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Angelozzi, Andrea. "L'ipotesi dello spostamento nel suicidio: persona e situazione in psicopatologia". PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, n.º 2 (junio de 2021): 247–64. http://dx.doi.org/10.3280/pu2021-002004.

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Resumen
Viene mostrato come l'ostacolo a taluni strumenti suicidari non porti necessariamente a spostarsi su altre modalità letali, esaminando in particolare il caso dell'intossicazione da gas domestico in Gran Bretagna e gli ostacoli per prevenire il salto dal Golden Gate Bridge di San Francisco. Il mancato spostamento sembra caratterizzare anche altri aspetti patologici, quali il gioco d'azzardo, le dipendenze o la criminalità. L'ipotesi dello spostamento è in realtà legata all'errore fondamentale di attribuzione, che privilegia gli aspetti disposizionali rispetto a quelli situazionali. Vengono esaminati bias collegati a questo errore di attribuzione, come la mancata stabilità e coerenza nel tempo e nelle diverse situazioni degli aspetti disposizionali, la mancata coerenza tra atteggiamenti e comportamenti, e gli errori che gli approcci disposizionali inducono nella previsione di compor-tamenti con il variare delle situazioni. Questi bias mettono in discussione il concetto tradizionale di personalità e il suo ruolo nella genesi dei sintomi o nella predizione dei comportamenti, e anche i modelli psicologici tradizionali che prevedono che i comportamenti siano sempre conseguenza degli atteggiamenti della persona. Il ruolo degli aspetti situazionali, specialmente dei cosiddetti "fattori canale", appare importante nella modifica di comportamenti in ambito preventivo e tera-peutico.
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Pugliese, Erica, Angelo Maria Saliani y Francesco Mancini. "Un modello cognitivo delle dipendenze affettive patologiche". PSICOBIETTIVO, n.º 1 (marzo de 2019): 43–58. http://dx.doi.org/10.3280/psob2019-001005.

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Ghinassi, Simon y Franca Tani. "La gelosia romantica: una rassegna". RICERCHE DI PSICOLOGIA, n.º 2 (septiembre de 2020): 435–66. http://dx.doi.org/10.3280/rip2020-002002.

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La presente rassegna si propone di esaminare lo stato attuale della ricerca re-lativa al sentimento di gelosia all'interno della relazione di coppia. In particolare, a partire dalla definizione del costrutto, prende in esame i principali modelli teorici avanzati nel corso del tempo ed esamina le specifiche manifestazioni e caratteristiche che distinguono la cosiddetta gelosia normale da quella patologica, gli esiti che forme diverse di gelosia possono avere sul benessere del singolo e sulla qualità della relazione di coppia, nonché i molteplici fattori di rischio e di prote-zione che concorrono al sorgere e al mantenimento di tale complessa esperienza emotiva.
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Cangiano, Giovanni, Grazia Buccino, Sara La Palombara, Marianna Bencivenga, Roberta Annecchini, Giovanna Capolongo, Mariano Conticelli, Marco Terribile y Antonio Sarappa. "La calcolosi renale in un laboratorio di patologia clinica: modello organizzativo e nuove tecniche analitiche". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 31, n.º 1 (19 de marzo de 2019): 22–29. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2019.500.

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We here describe our 15-year experience and report both on methodological problems (proposing a new datasheet and biochemical techniques) and on organizational ones (we discuss our patient approach and useful reporting for the physician).
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Cangiano, Giovanni, Grazia Buccino, Sara La Palombara, Marianna Bencivenga, Roberta Annecchini, Giovanna Capolongo, Mariano Conticelli, Marco Terribile y Antonio Sarappa. "La calcolosi renale in un laboratorio di patologia clinica: modello organizzativo e nuove tecniche analitiche". Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 31, n.º 1 (marzo de 2019): 22–29. http://dx.doi.org/10.1177/0394936219836635.

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Manzano, Juan. "Lo stato attuale della psichiatria dell'adolescente: un punto di vista". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 2 (julio de 2010): 51–59. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2010-002005.

