Literatura académica sobre el tema "Mostre di Architettura"

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Artículos de revistas sobre el tema "Mostre di Architettura"

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Delledonne, Nicola. "L’arte del realismo onirico: architettura, pittura e letteratura nell’opera di Arduino Cantàfora". Quaderni d'italianistica 38, n.º 1 (18 de octubre de 2018): 223–50. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v38i1.31167.

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Il presente contributo critico interpreta l’opera di Arduino Cantàfora (1945) — architetto, pittore e scrittore — attraverso la nozione di realismo onirico, coniata per evidenziare la propensione dell’artista milanese a trasfigurare gli elementi della realtà secondo un processo tipico del mondo dei sogni. Tra l’inizio degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta del Novecento, egli affina una tecnica di lavoro destinata a diventare una peculiarità del suo modo di operare: prima progetta architetture, poi le dipinge e, infine, ne trae spunti per componimenti letterari. La sua è una ricerca che sottende una riflessione sullo spazio e sul tempo, ma, soprattutto, sulla frammentazione di queste due entità e sulla ricomposizione dei frammenti spaziali e temporali in un nuovo contesto. In ogni opera — per lo più racconti accompagnati da dipinti di architettura, ma anche grandi tele per mostre di pittura nonché libri di narrativa — ne sortisce un effetto straniante che sembra voler avvertire il lettore o l’osservatore dell’esistenza di una realtà onirica accanto a quella fattuale. È la realtà del ricordo che, trasformato dal trascorrere del tempo, diviene materiale per la creazione artistica. Il ‘ricordare’ così concepito, però, non è il risultato di una nostalgia insoddisfatta, bensì lo strumento attraverso cui l’artista avanza le sue personali idee di architettura, pittura e letteratura. Ecco allora che dietro l’apparenza malinconica delle immagini e le narrazioni allucinate prende corpo un’idea di città fatta di molte sedimentazioni storiche, nella quale il ricordo personale diviene memoria collettiva. Non solo. Esso diventa anche la testimonianza di una lotta per la città nel momento in cui la città si appresta a scomparire, subissata dalla metropoli, dalla megalopoli o, più banalmente, dal territorio diffuso. Tutte le opere menzionate nell’articolo suonano come un monito a non dimenticare quella città. Forse anche a sognarla.
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Casonato, Camilla y Marco Muscogiuri. "Il disegno "poietico" di Mario Bellini. Design, architettura, paesaggio". TERRITORIO, n.º 91 (junio de 2020): 113–27. http://dx.doi.org/10.3280/tr2019-091012.

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Nel 2018 si inaugurava a Milano la mostra ‘Mario Bellini. Il disegno del Progetto'. I disegni, che ripercorrevano la fortunata carriera dell'architetto, divengono ora lo spunto per una duplice riflessione. Da un lato il disegno è indagato nelle sue molteplici nature e finalità: quale ausilio alla memoria, come veicolo per vedere, come strumento di comunicazione e soprattutto come luogo di elaborazione del pensiero progettuale. Dall'altro si avvia, proprio attraverso il filtro del disegno, una riflessione sul rapporto tra uomo e spazio, in riferimento alle molteplici scale a cui opera l'architetto, dall'oggetto all'architettura al paesaggio. Attraversando oltre quarant'anni di storia recente, la mostra testimoniava anche la profonda trasformazione delle tecniche e delle modalità del disegno professionale, stimolando una riflessione sul mutare dei rapporti tra disegno e progetto anche in relazione all'avvento del digitale.
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Vingelli, Federica. "Architettura non estrattiva. Verso un'architettura senza sfruttamento di materia, energia, popoli". CRIOS, n.º 21 (noviembre de 2021): 86–92. http://dx.doi.org/10.3280/crios2021-021008.

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È possibile immaginare un'architettura e un modello di prosperità che non dipendano dalla continua estrazione ed esaurimento di risorse ed energia? La domanda è al centro di Non Extractive Architecure, un progetto multidisciplinare curato da Space Caviar, che elabora la visione di accademici e designers sulle relazioni tra le discipline del territorio e i principi capitalistici di accumulazione, sfruttamento e consumo. La dimensione del paesaggio risulta fondamentale in questa ricca piattaforma, indagata anche attraverso l'occhio esperto del fotografo Armin Linke. Il progetto vede l'organizzazione di una mostra (a Venezia presso Palazzo delle Zattere da Marzo 2021 a Gennaio 2022) e la pubblicazione di un volume omonimo, sui cui ragiona questo breve testo. L'obiettivo è ripensare un nuovo paradigma per un' architettura che sia in grado di non gravare sull'equilibrio del pianeta e dei popoli.
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Casali, Valeria. "The Modern Movement in Italy: Architecture and Design, 1953-1958". TERRITORIO, n.º 100 (noviembre de 2022): 142–51. http://dx.doi.org/10.3280/tr2022-100017.

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L'articolo propone una lettura della mostra di architettura ‘The Modern Movement in Italy: Architecture and Design' come catalizzatore di una molteplicità di interessi nel quadro dei processi dello scambio transatlantico culturale e disciplinare tra Italia e Stati Uniti della seconda metà del Novecento. Il testo ricostruisce i contenuti, l'ideazione, e la fortuna critica dell'evento, un'esposizione itinerante curata nel 1953 da Ada Louise Huxtable per l'International Program del Museum of Modern Art di New York in seguito a un soggiorno in Italia in qualità di borsista Fulbright. L'esposizione è interpretata come paradigma per guardare alla complessità e alla stratificazione multidirezionale che caratterizza la ricezione delle culture del progetto italiano nell'America dei primi anni '50.
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Lombardi, Andrea. "Il diavolo in corpo: una lettura del Decameron di Giovanni Boccaccio". Alea : Estudos Neolatinos 14, n.º 2 (diciembre de 2012): 180–200. http://dx.doi.org/10.1590/s1517-106x2012000200003.

