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Küstner, B. Moreno, F. Torres González y J. D. Luna Del Castillo. "Analysis of patterns of mental health care with three different approaches (cross-sectional, longitudinal and dynamic)". Epidemiologia e Psichiatria Sociale 10, n.º 2 (junio de 2001): 82–89. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005157.

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RIASSUNTOScopo– Questo articolo si propone di fornire una panoramica dei diversi metodi di analisi delle informazioni relative alFutilizzazione dei servizi secondo approcci differenti.Metodi– E' stata predisposta un review sistematica degli studi suipatterndi cura. L'analisi suipatterndi cura è stata divisa secondo tre differenti approcci:cross-sectional, longitudinale e dinamico.Risultati– Negli studicross-sectional, le informazioni sull'utilizzazione sono basate sui numero totale dei contatti con i servizi di salute mentale, in un certo periodo. Nel secondo approccio, chiamato longitudinale, l'analisi di sopravvivenza è applicata considerando l'intervallo di tempo tra ciascun contatto. Il terzo tipo di contatto, chiamato qui approccio «dinamico», comporta l'applicazione di modelli matematici basati sulle catene markoviane per analizzare la probabilità di cambiamento da un tipo di contatto all'altro.Conclusioni– Si sottolinea la necessita di studi ulteriori predisposti per analizzare i dati dei registri psichiatrici dei casi con modelli standardizzati per l'analisi dell'utilizzazione dei servizi psichiatrici.
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Butollo, Willi y Regina Karl. "La psicoterapia del trauma ad orientamento gestaltico: l'esposizione dialogica". QUADERNI DI GESTALT, n.º 1 (octubre de 2011): 75–85. http://dx.doi.org/10.3280/gest2011-001007.

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Le esperienze traumatiche non solo provocano i noti sintomi legati al trauma, ma modificano altresě il sé ed i processi del sé della persona. Per il trattamento dei disturbi post traumatici abbiamo a disposizione molteplici concetti terapeutici alternativi, che si basano su diversi modelli patogenetici. L'importanza della capacitŕ dialogica intrapsichica, necessaria all'elaborazione del disturbo relazionale e delle interruzioni di contatto conseguenti al trauma, viene in genere trascurata. La psicoterapia del trauma ad orientamento processuale, qui presentata, inserisce alcuni elementi della psicoterapia comportamentale all'interno della cornice della psicoterapia della Gestalt e si fonda su un concetto relazionale, con l'obiettivo di identificare e di sciogliere le interruzioni di contatto del soggetto. In questo modo si rendono nuovamente possibili il vissuto di continuitŕ del soggetto e la capacitŕ di risposta del sé. Utilizzando l'"esposizione dialogica" si fa riferimento alla natura dialogica dei processi del sé in ogni fase della terapia e si permette in questo modo alla persona di entrare in contatto e di confrontarsi con diverse parti di sé (traumatiche, non-traumatiche, pre-traumatiche).
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Carulli, Stefania. "Nuovi percorsi di genitorialitŕ. Il web come spazio d'incontro per le nuove famiglie". SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, n.º 41 (mayo de 2012): 104–14. http://dx.doi.org/10.3280/sc2011-041009.

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La diffusione di nuovi modelli familiari e la crescita delle associazioni, specialmente quelle legate alla sfera della famiglia, sono diventate negli ultimi anni strumenti efficaci per dare voce a istanze diverse della societŕ civile. Entrambi questi fattori, insieme alla capacitŕ del web di trasmettere contenuti e creare reti sociali producono una sinergia che offre spazio al contatto tra realtŕ apparentemente distanti. Questo articolo illustra le attivitŕ on-line di alcune organizzazioni che si occupano di famiglia, in particolare di quelle associazioni che si occupano di genitorialitŕ, e intende mettere in evidenza la loro vita tra online e offline.
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Casini, Simone. "Questioni di teoria linguistica: Per un paradigma teorico della creatività semiotica". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 53, n.º 1 (6 de diciembre de 2018): 69–89. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818816667.

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Il contributo delinea il paradigma teorico della creatività intesa, da una prospettiva semiotica e di linguistica teorica, come il quadro di riferimento formale per la variazione e il cambiamento linguistico sia nei processi di generale interazione che, su piani quantitativamente maggiori, nei fenomeni in cui lingue e identità in contatto interagiscono per negoziare il senso comunicativo. Il percorso propone una analisi della creatività che spazia dagli ambiti della Filosofia antica sino alla riflessione linguistica contemporanea che si è avuta nel Novecento tra le due sponde dell’Oceano e individua nella dimensione dell’uso e della condivisione sociale tra i parlanti il principio primo capace di guidare le forme di creatività linguistica potenzialmente illimitate verso un fine che è identitario e comunicativo, al di là e molto oltre rispetto ai modelli di regolarità e norma (in senso prescrittivo) grammaticale. Interpretare secondo questo modello il paradigma della creatività significa porre la proprietà semiotica in una posizione di prima inter pares, in cui le viene affidato non solo il “ruolo” di formatore di segni (parole, frasi, testi), ma la funzione di primaria arbitrarietà, causa ed effetto della discretizzazione delle lingue storico-naturali.
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Papale, Sandro. "Gli occhi oltre la maschera". PSICOBIETTIVO, n.º 3 (diciembre de 2022): 116–19. http://dx.doi.org/10.3280/psob2022-003011.

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In questo commento dell'articolo Le mille guerre di Iryna di Alessia Buccino l'autore evidenzia come dalle guerre nascono nuovi modelli, nuove epistemologie e procedure cliniche efficaci. Per la cura diventa essenzia- le andare oltre il mero evento, anche se traumatico e terribile, e relazionarsi all'altro come individuo con la sua identità e soggettività. L'autore evidenzia il concetto di maschera al quale è legata l'etimologia del termine persona. Riusci- re a prendere contatto con l'altro al di là della maschera permette di creare una relazione e una comunicazione significativa per il paziente e per il terapeuta. Infine creare un intervento a più livelli e a più voci permette di creare quella rete sanitaria che cura.
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Ammaniti, Massimo y Margherita Spagnuolo Lobb. "La mentalitŕ evolutiva in psicoterapia". QUADERNI DI GESTALT, n.º 2 (abril de 2013): 11–28. http://dx.doi.org/10.3280/gest2012-002002.

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Massimo Ammaniti e Margherita Spagnuolo Lobb dialogano sul tema della prospettiva evolutiva in psicoterapia, su come la storia evolutiva del paziente si declini nel qui ed ora della seduta terapeutica e nell'attualitŕ della vita del paziente. Basandosi sull'evidenza dei risultati di ricerche attuali, gli autori sono concordi nell'affermare che la realtŕ dello sviluppo possiede una variabilitŕ e una complessitŕ che le tradizionali teorie stadiali non esprimono. Il dialogo assume i toni di un contradditorio appassionato, tra epistemologie, modelli e identitŕ diverse nella riflessione sui domini e sui sistemi motivazionali sovraordinati, sulla strutturazione del senso di Sé, sull'importanza del corpo in psicoterapia e sul confronto tra intersoggettivitŕ e contatto.
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Chinazzi, Anna. "Homeschooling e cultura prefigurativa in Italia". EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, n.º 2 (noviembre de 2020): 367–82. http://dx.doi.org/10.3280/ess2-2020oa9489.

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Nonostante la consistente ricerca condotta dagli studiosi all'estero, poco è stato detto della pratica di homeschooling in Italia, dove sta diventando una scelta contemplata da diverse famiglie. Attraverso un approccio di tipo etnografico, l'autrice ha investigato le principali motivazioni e le etnoteorie parentali che influenzano questa scelta. L'istruzione parentale è un movimento eterogeneo, ma punti di contatto fondamentali sono ravvisabili in una specifica visione della responsabilità genitoriale e in un atteggiamento critico e riflessivo. I genitori vogliono promuovere l'autostima, la creatività e la curiosità dei propri figli in qualità di strumenti utili per affrontare un futuro opaco. Inoltre, lo studio delle famiglie che in Italia hanno optato per l'homeschooling permette all'autrice di trattare cambiamenti più ampi in atto nella cultura genitoriale e nei modelli di trasmissione culturale nell'Italia contemporanea come l'affermazione della cultura prefigurativa. Molti sono gli interrogativi ancora inesplorati che richiedono un approccio empirico. È soprattutto lo sguardo pedagogico a essere sollecitato per fare luce sulle peculiari caratteristiche del fenomeno
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Panebianco, Carmelo. "Isomorfismo e creativitŕ: un Processo di Reciproco Adattamento (PRA)". RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, n.º 36 (diciembre de 2012): 5–24. http://dx.doi.org/10.3280/pr2012-036001.