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Le classificazioni internazionali si sono rivelate particolarmente inoperanti e la ricerca neurobiologica non ha fatto veri progressi sull'eziologia dei disturbi mentali; nella genetica si č attualmente imposto il concetto di interazione geni-ambiente. In compenso, i progressi generali in neuro_ siologia (la plasticitŕ cerebrale, i circuiti della memoria, i neuroni specchio) e gli studi empirici sulle competenze precoci del neonato hanno confermato concetti patogenetici derivati dalla clinica psicodinamica. Si tratta del campo della salute mentale ad indirizzo relazionale, nel cui ambito l'autore propone qui un modello relazionale dello sviluppo normale e patologico, che permetta un approccio preventivo e terapie - basate sulla relazione personale - la cui efficacia č stata dimostrata. I disturbi di personalitŕ dell'adolescente sono considerati come i disturbi piů frequenti e con una ricaduta piů importante per i servizi. Vengono in fine analizzati alcuni fattori sociali attuali e fatte alcune considerazioni principali e urgenti sull'organizzazione dei servizi.
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Canevaro, Alfredo. "Lutto e sistema familiare. Un approccio trigenerazionale". PSICOBIETTIVO, n.º 3 (mayo de 2010): 38–67. http://dx.doi.org/10.3280/psob2009-003003.

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Questo articolo intende mette in evidenza come l'utilizzazione delle risorse delle famiglie di origine (FO) puň essere fondamentale per sbloccare processi terapeutici fallimentari o in impasse terapeutica, anche durante una psicoterapia familiare svolta solo col gruppo familiare nucleare. Malgrado la famiglia sia il luogo naturale dove si elabora una perdita, sono stati piů gli autori psicodinamici che quelli sistemico-relazionali ad affrontare questo argomento. Si descrivono alcuni contributi teorici sia di psicoanalisti che di terapeuti familiari sistemici. Durante una consulenza per un caso molto grave di lutto patologico presentato da un genitore di un figlio unico morto in circostanze drammatiche,l'autore convoca le FO e con un modello giŕ collaudato di approccio trigenerazionale riesce a stimolare le risorse familiari che favoriscono una buona evoluzione della terapia. Da un follow-up immediato a 3 mesi e a distanza di 7 anni si riesce a vedere il rientro di una grave patologia e la nascita di una elaborazione quasi normale del lutto nella coppia genitoriale.
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Lovaste, Raffaele. "La valutazione di efficacia dei trattamenti delle dipendenze patologiche da un punto di vista manageriale: il modello del Ser.D. di Trento". SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, n.º 3 (noviembre de 2014): 76–87. http://dx.doi.org/10.3280/siss2014-003006.

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Roncaroli, Federico y Carmine Antonio Donofrio. "Classificazione e nomenclatura dei tumori neuroendocrini dell’ipofisi anteriore". L'Endocrinologo 23, n.º 2 (23 de febrero de 2022): 133–41. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-022-01039-y.

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SommarioI tumori neuroendocrini dell’ipofisi anteriore rappresentano un gruppo eterogeneo di neoplasie con distinte caratteristiche cliniche, microscopiche e immunofenotipiche. La classificazione codificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è basata sull’espressione degli ormoni e dei fattori di trascrizione adenoipofisari analizzati sul tessuto patologico con metodiche di immunoistochimica. Tuttavia, recenti studi molecolari hanno portato alla luce i limiti dell’utilizzo di tali fattori di trascrizione per la classificazione di questi tumori. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una controversia sulla nomenclatura dei tumori endocrini dell’adenoipofisi. Il club internazionale di patologia ipofisaria ha proposto di sostituire il termine “adenoma” con tumore neuroendocrino dell’ipofisi anteriore. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha successivamente suggerito un modello classificativo che include i tumori dell’ipofisi anteriore nello spettro delle neoplasie neuroendocrine sistemiche. Queste proposte hanno condotto a una posizione della Pituitary Society culminata in un forum internazionale e in una posizione che raccomanda di mantenere il termine adenoma. La presente rassegna riassume i criteri di classificazione istopatologica dei tumori neuroendocrini dell’ipofisi anteriore, discute criticamente la diagnosi di alcuni tipi e sottotipi di tumore e presenta le controversie sulla definizione di tumore aggressivo e sulla scelta della nomenclatura.
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Berrini, Roberto, Renato Sidoti, Federica Beltrami, Laura De Vecchi, Eugenia Luraschi y Lucia Monicchi. "La dipendenza da sostanze come modalità di disattivazione del sistema dell'attaccamento: una ricerca su un campione di pazienti degenti in comunità terapeutica". MISSION, n.º 51 (abril de 2019): 7–16. http://dx.doi.org/10.3280/mis51-2018oa7515.