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Considerare il Decameron esclusivamente un "classico" non rende giustiza alla sua struttura narrativa geometrica e complessa. Poiché ognuno dei suoi aspetti rivela il potenziale sovversivo della sua macchina narrativa. Le cento novelle con la loro cornice, che descrive l'epidemia della peste nera del 1348, ne fanno il primo libro organico della narrativa occidentale: un testo con una architettura peculiare. Una lettura attenta, però, può individuare una nuova novella, quella di numero 101 (nell'Introduzione alla quarta giornata): ciò che rivela la crisi finale della struttura chiusa, dell'architettura pianificata. Ciappelletto, protagonista della prima novella, diviene Santo da "peggiore uomo del mondo" che era; mentre Griselda, eroina dell'ultima delle cento novelle, mostra che la sua iperbolica virtù si trasforma in cinismo crudele. Così il Decameron crea il proprio futuro, rappresentando una mimesi ampia della sua epoca e, allo stesso tempo, avviando una rottura radicale ironica, o meglio elusiva: modello della commedia rinascimentale e dell'ermeneutica, nell'uso radicale dell'ironia. Possiamo forse considerare il Decameron una risposta istigante alla domanda attuale sulla natura di ciò che è contemporaneo.
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Ramazza, Elena. "Ripensare i confini: l’incursione degli architetti modernisti nel «lettering» di ispirazione medievale". Locus Amoenus 20 (22 de diciembre de 2022): 117–38. http://dx.doi.org/10.5565/rev/locus.460.

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Il presente studio esplora il contatto tra architetti modernisti catalani e la produzione di libri, sotto il punto di vista specifico del lettering di ispirazione medievale. L’indagine permette di approfondire le modalità di rielaborazione delle forme medievali durante il Modernismo, condivise anche dal restauro «in stile» alla maniera di Viollet-le-Duc e argomento spesso trascurato in quanto considerato una sfortunata inflessione del gusto. Allargando invece lo sguardo al contesto generale e alle fonti d’ispirazione, vediamo che tale rielaborazione risponde a una necessità di rigenerazione sociale e comunitaria, che si riflette anche nella parallela riscoperta dei manoscritti medievali e nel restauro del Monastero di Ripoll. Esaminando lo stato della paleografia dell’epoca, troviamo che le illustrazioni dei testi paleografici e il design degli architetti condividono l’ibridazione tra filologia e creatività artistica. Allo stesso tempo, la produzione di lettere goticheggianti da parte della tipografia editoriale mostra i contatti tra l’estetica medievalista e l’industria. Segue l’analisi delle esperienze di lettering degli architetti Lluís Domènech i Montaner, principale punto di contatto tra architettura ed editoria ed esploratore di numerosi stili di lettering medievale, Camil Oliveras i Gensana, che giunse a una sintesi tra forme medievali e moderne, Josep Vilaseca i Casanovas, collaboratore di Domènech, e infine dell’illustratore Josep Pellicer i Fenyé, che utilizzò l’ispirazione medievale insieme ad altre, a seconda delle finalità nella trasmissione del messaggio artistico.
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"Review: 11. Mostra Internazionale di Architettura". Journal of the Society of Architectural Historians 68, n.º 3 (1 de septiembre de 2009): 404–7. http://dx.doi.org/10.1525/jsah.2009.68.3.404.

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Tesis sobre el tema "Mostre di Architettura"

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Gari, Maria Belen <1988&gt. "BENI CULTURALI SOMMERSI:PROGETTAZIONE ED ALLESTIMENTO DI UNA MOSTRA DI FOTOGRAFIA SUBACQUEA COME TESTIMONIANZA NON DEPERIBILE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3299.

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La tesi nasce dal mio interesse legato al campo della fotografia, in particolare ho voluto approfondire la mia ricerca sulla fotografia subacquea. Come,grazie al mezzo fotografico, è possibile ottenere delle testimonianze non deperibili nel tempo dei beni culturali sommersi ed utilizzare la fotografia non solo a livello artistico, ma anche per la documentazione e la catalogazione dei reperti durante gli scavi. Per valorizzare questo aspetto ho deciso di progettare ed allestire un ipotesi di mostra virtuale, la quale ripropone in breve i tratti salienti della storia della fotografia subacquea, i pionieri, i diversi ambienti di lavoro e le loro particolarità, le attrezzature e le invenzioni introdotte in questo settore. Un elemento particolare di questa mostra è la realizzazione di un diorama. L’obiettivo è quello di lasciare un ricordo duraturo nel tempo di questa esperienza attraverso un impatto visivo e sonoro immediato. Un progetto che mette insieme ciò che ho appreso nei miei anni di studio universitario, che voglio e spero di poter riprodurre al meglio.
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Nicolin, Paola <1976&gt. "T68: il mondo in una mostra: il grande numero alla XIV Triennale di Milano: arte architettura ambiente". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2007. http://hdl.handle.net/10579/150.

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CAVENAGO, MARCO. "ARTE SACRA IN ITALIA: LA SCUOLA BEATO ANGELICO DI MILANO (1921-1950)". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/829725.