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L'Autore ritiene di fondamentale importanza la scoperta dei neuroni specchio e l'individuazione di una funzione innata nell'uomo, quale la "simulazione incarnata". Riconosce, perň, una funzione innata piů ampia, la "funzione incarnata di adattamento" dove la simulazione incarnata č solo un sottosistema. L'adattamento si articola, sostiene l'Autore, attraverso processi di simulazione, sintonizzazione, assimilazione e accomodamento. Quando due individui entrano in contatto e attivano un'interazione, essendo entrambi dotati della "funzione incarnata di adattamento", non possono non attivare un complesso Processo di Reciproco Adattamento (PRA). La relazione si definisce attraverso un complesso processo di reciproco adattamento (PRA) dove i due interagenti selezionano elementi di compatibilitŕ: stili di attaccamento, MOI, modelli familiari, bisogni, etc. L'isomorfismo rappresenta una risposta che nasce dal PRA durante il percorso terapeutico. I comportamenti isomorfici dei terapeuti vengono considerati come un potente strumento diagnostico e terapeutico. Se l'isomorfismo č qualcosa che emerge dall'incontro tra due sistemi (sistema- pazienti e sistema-terapeuti), entrambi dotati della funzione di adattamento incarnato, il sistema terapeutico rappresenta qualcosa di piů e di diverso della semplice somma delle parti. Il qualcosa "di piů e di diverso", ovvero il sistema terapeutico, costituisce giŕ una condizione di cambiamento.
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Cipriani, Roberto. "Religione e sport. Tra rito e spettacolo". El Futuro del Pasado 6 (1 de octubre de 2015): 87–111. http://dx.doi.org/10.14516/fdp.2015.006.001.003.

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Sono numerosi i punti di contatto e le affinità fra religione e sport. Il che avviene sin dai tempi più antichi. Esemplare è il caso della Grecia, dove non a caso sono sorte le Olimpiadi in un contesto e con motivazioni a carattere tipicamente religioso.La stessa ripresa dei Giochi Olimpici nel 1896 rappresenta un momento di svolta per la storia dello sport ma evidenzia anche le ragioni profondamente etiche (e religiose) che animavano il loro fondatore, il barone de Coubertin.Oggi sotto diverse forme ed in situazioni favorevoli il legame fra religione e sport si va rafforzando tanto da poter verificare la presenza di riti, preghiere, formule, gesti, simboli e ruoli tipicamente religiosi anche in avvenimenti sportivi, nel corso della loro preparazione come nelle fasi successive allo svolgimento delle competizioni.Vari studi sul campo mostrano che specialmente entro modelli d’ispirazione cristiana vigono e si diffondono pratiche religiose che accompagnano da vicino le dinamiche relative all’organizzazione di gare in diversi sport, a partire dai momenti fondativi per giungere sino ai processi di legittimazione delle memorie del passato.Soprattutto nel campo del calcio esistono forme di divismo, movimenti parareligiosi e culti propiziatori ed esorcistici tesi ad ottenere risultati agonistici continuamente positivi.
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Lippolis, Vincenzo. "LE ELEZIONI DEL 1994". Il Politico 251, n.º 2 (3 de marzo de 2020): 186–99. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.244.

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Le elezioni del 1994 sono state il risultato finale della crisi dei partiti di massa del XX secolo. Esse hanno portato alla formazione di un sistema politico bipolare di prima-past-the-post. Il sistema dei partiti è diventato completamente diverso dal precedente. La novità principale fu la vittoriosa "entrata nella mischia" di Berlusconi che innovò profondamente i modelli della politica italiana. Si presentava come un leader carismatico a diretto contatto con gli elettori grazie a un sapiente uso della televisione. Il partito da lui fondato, Forza Italia, si identifica con la sua persona e non esisterebbe senza di lui. È un partito personale. Questo ha segnato un salto di qualità nel processo di personalizzazione della leadership che caratterizzerà il sistema politico italiano da quel momento in poi. Berlusconi ha vinto anche perché è stato il primo a capire che - con il nuovo sistema elettorale a scrutinio unico - lo scontro sarebbe stato tra destra e sinistra, senza possibilità di partiti centristi, e che sarebbe stato necessario costituire coalizioni elettorali. Ha così formato un'alleanza con la Lega del Nord e il MSI senza alcun riguardo per la coesistenza politica dell'alleanza. Il bipolarismo italiano acquisirebbe così la caratteristica negativa di coalizioni fragili ed eterogenee, non essendo il sistema elettorale adatto a limitare la frammentazione dei partiti. Il sistema politico diventerebbe fortemente conflittuale a causa della mancata legittimazione dei due fronti politici.
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De Filippis, Vincenzo y Gonzalo Miranda. "Aspetti etici emergenti nella tossicodipendenza: la "riduzione del danno"". Medicina e Morale 44, n.º 3 (30 de junio de 1995): 489–500. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.981.

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L'articolo si propone di esaminare sotto il profilo tecnico-scientifico ed etico la strategia sperimentata per la prima volta in Gran Bretagna e definita "Riduzione del Danno" (RD), dal termine inglese Harm Reduction. La RD è una politica sociale con la quale si intende diminuire gli effetti negativi del consumo di droga attraverso modalità favorenti il contatto con il più vasto numero possibile di tossicodipendenti al fine di avviare un numero maggiore di essi verso un cammino di responsabilizzazione e di solidarietà. Alla base della RD stanno: 1. la presa di coscienza che il problema non è la droga, ma i suoi modi d'uso; 2. un programma incentrato sulla persona piuttosto che sulla sostanza stupefacente; 3. la consapevolezza che non esistono modelli terapeutici validi per tutti. Di positivo nella RD si riscontrano le premesse sopra citate, mentre gli aspetti negativi - alla luce dell'esperienza anglosassone - sono: 1. lo svincolamento da una concreta tensione al recupero integrale della persona per cui gli strumenti adottati rischiano di reiterare la cronicizzazione della tossicodipendenza; 2. l'ideologizzazione degli interventi; 3. la prevalenza degli interessi della popolazione su quelli della persona nell'utilizzo della spesa sanitaria complessiva; 4. l'inadeguatezza numerica degli operatori. In conclusione la RD come semplice "male minore" non può essere eticamente accettata in quanto favorisce le ulteriori deresponsabilizzazione e cronicizzazione della dipendenza. La RD può invece considerarsi valida solo come fase iniziale di un progetto volto al superamento della tossicomania, attraverso strategie come un più stretto colloquio tra operatore sanitario e paziente, l'avvio a comunità terapeutiche, il reinserimento lavorativo e familiare.
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Vezzali, Loris, Dora Capozza y Rossella Falvo. "Confronto tra strategie di contatto in contesti di lavoro". RICERCHE DI PSICOLOGIA, n.º 1 (marzo de 2010): 93–110. http://dx.doi.org/10.3280/rip2009-001006.

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Nella presente ricerca, si č analizzata l'efficacia di alcuni modi di contatto nel migliorare le relazioni tra Italiani e immigrati. In particolare, si sono confrontate la teoria del contatto intergruppi (Brown e Hewstone, 2005), il modello dell'identitŕ dell'ingroup comune (Gaertner e Dovidio, 2000), il modello dell'identitŕ duplice (Gaertner et al., 2000). Lo strumento utilizzato era un questionario. I partecipanti, tutti Italiani, erano lavoratori di aziende in una regione del Nord. L'ipotesi era che la salienza dell'identitŕ comune sarebbe stata la modalitŕ di contatto piů efficace per migliorare le relazioni tra Italiani e immigrati entro il contesto di lavoro. La generalizzazione degli effetti del contatto alla categoria generale degli immigrati avrebbe dovuto, invece, essere piů forte quando, negli incontri tra lavoratori italiani e stranieri, era saliente l'identitŕ duplice. I risultati hanno confermato l'ipotesi relativa all'efficacia dell'identitŕ comune, anche se non si sono rilevati i previsti effetti di moderazione. Sono state, infine, discusse le implicazioni pratiche e teoriche dei risultati ottenuti.
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Spagnuolo Lobb, Margherita. "Il now-for-next nella psicoterapia di gruppo: la magia dello stare insieme. Un modello di intervento gestaltico nei gruppi". QUADERNI DI GESTALT, n.º 1 (septiembre de 2012): 51–62. http://dx.doi.org/10.3280/gest2012-001006.

