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Chaput, Emmanuel. "Dalla morte di Dio alla morte dell'Uomo. Umanesimo di Feuerbach e antiumanesimo poststrutturalista". SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), n.º 72 (febrero de 2022): 135–52. http://dx.doi.org/10.3280/las2021-072010.

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Lind, Andreas. "Fino Alla Morte… (Fil 2, 8). Come la ‘Morte di Dio’ Rende intellegibile Vivere la Fede". Revista Portuguesa de Filosofia 71, n.º 1 (30 de abril de 2015): 211–27. http://dx.doi.org/10.17990/rpf/2015_71_1_0211.

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Mazurowski, Wiesław. "Życie i śmierć męczenników przykładem wierności Bogu". Verbum Vitae 11 (14 de enero de 2007): 187–216. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1423.

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Resumen
L'articolo tratta del martirio dei preti di Pelplin, di cioe le vittime delta seconda guerra mondiale, morti in nome della fedelta a Dio ed alla loro vocazione. Tutti che hanno subito la morte dalle mani dei nazisti per causa del loro odio verso la fede, hanno conservato la fede ed hanno dato agli altri la testimonianza delta fedelta a Dio.Le varie forme delta fedelta a Dio e alla loro vocazione si puo intravedere da tutti i candidati all'onore di martirio. Dagli uni dominava un ministero sacramentale, dagli altri un lavoro intellettuale, ancora dagli altri una preoccupazione per i poveri e bisognosi. ,,Vi sono diversita di carismi, ma uno solo e lo Spirito; vi sono diversita di ministeri, ma uno solo e il Signore; vi sono diversita di operazioni, ma uno solo e Dio, che opera tutto in tutti" (1 Corinzi 12,4-6).Si presenta la fedelta a Dio ed alla Nocazione sacerdotale: coll'assistenza per i poveri sull'esempio di vita e martirio di Rev. Antoni Henryk Szuman ( 1882-1939); coll'edilizia degli oggetti sacrali di Rev. Konstantyn Krefft ( 1867 -1940); col paziente subire di picchiate ed umiliazioni di Rev. Paweł Prabucki (1893-1942). Pure anche un lavoro intellettuale e una forma di fedelta a Dio. Ce ne hanno dato un esempio il Rev. Józef Roskwitalski (1893-1939) e Rev. Piotr Sosnowski (1899-1939). La difesa della castita e intoccabilita della natura umana davanti al martirio e stata una forma di fedelta presentata da Rev. Reginald Krzyżanowski (1894-1939) e Rev. Jan Lesiński (1908-1940). Rev. Bernard Łosiński (1865-1940) ha dato un esempio di un uomo umile, particolarmente davanti alla morte. Rev. Jan Hamerski (1880-1939) ha sperimentato una particolare forza di proclamazione della parola di Dio. Rev. Cyryl Karczyński (1884-1940) fu un eccezionale propagatore della cultura popolare polacca. Infine Rev. Franciszek Nogalski (1911-1939) ha dato la sua vita per gli altri, e Rev. Stefan Radtke (1890-1940) s'e dimostrato veritiero dichiarando davanti degli oppressori di essere un sacerdote.Dei martiri presentati sono come una risposta ai dubbi dell'uomo contemporaneo che si chiede sulla possibilita e lo stato di una familianta dell'uomo con Dio. G li esempi di vita dei martiri che umanamente parlando si sono trovati in una situazione senza uscita, sono un ammonimento su come non abbattersi davanti al male ed alla violenza trionfanti.
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Vagnoni, Mirko. "Roberto d’Angiò nella gloria della Morte". Eikon / Imago 10 (8 de febrero de 2021): 241–58. http://dx.doi.org/10.5209/eiko.74149.

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Il presente contributo intende analizzare il significato iconografico della famosa pala d’altare di Simone Martini ‘San Ludovico di Tolosa incorona re Roberto d’Angiò’ (1317-1319), attualmente conservata al Museo di Capodimonte di Napoli. La storiografia ha generalmente interpretato la sua scena principale come la raffigurazione della rinuncia di Ludovico al titolo regio e la conseguente incoronazione di Roberto a re di Napoli. In particolare, il manufatto è stato considerato come il frutto di una vera e propria strategia di comunicazione politica messa in scena dal re di Napoli al fine di legittimare la sua contestata successione al trono. Al contrario, partendo da una lettura che inquadri la pala all’interno del suo contesto di utilizzo e di fruizione e che ponga l’accento sulla sua specifica funzione, il presente testo propone di interpretare il messaggio di questa opera d’arte in relazione al ruolo di intercessore presso Dio a favore dell’anima dei membri della casata d’Angiò attribuito a San Ludovico. In tal senso, essa rappresenterebbe, in una chiave prettamente religiosa, Roberto d’Angiò morto mentre sta ricevendo la corona della vita eterna nel Regno dei Cieli.
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Korzec, Cezary. "Prorok wobec zła i władzy (2 Sm 12,9)". Verbum Vitae 14 (14 de diciembre de 2008): 17–38. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1477.

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L’intervento di profeta Natan, racontato nel 2 Sam 12, smaschera Davide come committente della morte di Uria. Il male commesso e stato possibile grazie al potere reale del re di Israele. La situazione e una tra le molte racontate dalla Bibbia: il male trova spesso appoggio nel potere. Nell’articolo viene offerta una analisi detagliata del testo di Am 2,6-8 sotto questo aspetto. Il male che perverte la vita di Israele trova l’appoggio nelle istituzioni che sono state convocate per protteggere la santitià della vita del popolo di Dio. Nelia visione profetica della vita di società di cui testimoniaza offre Am 2,6-8 il male non e qualcosa banale o accidentale. È un vero proggetto portato avanti grazie all’esistenza delle vere strutture che ne danno appoggio.
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Pałucki, Jerzy. "Jezus jako Zbawiciel w nauczaniu Paulina z Noli". Verbum Vitae 1 (15 de junio de 2002): 253–69. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1321.

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La teologia di Paolino di Nola nasce dalla sua contemplazione della persona di Cristo-Salvatore. E una teologia tutta centrata sul ruolo di Ges— nella storia della salvezza e nella vita di ogni uomo battezzato. Per ogni cristiano Ges—u Salvatore Š Fonte della grazia, paragonata all'acqua che purifica e d la vita. Cristo Š come una pietra della quale costantemente zampilla per loro l'acqua viva dello Spirito Santo. Nel Cristo-Salvatore si rivela anche la misericordia di Dio verso le sue creature. La sua morte salvifica unisce il popolo eletto con i popoli pagani, creando un unico popolo di Dio; vince pure la dicotomia generata dal peccato originale nel'uomo.
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Witczyk, Henryk. "„Godzina” Jezusa – Ofiara zbawczej męki, śmierci i zmartwychwstania". Verbum Vitae 8 (14 de diciembre de 2005): 117–36. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1395.

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Gesu durante la sua vita terrena si rivela come colui che va incontro all'uomo. Ai malati porta la salute, ai peccatori il perdono, agli indemoniati la liberta, ai morti ridona la vita. In Lui si avvicina il Regno di Dio. lncomincia il tempo della salvezza escatologica. Crea attorno a se una comunita d'amore composta dalie persone che vengono da Lui o attirate dalia sua bonta. Le parole di Gesu e le sue opere rivelano la sua pro-esistenza salvifica. La salvezza anticipata nellia terrestre pro-esistenza di Gesu - raggiunge la sua pienezza nella sua Pasqua. In questo momento l'opera delia salvezza raggiunge ił suo apice: Gesu offre agli uomini se stesso. La croce di Cristo - vissuta come sacrificio pasquale - espia i peccati e permette ad ogni uomo di entrare nella nuova alleanza con Dio. La croce di Cristo e stata anticipata nell'evento dell'Ultima Cena. Fra questi due eventi esiste inscindibile connessione. L'avvenimento dell'Ultima Cena consiste nel fatto che Gesu distribuisce il suo Corpo e il suo Sangue, ossia la sua esistenza terrena, dando se stesso. La morte violenta di Gesu, vissuta nell'obbedienza filiale e nell'amore, viene trasformata in un sacrificio volontario, in quest'atto d'amore che e la redenzione del mondo. In modo esplicito l'amore infinito di Cristo - testimoniato sulla Croce - viene rivelato nelle parole dell'Ultima Cena. L'Eucaristia e presenza del Sacrificio di Cristo che consiste nel sommo atto di donazione, dell'amore "sino alla fine". Gesu, nelle parole dell'istituzione dell'Eucaristia che provengono dalla terminologia sacrificale dell'Antico Testamento trasformata in linguaggio personale, esprime la verita salvifica che egli e il Sacrificio reale e definitivo. Dio non ha bisogno di tori e vitelli. Dio aspetta quell'amore infinito, che e l'unica vera conciliazione fra cielo e terra. Questo stesso amore donato nell'Eucaristia agli uomini espia i loro peccati, crea la nuova alleanza e porta loro nel regno di Dio.
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Crovetto, Fernando. "Eredità del magistero di Pio XII. Convegno nel 50º anniversario della morte del Servo di Dio". Anuario de Historia de la Iglesia 18 (18 de abril de 2018): 367–68. http://dx.doi.org/10.15581/007.18.9825.

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Santovito, Viviana. "Verità della physis e menzogna sociale: Doktor Glas, un Übermensch fallito?" ACME 74, n.º 2 (14 de septiembre de 2022): 167–80. http://dx.doi.org/10.54103/2282-0035/18666.

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Questo studio investiga quali siano i punti di contatto tra il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche e lo scrittore svedese Hjalmar Söderberg nel romanzo di quest’ultimo Doktor Glas. L’articolo prende in esame due testi nietzschiani finora poco messi in relazione con l’opera söderberghiana, Über Wahrheit und Lüge im außermoralischen Sinne e Die fröhliche Wissenschaft, evidenziando gli influssi che il pensiero del filosofo tedesco ha esercitato sulla concezione del Doktor Glas. L’analisi prende le mosse dai concetti di menzogna e conoscenza così come formulati in Über Wahrheit und Lüge im außermoralischen Sinne e dal concetto di “morte di Dio”, identificando in quest’ultimo il crollo della metafisica nel pensiero filosofico europeo a partire dalla rivoluzione copernicana. Il saggio illustra come a questo cambiamento sia sopraggiunto lo svilupparsi di una nuova sensibilità tecnico-scientifica legata alla physis, cambiamento che vede nella figura del medico il suo massimo esponente. L’articolo mette dunque in luce come nel Doktor Glas il passaggio dalla metafisica alla physis venga rappresentato come un momento di crisi esistenziale, non avendo il medico la capacità di superare il trauma della perdita della metafisica. Quest’incapacità è causata dalla conoscenza, la quale se offre la possibilità di scoprire le menzogne usate dalla società, non consente però di trovare lo stimolo per superare la condizione di vuoto causata dalla “morte di Dio”. Söderberg fornisce dunque nel suo romanzo un’interpretazione pessimistica della crisi di Fin de siècle, inquadrando nella paralisi interiore del dottor Tyko Gabriel Glas e l’omicidio inconcludente del pastore Gregorius il fallimento del passaggio dal paradigma metafisico al paradigma della physis e l’impossibilità di superare la crisi tramite una metamorfosi nella condizione di Übermensch.
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Wróbel, Mirosław Stanisław. "Władza w Ewangelii św. Jana". Verbum Vitae 14 (14 de diciembre de 2008): 135–52. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1484.