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Resumen
Nell’ottobre del 1921 a Milano nacque la Scuola Superiore di Arte Cristiana Beato Angelico. Responsabili dell’iniziativa: don Giuseppe Polvara, l’architetto Angelo Banfi, il pittore Vanni Rossi, affiancati dallo scultore Franco Lombardi, dai sacerdoti Adriano e Domenico Bernareggi, dall’ingegner Giovanni Dedè, dal professor Giovanni Mamone e dall’avvocato Carlo Antonio Vianello. Gli allievi del primo anno scolastico furono nove, due dei quali (gli architetti don Giacomo Bettoli e Fortunato De Angeli) destinati a restare per lunghi anni nella Scuola come docenti: così avvenne anche col pittore Ernesto Bergagna, iscrittosi l’anno seguente. A partire da quell’avvenimento il contesto italiano dell’arte sacra poté contare su un elemento di indiscutibile novità, destinato nel giro di pochi anni a una rapida, diffusa e pervicace affermazione nella Penisola. La fondazione della Scuola Beato Angelico mise un punto fermo nell’annoso dibattito sul generale declino dell’arte sacra che andava in scena da lungo tempo in Italia così come nei principali Paesi europei. La formula ideata da don Polvara metteva a sistema le proprie esperienze personali, artistiche e professionali con la conoscenza del contesto internazionale, di alcuni modelli esemplari e il confronto con gruppi e singole figure (artisti, critici, uomini di Chiesa) animate dal comune desiderio di contribuire alla rinascita dell’arte sacra. A cento anni dalla sua nascita – e a settanta dalla scomparsa del suo fondatore – la Scuola Beato Angelico (coi laboratori di Architettura, Cesello, Ricamo, Pittura e Restauro) prosegue tuttora nel compito di servire la Chiesa attraverso la realizzazione di arredi e paramenti sacri contraddistinti da una particolare cura dell’aspetto artistico e liturgico, oggetto di ripetute attestazioni di merito e riconoscimenti in ambito ecclesiastico. Ciò che invece finora manca all’appello è un organico tentativo di ricostruzione delle vicende storiche che hanno segnato la genesi e gli sviluppi di questa singolare realtà artistica e religiosa. Scopo di questa tesi è quindi la restituzione di un profilo il più possibile dettagliato e ragionato della storia della Scuola Beato Angelico, tale da riportare questa vicenda al centro di una situazione storica e di un contesto culturale complesso, attraverso una prospettiva di lavoro originale condotta sul filo delle puntualizzazioni e delle riscoperte. Stante il carattere “pionieristico” di questa ricerca, la vastità dei materiali e delle fonti a disposizione e la conseguente necessità di assegnare un taglio cronologico riconoscibile al lavoro si è optato per circoscrivere l’indagine ai decenni compresi tra il 1921 e il 1950, ovvero tra la fondazione della Beato Angelico e la scomparsa di Giuseppe Polvara. Come si vedrà, il termine iniziale viene in un certo senso anticipato dall’esigenza di tratteggiare al meglio gli antefatti e il contesto da cui trae origine la Scuola (tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo). L’anno assunto a conclusione della ricerca, invece, è parso una scelta quasi obbligata, coincidente col primo avvicendamento alla direzione della Beato Angelico oltre che dalla volontà di escludere dal discorso quanto andò avviandosi negli anni Cinquanta e Sessanta, ossia una nuova e diversa stagione nel campo dell’arte sacra (destinata, tra l’altro, a passare attraverso lo snodo rappresentato dal Concilio Vaticano II e dall’azione di S. Paolo VI), peraltro assai indagata dagli studi storico-artistici. Ciò che ha reso possibile la stesura di questa tesi è il fatto che essa si appoggi, in buona parte, su materiali archivistici inediti o, quantomeno, mai esaminati prima d’ora in modo strutturato. L’accesso ai materiali d’archivio più storicizzati e la loro consultazione (grazie alla disponibilità dimostrata dalla direzione della Scuola Beato Angelico) hanno condizionato in modo determinante la trattazione degli argomenti, la ricostruzione dei quali , in alcuni casi, è sostenuta esclusivamente dai documenti rinvenuti. La nascita della Scuola Beato Angelico non fu un accadimento isolato nel panorama della produzione artistica europea del tempo né un episodio estraneo a quanto, contemporaneamente, si andava dibattendo nel mondo ecclesiastico. La Scuola di Polvara nacque in un’epoca contrassegnata da grande fermento ecclesiale: si pensi agli Ateliers d’Art Sacré fondati da Maurice Denis e George Desvallières a Parigi nel 1919, solo due anni prima della Scuola milanese, i cui aderenti – tutti laici – professavano una religiosità intensa e devota. Ma, soprattutto, il modello determinante e più conosciuto da Polvara fu la Scuola di Beuron (Beuroner Kunstschule), nata nell’omonima abazia benedettina tedesca nell’ultimo quarto del XIX secolo a opera di padre Desiderius Lenz e sul cui esempio ben presto sorsero atelier specializzati nella produzione di arte sacra (arredi e paramenti a uso liturgico) in molte comunità benedettine dell’Europa centrale. L’affinità di Polvara con la spiritualità benedettina è un elemento-chiave della Scuola da lui fondata: dalla regola dell’ora et labora derivò infatti il concetto (analogo) di “preghiera rappresentata” (orando labora). L’organizzazione stessa della Scuola, impostata come in un’ideale bottega medievale dove maestri, apprendisti e allievi collaborano e convivono, riprende lo stile di vita monastico dei cenobi benedettini. Proprio al fine di conservare il più possibile il carattere della bottega medievale, il numero degli allievi ammessi alla Scuola non fu mai troppo elevato, così da mantenere un adeguato ed efficace rapporto numerico tra i discepoli e i maestri. Ancora, da Beuron la Beato Angelico trasse la particolare e inconfondibile forma grafica della lettera “e”, riconoscibile nelle numerose e lunghe epigrafi presenti in tante sue opere. Ultimo elemento in comune tra la Scuola milanese e quella tedesca – ma che si può imputare alla più generale fascinazione per l’epoca medievale – è l’unità di intenti che deve animare tutte le maestranze impegnate a creare un’opera collettiva e anonima ad maiorem Dei gloriam, dove il contributo del singolo autore rimane volutamente nascosto in favore del nome della Scuola. Ciò che differenzia, tuttora, la Scuola da analoghi centri di produzione di arte sacra è il fatto che essa poggi le fondamenta su una congregazione religiosa, la Famiglia Beato Angelico, un’idea a lungo coltivata da Polvara e approvata ufficialmente dall’autorità diocesana fra gli anni Trenta e Quaranta. Dalla comune vocazione alla creazione artistica sacra (“missione sacerdotale” dell’artista) discendono la pratica della vita comunitaria, la partecipazione ai sacramenti e ai diversi momenti quotidiani di preghiera da parte di maestri sacerdoti, confratelli e consorelle artisti, apprendisti, allievi e allieve. L’indirizzo spirituale tracciato dal fondatore per la sua Famiglia agisce ancora oggi a garanzia di una strenua fedeltà nella continuità di un progetto artistico e liturgico unico, messo in pratica da una comunità di uomini e donne legate fra loro dai canonici voti di povertà, castità e obbedienza ma soprattutto da un comune e più alto intento. Appunto per assicurare una prospettiva di sopravvivenza e futuro sviluppo della sua creatura, Polvara ebbe sempre chiara la necessità di mantenere unito l’aspetto della formazione (e quindi la didattica nei confronti degli allievi, adolescenti e giovani) con quello della produzione (spettante all’opera di collaborazione fra maestri, apprendisti e allievi). Dal punto di vista operativo le discipline artistiche, praticate nei vari laboratori in cui si articola la Scuola, concorrono, senza alcuna eccezione e nella citata forma anonima e collettiva, a creare un prodotto artistico organico e unitario, una “opera d’arte totale” che deve rispondere all’indirizzo dato dal maestro architetto (lo stesso Polvara), cui spettano devozione, rispetto e obbedienza. Alla progettazione architettonica viene dunque assegnata grande importanza e ciò comporta che le opere meglio rappresentative della Scuola Beato Angelico siano quegli edifici sacri interamente realizzati con l’intervento dei suoi laboratori per tutte o quasi le decorazioni, gli arredi, le suppellettili e i paramenti (come le chiese milanesi di S. Maria Beltrade, S. Vito al Giambellino, SS. MM. Nabore e Felice, o la chiesa di S. Eusebio ad Agrate Brianza e la cappella dell’Istituto religioso delle figlie di S. Eusebio a Vercelli). Quanto ai linguaggi espressivi impiegati dalla Scuola (il cosiddetto “stile”) si evidenziano la preferenza per il moderno razionalismo architettonico – un tema di stringente attualità, cui Polvara non mancò di dare il suo personale contributo teorico e pratico – e quella per il divisionismo in pittura, debitrice dell’antica ammirazione per l’opera di Gaetano Previati. Dall’interazione di queste due forme si origina un riconoscibile linguaggio, moderno e spirituale al tempo stesso, verificabile negli edifici come nelle singole opere, frutto di una profonda sensibilità che combina il ponderato recupero di alcune forme del passato (ad esempio l’iconografia paleocristiana reimpiegata nei motivi decorativi dei paramenti o nella foggia di alcuni manufatti, dal calice al tabernacolo, alla pianeta-casula) con lo slancio per uno stile moderno e funzionale adeguato ai tempi ma rispettoso della tradizione.