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Partendo dalla definizione gestaltica di gruppo di Kurt Lewin, e dal concetto di leadership fluttuante come funzione naturale del gruppo di Paul Goodman, l'autrice descrive un nuovo modello gestaltico di diagnosi e intervento con i gruppi. I principi alla base di questo modello sono l'estetica del contatto e l'evoluzione delle intenzionalitŕ di contatto dei membri. Vengono distinti i criteri sincronici (l'osservazione estetica del qui e ora) e i criteri diacronici (l'evoluzione delle intenzionalitŕ di contatto dei membri) per il lavoro con i gruppi. I criteri diacronici sono: la vitalitŕ e la presenza dei membri del gruppo; la flessibilitŕ della leadership; la capacitŕ di accettare la novitŕ e la diversitŕ dei membri del gruppo. Nei criteri diacronici vengono distinte 5 fasi che marcano lo sviluppo delle intenzionalitŕ di contatto dei membri del gruppo. Per la sua coerenza con i principi epistemologici della psicoterapia della Gestalt, questo modello si presta bene sia all'utilizzo nei corsi di formazione che ad applicazioni, come quella della consulenza aziendale.
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Bonavita, Paolo y Augusto Vigna Taglianti. "Ocydromus subg. Nepha Motschulsky, 1864: revisione tassonomica, filogenesi e biogeografia (Coleoptera Carabidae)". Memorie della Società Entomologica Italiana 89, n.º 1 (30 de junio de 2010): 7. http://dx.doi.org/10.4081/memoriesei.2010.7.

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La revisione del subg. <em>Nepha</em> Motschulsky, 1864 (Carabidae, Bembidiina, gen. <em>Ocydromus</em> Clairville, 1806), basata sullo studio di un ricco materiale (oltre 7000 esemplari delle collezioni di 29 istituzioni pubbliche e di 37 privati) ha implicato numerosi cambiamenti nomenclatoriali e tassonomici. Dei 64 nomi di taxa presi in considerazione, riferiti a <em>Nepha</em>, 23 sono validi a livello specifico (di essi 2 sono ridenominazioni per omonimia), e 12 a livello sottospecifico (di essi 3 sono ridenominazioni per omonimia), mentre i rimanenti 24 sono semplici sinonimi. Nel presente lavoro vengono inoltre descritte 3 nuove specie e 3 nuove sottospecie. Sulla base di questa revisione, <em>Ocydromus</em> (<em>Nepha</em>) comprende 26 specie, di cui 22 monotipiche e 4 politipiche (una con 8 sottospecie, una con tre e due con quattro sottospecie). Vengono forniti sia il catalogo delle specie che una chiave dicotomica di identificazione. Ai fini della ricostruzione filogenetica sono stati studiati numerosi caratteri morfologici e la loro possibile evoluzione: 31 caratteri sono stati presi in considerazione per l’analisi cladistica, utilizzando il software Paup 4.0. Come sister group è stato inviduato il subg. <em>Testediolum</em> Ganglbauer, 1891, rappresentato esclusivamente da specie europee. Le specie asiatiche ad esso attribuite da altri autori, vengono considerate appartenenti al subg. <em>Peryphidium</em> Tschitschérine, 1895, che qui viene rivalutato. Dal punto di vista dell’analisi cladistica, <em>Nepha</em> non risulterebbe monofiletico, in quanto il clado <em>armeniacus-pinkeri</em> viene a porsi come sister group sia di Testediolum che delle altre specie di <em>Nepha</em>, che presentano come unica sinapomorfia l’assenza della stria apicale, con conseguente isolamento della setola apicale. La variabilità di questo carattere e l’analisi dei dati di distribuzione di <em>Nepha</em> e di <em>Testediolum</em> ci permette però di includere anche il clado <em>armeniacus-pinkeri</em> nel sottogenere <em>Nepha</em>. Il gruppo caucasicus è formato dalle specie basali di <em>Nepha</em>, mentre i gruppi <em>callosus</em>, <em>ibericus</em> e <em>tetragrammus</em> risultano essere quelli di origine più recente. L’elaborazione dei modelli di distribuzione di <em>Nepha</em> ci fa ritenere che l’area di origine di questo sottogenere sia rappresentata dal Ponto orientale. Quest’area presenta infatti il maggior numero di specie, con maggiore diversità morfologica ed ecologica, appartenenti sia ai gruppi basali (gr. <em>caucasicus</em>) sia a quelli più specializzati (gr. <em>menetriesii</em> e gr. <em>tetragrammus</em>). È possibile ipotizzare la presenza del progenitore del clado <em>Testediolum</em> + <em>Nepha</em> nell’Egeide (Balcani + Anatolia), tra i 13 ed i 14 Myr, quando l’Egeide non era in contatto con il Caucaso e il suo lembo N-occidentale si prolungava nelle Alpi. La presenza di un maggior numero di taxa nel Ponto orientale, e non nel Caucaso, potrebbe essere un indizio dell’origine e presenza di Nepha nella zolla egeica prima della sua connessione con la catena caucasica, avvenuta soltanto 6-5.5 Myr, nel Miocene superiore. In base alle attuali conoscenze non si può risalire agli eventi causali dell’origine delle specie del gr. caucasicus e di rufimacula e retipennis. I due gruppi composti da <em>Ocydromus menetriesii</em>,<em> O. hauserianus, O. syropalaestinus</em> e <em>O. delia</em>e il primo, ed <em>O. ibericus</em>, <em>O. grisvardi </em>e <em>O. fortunatus </em>il secondo, sarebbero invece il risultato di eventi cladogenetici pleistocenici, verificatisi durante uno o più periodi glaciali, a partire da un comune antenato presente in Anatolia per il primo gruppo e in Europa occidentale per il secondo. I progenitori del gruppo callosus sarebbero stati i primi a colonizzare l’Europa, ed i loro attuali discendenti (<em>O. callosus </em>e <em>O. schmidti</em>) presentano un’ampia distribuzione nell’area mediterranea, comunque fortemente rimodellata dagli eventi pleistocenici. Infine, il gruppo <em>tetragrammus</em> si sarebbe insediato in Europa più recentemente, colonizzandola attraverso due differenti strade; a N del mar Nero con <em>O. genei</em> e lungo le coste del Mediterraneo orientale con <em>O. vseteckai.</em>
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Francesetti, Gianni y Michela Gecele. "Psicopatologia e diagnosi in psicoterapia della Gestalt". QUADERNI DI GESTALT, n.º 1 (octubre de 2010): 51–78. http://dx.doi.org/10.3280/gest2010-001004.

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L'epistemologia della psicoterapia della Gestalt offre una prospettiva originale, fenomenologica e radicalmente relazionale, sulla diagnosi e sulla psicopatologia. A partire dalle premesse teoriche del nostro modello, presentiamo una concezione della psicopatologia come sofferenza relazionale e non solo come disturbo individuale. Proponiamo inoltre una distinzione fra due tipi di diagnosi: la diagnosi estrinseca e la diagnosi intrinseca o estetica. Viene discussa la possibilitŕ di utilizzare la diagnosi estrinseca, proveniente dal modello medico, in un orizzonte naturalistico o ermeneutico. La diagnosi intrinseca, specifica invece dell'approccio gestaltico, si basa sulle caratteristiche estetiche della formazione della figura al confine di contatto. Si tratta di una valutazione intrinseca alla situazione, che orienta l'azione terapeutica senza cristallizzare l'esperienza dei pazienti in Gestalten fisse.
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Spagnuolo Lobb, Margherita. "Lo sviluppo polifonico dei domini. Verso una prospettiva evolutiva della psicoterapia della Gestalt". QUADERNI DI GESTALT, n.º 2 (abril de 2013): 31–50. http://dx.doi.org/10.3280/gest2012-002003.

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Rispondendo alla domanda "quale prospettiva sullo sviluppo č coerente con i principi della psicoterapia della Gestalt e dunque utilizzabile a livello clinico dai gestaltisti?", l'autrice afferma che ciň che serve al clinico non č tanto una teoria dello sviluppo in sé, ma una "mente evolutiva", ossia una mappa per comprendere come il passato si rivela nel presente, che possa aiutarlo a intuire sia l'evoluzione delle modalitŕ di contatto del paziente che il suo movimento interrotto, l'intenzionalitŕ di contatto bloccata che chiede di essere liberata nel presente. Presenta dunque un modello per osservare come le risorse del paziente sono ancora disponibili nella relazione o sono dormienti. La chiave concettuale di questo lavoro č lo sviluppo polifonico di domini, che l'autrice propone come una prospettiva epistemologicamente coerente di guardare, nel qui e ora della seduta, allo sviluppo del paziente, come una funzione del campo fenomenologico, allo scopo di sostenere l'eccitazione per il contatto che ha perduto la sua spontaneitŕ, nel quadro di riferimento della domanda di terapia del paziente. Descrive i domini gestaltici, le loro caratteristiche e i rischi che implicano nel caso di un confine di contatto desensibilizzato.
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Ioli, Giovanna. "Il Dante da Nobel: miracolo o pandemia?" Cuadernos de Filología Italiana 27 (15 de julio de 2020): 275–85. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.68651.