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L'autore presenta il probierna dell'autorita nel IV Vangelo e lo situa sullo sfondo della teologia di Giovanni. Si parte dall'individuare i testi, in cui si trova la parola exousia. La lettura di questi testi permette di discutere diversi aspetti dell'autorita presentati nel IV Vangelo: l'autorita del Padre, l'autorita del Figlio, l'autorita dei nemici di Dio e l'autorita dei discepoli. Il Padre e la Fonte e ił Soggetto dell'autorita, la quale comunica al Figlio. Gesu attraverso la sua missione, la quale culmina nella morte sulla croce, rivela l' essenza dell 'autorita com e Amore e Vita. In questo modo Gesu vince l'autorita delle tenebre e del peccato. La vittoriosa missione del Figlio si prolunga nella vita dei suoi discepoli, i quali grazie allo Spirito Santo partecipano nel mistero salvifico di Dio Padre.
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Witczyk, Henryk. "Eucharystia - sakrament zbawienia dla wielu". Verbum Vitae 1 (15 de junio de 2002): 123–54. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1315.

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Resumen
Gesù durante la sua vita terrena si rivela come colui che va incontro all’uomo. Ai malati porta la salute, ai peccatori il perdono, agli indemoniati la libertà, ai morti ridona la vita. In Lui si avvicina il Regno di Dio, incomincia il tempo della salvezza escatologica. Crea attorno a se una comunità d’amore composta dalle persone che vengono da Lui o attirate dalla sua bont . Le parole di Gesù e le sue opere rivelano la sua pro-esistenza salvifica. La salvezza –anticipata nella terrestre pro-esistenza di Gesù – raggiunge la sua pienezza nella sua Pasqua. In questo momento l'’opera della salvezza raggiunge il suo apice: Gesù offre agli uomini se stesso. La croce di Cristo – vissuta come sacrificio pasquale – espia i peccati e permette ad ogni uomo di entrare nella nuova alleanza con Dio. La croce di Cristo è stata anticipata nell’evento dell'’Ultima Cena. Fra questi due eventi esiste inscindibile connessione. L’avvenimento dell'’Ultima Cena consiste nel fatto che Gesù distribuisce il suo Corpo e il suo Sangue, ossia la sua esistenza, dando se stesso. La morte violenta di Gesù, vissuta nell’'obbedienza filiale e nell’amore, viene trasformata in un sacrificio volontario, in quest’atto d’amore che è la redenzione del mondo. In modo esplicito l'amore infinito di Cristo – testimoniato sulla Croce – viene rivelato nelle parole dell'’Ultima Cena. L'’Eucaristia è presenza del Sacrificio di Cristo che consiste nel sommo atto di donazione, dell’'amore „sino alla fine”. Gesù, nelle parole dell'’istituzione dell’'Eucaristia esprime la verit salvifica che egli è il Sacrificio reale e definitivo. Dio aspetta quell’amore infinito, che è l’unica vera conciliazionefra cielo e terra.
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Wronka, Stanisław. "Jan Paweł II – człowiek dobry". Ruch Biblijny i Liturgiczny 58, n.º 2 (30 de junio de 2005): 85. http://dx.doi.org/10.21906/rbl.586.

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Resumen
L’andare di Giovanni Paolo II alla casa del Padre ha toccato profondamente tutti, credenti e non credenti. Il modo in cui il Papa viveva i suoi ultimi giorni, segnati dalla sofferenza, la sua pasqua dalla morte alla vita in Dio, ha confermato definitivamente la sua grandezza. Agli occhi del mondo è sfavillata la sua bella umanità e allo stesso tempo si è aperto unenorme e doloroso vuoto. La vicenda dell’uomo rassomiglia a quella di un albero: si può valutarne bene la grandezza, salute e posto nel paesaggio solo quando è abbattuto.L’umanità del Santo Padre era tutta tessuta dei valori massimi di verità, libertà, amore... Il Papa li realizzava con radicalismo e coraggio che però sapeva unire alla mitezza e rispetto verso gli altri. Questa difficile sintesi testimonia il suo genio morale. Il fondamento dell’umanità di Giovanni Paolo II era la fede in Dio che rafforza le naturali capacità dell’uomo e permette di unire tutti gli elementi della realtà umana, inclusa la sofferenza e morte, in un armonioso insieme. Il legame con Dio non lo separava dagli uomini, ma lo apriva ancor di più a loro. Infatti, accanto a lui si radunavano sia giovani che adulti ed egli li univa sulla base dei valori che riconosceva. Col passare del tempo, la comunità attorno a lui aumentava, nel giorno del suo funerale abbracciava pressoché tutto il mondo. Ciò dimostra la giustezza dell’antropologia evangelica alla cui luce costruiva tutta la sua vita.I mezzi con cui il Santo Padre foggiava la sua umanità erano semplici, ma esigenti. La fonte della forza e della luce costituiva per lui soprattutto una fervida e costante preghiera, frequente partecipazione ai sacramenti e sistematica meditazione sulla Parola di Dio. A queste pratiche religiose univa un solido studio delle diverse materie: letteratura, filosofia, teologia. Con passione perseguiva la verità, voleva raggiungere l’essenza delle cose e fenomeni, trattava le questioni del tempo, confrontava i risultati delle sue riflessioni con le opinioni degli scienziati, artisti, politici. La luce della fede unita alla sapienza umana lo faceva un profeta dei nostri tempi che vedeva più lontano e più profondamente e influiva in modo efficace sul corso della storia. Poteva operare così molto grazie alla sua enorme laboriosità, sfruttamento di ogni istante e fedeltà nel poco.In verità per il Papa niente era di poco valore, egli scorgeva in tutto la straordinarietà, dappertutto scopriva con meraviglia le tracce della bellezza, sapienza e amore di Dio – nell’uomo, negli eventi, nella natura. Voleva rispondere a questo amore anche con amore con il quale abbracciava Dio, uomini e ogni creatura. L’amore faceva sì che non si sentisse mai annoiato né stanco e che esercitasse così forte influsso sugli altri. La gente si affezionava a lui, ricambiando il suo amore paterno e cercava di tramandarlo oltre, tentando perfino di riconciliarsi con i nemici. Infatti, è difficile resistere al potere dell’autentico amore!Di Giovanni XXIII si diceva: „Papa buono”, invece di Giovanni Paolo II si dice in modo più principale: „uomo buono”, poiché in lui si è manifestata nella misura rarissima la stessa umanità, la sua forma piena. Essere buono vuol dire essere vicino a Dio che come unico è veramente buono e fonte del bene. Dunque l’uomo buono è anche santo e grande. Tale era Giovanni Paolo II, perché cercava sempre di stare vicino a Dio, seguendo Cristo e la sua Madre. In questo cammino lo aiutavano la tradizione e la cultura polacca che nelle loro espressioni più alte sono fino in fondo evangeliche.
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Szymik, Jerzy. "Źródło i pragnienie. Teologia znaków czasu w służbie prymatu Boga". Verbum Vitae 14 (14 de diciembre de 2008): 219–40. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1482.

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L'autore propone una lettura dei segni del tempo post-moderno, i quali parlano di Dio come desiderio dell'uomo e pure come fonte che disseta i suoi bisogni. Si parte dalla discussione sul significato dell'espressione "segno del tempo". Dopo un periodizzamento del tempo contemporaneo vengno identificati i tre segni negativi: l'ateismo agressivo, la sociobiologia e la societa dominata dalla hybris. In seguito- vengono individuati i tre segni positivi: il papato, la morte del Giovanni Paolo II nel2005 e le nuove forme di bene generate dana trasformazione della mentalita moderna. Si conclude con alcuni postulati per la teologia dogmatica.
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Saj, Marek. "Prawna strona ślubu posłuszeństwa". Prawo Kanoniczne 53, n.º 3-4 (15 de octubre de 2010): 29–41. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2010.53.3-4.01.

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L’obbedienza religiosa che i membri degli istituti religiosi s’impegnano con il voto a praticare, si basa sull’insegnamento e sull’esempio di vita di Gesù Cristo. Tutta la sua vita costituisce il fondamento e la radice di questo consiglio evangelico. Perciò i religiosi assumono l’obbedienza nello spirito di fede e di amore verso Cristo che proprio per amore dell’uomo si fece obbediente al Padre fino alla morte. Accanto agli elementi strettamente teologici, importanti per capire e praticare questo consiglio, l’obbedienza religiosa possiede anche i suoi elementi giuridici, descritti nel diritto canonico della Chiesa e concretizzati nel diritto proprio degli istituti. L’essere obbedienti a Dio si manifesta nell’obbedienza alla volontà dei superiori. Proprio loro, in quanto rappresentanti di Dio, possono dare ordini ai propri subordinati, in accordo con le costituzioni dell’istituto. Avendo tali competenze devono, però, esercitare il proprio potere sempre come servizio alla comunità ed essere un esempio di fedeltà alla vocazione e di fervore nella sua realizzazione. Insostituibile è il ruolo che nella comune ricerca della volontà divina gioca il dialogo. La legislazione di ogni istituto lo mette ben in rilievo. Siccome l’obbedienza è uno dei più importanti elementi della vita religiosa, la sua mancanza può produrre serie conseguenze canoniche, perfino l’esclusione dall’istituto.
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Saj, Marek. "Prawna strona ślubu posłuszeństwa". Prawo Kanoniczne 53, n.º 1-2 (9 de enero de 2010): 129–45. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2010.53.1-2.07.