In October 1921, the Beato Angelico Higher School of Christian Art was born in Milan. Responsible for the initiative: Don Giuseppe Polvara, the architect Angelo Banfi, the painter Vanni Rossi, flanked by the sculptor Franco Lombardi, by the priests Adriano and Domenico Bernareggi, by the engineer Giovanni Dedè, by professor Giovanni Mamone and by the lawyer Carlo Antonio Vianello . There were nine pupils in the first school year, two of whom (the architects Don Giacomo Bettoli and Fortunato De Angeli) destined to remain in the School for many years as teachers: this also happened with the painter Ernesto Bergagna, who enrolled the following year. Starting from that event, the Italian context of sacred art was able to count on an element of indisputable novelty, destined within a few years to a rapid, widespread and stubborn affirmation in the Peninsula. The foundation of the Beato Angelico School put a stop to the age-old debate on the general decline of sacred art that had been staged for a long time in Italy as well as in major European countries. The formula conceived by Don Polvara put his personal, artistic and professional experiences into a system with the knowledge of the international context, some exemplary models and the comparison with groups and individual figures (artists, critics, men of the Church) animated by the common desire to contribute to the rebirth of sacred art. One hundred years after its birth - and seventy after the death of its founder - the Beato Angelico School (with the workshops of Architecture, Cesello, Embroidery, Painting and Restoration) still continues in the task of serving the Church through the creation of distinctive sacred furnishings and vestments. from a particular care of the artistic and liturgical aspect, object of repeated attestations of merit and acknowledgments in the ecclesiastical sphere. What is missing from the appeal so far is an organic attempt to reconstruct the historical events that marked the genesis and developments of this singular artistic and religious reality. The purpose of this thesis is therefore the return of a profile as detailed and reasoned as possible of the history of the Beato Angelico School, such as to bring this story back to the center of a historical situation and a complex cultural context, through an original work perspective conducted on thread of clarifications and rediscoveries. Given the "pioneering" nature of this research, the vastness of the materials and sources available and the consequent need to assign a recognizable chronological cut to the work, it was decided to limit the survey to the decades between 1921 and 1950, or between the foundation of Beato Angelico and the death of Giuseppe Polvara. As will be seen, the initial term is in a certain sense anticipated by the need to better outline the background and context from which the School originates (between the end of the 19th and the first decades of the 20th century). The year assumed at the end of the research, on the other hand, seemed an almost obligatory choice, coinciding with the first change in the direction of Beato Angelico as well as the desire to exclude from the discussion what started in the 1950s and 1960s, that is a new and different season in the field of sacred art (destined, among other things, to pass through the junction represented by the Second Vatican Council and by the action of St. Paul VI), which is however much investigated by historical-artistic studies. What made the drafting of this thesis possible is the fact that it relies, in large part, on unpublished archival materials or, at least, never examined before in a structured way. Access to the most historicized archive materials and their consultation (thanks to the availability shown by the direction of the Beato Angelico School) have decisively conditioned the discussion of the topics, the reconstruction of which, in some cases, is supported exclusively by documents found. The birth of the Beato Angelico School was not an isolated event in the panorama of European artistic production of the time nor an episode unrelated to what was being debated in the ecclesiastical world at the same time. The Polvara School was born in an era marked by great ecclesial ferment: think of the Ateliers d'Art Sacré founded by Maurice Denis and George Desvallières in Paris in 1919, only two years before the Milanese School, whose adherents - all lay people - they professed an intense and devoted religiosity. But, above all, the decisive and best known model by Polvara was the Beuron School (Beuroner Kunstschule), born in the homonymous German Benedictine abbey in the last quarter of the nineteenth century by father Desiderius Lenz and on whose example workshops specialized in the production of sacred art (furnishings and vestments for liturgical use) in many Benedictine communities in central Europe. Polvara's affinity with Benedictine spirituality is a key element of the School he founded: in fact, the (analogous) concept of "represented prayer" (orando labora) derived from the rule of the ora et labora. The very organization of the School, set up as in an ideal medieval workshop where teachers, apprentices and pupils collaborate and coexist, takes up the monastic lifestyle of the Benedictine monasteries. Precisely in order to preserve the character of the medieval workshop as much as possible, the number of students admitted to the School was never too high, so as to maintain an adequate and effective numerical ratio between disciples and masters. Again, from Beuron Fra Angelico drew the particular and unmistakable graphic form of the letter "e", recognizable in the numerous and long epigraphs present in many of his works. The last element in common between the Milanese and the German schools - but which can be attributed to the more general fascination for the medieval era - is the unity of purpose that must animate all the workers involved in creating a collective and anonymous work ad maiorem. Dei gloriam, where the contribution of the single author remains deliberately hidden in favor of the name of the School. What still differentiates the School from similar centers of production of sacred art is the fact that it rests its foundations on a religious congregation, the Beato Angelico Family, an idea long cultivated by Polvara and officially approved by the diocesan authority between the thirties and forties. From the common vocation to sacred artistic creation (the artist's "priestly mission") descend the practice of community life, the participation in the sacraments and the various daily moments of prayer by master priests, brothers and sisters artists, apprentices, pupils and pupils . The spiritual direction traced by the founder for his family still acts today as a guarantee of a strenuous fidelity in the continuity of a unique artistic and liturgical project, put into practice by a community of men and women linked together by the canonical vows of poverty, chastity. and obedience but above all from a common and higher intent. Precisely to ensure a prospect of survival and future development of his creature, Polvara always had a clear need to keep the training aspect (and therefore the teaching for students, adolescents and young people) united with that of production (due to the work of collaboration between teachers, apprentices and students). From an operational point of view, the artistic disciplines, practiced in the various laboratories in which the School is divided, contribute, without any exception and in the aforementioned anonymous and collective form, to create an organic and unitary artistic product, a "total work of art" which must respond to the address given by the master architect (Polvara himself), to whom devotion, respect and obedience are due. The architectural design is therefore assigned great importance and this means that the best representative works of the Beato Angelico School are those sacred buildings entirely made with the intervention of its laboratories for all or almost all the decorations, furnishings, furnishings and Milanese churches of S. Maria Beltrade, S. Vito al Giambellino, S. MM. Nabore and Felice, or the church of S. Eusebio in Agrate Brianza and the chapel of the religious institute of the daughters of S. Eusebio in Vercelli). As for the expressive languages used by the School (the so-called "style"), the preference for modern architectural rationalism is highlighted - a topic of stringent topicality, to which Polvara did not fail to give his personal theoretical and practical contribution - and that for Divisionism in painting, indebted to the ancient admiration for the work of Gaetano Previati. The interaction of these two forms gives rise to a recognizable language, modern and spiritual at the same time, verifiable in the buildings as in the individual works, the result of a profound sensitivity that combines the thoughtful recovery of some forms of the past (for example early Christian iconography reused in the decorative motifs of the vestments or in the shape of some artifacts, from the chalice to the tabernacle, to the chasuble-chasuble) with the impetus for a modern and functional style appropriate to the times but respectful of tradition.
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Falco, Andrea. "Agopuntura Urbana Jaime Lerner e la pianificazione urbanistica di Curitiba". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2407/.

