Literatura académica sobre el tema "Nuove strategie terapeutiche"

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Artículos de revistas sobre el tema "Nuove strategie terapeutiche"

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Faggiano, Antongiulio, Roberta Modica, Francesca Rota, Fabio Lo Calzo, Agnese Barnabei, Genoveffa Pizza, Manila Rubino et al. "Nuove strategie terapeutiche per il trattamento dei NET". L'Endocrinologo 18, n.º 5 (29 de agosto de 2017): 208–13. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-017-0345-8.

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Testa, Sophie, Emilia Cancellieri y Oriana Paoletti. "Nuove strategie terapeutiche e ruolo del laboratorio: i farmaci anticoagulanti orali ad azione diretta". La Rivista Italiana della Medicina di Laboratorio - Italian Journal of Laboratory Medicine 9, n.º 2 (26 de junio de 2013): 105–9. http://dx.doi.org/10.1007/s13631-013-0013-3.

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Magistroni, Riccardo. "La ricerca oggi". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 3 (10 de julio de 2013): 282–87. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1056.

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Resumen
La ricerca di base ha identificato i due principali difetti legati alla patologia policistica: a) le cellule cistiche proliferano eccessivamente e b) queste cellule secernono del fluido che ingrossa le cisti. Le principali strategie in studio nell'ADPKD consistono nell'utilizzo di farmaci in grado di interferire con i meccanismi cellulari legati a questi difetti. Una delle strategie esplorate è stata l'inibizione del sistema mTOR. Purtroppo, due trial clinici hanno fallito nel mostrare un'attività protettiva di questa classe di farmaci. La somatostatina è un'altra molecola sotto intensa validazione clinica. Al momento, i dati suggeriscono una sua possibile azione di contrasto sulla malattia ADPKD, ma i dati sono ancora preliminari per conclusioni clinicamente significative. Il Tolvaptan è un antagonista recettoriale della vasopressina che è stato ampiamente studiato: un trial clinico di numerosità adeguata ha suggerito un possibile effetto positivo di questa molecola nella riduzione della crescita dei volumi renali e nel raggiungimento di target clinici significativi. Il prossimo futuro vede in campo nuovi trial clinici esplorativi di molecole già valutate nel recente passato e di nuove strategie terapeutiche. Per la numerosità dei pazienti arruolati attira l'attenzione della comunità scientifica lo studio HALT, che esplorerà il ruolo dei farmaci antagonisti del sistema renina-angiotensina nel rallentamento della progressione dell'ADPKD. Inf ne, una categoria di farmaci precedentemente inesplorati riguarda gli inibitori del recettore dell'Epidermal Growth Factor. La ricerca clinica nell'ADPKD è straordinariamente attiva in questo periodo e questa considerazione permette un cauto ottimismo sulle possibili prospettive terapeutiche in questa patologia rimasta a lungo orfana. Qualche ombra sulla prospettiva dei risultati futuri nella ricerca clinica in questo campo proviene dalla constatazione in un numero considerevole di trial di disegni metodologicamente non adeguati.
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Sparacia, G., R. Lagalla, M. De Maria y A. E. Cardinale. "La risonanza magnetica funzionale nello studio dell'ischemia cerebrale in fase iperacuta". Rivista di Neuroradiologia 9, n.º 5 (octubre de 1996): 529–40. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900504.

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Resumen
Nell'ambito delle potenzialità di studi funzionali con risonanza magnetica (fMRI), la tecnica «diffusion-weighted imaging» (DWI) – consentendo la misurazione «in vivo» delle alterazioni del coefficiente di diffusione apparente (ADC) delle molecole dell'acqua nel contesto del tessuto encefalico – riveste un ruolo di preminente importanza quale strumento di valutazione non invasivo del danno ischemico cerebrale in fase iperacuta. Nei pazienti affetti da ictus cerebrale il focolaio ischemico si dimostra, sin dai primi minuti dalla sua insorgenza, come area di iperintensità di segnale nelle immagini DWI in relazione alla riduzione del coefficiente di diffusione apparente che consegue al deficit energetico indotto dall'ipossia ischemica e all'associata insorgenza dell'edema citotossico. Attraverso la tecnica DWI è pertanto possibile identificare il focolaio ischemico con netto anticipo rispetto alla comparsa di anomalie di segnale nelle immagini RM convenzionali T2 ponderate. In questo articolo vengono discussi i principi fisici e i preliminari riferimenti metodologici di questa tecnica funzionale, nonché le potenzialità diagnostiche nella valutazione dell'ischemia cerebrale. In particolare, l'utilizzo di sequenze Eco-Planari (EPI) «diffusion-weighted» consente di ipotizzare larghe prospettive di impiego della tecnica DWI nel monitoraggio dell'evoluzione dell'ischemia cerebrale, con riferimento anche all'avvento di nuove strategie terapeutiche che consentano di realizzare in ambito neurologico quanto, in ambito cardiologico, è già stato messo in atto per il trattamento precoce dell'ischemia miocardica.
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Messina, A., A. P. Casani, M. Manfrin y G. Guidetti. "Italian survey on benign paroxysmal positional vertigo". Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, n.º 4 (agosto de 2017): 328–35. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1121.

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Resumen
La vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) è il tipo più comune di vertigine periferica. Frequentemente dopo il primo episodio la VPPB presenta recidive, con un tasso di ricorrenza tra il 15% ed il 50%. Ad oggi non vi è chiarezza sui processi eziopatogenetici che portano al distacco degli otoconi né su quali siano i fattori che rendono la VPPB una patologia recidivante, ma recenti studi epidemiologici hanno evidenziato una possibile associazione con fattori di rischio cardiovascolari. Lo scopo del presente studio (Sesto Senso Survey) è stato quello di valutare nella popolazione italiana, attraverso un’indagine osservazionale, le principali caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti con VPPB (primo episodio o ricorrente), con particolare attenzione ai potenziali fattori di rischio cardiovascolare. L’indagine è stata condotta in 158 centri di Vestibologia in tutta Italia su 2.682 pazienti (età media 59,3 ± 15,0 anni; 39,1 maschi e 60,9% femmine) affetti da VPPB, da gennaio 2013 a dicembre 2014. I risultati hanno mostrato in questi pazienti l’alta prevalenza di fattori di rischio cardiovascolari come ipertensione arteriosa (55,8%), ipercolesterolemia (38,6%) e diabete (17,7%), oltre ad una elevata familiarità per malattie cardiovascolari (49,4%). In un’elevata percentuale di pazienti si è inoltre registrata la presenza di ipoacusia (42,9%), acufeni (41,2%) o entrambi (26,8%). Significativamente correlata agli episodi di recidiva di VPPB è risultata la presenza di ipertensione arteriosa, dislipidemia e comorbidità cardiovascolare accertata (range OR tra 1,84 e 2,31). Rilevanti anche le associazioni con diabete e patologie tiroidee e autoimmuni (range OR tra 1,73 e 1,89). I risultati dell’indagine confermano la significativa associazione tra comorbidità cardiovascolari e VPPB recidivanti e le identificano come importante potenziale fattore di rischio per le recidive di VPPB nella popolazione italiana, aprendo la strada alla valutazione di nuove strategie terapeutiche nel trattamento di questa patologia.
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Corsello, Antonella y Marinella Buttafarro. "Don Chisciotte e i mulini a vento: il bambino come risorsa nella terapia con la famiglia ricomposta". RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, n.º 33 (junio de 2011): 85–94. http://dx.doi.org/10.3280/pr2011-033006.

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Resumen
Nella societŕ italiana attuale, la famiglia ricomposta rappresenta una realtŕ sempre piů diffusa. Ciň spinge anche l'ambito della psicoterapia familiare a interrogarsi su cosa sia una famiglia ricomposta e quale sia la sua struttura. In questo articolo le autrici affrontano questo tema utilizzando la loro esperienza all'interno di un percorso di terapia familiare con una famiglia ricomposta. La ricerca di una nuova struttura sollecita il sistema terapeutico a confrontarsi con i propri vincoli e a trovare nuovi strumenti e strategie per trasformarli in risorse. Il bambino, attraverso i suoi sintomi, indica una direzione da percorrere, che impone a ciascuno una rinegoziazione delle regole e dei ruoli.
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Lombardi, Duccio. "Prospettive terapeutiche nella cura del morbo di Addison". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 1 (3 de julio de 2013): 2–5. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.993.