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L’obbedienza religiosa che i membri degli istituti religiosi s’impegnano con il voto a praticare, si basa sull’insegnamento e sull’esempio di vita di Gesù Cristo. Tutta la sua vita costituisce il fondamento e la radice di questo consiglio evangelico. Perciò i religiosi assumono l’obbedienza nello spirito di fede e di amore verso Cristo che proprio per amore dell’uomo si fece obbediente al Padre fino alla morte. Accanto agli elementi strettamente teologici, importanti per capire e praticare questo consiglio, l’obbedienza religiosa possiede anche i suoi elementi giuridici, descritti nel diritto canonico della Chiesa e concretizzati nel diritto proprio degli istituti. L’essere obbedienti a Dio si manifesta nell’obbedienza alla volontà dei superiori. Proprio loro, in quanto rappresentanti di Dio, possono dare ordini ai propri subordinati, in accordo con le costituzioni dell’istituto. Avendo tali competenze devono, però, esercitare il proprio potere sempre come servizio alla comunità ed essere un esempio di fedeltà alla vocazione e di fervore nella sua realizzazione. Insostituibile è il ruolo che nella comune ricerca della volontà divina gioca il dialogo. La legislazione di ogni istituto lo mette ben in rilievo. Siccome l’obbedienza è uno dei più importanti elementi della vita religiosa, la sua mancanza può produrre serie conseguenze canoniche, perfino l’esclusione dall’istituto.
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Secchi Tarugi, Luisa. "Etica e politica di Lorenzo il Magnifico". Tabula, n.º 17 (16 de noviembre de 2020): 331–44. http://dx.doi.org/10.32728/tab.17.2020.13.

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Lorenzo de’ Medici, uomo di profonda fede, data la mirabile educazione ricevuta in famiglia, accettò il governo della città dopo la morte del padre, Piero il Gottoso, come dovere, sentendone il peso, data la sua giovane età di 21 anni, secondo quanto lui stesso dice “mal volentieri accettai”. In tutta la sua vita, non molto lunga, privilegiò come fine il conseguimento del bene comune e non il proprio interesse. Attento anche alle situazioni dei meno fortunati, come il popolo fiorentino e i contadini del Mugello, si rivelò un abile politico che riuscì ad equilibrare la politica dei vari staterelli italiani, ma non dimenticò mai quale fosse il traguardo vero della vita dell’uomo e cioè guardare verso Dio staccandosi dalle ambizioni della vita terrena. Soprattutto raccomandò ai figli di saper governare diventando esempio “perché il signore deve essere servo de’ suoi servi” come scrive nella Sacra rappresentazione di Giovanni e Paolo messa in scena il 17 febbraio 1491 nella Compagnia del Vangelista.
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Misiarczyk, Leszek. "Początki chrześcijańskiej nauki o wcieleniu w pismach Ojców Apostolskich". Vox Patrum 38 (31 de diciembre de 2000): 21–40. http://dx.doi.org/10.31743/vp.7228.

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S. Ignazio di Antiochia polemizzando con i doceti giudaizzanti difende energicamente la realta dell'incarnazione sottolineando che Cristo ha assunto una vera e non fittizzia carne umana, e nato veramente dalla Vergine Maria dalla stirpe di Davide, veramente pati sulla croce, veramente e morto e risorto nei tempi di Ponzio Pilato e di Erode. Perfino dopo la sua risurrezione si e comportato hos sarkikos. Ignazio prende come punto di partenza delle le sue riftesioni sull'incarnazione di Cristo la realta delle sue sofferenze e della morte sulla croce negati dalle correnti del pensiero che con difficolta accettavano il Messia sofferente. Vescovo di Antiochia non adopera mai il termine soma per descrivere la vera carne di Cristo, ma sempre sarks intendendo con quest'ultimo la vera natura umana di Cristo. Egli difende quindi anche contro i sudetti doceti giudaizzanti e le speculazioni gnostiche la realta sia della vera natura umana che quella divina in Cristo. Di conseguenza il termine agennetos lo riferisce non alla persona di Dio Padre come sara fatto piu tardi, ma alla natura di Cristo. Il mistero dell'incarnazione Ignazio lo descrive secondo lo schema pneuma-sarks; intendendo con pneuma la natura divina e con sarks la natura umana di Cristo. Infine nel suo testo chiave definisce Cristo perfino come en sarki genomenos theos. E' importante notare che nelle Lettere di Ignazio troviamo l'esempio di una cristologia pneumatica conforme ai dati della rivelazione, quindi „ortodossa".
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Fantuzzi, Gianni. "L'uso della violenza come ricerca dell'impossibile. Ipotesi interpretative per un intervento psicoanalitico". GRUPPI, n.º 2 (octubre de 2010): 119–26. http://dx.doi.org/10.3280/gru2009-002013.

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Come ha sottolineato Renato de Polo: "Con la violenza ci si prefigge di conseguire degli obiettivi impossibili: ogni gruppo esige di affermare la propria purificazione assoluta attribuendo la colpa all'altro per mezzo della proiezione di tutto il male su di esso". Partendo da questo spunto, si sostiene l'ipotesi che il perpetuarsi del conflitto tra israeliani e palestinesi derivi, oltre che da motivazioni geo-politiche ed economiche, anche da cause psicologiche. L'attribuzione del male e della distruttivitŕ all'altra parte ha lo scopo di purificarsi e di liberarsi dal pericolo che il proprio potenziale maligno potrebbe danneggiare anche le persone amate. L'ulteriore riflessione che viene proposta in questo lavoro riguarda il fanatismo religioso: esso permette di affermare la prospettiva di pensiero secondo la quale se il colpevole č l'altro, viene in tal modo accordata la propria purificazione e assecondato il proprio ruolo di vittima, acquisendo il diritto di uccidere l'avversario in nome del Dio. Nella lotta contro i nemici, il gruppo esporta all'esterno la minaccia di morte e assume su di sé il potere di uccidere in nome della giustizia, diventando cosě una sorta di divinitŕ. Il gruppo costituisce infatti la fonte di un sogno fondamentale che dispensa l'illusione di trascendere il limite della morte individuale. In questo contesto, la psicoanalisi con il proprio setting, oltre alle concettualizzazioni relative all'inconscio, ai processi proiettivi e al transfert, puň offrire un contributo specifico alla comprensione di questo argomento, fornendo strumenti di modulazione e di regolazione nei conflitti tra i gruppi. Il presupposto per fruire di questo contributo č innanzitutto la destituzione dell'odio e del diritto di uccidere come giustificazione alle proprie rivendicazioni.
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Testoni, Ines y Stefano Falletti. "Il volontariato nelle cure palliative: religiosità, rappresentazioni esplicite della morte e implicite di Dio tra deumanizzazione e burnout". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 2 (julio de 2016): 27–42. http://dx.doi.org/10.3280/pds2016-002002.

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Cangiano, Mimmo. "Gli uomini parleranno, ma non diranno nulla’. La via italiana alla Sprachkritik". Quaderni d'italianistica 36, n.º 2 (27 de julio de 2016): 69–102. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v36i2.26900.

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Resumen
La Sprachkritik, o critica del linguaggio, si pone — in particolar modo per l’intellighenzia austriaca e francese — quale uno dei luoghi fondamentali della “cultura della crisi” primonovecentesca, anzitutto in quanto riflesso, nelle strutture linguistiche, di una più generale messa in discussione del concetto di verità oggettiva. Il saggio analizza, in primo luogo, la presenza di tale questione in alcuni intellettuali italiani del periodo coevo (Giuseppe Prezzolini, Aldo Palazzeschi, Giovanni Boine e Carlo Michelstaedter), e chiarifica, in secondo luogo, come l’emersione di tale problematica implichi la partecipazione italiana ad alcune delle principali direttive culturali moderniste. Il tema analizzato permette infine di esplicitare, mediante le diverse prese di posizione degli intellettuali italiani sul tema, una fondamentale frattura all’interno dello stesso orizzonte culturale modernista; permette di chiarire, vale a dire, come il movimento modernista, pur partendo da nuclei tematico-filosofici similari, abbia immediatamente espresso su tali nuclei giudizi e soluzioni differenti. Le diverse prese di posizione sulla questione della Sprachkritik esemplificano la diversità degli approcci culturali rispetto a più centrali e diffusi nuclei tematici modernisti quali la questione della “morte di Dio”, l’entrata in crisi dell’idea di Soggetto e l’impossibilità della Forma di contenere in sé il dilagare della Vita.
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Ott, Christine. "La vesta, ch’al gran dì sarà sì chiara: Dante, Michelangelo und das Jüngste Gericht". Deutsches Dante-Jahrbuch 93, n.º 1 (28 de septiembre de 2018): 3–24. http://dx.doi.org/10.1515/dante-2018-0002.

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RiassuntoDopo un’introduzione al dibattito medievale sul giudizio universale e la risurrezione dei corpi, il contributo analizza l’immaginario della »vesta« all’interno della concezione dantesca della risurrezione. Sebbene l’ammonizione di Catone, che in Purg. II esorta le anime a »spogliarsi« di un involucro ingombrante, sembri propagare una condanna del corpo come fonte di peccato, la concezione dantesca vede la felicità ultraterrena (e risurrezionale) in una riunione di corpo e anima, la »doppia vesta« di Par. XXV. Anche in Michelangelo si incontra spesso l’immaginario del vestito o della pelle come simboli di una condizione peccaminosa di cui l’uomo deve »spogliarsi« per accedere alla felicità ultraterrena. La pelle del peccatore ha trovato una concretizzazione pittorica impressionante nel celebre autoritratto che Michelangelo ha nascosto nella pelle di san Bartolomeo, nel Giudizio universale della Sistina. Impossibile decidere se essa raffiguri l’involucro dell’uomo »vecchio«, che va eliminato per accedere alla via eterna, oppure un qualcosa che »va salvato«. Altrettanto impossibile dire se l’artista volesse esprimere una sorta di auto-condanna oppure la speranza di poter risorgere lasciando dietro di sé la propria natura di peccatore. Nella lirica michelangiolesca il discorso non è affatto più semplice. Accanto alle liriche improntate a un dualismo neoplatonico di anima e corpo, vi sono altre che trattano la tematica della risurrezione in maniera frivola, concettistica, celebrando la bellezza di un giovane amato, che anche dopo la morte dovrà risorgere tale quale e che darà conforto alle altre anime – in paradiso oppure in inferno. Il tono spirituale e quello amoroso possono anche essere intimamente connessi, come si mostrerà infine in base al sonetto D’altrui pietoso. In questo testo segnato da reminiscenze dantesche e petrarchesche, un’io lirico esprime il desiderio di lasciare la propria pelle per rivestirne l’amato – che a sua volte appare contemporaneamente come essere terreno e come figura di Dio.
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Ptak, Robert. "Sakrament namaszczenia chorych – teologiczno-prawne aspekty kanonów 998-1007 KPK/1983". Prawo Kanoniczne 52, n.º 3-4 (10 de diciembre de 2009): 303–16. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.3-4.15.