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Questa riflessione sulla città contemporanea nasce dall’esigenza di definire delle pratiche d’intervento utili alla gestione di una realtà urbana. Seguendo il pensiero di studiosi delle varie discipline quali la composizione e l’urbanistica, mi assumo la responsabilità di analizzare una pratica urbana utile alla gestione delle realtà conflittuali, senza voler entrare nel merito di burocrazie, a volte caotiche, ma semplicemente seguendo l’aspetto sociale e urbanistico di un intervento. Un riflessione generale su quelle che sono le pratiche urbane contemporanee, alla ricerca di una soluzione che possa infine risolvere le problematiche delle città: Agopuntura Urbana. Durante lo studio delle dinamiche, che portano alla formazione di un tessuto urbano, spesso veniamo a conoscenza di realtà malate frutto della continua evoluzione della città. Il progresso, in ogni suo campo, ha anche determinato un’evoluzione del comportamento sociale: ci troviamo spesso all’interno di una frenetica rete d’idee e di cambiamenti. La strategia dell’Agopuntura Urbana proposta da Jaime Lerner ci fornisce le soluzioni per risolvere il corpo urbano e la sua visione olistica, le analisi, lo studio e le conseguenti soluzioni, le quali, non sono da ricercare nella complessità ma piuttosto nella semplicità degli interventi: un’oculata riqualificazione che metta in primo piano le necessità della collettività. Nell’incontenibile serie di eventi, che hanno caratterizzato l’ultimo secolo, ritroviamo una realtà che ricerca soluzioni: la società vuole soluzioni per migliorare le realtà sociali contemporanee all’interno del proprio panorama urbano. ANDREA FALCO
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CAROTTI, LISA. "I maestri dell'architettura moderna in mostra a Palazzo Strozzi: Wright, Le Corbusier e Aalto. Riflessi nella Scuola fiorentina". Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/2158/857097.