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La storia della letteratura del Novecento è costellata di echi o puntuali citazioni dantesche, una fortuna che Montale definì miracolosa. Tra gli innumerevoli riferimenti, la scelta si è orientata su autori che confermano i diversi modelli di ricezione nel mondo, seguendo la scia di un contagio che attraversa i continenti qui rappresentati dai Premi Nobel per la letteratura.
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Macaluso, Mercurio Albino. "Oltre il modello Perls-Goodman. Dal campo organismo/ambiente al campo relazionale". QUADERNI DI GESTALT, n.º 2 (abril de 2013): 67–84. http://dx.doi.org/10.3280/gest2012-002005.

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Nel testo fondante della psicoterapia della Gestalt, Teoria e pratica della terapia della Gestalt, il concetto di "contatto" indica l'esperienza, considerata da una prospettiva centrata sull'individuo, piuttosto che sulla relazione. Oggi abbiamo bisogno di un modello, che, rimanendo coerente con i presupposti epistemologici della psicoterapia della Gestalt, ci permetta di tener conto della reciprocitŕ dello scambio che avviene tra paziente e terapeuta. Nei contributi innovativi di Gordon Wheeler e di Margherita Spagnuolo Lobb l'autore rintraccia i presupposti di un approccio gestaltico di tipo relazionale, in grado di consentire un'analisi dettagliata di come paziente e terapeuta creino insieme l'esperienza del loro incontro momento per momento.
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Lichtenberg, Philip. "La psicoterapia della Gestalt come rinnovamento della Psicoanalisi Radicale". QUADERNI DI GESTALT, n.º 2 (marzo de 2010): 45–68. http://dx.doi.org/10.3280/gest2009-002004.

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L'autore analizza l'influsso della psicoanalisi ad orientamento radicale nella psicoterapia della Gestalt e dimostra come quest'ultima ne mutui alcune idee ampliandole ed integrandole nel proprio modello teorico. Dimostra come questo influsso sia stato spesso sottovalutato, nonostante i fondatori stessi della psicoterapia della Gestalt fossero, in origine, degli psicoanalisti. Dopo un excursus sulla sua storia professionale, che lo vede in contatto con alcuni dei piů famosi psicoanalisti ortodossi e radicali dell'epoca, l'autore esamina alcune delle principali nozioni teoriche della psicoterapia della Gestalt, quali la teoria del contatto-ritiro, del Sé, dell'alternanza figura-sfondo, alla luce di tale influsso.
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Montero Herrero, Santiago. "La mujer romana y la expiación de los andróginos". Vínculos de Historia. Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, n.º 8 (20 de junio de 2019): 33. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2019.08.02.

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Resumen
RESUMENEl nacimiento en la Antigua Roma de niños con rasgos sexuales masculinos y femeninos a la vez, los llamados andróginos o hermafroditas, eran considerados como un gravísimo prodigio. Su expiación, necesaria para el restablecimiento de las buenas relaciones entre los hombres y los dioses, quedó en manos exclusivamente de mujeres: ancianas, matronas y virgines.PALABRAS CLAVE: Antigua Roma, Matrona, prodigio, expiación, andróginoABSTRACTThe birth in ancient Rome of children with both male and female sexual features, so-called androgynes or hermaphrodites, was regarded as a an extraordinary phenomenon. Their expiation, necessary for the restoration of good relations between men and gods, remained exclusively in the hands of women: old women, midwives and virgines.KEY WORDS: Ancient Rome, midwife, prodigy, expiation, androgynus BIBLIOGRAFÍAAbaecherly Boyce, A. (1937), “The expiatory rites of 207 B. C.”, TAPhA, 68, 157-171.Allély, A. 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Alessandra Carlini y Teresita d'Agostino. "Kit tattili con la stampante 3D: Come un Fab Lab scolastico può costruire cittadinanza e inclusione attraverso la didattica museale". IUL Research 1, n.º 2 (1 de diciembre de 2020): 118–32. http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v1i2.65.

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Il presente contributo intende condividere le esperienze che hanno permesso al Liceo Scientifico Cavour di sperimentare le potenzialità didattiche di un Fab Lab scolastico, orientando l’approccio STEM in un’ottica STEAM. In questo contesto vengono realizzati due laboratori per la produzione, su “commissione simulata”, di kit didattici con stampante 3D. Una serie di dispositivi tattili, “prototipati” in PLA dagli studenti e destinati ai musei del MiBACT, del Comune di Roma e del Centro Regionale Sant’Alessio per i ciechi, permettono di realizzare hands-on workshop favorendo l’inclusione e la diffusione della cultura scientifica attraverso la didattica museale. Le ragioni di questa scelta vanno cercate nell’interesse per il superamento del modello educativo trasmissivo in favore di un paradigma esperienziale, autentico e collaborativo attraverso l’apertura al territorio e l’individuazione di casi studio e attività su campo che portino gli studenti a contatto con il patrimonio culturale, usando la città come laboratorio a cielo aperto.
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Lora, Antonio, Roberto Bezzi, Roberta Di Vietri, Anna Gandini, Franco Spinogatti y Carlo Zocchetti. "Packages of care in the Departments of Mental Health in Lombardy". Epidemiologia e Psichiatria Sociale 11, n.º 2 (junio de 2002): 100–115. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x0000556x.

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RIASSUNTOScopo – Il lavoro ha lo scopo di individuare i pacchetti di trattamento erogati dai Dipartimenti di Salute Mentale, ponendoli in relazione sia alia diagnosi dei pazienti che all'intensità nell'utilizzo delle risorse. Disegno – Lo studio è stato condotto a partire dai dati raccolti dal Sistema Informativo Psichiatrico lombardo; il campione è formato da 55518 pazienti residenti in Lombardia e in contatto nel 1999 con i Dipartimenti di Salute Mentale, di cui sono stati rilevati nel corso dell'anno i contatti territoriali, semiresidenziali, residenziali e ospedalieri. Setting – I Dipartimenti di Salute Mentale della Regione Lombardia nel 1999. Principali misure utilizzate – Secondo uno approccio empirico, basato sull'esperienza dei ricercatori, sono stati definiti 15 pacchetti di cura; il pacchetto di cura “solo attivita territoriale” è stato ulteriormente distinto in sei macroattività; a ciascun pacchetto sono stati assegnati i pesi assistenziali. Risultati – Quattro pacchetti di cura (solo Ass. Territoriale, Ass. Ospedaliera e Ass. Territoriale, solo Ass. Ospedaliera, Ass. Semiresidenziale e Ass. Territoriale) da soli caratterizzano il 95% dei pazienti. Tre quarti dei pazienti vengono trattati solo nell'ambito territoriale, senza l'intervento di strutture ospedaliere, residenziali e semiresidenziali. I pazienti più gravosi, vale a dire i pazienti inseriti in un pacchetto con un peso medio maggiore di 5000, rappresentano solo il 4% degli utenti dei servizi. L'attivita residenziale sembra svolgere un ruolo sempre maggiore nella rete dei servizi psichiatrici (36% del peso assistenziale totale), mentre la schizofrenia si conferma la diagnosi di maggiore impatto per i servizi (59% del peso assistenziale totale). Dei pazienti trattati solo neH'ambito territoriale un terzo riceve unicamente interventi ambulatoriali medici e psicologi, mentre i due terzi restanti ricevono trattamenti integrati in cui l'attività clinica ambulatoriale si accompagna a interventi di carattere domiciliare, familiare, riabilitativo e sociale. Conclusioni – Nel modello territoriale di assistenza psichiatrica i pacchetti di cura più complessi e diversificati rappresentano l'eccezione piùttosto che la regola. I pacchetti più complessi e/o con maggior peso assistenziale si rivolgono ai pazienti che per la loro diagnosi sono definiti gravi.
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Antonič, Nives y Mojca Cerkvenik. "insegnamento dell’italiano e l’educazione interculturale in Slovenia". Revista de Italianística, n.º 38 (29 de diciembre de 2019): 61–72. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i38p61-72.