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Questo lavoro si propone di esaminare la connessione tra lo sviluppo di una dipendenza patologica dalle sostanze e la presenza di una diagnosi di attaccamento insicuro, valutato attraverso la somministrazione del Separation Anxiety Test (SAT) su un campione di pazienti degenti in comunità terapeutica. Per ogni paziente sono evidenziati i principali dati storici, ricavati all'interno di un setting psicoterapeutico, che permettono di inferire la sua vicenda di allevamento nella relazione con entrambi i genitori.  Il pattern di attaccamento individuato con il SAT trova corrispondenza nello schema relazionale prevalente adottato dal soggetto nel contesto di cura, consente di orientare le decisioni terapeutiche e aiuta a regolare la responsività degli operatori. I risultati dell'indagine evidenziano la presenza nella quasi totalità del campione di pattern insicuri di attaccamento, con un'elevata percentuale di modelli operativi interni disorganizzati. Questi dati trovano conferma in analoghe ricerche sul pattern di attaccamento di soggetti dipendenti da sostanze.  È quindi possibile che la sostanza, per le sue qualità dopaminergiche che attivano i circuiti cerebrali legati alla ricompensa, alla gratificazione, risponda ad una domanda del soggetto che proviene da uno stato carenziale originario, connesso con esperienze prevalentemente non gratificanti, se non dolorose, nella relazione di caregiving. Sono stati inoltre confrontati i pattern di attaccamento dei soggetti con diagnosi di alcolismo con quelli dei soggetti che hanno una diagnosi di tossicodipendenza in cui le sostanze principali sono oppiacei e cocaina.
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Fiorentini, Giuseppe y Giovanni Foresti. ""No retreat, no surrender". La dimensione temporale dei conflitti psichici e sociali". GRUPPI, n.º 2 (octubre de 2010): 69–82. http://dx.doi.org/10.3280/gru2009-002008.

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Gli autori ipotizzano che esista una correlazione fra l'esperienza prevalente del tempo e alcuni disturbi del funzionamento psichico osservabili a livello individuale e sociale. La disorganizzazione dell'orizzonte cronologico dell'esistenza č intesa come una conseguenza delle grandi trasformazioni culturali avvenute nel corso degli anni '70 e '80. A loro volta, questi cambiamenti sono conseguenza di piů discrete modificazioni avvenute nelle relazioni familiari e nella struttura sociale. A livello individuale ciň ha prodotto un'epidemia di disturbi narcisistici che si esprimono in manifestazioni psicopatologiche in passato inesistenti o infrequenti (disturbi alimentari, condotte antisociali, diffuse appetenze patologiche e tossicofilie vecchie e nuove). Mentre nel campo delle dinamiche istituzionali č in aumento la conflittualitŕ esplicita e/o implicita (secondo il modello bioniano dell'attacco-e-fuga o della dipendenza passiva) che coesiste con il venir meno dei conflitti strutturali che strutturanti fra le classi e fra le generazioni. Questa tesi č argomentata attraverso due esempi clinici. Il primo tratto da un trattamento psicoanalitico individuale e il secondo da una supervisione all'équipe di una Comunitŕ Terapeutica, tenuta in scacco da una paziente gravemente borderline.
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Villani, Maria Rosaria, Marco Pascucci, Giovanni Barone, Matteo Giordano y Angelo De Giorgi. "Confronto clinico e psicodiagnostico tra pazienti affetti da disturbo da uso di oppiacei, affetti da disturbo bipolare e pazienti affetti da entrambe le patologie, in trattamento". MISSION, n.º 55 (julio de 2021): 26–31. http://dx.doi.org/10.3280/mis55-2020oa10735.