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Resumen
In questo editoriale sono valutate e analizzate alcune applicazioni terapeutiche innovative che potrebbero permettere un nuovo e differente approccio alla cura del morbo di Addison. Sebbene le conoscenze relative a questa malattia siano ancora limitate, soprattutto a causa della sua rarità, i principali meccanismi patogenetici del morbo sono qui valutati nell'ottica di capire quali potrebbero essere le future strategie terapeutiche per la cura di questa patologia. Attraverso l'analisi delle questioni di natura genetica e immunologica che caratterizzano l'Addison e cercando di comprendere quale potrebbe essere il ruolo delle cellule staminali adrenocorticali nella rigenerazione delle funzioni ghiandolari, sono, infine, riportati due studi clinici e alcune possibilità terapeutiche che potrebbero cambiare profondamente l'approccio a tale patologia.
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Casini, M. y M. L. Di Pietro. "Clonazione: il dibattito biogiuridico in Francia e il contesto internazionale". Medicina e Morale 52, n.º 4 (31 de agosto de 2003): 667–701. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.665.

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Resumen
Nel gennaio scorso il Senato francese – nell’ambito dell’intenso dibattito sulla revisione delle Lois Bioéthiques del 1994 – ha approvato un disegno di legge che vieta ogni forma di clonazione, vale a dire non solo la clonazione c.d. “riproduttiva”, ma anche la clonazione c.d. “terapeutica”. Si tratta di un risultato importante, ma non ancora definitivo perché su di esso pende la decisione dell’Assemblea Nazionale. Tuttavia merita di essere segnalato, perché controcorrente rispetto al generale atteggiamento favorevole alla “clonazione terapeutica” e contrario alla “clonazione riproduttiva” ed in linea, dunque, con le indicazioni del Parlamento Europeo secondo cui “una nuova strategia semantica cerca di indebolire il significato morale della clonazione umana” poiché “non vi è alcuna differenza tra clonazione a fini terapeutici e clonazione a fini di riproduzione”. Nell’articolo la decisione del Senato viene inserita in un duplice contesto: quello del dibattito biogiuridico in Francia e quello che, più o meno contemporaneamente, è andato e va svolgendosi nel panorama internazionale. I numerosi documenti passati in rassegna mettono in evidenza come, ancora una volta, l’embrione umano sia al centro della discussione: se l’embrione è un oggetto, può essere utilizzato per raggiungere gli obiettivi della medicina rigenerativa, ma se è un soggetto non può essere strumentalizzato per nessun fine. Il principio di relazionalità, il principio di uguaglianza, il principio di solidarietà, il principio cautelativo sono le indicazioni che la moderna concezione del diritto offre per dire che ogni soggetto umano è sempre un soggetto giuridico.
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Pessolano, Giuseppina, Vincenzo De Biase, Diana Zarantonello, Chiara Caletti, Paola Tomei, Antonio Lupo y Gianluigi Zaza. "Polmonite interstiziale secondaria a trattamento con everolimus in un paziente portatore di trapianto renale: un case report". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 1 (3 de noviembre de 2013): 32–36. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.999.

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Resumen
Gli inibitori di mTOR (mTORi, mammalian target of rapamycin; sirolimus ed everolimus) sono stati introdotti in clinica nel tentativo di migliorare le strategie terapeutiche in corso di trapianto d'organo, garantendo un adeguato potere immunosoppressivo ed evitando la nefrotossicità propria degli inibitori delle calcineurine. Inoltre, nel corso del tempo, è emerso dalla letteratura un buon potenziale antineoplastico e cardioprotettore di questa categoria farmacologica. Comunque, come altri immunosoppressori, tali farmaci sono accompagnati da effetti collaterali, spesso dose dipendenti, reversibili dopo minimizzazione o sospensione del farmaco. A tal proposito, sono sempre più evidenti le segnalazioni di quadri polmonari patologici correlati all'uso degli mTORi. Di seguito viene riportato il caso di una giovane donna nefrotrapiantata, in follow-up presso il nostro Centro e ricoverata per un quadro clinico caratterizzato da febbre e tosse persistente non responsivi alla terapia antibiotica. La TC Torace, al momento della ammissione nel nostro reparto, evidenziava un quadro molto suggestivo di polmonite organizzata o infiltrati interstiziali (BOOP), verosimilmente iatrogeno secondario all'uso cronico di everolimus. Sulla base della suddetta diagnosi abbiamo ridotto significativamente la posologia dell'mTORi raggiungendo trough level stabili di 2.5–3 ug/L. Dopo alcuni giorni dalla modifica terapeutica abbiamo assistito al miglioramento del quadro clinico con la defervescenza della paziente e la riduzione della sintomatologia polmonare. Inoltre, le ricerche microbiologiche e neoplastiche effettuate su broncoaspirato sono risultate negative. In 15^ giornata, la paziente eseguiva una nuova TC Torace di controllo che evidenziava, dopo confronto con la precedente, notevole attenuazione delle multiple aree di addensamento. A distanza di tre mesi, il quadro polmonare è ulteriormente migliorato, la funzionalità renale è stabile e le condizioni cliniche della paziente sono buone. Il nostro caso clinico descrive una verosimile Lung Syndrome correlata all'uso di everolimus risolta soltanto con significativa riduzione della posologia del farmaco. La nostra esperienza potrebbe essere utile per il trattamento delle complicanze polmonari sempre più frequenti nei pazienti nefrotrapiantati trattati con inibitori di mTOR.
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Lacquaniti, A. y M. Buemi. "Nefropatia da mezzodi contrasto: il parere del Nefrologo". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 2 (26 de enero de 2018): 6–8. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1129.

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Resumen
La nefropatia da contrasto (CIN) rappresenta oggi la terza causa di insufficienza renale acuta (AKI) in pazienti ospedalizzati, condizione da ricondurre a un incremento dei pazienti che si sottopongono a procedure radiologiche interventistiche richiedenti la somministrazione intravascolare di mezzi di contrasto iodati (ICM). Bisogna inoltre considerare un incremento di soggetti con fattori di rischio quali l'età avanzata, una preesistente patologia renale, scompenso cardiaco, infarto del miocardio, diabete mellito. Si considera CIN la presenza di un incremento assoluto (= 0.5mg/dL) e relativo (= 25%), rispetto ai valori basali, della creatinina sierica (sCreat) a 48–72 ore dall'esposizione dell'ICM. È noto però come in pazienti con variazioni acute del filtrato glomerulare (GFR), sCreat è un marker dotato di poca sensibilità e specificità diagnostica. Infatti, il 25–50% dell'incremento della creatinina, con alto valore predittivo di CIN, si verifica più frequentemente solo 24 ore dopo la somministrazione dell'ICM. Negli ultimi anni, sono stati condotti studi non solo al fine di identificare nuovi biomarcatori, ma anche per valutare eventuali strategie terapeutiche preventive. La somministrazione endovenosa di soluzione salina allo 0.9% è ampiamente accettata come terapia profilattica di CIN. Diversi sono inoltre gli studi condotti che prevedono la somministrazione di bicarbonato di sodio o di N-acetilcisteina (NAC). Purtroppo molti studi mancano di potenza statistica o sono basati su diverse definizioni di CIN. Ciò ha determinato la mancanza di linee guida universali accettate dai radiologi, nefrologi, cardiologi o da altre figure professionali coinvolte. Sono quindi necessari ulteriori studi al fine di validare i risultati sino ad ora ottenuti, specie utilizzando marcatori dotati di maggiore potere diagnostico e prognostico rispetto alla creatinina sierica, quali NGAL, Cistatina C e KIM-1.
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Tesis sobre el tema "Nuove strategie terapeutiche"

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BUSILACCHI, ALBERTO. "La patologia tendinea: fisiopatologia, nuove strategie diagnostiche e terapeutiche". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2017. http://hdl.handle.net/11566/245494.

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The following thesis is a summa of several research projects and insights around the tendon tissue: first the pathophysiology has been discussed, then the nutraceuticals as prevention strategy. Follows a deep discussion about the role of growth factors in tendon physiology and pathology, finding in the PRP (platelet rich plasma) and PRFM (platelet rich fibrin matrix) a novel and interesting therapy. It has been investigated through a preclinical study comparing and ex vivo model and a quantitative and qualitative assay to identify how the different growth factors may be involved in the tissue repair. At last, a clinical part (diagnostics) has been investigated presenting the results of a study on Achilles tendon evaluated with a novel ultrasound device, the real time elahstosonography: normal achilles tendon of health volunteers has been compared with ruptured ones undergone surgery to assess structural and biomechanics differences.
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Marsili, C. B. L. "ASMA DEL PANIFICATORE: NUOVE STRATEGIE PREVENTIVE, DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/232491.