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L’articolo si propone di presentare una panoramica delle principali caratteristiche che riguardano l’insegnamento/apprendimento dell’italiano in Slovenia e una riflessione sull’importanza dell’educazione interculturale al fine di contribuire all’inclusione del singolo nella società che lo circonda. Dopo una sintetica illustrazione del quadro giuridico nel quale si inserisce la tutela delle lingue minoritarie in Slovenia, si presenta il percorso scolastico e le caratteristiche dell’insegnamento/apprendimento della lingua italiana come lingua materna (L1) e lingua seconda (L2) nel territorio bilingue nonché come lingua straniera (LS) nel resto della Slovenia. In particolare, vengono delineate le peculiarità del modello di educazione bilingue del Litorale sloveno, territorio di confine e area di contatto di culture prevalentemente romanze e slave. Infine, si evidenzia la necessità di applicare un approccio interculturale all’insegnamento in quanto il buon funzionamento della società multiculturale contemporanea dipende dalla consapevolezza della propria cultura congiuntamente all’esistenza di altre culture dell’ambiente. In questo modo sia insegnanti che studenti saranno coscienti del bisogno costante di accrescere le proprie competenze sia linguistiche che interculturali.
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Teresa Cuomo, Maria, Oscar De Franciscis y Alex Giordano. "La rimodulazione strategica del modello di business. L'integrazione tra agri-food e turismo". ESPERIENZE D'IMPRESA, n.º 2 (enero de 2021): 51–67. http://dx.doi.org/10.3280/ei2018-002004.

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L'ampliamento dell'offerta produttiva con attività non appartenenti alle tradizionali aree di mercato delle imprese sta avanzando in specie nel segmento alimentare. Questa nuova impostazione travalica così il tradizionale approccio di tipo "core business", immaginando una logica di "non-core business", di contagio fecondo tra filiere produttive contigue in grado spesso di potenziare imprese e aree geografiche. Lo scenario che emerge dalla nuova alternativa strategica quindi parte dal presupposto che il non-core stimola il core, modificando completamente i tratti di una specifica organizzazione imprenditoriale. Le novità sperimentali fornite da questi business, laddove si manifestano con successo, riescono a produrre alcuni vantaggi fondamentali che vanno dalla diversificazione del rischio d'impresa allo sviluppo del fatturato e delle quote di mercato fino all'innovazione di prodotto in chiave di maggiore sostenibilità. In altri termini, il non-core - che nel caso di un'azienda produttiva a vocazione agricola può configurarsi nell'attività ricettiva, ristorativa e del commercio di produzioni tipiche legate al terroir - può fungere da traino rispetto al business tradizionale diventandone così il nuovo core in una virtuosa spirale di sviluppo.
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Vázquez, Bandín Carmen. "Aspettami in cielo. Il processo del lutto in psicoterapia della Gestalt". QUADERNI DI GESTALT, n.º 1 (octubre de 2011): 45–64. http://dx.doi.org/10.3280/gest2011-001005.

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Questo articolo presenta il risultato di venti anni di studi, ricerche ed esperienze con il lutto condotte e vissute dall'autrice. Dopo un'introduzione sul tema della morte, sulla letteratura psicologica esistente e di come la discussione su queste tematiche si sia evoluta nella societŕ, l'autrice presenta il suo originale modello gestaltico di sostegno a persone che hanno subito un lutto. Descrive le fasi di questo processo che vanno dalla negazione all'accettazione, passando per contrattazione, ira e tristezza, e riportando anche degli spezzoni di sedute che aiutano a comprendere quali emozioni accompagnano e coinvolgono terapeuta e paziente in questo viaggio verso la rinascita. All'interno di questo lavoro, l'autrice non dimentica di rivolgere la sua attenzione al lutto nei bambini, tema questo su cui generalmente gli adulti sono spesso in difficoltŕ. L'ultima parte dell'articolo fa riferimento a quanto sia importante la sensibilizzazione tanto dei professionisti quanto della gente comune al tema della morte e a come una sua rilettura gestaltica possa aiutare a vivere meglio, godendo pienamente delle proprie esperienze al confine di contatto.
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Sárközy, Péter. "Fortuna e traduzione delle opere letterarie italiane in Ungheria". Italianistica Debreceniensis 25 (29 de marzo de 2020): 20–35. http://dx.doi.org/10.34102/itde/2019/5552.

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La critica letteraria, sia in Ungheria che in Italia, ha prestato grande attenzione alla fortuna e all'irradiazione della letteratura italiana in Ungheria, basti pensare ai tredici volumi, frutto della collaborazione scientifica della Fondazione Giorgi Cini di Venezia e dell'Accademia ungherese delle scienze. L'articolo mira a offrire un'ampia panoramica del successo della letteratura italiana in Ungheria, soprattutto attraverso le traduzioni. L'articolo esamina i vari periodi storici e i movimenti letterari che hanno caratterizzato i contatti letterari tra i due paesi. Fino alla seconda metà del XVIII secolo, l'irradiazione della letteratura italiana si manifestava innanzitutto nell'adozione dei suoi modelli letterari e delle sue formule poetiche nelle opere dei maggiori autori della letteratura ungherese. Il diciannovesimo secolo vide invece la stagione della traduzione dei grandi classici della prima letteratura italiana (Dante, Petrarca e Boccaccio) tradotti di nuovo nel ventesimo secolo, grazie anche all'impegno degli italiani magiari. Infine, l'articolo si concentra sulla situazione attuale, descrivendo le traduzioni di autori contemporanei.
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Bocca, Antonio y Romina D’Ascanio. "Urbanisme transitoire: progetti al presente per costruire strategie al futuro". ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, n.º 3 (enero de 2022): 27–44. http://dx.doi.org/10.3280/es2021-003003.

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I processi di rigenerazione urbana restano, talvolta, legati ad interventi migliorativi a livello energetico e sismico dei singoli edifici. Tali pratiche appaiono ancora poco efficaci sulla rifun-zionalizzazione degli spazi pubblici "in attesa", sull'inclusione sociale e sulla costruzione di relazioni e di reti a livello territoriale. La Francia, negli ultimi quindici anni, ha avviato progetti di Urbanisme Transitoire intesi come facilitatori per lo sviluppo delle città e dell'identità loca-le. Tale approccio, contando su programmi pluriennali a progressiva implementazione e di mixité funzionale, sostiene la nascita di comunità collaborative in ambienti di condivisione estremamente flessibili e ricchi di offerta culturale e creativa. Se opportunamente declinate, le potenzialità del modello francese genererebbero, anche in Italia, progettualità in grado di inno-vare ambiti urbani con bassa qualità dell'abitare e scarsa coesione sociale.
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Quaranta, Roberto, Francesco Trentini y Claudia Villosio. "Gli effetti del COVID-19 sulla popolazione in età da lavoro straniera in Italia". MONDI MIGRANTI, n.º 1 (marzo de 2021): 61–83. http://dx.doi.org/10.3280/mm2021-001004.

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In questo lavoro si propone un'analisi delle caratteristiche occupazionali della po-polazione straniera in Italia rispetto ai cittadini nazionali, confrontando i mesi di epidemia COVID-19 con i precedenti. L'analisi si avvale dei microdati della Forze di Lavoro ISTAT fino al secondo trimestre 2020. La banca dati è arricchita dalla Indagine Campionaria sulle Professioni INAPP che permette di includere nell'analisi le caratteristiche professionali, tra cui la prossimità con i colleghi, il con-tatto con il pubblico, l'importanza di mansioni di cura e l'esposizione a malattie con le quali è costruito un indicatore sintetico di rischio di contagio da SARS-Cov-2 sul posto di lavoro. Con un modello di probabilità lineare si stimano gli effetti del COVID-19 sulla perdita dell'occupazione e sulla sospensione dell'attività lavorati-va. I risultati mostrano per gli stranieri una maggiore incidenza della perdita di oc-cupazione e una minore sospensione dell'attività nei mesi della pandemia, con ef-fetti maggiori per le donne.
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Di Mauro, Luca. "Fratture nel contre-monde liberale. Riferimenti costituzionali e società segrete tra Napoli e Spagna durante il Trienio 1820-­23". SOCIETÀ E STORIA, n.º 171 (febrero de 2021): 33–54. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-171002.