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Introduzione. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la Comorbilità o Doppia Diagnosi come la coesistenza nel medesimo individuo di un disturbo dovuto al consumo di sostanze psicoattive ed un altro disturbo psichiatrico (OMS, 1995). Per quanto piuttosto criticata tale definizione consente di individuare una popolazione di pazienti le cui caratteristiche psicopatologiche appaiono peculiari e molto spesso di difficile ed non univoca interpretazione diagnostica; da tali difficoltà discendono frequentemente diatribe ideologico culturali e reali difficoltà di intervento terapeutico che mantengono queste persone in una condizione di equilibrio precario con elevati costi in termini sanitari e di mancata produttività lavorativa. In letteratura sono presenti numerosi lavori che cercano di coniugare ipotesi etiopatogenetiche di area psichiatrica con vie neurotrasmettitoriali più tipicamente associate al mondo delle dipendenze patologiche, delineando una specifica cultura psicopatologica che cerchi di dare risposte a quesiti diagnostici di difficile soluzione. Tra i vari modelli che cercano di chiarire le associazioni etiopatogenetiche comuni a dipendenze ed altri disturbi mentali quello che forse appare più completo è l'ipotesi della "disregolazione omeostatica edonica" (la disedonia), correlato fenomenologico delle dipendenze e della malattia mentale che allo stesso momento spiegherebbe la maggiore frequenza di dipendenza nei soggetti con spettro bipolare (inteso anche come tratto temperamentale) come anche del discontrollo degli impulsi o dell'incapacità a prevedere le conseguenze dei propri agiti. In questo solco si inserisce il nostro studio con l'intento di fornire un contributo alla creazione di un linguaggio neurocomportamentale specifico per il mondo delle dipendenze.   Scopo e Metodi End point primario del nostro studio è quello di identificare attraverso la frequenza nel SCL-90R, di specifiche dimensioni sintomatologiche attribuibili a specifiche popolazioni di pazienti. In seconda istanza abbiamo indagato l'eventuale esistenza di caratteristiche psicopatologiche comuni tra pazienti con patologia di spettro bipolare e dipendenza; in ultimo abbiamo valutato l'impatto della doppia diagnosi sul funzionamento globale dell'individuo. Abbiamo arruolato tre coorti di pazienti: soggetti eroinomani senza altra psicopatologia, eroinomani con disturbo bipolare, soggetti affetti da disturbo bipolare senza dipendenza, tutti provenienti dai Ser.D e DSM della provincia di (…...) La diagnosi è stata formulata attraverso il criterio dell'osservazione clinica, supportata da strumenti psicodiagnostici (MMPI-1, SCID 2) ed esami laboratoristici (esami tossicologici urinari). Le dimensioni sintomatologiche prevalenti sono state indagate con la SCL 90R.   Risultati Non sono emersi dati significativi relativi ad una specifica dimensione psicopatologica per i soggetti affetti da Disturbo da uso di sostanze. Tra le sottoscale del SCL-90, l'ANX è la dimensione comune rilevata tra eroinomani bipolari (doppia diagnosi) e bipolari. Nel confronto tra i tre gruppi (eroinomani senza comorbilità, eroinomani bipolari, bipolari) valutati globalmente, il gruppo meno disfunzionale è risultato quello degli eroinomani. La ridotta estensione dei campioni esaminati non ci permette di pervenire a risultati definitivi richiedendo ulteriori studi in tal senso.
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Pelliccioli, G. P., P. F. Ottaviano, C. Gambelunghe, G. Mariucci, G. Bruschelli, G. Bartoli y M. V. Ambrosini. "Ischemia cerebrale sperimentale nei gerbillo". Rivista di Neuroradiologia 6, n.º 3 (agosto de 1993): 325–30. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600313.