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Resumen
L'asma da farine è ancora oggi una delle cause più frequenti di asma professionale in molti paesi. Si tratta della manifestazione più grave negli esposti a farine che possono presentare anche rinite, congiuntivite e dermatite. La polvere di farina, alcuni contaminanti e additivi sono causa delle varie manifestazioni. Ad oggi molti aspetti delle patogenesi restano da chiarire, così come nuovi test diagnostici e nuove terapie devono essere validate. Il presente progetto di ricerca di dottorato si è sviluppato su un doppio binario: 1) adozione di tests di provocazione nasale specifici con estratti di farina purificati e standardizzati (Lofarma Allergeni), monitorando le resistenze nasali e la funzionalità respiratoria. I soggetti per i quali viene formulata una diagnosi di allergopatia respiratoria da farina di frumento sono sottoposti ad immunoterapia sublinguale. 2) Definizione dei polimorfismi genetici dei recettori TLR-4/+896 e CD14/-159 delle endotossine batteriche che sono presenti come contaminanti nelle farine e possono favorire la risposta immunitaria, nonché il dosaggio delle interleuchine IL6, IL8 e TNF α, e della frazione espirata di ossido nitrico (FeNO) identificati come markers di infiammazione che possono variare nelle popolazioni di lavoratori esposti a farina di frumento. Lo studio clinico ha permesso di testare gli estratti di farine impiegati nel test di provocazione nasale specifico, metodica che si è rivelata fondamentale per la diagnosi di alcuni casi di malattia professionale e che in futuro potrà verosimilmente essere utilizzata per la stimolazione bronchiale; l’immunoterapia specifica ha fornito risultati più che soddisfacenti in termini di miglioramento dei sintomi e di proseguimento dell’attività lavorativa. Lo studio biochimico eseguito su una popolazione di 167 panificatori suddivisi tra malati professionali, atopici e sani ha permesso di chiarire meglio il ruolo delle interleuchine e dei recettori per le endotossine nella patogenesi dell’asma professionale, fornendo spunti interessanti in termini di monitoraggio e prevenzione della patologia.
Baker’s asthma is still one of the most frequent causes of occupational asthma in many countries. This is the most severe manifestation in flour exposed that may also develop rhinitis, conjunctivitis and dermatitis. Flour dust, some contaminants and additives can cause clinical manifestations. To date, many aspects of the pathogenesis remain to be clarified, as well as new diagnostic tests and new treatments must be validated. This doctoral research project has developed on a dual track : 1) adoption of specific nasal provocation test with extract of purified and standardized flour ( Lofarma Allergens), monitoring the resistance and nasal respiratory function. Then subjects for which there is a diagnosis of allergic respiratory disease related to flour dust, are enrolled for the sublingual immunotherapy. 2) Definition of genetic polymorphisms of TLR-4/+896 and CD14/-159 of bacterial endotoxins that are present as contaminants in the flour and can boost the immune response, as well as the dosage of interleukins IL6, IL8 and TNF- α, and fraction of exhaled nitric oxide ( FeNO ) identified as markers of inflammation, which may vary in populations of workers exposed to wheat flour. The clinical study has allowed us to test extracts of flour used in the specific nasal provocation test, a method that turned out to be essential for the diagnosis of some cases of occupational disease and that in the future will likely be used for the specific bronchial provocation test. Immunotherapy has provided more than satisfactory results in terms of improvement in symptoms and continuation of work. The biochemical study performed on a population of 167 workers divided among bakers with occupational disease, atopics and healthy workers, has allowed us to better clarify the role of interleukins and receptors for endotoxins in the pathogenesis of occupational asthma, providing interesting insights in terms of monitoring and prevention of pathology .
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Raduazzo, Iolanda Daniela. "L'IPERAMMONIEMIA INDOTTA: CORRELATI NEUROPSICHICI, CORRELATI ELETTROFISIOLOGICI E NUOVE STRATEGIE TERAPEUTICHE". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423551.