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La scelta della Spagna come meta d'esilio per molti dei napoletani che avevano animato l'ottimestre costituzionale delle Due Sicilie risponde a una serie di esigenze oggettive - pratiche, politiche, linguistiche - ma testimonia soprattutto della convinzione, per i protagonisti, di proseguire la lotta momentaneamente interrotta dalla disfatta di Rieti - Antrodoco contro gli austriaci continuando, in un paese dalle condizioni politiche e culturali ragionevolmente simili a quelle di provenienza, a combattere lo stesso nemico, la Santa Alleanza, per sua natura transnazionale e responsabile, al pari di Ferdinando I, della fine violenta dell'esperimento costituzionale. La comunità transfuga nella penisola iberica, senza per questo ignorare le conseguenze della disfatta nel Meridione, conserva la convinzione di un confronto ancora aperto e porta con sé nel paese d'accoglienza non solo l'esperienza maturata durante il governo liberale ma altresì le proprie differenze e divisioni in materia di programmi politici e modelli iniziatici. Tali linee di frattura, tuttavia, lungi dall'essere estranee al contesto spagnolo, affondano le loro radici proprio nei contatti che i cospiratori del Meridione italiano e della penisola iberica avevano intrattenuto prima e durante i mesi della rivoluzione napoletana. Ciò contribuisce a dimostrare come lo "spazio borbonico" (per lo meno nella sua dimensione europea) costituisca uno spazio politico comune non solamente per quanto riguarda l'alleanza dinastica e diplomatica tra i diversi rami della casa di Borbone, ma anche per coloro che, nell'illegalità e nella clandestinità, si erano opposti al governo assoluto della stessa.
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Gallo, Eugenio y Paola Rucci. "Supply, demand and predictive factors of psychotherapies in 10 community mental health services in Emilia Romagna". Epidemiologia e Psichiatria Sociale 9, n.º 2 (junio de 2000): 103–12. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00008290.

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RIASSUNTOScopo - La ricerca si propone di determinare la domanda e l'offerta di psicoterapia in 10 Centri di Salute Mentale della Regione Emilia Romagna e di identificare i fattori che predicono l'inizio della psicoterapia, impiegando i dati raccolti di routine con il Sistema Informativo Psichiatrico della Emilia Romagna (SIPER). Disegno - Studio prospettico longitudinale su tutti i «nuovi» utenti del 1995 seguiti per un anno dal primo contatto. Analisi univariata (rischio relativo) e multivariata (regressione logistica) di 18 variabili cliniche ed extracliniche. Setting - 10 Centri di Salute Mentale della Emilia Romagna. Risultati - La percentuale dei nuovi utenti che intraprende una psicoterapia è stata del 11.5%, corrispondente ad una incidenza annuale di 5./10000 abitanti ≥18 anni (range 0.9-14.8 tra i Centri). La domanda di psicoterapia è stata del 16.1% (range tra 0.6-33%) includendo le richieste dei pazienti e dei committenti. I fattori predittivi dell'inizio di una psicoterapia sono stati: la presenza dello psicologo nel primo incontro, la richiesta del paziente di psicoterapia, l'età < di 48 anni, una scolarità elevata, essere studenti, vivere con la famiglia d'origine, il Centro a cui ci si rivolti, una diagnosi del raggruppamento diagnostico delle «nevrosi». Ma l'analisi multivariata non ha permesso d'individuare un modello predittivo sufficientemente sensibile. Conclusioni - L'imprevedibilità dell'impiego della psicoterapia sembra dovuta alia mancanza di una chiara scelta sull'uso della psicoterapia nei CSM, come testimonia, in particolare, l'estrema variabilità dell'offerta, e alia mancanza di definite indicazioni.
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Lannutti, Vittorio. "BeFriend: un'occasione per scoprire il valore della relazione e del contatto con l'altro". WELFARE E ERGONOMIA, n.º 1 (junio de 2020): 91–100. http://dx.doi.org/10.3280/we2020-001009.

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L'esperienza pratica proposta riporta i principali risultati del progetto BeFriend, svolto in due scuole medie di secondo grado della provincia di Ascoli Piceno negli anni scolastici 2017/2018 e 2018/2019. BeFriend ha affrontato il problema della povertà educativa da un punto di vista relazionale e socio-affettivo utilizzando lo strumento del peer mentoring, inteso come modello psicopedagogico e best practice che pone al centro la relazione di sostegno che si instaura tra un giovane, che vive situazioni problematiche durante il suo percorso di cre-scita, il mentee, e un giovane, il mentor, che ha lo scopo di aiutare il mentee a individuare le proprie potenzialità valorizzandole in modo sano e funzionale. Il progetto è stato diviso in due step. Nel primo 120 studenti frequentanti il triennio delle due scuole sono stati formati al mentoring, attraverso gli strumenti del Gestalt counseling e della sociologia delle migrazioni. Nel secondo step i 120 studenti formati, divenuti mentor hanno lavorato con 120 studenti del biennio, i mentee (scelti in base a difficoltà emotive e a rischio di drop-out), sotto la supervisione e con la sollecitazione di educatori e formatori all'interno di attività laboratoriali volte sia ad affrontare e a discutere in gruppo e a coppie le fragilità e le difficoltà relazionali vissute dai mentee, sia per acquisire gli strumenti per un uso consapevole, critico e creativo dei media, sia per affrontare le questioni inerenti i pregiudizi, e le principali motivazioni delle migrazioni. L'obiettivo del progetto è stato raggiunto, come dimostrato sia dagli spot sulla lotta e la pre-venzione al bullismo/cyberbullismo e al razzismo, realizzati durante uno dei laboratori sia dalle risposte fornite nei questionari sottoposti agli studenti alla conclusione del progetto, i cui aspetti più rilevanti sono stati: il superamento della fase infantile dell'egocentrismo, un aumento della fiducia negli altri e dell'autostima, una maggiore tendenza all'ascolto e all'empatia e la disponibilità a mettersi in gioco e a rischiare nella relazione con l'altro sco-nosciuto.
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Spinozzi Monai, Liliana. "Ipotesi di un calco paradigmatico slavo-romanzo: (l'imperativo-congiuntivo, uno studio fondato sul Glossario del dialetto del Torre di Jan Baudouin de Courtenay)". Linguistica 49, n.º 1 (29 de diciembre de 2009): 295–308. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.49.1.295-308.

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Muovendo dal presupposto, teorizzato da Baudouin de Courtenay, secondo il quale il mutamento linguistico è costitutivo del linguaggio umano e pertanto la nozione di monolinguismo andrebbe superata, i dialetti sloveni di area friulana, esposti alla millenaria azione del romanzo, rappresentano un terreno ideale per gli studi sull'interferenza, in quanto rendono perspicui fenomeni da contatto altrimenti difficili da individuare. Il primo ad aver colto una tale opportunità fu lo stesso Baudouin, che visitò ripetutamente le vallate snodantisi lungo (l'attuale) confine italo-sloveno, raccogliendovi materiali dialettologici solo in parte pubblicati. Uno dei complessi più notevoli rimasti inediti per oltre un secolo è costituito dal Glossario del dialetto del Torre, le cui schede risalgono agli anni 1873 e 1901. Esso registra un gran numero di prestiti e calchi romanzi, alcuni dei quali risultano del massimo interesse, perché documentano da un lato la forza incisiva di un sistema sull'altro in presenza di condizioni di natura strutturale e storico-culturale particolarmente favorevoli; dall'altro, la capacità di elaborazione originale del modello forestiero ad opera del sistema ricevente. Il contributo si concentra su un fenomeno di calco assai complesso compiuto sul friulano, che investe il sistema dell'imperativo, estraendone in maniera originale un paradigma di congiuntivo, ignoto alla grammatica slovena. Il mutamento viene seguito nelle sue varie fasi, a iniziare dalle motivazioni di ordine generale che ne stanno a monte, per passare a quelle specifiche di natura morfosintattica, connesse con l'interlingua sloveno-friulana.
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Mancini, Elena. "L’autosperimentazione nelle malattie rare: analisi dei profili etici e indicazioni per una possibile governance / The self-experimentation on rare diseases: analysis of ethical profiles and instructions for a possible governance". Medicina e Morale 66, n.º 1 (15 de marzo de 2017): 45–61. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.475.