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Il gerbillo (Meriones unguiculatus), avendo il circolo di Willis incompleto per la mancanza delle arterie comunicanti, è considerato il modello animale di elezione per lo studio dell'ischemia cerebrale. L'assenza di connessioni tra circolo carotideo e vertebro-basilare garantisce infatti l'induzione di un'ischemia cerebrale mediante occlusione delle arterie carotidi comuni (ACC). È stata osservata tuttavia una certa variabilità nel sistema vascolare cerebrale del gerbillo, che spiegherebbe la differente risposta individuale alla legatura delle ACC. In letteratura sono stati descritti i deficit funzionali e le modificazioni comportamentali secondari ad un'ischemia cerebrale, correlabili post mortem a definiti quadri istopatologici. Raramente sono stati applicati metodi certi di valutazione in vivo degli esiti di un'ischemia cerebrale sperimentale e/o dell'efficacia di eventuali interventi terapeutici. Un contributo alle indagini in vivo sull'ischemia cerebrale sperimentale potrebbe derivare dallo studio con risonanza magnetica. La nostra indagine ha avuto lo scopo di valutare alla RM, l'evoluzione e la gravità del danno prodotto nel gerbillo: a) dall'occlusione di entrambe le ACC per 5 mine (b) dalla legatura permanente di una ACC. Lo studio parenchimale ed angiografico è stato condotto utilizzando apparecchiature da 1,5 Tesla. Gli animali sono stati esaminati a tempi diversi dall'ischemia. L'iperintensità del segnale rilevata in alcuni casi con le sequenze spin echo a TR lungo a carico dell'ippocampo non era semprecorrelabile al tipo di ischemia indotta. In un 20% dei casi si è apprezzato un aumento di volume del sistema ventricolare, confermato dall'esame anatomo-patologico. Lo studio istologico ha dimostrato che l'aumento di intensità del segnale non era obbligatoriamente associato a severi danni del parenchima. I risultati di questo studio, seppure preliminare, sosterrebbero la validità della tecnica RM nello studio delle ischemie cerebrali sperimentali, poiché essa consente di individuare un edema nel tessuto ischemico anche in assenza di grave sofferenza e/o necrosi cellulare. Le differenti risposte del gerbillo all'ischemia cerebrale potrebbero essere dovute ad una variabilita sia anatomica che biologica.
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Marri, Marcello. "Valutazione e terapia del dolore nel disabile grave". CHILD DEVELOPMENT & DISABILITIES - SAGGI, n.º 3 (abril de 2012): 49–54. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2010-003008.

