari storici (la Crusca e il Tommaseo-Bellini, ad esempio) e con i vocabolari specialistici: l’impasto lessicale della prosa tragica, seppur orientato principalmente verso il polo della letterarietà e della preziosità, contiene voci afferenti a diversi settori specialistici. Il testo teatrale dannunziano, pur ben piantato nel solco della tradizione di genere, non è immune da spie lessicali di dichiarata modernità: tecnicismi, esotismi, regionalismi, dialettalismi, specialmente in Più che l’amore, l’ultima tragedia – la più moderna – presa in considerazione. Ultimo tassello del lavoro è il sesto capitolo, dedicato alla formazione delle parole, settore in cui D’Annunzio dà libero sfogo alla sua vena inventiva, pur non allontanandosi troppo dalle consuetudini linguistiche nella composizione delle parole sperimentate nella prosa dei suoi romanzi: l’analisi, infatti, vira verso una contestualizzazione delle scelte linguistiche alla luce della coeva produzione narrativa e poetica dell’autore.
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CINGOLANI, Sofia. "IL TEATRO ROMANO DI POLLENTIA-URBS SALVIA". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251615.

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Il presente lavoro nasce con l’obiettivo primario dello studio organico del teatro romano della città di Pollentia-Urbs Salvia. Sebbene infatti sulla città e sui suoi principali monumenti esista un’ampia letteratura e rilevanti contributi recenti, ancora sostanzialmente inedito sin dalle prime indagini scientifiche condottevi a partire dalla metà del secolo scorso, rimaneva proprio l’edificio teatrale. Questo, quale monumento chiave nell’ambito dell’urbanistica della città tardo-repubblicana e augustea ed è oggetto infatti, nel corso degli anni, di brevi cenni e di contributi parziali ma mai esclusivi. Un nuovo rilievo del monumento ha consentito di chiarirne la genesi e l’esistenza di diverse fasi architettoniche giungendo alla precisazione cronologica di quattro diverse fasi edilizie. Una prima fase relativa all’impianto dell’edificio originario inquadrabile tra la fine dell’età tardo-repubblicana, contestualmente alla fondazione della colonia e il 23 d.C., anno entro il quale, come documentata dall’epigrafe di C. Fufius Geminus, il primo teatro dovette essere completato. Una seconda fase inquadrabile orientativamente tra l’età tiberiana e l’età claudia che, in concomitanza con la costruzione dell’imponente complesso del tempio-criptoportico - conclusione monumentale della risistemazione urbanistica della città avviatasi in età augustea -, vede il massiccio intervento di ampliamento strutturale e planimetrico dell’edificio; una terza ed ultima fase in età domizianea che, come documentato anche dall’epigrafe di C. Salvius Liberalis e C. Salvius Vitellianus, è contrassegnata da una serie di interventi di ornamento e restauro e, soprattutto, dalla costruzione del piazzale porticato restrospiciente l’edificio stesso. Sulla base dell’inquadramento cronologico di una parte delle sculture provenienti dal teatro a tale fase pare verosimile ipotizzare sia seguita, in età adrianea-antonina, un’ulteriore fase forse dedita all’abbellimento della ornamentazione dell’edificio. Con l’obiettivo di una comprensione organica del monumento si è infine proceduto all’esame dei materiali architettonici, scultorei ed epigrafici da esso provenienti. Il lavoro di raccolta e censimento svolto sui materiali provenienti dai vecchi scavi effettuati ha messo in evidenza la dispersione, per alterne vicende, di gran parte del materiale e l’inevitabile decontestualizzazione del restante e reso necessaria un’analisi di tipo essenzialmente archivistico e bibliografico, focalizzata soprattutto sul consistente apparato scultoreo ritenuto appartenente all’edificio, finalizzata ad istituire nuovamente la connessione tra contesto di provenienza e documentazione d’archivio. Sebbene solo in casi isolati, ed esclusivamente per le sculture, sia stato possibile giungere ad ipotizzare la collocazione precisa di taluni elementi nell’ambito dell’edificio stesso, l’indagine effettuata sugli elementi ornamentali ed epigrafici è risultata di fondamentale importanza per meglio definire e sostanziare le diverse fasi edilizie e di ristrutturazione individuate ed all’interno delle quali gli stessi materiali sembrano trovare oggi una più adeguata collocazione cronologica e stilistica
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Calzolari, Alessia. "Teatro 2.0: nuovi media e reti sociali". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/10808/25563.

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Perea, María Cecilia. "Instalación y teatro. La búsqueda de un nuevo espacio". Bachelor's thesis, 2012. http://hdl.handle.net/11086/404.