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Il Codice di diritto canonico (1983) contiene le norme circa il sacramento dell’unzione degli infermi che riguardano: il modo di celebrare, il ministro ed i destinatari di questo sacramento. Dieci canoni (998-1007) però non esauriscono tutta la realtà connessa con il dono del sacramento dell’unzione affidato alla Chiesa come la continuità della missione salvifica di Gesù che consiste fra altro nel guarire gli infermi (cf. Mc 6,13). Bisogna dunque approfondire i sopra menzionati canoni con lo sguardo teologico, per sottolineare, che: a) i ministri del sacramento dell’unzione sono soltanto i sacerdoti (vescovi e presbiteri); b) il destinatario di questo sacramento è il malato grave, che incomincia ad essere in pericolo di morte per malattia o per vecchiaia; c) la materia del sacramento è l’olio di oliva o, secondo l’opportunità, un altro olio vegetale; d) l’unzione si fa sulla fronte e sulle mani con la formula sacramentale dove parola e sacramento costituiscono un tutto inseparabile. Gli effetti del sacramento dell’unzione invece sono: l’unione alla passione di Cristo, in quanto la sofferenza diventa partecipazione all’opera salvifica di Gesù; la grazia del conforto, della pace e del coraggio, della fede e fiducia nel Signore, della fortezza contro le tentazioni di scoraggiamento e di angoscia; una grazia ecclesiale, dal momento che la Chiesa intercede per il bene del malato; la guarigione dell’anima del malato e anche quella del corpo se tale è la volontà di Dio; il perdono di eventuali peccati e finalmente la preparazione all’ultimo passaggio di coloro che stanno per uscire da questa vita. I punti nodali dell’articolo: 1. Cristo nel sacramento dell’unzione degli infermi. 2. Il compito della Chiesa. 3. I destinatari del sacramento. 4. Gli effetti del sacramento dell’unzione.
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Romeo, Maria Vita. "Il concetto di malattia in Pascal / Pascal’s concept of disease". Medicina e Morale 66, n.º 2 (5 de mayo de 2017): 195–207. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.487.

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La Preghiera per chiedere il buon uso delle malattie è certamente influenzata dall’esperienza che Pascal ebbe con la malattia, ma è semplicistico ridurre questo importante opuscolo a un mero riflesso della biografia di Pascal. Il tema centrale di quest’opera, che s’inserisce pienamente all’interno della tradizione medico-filosofica del XVII secolo, è la malattia come occasione non solo per parlare con Dio, ma anche per presentare agli uomini una via di conversione attraverso l’uso corretto del male fisico. Per Pascal, che guarda più alla malattia dell’anima che non a quella del corpo, il rimedio al male non può derivare né dalla natura né dalla medicina. In altri termini, la salus che può dare il medico è solo guarigione e salute del corpo; ma la salus che viene dalla grazia è guarigione dal peccato e salvezza dell’anima. Emerge qui il vero senso della Preghiera, ove Pascal, sulla scia della dialettica figura-verità, rivela il senso ultimo della malattia e ci descrive i mali del corpo come una figura dei mali dell’anima. Secondo questa forma di dialettica, la salute è una “malattia” che ci illude di stare nel benessere e ci rende insensibili alla nostra vera condizione di miseria. La malattia è presentata, dunque, come uno strumento di salvezza, un aiuto divino che accorre verso coloro i quali, senza questo soccorso, resterebbero con il cuore indurito “nell’uso edonistico e criminale del mondo”. Dio, pertanto, invia la malattia per esercitare la sua misericordia, come un giorno invierà la morte per esercitare la sua giustizia. La malattia diventa così una espiazione e al contempo una preparazione al giorno del giudizio. ---------- The Prayer to ask God about the proper use of sickness is certainly influenced by Pascal’s experience with sickness, but it would be too simplistic to limit this important pamphlet as a mere reflection of Pascal’s biography. The central theme of this work, which fully relates to the medical-philosophical tradition of the 17th century, is sickness as an opportunity, not just to talk to God, but also to show men a path of conversion though the proper use of physical pain. To Pascal, who is more interested in the ailment of the soul than the one of the body, the remedy cannot be provided by nature nor medicine. In other words, the salus provided by a doctor relates only to recovery and body health; but the salus provided by Grace is recovery from sin and salvation of the soul. The real meaning of Prayer is revealed. Pascal reveals the ultimate meaning of sickness and describes the ailments of the body and a metaphor of the ailments of the soul. According to this dialectic, health is a “disease” that misleads us to think to be well and makes us insensitive to our real condition of misery. Illness is, therefore, an instrument of salvation, a divine help supporting those who, without such support, would have a hard heart and remain “in the hedonistic and criminal use of the world”. God, therefore, sends sickness to exercise his mercy same as one day he will send death to exercise his justice. Sickness, thus, becomes atonement and, at the same time, preparation to judgement day.
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Turzyński, Piotr. "Cierpienie jako droga w ujęciu św. Augustyna". Vox Patrum 55 (15 de julio de 2010): 637–53. http://dx.doi.org/10.31743/vp.4363.

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Agostino conosce bene le sofferenze dell’uomo. Le ha sperimentato sin da bambino. Riconosce le sofferenze del corpo e le sofferenze dell’anima. Nelle Confessioni egli descrive la sua conversione nella quale si cambia anche il suo sguardo sulla sofferenza. Prima si ribella contro il dolore e poi riconosce il suo valore salutare. Secondo il Vescovo d’Ippona la sofferenza è il risultato della complessità dell’essere umano e della sua creazione ex nihilo. Dio, creando uomo sulla sua immagine e somilianza, ha messo nel suo cuore il desiderio dell’amore, della verità e della felicità. Questi profondi desideri non possono essere appagati pienamente sulla terra, allora uomo prova la sofferenza. Nel paradiso questa condizione era arrichita dal dono speciale, perciò primi uomini non hanno sofferto. Con il peccato originale entra nella vita umana la sofferenza. Anche i peccati personali sono spesso la causa delle sofferenze. Agostino sottolinea tuttavia, che la Provvidenza Divina fa entrare la sofferenza nel piano della salvezza e il dolore diventa un stimolo alla conversione, una via verso le cose più grandi. Per i giusti la sofferenza diventa anche una prova e la purificazione. In Cristo, nella sua croce, la sofferenza acquista un valore particolare. La sofferenza e la morte di Cristo è la causa della nostra salvezza. Nel mistero del Cristo totale le sofferenze umane aggiungono il mondo divino e unite con Cristo Salvatore diventano via della salvezza. Secondo Agostino la sofferenza in Cristo, pur non perdendo la sua amarezza, aquista un valore positivo.
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Fabbri, Francesco. "Dio, odio e l'odio". PSICOBIETTIVO, n.º 1 (marzo de 2021): 68–75. http://dx.doi.org/10.3280/psob2021-001007.

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L'odio è una costante che accompagna la vita dell'uomo. Si esprime in molte forme, ma nasce sempre dalla paura, dall'incertezza, dalla non conoscenza. Le cronache ci raccontano, dall'alba dei tempi, di grandi odii ed efferatezze - dall'Olocausto all'assalto a Capitol Hill - che sembrano nati in tempi brevi. Tutti invece sono stati nutriti di sensazionalismi pret-a-porter, che come il cibo dei fast-food sono facili da ingurgitare ma dannosi alla digestione.
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Stasiak, Sławomir. "Zmartwychwstanie Chrystusa w hymnach chrystologicznych św. Pawła". Verbum Vitae 15 (14 de enero de 2009): 229–47. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1516.

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San Paolo per descrivere la risurrezione dai morti di Gesù usa soprattutto il verbo “egeiro”. Raramente adopera il sostantivo “he anastasis”. Questo pero non vale per gl' inni che spesso non furono scritti dall’Apostolo stesso. Abbiamo notato che nei testi provenienti dalla liturgia battesimale (Rom 1,3-4; Ef 5,14) si usa i termini della stessa radice: “anistemi” e “he anastasis”. Mentre “egeiro” troviamo solo in Ef 1,17-23. Nell’inno Col 1,15-20 l’Apostolo ha usato la formula descrittiva per collegare la risurrezione dai morti di Gesù Cristo e quella universale: “il primogenito di coloro che risuscitano dai morti”- “prototokos ek ton nekron” (Col l,18b). Paolo usa anche le immagini metaforiche e della risurrezione. Lo fa usando i termini “esaltare oltremodo” – “hyperypsoo” (Fil 2,9) o “elevare” – “analambano” (1 Tm 3,16). Da questo ricco linguaggio scaturisce l'immagine della risurrezione di Cristo come l’opera di Dio (Rom 1,3-4), o piuttosto l’opera della potenza di Dio (Ef 1,17-23). Gesù è proprio colui che precede tutti i credenti nel ritornare alla vita – “il primogenito di coloro che risuscitano dai morti” (Col 1,15-20). Questa realtà e cosi ricca che può essere descritta come “l’esaltazione oltremodo” (Fil 2,6-11) del Figlio o addirittura “l’elevazione in gloria” (1 Tm 3,16). Tutte e due le espressioni nel senso teologico racchiudono la risurrezione, l’ascensione e il prendere il posto alla destra del Padre (cf. Att 2,33; 5,31; Rom 1,3-4; Ef 4,9-10; Col 3,1). La risurrezione dei morti acquista un nuovo significato nel contesto della liturgia battesimale (cf. Ef 2,1.5-6; Col 2,13). La partecipazione alla resurrezione di Cristo è possibile grazie al sacramento del battesimo (Ef 5,14) che non solo libera dal peccato originale ma anche permette di partecipare alla grazia di Dio.
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Berriel, Carlos. "Geografia e dissimulazione nell’ Utopia di Morus". Moreana 51 (Number 195-, n.º 1-2 (junio de 2014): 103–13. http://dx.doi.org/10.3366/more.2014.51.1-2.9.

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At the beginning of Book II of Utopia, Thomas More describes the adventures of a hypothetical navigator who approached the isle of Utopia: actually the navigator is none other than us, readers who, through this reading-navigation are approaching the idea of Utopia. However, the Utopians wish to protect themselves from our approach, having built a dangerous harbor, with “shallows on one side and rocks on the other.” “Since the other rocks lie under the water, they are very dangerous. The channels are known only to the Utopians, so hardly any strangers enter the bay without one of their pilots; and even they themselves could not enter safely if they did not direct their course by some landmarks on the coast”. Utopia has two meanings, the book and the island; the reader/navigator must avoid shipwreck on the reefs. The various references and meanings of the work, which are as many landmarks on the coast, frequently change places. Thus it is necessary to find one’s orientation through the evermoving game of such indications.
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Aguglia, Eugenio, Roberto Pagnanelli, Marco Clocchiatti y Maurizio de Vanna. "La mortalità e le cause di morte fra i pazienti psichiatrici". Epidemiologia e Psichiatria Sociale 3, n.º 1 (abril de 1994): 59–72. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00009325.