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La ricerca indaga la vicenda delle mostre di architettura organizzate a Palazzo Strozzi dal 1951 al 1966 e ideate da Carlo Ludovico Ragghianti come parte di un progetto politico-culturale di rinascita post-bellica. Il primo capitolo ricostruisce il pensiero di Ragghianti in rapporto all’architettura moderna e i presupposti teorici all’origine delle mostre. Nel secondo capitolo, attraverso i documenti testuali, i disegni e le fotografie, si è proceduto all’analisi puntuale dell’impostazione critica delle mostre e dei rispettivi allestimenti, al fine di verificarne la rispondenza con la teoria ragghiantiana. La ricerca si conclude con un’indagine sull’esito architettonico prodotto dalle mostre nell’ambito della Scuola fiorentina, attraverso una lettura di alcune opere rappresentative, per descrivere le diverse modalità e il grado di ricezione della lezione dei Maestri. In appendice una raccolta di scritti di Edoardo Detti, Raffaello Fagnoni e Leonardo Savioli, esprime a parole l’elaborazione condotta sul tema.
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Libros sobre el tema "Mostre di Architettura"

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1946-, Bellinelli Luca, Le Corbusier 1887-1965 y Courtiau Catherine, eds. Le Corbusier: La costruzione dell'immeuble Clarté = la construction de l'immeuble Clarté : mostre di architettura, Museo d'arte, Mendrisio, 18 dicembre 1999-6 febbraio 2000. Mendrisio (CH): Accademia di architettura dell'Università della Svizzera italiana, 1999.

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Politecnico di Torino. Sede di Mondovì, ed. Turismo nelle Alpi: Temi per un progetto sostenibile nei luoghi dell'abbandono : atti del convegno e documenti delle mostre, 29 novembre 2002, Politecnico di Torino, II Facoltà di architettura, sede di Mondovı̀. Torino: Celid, 2005.

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International Architectural Exhibition (5th 1991 Venice, Italy). Quinta Mostra internazionale di architettura. [Venice]: Edizioni La Biennale di Venezia, 1991.

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Episodi di architettura tra visioni e progetto: Mostra della Classe di architettura. Firenze: Edizioni Polistampa, 2019.

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Carlo, Pirovano y Biennale di Venezia, eds. Terza mostra internazionale di architettura: Progetto Venezia. Milano: Electa editrice, 1985.

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Carlo, Pirovano y Biennale di Venezia, eds. Terza mostra internazionale di architettura: Progetto Venezia. Milano: Electa editrice, 1985.

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Alison, Morris, Lockie Finlay y Arsenale di Venezia, eds. Next: 8. Mostra internazionale di architettura 2002. Venezia: Marsilio, 2002.

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Mostra internazionale di architettura La Biennale di Venezia: 1980-2021. Venezia: La Biennale di Venezia, 2021.

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People meet in architecture: Biennale architettura 2010 : la Biennale di Venezia, 12. Mostra internazionale di architettura. [Venice, Italy]: Marsilio, 2010.

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Arquitectura, Muestra Internacional de. 7. Mostra Internazionale di Architettura: Pabellón de España, Biennale di Venezia 2000. [s.l.]: Electa España, 2000.

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Capítulos de libros sobre el tema "Mostre di Architettura"

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Bevilacqua, Livia y Giovanni Gasbarri. "Percorsi di architettura armena a Roma Le missioni di studio e la mostra fotografica del 1968 tra premesse critiche e prospettive di ricerca". En Eurasiatica. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2020. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-469-1/003.

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Resumen
In 1966 a team of Italian scholars coordinated by Géza de Francovich inaugurated a series of study trips to the historic regions of Armenia, with the aim of collecting extensive photographic documentation of medieval churches and monasteries. The first result of these study trips was the photographic exhibition Architettura medievale armena (Rome, June-July 1968), a pioneering event that helped in spreading knowledge of Armenian art and architecture among a broader public in Italy and that became a springboard for new research projects in the eastern Mediterranean territories. This paper provides a critical reconstruction of the context and circumstances that led to the organisation of this exhibition.
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Actas de conferencias sobre el tema "Mostre di Architettura"

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Vidal Climent, Ciro, Maite Palomares Figueres y Ivo Vidal climent. "Between the heritage and the contemporaneity of the industrial city of Alcoy". En 24th ISUF 2017 - City and Territory in the Globalization Age. Valencia: Universitat Politècnica València, 2017. http://dx.doi.org/10.4995/isuf2017.2017.5812.