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Resumen
ABSTRACT Introduction. Hepatic encephalopathy (HE) is a neuropsychological syndrome which may accompany acute or chronic liver failure, being mainly due to the toxic effect of ammonia on the central nervous system [83]. HE encompasses a wide clinical spectrum, ranging from minimal forms, which are only detected by use of neuropsychological and/or electrophysiological techniques, to coma [7,8, 11, 144, 175, 190]. HE, even in its minimal form, impinges on quality of life and self-sufficiency [10, 76, 120, 164] and it carries negative prognostic value in terms of survival. Thus it is useful to identify patients with HE and reduced life expectancy, also for purposes of transplant selection procedures. The electrophysiological diagnosis of HE is based on the detection of slow wake-EEG frequencies [8]. However, some studies have shown that the regional distribution of the wake-EEG rhythms is also abnormal [126]. The detection of HE through psychometric and electrophysiological techniques is usually carried out in "standard" conditions. More recently, it has been proposed to artificially induce a condition of hyperammonaemia, thus simulating HE, by the oral administration of an amino-acid load (AAL). These amino-acids mimic the composition of hemoglobin, thus reproducing, at least to some extent, the HE which is observed after a gastrointestinal bleed [4, 65]. This allows doctors and researchers to measure more directly a patient's sensitivity to hyperammonaemia. Disorders of the sleep-wake rhythm are common in patients with cirrhosis, heavily affecting their quality of life [129]. Sleep is regulated by the interaction of two processes: a homeostatic and a circadian process [31]. The former determines the propensity to fall asleep in connection to prior sleep-wake history (i.e. the need for sleep increases with prolonged wakefulness). The latter, which is reflected in the 24-hour rhythm of the hormone melatonin (high plasma levels at night and extremely low levels in the daytime), determines the alternation of periods of low/high sleep propensity in relation to environmental light/dark conditions. The interaction of such two processes results in a high likelihood of falling asleep after a prolonged period of wakefulness and when it gets dark, namely in the evening. The alterations of the sleep-wake rhythm in patients with liver have traditionally been interpreted as being part of the HE syndrome [175]. More recent data suggest that this is the case for excessive daytime sleepiness, while insomnia probably has a different pathogenesis [128]. The causes of sleep-wake abnormalities in patients with cirrhosis are not completely clear. The documented changes in the circadian system (reduced sensitivity to light and altered rhythm/metabolism of melatonin) do not offer a complete explanation [128, 129]. Sleep can also be studied by polysomnography, which reflects homeostatic regulation. Information on homeostatic regulation in these patients is limited [179]. The exact neurochemical correlates of human sleep homeostasis remain unknown, although adenosinergic neurotransmission is likely to be implicated. In healthy subjects caffeine, an adenosine receptor antagonist, significantly affects both the wake EEG (reduction in theta activity, which increases with the increase of sleep pressure) and the sleep EEG, and attenuates the subjective sleepiness which is associated with prolonged wakefulness and sleep deprivation [106]. This set of studies was performed in order to evaluate: - the effect of induced hyperammonaemia on neuropsychological performance and the wake EEG (Study 1); - the relationship between daytime sleepiness, HE, and the sleep EEG (Study 2); - the effects of ammonia-lowering drugs (L-ornithine-L-aspartate, LOLA) and caffeine on the wake and sleep EEG (Study3). Materials and methods. Well-characterized patients with compensated cirrhosis and with no history of HE and matched healthy volunteers were enrolled and underwent: - Assessing and monitoring the quality and time of sleep with questionnaires and sleep diaries. - Oral load of amino acids (AAL), mixture of 54 grams of amino acids mimicking the hemoglobin contained in 400 ml of blood, taken in the morning per os. - Detection time of subjective sleepiness and capillary ammonia. - Neuropsychological assessment, including psychometric paper and pencil (PHES battery), computerized psychometry and EEG recording of wakefulness. - Polysomnographic recording. Patients were given the opportunity to sleep between 17:00 and 19:00 in favorable environmental conditions (dark and isolated room). - Administration of LOLA 20g in 500cc of saline in 4-hour infusion (8-12) or 200mg caffeine per os(at 10 am) under inducedhyperammonemia (Study 3). Results. Study 1. Effects of hyperammonaemia on neuropsychological performance and waking EEG. - The study population included 10 patients with liver cirrhosis (9 men, mean ± SD, age: 54 ± 14 years) and 10 healthy volunteers matched for age and sex (5 men, 49 ± 13 years). One patient (male 55 years) underwent EEG recording also after the insertion of a trans-jugular portal-systemic shunt (TIPS), a procedure which is associated with increased risk of HE. - The subjects were studied with a neuropsychological evaluation and monitoring of capillary ammonia at baseline (4th or 8th day of the study) and after oral amino acids (AAL) (4th or 8th day of the study). - At baseline, patients had higher ammonia levels than healthy volunteers [median (interquartile range): 30 (22-44) vs. 38 (34-47)mmol/L, p < 0.1]. The AAL has produced the expected increase in ammonia in both groups, the peak of ammonia was higher (ammonia 11:00, p < 0.03) and more prolonged in patients. - The AAL has produced a significant slowing of EEG waking such as to define the presence of a minimal HE in 2 (20 %) patients. By contrast, the AAL no significant changes in the psychometric performance paper & pencil or computerized. - At baseline, the dominant frequency EEG activity was slower in patients compared to healthy volunteers in most derivations(p < 0.05). The AAL did not alter the dominant frequency in healthy volunteers, while that of patients slowed further along the midline (p < 0.05). - At baseline, the waking EEG spectral power had an occipital-temporal predominance in both groups. The patients had higher power in all derivations (p < 0.05). The AAL induced a significant increase of power in almost all derivations in healthy volunteers (p < 0.05), while it did not affect power in patients. - In the patient studied on three occasions, the spectral power of dominant wake EEG progressively increased from baseline after AAL and after TIPS, while there was a decrease in the frequency of the wake EEG after insertion of TIPS. Study 2. Effect of hyperammonaemia on sleepiness and sleep EEG. - The study population (see Study 1) was subjected to neuropsychological assessment, detection time of sleepiness and ammonia and polysomnographic recording, in basal conditions (4th or 8th day of the study) and after AAL (4th or 8th day of the study). The AAL has produced - an increase in subjective sleepiness parallel to increased concentrations of ammonia both in patients and in healthy volunteers;in both groups, the peak of sleepiness (at 11 am), absent in basal condition, coincides with the peak concentration of ammonia (p <0.01); - an increase in sleep duration in healthy volunteers compared with baseline (mean ± SD, 49.3 ± 26.6vs. 30.4 ± 15.6 min), although the differences are not statistically significant (p 0.08). No changes arebeen observedon the duration of sleep in patients; - significant decrease in the relative power beta (fast activity)of the sleep EEG in healthy volunteers (p < 0.05); - significant reduction in the relative power of delta (activity very slow)of thesleep EEG in patients (p < 0.05). Study 3. Effects of L-ornithine-L-aspartate (LOLA, substance that reduce ammonia) and caffeine (adenosine receptor antagonist) on cognitive performance,wake and sleep EEG in conditions of induced hyperammonaemia. - The study population consisted of 6 patients with liver cirrhosis (5 men, mean ± SD, age: 61 ± 9 years) and 5 healthy volunteers matched for age, sex and level of education (4 men, 49 ± 12 years). - The subjects were studied with neuropsychological assessment, detection sleepiness and ammonia hourly and polysomnographic recording, after AAL, AAL+LOLA, AAL+caffeine) on the 4th, 11th and 18th day of the study. - patients presented a paper and pencil and computerized psychometric performance significantly worse than the healthy volunteers (p < 0.05); - patients had levels of ammonia above those of healthy volunteers in all conditions; the AAL has produced the expected increase of ammonia in both groups, with a peak higher and more prolonged in patients. - The LOLA has resulted in a reduction although not significant levels of plasmatic ammonia in both groups. - Neither the LOLA nor caffeine resulted in significant changes of subjective sleepiness, on psychometric performance and the wake EEG. - Sleep EEG data are being analyzed (at the Institute of Pharmacology and Toxicology, University of Zurich, Switzerland). Conclusions. - The waking EEG is extremely sensitive to hyperammonaemia. - A moderate/chronic (patients in baseline) or acute (healthy volunteers after AAL) hyperammonaemia results in an increased power of the dominant EEG rhythm, especially over posterior and central areas of the scalp. - An acute on chronic hyperammonaemia (patients after AAL) slows further the dominant EEG frequency. - EEG parameters based on power can provide useful information to the neurophysiological definition of HE. - Hyperammonaemia leads to a significant increase in subjective daytime sleepiness. - Hyperammonaemia causes opposing changes in the sleep EEG of patients and controls, making the sleep of patients fragmented and more superficial, and that of healthy volunteers deeper and more stable. - L-ornithine-L-aspartate leads to a reduction in the levels of ammonia.
L'encefalopatia epatica (EE) è una sindrome neuropsichica che può accompagnare l'insufficienza epatica acuta o cronica ed è legata principalmente all'effetto tossico dell'ammonio sul sistema nervoso centrale [83]. Clinicamente, l'EE è caratterizzata da uno spettro di manifestazioni che va da forme minime, evidenziabili solo con tecniche psicometriche ed elettrofisiologiche, fino al coma, passando per quadri clinici di encefalopatia conclamata, caratterizzati da alterazioni neurologiche e psichiatriche più o meno invalidanti [7, 8, 11, 145, 176, 191]. L'EE, anche nelle sue forme minime, si ripercuote non solo sull'autonomia e sulla qualità di vita del paziente [10, 76, 121, 165], ma anche su quelle familiari e sulle strutture socio-sanitarie. Inoltre, contribuisce ad individuare pazienti con ridotta aspettativa di vita, per i quali può essere indicato l'inserimento in lista per trapianto di fegato. La diagnosi elettrofisiologica dell'EE si basa sulla rilevazione di un rallentamento delle frequenze dell'EEG [8]. Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato che anche la distribuzione regionale dei ritmi dell'EEG di veglia può essere anormale nei pazienti con cirrosi e soprattutto in quelli con EE [127]. Il rilievo di EE mediante tecniche psicometriche ed elettrofisiologiche viene di solito effettuato in condizioni basali. Più di recente, È stato proposto di indurre un’iperammoniemia e quindi di simulare una condizione di EE minima/conclamata lieve tramite la somministrazione orale di un carico di aminoacidi (COAA) mimanti l’emoglobina (simulazione di encefalopatia/iperammoniemia associate al sanguinamento digestivo) e di studiarne l’effetto su psicometria ed elettroencefalogramma [4, 65], misurando quindi più direttamente la sensibilità del singolo paziente all’iperammoniemia. I disturbi del ritmo sonno-veglia sono comuni nei pazienti con cirrosi epatica e incidono pesantemente sulla loro qualità di vita [130]. Il sonno è regolato dall'interazione tra due processi: un processo omeostatico e uno circadiano [31]. Il primo determina la propensione ad addormentarsi in rapporto alla precedente storia di sonno/veglia, facendo sì che la necessità di dormire aumenti con il prolungarsi della veglia. Invece il processo circadiano, che si riflette nel ritmo 24-ore dell'ormone melatonina (livelli plasmatici elevati la notte e pressoché assenti di giorno), determina l'alternarsi di periodi di bassa/alta propensione all’addormentamento in relazione ai segnali ambientali di luce/buio. Il risultato dell’interazione fra questi due processi fa sì che la probabilità di addormentarsi sia alta quando sono passate numerose ore dal risveglio e quando si fa buio, vale a dire la sera. Le alterazioni del ritmo sonno-veglia dei pazienti con cirrosi epatica sono state tradizionalmente interpretate come facenti parte del complesso sindromico dell’encefalopatia epatica [176]. Dati più recenti suggeriscono che l'eccessiva sonnolenza diurna sia effettivamente un tratto dell'EE, mentre l'insonnia abbia una patogenesi distinta [129]. Tuttavia le cause di questi disturbi restano dibattute. Le documentate alterazioni del sistema di regolazione circadiano (ridotta sensibilità alla luce e disturbato ritmo/metabolismo della melatonina) non offrono una spiegazione esauriente [129, 130]. Anche le informazioni disponibili in questi pazienti sulla regolazione omeostatica del sonno, che può essere studiata con la polisonnografia, sono scarse [180]. Le esatte correlazioni neurochimiche dell’omeostasi del sonno umano rimangono sconosciute, anche se sempre più numerose evidenze dimostrano un possibile importante ruolo nella trasmissione adenosinergica. Nei soggetti sani infatti la caffeina, un antagonista recettoriale dell'adenosina, influenza in modo significativo l’elettroencefalogramma di veglia (riduzione dell'attività theta, che aumenta con l’aumentare della pressione del sonno) e di sonno, e attenua la sonnolenza soggettiva associata alla veglia prolungata/deprivazione di sonno [107]. I miei studi di dottorato sono stati eseguiti allo scopo di valutare, in un gruppo di pazienti con la cirrosi epatica e in un gruppo di volontari sani, l’effetto dell’iperammonimia indotta: - sulla prestazione neuropsichica e sull'EEG di veglia (Studio 1); - sul rapporto tra sonnolenza diurna ed EE e sulle caratteristiche dell'EEG di sonno (Studio 2); - sugli effetti di sostanze ipoammoniemizzanti (L-ornitina-L-aspartato, LOLA) e della caffeina (antagonista del recettore dell'adenosina) su EEG di veglia e su EEG di sonno (Studio 3). Materiali e metodi. Sono stati arruolati pazienti ben caratterizzati con cirrosi epatica compensata e con anamnesi negativa per EE minima o conclamata e volontari sani confrontabili per età , sesso e livello d'istruzione. I soggetti sono stati sottoposti a: - valutazione e monitoraggio della qualità e degli orari del sonno con questionari e diari del sonno; - carico orale di aminoacidi (COAA), miscela di 54 gr di aminoacidi mimanti l’emoglobina contenuta in 400 ml di sangue, assunta al mattino per os; - rilevazione oraria di sonnolenza soggettiva ed ammoniemia capillare; - valutazione neuropsichica, comprendente psicometria carta e matita (batteria PHES), psicometria computerizzata e registrazione dell’EEG di veglia. - registrazione polisonnografica. Ai pazienti veniva data la possibilità di dormire tra le 17:00 e le 19:00 in condizioni ambientali favorevoli (stanza buia ed isolata). - somministrazione di LOLA 20gr in 500cc di soluzione fisiologica in infusione di 4 ore (8-12) o caffeina 200mg per os (ore 10) in corso di iperammoniemia dopo COAA (studio 3). Risultati. Studio 1. Effetti dell’iperammoniemia sulla prestazione neuropsichica e sull’EEG di veglia • la popolazione di studio comprendeva 10 pazienti con cirrosi epatica (9 uomini; media ± SD; età : 54 ± 14 anni) e 10 volontari sani appaiati per età e sesso (5 uomini, 49 ± 13 anni). Un paziente (maschio di 55 anni) è stato sottoposto a registrazione EEG anche dopo l'inserimento di uno shunt porto-sistemico trans-giugulare (TIPS), procedura associata ad un aumentato rischio di sviluppo di EE. • I soggetti sono stati studiati con una valutazione neuropsichica e monitoraggio dell’ammoniemia oraria in condizioni basali (4° o 8° giorno di studio) e dopo carico orale di aminoacidi (COAA) (4° o 8° giorno di studio). • Al basale, i pazienti avevano livelli di ammoniaca superiori a quelli dei volontari sani [mediana (range interquartile): 30 (22-44) vs 38 (34-47) µmol/L, p < 0.1]. Il COAA ha prodotto l’atteso aumento dell’ammoniemia in entrambi i gruppi; il picco dell’ammoniemia è stato più alto (ammoniemia ore 11:00, p<0.03) e più prolungato nei pazienti. • Il COAA ha prodotto un rallentamento significativo dell’EEG di veglia tale da definire la presenza di EE minima in 2 (20%) pazienti. Per contro, il COAA non ha prodotto cambiamenti significativi della prestazione psicometrica carta&matita o computerizzata. • Al basale, la frequenza dominante dell'attività EEG era più lenta nei pazienti rispetto ai volontari sani in diverse derivazioni (p<0.05). Il COAA non ha alterato la frequenza dominante nei volontari sani, mentre ha rallentato ulteriormente quella dei pazienti lungo la linea mediana (p<0.05) • In condizioni basali, la potenza spettrale dell’EEG di veglia aveva una predominanza occipito-temporale in entrambi i gruppi. I pazienti avevano potenza superiore in tutte le derivazioni (p<0.05). Il COAA ha indotto un aumento significativo di potenza in quasi tutte le derivazioni nei volontari sani (p<0.05), mentre nessuna modifica della potenza è stata osservata nei pazienti. • Nel paziente studiato in tre occasioni, la potenza dell'attività dominante dell’EEG è aumentata progressivamente dal basale, dopo COAA, dopo TIPS, mentre si è osservato un calo della frequenza dominante dell’EEG dopo l’inserimento della TIPS. Studio 2. Effetto dell’iperammoniemia su sonnolenza ed EEG di sonno • la popolazione di studio (vedi studio 1) è stata sottoposta a valutazione neuropsichica, rilevazione oraria di sonnolenza ed ammoniemia oraria e registrazione polisonnografica, in condizioni basali (4° o 8° giorno di studio) e dopo COAA (4° o 8° giorno di studio). Il COAA ha prodotto • un aumento della sonnolenza soggettiva parallela all’aumento delle concentrazioni dell’ammoniaca sia nei pazienti che nei volontari sani; in entrambi i gruppi il picco di sonnolenza (ore 11), assente in condizione basale, coincide con il picco di concentrazione dell’ammoniaca (p<0.01) • un aumento della durata del sonno nei volontari sani rispetto al basale (media ± SD, 49.3 ± 26.6 vs 30.4 ± 15.6 min), sebbene le differenze non siano statisticamente significative (p= 0.08). Nessuna modifica sulla durata del sonno nei pazienti. • diminuzione significativa della potenza relativa beta (attività veloce) dell’EEG di sonno nei volontari sani (p<0.05); • riduzione significativa della potenza relativa delta (attività molto lenta) del sonno in pazienti (p<0.05); Studio 3. Effetti di L-ornitina-L-aspartato (LOLA, sostanza ipoammoniemizzante) e di caffeina (antagonista del recettore dell’adenosina) su prestazione cognitiva, EEG di veglia e sonno in condizioni di iperammoniemia indotta • la popolazione di studio comprendeva 6 pazienti con cirrosi epatica (5 uomini; media ± SD; età : 61 ± 9 anni) e 5 volontari sani appaiati per età , sesso e livello d’istruzione (4 uomini, 49 ± 12 anni). • I soggetti sono stati studiati con valutazione neuropsichica, rilevazione oraria di sonnolenza ed ammoniemia oraria e registrazione polisonnografica, dopo COAA COAA+LOLA- COAA + caffeina) il 4°, 11° e 18° giorno di studio. • I pazienti rispetto ai volontari sani hanno presentato una prestazione psicometrica sia carta e matita che computerizzata significativamente peggiore rispetto ai volontari sani (p<0.05) • i pazienti avevano livelli di ammoniaca superiori a quelli dei volontari sani in tutte le condizioni; il COAA ha prodotto l’atteso aumento dell’ammoniemia in entrambi i gruppi, con un picco più elevato e più prolungato nei pazienti. • il LOLA ha determinato una riduzione seppur non significativa dei livelli plasmatici dell’ammonio in entrambi i gruppi • né il LOLA né la caffeina hanno determinato cambiamenti significativi su la sonnolenza soggettiva, su prestazione psicometrica e su EEG di veglia • i dati sull’EEG di sonno sono in corso di analisi (presso l’Istituto Farmacologia e Tossicologia dell’Università di Zurigo, Svizzera). Conclusioni. - l'EEG di veglia è estremamente sensibile all'iperammoniemia - un’iperammoniemia moderata/cronica (pazienti in basale) o acuta (volontari sani dopo COAA) si traduce in una maggiore potenza del ritmo dominante di EEG, specialmente sulle zone posteriori dello scalpo. - un’iperammoniemia acuta su cronica (pazienti dopo COAA) rallenta ulteriormente la frequenza dominante dell'EEG - parametri EEG basati sulla potenza possono fornire informazioni utili alla definizione neurofisiologica dell'EE. - l’iperammoniemia comporta un notevole aumento della sonnolenza diurna soggettiva - l’iperammoniemia provoca cambiamenti opposti nell’EEG di sonno dei pazienti e dei controlli, rendendo il sonno dei pazienti più superficiale ed interrotto e quello dei volontari sani più profondo e stabile. - l’EE può forse quindi essere inquadrata come un difetto di vigilanza, che rende simili l’EEG di sonno a quello di veglia, compromettendo quindi il raggiungimento di una veglia “piena” e la produzione di un sonno “ristoratore”. - L-ornitina-L-aspartato determina una riduzione dei livelli di ammoniemia
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Vella, Serena <1984&gt. "Analisi preclinica di nuove strategie terapeutiche basate sull'inibizione di protein-chinasi nell'osteosarcoma". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5566/1/serena_vella_tesi.pdf.