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SummaryObjective - Gathering, comparing and, if possible, commenting on datas and experimental evidences which have emerged in the principal literary works about mortality and psychiatric patients' causes of death. Particularly finding an answer (and a possible explanation) to some of the most important questions about these matters: does a psychiatric patient die easier than a healthy man? Does a correlation exist between nosographic diagnosis and causes of death? Finally do factors of risk, which are connected with death, exist? Method - The principal bibliographies which exist in national and international literature, from the middle of the last century until present days, have been consulted. Results - Essential agreement among existing dates in literature have emerged. Psychiatric patients dies easier than healthy man: rates of mortality have fallen from 6-7 (SMR), value of the middle of 1800 to 1,5-3 which is the value of present days. Respiratory, cardiovascular and, still, infectious diseases are the most important causes of death. There is not agreement about deaths caused by cancer. Some researchers affirm the protective action of psychiatric disease against the rising and diffusion of cancer. Non natural deaths (in primis suicide and accidental deaths) are rapresented too. All diagnostic categories (from alcholism to homosexuality, from organic brain disorders to schizophrenia) have a high risk of death while affective disorders have to be studied further. Young people have the highest risk. Conclusions - The frequency of physical beside psychic disease suggests to pay more attention to patient's general conditions even by some diagnostic ascertainments (TAC, RMN, etc) which are able to identify the most disabling conditions for the prognosis (diabetes, arterial hypertension, organic cerebral syndromes, etc).
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Carratelli, Teresa Iole. "Sul viaggiare analitico di Andreas attorno alla Sibilla Morta". PSICOANALISI, n.º 1 (agosto de 2021): 87–98. http://dx.doi.org/10.3280/psi2021-001006.

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L'autrice rende omaggio con il suo commento all'articolo teorico clinico di cui sopra in cui Andreas Giannakoulas ci lascia una testimonianza della sua arte di analizzare una paziente dif-ficile. L'autrice sottolinea come Andreas dialoghi con Winnicott e con Green accettando che la sfida della rappresentabilità, al di qua e al di là della rimozione, sia una delle poste in gioco su cui cimentarsi nella clinica psicoanalitica contemporanea. Ci sono inoltre riflessioni sulla dop-pia portata del Negativo che emerge nell'analisi di questa paziente nella sua dimensione struttu-rante e in quella destrutturante. La puntuale attenzione del clinico alla decodifica del contro-transfert, a partire da quello somatico nell'area del Negativo di questi pazienti, stimola l'autrice a considerare l'utilità clinica di differenziare "il crollo" nell'accezione di "collasso" dell'Ambiente primario conosciuto, non pensato, dal breakdown in cui l'Io implode nel Sé corporeo: due significati clinici diversi, comparabili alle due accezioni con cui il traduttore in italiano di Winnicott distingue il "crollo-collasso" dal breakdown, termine di uso corrente nella lingua italiana.
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Twardzik, Stefano. "Il memoriale di Aldo Moro". Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 99, n.º 1 (1 de noviembre de 2019): 428–87. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2019-0018.

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Zusammenfassung Die unter dem Namen „Memoriale di Aldo Moro“ bekannten Schriftstücke sind im Original nicht überliefert; es handelt sich dabei um Aufzeichnungen, Reflexionen und Verhöraussagen, die der Politiker während seiner fast zweimonatigen Entführung durch die Roten Brigaden im Frühjahr 1978 schriftlich niedergelegt bzw. gemacht hatte. Nach seinem gewaltsamen Tod drang die von General Dalla Chiesa geleitete Spezialeinheit im Oktober 1978 in die konspirative Wohnung ein, die sich in der Via Monte Nevoso in Mailand befand, und stieß dort auf eine partielle schreibmaschinenschriftliche Transkription dieses Materials sowie auf Fotokopien von weiteren handschriftlichen Texten, Briefen und Testamenten; zwölf Jahre später kamen in derselben Wohnung noch einmal 420 Briefe und Blätter mit Erinnerungsaufzeichnungen zum Vorschein. Der vorliegende Aufsatz erörtert weniger die Inhalte, sondern vor allem die redaktionelle Anordnung dieser Dokumente, die sich in einen thematischen und einen nichtthematischen Teil untergliedern, aber keine durchgängige Nummerierung aufweisen; vor allem aber versucht er auf die Frage zu antworten, ob die Gesamtanlage der Fotokopien, wie sie 1990 vorgefunden wurde, auf einen verborgenen Eingriff der staatlichen Sicherheitsapparate seit Herbst 1978 beruht, wie Miguel Gotor in seinem Buch „Il memoriale della Repubblica“ annimmt. Gegenüber dieser nicht überzeugenden These gehen die vorliegenden Ausführungen davon aus, dass die von den Roten Brigaden vorgenommene Strukturierung des Materials maßgeblich ist, auch wenn spätere begrenzte Eingriffe und Unterschlagungen nicht ausgeschlossen werden können: grundlegend bleibt die Unterscheidung zwischen den Texten, deren schreibmaschinenschriftliche Transkription (natürlich vor dem 1. Oktober 1978) durchgeführt worden war, und denjenigen, deren Bearbeitung aus inhaltlichen, zeitlichen oder beiden Gründen unterblieb.
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CHEBINI, Sabrina. "La Numidia Post-massinissiana: la lotta di potere e le guerre giugurtine. Come Roma riuscì a sopprimere la minaccia giugurtina?" ALTRALANG Journal 3, n.º 01 (31 de julio de 2021): 90–107. http://dx.doi.org/10.52919/altralang.v3i01.105.

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ABSTRACT: With the Third Punic War, Scipio Emiliano had settled the African question, constituting a province which still had good relations with the kingdom of Numidia ruled by Massinissa, whose politics had attracted Roman merchants and businessmen to Africa, romans and italics. attracted by African riches, Rome was therefore grateful for the relations it had with Numidia. the kingdom after the death of Massinissa had passed to the eldest son Mecipsa, on the latter's death, the kingdom was disputed by the three main heirs, among them, the most unscrupulous was Giugurta, adopted son of Mecipsa, thus a long struggle for supremacy broke out. This article deals with the period of the Roman conquest in North Africa, with particular dedication to the period post- Massinissa and the analysis of the politico-social scenario of Numidia. What role did Giugurta play? How did Rome respond to this threat? RIASSUNTO: Con la terza guerra punica, Scipione Emiliano sbarcò sul territorio di Cartagine, dopo questa grandiosa vittoria, l’Africa del Nord divenne provincia romana, Roma e Numidia avevano sempre mantenuto buoni rapporti, infatti la politica di Massinissa aveva atterrato in Africa commercianti e uomini d’affari, romani ed italici attratti dalle ricchezze africane, dunque Roma era contenta dei rapporti che interattiva con la Numidia, il regno dopo la morte di Massinissa era passato al figlio maggiore Mecipsa, alla morte di quest’ultimo, il regno fu conteso dai tre principali eredi, tra i quali il più spregiudicato era Giugurta, figlio adottivo di Mecipsa, scoppiò cosi una lunga lotto per la supremazia. Nel presente articolo sono trattati i momenti della conquista romana in Nord-Africa, con particolare dedizione al periodo post-massinissiano e all’analisi dello scenario politico-sociale della Numidia. Quale il ruolo giocato da Giugurta ? Come Roma rispose a tale minaccia?
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Piwowar, Andrzej. "Słowo Boże jedynym źródłem najwyższej i doskonałej prawdy (Prz 30,1-6)". Verbum Vitae 13 (14 de enero de 2008): 53–86. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1459.

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L'ultimo redattore del Libro dei Proverbi doveva avere un motivo importante per inserire nel testo di questo libro sacro l'insegnamento di un pagano; proveniente da Massa, chiamato Agur. Dalla sua dottrina possiamo dedurre che egli era un proselita oppure un saggio pagano che conosceva benissimo la tradizione biblica sapienziale: lo fanno capire molte allusioni e riferimenti ai testi biblici deli'Antico Testamento.Il presente articolo e dedicato alla prima parte delle parole di Agur (Pr 30, 1-6), la quale si concentra sulla sua ricerca della sapienza. Essa ha carettere di una testimonianza che viene basata sull'esperienza personale dell'autore. Il testo possiede una struttura raffinata. Inizia con l'autopresentazione di Agur (v. 1a), poi segue il cosidetto enigma dei destinatari secondo l'interpretazione classica del testo ( v. 1b) che, in verita, e una confessione delia faticosa ricerca delia sapienza da parte del saggio. In seguito Agur ammette la sua incapacita di conoscere e di raggiungere la sapienza (vv. 2-3), perche nessun uomo puó conoscerla da solo, basandosi soltanto sulle sue proprie forze (v. 4). Alia fine il sapiente riconosce con umilta che la vera sapienza e contenuta nella Parola di Dio, che e la suprema fonte di essa (vv. 5-6). In questo modo l'insegnamento di Agur si avvicina e sostiene la tradizione biblica sapienziale che identifica la Sapienza con la Parola di Dio (cf. Sir 24,23; Ba 4,1).
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Wypych, Stanisław. "Miłosierdzie Boga w nurcie tradycji deuteronomistycznej". Verbum Vitae 3 (14 de enero de 2003): 39–56. http://dx.doi.org/10.31743/vv.1958.

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Nell'introduzione alla sua opera (Deut 1- 4) il deuteronmista aveva fatto vedere come il Dio avesse condotto il popolo eletto dal monte Horeb ai confini della terra promessa. Jahve indico anche chiaramente le condizioni dell'abitazione sulla terra: la fedelta agli impegni presi nel momento della stipolazione dell'alleanza. Il deuteronomista dimostra che nel Libro di Giosue il Dio aveva realizzato la promessa della terra data ai Patriarchi. Nel Librodei Giudici (2,6-3,6) fa vedere il ritmo della storia: prosperita, infedelta, punizione che conduce alla conversione e perdono. Nei Libridei Re il deuteronomista fa vedere l'infedelta dei re ed anche del popolo. Percio arriva la punizione, cioe la deportazione alla Babilonia. Il deuteronomista vuol spiegare perche il popolo eletto si e trovato nelle condizioni simili e che cosa deve fare per riuscire da questa situazione. Allora invita alla conversione e sottolinea sporattutto la misericordia di Dio, indicata gia nel programma (Deut 4,30s), ricordata nel momento della consacrazione del tempio (1 Re 8,47-50) e sottolineata in modo straordinario nel Libro d'Esodo (34,6), nel brano da noi considerato del deuteronomista, in cui leggiamo: Jahve, Dio pietoso e misericordioso, tardo all'ira e grande in benignita e fedelta.
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Wypych, Stanisław. "Samarytanie w ujęciu historycznym, geograficznym i religijnym". Ruch Biblijny i Liturgiczny 58, n.º 3 (30 de septiembre de 2005): 165. http://dx.doi.org/10.21906/rbl.593.