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Negli ultimi anni la ricerca di laboratorio e quella clinica hanno aperto nuovi scenari nella fisiopatologia del dolore, permettendo un'approfondita comprensione di numerosi eventi presenti nella persona sofferente. La trasformazione del dolore da "sintomo-segnale d'allarme" caratteristico dell'evento acuto in una vera e propria sindrome "dolore-malattia" caratteristica del quadro cronico č in funzione della "persistenza nel tempo" o della "alta intensitŕ non controllata". All'evoluzione temporale del dolore č associato l'impatto negativo sulla persona. Differenze di ordine neurofisiologico, neuropsicologico e comportamentale giustificano la distinzione dolore acuto-sintomo/dolore cronico-sindrome [4]. Queste scoperte, insieme ad una nuova sensibilitŕ culturale che si č fatta strada nella societŕ civile, hanno permesso a molti operatori sanitari di porre il dolore al centro dell'attenzione della loro attivitŕ assistenziale. Pertanto si sono predisposti e vengono seguiti in molti Centri di cura protocolli e/o procedure che prevedono l'utilizzazione di scale per la valutazione dell'intensitŕ percepita del dolore o della inabilitazione che ne consegue e per la misurazione della componente affettiva, in diversi tipi di soggetti e/o in diversi quadri patologici, utilizzando, come nel caso dei neonati/lattanti o di condizioni cliniche estreme (coma farmacologico), il rilievo del cambiamento di alcuni parametri vitali o fisiologici. Queste scale possono essere distinte, semplificando e dal punto di vista della modalitŕ di "somministrazione", in due gruppi: quelle di Autovalutazione e quelle di Eterovalutazione. Numerose équipe hanno lavorato per trovare i segni comportamentali e fisici idonei a reperire e misurare il dolore nel bambino con disabilitŕ complessa e che non puň esprimersi verbalmente [3]. In Francia l'équipe dell'Ospedale "San Salvadour" (Hyčres) ha messo a punto una scala di 10 item, la DESS (Douleur Enfant San Salvadour), sul modello della DEGR (Douleur Enfant Gustave Roussy). I 10 punti si riferiscono alle modificazioni, in presenza di dolore, di segni neurologici abituali [2]. Un gruppo canadese ha messo a punto e validato una lista di 30 item molto semplici (pianto, grido, gemito, smorfia ecc.) che non necessita di conoscenza preliminare del bambino con disabilitŕ: č la NCCPC (Non-Communicating Children's Pain Checklist) [1]. Per trattare il dolore abbiamo a disposizione due approcci: cercare di interferire con il Sistema Eccitatorio filtrando o inibendo la trasmissione del messaggio "dolore" o rinforzare il Sistema Inibitorio. I mezzi a disposizione per ridurre il dolore sono numerosi e complementari. Per ottenere buoni risultati č sovente necessario associarne molti.
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Тахчиди, Х. П., П. В. Глизница, С. Н. Светозарский, А. И. Бурсов y К. А. Шустерзон. "Razmetka cvetnyh fotografij glaznogo dna uluchshaet raspoznavanie makulyarnoj patologii s pomoshch'yu glubokogo obucheniya". Вестник Российского государственного медицинского университета, n.º 2021(4) (agosto de 2021). http://dx.doi.org/10.24075/vrgmu.2021.040.

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Zabolevaniya setchatki ostayutsya odnoj iz vedushchih prichin slabovideniya v mire. Razrabotka metodov avtomatizirovannoj diagnostiki mozhet povysit' effektivnost' i dostupnost' programm massovogo skrininga patologii makulyarnoj oblasti. Cel'yu raboty bylo razrabotat' i provalidirovat' algoritmy mashinnogo obucheniya dlya diagnostiki makulyarnoj patologii na osnove analiza cvetnyh fotografij glaznogo dna s predvaritel'noj razmetkoj dannyh i bez nee na primere vozrastnoj makulyarnoj degeneracii (VMD). V issledovanii ispol'zovali 1200 cvetnyh fotografij glaznogo dna iz lokal'nyh baz dannyh, vklyuchaya 575 izobrazhenij setchatki pacientov s VMD i 625 retinal'nyh fotografij zdorovyh pacientov. Algoritm glubokogo obucheniya byl realizovan na osnove nejronnoj seti Faster RCNN c ResNet50 v kachestve svertochnoj osnovy s ispol'zovaniem transfernogo obucheniya. V rezul'tate, pri otsutstvii razmetki validaciya pokazala neudovletvoritel'nuyu tochnost' modeli (79%), chto bylo svyazano s nepravil'nym vyborom nejroset'yu oblastej vnimaniya. Vypolnenie razmetki povysilo effektivnost' razrabotannoj metodiki, na testovom nabore dannyh model' prodemonstrirovala adekvatnoe opredelenie informativnyh uchastkov, tochnost' klassifikacii dostigla 96,6%. Takim obrazom, primenenie razmetki izobrazhenij znachitel'no povyshaet tochnost' raspoznavaniya cvetnyh izobrazhenij setchatki s pomoshch'yu nejrosetevyh tekhnologij i pozvolyaet sozdavat' effektivnye modeli pri ispol'zovanii ogranichennyh po ob"emu naborov dannyh.
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Gentile, Rosalba. "Dall’homo patiens all’homo rebellis: analisi della nuova percezione di salute e malattia in epoca contemporanea". Medicina e Morale 61, n.º 6 (30 de diciembre de 2012). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2012.117.