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Resumen
Scopo: L’obiettivo del presente programma di studio è stato quello di identificare e validare nuovi possibili bersagli terapeutici per l’osteosarcoma (OS) partendo dall’analisi del chinoma umano. Risultati: L’analisi del profilo di espressione genica ottenuta su 21 campioni clinici di OS ad alto grado di malignità ha permesso di selezionare le seguenti chinasi di possibile rilevanza biologica per l’OS: AURK-A, AURK-B, CDK2, PIK3CA, PLK-1. Le chinasi selezionate sono state validate tramite RNA interference. Successivamente è stata valutata l’efficacia dei relativi inibitori specifici: VX-680 e ZM-447439 inibitori delle Aurora-chinasi, Roscovitina di CDK2 e NMS1 di PLK-1, già inclusi in studi clinici. In termini d’inibizione della crescita cellulare le linee sono risultate maggiomente sensibili ai farmaci VX-680 e NMS1. E’ stata osservata una minor sensibilità ai farmaci VX-680, ZM447439 e NMS1 nelle linee doxorubicina(DX)-resistenti (caratterizzate da elevati livelli di espressione di ABCB1), indicando questi farmaci come potenziali substrati di ABCB1. La Roscovitina, nonostante i valori di IC50 elevati, non sembrerebbe substrato di ABCB1. La validazione preclinica di VX-680 e ZM447439 è stata completata. La forte inibizione della crescita è causata da endoreduplicazione per mancata citodieresi con conseguente formazione di una popolazione iperploide e apoptosi. Inoltre, VX-680 inibisce la motilità e la capacità di formare colonie. Esperimenti di associazione farmacologica mostrano che VX-680 interagisce positivamente con tutti i chemioterapici convenzionali impiegati nel trattamento dell’OS. NMS-1 produce interazioni positive con la DX in linee cellulari DX-resistenti, probabilmente grazie all’effetto revertante esercitato su ABCB1. La Roscovitina produce interazioni positive con CDDP e DX nelle varianti resistenti, effetto probbilmente dovuto al ruolo di CDK2 nei meccanismi di riparo del DNA. Conclusioni: L’analisi in vitro dell’attività degli inibitori ha permesso di identificare VX-680 come nuovo farmaco di potenziale interesse clinico, soprattutto in virtù delle sue interazioni sinergiche con i chemioterapici di uso convenzionale nel trattamento dell’osteosarcoma.
Background: Objective of this study was the preclinical validation of protein kinases and kinase inhibitors of possible clinical usefulness in osteosarcoma. Results: By mining genome-wide expression profiling data obtained from 21 osteosarcoma (OS) clinical samples, five protein kinases emerged as the most relevant for the osteosarcoma biology: AURK-A, AURK-B, CDK2, PIK3CA, PLK1. Theyr validation was perfomed by RNAinterference. We therefore investigated the efficacy of the following drugs: VX-680 and ZM447439 (AURKs inhibitors), the CDK2 inhibitor Roscovitine and the PLK1 inhibitor NMS-1, which have been included in clinical trials for other tumors. In terms of cell growth inhibition, VX-680 and NMS-1 proved to be the most effective among the tested drugs. A decrease of drug sensitivity was observed in doxorubicin-resistant cell lines (characterized by a high ABCB1 expression), suggesting VX-680, ZM447439 and NMS-1 as ABCB1 substrates. Roscovitine was less effective than other drugs but it did not appear to be affected by the ABC-mediated efflux mechanisms. Preclinical validation of VX-680 and ZM447439 has been completed. Cell growth inhibition was caused by occurring endoreduplication with cytokinesis failure and consequent generation of hyperploid populations. Generally, this alteration is followed by apotosis induction. VX-680 also decreased motility and soft-agar colony formation ability of human OS cells. Drug association experiments showed that VX-680 positively interacts with all drugs conventionally used in OS. NMS-1 proved a positive interaction with DX in DX-resistant cell lines, probabily due to the revertant effect of this drug on ABCB1 activity. Roscovitine produced positive interactions with CDDP and DX in resistant variants, probabily due to CDK2 role in DNA-damage repair pathway. Conclusions: These results indicate that kinases might represent new candidate therapeutic targets for OS and in vitro analysis of two inhibitors of AURK-A and AURK-B indicated in VX-680 a new promising drug of potential clinical usefulness to target these molecules.
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Vella, Serena <1984&gt. "Analisi preclinica di nuove strategie terapeutiche basate sull'inibizione di protein-chinasi nell'osteosarcoma". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5566/.