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Il termine „Samaritani” deriva dal verbo ebraico šāmar “vigilare”, „custodire”. Gli Assiri, dopo aver conquistato la capitale Samaria (722) deportarono circa 40 mila Israeliti in Mesopotamia i quali conservarono la tradizione dei profeti del Regno del Nord: Elia, Eliseo, Amos ed Osea. Nella regione di Samaria rimasero circa 100 mila Israeliti, ma vi arrivarono molti altri popoli dalla Siria, Assiria, Persia, Media e dal mondo ellenistico. Così si formò una comunità assai composita che adottò un rito speciale.Dopo il periodo di deportazione (di esilio), quando i rimpatriati Giudei si dedicarono al rinnovamento del culto e alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme, i Samaritani espressero il desiderio di parteciparvi. Ma il loro desiderio fu respinto dai rimpatriati. Allora i Samaritani, per ragioni politiche, si opposero alla ricostruzione delle mura di Gerusalemme e costruirono un proprio tempio sul monte Garizim (328) che fu distrutto da Giovanni Ircano (128), procurando una profonda spaccatura tra Giudei e Samaritani.Spesso si parla di „scisma dei Samaritani”. In realtà si tratta piuttosto di due correnti religiose, basate sul Pentateuco. I Samaritani sono monoteisti, considerano Mosè come un profeta, indirizzano le preghiere a Dio tramite i patriarchi e Mosè, accettano il Pentateuco, considerano il monte Garizim come un luogo santo, hanno il proprio calendario liturgico e riti religiosi.Gesù non predicò la buona novella ai Samaritani (non si trovano tracce nella fonte Q e in Marco). I due evangelisti testimoniano che Gesù non era contro i Samaritani (vedi la parabola del buon Samaritano – Luca 10,30-35 ed il colloquio con la Samaritana – Giov. 4,4-42). I discepoli di Gesù ben presto, con un notevole successo, cominciarono a predicare il messaggio del loro Maestro ai Samaritani (cf. Atti 8,1-6).
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BOHR, MICHAEL. "ENGLISCHE UHREN FÜR GROSSHERZOG COSIMO III. UND DIE ANKUNFT VON IGNAZIO HUGFORD AM HOFE IN FLORENZ'". Nuncius 9, n.º 2 (1994): 593–618. http://dx.doi.org/10.1163/182539184x00964.

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Abstract<title> RIASSUNTO </title>Durante il suo soggiorno in Inghilterra, nell'anno 1669, il Granprincipe Cosimo, in seguito Granduca Cosimo III di Toscana, sviluppava un crescente interesse per le arti e le scienze britanniche. A Londra conobbe il mercante d'arte Francesco Terriesi che alcuni anni dopo nominò «Residente fiorentino» presso la corte inglese. Al suo ritorno a Firenze, Cosimo mantenne una fitta corrispondenza con il Terriesi, il quale acquistò per il Granduca strumenti scientifici quali bussole, telescopii ed astrolabii oltre a oggetti d'arte inglesi come quadri, tappeti, mobili ed orologi.In questi anni in Inghilterra furono fatti grandi progressi nello sviluppo e nel perfezionamento di strumenti per misurare il tempo. Le ordinazioni di orologi e pendole da parte di Cosimo confermano questi progressi: le ultime innovazioni sono puntualmente descritte infatti nella corrispondenza intercorsa tra il Francesco Terriesi al Granduca. Queste lettere costituiscono una valida documentazione per datare molte nuove invenzioni e per conoscere i nomi degli artefici.Nella seconda parte dell'articolo, l'autore pubblica quelle lettere di Cosimo e del Terriesi, che riguardano l'assunzione dell'orologiaio inglese Ignazio Hugford nelle botteghe granducali fiorentine. Tali lettere permettono di chiarire alcuni punti oscuri della biografia dell'Hugford, oltre fornire nuove informazioni sulla regolamentazione delle attività artistiche nella «Galleria dei Lavori» di Firenze.
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Swoboda, Antoni. "Wizerunek matki w pismach Seneki filozofa i w "Enarrationes in psalmos" św. Augustyna". Vox Patrum 42 (15 de enero de 2003): 233–52. http://dx.doi.org/10.31743/vp.7157.

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L'articolo e stato diviso in tre parti. Nella prima parte sono stati presentati gli interventi dei entrambi autori a proposito delle qualita negative, le quali dovrebbe evitare la madre, per es.: perenne iagnanze, invidia, vanita, esagerata preoccupazione delle cose materiali, l'istigare al adulterio. Agostino a differenza di Seneca prima di tutto meteva in risalto una importante questione secondo la quale il Dio e la sua legge dovrebbe essere il fondamento delle regole del comportamento dell'uomo. Come l'espressione di questo, e stato negativo per intero giudizio dell'aborto, al quale nei certi casi permetteva Seneca. La seconda parte dell'articolo contiene il giudizio positivo dei comportamento della madre. Su questo argomento anzitutto si pronunciava Seneca, il quale ha lodato delle madri le quali hanno curato delle virtu, avevano il giusto l'atteggiamento verso le cose materiali e inoltre hanno osservato le normi morali a cui faceva anche caso Agostino. Invece nella terza parte sono state presentate le relazioni fra madre e bambino correttamente comprese. Madre la quale ama il proprio figlio si preoccupa non soltanto dei beni materiali, ma anche dei morali per lui, dando proprio l'esempio della giusta condotta. L'amore della madre verso il figlio non dovrebbe emarginare l'amore verso il Dio su cui ha richiamato l'attenzione Agostino. Seneca in confronto di Agostino, ha dedicato molta attenzione al dolore della madre dopo la perdita del bambino, cercando, con aiuto della argomentazione presa dalla filosofia platonica e stoica ed anche con molte indicazioni pratiche, di mostrare dei modi aiutanti nel superare questo dolore. Gli entrambi autori sono stati convinti che il positivo comportamento della madre verso il figlio dimostra la sua propria e grande carita. Peró, su questo argomento si hanno manifestato le certe differenze fra i nostri autori poiche Agostino ha legato l'amore materno della madre verso il figiio con l'amore di Dio verso l'uomo, Seneca invece, l'ha situato nei relazioni puramente umani.
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Terranova, Giulia. "Una bella intersecazione fra trust e diritto societario (Trib. Milano, 22 novembre 2021)". settembre-ottobre, n.º 5 (6 de octubre de 2022): 945–50. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.195.

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Resumen
Tesi La pronuncia in commento, facendo propria l’interpretazione giurisprudenziale maggioritaria, dà una definizione di «abuso di maggioranza» e ne esclude la sussistenza nella fattispecie sottoposta alla sua attenzione. L’ordinanza del Tribunale di Milano è interessante inoltre perché riguarda un caso di impiego del trust in funzione successoria e in particolare per garantire il passaggio intergenerazionale dell’impresa. Come correttamente sottolinea il giudice milanese, attraverso il trasferimento di un pacchetto azionario rilevante ad un trust è possibile assicurare continuità nella gestione dell’impresa, anche dopo la morte del disponente, evitando l’instaurazione di una comunione tra i coeredi e scongiurando quindi il rischio di smembramento della società. The author’s view The decision gives a definition to the «abuse of the majority» alike the one given by the majority of the Italian jurisprudence and it concludes that in the case examined the majority shareholder did not abuse of his majority. The decision is interested also because it is about a case of use of the trust for the efficient succession of a company between different generations. As the Court correctly underlines, through the transfer of a block of shares to a trust, it is possible to give continuity to the management of the company, even after the settlor’s death, avoiding the community of property between the heirs and preventing the risk of the dissolution of the company.
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Milione, Ciro y Santo Napoli. "L’anima lavoristica della costituzione della repubblica italiana". Boletín Mexicano de Derecho Comparado 1, n.º 158 (24 de marzo de 2021): 825. http://dx.doi.org/10.22201/iij.24484873e.2020.158.15637.

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Resumen
La Costituzione italiana rappresenta un unicum dal punto di vista degli or-dinamenti passati e vigenti, giacché è la sola a porre a suo fondamento il concetto di “lavo-ro”. Tale nozione, nell’ottica della Carta, assurge a diritto, dovere e principio di natura cos-tituzionale. Va sottolineato che la relazione di impiego che soggiace a questa stessa nozione è quella che le norme civilistiche definiscono come subordinata. L’intenzione del Costituente era quella di conciliare la subordinazione del lavoratore con la libertà del cittadino. Per questo, la Costituzione introduce dei “contrappesi” volti a tutelare quegli individui che, sprovvisti di mezzi di produzione, per vivere dignitosamente sono vincolati al potere diretti-vo di un datore di lavoro. Sebbene molte disposizioni costituzionali non siano state piena-mente attuate, la Costituzione ha comunque assolto la funzione di migliorare le condizioni dei lavoratori italiani. La globalizzazione e le cicliche recessioni del mercato internazionale hanno messo in crisi l’anima lavoristica della Costituzione, esigendo il sacrificio di numerose garanzie. Nonostante oggi si registrino alcune timide migliorie dei livelli occupazionali, è dif-ficile sperare in una restaurazione completa di quelle stesse tutele di cui hanno goduto gene-razioni passate di lavoratori italiani.
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Marvin, Clara y Juliane Riepe. "Die Arciconfraternita di S. Maria della Morte in Bologna: Beitrage zur Geschichte des italienischen Oratoriums im 17. und 18. Jahrhundert". Notes 56, n.º 2 (diciembre de 1999): 399. http://dx.doi.org/10.2307/900016.

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Riepe (book author), Juliane y J. Drew Stephen (review author). "Die Arciconfraternita di S. Maria della Morte in Bologna. Beiträge zur Geschichte des italienischen Oratoriums im 17. und 18. Jahrhundert". Confraternitas 9, n.º 2 (1 de julio de 1998): 45–46. http://dx.doi.org/10.33137/confrat.v9i2.13362.

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Piqué, Francesca y Giacinta Jean. "ETHICAL CHALLENGES IN THE CONSERVATION OF THE WALL PAINTINGS OF CHAPEL 11 AT THE SACRO MONTE DI VARALLO". Protection of Cultural Heritage, n.º 8 (20 de diciembre de 2019): 255–68. http://dx.doi.org/10.35784/odk.1092.