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Se propone la utilización del espacio de la instalación como un ámbito teatral a partir de la creación de un montaje escénico específico denominado No se culpe a nadie, basado en diversos cuentos de Julio Cortázar. El punto de partida se fijó -a modo de hipótesis general- en la concepción del espacio de la instalación/ambientación como un espacio escénico que actualiza y concretiza el hecho teatral virtual, y en las problemáticas que abarca la misma, tales como: el desarrollo de un espacio continuo, la construcción de un texto dramático en un recorrido espacial y temporal constante, el montaje de la mirada del espectador en relación a la libertad de movimientos adjudicada, y el tema de la significación espacial antes, durante y después de los recorridos.
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Marin, Fwala-lo. "Concepciones de dirección en prácticas contemporáneas del teatro independiente de Córdoba". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11086/22247.

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Esta investigación se ocupa de las concepciones de dirección en prácticas contemporáneas del teatro independiente de Córdoba. Nuestro propósito es analizar ciertas prácticas teatrales a los fines de aportar conocimientos situados para hacedores e investigadores, por igual. El enfoque se centra en el rol de la dirección, entendiendo que ésta opera de manera influyente en las concepciones que se elaboran sobre las puestas en escena, los grupos, los espectadores y los procesos. Se trata entonces de comprender la especificidad de la dirección y, particularmente, entender el funcionamiento de un rol, que se diferencia del grupo, en el marco de una tradición de grupalidad y de creación colectiva, propia del teatro independiente de Córdoba. Para hacerlo, comenzamos examinando hitos en la historia del rol, como su surgimiento en el teatro europeo, los aspectos que recupera el teatro porteño de 1930 de la tradición europea y los modelos de dirección en teatro de la ciudad de Córdoba a lo largo de distintos periodos históricos. Dado que nuestro estudio incluye comprender de dónde provienen y a qué juego se incorporan las concepciones directoriales, describimos y analizamos los contextos de aprendizaje, las personas que se constituyen como “maestras”, la formación específica de la dirección y la territorialidad de las formaciones en torno a la diada centro-periferia. Abordamos igualmente las distinciones que se otorgan en el teatro de Córdoba y que benefician al teatro independiente, en tanto entendemos que los premios sirven como instancias de explicitación de criterios institucionales, además de ser un espacio en el que les hacedores incorporan los cánones de premiación. Un aspecto central de nuestra tesis, lo constituye el análisis de las concepciones teatrales referidas a la dirección en sí misma, a los grupos y sus conformaciones, a las metodologías de creación, a las puestas en escena y a les espectadores, según lo expresado por los y las entrevistadas, que se desarrolla a continuación. Por último, a partir del desarrollo anterior, consideramos las posibilidades de las prácticas del teatro independiente para contribuir a la deconstrucción del sentido común y a la crítica al pensamiento hegemónico.
Fil: Marin, Fwala-lo. Universidad Nacional de Córdoba. Facultad de Artes. Departamento Académico de Teatro; Argentina.
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PANSINI, ANTONELLA. "Dati per una nuova lettura dell'area dei Quattro Tempietti e della Domus di Apuleio nel loro rapporto con il teatro di Ostia antica". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1184384.

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Resumen
Il settore preso in esame si colloca nella Regio II di Ostia ed è delimitato a sud dal cd. Decumano Massimo, ad est dal Teatro e dal Piazzale delle Corporazioni, a nord da un’area non scavata di cui non è noto il potenziale archeologico e ad ovest dal complesso dei Grandi Horrea: il nucleo principale è costituito dai Quattro Tempietti Repubblicani e dal piazzale ad essi antistante, da un complesso di tabernae affacciate verso il Decumano, dalla Domus di Apuleio, ubicata nell’angolo Nord-Est, dal Mitreo delle Sette Sfere e da un presunto impianto industriale posto nel settore occidentale. Si tratta di una delle aree più antiche della colonia ostiense, ma anche una delle più complesse in quanto, in uno spazio ristretto e ben delimitato, si giustappongono una serie di edifici con pianta e funzioni differenti, i cui rapporti, sia in termini strutturali che cronologici, non risultano di facile lettura. Strutture di tecniche edilizie varie e con piani di spiccato posti a quote non omogenee, che testimoniano una frequentazione dell’area dall’età repubblicana a quella tardo antica, si mostrano infatti ora in una visione sincronica che non lascia presagire l’antico sviluppo planovolumetrico dei singoli monumenti. L’analisi autoptica dei resti, il rilevamento tramite le moderne tecnologie di fotogrammetria e 3d laser scanning survey, integrato, per le parti oggi interrate, con la documentazione redatta da Italo Gismondi agli inizi del ‘900, e l’interpretazione dei dati raccolti nei giornali di scavo hanno permesso di giungere ad un’analisi complessiva dell’area, nelle sue varie fasi edilizie, e di delineare l’impatto che il lavori di costruzione e di ristrutturazione del teatro ebbero, sia da un punto di vista urbanistico che architettonico, su questo settore della città.
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