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Scopo: L’obiettivo del presente programma di studio è stato quello di identificare e validare nuovi possibili bersagli terapeutici per l’osteosarcoma (OS) partendo dall’analisi del chinoma umano. Risultati: L’analisi del profilo di espressione genica ottenuta su 21 campioni clinici di OS ad alto grado di malignità ha permesso di selezionare le seguenti chinasi di possibile rilevanza biologica per l’OS: AURK-A, AURK-B, CDK2, PIK3CA, PLK-1. Le chinasi selezionate sono state validate tramite RNA interference. Successivamente è stata valutata l’efficacia dei relativi inibitori specifici: VX-680 e ZM-447439 inibitori delle Aurora-chinasi, Roscovitina di CDK2 e NMS1 di PLK-1, già inclusi in studi clinici. In termini d’inibizione della crescita cellulare le linee sono risultate maggiomente sensibili ai farmaci VX-680 e NMS1. E’ stata osservata una minor sensibilità ai farmaci VX-680, ZM447439 e NMS1 nelle linee doxorubicina(DX)-resistenti (caratterizzate da elevati livelli di espressione di ABCB1), indicando questi farmaci come potenziali substrati di ABCB1. La Roscovitina, nonostante i valori di IC50 elevati, non sembrerebbe substrato di ABCB1. La validazione preclinica di VX-680 e ZM447439 è stata completata. La forte inibizione della crescita è causata da endoreduplicazione per mancata citodieresi con conseguente formazione di una popolazione iperploide e apoptosi. Inoltre, VX-680 inibisce la motilità e la capacità di formare colonie. Esperimenti di associazione farmacologica mostrano che VX-680 interagisce positivamente con tutti i chemioterapici convenzionali impiegati nel trattamento dell’OS. NMS-1 produce interazioni positive con la DX in linee cellulari DX-resistenti, probabilmente grazie all’effetto revertante esercitato su ABCB1. La Roscovitina produce interazioni positive con CDDP e DX nelle varianti resistenti, effetto probbilmente dovuto al ruolo di CDK2 nei meccanismi di riparo del DNA. Conclusioni: L’analisi in vitro dell’attività degli inibitori ha permesso di identificare VX-680 come nuovo farmaco di potenziale interesse clinico, soprattutto in virtù delle sue interazioni sinergiche con i chemioterapici di uso convenzionale nel trattamento dell’osteosarcoma.
Background: Objective of this study was the preclinical validation of protein kinases and kinase inhibitors of possible clinical usefulness in osteosarcoma. Results: By mining genome-wide expression profiling data obtained from 21 osteosarcoma (OS) clinical samples, five protein kinases emerged as the most relevant for the osteosarcoma biology: AURK-A, AURK-B, CDK2, PIK3CA, PLK1. Theyr validation was perfomed by RNAinterference. We therefore investigated the efficacy of the following drugs: VX-680 and ZM447439 (AURKs inhibitors), the CDK2 inhibitor Roscovitine and the PLK1 inhibitor NMS-1, which have been included in clinical trials for other tumors. In terms of cell growth inhibition, VX-680 and NMS-1 proved to be the most effective among the tested drugs. A decrease of drug sensitivity was observed in doxorubicin-resistant cell lines (characterized by a high ABCB1 expression), suggesting VX-680, ZM447439 and NMS-1 as ABCB1 substrates. Roscovitine was less effective than other drugs but it did not appear to be affected by the ABC-mediated efflux mechanisms. Preclinical validation of VX-680 and ZM447439 has been completed. Cell growth inhibition was caused by occurring endoreduplication with cytokinesis failure and consequent generation of hyperploid populations. Generally, this alteration is followed by apotosis induction. VX-680 also decreased motility and soft-agar colony formation ability of human OS cells. Drug association experiments showed that VX-680 positively interacts with all drugs conventionally used in OS. NMS-1 proved a positive interaction with DX in DX-resistant cell lines, probabily due to the revertant effect of this drug on ABCB1 activity. Roscovitine produced positive interactions with CDDP and DX in resistant variants, probabily due to CDK2 role in DNA-damage repair pathway. Conclusions: These results indicate that kinases might represent new candidate therapeutic targets for OS and in vitro analysis of two inhibitors of AURK-A and AURK-B indicated in VX-680 a new promising drug of potential clinical usefulness to target these molecules.
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Pasello, Michela <1973&gt. "Studio dei meccanismi della farmacoresistenza nell'osteosarcoma umano per la pianificazione di nuove strategie terapeutiche". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/256/1/Pasello_Michela_PhD_Tesi.pdf.