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Resumen
Chapel 11 is one of the 45 chapels of the Sacro Monte di Varallo. It is decorated with 16th century polychrome terracotta statues and wall paintings representing the Massacre of the Innocents. Since 2015, the University of Applied Sciences and Arts of Southern Switzerland (SUPSI) is in charge of its conservation. Up-close examination of the wall paintings allowed to observe the presence of overpainting, which were evaluated to have no aesthetical and/or technical quality. During the study phase and with preliminary tests for treatment development, it became clear that the removal of this overpaint was risky for the underlying original decoration. Moreover, it was not possible to determine if under the overpainting there was the original layer and in what condition it was. Although IR Reflectography showed the presence of underdrawings, this information did not always coincided with the presence of a paint layer. Considering that the overpainting covers about 80% of the surface, SUPSI strongly advised against embarking on its removal. This conclusion was achieved after several removal attempts and through regular communication meeting with the stakeholders aimed at illustrating the situation and the results achieved. SUPSI considered more ethical to focus on the development of a ‚reversible’ stabilization intervention considering that in the future new technologies (to assess the presence of paintings below and to remove overpainting) could make the recovery of what remains of the original decoration easier.This paper describes the project in terms of the ethical challenges faced when conflicting expectations about the project arised.
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Murgia, Gisella. "Sardegna tra leggenda e realtà: ‘Sa femmina accabadora’, colei che dà la buona morte, nelle immagini e nelle parole di alcuni autori sardi". Italianistica Debreceniensis 24 (1 de diciembre de 2018): 77–84. http://dx.doi.org/10.34102/italdeb/2018/4662.

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Resumen
The term accabadora refers to a woman entrusted with the task of facilitating the passing of the dying people. She killed for pity, called by the families of the patients to relieve their sufferings on their own deathbed. Basically, she practiced a sort of ante litteram euthanasia. But that carried out by the woman was also a necessary action for the survival of relatives who, most of the time, did not have the necessary resources to alleviate the sufferings of the kinsmen. Furthermore, in small towns, the doctor was often several days away on horseback. While the accabadora took life away, on the other hand, she gave it back, helping the women of her community to give birth. Everyone in the village knew the activity of these women but all of them were silent. They were convinced that the work of the accabadora was a meritorious work because it took the burden of putting an end to the sufferings of the patient. They implicitly recognized in it a social utility. After outlining the figure of 'sa fèmmina practica', this report analyses some works by Sardinian authors who are interested in it. Above all, we will mention the novel by Michela Murgia, Accabadora (Campiello prize 2010); the film by Enrico Pau, L'accabadora; the novels L’ultima agabbadòra by Sebastiano Depperu and L'agabbadora. La morte invocata by Giovanni Murineddu; the short film Deu ci sia by Gianluca Tarditi, winner of the 2011 Golden Globe at 48th New York Film Festival; Ho visto agire s’accabadora by Dolores Turchi; Eutanasia ante litteram in Sardegna. Sa femmina accabadora by Alessandro Bucarelli and Carlo Lubrano and S’accabadora e la sacralità del femminino of Maria Antonella Arras.
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Vicentini, Giulia. "Le primaires citoyennes del Parti Socialiste (2011) e le primarie di Italia. Bene comune (2012): molte somiglianze, esiti diversi". Quaderni dell Osservatorio elettorale QOE - IJES 71, n.º 1 (30 de junio de 2014): 29–50. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-9490.

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This article contributes to the debate concerning primary elections’ efficiency (namely their capacity to select candidates who can be competitive in the general election) by comparing two cases of primaries leading to opposite electoral outcomes. In May 2012, a few months after the success in the so-called primaires citoyennes promoted by the French Socialist Party and its allies, François Hollande attains the Presidency of the Republic calling a halt to seventeen years of centre-right domination in France. Just one year later the winner of the centre-left Italian primaries Pierluigi Bersani failed in obtaining an absolute majority of seats in the February 2013 elections. The aim of the article is to try to understand to what extent the different electoral performance of Hollande and Bersani in the presidential and parliamentary elections can be explained by the different characteristics of the primaries they faced. The two cases have been compared on the basis of four key variables: inclusiveness, divisiveness, electability of the winning candidate and party elite predilection for the candidates in the race. The results suggest a substantial overlap between the French and Italian primaries: both were really inclusive but not particularly divisive, while they did not favour the success of a candidate unwelcome by the party elite. Accordingly I come to the conclusion that the negative result of the Italian elections is to be sought in factors unrelated to the primaries. In fact Hollande and Bersani partially diverged in terms of electability, but we cannot conclude that the French and Italian selectorates adopted different voting criteria for their appointment, as in both cases pragmatism seems to have prevailed over ideological considerations.
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Fauzi, Rahmat. "PELAKSANAAN PENANGANAN PENYIDIKAN TINDAK PIDANA PERSETUBUHAN DAN PENCABULAN TERHADAP ANAK DI POLSEK EMPAT ANGKAT CANDUNG". JCH (Jurnal Cendekia Hukum) 5, n.º 1 (30 de septiembre de 2019): 173. http://dx.doi.org/10.33760/jch.v5i1.207.

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The purpose of this study was to find out and analyze the implementation of a criminal investigation of sexual intercourse and sexual abuse of children in the Fourth Admission Police Station. The method used in this research is empirical juridical research. The results showed that the research on the crime of intercourse and sexual abuse of children carried out by the investigating authority was in accordance with the provisions of the legislation. Investigation of this case is in accordance with the existing rules of receiving reports, confiscating evidence, arresting, detaining filing and sending files to the Public Prosecutor (P21). Factors inhibiting irregularities in the process of criminal acts of sexual intercourse and sexual abuse of children are: human resources from the investigator, victims are still children, the suspect does not argue, has nothing to do with seeing directly and does not want to come to provide assistance Information and bordering forensic doctors. The way out by investigators in the process of sexual intercourse and sexual abuse of children is to increase existing investigators and those requested by investigating members to the police station, allocate and request assistance to assist these sexual acts of sexual intercourse and coitus with the Social Service Bukittinggi, replace a lot of information and opinions will not come, then called back after it was visited at home to be able to provide information, the suspect did not confess then the investigator made a case at the location, processing evidence and multiply giving reports to provide information and help the doctor Forensics, the investigator is still waiting for the results of the post mortem.
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Purwa, Taly. "PENERAPAN MODEL SPATIAL LOGIT-NORMAL PADA SMALL AREA ESTIMATION DENGAN METODE HIERARCHICAL BAYES". Seminar Nasional Official Statistics 2019, n.º 1 (11 de mayo de 2020): 59–66. http://dx.doi.org/10.34123/semnasoffstat.v2019i1.42.

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Penelitian ini menerapkan model Spatial Logit-normal pada Small Area Estimation (SAE) untuk estimasi proporsi penduduk dengan asupan kalori minimum di bawah 1.400 kkal/kapita/hari pada level kecamatan di Provinsi Bali Tahun 2014 yang merupakan indikator 2.1.2(A) pada tujuan ke-2 SDGs dalam rangka mengukur capaian dan mendukung tercapainya target SDGs pada level lebih tinggi. Terdapat tiga model SAE yang digunakan dengan spesifikasi random effect yang berbeda, yaitu model dengan random effect yang bersifat saling bebas (independen), spatial random effect (iCAR) serta model dengan kedua jenis random effect sekaligus (BYM). Penggunaan unsur spatial random effect diharapkan dapat meningkatkan efisiensi hasil estimasi. Metode estimasi menggunakan pendekatan Hierarchical Bayes (HB) dengan metode Markov Chain Monte Carlo (MCMC) algoritma Gibbs Sampling. Estimasi parameter pada ketiga model menunjukkan hasil yang relatif tidak berbeda dimana hanya ada satu variabel prediktor yang memiliki pengaruh signifikan, yaitu proporsi keluarga pertanian, pada model dengan random effect independen dan model BYM. Sedangkan pada model iCAR tidak ada satu pun variabel prediktor yang berpengaruh signifikan. Berdasarkan nilai Deviance Information Criterion (DIC), model terbaik adalah model BYM. Akan tetapi penambahan unsur spatial random effect bersamaan dengan random effect independen tidak secara signifikan dapat meningkatkan efisiensi hasil estimasi akibat dari minimnya nilai dependensi spasial Moran’s I. Secara visual, pemetaan hasil estimasi dengan model terbaik tidak menunjukkan adanya pola persebaran atau pengelompokan tertentu pada level kecamatan.
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Janssens, Jules. "L’exposé de la réprobation dans l’Ihyā’ d’al-Ghazālī: quelques observations concernant l’influence d’al-Muhāsibī". Doctor Virtualis, n.º 17 (14 de mayo de 2022): 41–77. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17828.

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Nella seconda parte del Libro della condanna dello status e dell’ostentazione il ventottesimo libro della sua opera principale, La rinascita delle scienze religiose – al-Ghazālī trae molta ispirazione da al-Muhāsibī, soprattutto dalla sua opera al-Ri’āya al-huqūq Allāh (L’osservanza dei diritti di Dio). Il fatto che al-Ghazālī menziona esplicitamente il nome di al-Muhāsibī non meno di quattro volte in questa sezione testimonia la sua ammirazione profonda per questo grande mistico delle origini. Un attento esame di questi riferimenti e del loro contesto rivela una grande familiarità e un ampio uso della Ri’āya, così come un accesso diretto a un’altra grande opera di al-Muhāsibī, cioè il Kitāb al-Wasāya (Il Libro dei Comandamenti). Inoltre, la scelta di al-Ghazālī di specifici versetti coranici e delle Tradizioni, sia profetiche che di storie, è molto debitrice della Ri’āya, come diventa chiaro sulla base di un esame del primo capitolo di questa seconda parte che consiste interamente in citazioni di versetti coranici e delle Tradizioni riguardanti la questione dell’ostentazione.Per quanto riguarda il secondo capitolo, che si concentra sui modi usati per attirare l’attenzione della gente su di sé sia negli atti religiosi che in quelli verbali, esso condivide molte caratteristiche con l’esposizione di al-Muhāsibī nella Ri’āya, compresa la copia quasi letterale di alcuni passaggi. Infine, l’uso che al-Ghazālī fa della Ri’āya in ciascuno degli altri capitoli è brevemente indicato. Questo studio mostra che al-Muhāsibī non era solo una fonte importante per al-Ghazālī – un fatto già noto da quasi un secolo – ma la fonte principale, almeno per questa sezione della sua Rinascita. Tuttavia, allo stesso tempo, questo studio chiarisce che al-Ghazālī non è colpevole di cieco plagio. In the second part of the Book of the Condemnation of Status and Ostentation – the twentieth-eight book of his major work, The Revival of the Religious Sciences – al-Ghazālī draws much inspiration from al-Muhāsibī, above all from his work al-Ri’āya al-huqūq Allāh (Eyeservice to God’s Laws). The very fact that al-Ghazālī explicitly mentions al-Muhāsibī’s name no less than four times throughout this section clearly testifies to his profound admiration for this great early mystic. A close examination of these references and their context reveals a great familiarity with and an extensive use of the Ri’āya, as well as a direct access to another major work of al-Muhāsibī, i.e., Kitāb al-Wasāya (The Book of Commandments). Moreover, al-Ghazālī’s choice of specific Qur’anic verses and of Traditions, both prophetic and stories, is much indebted to the Ri’āya, as becomes clear on the basis of an examination of the first chapter of this second part which consisting entirely of quotations of Qur’anic verses and Traditions concerning the issue of ostentation. As to the second chapter, which focuses on the ways used to draw people’s attention to oneself both in religious as well as in wordly acts, it shares many features with al-Muhāsibī’s exposition in the Ri’āya, including the almost verbatim copying of some passages. Finally, al-Ghazālī’s use of the Ri’āya in each of the other chapters is briefly indicated. This study shows that al-Muhāsibī was not just a major source for al-Ghazālī – a fact already known for nearly a century – but the major source, at least for this section of his Revival. However, at the same time, this study makes clear that al-Ghazālī is not guilty of blind plagiarism.
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Mastorakis, Konstantinos, Massimo Continisio, Maria Francesca Siotto, Luca Navarini, Franco Carnevale, Mary Ellen Mac Donald y Claudia Navarini. "La percezione degli operatori sanitari sulle cure palliative come mezzo per promuovere la qualità di vita dei pazienti e prevenire le richieste eutanasich / Healthcare workers’ perception of palliative care as a means to foster patients' quality of life and to prevent euthanasia requests*". Medicina e Morale 68, n.º 1 (10 de abril de 2019): 25–39. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2019.565.