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Resumen
The ARA plan, acronym for Architecture and Rehabilitation of Alcoy, was the response to a collective desire of change and to the need for the renewal of an industrial city with a deeply rooted bourgeois and working-class base. The impulse and credibility that made possible the conception of the ARA plan came from a series of projects that consolidated seriously damaged zones of the historic center, and secondarily from the economic commitment of the Generalitat with urban projects of great disciplinary interest that, at that time, had the character of pioneers for their modern procedures of intervention on the inherited city.The common framework of Plan ARA hosted many urban proposals very different in their methodology. However the sense of their cohesion in the city was evident because behind them there was a thought of order necessary for the consolidation and modernization of the urban patrimony that future challenges would ask for. The most relevant architectural project was the renovation of the neighborhood of La Sang, which won the FAD Architecture Award in 1999, but for the citizens the evidence of a remarkable change came with the construction of the public parks. Since that moment the people perceived that an ambitious and clear idea of the city was giving shape to their daily domestic outer spaces.Unfortunately a mix of political and economical issues truncated or set aside important ongoing projects so the completion of the ARA plan was never reached. and the aspiration of becoming an strategic city was forgotten.References:Vidal Vidal, Vicente M. (1992) Il Piano Ara di Alcoy. Descrizione come premessa. Lotus 71. Lotus international. Rivista trimestrale di architettura. Electa.76de Solà-Morales, Manuel (1992) Il nucleo urbano antico come categoria di progetto. Il quartiere di La Sang. Lotus 71. Lotus international. Rivista trimestrale di architettura. Electa.86Cervellati, Pier Luigi and Scannavini, Roberto. Bolonia. Política y metodología de la restauración de centros históricos. Colección Materiales de la ciudad. Editorial Gustavo Gili. Barcelona 1976.Alcoi de Fil de Vint. Arquitectura y Rehabilitación de Alcoi. Generalitat Valenciana. Conselleria d’Obres Públiques, Urbanisme i Transports. Mostra Marzo- Abril 1991
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Davico, Pia. "Fortificazioni della Tunisia contese tra Spagnoli e Turchi a metà del secolo XVI, documentate dall’iconografia coeva. Un’analisi dal ter-ritorio all’architettura". En FORTMED2020 - Defensive Architecture of the Mediterranean. Valencia: Universitat Politàcnica de València, 2020. http://dx.doi.org/10.4995/fortmed2020.2020.11347.

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Resumen
Tunisian fortifications disputed between Spaniards and Turks in the mid-sixteenth century, documented by coeval iconography. An analysis from the territory to the architectureThe five volumes of the precious archival collection of drawings called Architettura Militare (Military Architecture), kept at the Archivio di Stato di Torino (Turin State Archive), propose documents made mostly by military engineers from the half of the sixteenth to the following first decade. The tomes collect mostly drawings of places under the aegis of the Duchy of Savoy, apart from the second one, dedicated to documents of Spanish military interest (Mediterranean Sea and Lombardy maps). As I pointed out at Fortmed Convention 2018, the reason why these documents are kept at the Turin State Archives is because of their belonging to Catherine of Aragon, daughter of the Spanish king and wife of Carlo Emanuele I di Savoia. In the volume Architettura Militare II (Military Architecture II) 26 tables, all datable from 1522 (Rhodes) to 1596 (Cadiz), concern territories, walled cities and fortifications, of islands and Mediterranean coasts, disputed by Christians and Turks for the supremacy on the sea. In the previous study I had examined drawings about Egypt, eastern Ottoman territories and Holy Land coasts, Spanish possessions as Perpignan and Cadiz bay. In this new study instead, I would like to examine in depth the iconography about Tunisia. Those drawings, so different from each other for scale and graphic quality, document those phases in which the Spanish control is characterized by alternate situations: the Iberian presidio dates back to 1535, reconquered by Ottomans in 1570, it is taken back in three years by Christians who keep it until 1574 only, when the whole Tunisian territory, precious bastion for the control of routes and trades, definitely returns in the hands of the Turks.
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Blečić, Ivan, Arnaldo Cecchini, Maurizio Minchilli y Valentina Talu. "Progettare la cittá di prossimitá per promuovere le "capacitá urbane" degli abitanti svantaggiati". En International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.8001.

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La promozione della qualità della vita urbana passa necessariamente attraverso la costruzione di una città inclusiva, una città effettivamente "usabile" da tutti i suoi abitanti. Anche e soprattutto da chi, a causa di una qualche condizione (permanente o temporanea), si discosta dall'immagine dell'abitante-tipo adulto, maschio, sano, istruito, ricco e automunito e non é quindi "capace" (o non lo è pienamente) di accedere ai luoghi, ai servizi, alle opportunità e alle informazioni della città che sono progettate, organizzate e governate precisamente in funzione delle esigenze e dei desideri di questo abitante-tipo. Rilevanti sono in tal senso i progetti e le politiche che si concentrano soprattutto sulle periferie con l'intento di promuovere la qualità della vita urbana quotidiana degli abitanti . Accanto ai grandi (e costosi) interventi di riqualificazione, particolarmente utili sono le trasformazioni a scala di quartiere, le "micro" trasformazioni, perché sono in grado di migliorare concretamente l'usabilità di quella che può essere definita "città quotidiana e di prossimità", la città, cioè, che gli abitanti conoscono, "usano" (o "userebbero" se fosse effettivamente accessibile e usabile) e di cui possono prendersi cura. L'articolo cerca di mostrare perché è efficace e pertinente un approccio legato ad una dimensione "micro" degli interventi, anche attraverso il racconto di alcune esperienze sul campo condotte da Tamalacà, un gruppo di ricerca e azione del Dipartimento di Architettura Design e Urbanistica (DADU) dell'Università di Sassari. Upgrading the quality of urban life necessarily goes hand in hand with building up an inclusive city, a city actually “usable” by all its inhabitants. The kind of project that is important from this point of view will focus on the most marginal areas of the city. Alongside the large, costly urban redevelopment interventions, transformations on a neighbourhood scale and "micro" dimension are particularly useful. This article attempts to show why an approach involving intervention linked with a “micro” dimension is effective and pertinent, and also describes a significant experiment carried out by the action research group TaMaLaCà of the Department of Architecture Design and Planning - Architecture at Alghero (University of Sassari) in the town of Sassari.
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Salamone, Giancarlo. "Towards the contemporary city. Reading method of post-unification restructuring of Trastevere in Rome". En 24th ISUF 2017 - City and Territory in the Globalization Age. Valencia: Universitat Politècnica València, 2017. http://dx.doi.org/10.4995/isuf2017.2017.6046.