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Pasello, Michela <1973&gt. "Studio dei meccanismi della farmacoresistenza nell'osteosarcoma umano per la pianificazione di nuove strategie terapeutiche". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/256/.

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Pantani, Lucia <1978&gt. "Identificazione di nuove strategie terapeutiche nel mieloma multiplo e di fattori prognostici predittivi di outcome". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8568/1/pantani_lucia_tesi.pdf.

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Scopo del progetto era identificare le migliori strategie terapeutiche ed i possibili fattori prognostici predittivi di outcome nel contesto di trials clinici sperimentali condotti dall’Istituto di Ematologia “Seragnoli”. L’attenzione è stata focalizzata sul protocollo EMN02/HO95MM, uno studio multicentrico, internazionale di fase III, riservato a pazienti con mieloma all’esordio, volto a ridefinire ruolo e corretto timing del trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) nell’era dei nuovi farmaci. Secondo il disegno dello studio i pazienti venivano randomizzati post induzione a ricevere intensificazione con bortezomib-melphalan-prednisone (VMP) o chemioterapia ad alte dosi ed ASCT. Per i centri con una policy di doppio trapianto la randomizzazione era pianificata in rapporto 1:1:1 tra VMP, singolo (ASCT-1) o doppio trapianto (ASCT-2). Endpoint primario dello studio era comparare l’efficacia in termini di PFS di VMP versus ASCT. Tra gli endpoint secondari vi era il confronto tra singolo e doppio ASCT. Per intenzione di trattamento, con un follow-up mediano di 38 mesi, l’analisi ha dimostrato che ASCT consente un significativo prolungamento di PFS rispetto a VMP (HR=0.76, 95%CI=0.63-0.90, p=0.002). Il vantaggio è stato confermato in analisi multivariata ed in sottogruppi di pazienti sia a basso che ad alto rischio prognostico. L’OS è risultata del tutto sovrapponibile tra i due gruppi di trattamento, mentre un vantaggio significativo è stato osservato in pazienti ad alto rischio per profilo citogenetico ed alto stadio R-ISS sottoposti ad ASCT. Il trapianto upfront si conferma al momento gold standard terapeutico per il paziente giovane con malattia all’esordio. Per quanto riguarda il confronto tra singolo e doppio trapianto, la randomizzazione ad ASCT-2 è risultata correlare con un significativo prolungamento sia di PFS (HR=0.70; CI=0.50-0.98; p=0.040) che di OS (HR=0.52, CI=0.31-0.86, p=0.011). Tale beneficio appare particolarmente evidente in pazienti con caratteristiche basali notoriamente predittive di cattiva prognosi, come stadio R-ISS elevato e presenza di anomalie citogenetiche sfavorevoli.
High-dose melphalan with autologous stem-cell transplantation (ASCT) has been traditionally considered the standard of care for young newly diagnosed multiple myeloma (NDMM) patients. Nevertheless, remarkable activity of novel agent-based therapies has recently questioned the role of upfront ASCT. The EMN02/HO95 randomized, international, multicenter, phase 3 trial was designed to primarily compare upfront high-dose intensification therapy followed by ASCT vs standard-dose intensification therapy with bortezomib-melphalan-prednisone (VMP). In centers with a policy of double ASCT, patients were randomized in a 1:1:1 ratio to receive either VMP, single (ASCT-1) or tandem ASCT (ASCT-2). A primary study endpoint was PFS comparison between VMP and ASCT arms; a secondary endpoint was to assess efficacy of ASCT-1 vs ASCT-2. A total of 1192 patients were included in the analysis: 497 patients were allocated to VMP arm, 695 received ASCT. On an intention-to-treat basis, with a median follow up of 38 months, upfront ASCT was associated with a significant improvement in PFS vs VMP in the overall patient population (median not reached vs 44 months, 3-years estimates of 64% vs 57%; HR=0.76, 95%CI=0.63-0.90, p=0.002). PFS benefit with ASCT was retained across prespecified subgroups of patients at standard- and high-risk, and in a multivariate analysis. Although no OS difference between the two treatment groups was seen in the overall population, ASCT significantly prolonged the OS of patients with poor prognosis, including those with R-ISS stage 3 disease and who carried a high-risk cytogenetic profile. Upfront ASCT continues to be the reference treatment choice for NDMM patients, even in the novel agent era. Restricting the analysis to patients enrolled in centers with a double transplantation policy, randomization to ASCT-2 proved to significantly prolong PFS (HR=0.70; CI=0.50-0.98; p=0.040) and OS (HR=0.52, CI=0.31-0.86, p=0.011) in comparison to ASCT-1. Clinical benefits were mostly seen in patients with high-risk disease.
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Carissimi, R. "PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE PEROSSISOMIALI. MODULAZIONE DI AGONISTI E FATTORI NUTRIZIONALI PER LO SVILUPPO DI NUOVE STRATEGIE TERAPEUTICHE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150030.

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X-linked adrenoleukodystrophy (X-ALD) is an inherited demyelinating disorder that affects mainly the nervous system and the adrenal cortex. The disease is characterized by abnormal accumulation of very long chain fatty acids (VLCFA) in plasma, fibroblasts and tissues, owing to a defect in VLCFA peroxisomal Beta-oxidation. In particular, the uptake of VLCFA by peroxisomal VLC acyl-CoA synthetase, is impaired (Moser et al. 1995) In 1981 the ALD gene was mapped to Xq28 . Subsequently Higgins (Higgins et al. 1992) demonstrated that ALD protein (ALDP) was a peroxisomal membrane protein but it had no homology to VLC acyl-CoA synthetase and its role in lipid metabolism has not yet been elucidated. Moreover no correlation has been established between X-ALD phenotype and the mutation. Mild phenotype are associated with large deletions with consequent absence of ALDP, whereas severe phenotypes present abundant ALDP. The range of phenotypic expression in X-ALD is wide, but most patients have impaired adrenocortical function. The adrenal cortex is the main site for synthesis of steroids which cannot be normally synthetized since cholesterol is entrapped, as cholesterol ester, with VLCFA. Hypogonadism, which affects X-ALD prepubescent boys, might be a consequence of steroid metabolic alterations. “Lorenzo’s oil therapy” is the only available and partially effective treatment for the patients, It consists of a 4:1 mixture of glycerol trioleate and glycerol trierucate (the triglyceride forms of oleic and erucic acid). The oil was formulated by Augusto and Michaela Odone after their son Lorenzo was diagnosed with the disease in 1984, at the age of five. This mixture of fatty acids reduces the levels of very long chain fatty acids (VLCFA) known to cause ALD. It does so by decreasing the dietary intake of saturated fatty acids, it is in fact widely accepted that in humans synthesis of long chain saturated fatty acids is very low and thereby having as a main dietary source of fat Lorenzo’s oil with none SFA, in addition, erucic acid competitively inhibits the elongase that forms VLCFAs. Therefore, Lorenzo’s oil does not directly affect peroxisomal beta oxidation but just slows down the production of VLCFAs. Peroxisomal Beta-oxidation defect in the liver of ABCD1-deficient mice could be restored by stimulation of ABCD2 and ABCD4 gene expression through treatment with fenofibrate (Netik et al.1999).These results implicate that a therapy of adrenoleukodystrophy might be possible by drug-induced overexpression or ectopic expression of ABCD genes. Furthermore, erucic acid barely passes the blood-brain barrier leaving open the question whether is effective in the central nervous system. One objective of this project was to study the hormonal involvement in X-ALD, as the ubiquitous accumulation of VLCFA can not explain the specific alterations in the nervous system, adrenal cortex and testes. These changes indicate a possible deficit in steroidogenesis. Had already demonstrated the involvement of androgens in the X-ALD, as incubating the fibroblasts of patients with dihydroxy-testosterone (DHT) or its metabolite 5alpha-androstane-3 alpha, 17 beta-diol (3alpha-diol), the VLCFA levels were significantly reduced. Conversely, fibroblasts incubated with testosterone is not had no effect Given the involvement of androgens in the pathology and based on the observation of structural homology proteins belonging to the subfamily ABCD in a first set of experiments in vitro was evaluated the effect of androgens on gene expression ABCD2 (Genbank Nm-005164) and ABCD3 (Genbank Nm-002858) in fibroblasts from patients with X-ALD by comparison with the expression of two genes in fibroblasts derived from clinically healthy subjects subjects in an attempt to find agents that could be used as new therapeutic approaches. Our hypothesis is that sostituitre fatty acid which may enhance peroxisomal beta oxidation and passes the blood-brain barrier. One of the possible candidate is conjugated linoleic acid (CLA). The term conjugated linoleic acid (CLA) refers to a collection of positional and geometric isomers of octadecadienoic acid with conjugated double bonds. In experimental models, CLA has a number of beneficial effects including protection against cancer (Belury et al.1996; Visonneau et al.1997; Cesano et al. 1998; Banni et al.1999), and atherosclerosis (Kritchevsk, et al. 2000), stimulation of certain immune functions, reduction in body fat (reviewed in Pariza et al.2001) and normalization of impaired glucose tolerance in diabetes. Several reports have also indicated that CLA is a high affinity ligand of the peroxisome proliferator activated receptor (PPAR) (Belury et al.1997; Houseknecht et al 1998; Moya-Camarena et al.1999, Belury et al.2002), a family of nuclear receptors that act as transcription factors for the genes involved in peroxisomal beta oxidation. Furthermore, it has found that CLA is promptly incorporated in rat’s brain and metabolised in the peroxisomes (FA et al. 2005). The objective of the study is to test CLA that, by inducing peroxisomal beta oxidation, should compensate for its decrease in X-ALD patients due to the genetic deficiency. In previous papers (Petroni et al.2007) we have shown that in untreated conditions the patients we showed an upregulation of ABCD2 versus the controls: the basal ABCD2 upregulation, or in general the functionality of ABC half -transporters, in patient might have been adequate and in relation to his normal metabolism. We have evaluated the effect of CLA as a promising therapeutic approach, on the expression of the ABC half-transporters encoded by ABCD2, in fibroblasts drawn from controls and from two affected brothers. To evaluate the gene’s expression and the transcription factors involved . the fibroblasts were incubated at different time (16,24 H) with oleic acid , the CLA isomers and Fenofibrate that’s PPAR-alpha’s agonist. Our in vitro studies have focused on the effect of CLA on gene expression of genes ABCD2 / 3 and PPAR-alpha in fibroblasts from patients with X-ALD. Tested the different isomers in vitro, later it was possible to conduct clinical trials based on the association between Lorenzo's Oil (LO) and the CLA, to assess the possible synergistic effects of CLA and extent of spread through the blood brain barrier. This study recruited patients, women heterozygous for X-ALD. In this study, were also taken into account the motor evoked potentials (MEP) of patients over the analysis of biochemical markers of disease, the VCLFA.
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Compostella, Alessia. "Analisi di nuove strategie terapeutiche per pazienti in età pediatrica affetti da tumori solidi refrattari alla chemioterapia standard". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423437.