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Nel 2010 è stata emanata in Italia la Legge 38, che punta a migliorare formazione e tirocini nel campo delle cure palliative, sebbene al momento non esista un sistema nazionale di monitoraggio di tali pratiche su scala nazionale. A livello internazionale l’eutanasia si è andata sempre più configurando come trattamento possibile fra le cure di fine vita, mentre in Italia resta formalmente illegale. Esistono alcuni studi italiani sulle prospettive dei pazienti rispetto alle cure palliative e all’eutanasia, ma la letteratura relativa alla percezione degli operatori sanitari palliativisti è esigua. Scopo del presente studio è l’indagine di tali percezioni, sia rispetto alla qualità delle cure palliative sia al potenziale ruolo dell’eutanasia nelle cure di fine vita in Italia. La ricerca è stata condotta in tre hospice romani. È stato sviluppato e somministrato un questionario con 75 item graduati secondo la scala Likert a 5 punti, utilizzando come metodi di analisi l’analisi fattoriale e, per la parte statistica, SPSS. Il questionario è stato completato da 56 soggetti. Nella percezione dei partecipanti, i fattori rilevanti per la qualità delle cure palliative sono risultati sette: sofferenza fisica e sociale, benessere psicologico e spirituale, benessere emozionale, partecipazione alle decisioni, compassione, speranza ed empatia. Inoltre, le cure palliative ridurrebbero il desiderio di morte e di eutanasia. I fattori più importanti che emergono dal lavoro sono la sofferenza o il benessere sociali, fisici e psicologici. Gli operatori sanitari coinvolti nello studio non sostengono l’ipotesi dell’eutanasia e anzi ritengono che le cure palliative riducano il desiderio di ottenerla. ---------- In 2010, the State Law no 38 was enacted in Italy, seeking to improve palliative care education and training. There is currently no national monitoring system for palliative care practices in Italy. Euthanasia has become increasingly available internationally as an alternative amidst end-of-life care options, although in Italy this is not the case, and it is formally illegal. Although there are a few studies regarding patients’ perspectives regarding the issue of palliative care and euthanasia in Italy, there is limited literature focused on the perspectives of palliative care health care professionals. The purpose of this study is to explore the perspectives of hospice workers regarding both the quality of palliative care and the potential role of euthanasia in end-of-life care in Italy. This research was conducted with hospice clinicians in three hospices in Rome. A 75 item 5-point Likert scale questionnaire was developed and administered. Factor analysis was used, and descriptive statistics were performed using SPSS. Fifty-six respondents completed the questionnaire. From participants’ perspectives, there are seven significant factors explaining the quality of palliative care in Italy: social and physical suffering, psychological and spiritual well-being, emotional well-being, participation in decision making, compassion, hope, and empathy in care, while reducing patients’ desire for death and euthanasia. The most important of these factors regard social, physical and psychological suffering and well-being. Hospice workers in this study did not support euthanasia and felt that palliative care decreases the patient’s desire for euthanasia. * The manuscript was presented as an abstract in an International Congress on Palliative Care.
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Dias, Íris, Carlos Pereira, Elisa Sousa y Ana Margarida Arruda. "Aspectos cotidianos romanos en el Algarve. Los artefactos de hueso de Monte Molião (Lagos, Portugal)". Vínculos de Historia Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, n.º 11 (22 de junio de 2022): 311–38. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2022.11.14.

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Las excavaciones arqueológicas realizadas en Monte Molião permitieron la recogida de un importante conjunto de artefactos de hueso pulido, de la Edad del Hierro y de época Romana, que supone un total de 80 piezas. Están distribuidas por distintas categorías funcionales, relacionadas con el adorno personal, con la actividad textil, con el juego y con la escritura. Otros integran la categoría de complementos de muebles. El conjunto es revelador de la presencia, en el sur de Portugal, de individuos con costumbres y usanzas que siguen patrones estéticos y sociales del Mediterráneo romanizado.Palabras clave: Algarve romano, mundus muliebris, textiles, ludi, stiliTopónimo: PortugalPeriodo: Edad del Hierro, época romana ABSTRACTThe archaeological digs undertaken in in Monte Molião led to the discovery of 80 bone artefacts, dating from Iron Age and Roman times. They are divided into several functional categories, connected with personal adornment, textile activity, games, and writing. Others correspond to furniture complements. They reveal the presence in the south of Portugal of individuals with customs and practices that follow specific aesthetic patterns of the Romanized Mediterranean. Keywords: Roman Algarve, mundus muliebris, textiles activities, ludi, stiliPlace names: PortugalPeriod: Iron Age, Roman times REFERENCIASAlarcão, J. de, Étienne, R., Alarcão, A. y Ponte, S. da (1979), “Les accessoires de la toilette et de l’habitallaments”, en J. de Alarcão y R. Étienne (dir.), Fouilles de Conimbriga, VII, Trouvailles diverses 80, Paris, E. De Boccard.Almagro Basch, M. (1955), Las Necrópolis de Ampurias: Necrópolis romanas y necrópolis indígenas, Barcelona, Seix y Barral.Alonso López, J. y Sabio González, R. (2012), “Instrumentos de escritura en Augusta Emerita. Los stili o estiletes”, Revista de Estudios Extremeños, LXVIII, III, pp. 1001-1024.Andreu Pintado, J. 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Gabrielli, Patrizia. "Gli uomini servono le donne a tavola. Rappresentazioni di genere nell’emigrazione antifascista italiana in URSS = Men waiting on women’s tables: Gender representation in antifascist emigration in the USSR". REVISTA DE HISTORIOGRAFÍA (RevHisto) 31 (23 de septiembre de 2019): 65. http://dx.doi.org/10.20318/revhisto.2019.4874.

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Sinopsi: A ridosso del 1917 per molte socialiste e successivamente per le comuniste, Il Paese dei Soviet si afferma quale modello politico da imitare anche per quanto concerne la parità di genere. Un ruolo che l’Urss mantiene ben saldo esercitando, anche sotto questo profilo, un indubbio fascino sull’emigrazione femminile antifascista. Partendo da queste premesse, il saggio si articola in due parti.Il primo e il secondo paragrafo delineano le principali coordinate del dibattito sull’emancipazione, si soffermano sui caratteri del nuovo modelo femminile e sulla fondazione di una nuova tradizione femminista che trova nel simbolo dell’8 marzo la propria legittimazione. Il terzo parágrafo si concentra, invece, sulla circolazione e l’assimilazione del modello femminile sovietico da parte delle militanti. Le lettere dall’Urss, in special modo, confermano una fedele adesione all’immagine della donna nuova che si riflette sull’autorappresentazione delle militanti, le quali spesso ancora ignare delle condanne subite negli anni del Terrore staliniano, informano entusiaste familiari e amici sulle opportunità e sulla autonomia acquisita. L’esperienza migratoria ebbe però in molti casi risvolti tragici e molte militanti finirono nella fitta rete della repressione staliniana.Parole chiave: mito soviético, stampa femminile socialista e comunista, emancipazione femminile, emigrazione femminile antifascista, lettere.Summary: Just prior to 1917, for many socialists and later for the communists, The Soviet Country was a political role model to be emulated, even in terms of gender equality. Not only did the USSR continue resolutely to exercise this role, but it also harboured an undoubted fascination on women’s antifascist emigration.Starting from these premises, this essay is divided into two parts. It starts by articulating the main topics of the debate on emancipation. This focuses on the features of the new women’s status and the constitution of a new feminist tradition that finds its legitimacy in the symbol of 8 March. It then moves to focus on the spread and the assimilation of the Soviet women’s model among activists. In particular, letters coming from the USSR confirm a faithful adherence to the image of the new woman which is reflected on the self-representation of militants. Communist and socialist women, who were often unaware of the sentences suffered during the years of Stalinist Terror, enthusiastically inform relatives and friends about the opportunities and independence acquired. In many cases, however, migration led to tragic consequences, and several militants were victims of the Stalinist repression.Key words: Soviet myth, Socialist and Communist women’s Press, women’s emancipation, women’s antifascist Emigration, letters.
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Kerla, Nerma. "Analisi dei turchismi utilizzati nel paragone nel romanzo di Meša Selimović Derviš i smrt e la loro traduzione italiana / On Cultural Differences in The Italian Translation of The Novel Death And The Dervish By Meša Selimović". Journal of the Faculty of Philosophy in Sarajevo / Radovi Filozofskog fakulteta u Sarajevu, ISSN 2303-6990 on-line, n.º 25 (23 de diciembre de 2022): 171–96. http://dx.doi.org/10.46352/23036990.2022.171.

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This paper deals with the comparison based on Turcisms in the Italian translation of the novel Derviš i smrt by Meša Selimović. The novel was published in 1966 and Lionello Costantini did the translation from the then Serbo-Croatian to Italian (Il derviscio e la morte) in 1983. This paper focuses on the issue of translation equivalents, as some of the most important elements in the translation process, and on the process of translation itself, as well. A comparative analysis of the culturally specific elements in the original text and their translation in the target language was made, primarily of the examples of comparison based on Turcisms. We attempted to explain the motives behind these translation choices, and then tried to establish how close these choices are t Italian readers and whether they affect the process of understanding the translated text as much as the original text affects the readers of Serbo-Croatian. This paper aims to show which of the two processes suggested by the German theologist and philosopher Friedrich Schleiermacher (and then adopted by Venuti, Berman, and others) prevails between the original and the translated text. In other words, this paper is aimed at establishing whether the Italian translation of the novel Death and the Dervish enables the reader to fully grasp the linguistic and cultural universe of the period in which Selimović placed his work, or whether the translator had to reshape the original text so to fit the scope of understanding and cultural peculiarities of Italian readers.
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