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Towards the contemporary city. Reading method of post-unification restructuring of Trastevere in Rome Giancarlo Salamone Dipartimento di Architettura e Progetto. Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Roma. via Flaminia, 359. 00196 Roma. Dottorato di Ricerca in Architettura e Costruzione. Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Roma. via Antonio Gramsci, 53. 00197 Roma. E-mail: giancarlo.salamone@uniroma1.it Keywords (3-5): Restructuring, Rome, Trastevere, process, reading method, tools, analysis in urban morphology Conference topics and scale: Tools of analysis in urban morphology Trastevere, the only area of the historic center of Rome (together with the Vatican / Borgo complex) located on the right side of the Tiber river, shows a morphological structure that depends on the pre-existing substrate, both road that typological, which was modified during the post-unity period by the establishment of the Tiber fronts and, above all, by the opening of Viale Trastevere. In the way of thinking about urban morphology as a scalar product of the factors that influence each other, in particular building typology, local structure, overall structure and territory, and that contribute together to generate an organism, it is therefore possible to read this part of the historical center as the last product, but not definitive, of a "process". The reading method on the consolidated structure, later renovated in a post-unification era, is based on the analysis of the most abundant building typology and on the permanence and derivations of local typological processes that led to the formulation of the “line house” in nineteenth-century line, the predominant building type of roman expansion in nineteenth-twentieth century. The reading of the restructuring, understood as synchronic action on the historical center, has been implemented instead by the analysis of synchronic variations at “line house” through the research of all projects registered for the edification of each block. Thus we can see how the blocks resulting from the transformation, in the logic of a restructuring "contromaglia" like the one for the opening of Viale Trastevere, will be the result of the disconnection of the existing blocks in which the building type adopted has had to adapt to a lower return situations: a reading of a synchronic action on a diachronic process that gives us the modern morphological apparatus. References Muratori, S., Bollati, R., Bollati, S. and Marinucci, G. (1963) Studi per una operante storia urbana di Roma (Consiglio Nazionale delle ricerche, Roma). Maffei, G. L. and Caniggia, G. (1979) Lettura dell’edilizia di base (Marsilio, Venezia). Maffei, G. L. and Caniggia, G. (1984) Progetto nell’edilizia di base (Marsilio, Venezia). Vaccaro, P. and Ameri, M. (1984) Progetto e realtà nell’edilizia romana dal XVI al XIX secolo (Edizioni Calosci, Cortona). Corsini, M. G. (2001) Il tessuto e l’edilizia progettati in Italia dal 1870 al 1930. Permanenza e derivazioni dei processi tipologici locali (Edizioni Kappa, Roma). Archivio Storico Capitolino, archival sources on restructuring area of Trastevere and permanence and derivations of local typological processes.
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Como, Alessandra, Luisa Smeragliuolo Perrotta y Carlo Vece. "Agro-Urban Landscape: the case study of Monteruscello-Naples". En 24th ISUF 2017 - City and Territory in the Globalization Age. Valencia: Universitat Politècnica València, 2017. http://dx.doi.org/10.4995/isuf2017.2017.6288.

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If the morphology and the studies on the urban form are closely related to the social aspects and are responsibility of architects and policy makers, the issue becomes even more complicated if we're talking about cities with a high number of buildings under public ownership or urban fragments with important dimensions. In Italy there is a very rare case of recent foundation that is the neighborhood Monteruscello in the city of Pozzuoli. Built in the 80s to face the bradisism events that had made uninhabitable other city areas, Monteruscello today, for its dimension, can be considered a "city in the city" where the 90% of the buildings are under public ownership. The neighborhood's project is designed by Agostino Renna who had built Monteruscello through analogical composition with fragments of spatial references of other places and cities. The architect has put in the neighborhood - mainly made up of rural areas - its urban model adapting it to the specific geography of places. During the years the neighborhood has never built an own identity becoming one of the most degraded areas of the city. The paper deals with the issue of urban form and morphology today starting from the study of Monteruscello - as imagined by its creator through the critical issues that underlie its design - and through an experimental design of a new agro-urban landscape for the neighborhood that involves three hectares of public green spaces - now abandoned - turning them into agricultural lands to urban use and growth resource. References Renna, A. (ed.) (1980) L’illusione e i cristalli : immagini di architettura per una terra di provincia (Clear, Roma) Giglia, A. (1997) Crisi e ricostruzione di uno spazio urbano : dopo il bradisismo a Pozzuoli : una ricerca antropologica su Monteruscello (Guerini, Milano) Capozzi, R. (ed.) (2016) Agostino Renna : la forma della città (Clean, Napoli) Pagano, L. (ed) (2012) Agostino Renna : rimontaggio di un pensiero sulla conoscenza dell’architettura : antologia di scritti e progetti 1964-1988 (Clean, Napoli)
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