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Resumen
The PhD research work was performed at the Pediatric Hemato-Oncology Department of Padua University, one of the major AIEOP (Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica) Centres and the coordinating centre of the Soft Tissue Sarcoma Committee (STSC) protocol EpSSG 2005 for pediatric soft tissue sarcomas. The primary goal of the PhD was analyzing new therapeutic strategies for resistant solid tumors children. The work moved from data analysis on adolescents with rhabdomyosarcoma (RMS) and resistant RMS patients treated with a new second line topotecan (T)/carboplatin (C) based regimen, through a specific training in clinical trials management to obtain the necessary expertise to write down a phase II trial for resistant RMS patients. In the last decades in many types of cancer the survival rates are reported to be less favorable in adolescents compared with younger children. To investigate whether this is true for adolescents with RMS, the results obtained in patients enrolled in protocols run by the Italian STSC were analyzed. Our study concluded that the higher prevalence of unfavorable tumor characteristics among adolescents seems to explain their worse outcome, the limited number of adolescents enrolled in STSC studied is worrisome and cooperation with adult oncologists needs to be improved. Another bad result is about prognosis of children with metastatic or resistant RMS: there is a strong need to find new strategies to improve the outcome of these patients. T and C are known to have activity against a variety of pediatric tumors so a T/C based chemotherapy has been proposed as second line CT for children relapsed after being treated in the STSC protocols. Our study shows that the T/C combination is tolerable in heavily pretreated patients; the response rate (RR) is somewhat lower when compared to other combinations tested in phase II studies but it’s of interest for the population with alveolar subtype. Clinical trials are one of the most important tools to explore new therapeutic approaches; for this reason the PhD involved a specific training in clinical trials management through participation to courses ad hoc, creation of a team committed to new drugs environment, participation to international phase II and III trials. During the last part of PhD the efforts were coordinated to write a phase II trial on treatment of leptomeningeal dissemination by RMS. Neoplastic meningitis is a devasting complication of both solid and hematologic tumors and despite treatment the median survival duration is in the range of 8-16 weeks. Among available therapeutic approaches intrathecal (IT) chemotherapy is one of the most widely used even if no impact on survival has been demonstrated. Few anticancer agents are used in this setting, therefore it’s essential to develop new IT agents with novel mechanism of action. Topotecan showed interesting results, then we designed a phase II study with IT topotecan in patients with RMS and EPNET tumors and leptomeningeal spread.
L’attività di ricerca del dottorato si è svolta press il Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova; l’ unità di Oncoematologia pediatrica è uno dei maggiori centri AIEOP (Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica) ed è il centro coordinatore per il protocollo EpSSG 2005 del comitato sarcomi tessuti molli per la cura dei sarcomi. L’obiettivo del dottorato era analizzare nuove strategie terapeutiche in bambini con tumori solidi recidivi o resistenti. Il lavoro si è svolto passando per l’analisi di dati su una popolazione di pazienti adolescenti affetti da rabdomiosarcoma (RMS), l’analisi di dati su pazienti con RMS resistente trattati con un regime basato su topotecan/carboplatino, una formazione specifica sui trials clinici per giungere all’obiettivo della stesura di un protocollo di fase II su RMS resistenti. Negli ultimi anni è emerso come in molte neoplasie gli adolescenti vadano peggio rispetto ai bambini; per capire se ciò è vero anche per i pazienti adolescenti con RMS, sono stati analizzati i risultati ottenuti dai pazienti con RMS trattati con i protocolli del STSC. Lo studio concludeva che l’outcome peggiore è giustificato per gli adolescenti da una maggior incidenza di caratteristiche prognostiche sfavorevoli, che il tasso di arruolamento nei protocolli è insoddisfacente e pertanto urge una migliore collaborazione con gli oncologi dell’adulto. La prognosi dei pazienti con RMS metastatico o resistente resta negativa a tutt’oggi: cè una forte esigenza di identificare nuove strategie per migliorare la sopravvivenza di questi pazienti. Topotecan e Carboplatino sono farmaci con nota efficacia in vari tumori pediatrici pertanto la loro combinazione è stata proposta come terapia di seconda linea nei bambini che ricadono dopo trattamento secondo i protocolli del STSC. Il nostro studio ha dimostrato che la combinazione è ben tollerata, che i tassi di risposta sono leggermente inferiori rispetto ad altri regimi precedentemente studiati ma interessanti in particolare per l’istotipo alveolare. I trials clinici sono uno degli strumenti più validi per esplorare nuove strategie terapeutiche; per questo buona parte dell’attività di dottorato è stata dedicata a una formazione specifica nella gestione dei trials clinici, attraverso la partecipazione a corsi, la formazione di un gruppo dedicato ai nuovi farmaci, la partecipazione a trials nazionali e internazionali di fase II e III. Durante l’ultima parte del Dottorato gli sforzi sono stati coordinati alla stesura di un protocollo di fase II per il trattamento delle meningosi da RMS/PNET. La meningite neoplastica è una complicanza devastante di neoplasie sia solide che ematologiche; indipendentemente dal trattamento la sopravvivenza si aggira sulle 8-16 settimane. Tra i vari trattamenti la chemioterapia intratecale (CT IT) è molto usata nonostante non vi sia dimostrazione che impatti sulla sopravvivenza. Vi sono pochi chemioterapici ad uso IT disponibili, quindi è necessario trovarne altri. Topotecan sembra promettente in tal senso, pertanto abbiamo disegnato un protocollo di fase II sull’uso di topotecan IT in bambini e adolescenti affetti da RMS/PNET con disseminazione leptomeningea.
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