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Le malattie rare raggruppano un numero elevato di patologie molto diverse tra loro, accumunate, dalla bassissima frequenza statistica nella popolazione (penetranza). Ne consegue una scarsissima numerosità di pazienti per ogni singola patologia e una loro distribuzione in diverse aree geografiche, fattori che comportano oggettive difficoltà nel reclutamento dei pazienti in studi sperimentali e nel coordinamento e organizzazione della ricerca con conseguente ridotta possibilità di effettuare studi clinici e ricerche di carattere genetico. In tale quadro, al fine di fare fronte alle drammatiche necessità di assistenza socio-sanitaria, cura e riabilitazione dei malati rari, sono sorte, in gran parte per merito degli stessi familiari, le associazioni di malati rari. Attualmente tali associazioni svolgono un’attività significativa nella proposizione, organizzazione, partecipazione diretta e pubblicazione dei risultati di ricerche scientifiche. Tale ruolo, rende le associazioni dei pazienti protagoniste anche nel sostegno all’organizzazione e realizzazione di studi clinici e sperimentazioni di farmaci in modo del tutto autonomo e indipendente da controlli da parte delle autorità sanitarie e dei comitati etici. Tale fenomeno noto come “Research Led by Participants” è stato reso possibile dalle enormi potenzialità di contatto e organizzazione offerte dalla rete che ha consentito la creazione di comunità virtuali di pazienti, di siti e blog dedicati all’informazione e comunicazione, e più recentemente, alla raccolta di dati, alla pubblicazione di risultati di ricerche condotte dai malati, nonché al reclutamento degli stessi per la conduzione di tali studi, secondo il modello proposto, ad esempio, dal sito PatientsLikeMe. Non possono tuttavia essere trascurati gli importanti aspetti etici implicati dalla ricerca condotta dai partecipanti. Tali aspetti concernono, come evidente, sia la validità scientifica di tali studi che la protezione dei soggeti che aderiscono alla sperimentazione. Si tratta di una forma di sperimentazione del tutto nuova che richiede la capacità di proporre una modalità di gestione condivisa tra cittadini/pazienti, “terzo settore”, ricercatori, istituzioni e comitati etici in grado di valorizzarne i potenziali benefici conoscitivi creando regole etiche “misurate” su tali circostanze. Nell’articolo sarà proposto un modello teorico di governance del fenomeno e saranno indicati possibili criteri etici operativi. ---------- Rare diseases gather up a large number of different pathologies, all very different among them but similar for the low statistical attendance of population (penetrance). Therefore there is a very low number of patients sick of the same pathology and their presence in different geographical areas makes objectively difficult to recruit patients in order to study their disease and coordinate and organize the research of the pathology. As a consequence there is a very reduced possibility to carry on clinical studies and genetic researches. In this framework, in order to face the dramatic necessity of sociological and sanitary assistance, treatment and rehabilitation of the rare patients, families members generally organize Rare Diseases Patient Organizations. At the moment these organizations develop an important activity with regard to organization, proposals, direct participation and publication of the scientific research results. These organizations also play an important part in supporting the organization and the realization of clinical trials. They play in total autonomy and are independent from every ethical and scientific oversight by the sanitary authorities and ethical committees. This extraordinary event known as “Research Led by Participants”, has been realized thanks to the large contacts possibilities and organization offered by the web which made possible the creation of virtual communities of patients, of blog and web site for information and communication and, more recently, for collecting statistical data, publication of the patients research results and the recruitment of patients in order to manage the studies following the rules and models proposed, for example, by the web site “PatientsLikeMe”. We must however put in evidence the important ethical issues involved in the research led by the participants. These aspects concern, obviously, either the scientific validity of these studies or the protection of the subjects who accept to be submitted to the experimentation. It is a completely new way of experimentation that requires the capacity to propose and follow a governance that must be accepted and shared by citizens/patients, “third sector”, research workers, institutions and ethical committees able to exploit the potential advantageous knowledge and create ethical rules inspired to those new situations. In this article it will be proposed a theoretical model of governance of this phenomenon and also it will be outlined ethical rules for operative plans.
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Presutti, Michelle, Giorgio Soro, Giulia Cnapich y Sara Giordano. "SENSEMAKING E CURA DEL DIABETE: MAPPE COGNITIVE DI MEDICI E PAZIENTI A CONFRONTO". International Journal of Developmental and Educational Psychology. Revista INFAD de Psicología. 2, n.º 1 (25 de junio de 2016): 323. http://dx.doi.org/10.17060/ijodaep.2015.n1.v2.262.

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Karl Weick, esponente del cognitivismo costruttivista, considera il sensemaking come un insieme di processi cognitivi in continua costruzione, a posteriori, di significati e di senso della realtà in cui viviamo.Il sensemaking è un processo continuo di creazione di senso quotidiano: le persone percepiscono selettivamente le informazioni su sé stessi e sull’ambiente in cui vivono, tali informazioni vengono elaborate cognitivamente attraverso un processo di selezione e ritenzione in memoria delle mappe cognitive costruite.Pertanto il sensemaking costituisce un’appropriata chiave di lettura dei fenomeni comportamentali in cui sono in gioco le rappresentazioni di un problema, soprattutto quando è di estrema necessità trovare punti di contatto in merito ai rapporti causali tra gli elementi che costituiscono le diverse mappe cognitive degli individui che ne prendono parte. L’analisi delle mappe cognitive può essere utile soprattutto al fine di individuare e condividere con maggiore chiarezza quali potrebbero essere le strade per un corretto ed efficace intervento risolutivo o di trattamento del problema.Dare senso alla malattia significa, sia per il medico che per il paziente, organizzare una mappa cognitiva (connessioni causali di elementi di significato) della realtà (della malattia) in un processo continuo di esperienza.Un flusso continuo che a partire da una percezione soggettivamente selettiva degli elementi disponibili (conoscenze, esperienze, eventi,etc.), organizza tali elementi in una mappa e li traduce in uno schema operativo di comportamento. Secondo Weick la realtà individuale si costruisce, mentre l’ambiente, il contesto, sono costruiti a priori.Le mappe cognitive che gli individui costruiscono influenzeranno le successive esperienze che si troveranno a dover fronteggiare nell’ambito dello stesso problema, in questo caso inerenti alla malattia diabetica.L’utilizzo del sensemaking applicato all’analisi dei processi di cura, pertanto, può diventare utile in particolare nei contesti di trattamento in cui la compliance e l’aderenza alle cure costituisce un fattore determinante nella gestione della patologia cronica, che prevede un modello di rapporto medico- paziente protratto nel tempo e centrato sulla possibilità di confronto rispetto alle modalità di cura e riuscita della stessa.La ricerca si è proposta pertanto di indagare attarverso la somminisrazione di interviste a medici e pazienti e attarverso al successiva analisi del testo e delle ricorrenze lingusitiche elaborate attraverso appositi software di ricostruire e mettere a confronto le rispettive mappe cognitive che stanno alla base delle rappresentazioni della malattia e della sua gestione e quindi dei comportamenti conseguenti di chi cura e di chi è curato.
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Haye, Thomas. "Giovanni Manzini della Motta (ca. 1362–vor 1422)". Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 95, n.º 1 (11 de enero de 2016). http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2015-0006.

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RiassuntoGiovanni Manzini della Motta (ca. 1362-prima del 1422) e considerato oggi un importante rappresentante del primo umanesimo italiano. Tale giudizio si basa su tre considerazioni: in primo luogo nutriva una profonda venerazione per Petrarca, in secondo luogo era in contatto con famosi studiosi come Antonio Loschi e Coluccio Salutati, e infine compose una tragedia seguendo i modelli antichi. La sua attivita di storiografo, invece, e a tutt’oggi poco indagata. Un codice della Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV, Vat. Lat. 14162), sostanzialmente autografo, permette di seguire l’evoluzione di Manzini da segretario ad autore di esposizioni storiografiche e di tracciare la sua idea di storiografia tragica, influenzata non ultimo da Boccaccio. Il presente saggio offre una descrizione del contenuto del Codice vaticano, conduce un’indagine sulle fonti della cronaca in esso contenuta e compilata da Manzini, e propone un’edizione critica della parte finale di tale cronaca che si riferisce al presente dell’epoca.
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Cervelli, Pierluigi. "Dopo la crisi, la nuova strategia : regalare prodotti per vendere consumatori". Revista Acta Semiotica, 22 de diciembre de 2021, 239–46. http://dx.doi.org/10.23925/2763-700x.2021n2.56795.

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Questo articolo riflette su una trasformazione del consumo contemporaneo, che si è espressa chiaramente nei nuovi media digitali e in particolare sulle presunte piattaforme di condivisione e reti “sociali” digitali. L’obiettivo è quello di mettere in luce come il modello economico e relazionale di queste piattaforme renda possibile un nuovo modello di consumo basato sul superamento apparente del consumo stesso. Esso sovverte i modelli tradizionali perchè è basato sulla possibilità di regalare i prodotti, i software, che permettono di avere dei contatti social, e vendere i consumatori che li usano. Attraverso la teoria semiotica dell’interazione propongo una declinazione del concetto di aggiustamento, che chiamo aggiustamento predatorio, per rendere ragione della logica estrattivista sottesa a questo processo.
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Orioles, Vincenzo. "I contatti interlinguistici nel modello teorico di Eugenio Coseriu". ENERGEIA. ONLINE JOURNAL FOR LINGUISTICS, LANGUAGE PHILOSOPHY AND HISTORY OF LINGUISTICS, 15 de octubre de 2022, 161–75. http://dx.doi.org/10.55245/energeia.2022.006.