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È davvero possibile circoscrivere la variegata realtà della salute e della malattia entro un dato schema concettuale, senza rischiare di misconoscere l’essenza più autentica di queste nozioni antonimiche, eppure complementari? Muovendo da questo interrogativo, il presente articolo propone una riflessione sulla malattia e sulla salute attraverso l’analisi dei paradigmi ontologico e positivistico, dei quali si è cercato di illustrare l’impianto epistemologico e l’evoluzione teorica, allo scopo di cogliere le numerose implicazioni socio- antropologiche oltreché bioetiche della realtà suddetta. La disamina dei paradigmi in questione ha inoltre consentito di evidenziare la polivalenza semantica della salute e della malattia e quindi di concludere che la loro complessità è irriducibile sia alla visione dualistica del modello ontologico, che scinde l’unità sostanziale dei due fenomeni anzidetti, sia all’ottica quantitativa del paradigma positivista, incentrata invece sull’idea della misurabilità della natura. Infatti, come la vita contempla il grado ed esclude il metro, così le manifestazioni vitali del normale e del patologico si sottraggono a soffocanti inquadramenti epistemologici, che di essi trascurano quelle significazioni ulteriori e quelle iridescenze ermeneutiche, rilevabili, viceversa, attraverso una speculazione meno dogmatica, e dunque aperta all’interdisciplinarietà. Si ritiene altresì che le visioni ontologica e positivistica, avallando e contribuendo a diffondere specifici modelli di salute e di malattia, ne abbiano, più o meno consciamente, incentivato il graduale impoverirsi etico e simbolico; culminante, in sintesi, nella rimozione culturale delle dimensioni della morte e del dolore, nell’alterarsi del rapporto medico-paziente e nella riduzione materialistica dell’idea di salute. Ciò consegue al passaggio dall’impostazione ontologica a quella positivista: mentre la prima interpreta la salute e la malattia secondo una logica di dualismo manicheo, e dunque potenzialmente moralista, la seconda ne fornisce invece una lettura per lo più laicista e talora amorale. Questa transizione paradigmatica delinea pertanto una nuova mentalità collettiva, che, negando la realtà del patologico e assolutizzando il valore del normale, esalta il dominio di una medicina dell’utopia; la quale, non più consentanea ai bisogni effettivi della persona sofferente, tradisce una superficialità inconciliabile con la sua intima vocazione umanitaria. ---------- Is it really possible to restrict the multi-faceted reality of health and disease to a given conceptual scheme, without the risk of ignoring the essence of these opposing, but complementary notions? On the basis of this question, this article proposes a reflection on disease and health through the analysis of the ontological and the positivistic paradigms. An attempt was made to explain their epistemological systems and theoretical evolution, in order to understand the many socio-anthropological and bioethical implications of health and disease. The study of the aforesaid paradigms has also allowed to highlight the semantic polyvalence of health and illness, and to conclude that their complexity is irreducible to both the dualistic view of the ontological model – which does not maintain the essential unity of the two phenomena examined here – and to the quantitative perspective of the positivist paradigm, focused on the idea of measuring nature. In fact, as human life requires gradual change and excludes measurability, similarly the vital manifestations of the normal and the pathological escape suffocating epistemological frameworks. This is because they disregard the additional meanings and the hermeneutical nuances of health and disease that are instead detectable through a less dogmatic speculation, which would hence be open to an interdisciplinary approach. It has also been opined that the ontological and the positivist visions have, more or less consciously, induced the gradual, ethical and symbolic impoverishment of the concepts of health and disease, through endorsing and helping to disseminate specific models of them. This impoverishment culminated, in summary, in the cultural removal of death and pain, in an altered relationship between doctors and patients, and in a materialistic idea of health. This ensues from the shift from the ontological to the positivistic framework: while the first interprets health and disease according to the manichaean dualism, and therefore to a potentially moralistic view, the second explains them in a more secularist and sometimes amoral way. This paradigmatic transition outlines a new collective mentality, which denies the reality of the pathological, absolutises the value of the normal, and thus enhances the dominance of an utopian medicine. This one, as no longer corresponds to the real needs of suffering people, reveals its superficial heart and so is incompatible with its humanitarian nature.
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