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La riflessione di Coseriu sul contatto interlinguistico si inserisce in modo coerente nell’edificio teorico complessivo dello studioso romeno richiamandone e confermandone i capisaldi e le principali antinomie. Così ad esempio gli influssi esogeni entrano in gioco sullo sfondo della sua concezione del cambio linguistico e in particolare della dialettica tra “innovazione” e “adozione”.Un altro criterio fatto valere dallo studioso si collega con la nota distinzione tra ‘sistema’ e ’norma”: non tutte le innovazioni che agiscono sulla ‘norma’ producono effetti sugli equilibri del ‘sistema’. Il contributo prende poi in esame singoli aspetti del contatto tra lingue, tra cui le peculiari manifestazioni dell’interferenza nel parlante adulto e colto e il peso da assegnare agli influssi di sostrato. Pur non ignorando il contributo di Weinreich alla tematizzazione del contatto, la posizione teorica di Coseriu si caratterizza per il fatto di elaborare un modello esplicativo che incorpora l’innovazione esogena “in den Rahmen einer Theorie des Sprechens”, collocata sullo stesso piano delle creazioni interne ad una lingua.
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Salviano, Ana Laura Góes, Giovanna Rocha Santana, Claudio Alberto Gellis de Mattos Dias, Maria Helena Mendonça de Araújo, Euzébio de Oliveira, Carla Viana Dendasck, Bruno Rodrigues dos Santos y Amanda Alves Fecury. "Conoscenza sui modi per prevenire e diffondere le STI tra gli studenti iscritti alle scuole statali nella città di Macapá, Amazônia, Brasile". Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 16 de diciembre de 2020, 05–16. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/salute/prevenire-e-diffondere.

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La sessualità ha iniziato ad essere vista come una portata positiva dell’azione umana, in questo contesto, ha iniziato a valorizzarsi l’educazione sessuale, sollevando discussioni sulla sua importanza. Lo scopo di questo articolo era quello di analizzare le conoscenze sulle forme di contagio e prevenzione delle STI. Questo studio è stato condotto in 03 scuole statali di livello elementare e secondario. Il campione era composto da 287 studenti regolarmente iscritti a queste scuole che coprivano l’8 ° grado / 7 ° grado della scuola elementare fino al 3 ° anno del liceo. I dati su sesso, età, stato civile, istruzione e altri sono stati raccolti in questo studio. La maggior parte dei partecipanti ha già avuto contatti con il termine STI; tuttavia, ha ancora credenze sulle sue forme di trasmissione. È necessario affrontare la sessualità con un aspetto più naturale e positivo della vita umana, fornendo la libera discussione di norme e modelli di comportamento e il dibattito degli atteggiamenti.
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Raimondo, Pierluigi y Luca Zambelli. "COVID E SPORT. L’ESIGENZA DI NUOVI MODELLI DI GESTIONE DELLE IMPRESE SPORTIVE E DI PREVENZIONE DEL RISCHIO CONTAGIO". Diritto Dello Sport 1, n.º 1 - 2020 (14 de julio de 2020). http://dx.doi.org/10.30682/disp0101a.

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Lo scopo dell’articolo è quello di verificare come, dopo la pandemia di COVID-19, le società possano riprendere la propria attività in massima sicurezza. Vengono analizzate le norme d.lgs. 81/2008 in comparazione con le Linee guida del Governo, con le conseguenti responsabilità per la loro inosservanza. L’articolo indica la strada operativa che le società sportive dovranno attuare per prevenire il rischio da contagio, gestendolo come qualsiasi rischio derivante da un possibile infortunio sul lavoro, ma estendendo i presidi di sicurezza anche ai frequentatori degli impianti. Vengono offerti spunti di riflessione sull’intervento degli enti locali nella gestione degli impianti e sull’importanza della collaborazione tra società sportive, Asl ed enti locali nel monitoraggio della salute pubblica, nonché uno sguardo alla crescente rilevanza mediatica degli eSports nel contesto della pandemia.
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Tasso, Francesca. "DOCUMENTI SUL DUOMO E GIAN GALEAZZO VISCONTI TRA INGEGNERI DELLA CATTEDRALE E ARTISTI DI CORTE". Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Incontri di Studio, 13 de noviembre de 2013, 31–50. http://dx.doi.org/10.4081/incontri.2007.40.

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Riassunto. – L’intervento vuole documentare i casi di interferenza tra Gian Galeazzo Visconti e la Fabbrica del Duomo nel primo periodo di attività di quest’ultima, fino alla morte del duca, avvenuta nel 1402. Il rapporto è stato molto studiato, perché è cruciale per capire quanto il signore di Milano possa aver influenzato la costruzione della cattedrale e quindi il suo stile, ma la lettura dei documenti permette ancora di mettere a fuoco alcuni punti non del tutto noti e di trarre alcune considerazioni. Il primo caso di sovrapposizione riguarda la realizzazione in chiesa di un monumento funebre per Galeazzo II , padre di Gian Galeazzo: la disputa in particolare riguarda la collocazione e rivela che Gian Galeazzo avrebbe voluto una posizione centrale, nel retrocoro, che avrebbe però condizionato pesantemente l’architettura della chiesa, rendendola più simile a un mausoleo gentilizio che a una chiesa cattedrale. Un caso non troppo diverso è il secondo, che oppone il duca ai deputati della Fabbrica per la costruzione di una cappella dedicata a san Gallo, il suo patrono; anche in questo caso la richiesta del duca non è neutra, perché la scelta di realizzare cappelle gentilizie nelle navate laterali imponeva un modello costruttivo diverso da quello ampio, ad aula, scelto dai deputati per la propria cattedrale. Se nei primi due casi il rapporto tra Gian Galeazzo e la Fabbrica è conflittuale, la terza tipologia di rapporto mostra invece il duca come arbitro di conflitti che maturano all’interno del cantiere: si tratta di una serie di casi che riguardano particolarmente la presenza di architetti stranieri, che faticano a trovare un punto di incontro e contatto con i maggiorenti della Fabbrica e con gli altri ingegneri. Se in questo caso è la Fabbrica a chiedere al duca di intervenire, è vero però che egli approfitta di questa situazione ancora una volta per imporre un proprio punto di vista che è in primo luogo artistico, ma insieme anche politico. La morte del duca nel 1402 segna la fine del conflitto e l’evoluzione in senso locale, cioè prettamente lombardo, delle scelte artistiche.***Abstract. – The paper is about Gian Galeazzo’s interferences on the Milan cathedral in the first period of activities, till the duke’s death (1402). The relationship between Gian Galeazzo and the cathedral Fabrica has been already deeply studied: the pivotal subject is to understand how much the lord of Milan could influence the cathedral building and its style; inside the documents of the cathedral archive it is possible to find new informations. The first case of overlap is about the building of Galeazzo II’s, Gian Galeazzo’s father, funeral monument; Gian Galeazzo and the Fabrica discussed especially about the position of the monument: Gian Galeazzo wanted a central position, in the choir, behind the main altar, but this place would affect the architecture, letting it closer to a family memorial than to a cathedral. The second case relates to the opposition of the duke against the Fabrica deputies to build a chapel dedicated to saint Gallo, Gian Galeazzo’s patron: even in this case the duke’s request would change the building: family chapels in lateral naves were typical of an architectural model different from the waste one chosen by the deputies for their cathedral. The third type of relationship shows the duke as a judge in the cathedral conflicts between foreign architects and local engineers. In this case the Fabrica asks the duke to take part, and he uses his position to impose his own artistic and both political judgement. With the duke’s death the conflict ends and the artistic choices will be for local artists and architects.
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Muthiah, Perumalsamy, Kalaichelvi Ponnusamy y Radhakrishnan T.K. "CFD Modeling of Flow Pattern and Phase Holdup of Three Phase Fluidized Bed Contactor". Chemical Product and Process Modeling 4, n.º 1 (13 de agosto de 2009). http://dx.doi.org/10.2202/1934-2659.1366.

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The present work has been carried out to characterize the dynamics of three-phase flow in cylindrical fluidized bed, run under homogeneous bubble flow and heterogeneous flow conditions using CFD (Computational Fluid Dynamics) simulation. The investigation has been done to study the flow pattern of three-phase fluidized bed along with parametric studies. The simulations were performed for air-water-glass beads in a fluidized bed of H = 0.6 m, Di = 0.1 m and ds = 0.05 m to study the flow pattern. Eulerian-Eulerian, three-phase simulations with k-? turbulence for liquid phase were carried out using the flow simulation software CFD-6.2.16, with a focus on characterizing the dynamics properties of gas-liquid-solid flows. Detail study of the flow pattern in three-phase fluidized bed has been carried out and the flow pattern has been presented in the form of contour plots. The results presented are useful for understanding the dynamics of gas-liquid-solid flows in fluidized bed and provide a basis for further development of CFD model for three phase systems.
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Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek". Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (29 de abril de 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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